Language of document : ECLI:EU:T:2015:500

Cause T‑413/10 e T‑414/10

(pubblicazione per estratto)

Socitrel – Sociedade Industrial de Trefilaria, SA
e

Companhia Previdente – Sociedade de Controle de Participações Financeiras, SA

contro

Commissione europea

«Concorrenza – Intese – Mercato europeo dell’acciaio per precompresso – Fissazione dei prezzi, ripartizione del mercato e scambio di informazioni commerciali riservate – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 – Termine ragionevole»

Massime – Sentenza del Tribunale (Sesta Sezione) del 15 luglio 2015

1.      Atti delle istituzioni – Motivazione – Obbligo – Portata – Valutazione dell’obbligo di motivazione in funzione delle circostanze del caso di specie – Necessità di specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti – Insussistenza

(Art. 296 TFUE)

2.      Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Adeguamento dell’importo di base – Carattere dissuasivo – Applicazione di un coefficiente moltiplicatore all’importo di partenza – Rinvio alle considerazioni espresse a titolo di valutazione della gravità dell’infrazione – Motivazione sufficiente

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02, punto 25)

3.      Concorrenza – Procedimento amministrativo – Obblighi della Commissione – Osservanza di un termine ragionevole – Violazione – Conseguenze – Annullamento della decisione che constata un’infrazione a causa di un’eccessiva durata del procedimento – Presupposto – Lesione dei diritti della difesa delle imprese interessate – Fattori in grado di spiegare la durata del procedimento amministrativo

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 17)

4.      Diritto dell’Unione europea – Principi – Tutela del legittimo affidamento – Violazione – Presupposti – Adozione da parte della Commissione di una decisione di modifica dopo la proposizione di un ricorso avverso la decisione iniziale – Rispetto del dovere di diligenza e dei diritti della difesa – Insussistenza di violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

5.      Concorrenza – Regole dell’Unione – Infrazioni – Imputazione – Società controllante e sue controllate – Unità economica – Criteri di valutazione – Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute totalmente o quasi totalmente, anche in caso di holding

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53)

6.      Concorrenza – Regole dell’Unione – Infrazioni – Imputazione – Società controllante e sue controllate – Unità economica – Criteri di valutazione – Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute totalmente o quasi totalmente, anche in caso di holding – Oneri probatori della società che intende superare tale presunzione – Elementi insufficienti a superare la presunzione

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53)

7.      Concorrenza – Regole dell’Unione – Infrazioni – Imputazione – Società controllante e sue controllate – Unità economica – Criteri di valutazione – Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute totalmente o quasi totalmente – Natura relativa – Presa in considerazione nel rispetto dei principi della presunzione d’innocenza, della personalità delle pene, della certezza del diritto e della parità delle armi

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53)

8.      Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Adeguamento dell’importo di base – Importo massimo – Calcolo – Fatturato rilevante – Fatturato cumulato di tutte le società che costituivano il soggetto economico che agiva in qualità di impresa alla data di adozione della decisione che infligge l’ammenda

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2)

9.      Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Adeguamento dell’importo di base – Importo massimo – Calcolo – Fatturato rilevante – Fatturato dell’esercizio sociale precedente la data di imposizione dell’ammenda – Ricorso al fatturato di un altro esercizio sociale anteriore – Ammissibilità – Presupposti

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2)

10.    Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Fissazione dell’importo di base – Gravità dell’infrazione – Criteri di valutazione – Gravità della partecipazione di ciascuna impresa – Distinzione – Intesa articolata in più parti – Rispetto dei principi di proporzionalità e di personalità delle pene e delle sanzioni

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02, punti 13 e 22)

11.    Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Fissazione dell’importo di base – Gravità dell’infrazione – Determinazione di tassi di gravità scaglionati nei confronti di differenti categorie di imprese che hanno commesso un’infrazione unica – Differenza ridotta tra i tassi applicati alle imprese che hanno commesso l’infrazione – Rispetto del principio di parità di trattamento – Valutazione

