Language of document : ECLI:EU:C:2017:584

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

26 luglio 2017 (*)

«Impugnazione – Politica estera e di sicurezza comune – Lotta al terrorismo – Misure restrittive contro determinate persone ed entità – Congelamento dei capitali – Posizione comune 2001/931/PESC – Articolo 1, paragrafi 4 e 6 – Regolamento (CE) n. 2580/2001 – Articolo 2, paragrafo 3 – Mantenimento di un’organizzazione nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità coinvolti in atti terroristici – Presupposti – Base fattuale delle decisioni di congelamento dei capitali – Decisione adottata da un’autorità competente – Obbligo di motivazione»

Nella causa C‑79/15 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 20 febbraio 2015,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da B. Driessen, G. Étienne e M. Bishop, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuto da:

Repubblica francese, rappresentata da D. Colas, F. Fize e G. de Bergues, in qualità di agenti,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Hamas, con sede in Doha (Qatar), rappresentato da L. Glock, avocate,

ricorrente in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da F. Castillo de la Torre, M. Konstantinidis e R. Tricot, in qualità di agenti,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, L. Bay Larsen, T. von Danwitz (relatore), J.L. da Cruz Vilaça e M. Vilaras, presidenti di sezione, J. Malenovský, E. Levits, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, C. Vajda, S. Rodin, F. Biltgen, K. Jürimäe e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 maggio 2016,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la presente impugnazione il Consiglio dell’Unione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 dicembre 2014, Hamas/Consiglio (T‑400/10; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2014:1095), con la quale quest’ultimo ha annullato:

–        le decisioni 2010/386/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2010 (GU 2010, L 178, pag. 28), 2011/70/PESC del Consiglio, del 31 gennaio 2011 (GU 2011, L 28, pag. 57), e 2011/430/PESC del Consiglio, del 18 luglio 2011, che aggiornano l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2011, L 188, pag. 47); le decisioni 2011/872/PESC del Consiglio, del 22 dicembre 2011 (GU 2011, L 343, pag. 54), 2012/333/PESC del Consiglio, del 25 giugno 2012 (GU 2012, L 165, pag. 72), 2012/765/PESC del Consiglio, del 10 dicembre 2012 (GU 2012, L 337, pag. 50), 2013/395/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2013 (GU 2013, L 201, pag. 57), 2014/72/PESC del Consiglio, del 10 febbraio 2014 (GU 2014, L 40, pag. 56), e 2014/483/PESC del Consiglio, del 22 luglio 2014 (GU 2014, L 217, pag. 35), che aggiornano e, eventualmente, modificano l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo, e che abrogano, rispettivamente, le decisioni 2011/430, 2011/872, 2012/333, 2012/765, 2013/395 e 2014/72, nonché

–        i regolamenti di esecuzione (UE) n. 610/2010 del Consiglio, del 12 luglio 2010 (GU 2010, L 178, pag. 1), n. 83/2011 del Consiglio, del 31 gennaio 2011 (GU 2011, L 28, pag. 14), n. 687/2011 del Consiglio, del 18 luglio 2011 (GU 2011, L 188, pag. 2), n. 1375/2011 del Consiglio, del 22 dicembre 2011 (GU 2011, L 343, pag. 10), n. 542/2012 del Consiglio, del 25 giugno 2012 (GU 2012, L 165, pag. 12), n. 1169/2012 del Consiglio, del 10 dicembre 2012 (GU 2012, L 337, pag. 2), n. 714/2013 del Consiglio, del 25 luglio 2013 (GU 2013, L 201, pag. 10), n. 125/2014 del Consiglio, del 10 febbraio 2014 (GU 2014, L 40, pag. 9), e n. 790/2014 del Consiglio, del 22 luglio 2014 (GU 2014, L 217, pag. 1), che attuano l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abrogano, rispettivamente, i regolamenti di esecuzione (UE) n. 1285/2009, n. 610/2010, n. 83/2011, n. 687/2011, n. 1375/2011, n. 542/2012, n. 1169/2012, n. 714/2013 e n. 125/2014 (GU 2014, L 217, pag. 1),

(in prosieguo, congiuntamente: gli «atti controversi»), nella parte in cui tali atti si riferiscono a Hamas, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem (in prosieguo: «Hamas»).

