Language of document : ECLI:EU:C:2019:957


CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 12 novembre 2019(1)

Causa C535/18

IL,

JK,

KJ,

LI,

NG,

MH,

OF,

PE,

Eredi di QD, costituiti da RC e SB,

TA,

UZ,

VY,

WX

contro

Land NordrheinWestfalen

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 2011/92/UE – Valutazione dell’impatto ambientale – Direttiva 2000/60/CE – Azione dell’Unione in materia di acque – Legittimazione ad agire in caso di errori procedurali – Normativa nazionale che limita il diritto di ricorso in caso di errori procedurali»






I.      Introduzione

1.        Quali sono le circostanze in presenza delle quali un privato cittadino può contestare la validità di una decisione amministrativa di concessione dell’autorizzazione per un importante progetto stradale in base al rilievo che non sarebbero stati rispettati i requisiti del diritto ambientale dell’Unione? Questa è una delle questioni fondamentali sollevate dalla presente domanda di pronuncia pregiudiziale. La domanda riguarda l’interpretazione degli articoli 6 e 11 della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (in prosieguo: la «direttiva VIA») (2) nonché dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), da i) a iii) e lettera b), i), della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (in prosieguo: la «direttiva quadro sulle acque» o la «DQA») (3).

2.        La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia insorta tra taluni soggetti privati (in prosieguo: i «ricorrenti») e il Land Nordrhein‑Westfalen (Land Renania settentrionale‑Vestfalia, Germania) in merito ad una decisione dell’amministrazione distrettuale di Detmold, Germania, con cui è stato approvato il progetto di costruzione dell’autostrada A‑33/‑strada federale B 61, svincolo di Ummeln.

3.        Le questioni sollevate dal giudice del rinvio richiedono nuovamente alla Corte di esaminare non solo la portata del diritto di ricorso dei cittadini in materia ambientale, bensì parimenti altre tematiche di diritto ambientale sostanziale dell’Unione, in particolare la nozione di deterioramento di un corpo idrico ai sensi della direttiva quadro sulle acque.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva VIA

4.        L’articolo 6 della direttiva VIA così recita:

«1.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilità in materia di ambiente, abbiano la possibilità di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione. A tal fine, gli Stati membri designano le autorità da consultare, in generale o caso per caso. Queste autorità ricevono le informazioni raccolte a norma dell’articolo 5. Le modalità della consultazione sono fissate dagli Stati membri.

2.      Il pubblico è informato, attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata come i mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, in una fase precoce delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2 e, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, sui seguenti aspetti:

a)      la domanda di autorizzazione;

b)      il fatto che il progetto sia soggetto a una procedura di valutazione dell’impatto ambientale ed, eventualmente, che sia applicabile l’articolo 7;

c)      informazioni sulle autorità competenti responsabili dell’adozione della decisione, quelle da cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto, quelle cui possono essere presentati osservazioni o quesiti, nonché indicazioni sui termini per la trasmissione di osservazioni o quesiti;

d)      la natura delle possibili decisioni o l’eventuale progetto di decisione;

e)      l’indicazione circa la disponibilità delle informazioni raccolte ai sensi dell’articolo 5;

f)      l’indicazione dei tempi e dei luoghi in cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto e le modalità alle quali esse sono rese disponibili;

g)      le modalità precise della partecipazione del pubblico ai sensi del paragrafo 5 del presente articolo.

3.      Gli Stati membri provvedono affinché, entro scadenze ragionevoli, il pubblico interessato abbia accesso:

a)      a qualsiasi informazione raccolta ai sensi dell’articolo 5;

b)      conformemente alla legislazione nazionale, ai principali rapporti e consulenze resi all’autorità o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo;

c)      conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale [e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU 2003, L 41, pag. 26)], alle informazioni diverse da quelle previste al paragrafo 2 del presente articolo che sono rilevanti per la decisione di cui all’articolo 8 della presente direttiva e che sono disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo.

4.      Al pubblico interessato vengono offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2. A tal fine, esso ha il diritto di esprimere osservazioni e pareri all’autorità o alle autorità competenti quando tutte le opzioni sono aperte prima che venga adottata la decisione sulla domanda di autorizzazione.

5.      Gli Stati membri stabiliscono le modalità dettagliate di informazione del pubblico (ad esempio mediante affissione entro una certa area o mediante pubblicazione nei giornali locali) e di consultazione del pubblico interessato (ad esempio per iscritto o tramite indagine pubblica).

6.      Vengono fissate scadenze adeguate per le varie fasi, che concedano un tempo sufficiente per informare il pubblico nonché per consentire al pubblico interessato di prepararsi e di partecipare efficacemente al processo decisionale in materia ambientale ai sensi delle disposizioni del presente articolo».

5.        Il successivo articolo 11, paragrafo 1, così dispone:

«Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:

a)      che vantino un interesse sufficiente; o in alternativa,

b)      che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva».

2.      Direttiva quadro sulle acque

6.        Le definizioni di «stato delle acque superficiali» e di «stato delle acque sotterranee» sono contenute nell’articolo 2, punti 17 e 19, della DQA. Ai fini della direttiva quadro sulle acque, per «stato delle acque superficiali» si intende l’«espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico» e per «stato delle acque sotterranee» s’intende l’«espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico».

7.        A termini dell’articolo 2, punto 25, della DQA per «buono stato chimico delle acque sotterranee» s’intende lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla Tabella 2.3.2 dell’allegato V della direttiva.

8.        Il successivo articolo 4, intitolato «Obiettivi ambientali», prevede quanto segue:

«1.      Nel rendere operativi i programmi di misure specificate nei piani di gestione dei bacini idrografici:

a)      Per le acque superficiali

i)      gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali, fatta salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e fermo restando il paragrafo 8;

ii)      gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici superficiali, salva l’applicazione del punto iii) per i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;

iii)      gli Stati membri proteggono e migliorano tutti i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;

(…)

b)      Per le acque sotterranee

i)      gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire o limitare l’immissione di inquinanti nelle acque sotterranee e per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici sotterranei, salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8 del presente articolo e salva l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera j);

ii)      gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano i corpi idrici sotterranei, e assicurano un equilibrio tra l’estrazione e il ravvenamento delle acque sotterranee al fine di conseguire un buono stato delle acque sotterranee in base alle disposizioni di cui all’allegato V, entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, salvo il paragrafo 8 e salva l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera j);

iii)      gli Stati membri attuano le misure necessarie a invertire le tendenze significative e durature all’aumento della concentrazione di qualsiasi inquinante derivante dall’impatto dell’attività umana per ridurre progressivamente l’inquinamento delle acque sotterranee.

(…)».

B.      Diritto tedesco

9.        L’articolo 4 della Umwelt‑Rechtsbehelfsgesetz, pubblicata il 23 agosto 2017 (legge sui ricorsi in materia ambientale; «UmwRG») così dispone:

«1)      L’annullamento di una decisione relativa alla legittimità/ammissibilità di un progetto conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, prima frase, punti da 1) a 2b) può essere richiesto nel caso in cui:

1.      a)      una valutazione ambientale, oppure

b)      una valutazione preliminare, caso per caso, della necessità di effettuare una valutazione ambientale,

come richiesto dalle disposizioni della legge sulla valutazione dell’impatto ambientale (UVPG) (…), non sia stata effettuata né al momento della scadenza né successivamente.