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3)

12.    Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Fissazione dell’importo di base – Gravità dell’infrazione – Criteri di valutazione – Errata valutazione da parte dell’impresa interessata della propria situazione giuridica – Irrilevanza

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3)

13.    Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Obbligo per la Commissione di attenersi alla propria prassi decisionale anteriore – Insussistenza

(Art. 101 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2)

14.    Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Adeguamento dell’importo di base – Circostanze attenuanti – Ruolo passivo o gregario dell’impresa – Circostanza non ripresa nei nuovi orientamenti – Margine di discrezionalità della Commissione

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punti 2 e 3; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02, punto 29)

15.    Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Adeguamento dell’importo di base – Circostanze attenuanti – Cooperazione dell’impresa incriminata al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole – Criteri di valutazione

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02, punto 29)

16.    Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Adeguamento dell’importo di base – Importo massimo – Calcolo – Società che formano un’impresa durante il periodo di infrazione e società che ha acquisito un partecipante dopo l’infrazione – Applicazione di differenti modalità di calcolo del limite massimo – Violazione del principio di parità di trattamento – Insussistenza

(Art. 101 TFUE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3)

1.      V. il testo della decisione.

(v. punto 106)

2.      V. il testo della decisione.

(v. punti 135-137)

3.      In materia di concorrenza, la violazione del termine ragionevole nell’espletamento dei procedimenti amministrativi può comportare due tipi di conseguenze.

Da un lato, qualora la violazione del termine ragionevole abbia influito sull’esito del procedimento, una simile violazione può comportare l’annullamento della decisione impugnata. A tale proposito, con riferimento all’applicazione delle norme sulla concorrenza, il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento delle sole decisioni che constatino la commissione di infrazioni, e a condizione che sia stato provato che la violazione di tale principio ha pregiudicato i diritti della difesa delle imprese interessate. Al di fuori di tale specifica ipotesi, il mancato rispetto dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 17. Tuttavia, posto che il rispetto dei diritti della difesa riveste un’importanza capitale nei procedimenti amministrativi in materia di concorrenza, è importante evitare che tali diritti possano essere irrimediabilmente compromessi a motivo della durata eccessiva della fase istruttoria, e che tale durata possa ostacolare l’acquisizione di prove volte a confutare l’esistenza di comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità delle imprese interessate. Per tale motivo, l’esame relativo a un eventuale ostacolo all’esercizio dei diritti della difesa non deve essere limitato alla fase stessa in cui tali diritti producono il loro pieno effetto, vale a dire la seconda fase del procedimento amministrativo, che si estende dalla comunicazione degli addebiti all’adozione della decisione definitiva. La valutazione relativa all’origine dell’eventuale riduzione dell’efficacia dei diritti della difesa deve estendersi all’insieme di tale procedimento, avendo riguardo alla durata complessiva del medesimo.

D’altro lato, qualora la violazione del termine ragionevole non incida sull’esito del procedimento, una simile violazione può condurre il giudice dell’Unione, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, a correggere adeguatamente la violazione risultante dal superamento del termine ragionevole del procedimento amministrativo mediante l’eventuale riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta.

A tale riguardo, per spiegare la durata di un procedimento amministrativo in materia di intese, si deve tener conto, in particolare, della durata dell’intesa, della sua dimensione geografica ampia, dell’organizzazione dell’intesa a livello geografico e temporale, del numero di riunioni tenutesi nell’ambito dell’intesa, del numero di imprese coinvolte, del numero di domande di trattamento favorevole e del volume di documenti, forniti in tale contesto o ottenuti nel corso di ispezioni e redatti in diverse lingue, che devono essere esaminati dalla Commissione, delle richieste di informazioni, del numero di destinatari della comunicazione degli addebiti, del numero di lingue del procedimento nonché delle domande relative alla capacità contributiva.