 Contesto normativo

 Risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

2        Il 28 settembre 2001, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1373 (2001), che stabilisce strategie dirette a contrastare con ogni mezzo il terrorismo e, in particolare, il suo finanziamento. Il punto 1, lettera c), di tale risoluzione dispone, segnatamente, che tutti gli Stati congelino senza indugio i capitali, le altre attività finanziarie ovvero le risorse economiche delle persone che commettono o tentano di commettere atti terroristici, li facilitano o vi partecipano, delle entità appartenenti a tali persone o da esse controllate e delle persone ed entità che agiscono in nome o agli ordini di tali persone ed entità.

3        Detta risoluzione non prevede alcun elenco di persone alle quali debbano essere applicate le summenzionate misure restrittive.

 Diritto dell’Unione

 La posizione comune 2001/931/PESC

4        Al fine di dare attuazione alla succitata risoluzione 1373 (2001), il Consiglio ha adottato, il 27 dicembre 2001, la posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 93).

5        L’articolo 1 di tale posizione comune dispone quanto segue:

«1.      La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato, coinvolti in atti terroristici.

(…)

4.      L’elenco è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. Nell’elenco possono essere inclusi persone, gruppi ed entità individuati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come collegati al terrorismo e contro i quali esso ha emesso sanzioni.

Ai fini dell’applicazione del presente paragrafo, per “autorità competente” s’intende un’autorità giudiziaria o, se le autorità giudiziarie non hanno competenza nel settore di cui al presente paragrafo, un’equivalente autorità competente nel settore.

(…)

6.      I nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato».

 Il regolamento (CE) n. 2580/2001

6        Considerando necessario un regolamento per attuare, a livello comunitario, le misure descritte nella posizione comune 2001/931, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 2580/2001, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 70, e rettifica in GU 2010, L 52, pag. 58).

7        L’articolo 2 di tale regolamento così prevede:

«1.      Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6:

a)      tutti i capitali, le altre attività finanziarie e le risorse economiche di cui una persona fisica o giuridica, gruppo o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3 detenga la proprietà o il possesso sono congelati;

b)      è vietato mettere, direttamente o indirettamente, a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, gruppo o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3, capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche.

2.      Fatti salvi gli articoli 5 e 6, è vietata la prestazione di servizi finanziari destinati alle persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3.

3.      Il Consiglio, deliberando all’unanimità, elabora, riesamina e modifica l’elenco di persone, gruppi o entità ai quali si applica il presente regolamento in conformità delle disposizioni di cui all’articolo I, paragrafi 4, 5 e 6 della posizione comune 2001/931/PESC. Tale elenco include:

i)      persone che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

ii)      persone giuridiche, gruppi o entità che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

iii)      persone giuridiche, gruppi o entità di proprietà o sotto il controllo di una o più delle persone fisiche o giuridiche, dei gruppi e delle entità di cui ai punti i) e ii);

iv)      persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità che agiscano per conto o su incarico di una o più persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità di cui ai punti i) e ii)».

 Fatti all’origine della controversia e atti controversi

8        Il 27 dicembre 2001, il Consiglio ha adottato la posizione comune 2001/931, il regolamento n. 2580/2001 e la decisione 2001/927/CE, relativa all’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 (in prosieguo: l’«elenco controverso») (GU 2001, L 344, pag. 83). Il nome di Hamas era iscritto negli elenchi allegati alla posizione comune 2001/931 e alla decisione 2001/927.

9        Tale iscrizione è stata mantenuta da atti successivi del Consiglio, segnatamente dagli atti controversi.

10      Nelle motivazioni di tali atti, il Consiglio ha descritto Hamas come un gruppo terroristico e ha riportato una serie di atti terroristici che quest’ultimo avrebbe commesso a partire dall’anno 2005. Il Consiglio, inoltre, ha menzionato, in particolare, una decisione adottata nel 2001 dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e due decisioni adottate nello stesso anno dalle autorità degli Stati Uniti d’America. La decisione del Regno Unito è una decisione del Secretary of State for the Home Departement (Ministro dell’Interno) recante proscrizione di Hamas, considerato un’organizzazione implicata in atti terroristici. Le decisioni delle autorità degli Stati Uniti consistono in una decisione del governo che qualifica Hamas come organizzazione terroristica straniera, in applicazione dell’articolo 219 dell’US Immigration and Nationality Act (legge statunitense sull’immigrazione e sulla cittadinanza), e in una decisione che definisce Hamas quale entità esplicitamente identificata come entità terroristica internazionale, in applicazione del decreto presidenziale 13224 (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni delle autorità degli Stati Uniti»). Avendo constatato, quanto alla summenzionata decisione del Regno Unito, che era riesaminata regolarmente da una commissione governativa nazionale e, quanto alle decisioni delle autorità degli Stati Uniti, che erano passibili di un controllo amministrativo e giurisdizionale, il Consiglio ha ritenuto che dette decisioni fossero state adottate da autorità competenti, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931. Infine, il Consiglio ha constatato che le decisioni in discorso erano ancora in vigore e ha considerato che i motivi che avevano giustificato l’iscrizione di Hamas nell’elenco controverso restassero validi.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