2.      La necessaria partecipazione del pubblico ai sensi dell’articolo 18 della legge sulla valutazione dell’impatto ambientale (UVPG) o ai sensi dell’articolo 10 della legge federale sul controllo delle immissioni non abbia avuto luogo né al momento della scadenza né successivamente, oppure

3.      Si sia verificato un altro vizio procedurale

a)      cui non sia stato posto rimedio/ovviato,

b)      che sia paragonabile, per natura e gravità, ai casi di cui ai punti 1 e 2; e

c)      che abbia privato il pubblico interessato della possibilità, prevista dalla legge, di partecipare al processo decisionale; tale partecipazione al processo decisionale comprende l’accesso ai documenti, che devono essere messi a disposizione del pubblico per la consultazione.

Una valutazione preliminare, caso per caso, della necessità di una valutazione ambientale, che sia stata effettuata ma che non risponda ai requisiti di cui all’articolo 5, paragrafo 3, seconda frase, della legge sulla valutazione dell’impatto ambientale (UVPG), è considerata quale esame preliminare, non effettuato ai sensi del punto 1, lettera b), prima frase.

1a)      L’articolo 46 della legge sulla procedura amministrativa (VwVfG) si applica agli errori procedurali non contemplati dal paragrafo 1. Qualora il giudice non possa stabilire se un errore procedurale di cui alla prima frase abbia influito sulla decisione in materia, si presume che ciò sia avvenuto.

1b)      La violazione di norme procedurali implica unicamente l’annullamento della decisione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, prima frase, punti da 1 a 2b o 5, se non può essere rettificata/ovviata mediante modifica della decisione o mediante una procedura integrativa. Restano impregiudicate le seguenti disposizioni

1.      L’articolo 45, paragrafo 2, della legge sulla procedura amministrativa (VwVfG), e

2.      L’articolo 75, paragrafo 1a), della legge sulla procedura amministrativa (VwVfG) e altre norme pertinenti in materia di conservazione dei piani.

Su richiesta, il giudice può disporre la sospensione dell’udienza fino a quando non siano stati rettificati/eliminati gli errori procedurali ai sensi dei paragrafi 1 e 1a, nella misura in cui ciò favorisca la concentrazione procedurale.

2)      (…)

3)      I paragrafi da 1 a 2 si applicano ai mezzi di ricorso esperiti da

1.      persone ai sensi dell’articolo 61, punto 1, del codice di procedura amministrativa (VwGO) e associazioni ai sensi dell’articolo 61, punto 2, del codice di procedura amministrativa (VwGO) e

2.      associazioni rispondenti ai requisiti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, o all’articolo 2, paragrafo 2.

Il paragrafo 1, prima frase, punto 3, si applica ai mezzi di ricorso esperiti da persone e associazioni a norma della prima frase, punto 1, a condizione che l’annullamento di una decisione possa essere richiesto solo qualora l’errore procedurale abbia privato l’interessato della possibilità di partecipare al processo decisionale come previsto dalla legge.

4)      I paragrafi da 1 a 2 si applicano mutatis mutandis ai mezzi di ricorso proposti dalle associazioni a norma del paragrafo 3, prima frase, punto 2, avverso le decisioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, prima frase, punto 4».

III. Fatti oggetto del procedimento principale

10.      Con decisione del 27 settembre 2016, la Bezirksregierung Detmold (amministrazione distrettuale di Detmold) (in prosieguo: l’«autorità di regolamentazione») approvava, su richiesta del Landesbetrieb Straßenbau Nordrhein‑Westfalen (l’azienda edile per la viabilità stradale del Land Renania settentrionale‑Vestfalia; in prosieguo: il «promotore del progetto»), il piano per la nuova costruzione dell’autostrada A‑33/‑strada federale B 61, svincolo di Ummeln. Il tratto approvato in questione è lungo circa 3,7 chilometri.

11.      Tale decisione autorizzava ha inoltre lo promotore del progetto a scaricare l’acqua piovana che scorre sulle superfici stradali in tre corpi idrici o nelle acque sotterranee. Essa prevedeva, tuttavia, anche un gran numero di disposizioni accessorie volte a garantire la qualità dell’acqua sia per quanto riguarda le acque superficiali che le infiltrazioni di acque sotterranee.

12.      La documentazione relativa al progetto è stata resa accessibile al pubblico dal 30 agosto al 29 settembre 2010. I documenti relativi al traffico, alla protezione delle specie e alla fauna selvatica sono stati menzionati nell’avviso pubblicato prima dell’accessibilità al pubblico. Non è stato fatto tuttavia alcun riferimento ai documenti relativi alla protezione acustica e al sistema di drenaggio pianificato. È stata l’assenza di tale documentazione a sollevare obiezioni pubbliche. Il 10 e l’11 aprile 2013 si svolgeva un’audizione preliminare.

13.      Alla luce dei risultati della procedura di consultazione e delle obiezioni sollevate dall’autorità competente in materia di acque, lo promotore del progetto decideva di apportare diversi emendamenti al piano, in particolare per quanto riguarda il drenaggio delle acque piovane, predisponendo quindi una «pagina di copertina» che elenca i documenti prodotti e indica le eventuali modifiche apportate a tali documenti. Sebbene siano stati ora menzionati due documenti relativi al traffico e all’acustica, non sono stati inclusi studi tecnici sul drenaggio delle acque. Ulteriori obiezioni pubbliche venivano poi sollevate nel corso della nuova ulteriore consultazione che si è tenuta dal 19 maggio al 18 giugno 2014.

14.      In tale contesto, i ricorrenti – che in alcuni casi sono espsti al rischio di espropriazione della loro proprietà privata o che in altri casi dispongono di un pozzo domestico per l’approvvigionamento privato di acqua potabile e che temono che la loro fornitura idrica possa essere contaminata – impugnavano la decisione di approvazione del piano dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania).

15.      Il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) rileva che non è stata compiuta una valutazione documentata dei corpi idrici per garantire il rispetto dei requisiti di protezione delle acque. Nella decisione di approvazione del piano viene semplicemente stabilito, in sintesi, che il progetto non avrebbe provocato verosimilmente un deterioramento dello stato di un corpo idrico superficiale, né un deterioramento di un corpo idrico sotterraneo. Solo nel corso del procedimento giudiziario l’autorità di regolamentazione ha fornito una relazione tecnica di 48 pagine recante descrizione dei corpi idrici interessati e dell’impatto del progetto sulla loro qualità, senza allegarla formalmente alla decisione impugnata.

16.      Nel merito, il giudice del rinvio ritiene, anzitutto, che il pubblico non sia stato sufficientemente informato in ordine agli effetti ambientali del progetto nel corso della procedura di consultazione. Il giudice medesima rileva, tuttavia, che, secondo il diritto nazionale, tale vizio procedurale può essere invocato solo da un singolo ricorrente e può portare all’annullamento della decisione di approvazione del piano solo laddove gli sia stata negata la possibilità di partecipare al processo decisionale. A suo avviso, per quanto, nella specie, il vizio procedurale non abbia influito sull’esito della decisione, l’unico fattore decisivo, nel caso di un ricorso da parte di un singolo ricorrente, sarebbe costituito dalla privazione o meno del medesimo di tale possibilità di partecipazione al processo decisionale. Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che la normativa nazionale, così disciplinando i requisiti di ammissibilità dei ricorsi proposti dai singoli, non violerebbe l’obiettivo della direttiva VIA, consistente nell’offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia.

17.      Il giudice del rinvio si chiede, poi, se la valutazione relativa al divieto di deterioramento dei corpi idrici superficiali possa essere effettuata e sia verificabile, mediante la documentazione corrispondente, solo successivamente l’adozione della decisione di approvazione del piano.

18.      Inoltre, il giudice del rinvio osserva che il divieto di deterioramento dei corpi idrici si applica non solo alle acque superficiali, ma anche alle acque sotterranee, cosicché anche lo stato di queste ultime dev’essere valutato prima dell’autorizzazione del progetto. Il giudice medesimo dubita, tuttavia, dei criteri rilevanti ai fini della determinazione di un eventuale deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo, poiché la DQA distingue, in questo caso, solo tra buono e cattivo stato.