(v. punti 151-155, 168, 169)

4.      Il principio della tutela del legittimo affidamento rientra tra i principi fondamentali dell’Unione. Il diritto di avvalersi di tale principio presuppone che siano soddisfatte tre condizioni. In primo luogo, devono essere state fornite all’interessato dall’amministrazione rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili. In secondo luogo, tali rassicurazioni devono essere idonee a generare fondate aspettative nel soggetto cui si rivolgono. In terzo luogo, le rassicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili.

Peraltro, l’obbligo di diligenza implica che la Commissione sia tenuta a esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie.

Inoltre, è legittimo e nell’interesse di una sana gestione amministrativa che un’istituzione rettifichi gli errori e le omissioni da cui una decisione sia viziata. La Commissione non può, infatti, lasciar sussistere nell’ordinamento giuridico una decisione che essa sa essere viziata da errori e omissioni e, per tale ragione, è legittimo e nell’interesse di una sana gestione amministrativa che un’istituzione corregga gli errori e le omissioni da cui la decisione iniziale era viziata. Così, qualora la Commissione abbia adottato, a tal fine, una decisione di modifica dopo la proposizione di ricorsi giurisdizionali contro la decisione iniziale, e gli autori dei ricorsi siano stati invitati a adeguare i motivi e le conclusioni a seguito dell’adozione della decisione di modifica, questi ultimi non possono sostenere che i loro diritti della difesa sono stati violati dalla Commissione.

Inoltre, dato che la Commissione è legittimata, nell’interesse di una sana amministrazione, a correggere una decisione iniziale che sia viziata da errori e omissioni, l’amministrazione non può fornire alcuna garanzia precisa, incondizionata e concordante, derivante da fonti attendibili e autorizzate, sul mantenimento di una decisione siffatta fino al suo eventuale annullamento da parte del giudice dell’Unione.

Peraltro, non può neppure essere contestato alla Commissione alcun comportamento sleale e in mala fede per il solo fatto di aver modificato una decisione viziata, per sua stessa ammissione, da vari errori e omissioni.

(v. punti 174-176, 179, 182, 185, 187-189)

5.      V. il testo della decisione.

(v. punti 197-208, 220, 228, 238)

6.      In materia di infrazione alle norme sulla concorrenza, qualora una società controllante detenga la totalità o la quasi totalità del capitale della sua controllata durante il periodo di infrazione considerato a suo carico, la Commissione può far valere una presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante. La suddetta presunzione non può essere superata semplicemente dimostrando che è la controllata a gestire gli aspetti specifici della sua politica commerciale senza ricevere alcuna direttiva a tale riguardo. Di conseguenza, l’autonomia della controllata non può dirsi comprovata semplicemente dimostrando che essa gestisce in modo autonomo gli aspetti specifici della sua politica di commercializzazione dei prodotti oggetto dell’infrazione.

Inoltre, dato che l’autonomia della controllata non viene valutata con riferimento ai soli aspetti di gestione operativa dell’impresa, il fatto che la controllata non abbia mai attuato, sul mercato rilevante, una specifica politica di informazione a favore della società controllante non è sufficiente a dimostrarne l’autonomia. Parimenti, il fatto che dai documenti del fascicolo non risulti che la società madre abbia impartito istruzioni alla sua controllata non dimostra che tali istruzioni non siano esistite. A tale riguardo, la rappresentanza della società controllante negli organi di direzione della propria controllata costituisce un elemento di prova rilevante dell’esercizio di un controllo effettivo sulla politica commerciale di quest’ultima.

Una società controllante può, poi, essere considerata responsabile di un’infrazione commessa da una controllata anche quando in un gruppo esista un numero elevato di società operative. Così, il fatto che la società controllante sia una holding, sia pure non operativa, non è sufficiente a escludere la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante e non comporta alcuna inversione dell’onere della prova. A tal riguardo, il fatto che la società controllante si sia limitata a gestire le proprie partecipazioni, tenuto conto della sua natura e del suo oggetto sociale, non è di per sé sufficiente a rimettere in discussione la presunzione applicata dalla Commissione.