11      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 settembre 2010, Hamas ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione 2010/386 e del regolamento di esecuzione n. 610/2010. Poiché tali atti sono stati abrogati e sostituiti, successivamente, dagli atti del Consiglio di gennaio, luglio e dicembre 2011, di giugno e dicembre 2012, di luglio 2013 nonché di febbraio e luglio 2014 menzionati al punto 1 della presente sentenza, Hamas ha in seguito adattato le proprie conclusioni iniziali, di modo che il suo ricorso è parimenti diretto all’annullamento di questi ultimi atti nella parte in cui lo riguardano.

12      A sostegno della sua domanda di annullamento degli atti del Consiglio di luglio 2010 e di gennaio 2011 menzionati al punto 1 della presente sentenza, Hamas ha dedotto quattro motivi, vertenti, rispettivamente, sulla violazione dei diritti della difesa, su un errore manifesto di valutazione, sulla violazione del diritto di proprietà e sulla violazione dell’obbligo di motivazione. A sostegno della sua domanda di annullamento degli atti adottati dal Consiglio dal mese di luglio 2011 al mese di luglio 2014 e menzionati al punto 1 della presente sentenza (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti adottati dal Consiglio dal mese di luglio 2011 al mese di luglio 2014»), Hamas ha dedotto otto motivi, vertenti, rispettivamente, sulla violazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, su errori circa la sussistenza dei fatti, su un errore di valutazione relativamente al carattere terroristico di tale entità, sull’insufficiente considerazione dei mutamenti della situazione «col passar del tempo», sulla violazione del principio di non ingerenza, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nonché sulla violazione del diritto di proprietà.

13      Il Tribunale ha accolto il quarto e il sesto motivo diretti contro gli atti adottati dal Consiglio dal mese di luglio 2011 al mese di luglio 2014 e, su tale fondamento, ha annullato gli atti controversi nella parte in cui riguardavano Hamas.

 Conclusioni delle parti

14      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        pronunciarsi in via definitiva sulle questioni oggetto dell’impugnazione, e

–        condannare Hamas alle spese sostenute dal Consiglio in primo grado e nell’ambito dell’impugnazione.

15      Hamas chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione. In subordine, qualora la Corte dovesse pronunciarsi in via definitiva sulle questioni oggetto dell’impugnazione, esso conferma ogni punto dei motivi e delle conclusioni presentati nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale. Chiede altresì alla Corte che voglia condannare il Consiglio alle spese sostenute da Hamas in primo grado e nell’ambito dell’impugnazione.

16      La Commissione europea interviene a sostegno delle conclusioni formulate dal Consiglio nell’impugnazione.

17      La Repubblica francese chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata, pronunciarsi in via definitiva sulle questioni oggetto dell’impugnazione e respingere il ricorso di Hamas.

 Sull’impugnazione

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

18      Con il primo motivo, che verte segnatamente sui punti 101, 103, da 109 a 111, 121, da 125 a 127 e 141 della sentenza impugnata, il Consiglio fa valere, da una parte, che tale sentenza si fonda sulla premessa errata secondo cui il Consiglio deve fornire regolarmente nuovi motivi per mantenere l’iscrizione di Hamas nell’elenco controverso. In assenza di annullamento o di revoca delle decisioni nazionali che avevano giustificato l’iscrizione iniziale di Hamas in tale elenco e mancando altri elementi a favore della sua cancellazione da quest’ultimo, il Consiglio ben avrebbe avuto il diritto di mantenere Hamas nell’elenco controverso, sull’unico fondamento delle decisioni nazionali che ne avevano giustificato l’iscrizione iniziale nello stesso.