19.      Infine, il giudice del rinvio ritiene che l’obbligo di impedire il deterioramento e l’obbligo di miglioramento dei corpi idrici di cui all’articolo 4 della DQA non implichino, nonostante la natura cogente di tale disposizione, la legittimazione di tutti i membri del pubblico interessato da un progetto e che facciano valere la violazione ad impugnare una decisione che violi tali obblighi.

IV.    Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

20.      Ciò premesso, con decisione del 25 aprile 2018 pervenuta presso la cancelleria della Corte il 16 agosto 2018, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della [direttiva VIA] debba essere interpretato nel senso che sia ad esso conforme una norma nazionale, in base alla quale un ricorrente, che non sia un’associazione ambientalista riconosciuta, possa agire ai fini dell’annullamento di una decisione per vizi procedurali nel solo caso in cui il vizio gli abbia impedito la partecipazione, prevista dalla legge, al processo decisionale.

2) a)      Se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), da i) a iii), della [direttiva quadro sulle acque] debba essere interpretato nel senso che esso contenga non solo un criterio di valutazione di diritto sostanziale, bensì parimenti criteri relativi alla procedura di autorizzazione amministrativa.

2) b)      Nel caso di risposta affermativa alla questione sub a), se la partecipazione del pubblico prevista dall’articolo 6 della direttiva VIA debba essere sempre e obbligatoriamente riferita ai documenti inerenti alla valutazione prevista dalla normativa in materia di acque nel senso menzionato supra oppure se sia ammissibile una differenziazione in base al momento della redazione della documentazione e alla sua complessità.

3)      Se la nozione di deterioramento dello stato di un corpo idrico sotterraneo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i), della DQA debba essere interpretata nel senso che un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo ricorra non appena non venga rispettato, per effetto del progetto, quantomeno uno standard di qualità ambientale relativo ad un parametro e nel senso che, a prescindere da tale rilievo, nel caso in cui venga già superata la soglia di riferimento, costituisca un deterioramento qualsiasi ulteriore aumento (misurabile) della concentrazione.

4) a)      Se l’articolo 4 della DQA – alla luce della sua efficacia vincolante (articolo 288 TFUE) e della garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva (articolo 19 TUE) – debba essere interpretato nel senso che tutti gli appartenenti al pubblico interessato dal progetto, i quali lamentino di essere lesi nei propri diritti dall’autorizzazione di detto progetto, siano parimenti legittimati a far valere in giudizio le violazioni del divieto di deterioramento e dell’obbligo di miglioramento ai sensi della normativa in materia di acque.

4) b)      In caso di risposta negativa alla questione sub a), se l’articolo 4 della DQA – in considerazione della sua finalità – debba essere interpretato nel senso che, in ogni caso, i ricorrenti, i quali utilizzano pozzi per l’approvvigionamento idrico privato in prossimità del tratto di strada progettato possano far valere in giudizio le violazioni del divieto di deterioramento e dell’obbligo di miglioramento ai sensi della normativa in materia di acque.»

21.      Hanno presentato osservazioni scritte i ricorrenti, il governo polacco e la Commissione europea. I ricorrenti e la Commissione hanno svolto osservazioni orali dinanzi alla Corte all’udienza del 19 settembre 2019. Non posso fare a meno di osservare, tuttavia, che è alquanto deplorevole il fatto che né il Land Renania settentrionale‑Vestfalia né la Repubblica federale di Germania abbiano ritenuto opportuno presentare osservazioni scritte, né, al riguardo, partecipare all’udienza. Dato che il caso di specie riguarda l’interpretazione di disposizioni piuttosto complesse del diritto amministrativo e ambientale tedesco, sarebbe stato forse più opportuno dare alla Corte la possibilità di sentire le osservazioni dei due enti responsabili rispettivamente dell’applicazione e dell’elaborazione della normativa in questione.

V.      Analisi

A.      Sulla prima questione

22.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva VIA debba essere interpretato nel senso che sia ad esso conforme una norma di diritto nazionale, per effetto della quale un soggetto, distinto da un’associazione ambientalista riconosciuta, sia legittimato ad agire ai fini dell’annullamento di una decisione per vizi procedurali nel solo caso in cui il vizio gli abbia impedito la partecipazione, prevista dalla legge, al processo decisionale.

1.      Sul contesto storico dellarticolo 11, paragrafo 1, della direttiva VIA e sulla sua interpretazione

23.      L’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva VIA prevede che gli Stati membri provvedono, affinché i membri del pubblico interessato, che vantino un interesse sufficiente ad agire in giudizio o che facciano valere la violazione di un diritto, abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.

24.      Tale disposizione corrisponde all’articolo 10 bis della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (4), a sua volta ampiamente corrispondente all’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con decisione 2005/370/CE del Consiglio del 17 febbraio 2005 (5) (in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»). È evidente che l’articolo 10 bis è stato inserito nella direttiva 85/337, insieme ad altre disposizioni, dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337 e 96/61/CE (6) relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia, al fine di allineare il diritto dell’Unione ai requisiti previsti dalla convenzione di Arhus (7). È altresì pacifico che tale convenzione costituisce parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione (8).

25.      In tale contesto, la Corte ha già avuto modo di affermare, da un lato, che il controllo della legittimità delle decisioni, degli atti o delle omissioni soggetti alle disposizioni della direttiva VIA è un controllo al quale il legislatore dell’Unione europea, conformemente agli obiettivi della Convenzione di Aarhus, ha voluto associare i membri del pubblico interessato che vantino un interesse sufficiente ad agire in giudizio o che facciano valere la violazione di un diritto al fine di contribuire alla salvaguardia, alla protezione e al miglioramento della qualità dell’ambiente e alla tutela della salute umana (9) e, d’altro lato, che, qualora uno Stato membro stabilisca norme di diritto processuale applicabili alle materie di cui all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, si deve ritenere che lo Stato membro attui un obbligo derivante da tale articolo. Ne consegue, pertanto, che lo Stato membro dev’essere considerato, a sua volta, quale soggetto che dà attuazione del diritto dell’Unione a norma dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), cosicché la Carta è di conseguenza applicabile (10).

26.      Ciò detto, è chiaro che, come già affermato dalla Corte, «la citata disposizione [ossia l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus], in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, impone agli Stati membri l’obbligo di garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione, in particolare delle disposizioni del diritto ambientale» (11).

27.      Per questo motivo, sebbene gli Stati membri dispongano di un ampio margine di discrezionalità per stabilire ciò che costituisce un «interesse sufficiente» o una «violazione di un diritto», il disposto dell’articolo 11 della direttiva VIA, relativo al diritto dei membri del pubblico interessato dalle decisioni, dagli atti o dalle omissioni che rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva di proporre le opportune azioni di annullamento non può essere interpretato restrittivamente (12) o in modo tale da negare la sostanza del diritto di un opponente ad una tutela giurisdizionale effettiva.

28.      Il tenore letterale dell’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva VIA e dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, della Convenzione di Aarhus conferma inoltre che la portata del margine di discrezionalità degli Stati membri trova i propri limiti nel rispetto dell’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia (13).

2.      Sullapplicabilità dellarticolo 11 della direttiva VIA al caso di specie

29.      Nel caso di specie la normativa nazionale subordina l’annullamento di una decisione alla condizione che l’irregolarità procedurale in questione abbia avuto l’effetto di privare l’interessato della possibilità di partecipare effettivamente al processo decisionale secondo le modalità previste dalla legge. La questione che sorge in tal caso è se questa condizione sia di per sé conforme ai requisiti dell’articolo 11 della direttiva VIA.