Inoltre, il fatto che la società controllante e la sua controllata siano società con una personalità giuridica diversa e abbiano azionariato e sedi sociali differenti non è rilevante, poiché esse costituiscono una medesima impresa.

Nello stesso senso, è irrilevante l’esistenza di una normativa nazionale secondo cui gli amministratori di una società controllante non la rappresentano quando siedono nel consiglio di amministrazione della sua controllata. Infatti, una società non può appellarsi alla normativa nazionale per sottrarsi alle norme dell’Unione, posto che le nozioni giuridiche usate dal diritto dell’Unione vanno, in principio, interpretate ed applicate in modo uniforme nell’intera Unione.

Peraltro, neanche il fatto che la società controllante non sia stata di per sé attiva nel settore interessato dall’infrazione è sufficiente a superare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante.

Inoltre, l’autonomia della controllata non può essere dedotta dal fatto che la direzione esecutiva precedentemente in carica abbia mantenuto i comandi dopo l’acquisizione della controllata da parte della società controllante.

Infine, dato che l’imputazione a un’impresa di un’infrazione all’articolo 101 TFUE non presuppone un’azione e neppure una conoscenza di tale infrazione da parte dei soci o dei dirigenti principali dell’impresa interessata da tale infrazione, bensì l’azione di un soggetto autorizzato ad agire per conto dell’impresa, il fatto che la società controllante non abbia avuto conoscenza del comportamento illecito della propria controllata non incide sulla possibilità di considerarla responsabile in solido per il comportamento di quest’ultima.

(v. punti 210-214, 240-253)

7.      V. il testo della decisione.

(v. punti 235-237)

8.      V. il testo della decisione.

(v. punti 258-264)

9.      Per quanto concerne la determinazione dell’«esercizio sociale precedente», ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nelle situazioni in cui non vi siano elementi per ritenere che un’impresa abbia cessato le proprie attività commerciali od occultato il proprio fatturato per evitare l’imposizione di una pesante ammenda, la Commissione è obbligata a fissare il limite massimo dell’ammenda con riferimento al fatturato più recente che rispecchi un anno completo di attività economica. A tale riguardo, la Commissione non ha il potere arbitrario di applicare il tetto massimo del 10% agli esercizi sociali antecedenti a quello che precede la data di adozione della decisione. La Commissione può ricorrere a uno di tali esercizi sociali antecedenti soltanto in circostanze eccezionali, qualora, ad esempio, l’impresa interessata non abbia realizzato alcun fatturato nel corso dell’esercizio che precede l’adozione della decisione della Commissione. Inoltre, essa non dispone, neppure in tal caso, di un ampio margine discrezionale nella scelta dell’esercizio sociale da utilizzare per fissare il limite massimo dell’ammenda. Essa è infatti obbligata a fare riferimento all’ultimo esercizio sociale completo che rispecchi un intero anno di attività economiche normali.

A tale riguardo, anche se, ai fini del calcolo del massimale dell’ammenda, la Commissione deve, in linea di principio, prendere in considerazione il fatturato realizzato dall’impresa interessata nell’ultimo esercizio completo alla data di adozione della decisione che infligge l’ammenda, risulta tuttavia dal contesto e dagli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui fa parte la predetta disposizione che, qualora il fatturato dell’esercizio sociale che precede l’adozione della decisione della Commissione non rappresenti un esercizio completo di attività economica normale durante un periodo di dodici mesi e, pertanto, non fornisca alcuna indicazione utile sulla situazione economica reale dell’impresa interessata e sull’entità appropriata dell’ammenda da infliggere, detto fatturato non può essere preso in considerazione al fine di determinare il massimale dell’ammenda. In quest’ultima ipotesi, che si verificherà solo in circostanze eccezionali, la Commissione è obbligata a fare riferimento, ai fini del calcolo del massimale dell’ammenda, all’ultimo esercizio sociale completo che rispecchi un intero anno di attività economiche normali.