19      Dall’altra parte, il Consiglio sostiene che a torto il Tribunale ha escluso il ricorso a informazioni provenienti da fonti pubbliche ai fini dei riesami periodici. Il Consiglio, a suo avviso, deve potersi fondare all’uopo su elementi diversi dalle decisioni nazionali, dal momento che spesso non vi sarebbe alcuna decisione nazionale posteriore all’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso. Il ragionamento del Tribunale sarebbe contrario all’obiettivo della lotta al terrorismo, di cui alla posizione comune 2001/931.

20      La Commissione e la Repubblica francese intervengono a sostegno dell’argomentazione del Consiglio, sottolineando in particolare la distinzione che la posizione comune 2001/931 pone tra, da un lato, l’iscrizione iniziale di un’entità nell’elenco controverso, di cui all’articolo 1, paragrafo 4, di detta posizione comune, e, dall’altro, i successivi riesami, previsti all’articolo 1, paragrafo 6, della stessa.

21      Per contro, secondo Hamas, il Consiglio ha torto a sostenere che il suo mantenimento nell’elenco controverso avrebbe potuto fondarsi sulle mere decisioni nazionali che avevano giustificato l’iscrizione iniziale del suo nome in detto elenco. L’affermazione del Consiglio nel senso che il Tribunale ha respinto erroneamente il ricorso ad informazioni provenienti da fonti pubbliche sarebbe in contrasto con l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, nell’interpretazione datane dalla Corte nella sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa (C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711), secondo il quale, per garantire la tutela delle persone o delle entità interessate, e tenuto conto della mancanza di strumenti di indagine propri dell’Unione europea, sarebbe necessario che le misure restrittive imposte dall’Unione si fondino su elementi concretamente esaminati e valutati in decisioni di autorità nazionali competenti. La stessa necessità sussisterebbe, considerata la gravità degli effetti delle misure restrittive per le persone o entità interessate, anche per quanto riguarda i riesami prescritti all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931.

22      La difficoltà, incontrata a seguito della proscrizione di Hamas nel Regno Unito e del congelamento dei capitali disposto nei suoi confronti dalle autorità degli Stati Uniti, di procurarsi nuove decisioni di autorità nazionali competenti non metterebbe in discussione l’obbligo, in capo al Consiglio, di fondarsi unicamente su fatti valutati da tali autorità. Detta difficoltà potrebbe del resto essere superata sollecitando, in caso di necessità, a un’autorità nazionale competente di prendere posizione su un fatto particolare, che possa configurare un atto terroristico.

 Giudizio della Corte

23      Il primo motivo dell’impugnazione verte sui presupposti necessari perché il Consiglio possa, nell’ambito del riesame dell’iscrizione di una persona o entità nell’elenco controverso, che è tenuto a condurre in forza dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, mantenere tale persona o entità in detto elenco. Per determinare tali presupposti, l’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 deve essere interpretato tenendo conto segnatamente del suo collegamento con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa, che disciplina i presupposti per l’iscrizione iniziale della persona o entità interessata nell’elenco in questione.

24      La Corte ha dichiarato che, per quanto riguarda le decisioni iniziali di congelamento dei capitali, il testo dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 fa riferimento alla decisione di un’autorità nazionale, prescrivendo la necessità di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulti che una tale decisione è stata adottata. Tale presupposto mira ad assicurare che, mancando l’Unione di mezzi per condurre essa stessa indagini sul coinvolgimento di una persona o di una entità in atti terroristici, la decisione del Consiglio relativa all’iscrizione iniziale di una di esse nell’elenco controverso sia adottata su una base fattuale sufficiente, che gli consenta di concludere nel senso della sussistenza del pericolo che, in assenza di misure inibitorie, la persona o entità interessata continui ad essere coinvolta in attività terroristiche (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punti 69, 79 e 81).

25      Per quanto riguarda invece le decisioni successive di congelamento dei capitali, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la questione rilevante in sede di esame del mantenimento di una persona o entità nell’elenco controverso è se, dal momento dell’iscrizione del nome di tale persona o entità in detto elenco o a partire dal riesame precedente, la situazione di fatto sia a tal punto mutata da non consentire più di trarre la medesima conclusione riguardo al coinvolgimento della persona o entità in questione in attività terroristiche (sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 82).

