Language of document : ECLI:EU:T:2004:346

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione Ampliata)
30 novembre 2004 (1)

«Ricorso di annullamento – Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Art. 4, n. 5 – Mancata divulgazione di un documento proveniente da uno Stato membro senza l'accordo previo di questo Stato»

Nella causa T-168/02,

IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds gGmbH, già Internationaler Tierschutz-Fonds (IFAW) GmbH, con sede in Amburgo (Germania), rappresentata dal sig. S. Crosby, solicitor,

ricorrente,

sostenuta da

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dalle sig.re H. Sevenster, S. Terstal, dal sig. N. Bel e dalla sig.ra C. Wissels, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

da

Regno di Svezia, rappresentato dal sig. A. Kruse e dalla sig.ra K. Wistrand, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

e da

Regno di Danimarca, rappresentato inizialmente dal sig. J. Bering Liisberg, successivamente dalla sig.ra J. Molde, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

contro

Commissionee delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. C. Docksey e P. Aalto, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

sostenuta da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla sig.ra R. Caudwell, in qualità di agente, e dal sig. M. Hoskins, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 26 marzo 2002 che rifiuta alla ricorrente, a norma dell'art. 4, n. 5, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), l'accesso a taluni documenti relativi al declassamento di un sito protetto,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione Ampliata),



composta dalla sig.ra P. Lindh, presidente, dai sigg. R. García-Valdecasas, J.D. Cooke, P. Mengozzi e dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, giudici,

cancelliere : sig.ra D. Christensen, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell'udienza 1° aprile 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Ambito normativo

1
L’art. 255 CE dispone:

«1.    Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, secondo i principi e alle condizioni da definire a norma dei paragrafi 2 e 3.

2.      I principi generali e le limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti sono stabiliti dal Consiglio, che delibera secondo la procedura di cui all’articolo 251 entro due anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam.

(…)».

2
La dichiarazione n. 35 allegata all’atto finale del Trattato di Amsterdam (in prosieguo: la «dichiarazione n. 35») precisa:

«La Conferenza conviene che i principi e le condizioni di cui all’articolo [255] A, paragrafo 1 del Trattato [CE] permetteranno ad uno Stato membro di chiedere alla Commissione o al Consiglio di non comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza suo previo accordo».

3
Il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio della Commissione (GU L 145, pag. 43; in prosieguo: il «regolamento»), definisce i principi, le condizioni e i limiti del diritto di accesso dei documenti di dette istituzioni previsto dall’art. 255 CE. Detto regolamento si applica a decorrere dal 3 dicembre 2001.

4
L’art. 2 del regolamento dispone:

«1.    Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento.

(…)

3.      Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea.

(…)».

5
L’art. 3 del regolamento recita:

«Ai fini del presente regolamento, valgono le seguenti definizioni:

a)
“documento”: qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell’istituzione;

b)
“terzo”: qualsiasi persona fisica o giuridica, o qualsiasi entità esterna all’istituzione interessata, compresi gli Stati membri, le altre istituzioni e gli altri organi comunitari o non comunitari, nonché i paesi terzi».

6
L’art. 4 del regolamento, che definisce le eccezioni al diritto di accesso di cui sopra, menziona quanto segue:

«1.    Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

a)
l’interesse pubblico, in ordine:

alla sicurezza pubblica;

alla difesa e alle questioni militari;

alle relazioni internazionali;

alla politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro;

b)
la vita privata e l’integrità dell’individuo, in particolare in conformità con la legislazione comunitaria sulla protezione dei dati personali.

2.      Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale;

le procedure giurisdizionali e la consulenza legale;

gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

(…)

4.      Per quanto concerne i documenti di terzi, l’istituzione consulta il terzo al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui ai paragrafi 1 o 2, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato.

5.      Uno Stato membro può chiedere all’istituzione di non comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo.

(…)

7.      Le eccezioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. Le eccezioni sono applicabili per un periodo massimo di 30 anni. Nel caso di documenti coperti dalle eccezioni relative alla vita privata o agli interessi commerciali e di documenti sensibili, le eccezioni possono continuare ad essere applicate anche dopo tale periodo, se necessario».

7
L’art. 9 del regolamento, relativo al trattamento dei documenti sensibili, dispone:

«1.    Per documenti sensibili si intendono quei documenti provenienti dalle istituzioni o dalle agenzie da loro istituite, da Stati membri, paesi terzi o organismi internazionali, classificati come “CONFIDENTIEL” in virtù delle disposizioni dell’istituzione interessata che proteggono interessi essenziali dell’Unione europea o di uno o più Stati membri nei settori di cui all’art. 4, paragrafo 1, lett. a), e in particolare negli ambiti della sicurezza pubblica, della difesa e delle questioni militari.

2.      Le domande di accesso a documenti sensibili nell’ambito delle procedure di cui agli artt. 7 e 8 sono trattate solo da persone che abbiano il diritto di venire a conoscenza di tali documenti. Fatto salvo l’art. 11, paragrafo 2, tali persone valutano altresì in che modo si possa fare riferimento a documenti sensibili nel registro pubblico.

3.      I documenti sensibili sono iscritti nel registro o divulgati solo con il consenso dell’originatore.

(…)».


Fatti all’origine della lite

8
La ricorrente è un’organizzazione non governativa che agisce nel settore della preservazione della salute degli animali e della tutela della natura.