30.      A tal riguardo, va osservato che, imponendo agli Stati membri di garantire che i membri del pubblico interessato abbiano la possibilità di proporre ricorsi con cui contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva VIA, il legislatore dell’Unione non ha tentato di limitare le motivazioni che possono essere addotte a sostegno di tali procedimenti (14). Proprio per il fatto che «detto legislatore non ha inteso subordinare la possibilità di invocare un vizio di procedura alla condizione che quest’ultimo incida sulla ratio della decisione finale contestata» (15), si può desumere in via analogica dalla formulazione letterale e dall’obiettivo dell’articolo 11 della direttiva VIA – che garantisce un ampio accesso alla giustizia nel settore della tutela ambientale – che il legislatore dell’Unione non intendeva limitare il diritto del singolo a impugnare decisioni in materia ambientale solo a quella particolare categoria di casi in cui, a causa di un vizio procedurale, il ricorrente era privato del diritto alla partecipazione all’intero processo decisionale quale previsto dalla legge.

31.      Per contro, come la Corte ha già avuto modo di affermare nella sentenza Gemeinde Altrip e a., «dato che l’oggetto di tale direttiva consiste, in particolare, nel fissare garanzie procedurali che consentano segnatamente una migliore informazione e una partecipazione del pubblico nell’ambito della valutazione dell’impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un’incidenza significativa su tale ambiente, il controllo del rispetto delle norme procedurali in tale settore riveste notevole importanza. Conformemente all’obiettivo diretto a conferirgli un ampio accesso alla giustizia, il pubblico interessato deve quindi poter far valere, per principio, qualunque vizio di procedura a sostegno di un ricorso di contestazione della legittimità delle decisioni contemplate dalla medesima direttiva» (16).

32.      Ciò vale in particolare per le stesse valutazioni di impatto ambientale, poiché detto aspetto vitale della protezione ambientale potrebbe essere compromesso se progetti di sviluppo di questo tipo dovessero essere autorizzati in assenza di una valutazione conforme alle norme giuridiche appropriate. Ne consegue, pertanto, che l’interessato dalla decisione di concessione dell’autorizzazione allo sviluppo deve essere legittimato a contestare qualsiasi vizio procedurale rilevante rispetto a tale decisione amministrativa, salvo che le autorità competenti forniscano la prova che la decisione impugnata non sarebbe stata diversa in assenza di tale vizio procedurale (17).

33.      È certamente vero che l’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva VIA – in linea con l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus – opera una netta distinzione tra le situazioni dei singoli, da un lato, e quelle delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente, dall’altro. I legislatori nazionali hanno quindi il diritto, in linea di principio, di prevedere al riguardo che gli unici diritti la cui violazione può essere invocata dai singoli che intendono opporsi ad un progetto di sviluppo – come nel caso di specie lo svincolo autostradale – sono diritti individuali sostanziali. D’altro canto, tale limitazione nazionale non può essere applicata in caso di ricorsi presentati da organizzazioni per la tutela dell’ambiente (18).

34.      In altri termini, sebbene la Convenzione di Aarhus e la direttiva VIA abbiano quindi previsto in una certa misura una forma di actio popularis nel settore ambientale per le organizzazioni a tutela dell’ambiente, esse si sono tuttavia espressamente astenute dal farlo in caso di ricorsi presentati da privati. Si deve tuttavia rammentare che il disposto dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus dev’essere letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, cosicché gli Stati membri sono in tal modo obbligati a garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione, in particolare dalle disposizioni del diritto ambientale (19). Ne consegue, a sua volta, che il disposto dell’articolo 11 della direttiva VIA relativo alla legittimazione ad agire in giudizio dei membri del pubblico interessato dalle decisioni, dagli atti o dalle omissioni ricompresi nell’ambito di applicazione di tale direttiva non può essere interpretato restrittivamente (20)

35.      In tale contesto, occorre pertanto riconoscere che le garanzie procedurali previste dalla direttiva VIA – in particolare quelle previste all’articolo 6 – devono essere considerate quali diritti individuali sostanziali. Ciò detto, una norma nazionale potrebbe ragionevolmente esigere che i singoli dimostrino di essere stati privati di almeno una di tali garanzie procedurali – come, ad esempio, l’accesso ai documenti pertinenti – per poter chiedere l’annullamento di una decisione, di un atto o di un’omissione che rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Tale requisito potrebbe essere ritenuto utile ai fini della tutela di interessi fondamentali connessi ad un’amministrazione efficiente e ordinata della giustizia e, in particolare, per garantire che i procedimenti di annullamento siano avviati da privati che siano stati o ritengano di essere in qualche modo interessati dalla presunta violazione.

36.      La normativa nazionale in esame, qualora si limitasse a produrre tale effetto, rispetterebbe la formulazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva VIA, preservando al contempo l’obiettivo di garantire ampio accesso alla giustizia perseguito da tale direttiva. Se, tuttavia, l’effetto della normativa nazionale di cui trattasi fosse quello di subordinare il diritto di un singolo a richiedere l’annullamento di una decisione, di un atto o di un’omissione rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva alla condizione di essere stato privato del diritto di partecipare all’intero processo decisionale – per il fatto che le garanzie procedurali previste dalla direttiva VIA non sarebbero considerate quali diritti individuali sostanziali – la questione sarebbe del tutto diversa. A mio avviso, tale situazione costituirebbe una violazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva VIA, in quanto priverebbe tali opponenti del contenuto del loro diritto di accesso al procedimento giudiziario in materia ambientale.

37.      Tale conclusione appare anche in linea con i requisiti di cui all’articolo 47 e all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta (21). Come ho appena osservato nel caso della direttiva VIA, il requisito generale che un privato sia colpito dal vizio procedurale lamentato soddisfa certamente gli interessi dell’amministrazione generale della giustizia e non va al di là di quanto è necessario per salvaguardare questo obiettivo. Tale requisito non potrebbe essere quindi considerato incompatibile con i requisiti di cui all’articolo 47 della Carta. Tuttavia, qualora la normativa nazionale avesse l’effetto di limitare il diritto di opposizione ai soli casi in cui il privato possa dimostrare di essere stato privato del diritto di partecipare all’intero procedimento, tale requisito risulterebbe eccessivo e sproporzionato. Si potrebbe inoltre affermare che tale situazione sarebbe contraria all’obiettivo di garantire una tutela ambientale significativa nel modo previsto sia dalla Convenzione di Aarhus sia dalla direttiva VIA. Ne consegue che qualsiasi restrizione derivante da una norma nazionale di tale natura, del genere appena appena menzionato, non rispetterebbe la sostanza del diritto a un ricorso effettivo quale riconosciuto dall’articolo 47 della Carta.

3.      Conclusione sulla prima questione

38.      Pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva VIA non osti ad una disposizione nazionale in base alla quale un ricorrente, che non sia un’associazione ambientalista riconosciuta, possa agire ai fini dell’annullamento di una decisione, di un atto o di un’omissione rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva per vizi procedurali solo laddove dimostri di essere stato privato di almeno una delle garanzie procedurali previste da tale direttiva, in particolare quelle previste dall’articolo 6. D’altro canto, l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva VIA osta a una disposizione nazionale che subordini il diritto del singolo di chiedere l’annullamento di una decisione, di un atto o di un’omissione rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva medesima alla condizione di essere stato privato del diritto di partecipazione al processo decisionale per il fatto che le garanzie procedurali previste in tale direttiva non siano considerate quali diritti individuali sostanziali.