26      Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto, ai punti 101 e 125 della sentenza impugnata, che l’elenco degli atti terroristici che Hamas avrebbe commesso a far data dal 2005, stilato nelle motivazioni degli atti controversi, abbia avuto un peso decisivo per il mantenimento, da parte del Consiglio, del congelamento dei capitali di Hamas. Ai punti 110 e 127 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che il riferimento a qualunque nuovo atto terroristico che il Consiglio inserisca in una motivazione in occasione di un riesame ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 deve essere stato oggetto di un esame e di una decisione nazionale di un’autorità competente. Dopo aver rilevato, in particolare ai punti 109 e 131 della sentenza impugnata, che il Consiglio aveva fondato le sue affermazioni relative agli atti terroristici che Hamas avrebbe commesso a partire dal 2005 non su siffatte decisioni, bensì su informazioni attinte dalla stampa e da Internet, il Tribunale ha, di conseguenza, annullato gli atti controversi.

–       Sulla prima parte del primo motivo

27      Con la prima parte del primo motivo, il Consiglio sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto affermando che esso doveva fornire regolarmente nuovi motivi per mantenere Hamas nell’elenco controverso e non poteva, a titolo dell’assenza di elementi a favore della cancellazione di tale entità da detto elenco, mantenervela sul solo fondamento delle decisioni nazionali che ne avevano giustificato l’iscrizione iniziale.

28      Come segnatamente risulta dal punto 119 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato, quantomeno implicitamente, che la decisione del Regno Unito e/o le decisioni delle autorità degli Stati Uniti non costituivano, di per sé, una base sufficiente per mantenere Hamas nell’elenco controverso.

29      Occorre ricordare, al riguardo, che dalla giurisprudenza citata al punto 25 della presente sentenza emerge che, nell’ambito di un riesame ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, il Consiglio può mantenere la persona o entità interessata nell’elenco controverso qualora concluda che il rischio dell’implicazione della medesima in attività terroristiche, implicazione che ne aveva giustificato l’iscrizione iniziale nell’elenco di cui trattasi, persiste. Il mantenimento di una persona o entità nell’elenco controverso costituisce pertanto, in sostanza, il prolungamento dell’iscrizione iniziale.

30      Nell’ambito della verifica della persistenza del rischio d’implicazione della persona o entità in questione in attività terroristiche, gli sviluppi successivi della decisione nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale di tale persona o entità nell’elenco controverso devono essere presi in debita considerazione, in particolare va considerata l’eventuale abrogazione o revoca di tale decisione nazionale a motivo di fatti o elementi nuovi o di una modifica della valutazione dell’autorità nazionale competente.

31      Ciò premesso, si pone, nel caso di specie, la questione se il mantenimento in vigore della decisione nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale nell’elenco controverso possa essere, di per sé solo, sufficiente per mantenere la persona o entità interessata in tale elenco.

32      Al riguardo, se, considerati il tempo trascorso e l’evoluzione delle circostanze del caso specifico, il mero fatto che la decisione nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale resti in vigore non consente di concludere per la persistenza del rischio di implicazione della persona o entità interessata in attività terroristiche, il Consiglio è tenuto a fondare il mantenimento di tale persona o di tale entità in detto elenco su una valutazione aggiornata della situazione, alla luce di elementi fattuali più recenti, che attestino che il rischio in questione persiste (v., per analogia, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 156).

33      Nel caso di specie, un notevole lasso di tempo è trascorso tra, da un lato, l’adozione delle decisioni nazionali che hanno costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale di Hamas nell’elenco controverso e tale iscrizione iniziale, che risalgono al 2001, e, dall’altro, l’adozione degli atti controversi, negli anni dal 2010 al 2014. Il Consiglio era pertanto tenuto a fondare il mantenimento di Hamas in tale elenco su elementi più recenti, che attestassero la sussistenza del pericolo di un’implicazione di tale entità in attività terroristiche. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto ritenendo, quantomeno implicitamente, che le decisioni delle autorità degli Stati Uniti e/o la decisione del Regno Unito non costituissero, di per sé sole, una base sufficiente su cui fondare gli atti controversi.

34      Pertanto, la prima parte del primo motivo dell’impugnazione deve essere respinta.

–       Sulla seconda parte del primo motivo

35      Con la seconda parte del primo motivo dell’impugnazione, il Consiglio sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto avendo statuito, segnatamente ai punti 109, 110, da 125 a 127 e 141 della sentenza impugnata, che il Consiglio doveva fondarsi esclusivamente su elementi contenuti in decisioni nazionali di autorità competenti per mantenere una persona o entità nell’elenco controverso e che il Consiglio aveva violato tanto l’articolo 1 della posizione comune 2001/931 quanto il proprio obbligo di motivazione per essersi basato, nel caso di specie, su informazioni tratte dalla stampa e da Internet.