Infatti, il riferimento a «un esercizio completo di attività economica normale» è volto a escludere che sia preso in considerazione un esercizio durante il quale l’impresa interessata stesse ponendo fine alle proprie operazioni pur non avendo ancora cessato ogni attività economica, e, più in generale, un esercizio durante il quale il comportamento dell’impresa interessata sul mercato non corrispondesse a quello di un’impresa che esercita un’attività economica come di consueto. Invece, il solo fatto che il fatturato o l’utile realizzati in un dato esercizio siano significativamente inferiori, o superiori, a quelli realizzati negli esercizi precedenti non significa che l’esercizio in questione non costituisca un esercizio completo di attività economica normale.

(v. punti 265-268)

10.    Per la determinazione degli importi delle ammende inflitte per violazione delle norme sulla concorrenza, occorre tener conto della durata dell’infrazione e di tutti gli elementi che possono rientrare nella valutazione della gravità della stessa. In tale contesto, la gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza deve essere valutata in funzione di numerosi elementi, quali, segnatamente, le circostanze particolari della causa, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato predisposto un elenco vincolante o esaustivo di criteri che devono obbligatoriamente essere tenuti in considerazione. Tra gli elementi che possono rientrare nella valutazione della gravità delle infrazioni figurano il comportamento di ciascuna impresa, il ruolo svolto da ciascuna di esse nella costituzione dell’intesa, il vantaggio che abbiano potuto trarre dalla stessa, le loro dimensioni e il valore delle merci interessate nonché la minaccia che infrazioni di tal genere rappresentano per gli obiettivi dell’Unione.

A tale riguardo, anche se il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato non è rilevante per dimostrare nei suoi confronti l’esistenza di un’infrazione, l’importanza limitata della partecipazione dell’impresa interessata è tuttavia tale da avere un’influenza sulla valutazione della sua portata e della sua gravità e, quindi, sulla determinazione dell’entità della sanzione. Così, la Commissione deve tener conto, nella valutazione della gravità relativa della partecipazione di ogni contravventore a un’intesa, del fatto che alcuni contravventori, eventualmente, non siano considerati responsabili per tutti gli aspetti di tale intesa.

Peraltro, per quanto concerne il principio di proporzionalità, esso esige che gli atti delle istituzioni non vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefisso. Nel contesto del calcolo delle ammende, la gravità delle infrazioni deve essere determinata in funzione di numerosi fattori e non si deve attribuire ad alcuno di tali elementi un’importanza sproporzionata rispetto agli altri elementi di valutazione. Il principio di proporzionalità implica in tale contesto che la Commissione deve fissare l’ammenda in modo proporzionato rispetto agli elementi presi in considerazione ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione e che essa deve applicare al riguardo tali elementi in maniera coerente e obiettivamente giustificata.

(v. punti 277-282)

11.    V. il testo della decisione.

(v. punti 283, 288, 290-293)

12.    Nell’ambito della determinazione dell’importo delle ammende inflitte per violazione delle norme sulla concorrenza, il fatto che le dimensioni modeste di un’impresa incriminata nonché la sua appartenenza a un gruppo familiare abbiano inciso sulle sue conoscenze giuridiche ed economiche e le abbiano impedito di misurare l’estensione esatta dell’infrazione cui essa partecipava non può essere preso in considerazione ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione. Infatti, in via di principio, le imprese sopportano in prima persona il rischio di una valutazione inesatta della loro situazione di diritto, conformemente alla massima secondo cui l’ignoranza non esime dalla pena.

(v. punti 301, 304)

13.    V. il testo della decisione.

(v. punto 307)

14.    In materia di ammende inflitte per infrazione alle norme sulla concorrenza, qualora un’infrazione sia stata commessa da più imprese, è necessario determinare la gravità relativa della partecipazione all’infrazione di ciascuna di esse, per determinare se sussistano, nei loro confronti, circostanze aggravanti o attenuanti.