B.      Sulla seconda questione

39.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), da i) a iii), della direttiva quadro sulle acque debba essere interpretato nel senso che contenga non solo un criterio di valutazione di diritto sostanziale, bensì parimenti criteri relativi alla procedura di autorizzazione amministrativa, cosicché risulterebbe sarebbe escluso che la valutazione relativa al divieto di deterioramento dei corpi idrici superficiali avvenga e sia verificabile, in base alla relativa documentazione, solo dopo l’adozione della decisione di approvazione del piano.

40.      Inoltre, in caso di risposta affermativa, il giudice del rinvio chiede se la partecipazione del pubblico ai sensi dell’articolo 6 della direttiva VIA debba essere sempre e obbligatoriamente riferita alla documentazione inerenti alla valutazione prevista dalla DQA o se sia ammissibile una differenziazione in base al momento della redazione della documentazione e alla sua complessità.

41.      Come affermato dal giudice del rinvio nella propria decisione, la risposta alla stessa questione nell’ambito della direttiva habitat è chiara: secondo la formulazione dell’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva, un’opportuna valutazione delle incidenze sul sito interessato del piano o progetto deve precedere la sua approvazione (22). Pertanto, spetta alle competenti autorità nazionali approvare tale piano o progetto, tenuto conto delle conclusioni della valutazione delle incidenze del piano o progetto sul sito interessato, ma solo dopo aver anzitutto accertato che non pregiudicherà l’integrità del sito medesimo (23).

42.      Sebbene la direttiva quadro sulle acque non contenga esattamente la stessa disposizione, va osservato che, in primo luogo, l’inosservanza dei requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), da i) a iii), della DQA o all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat ha le stesse conseguenze; in secondo luogo, la prima di tali disposizioni persegue gli stessi obiettivi adottati dalla Corte a sostegno della propria interpretazione della seconda; in terzo luogo, entrambe condividono lo stesso contesto giuridico e ambientale generale.

43.      In primo luogo, come già ricordato in precedenza, ai sensi della direttiva habitat, quando sussiste un’incertezza quanto alla mancanza di effetti pregiudizievoli per l’integrità di detto sito, legati al piano o progetto considerato, l’autorità competente ne deve negare l’autorizzazione (24). È altresì chiaro che gli Stati membri sono tenuti, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), da i) a iii), della DQA – salvo concessione di una deroga – a negare l’autorizzazione di un particolare progetto qualora esso sia idoneo a provocare un deterioramento dello stato di un corpo idrico superficiale oppure qualora pregiudichi il raggiungimento di un buono stato delle acque superficiali o di un buon potenziale ecologico e di un buono stato chimico di tali acque alla data prevista da tale direttiva (25).

44.      In secondo luogo, la Corte ha dichiarato che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat «contribuisce (…) alla realizzazione dell’obiettivo che perseguono le misure adottate in forza di tale direttiva, che consiste, secondo l’articolo 2, paragrafo 2, della stessa, ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse dell’Unione e, dell’obiettivo più generale della stessa direttiva che è garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente per quanto riguarda i siti protetti in forza della stessa» (26). Questi due obiettivi, specifico e generale, sono perseguiti anche dall’articolo 4 della DQA nel settore della protezione delle acque. Infatti, secondo la Corte, tale disposizione contribuisce alla realizzazione, da un lato, dell’obiettivo principale perseguito dalle misure adottate in forza della DQA, che, come risulta dall’articolo 1 della stessa, letto alla luce dei considerando 11, 19, 27 e 34 della medesima direttiva, consiste nel garantire la tutela dell’ambiente e, dall’altro, più in particolare, a mantenere e migliorare in genere la qualità dell’ambiente acquatico dell’Unione (27).

45.      In terzo luogo, da costante giurisprudenza emerge che il criterio di autorizzazione previsto all’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva habitat integra il principio di precauzione e mira in tal modo a prevenire gli effetti pregiudizievoli sull’integrità dei siti protetti dovuti ai piani o progetti considerati (28). Per tale ragione, le autorità nazionali competenti possono autorizzare l’attività in questione solo qualora abbiano accertato che essa sia priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito interessato (29). Tuttavia, ciò deve valere anche con riguardo all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva quadro sulle acque essendo la direttiva basata sull’articolo 175 TCE (ora articolo 192 TFUE). In quanto tale, essa contribuisce alla realizzazione degli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale, che si basa – come espressamente richiesto dall’articolo 191, paragrafo 2, TFUE (ex articolo 174, paragrafo 2, TCE) e dichiarato nel considerando 11 della DQA – sul principio di precauzione.

46.      Alla luce delle suesposte considerazioni, mi sembra che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), da i) a iii), della direttiva quadro sulle acque debba essere interpretato nel senso che esso non contenga soltanto criteri sostanziali, bensì implichi, inoltre, necessariamente che qualsiasi valutazione o verifica di tali criteri relativi al divieto di deterioramento dei corpi idrici superficiali debba precedere l’adozione della decisione di approvazione del piano.

47.      Si può osservare, inoltre, che tale interpretazione emerge già dalla sentenza del 1o giugno 2017, Folk (C‑529/15, EU:C:2017:419). Infatti, la Corte ha ivi dichiarato che il giudice nazionale non è tenuto ad esaminare d’ufficio l’osservanza delle condizioni previste dall’articolo 4, paragrafo 7, della DQA – il che consente di concedere un’autorizzazione nonostante il fatto che il progetto possa avere effetti pregiudizievoli sulle acque – e può limitarsi a dichiarare l’illegittimità dell’atto impugnato qualora l’autorità nazionale competente abbia rilasciato l’autorizzazione senza aver verificato l’osservanza di tali condizioni (30). Ma la Corte ha soprattutto dichiarato che «incombe alle autorità nazionali competenti ad autorizzare un progetto l’obbligo di controllare che le condizioni enumerate all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della direttiva 2000/60 siano soddisfatte prima del rilascio dell’autorizzazione, fatto salvo un eventuale controllo giurisdizionale» (31). Il principio di precauzione alla base della DQA implica quindi necessariamente che l’obbligo di una valutazione preventiva derivante dall’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva – al fine di beneficiare di una deroga – si applica anche all’obbligo principale previsto al paragrafo 1 di tale articolo.

48.      Per quanto riguarda il secondo capo della seconda questione, nel contesto della partecipazione del pubblico prevista dall’articolo 6 della direttiva VIA, non ritengo che sia ammissibile differenziare a seconda del momento della creazione o della complessità di un documento rilevante ai fini della valutazione imposta dalla DQA.

49.      In primo luogo, occorre inoltre tener presente che qualsiasi controllo della legittimità delle decisioni, degli atti o delle omissioni soggetti alle disposizioni della direttiva VIA intende associare, conformemente agli obiettivi della convenzione di Aarhus, i membri del pubblico interessato, al fine di contribuire alla salvaguardia, alla protezione e al miglioramento della qualità dell’ambiente e alla tutela della salute umana (32).

50.      In secondo luogo, l’articolo 6 della direttiva VIA dev’essere interpretato alla luce dei requisiti di cui all’articolo 6 della convenzione di Aarhus che esso attua. Come ha spiegato l’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni nelle cause riunite Comune di Corridonia e a. (C‑196/16 e C‑197/16, EU:C:2017:249), la partecipazione del pubblico alle decisioni su attività che possano produrre effetti significativi sull’ambiente, prevista da tale disposizione, deve avvenire in una fase iniziale, quando tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza effettiva. Ciò sottolinea ulteriormente l’obiettivo di una partecipazione sin dalle prime fasi, in quanto «essa risulta più efficace se è possibile tenerne pienamente conto nella realizzazione del progetto» (33). Si potrebbe inoltre osservare che tale intento di assicurare il coinvolgimento del pubblico prima dell’adozione delle decisioni definitive è espressamente dichiarato, in materia di tutela delle acque, al considerando 46 della DQA.