36      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’articolo 1 della posizione comune 2001/931, occorre anzitutto rilevare che tale articolo stabilisce una distinzione tra, da una parte, l’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso, di cui al suo paragrafo 4, e, dall’altra, il mantenimento in detto elenco di una persona o entità già iscritta, di cui al suo paragrafo 6.

37      Conformemente all’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, l’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso presuppone l’esistenza di una decisione nazionale di un’autorità competente o di una decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che impone una sanzione.

38      Un simile presupposto non è invece previsto all’articolo 1, paragrafo 6, della citata posizione comune, ai termini del quale «[i] nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato».

39      Tale differenza si spiega per il fatto che, come rilevato al punto 29 della presente sentenza, il mantenimento di una persona o entità nell’elenco di congelamento dei capitali costituisce, in sostanza, il prolungamento dell’iscrizione iniziale e presuppone, dunque, la persistenza del pericolo di un’implicazione della persona o entità interessata in attività terroristiche, quale constatato inizialmente dal Consiglio, sulla base della decisione nazionale che ha costituito il fondamento di tale iscrizione iniziale.

40      Pertanto, il Consiglio deve sì effettuare, almeno una volta per semestre, un «riesame» per assicurarsi che il «mantenimento» nell’elenco in questione di una persona o entità ivi già iscritta, sulla base di una decisione nazionale presa da un’autorità competente, sia ancora giustificato, ma l’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 non richiede anche che ogni nuovo elemento del quale si avvalga il Consiglio per giustificare il mantenimento della persona o entità interessata nell’elenco controverso sia stato oggetto di una decisione nazionale adottata da un’autorità competente successivamente a quella che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale. Stabilendo una tale condizione, il Tribunale ha trasposto il presupposto relativo all’esistenza di una decisione del genere, che l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 prescrive unicamente ai fini dell’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco di cui trattasi, ai riesami che incombono al Consiglio ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della succitata posizione comune. Così facendo, il Tribunale non ha tenuto conto della distinzione che sussiste tra la decisione d’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso e la successiva decisione di mantenere la persona o entità in questione in tale elenco.

41      Occorre poi rilevare che l’interpretazione dell’articolo 1 della posizione comune 2001/931 applicata dal Tribunale è basata, quantomeno implicitamente, sulla considerazione che o le autorità nazionali competenti adottano regolarmente decisioni che possano costituire il fondamento dei riesami cui deve procedere il Consiglio ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 o il Consiglio medesimo può richiedere, all’occorrenza, a tali autorità di adottare simili decisioni.

42      Ebbene, quest’ultima considerazione non trova alcun fondamento nel diritto dell’Unione.

43      Al riguardo si deve precisare, per un verso, che il fatto che gli Stati membri informino il Consiglio delle decisioni adottate dalle loro autorità competenti e gli trasmettano tali decisioni non significa che dette autorità siano tenute ad adottare con regolarità o, quanto meno, all’occorrenza decisioni che possano costituire il fondamento dei riesami in parola.

44      Per altro verso, in assenza di qualsivoglia specifico fondamento nell’ambito del sistema di misure restrittive introdotto dalla posizione comune 2001/931, il principio di leale cooperazione, sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, non legittima il Consiglio ad esigere dalle autorità competenti degli Stati membri che emanino, all’occorrenza, decisioni nazionali che possano servire da fondamento ai riesami cui esso è tenuto ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931.

45      Al contrario, si deve rilevare che tale sistema non prevede un meccanismo che permetta al Consiglio di disporre, all’occorrenza, di decisioni nazionali adottate posteriormente all’iscrizione iniziale della persona o entità interessata nell’elenco controverso per procedere ai riesami cui esso è tenuto ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della summenzionata posizione comune e nell’ambito dei quali deve verificare la persistenza del rischio di implicazione di tale persona o di tale entità in attività terroristiche. In assenza di un simile meccanismo non si può ritenere che il sistema in questione postuli che i riesami del Consiglio siano condotti esclusivamente sul fondamento di tali decisioni nazionali, pena limitare indebitamente i mezzi di cui dispone all’uopo il Consiglio medesimo.