Per stabilire se un’impresa debba beneficiare di una circostanza attenuante per la non applicazione effettiva di accordi illeciti, occorre verificare se l’impresa abbia dedotto argomenti tali da dimostrare che, durante il periodo in cui ha aderito agli accordi illeciti, essa si è effettivamente sottratta alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o, almeno, che essa ha chiaramente e considerevolmente infranto gli obblighi di attuazione di tale intesa, sì da perturbarne lo stesso funzionamento.

Quando è stato dimostrato che l’impresa contravveniente ha potuto tener conto degli accordi collusivi dell’intesa al fine di determinare il proprio comportamento sul mercato in questione, la mancata partecipazione all’uno o all’altro di questi accordi, anche ad ipotizzarla dimostrata, non può bastare da sola a integrare la prova richiesta dalla giurisprudenza, secondo la quale, per godere della circostanza attenuante prevista dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (orientamenti del 2006), i contravvenienti devono dimostrare di avere adottato un comportamento concorrenziale o, quanto meno, di avere chiaramente e considerevolmente violato gli obblighi collegati all’esecuzione dell’intesa, al punto da averne intralciato il funzionamento stesso. Infatti, la prova della mera mancata partecipazione ad alcuni degli accordi collusivi dell’intesa non può escludere, di per sé, che gli altri accordi abbiano potuto nuocere alla concorrenza sul mercato in questione.

A tale riguardo, gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA prevedevano che un ruolo esclusivamente passivo o emulativo nella realizzazione dell’infrazione costituisse una circostanza attenuante. L’elenco delle circostanze attenuanti di cui al punto 29 degli orientamenti del 2006, tuttavia, non fa più riferimento, tra le circostanze attenuanti che possono essere prese in considerazione, a una circostanza siffatta. Tuttavia, poiché l’elenco di cui al punto 29 degli orientamenti del 2006 non è esaustivo, il ruolo esclusivamente passivo o emulativo nella realizzazione dell’infrazione non può essere in linea di principio escluso dalle circostanze che possono comportare una riduzione dell’importo di base dell’ammenda.

(v. punti 313-318)

15.    In materia di ammende inflitte per infrazione alle norme sulla concorrenza, conformemente al punto 29, quarto trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003, l’importo di base dell’ammenda può essere ridotto quando l’impresa collabora efficacemente con la Commissione al di fuori del campo di applicazione della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (comunicazione sul trattamento favorevole) e oltre quanto richiesto dagli obblighi di collaborazione previsti dalla legge.

A questo proposito, affinché un’impresa incriminata possa rivendicare il beneficio di tale disposizione, essa è tenuta a dimostrare che la propria collaborazione, andata oltre il suo obbligo giuridico di collaborare senza tuttavia attribuirle il diritto a una riduzione dell’importo dell’ammenda ai sensi della comunicazione sul trattamento favorevole, è stata obiettivamente utile per la Commissione, consentendo a quest’ultima di basarsi, nella propria decisione finale, su elementi probatori che essa le avrebbe fornito nell’ambito della suddetta collaborazione e in assenza dei quali la Commissione non sarebbe stata in grado di sanzionare interamente o in parte l’infrazione in questione.

Così, qualora un’impresa da un lato, non abbia contestato i fatti e abbia risposto nei tempi previsti alle richieste di informazioni che le erano state inviate, il che non va oltre il suo obbligo giuridico di collaborare, e, dall’altro, non abbia dimostrato che la Commissione ha potuto basarsi, nella sua decisione finale, su elementi probatori che essa le avrebbe fornito nell’ambito della sua collaborazione e in assenza dei quali la Commissione non sarebbe stata in grado di sanzionare interamente ovvero in parte l’infrazione in questione, l’impresa interessata non può rivendicare la riduzione ai sensi del punto 29 degli orientamenti del 2006.

(v. punti 327-330)

16.    V. il testo della decisione.

(v. punti 334-337)