51.      In tale contesto, appare evidente che consentire le distinzioni suggerite dal giudice del rinvio risulterebbe in contrasto con tali obiettivi. Da un lato, operare una distinzione in base alla data di un documento potrebbe portare all’autorizzazione di taluni progetti senza che il pubblico interessato sia stato informato in anticipo del loro potenziale impatto ambientale. D’altro lato, operare una distinzione in base alla complessità di un documento potrebbe indurre le autorità nazionali ad adottare un approccio selettivo – ed eventualmente soggettivo – a scapito del pubblico interessato e, se del caso, della tutela dell’ambiente.

52.      Pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, concludo che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), da i) a iii), della direttiva quadro sulle acque dev’essere interpretato nel senso che esso non solo includa criteri sostanziali di valutazione, bensì richieda parimenti che la valutazione relativa al divieto di deterioramento dei corpi idrici superficiali preceda l’adozione della decisione di approvazione del piano, indipendentemente dal momento dell’adozione o dalla complessità del documento rilevante ai fini di tale controllo.

C.      Sulla terza questione

53.      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede se la nozione di «deterioramento dello stato di un corpo idrico sotterraneo» di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i), della DQA debba essere interpretata nel senso che un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo ricorra non appena non venga rispettato, per effetto del progetto, quantomeno uno standard di qualità ambientale relativo ad un parametro e nel senso che, a prescindere da ciò, nel caso in cui venga già superata la soglia di riferimento, costituisca un deterioramento qualsiasi ulteriore aumento (misurabile) della concentrazione.

54.      Nella sentenza Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433), la Corte ha dichiarato, sulla base di un’interpretazione letterale e contestuale dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), i), della DQA, e alla luce degli obiettivi di tale direttiva, che la nozione di «deterioramento dello stato» di un corpo idrico superficiale, ai sensi di tale disposizione, dev’essere interpretata nel senso che «si è in presenza di un deterioramento quando lo stato di almeno uno degli elementi di qualità ai sensi dell’allegato V di detta direttiva sia degradato di una classe, anche se tale deterioramento non si traduce in una deterioramento nella classificazione, nel complesso, del corpo idrico superficiale» (34). Inoltre, la Corte ha sottolineato che «se l’elemento di qualità di cui trattasi, ai sensi di tale allegato, si trova già nella classe più bassa, qualunque deterioramento di detto elemento costituisce un “deterioramento dello stato” di un corpo idrico superficiale ai sensi di tale articolo 4, paragrafo 1, lettera a), (…) i)» (35).

55.      È ben vero che, a differenza dei corpi idrici superficiali – per i quali la DQA prevede una scala di cinque classi di stato ecologico – la direttiva distingue solo tra buono e cattivo stato per quanto riguarda lo stato quantitativo e chimico delle acque sotterranee. Ritengo, tuttavia, che l’interpretazione della nozione di «deterioramento dello stato» dei corpi idrici ai sensi della direttiva quadro sulle acque dovrebbe essere piuttosto analoga, indipendentemente dal fatto che si tratti di acque superficiali o sotterranee.

56.      Infatti, oltre agli obiettivi ambientali della DQA, che sono chiaramente simili, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, per le acque superficiali e sotterranee, la base dell’interpretazione letterale e l’argomento contestuale assunti dalla Corte a sostegno della propria interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), i), della DQA possono essere applicati in via analogica anche all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i) (36).

57.      In primo luogo, al pari dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), i), la formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i), della DQA sostiene un’interpretazione indipendente dalle specifiche dell’allegato V, in quanto entrambe le disposizioni stabiliscono espressamente che il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici – siano essi superficiali o sotterranei – dovrebbe essere impedito. Si dà il caso che solo l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), ii) e iii), e lettera b), ii), della DQA facciano riferimento all’allegato V, ma tali disposizioni riguardano l’obbligo di migliorare lo stato dei corpi idrici. Tuttavia, l’obbligo di impedire il deterioramento e l’obbligo di miglioramento costituiscono due obiettivi distinti (37). Inoltre, secondo la definizione di cui all’articolo 2, punto 19, della DQA – simile a quella di cui all’articolo 2, punto 17, della medesima direttiva – stato delle acque sotterranee è l’espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico.

58.      Come per l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), i), della DQA, pertanto, anche la formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i), impone, in linea generale, l’obbligo di impedire il deterioramento dello stato delle acque sotterranee senza fare riferimento alla classificazione derivante dall’allegato V.

59.      In secondo luogo, è pur vero che, mentre la valutazione dello stato delle acque superficiali si basa su un’analisi dello stato ecologico che comprende cinque classi, la valutazione dello stato delle acque sotterranee si basa su un’analisi dello stato quantitativo e dello stato chimico, con riferimento alle Tabelle 2.1.2 e 2.3.2 dell’allegato V (38).

60.      Tuttavia, come ho appena osservato, né l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), i), della DQA né l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i), fa riferimento all’allegato V. Ciò premesso, come per la nozione di «deterioramento dello stato» di un corpo idrico superficiale, anche la nozione di «deterioramento dello stato» di un corpo idrico sotterraneo dev’essere considerata un concetto di portata generale. Le classi e le condizioni stabilite al riguardo in tali tabelle, di conseguenza, per utilizzare le parole della Corte nella sentenza Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, «non sono altro che uno strumento che limita la discrezionalità degli Stati membri nel determinare gli elementi di qualità che rispecchiano uno stato reale di un corpo idrico determinato» (39).

61.      In terzo luogo, occorre parimenti tener conto dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera c), della DQA, che prevede espressamente il divieto di qualsivoglia ulteriore deterioramento per quanto riguarda particolari corpi idrici, per i quali gli Stati membri possono prefiggersi di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi (40).

62.      Ciò detto, come dichiarato dalla Corte con riferimento ai «corpi idrici» in genere, la nozione di «deterioramento» dev’essere interpretata facendo riferimento ad un elemento di qualità o ad una sostanza, poiché «l’obbligo di impedire il deterioramento dello stato di un corpo idrico conserva tutto il suo effetto utile, in quanto include ogni cambiamento idoneo a compromettere la realizzazione dell’obiettivo principale della [DQA]» (41). Tale interpretazione dovrebbe prevalere, a fortiori, nel caso di un corpo idrico sotterraneo per il quale è previsto soltanto lo stato di «buono» o «cattivo», mentre per le acque superficiali esistono cinque classi di stato.

63.      Inoltre, la Corte ha già affermato, in modo altrettanto generale, che, «[q]uanto ai criteri che consentono di concludere nel senso di un deterioramento dello stato di un corpo idrico, occorre ricordare che dalla sistematica dell’articolo 4 della [DQA] e, segnatamente, dai suoi paragrafi 6 e 7, risulta che il deterioramento dello stato di un corpo idrico, anche transitorio, è autorizzato solo in presenza di rigorosi requisiti. Ne consegue che la soglia oltre la quale si accerta una violazione dell’obbligo di impedire il deterioramento dello stato di un corpo idrico dev’essere bassa» (42).

64.      In tale contesto, va osservato che, a termini dell’articolo 2, punto 25, della DQA per «buono stato chimico delle acque sotterranee» s’intende lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo rispondente a tutte le condizioni di cui alla tabella 2.3.2 dell’allegato V. Ciò significa che la composizione chimica del corpo idrico sotterraneo è tale che le concentrazioni di inquinanti non mostrano gli effetti di intrusioni saline o di altro tipo, rispettano gli standard di qualità e non superano i valori soglia stabiliti dalla direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento (43) e non sono tali da non conseguire gli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 per le acque superficiali associate, né da comportare una diminuzione significativa della qualità ecologica o chimica di tali corpi idrici, né danni significativi agli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente dal corpo idrico sotterraneo.