46      Infine, si deve constatare che, contrariamente a quanto ha considerato il Tribunale, segnatamente al punto 110 della sentenza impugnata, la sua interpretazione dell’articolo 1 della posizione comune 2001/931 non trova giustificazione neppure nella necessità di tutelare le persone o entità interessate.

47      Al riguardo è opportuno rilevare che, trattandosi dell’iscrizione iniziale nell’elenco controverso, la persona o entità interessata è tutelata, in particolare, dalla possibilità di contestare tanto le decisioni nazionali che hanno costituito il fondamento dell’iscrizione, dinanzi ai giudici nazionali, quanto l’iscrizione medesima, dinanzi ai giudici dell’Unione.

48      Trattandosi delle decisioni di congelamento di capitali successive, la persona o entità interessata è tutelata, in particolare, dalla possibilità di impugnare tali decisioni dinanzi al giudice dell’Unione. Quest’ultimo è tenuto a verificare, inter alia, da un lato, l’osservanza dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE – dunque, anche la precisione e la concretezza dei motivi indicati – e, dall’altro, la questione se tali motivi siano fondati (v., per analogia, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 118 e 119, nonché del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punto 64).

49      In tale contesto, va precisato che la persona o entità interessata può, nell’ambito del ricorso proposto contro il suo mantenimento nell’elenco controverso, contestare la totalità degli elementi sui quali il Consiglio si fonda per dimostrare la persistenza del rischio della sua implicazione in attività terroristiche, indipendentemente dalla questione se tali elementi siano ricavati da una decisione nazionale di un’autorità competente o da altre fonti. In caso di contestazione, spetta al Consiglio stabilire la fondatezza dei fatti allegati e al giudice dell’Unione verificare la loro esattezza materiale (v., per analogia, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 121 e 124, nonché del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punti 66 e 69).

50      Ne deriva che il Tribunale è incorso in un errore di diritto statuendo che il Consiglio aveva violato l’articolo 1 della posizione comune 2001/931 nel fondarsi, nelle motivazioni degli atti controversi, su elementi tratti da fonti diverse dalle decisioni nazionali adottate da autorità competenti.

51      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la violazione dell’obbligo di motivazione constatata dal Tribunale, occorre rammentare che la valutazione del Tribunale circa l’adeguatezza o meno della motivazione è passibile di un controllo della Corte in sede d’impugnazione (v. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 140 nonché giurisprudenza ivi citata).

52      Nel caso di specie, in particolare dal punto 141 della sentenza impugnata si evince che, per accertare la violazione dell’obbligo di motivazione, il Tribunale si è fondato unicamente sulla mancanza di riferimenti, per quanto riguarda l’elenco degli atti terroristici che Hamas avrebbe commesso a partire dall’anno 2005, contenuto nelle motivazioni degli atti controversi, a decisioni nazionali provenienti da autorità competenti. La constatazione, da parte del Tribunale, di una violazione dell’obbligo di motivazione costituisce, così, la diretta conseguenza della constatazione dell’esistenza di una violazione dell’articolo 1 della posizione comune 2001/931, di cui è stato dimostrato che è inficiata da errore di diritto.

53      Di conseguenza, l’errore di diritto in cui è incorso il Tribunale nell’ambito della sua interpretazione del succitato articolo 1 comporta che sia inficiata da errore di diritto anche la sua constatazione della violazione, da parte del Consiglio, dell’obbligo di motivazione.

54      Dal momento che la seconda parte del primo motivo dell’impugnazione deve pertanto essere accolta, occorre annullare su tale fondamento la sentenza impugnata nella sua totalità, senza che sia necessario pronunciarsi sul secondo e sul terzo motivo dell’impugnazione.

 Sul ricorso dinanzi al Tribunale

55      Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando la Corte annulla una decisione del Tribunale, essa può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

56      Dato che il Tribunale si è pronunciato solo sul quarto e sul sesto motivo della domanda di Hamas diretta all’annullamento degli atti adottati dal Consiglio dal mese di luglio 2011 al mese di luglio 2014 e dato che gli altri motivi dedotti dinanzi al Tribunale pongono, in parte, questioni di valutazione di fatti, la Corte ritiene che lo stato degli atti non consenta una decisione sul ricorso e che occorra rinviare la causa dinanzi al Tribunale nonché riservare le spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 dicembre 2014, Hamas/Consiglio (T400/10, EU:T:2014:1095), è annullata.

2)      La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.

3)      Le spese sono riservate.

Firme


* Lingua processuale: il francese