65.      Conformemente all’articolo 17 della DQA, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/118 prevede pertanto i criteri per valutare lo stato chimico delle acque sotterranee. Ai sensi di tale disposizione, gli Stati membri utilizzano gli standard di qualità delle acque sotterranee di cui all’allegato I e i valori soglia che essi stabiliscono secondo la procedura di cui all’allegato II, parte A, per gli inquinanti, i gruppi di inquinanti e gli indicatori di inquinamento che sono stati individuati come fattori che contribuiscono alla caratterizzazione di corpi o gruppi di corpi idrici sotterranei come a rischio, tenuto conto almeno dell’elenco contenuto nell’allegato II, parte B.

66.      Ciò premesso, mi sembra che la nozione di «deterioramento dello stato» di un corpo idrico sotterraneo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i), della direttiva quadro sulle acque debba essere interpretata nel senso che sussista un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo nel caso in cui, in conseguenza del progetto, uno standard di qualità ambientale ai sensi dell’allegato I della direttiva 2006/118 non risulti rispettato o un valore soglia di uno Stato membro ai sensi dell’allegato II della stessa direttiva risulti superato per almeno una sostanza inquinante ovvero qualora non siano rispettate le altre condizioni indicate nella Tabella 2.3.2 dell’allegato V della DQA. Tuttavia, se il corpo idrico sotterraneo rientra già nella classe più bassa ai sensi dell’allegato V della DQA, qualsiasi successivo aumento della concentrazione di un inquinante che non rispetti lo standard di qualità ambientale o superi il valore soglia fissato dallo Stato membro costituirebbe necessariamente un deterioramento. In tal caso, anche un aumento della concentrazione di un altro inquinante costituisce un deterioramento se non rispetta lo standard di qualità ambientale o supera il valore soglia fissato dallo Stato membro.

67.      Infatti, se un cambiamento negativo di uno dei parametri dello stato di un corpo idrico sotterraneo classificato come basso non potesse essere qualificato come deterioramento, ciò implicherebbe l’accettazione di un ulteriore deterioramento dello stato delle acque sotterranee ed escluderebbe anche le acque della classe inferiore dalla sfera di applicazione dell’obbligo di impedire il deterioramento del loro stato. Poiché la classificazione del corpo idrico sotterraneo dipende dal valore peggiore dei parametri utilizzati, tutti gli altri valori potrebbero essere abbassati senza alcun effetto giuridico. Di conseguenza, ciò porterebbe all’approvazione di progetti contrari all’obbligo, previsto dalla DQA, di impedire il deterioramento e di migliorare lo stato delle acque e, in quanto tale, priverebbe la DQA della sua efficacia (44).

D.      Sulla quarta questione

68.      Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4 della DQA debba essere interpretato nel senso che tutti gli appartenenti al pubblico interessato dal progetto, che lamentino di essere lesi nei propri diritti dall’autorizzazione del progetto stesso, siano parimenti legittimati a far valere in giudizio le violazioni del divieto di deterioramento e dell’obbligo di miglioramento ai sensi della normativa in materia di acque. In alternativa, il giudice del rinvio chiede se tale disposizione debba essere interpretata nel senso che, in ogni caso, i ricorrenti, i quali utilizzano pozzi per l’approvvigionamento idrico privato in prossimità del tratto di strada progettato possano far valere in giudizio le violazioni del divieto di deterioramento e dell’obbligo di miglioramento ai sensi della normativa in materia di acque.

69.      Non si può contestare il fatto che l’articolo 4 della DQA contribuisca in tal modo alla realizzazione dell’obiettivo principale perseguito dalle misure adottate in forza di tale direttiva, che, come risulta dall’articolo 1 della stessa, letto alla luce dei considerando 11, 19 e 27 della medesima direttiva, consiste nel garantire la tutela dell’ambiente e, in particolare, nel mantenere e migliorare la qualità dell’ambiente acquatico dell’Unione (45).

70.      Ciò premesso, la Corte ha già dichiarato che «sarebbe incompatibile con l’effetto vincolante che l’articolo 288 TFUE riconosce alle direttive escludere, in linea di principio, che gli obblighi da esse imposti possano essere fatti valere dagli interessati. L’effetto utile della [DQA] nonché la sua finalità di tutela dell’ambiente, (…) richiedono che i privati o, se del caso, un’organizzazione per la tutela dell’ambiente debitamente costituita, possano avvalersene in giudizio e che i giudici nazionali possano prendere in considerazione tale direttiva in quanto elemento del diritto dell’Unione, al fine, segnatamente, di verificare se l’autorità nazionale che ha rilasciato un’autorizzazione relativa a un progetto che possa avere un impatto sullo stato delle acque abbia rispettato gli obblighi ad ess[a] incombenti in forza dell’articolo 4 della predetta direttiva, in particolare quello di impedire il deterioramento dei corpi idrici, e se sia così rimasta entro i limiti del margine di discrezionalità attribuito alle autorità nazionali competenti da tale disposizione» (46).

71.      Questa considerazione vale in modo particolare per una direttiva diretta a tutelare la sanità pubblica (47). La direttiva quadro sulle acque è parimenti volta alla realizzazione di tale obiettivo in quanto la buona qualità dell’acqua è di vitale importanza per la fornitura di acqua al pubblico (48).

72.      In tale contesto, occorre inoltre rammentare che, «nel definire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali destinati ad assicurare la salvaguardia dei diritti conferiti dalla [DQA], gli Stati membri devono garantire il rispetto del diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dall’articolo 47 della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva» (49).

73.      Per questo motivo ho cercato di dimostrare, nell’analisi della prima questione sollevata dal giudice del rinvio, che, sebbene gli Stati membri dispongano di un ampio margine di discrezionalità per stabilire ciò che costituisce un «interesse sufficiente» o una «violazione di un diritto», il disposto dell’articolo 11 della direttiva VIA, relativo al diritto dei membri del pubblico interessato dalle decisioni, dagli atti o dalle omissioni che rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, di proporre ricorsi non può essere interpretato restrittivamente (50). Il tenore letterale dell’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva VIA e dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, della Convenzione di Aarhus conferma che la discrezionalità degli Stati membri trova i propri limiti nel rispetto dell’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia (51).

74.      In tale contesto, la Corte ha recentemente dichiarato che «quantomeno le persone fisiche o giuridiche direttamente interessate da un rischio di violazione delle disposizioni delle direttive devono, quindi, poter ottenere dalle autorità competenti, eventualmente adendo i giudici preposti, il rispetto dei relativi obblighi come quelli sanciti all’articolo 4 della DQA» (52).Tuttavia, considerato che l’obbligo di essere «direttamente interessati» costituisce una limitazione all’accesso alla giustizia, esso dev’essere interpretato restrittivamente. Si può anche osservare che la Corte non ha assunto il pericolo concreto e inevitabile per la salute quale presupposto a tal riguardo (53).

75.      Pertanto, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, ritengo quindi che i ricorrenti, i quali utilizzano pozzi per l’approvvigionamento idrico privato in prossimità del tratto di strada progettato, siano chiaramente direttamente interessati dal rischio di deterioramento della qualità delle acque dei corsi d’acqua interessati e possano, in quanto tali, far valere l’articolo 4 della DQA. D’altro canto, se il progetto in questione può avere un impatto sull’acqua consumata dalle persone che utilizzano la rete pubblica di approvvigionamento idrico o se queste ultime sono particolarmente colpite in altro modo dal progetto, mi sembra che siano anche sufficientemente interessate da poter invocare l’articolo 4 della DQA per far valere in giudizio la violazione del divieto di deterioramento delle acque.

76.      Pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, concludo che l’articolo 4 della DQA dev’essere interpretato nel senso che le persone che utilizzino pozzi per l’approvvigionamento idrico privato o che utilizzino una rete pubblica di approvvigionamento idrico e possano subire l’impatto del progetto in questione o essere in altro modo particolarmente colpite dal progetto medesimo siano direttamente interessate dal rischio di deterioramento dei corpi idrici interessati e possano, conseguentemente, invocare l’articolo 4 della DQA per far valere in giudizio la violazione del divieto di deterioramento delle acque.

VI.    Conclusione

77.      Pertanto, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania) come segue:

1)      L’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati non osta a una disposizione nazionale per effetto della quale un ricorrente, che non sia un’associazione ambientalista riconosciuta, possa agire ai fini dell’annullamento di una decisione, di un atto o di un’omissione rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva per vizi procedurali solo laddove dimostri di essere stato privato di almeno una delle garanzie procedurali previste da tale direttiva, in particolare quelle previste dall’articolo 6. D’altro canto, l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva VIA osta a una disposizione nazionale che subordini il diritto del singolo di chiedere l’annullamento di una decisione, di un atto o di un’omissione rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva medesima alla condizione di essere stato privato del diritto di partecipazione al processo decisionale per il fatto che le garanzie procedurali previste in tale direttiva non siano considerate quali diritti individuali sostanziali.

2)      L’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), da i) a iii), della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque dev’essere interpretato nel senso che esso non solo includa criteri sostanziali di valutazione, bensì richieda parimenti che la valutazione relativa al divieto di deterioramento dei corpi idrici superficiali preceda l’adozione della decisione di approvazione del piano, indipendentemente dal momento dell’adozione o dalla complessità del documento rilevante ai fini di tale controllo.

3)      La nozione di «deterioramento dello stato» di un corpo idrico sotterraneo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i), della direttiva 2000/60 dev’essere interpretata nel senso che sussista un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo nel caso in cui, in conseguenza del progetto, uno standard di qualità ambientale ai sensi dell’allegato I della direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento, non risulti rispettato o un valore soglia di uno Stato membro ai sensi dell’allegato II della stessa direttiva risulti superato per almeno una sostanza inquinante ovvero qualora non siano rispettate le altre condizioni indicate nella Tabella 2.3.2 dell’allegato V della direttiva 2000/60 non sono rispettate. Tuttavia, se il corpo idrico sotterraneo rientra già nella classe più bassa ai sensi dell’allegato V della direttiva 2000/60, qualsiasi successivo aumento della concentrazione di un inquinante che non rispetti lo standard di qualità ambientale o superi il valore soglia fissato dallo Stato membro deve costituire un deterioramento. In tal caso, anche un aumento della concentrazione di un altro inquinante costituisce un deterioramento se non rispetta lo standard di qualità ambientale o supera il valore soglia fissato dallo Stato membro.

4)      L’articolo 4 della direttiva 2000/60 dev’essere interpretato nel senso che le persone che utilizzino pozzi per l’approvvigionamento idrico privato o che utilizzino una rete pubblica di approvvigionamento idrico e possano subire l’impatto del progetto in questione o essere in altro modo particolarmente colpite dal progetto medesimo siano direttamente interessate dal rischio di deterioramento dei corpi idrici interessati e possano, conseguentemente, invocare l’articolo 4 della direttiva 2000/60 per far valere in giudizio la violazione del divieto di deterioramento delle acque.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 2012, L 26, pag. 1.


3      GU 2000, L 327, pag. 1.


4      GU 1985, L 175, pag. 40.


5      GU 2005, L 124, pag. 1.


6      GU 2003, L 156, pag. 17.


7      V., in tal senso, considerando 5 della direttiva 2003/35 e sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 26).


8      V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 45).


9      V., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punto 28).


10      V., in tal senso, sulla direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva habitat»), sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie  (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 52), e, sulla direttiva quadro sulle acque, sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 44).


11      Sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 45).


12      V., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Gruber  (C‑570/13, EU:C:2015:231, punti 38 e 40).


13      V., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Gruber  (C‑570/13, EU:C:2015:231, punto 39).


14      V., in tal senso, sentenze del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein‑Westfalen (C‑115/09, EU:C:2011:289, punto 37), del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punti 36 e 47), e del 15 ottobre 2015, Commissione/Germania (C‑137/14, EU:C:2015:683, punti 47, 58 e 77).


15      Sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punto 47).


16      Sentenza del 7 novembre 2013 (C‑72/12, EU:C:2013:712, punto 48). Il corsivo è mio.


17      V., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punti da 49 a 53 e 57).


18      V., in tal senso, sentenze del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein‑Westfalen (C‑115/09, EU:C:2011:289, punto 45), e del 15 ottobre 2015, Commissione/Germania (C‑137/14, EU:C:2015:683, punti 33 e 91).


19      V., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 45).


20      V., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Gruber  (C‑570/13, EU:C:2015:231, punti 38 e 40).


21      Va ricordato che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dispone che «[e]ventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla (…) Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».


22      V., in tal senso, sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 53), e dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 42).


23      V., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 55).


24      V., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punti 55 e 57).


25      V., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 51), e del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 31).


26      Sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 43).


27      V., al riguardo, sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 33).


28      V., in tal senso, sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 58), dell’11 aprile 2013, Sweetman e a. (C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 41), e del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Białowieża Forest)  (C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 118).


29      V., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 59).


30      Sentenza del 1o giugno 2017, Folk (C‑529/15, EU:C:2017:419, punto 38).


31      Sentenza del 1o giugno 2017, Folk (C‑529/15, EU:C:2017:419, punto 39). Il corsivo è mio.


32      V., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punto 28).


33      Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nelle cause riunite Comune di Corridonia e a. (C‑196/16 e C‑197/16, EU:C:2017:249, paragrafo 26).


34      Sentenza del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 70).


35      Sentenza del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 70).


36      V., in tal senso, Waller, H., «Case C‑461/13, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland e.V.: Could This Case Change the Current of EU Environmental Law or Will It Just Wash Over?’, European Law Reporter, 2016, n. 2, pagg. da 53 a 66, in particolare pag. 60.


37      V., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 39).


38      V. articolo 2, punti 25 e 28, della direttiva quadro sulle acque.


39      Sentenza del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 61).


40      V., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 64).


41      Sentenza del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 66).


42      Sentenza del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 67).


43      GU 2006, L 372, pag. 19.


44      V., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 63).


45      V., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 33).


46      Sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


47      V., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2008, Janecek  (C‑237/07, EU:C:2008:447, punto 37), del 26 maggio 2011, Stichting Natuur en Milieu e a. (da C‑165/09 a C‑167/09, EU:C:2011:348, punto 94),e del 19 novembre 2014, ClientEarth (C‑404/13, EU:C:2014:2382, punto 55).


48      V. considerando 24 della DQA secondo il quale «[u]na buona qualità delle acque contribuirà ad assicurare la fornitura di acqua potabile alla popolazione». V. anche articolo 1, lettera d), della DQA secondo il quale tale direttiva assicura la graduale riduzione dell’inquinamento delle acque sotterranee e ne impedisce l’aumento; inquinamento definito all’articolo 2, punto 33, della DQA come «l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell’aria, nell’acqua o nel terreno, che possono nuocere alla salute umana (…)».


49      Sentenza del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C‑664/15, EU:C:2017:987, punto 87).


50      V., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Gruber  (C‑570/13, EU:C:2015:231, punti 38 e 40).


51      V., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Gruber  (C‑570/13, EU:C:2015:231, punto 39).


52      V. sentenza del 3 ottobre 2019, Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e a. (C‑197/18, EU:C:2019:824, punto 32). Il corsivo è mio.


53      V., al riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e a. (C‑197/18, EU:C:2019:274, paragrafo 54).