9
Il 19 aprile 2000 la Commissione emetteva un parere che autorizzava la Repubblica federale di Germania a declassare il sito di Mühlenberger Loch (in prosieguo: il «parere»), una zona protetta conformemente alla direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7).

10
Fra l’11 maggio e il 7 settembre 2001 la ricorrente aveva uno scambio di lettere con la Commissione al fine di ottenere l’accesso a taluni documenti relativi ad un progetto riguardante il sito di Mühlenberger Loch, che consisteva nell’ingrandimento della fabbrica di Daimler Chrysler Aerospace Airbus GmbH e nel recupero di una parte dell’estuario per il prolungamento di una pista di atterraggio (in prosieguo: il «progetto»). Tale scambio di lettere avveniva nell’ambito delle regole di accesso ai documenti dettate dalla decisione della Commissione 8 febbraio 1994, 94/90/CECA, CE, Euratom, sull’accesso del pubblico ai documenti della Commissione (GU L 46, pag. 58), allora in vigore.

11
Nell’ambito del detto scambio di lettere la Commissione comunicava taluni documenti alla ricorrente.

12
Con lettera 20 dicembre 2001, la ricorrente chiedeva di avere accesso ad una serie di documenti supplementari in base al regolamento. La ricorrente classificava i documenti richiesti, nell’allegato III di detta lettera, in tre categorie, vale a dire la categoria «A», che riguardava una nota indirizzata dalla direzione generale (DG) «ambiente» al servizio giuridico della Commissione il 12 novembre 1999, la categoria «B», che riguardava documenti provenienti dalle autorità tedesche, e la categoria «C», riguardante documenti provenienti da altri terzi.

13
Con fax 24 gennaio 2002, il sig. Verstrynge, direttore generale ad interim della DG «ambiente» della Commissione, comunicava alla ricorrente che «la Commissione è tenuta a ottenere l’accordo delle autorità tedesche prima di divulgare qualsiasi documento ricevuto da queste ultime [v. art. 4, n. 5 (del regolamento)].

14
Il 29 gennaio 2002 la ricorrente rispondeva che non accettava tale interpretazione dell’art. 4, n. 5, del regolamento. Essa sottolineava che «le autorità tedesche [potevano] chiedere alla Commissione di non divulgare un documento proveniente da detto Stato membro senza il suo previo accordo» e che «la decisione definitiva concernente la divulgazione [spettava] alla Commissione e [doveva] essere basata su una delle eccezioni (art. 4), quando non vi è un interesse pubblico superiore alla divulgazione».

15
Il 12 febbraio 2002 la Repubblica federale di Germania chiedeva alla Commissione di non divulgare le lettere scambiate col comune di Amburgo concernenti il sito di Mühlenberger Loch e il progetto nonché la corrispondenza del cancelliere tedesco. Il 13 febbraio 2002 la ricorrente riceveva un fax del sig. Verstrynge, nel quale questi accordava l’accesso ai documenti considerati dalle categorie «A» e «C» (v. punto 12 di cui sopra). Nello stesso fax il sig. Verstrynge informava la ricorrente che i documenti oggetto della categoria «B», vale a dire quelli provenienti dalle autorità tedesche, non potevano essere messi a sua disposizione.

16
Il 6 marzo 2002 la ricorrente inviava una domanda di conferma al segretariato generale della Commissione, conformemente all’art. 7, n. 2, del regolamento, affinché questi riesaminasse il rifiuto di divulgare i documenti della categoria «B». In particolare, la ricorrente riaffermava che essa si opponeva all’interpretazione della Commissione quanto all’art. 4, n. 5, del regolamento.

17
Con lettera 26 marzo 2002 il segretario generale della Commissione comunicava alla ricorrente che confermava la decisione di rifiuto di divulgare i documenti provenienti dalle autorità tedesche (in prosieguo: la «decisione controversa»).


Procedimento e conclusioni delle parti

18
Con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 4 giugno 2002, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

19
Con lettere registrate nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente il 9 settembre, il 30 settembre e il 2 ottobre 2002, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno di Svezia e il Regno di Danimarca hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della ricorrente.

20
Con lettera registrata nella cancelleria del Tribunale il 10 ottobre 2002, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della Commissione.

21
Con ordinanza 15 novembre 2002 del presidente della Quinta Sezione del Tribunale, sentite le parti nella causa principale, dette domande di intervento sono state accolte.

22
Con lettera 24 settembre 2003, la ricorrente ha chiesto al Tribunale, in forza dell’art. 51, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il rinvio della causa dinanzi al plenum o dinanzi alla Grande Sezione. La Commissione si è opposta a tale rinvio.

23
Con decisione 10 dicembre 2003, sentiti gli intervenienti, il Tribunale ha assegnato la causa alla Quinta Sezione ampliata.

24
Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso di passare alla fase orale.

25
Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 1° aprile 2004.

26
La ricorrente, sostenuta dal Regno dei Paesi Bassi, dal Regno di Svezia e dal Regno di Danimarca, conclude che il Tribunale voglia:

annullare la decisione controversa,

condannare la Commissione alle spese.

27
La Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord, conclude che il Tribunale voglia:

dichiarare il ricorso infondato;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

28
La ricorrente deduce due motivi a sostegno del ricorso in esame. Il primo motivo riguarda una violazione dell’art. 4 del regolamento. Il secondo motivo attiene ad una violazione dell’art. 253 CE.

29
A titolo di osservazione generale, la ricorrente fa valere che, nella fattispecie, vi è un interesse pubblico evidente alla divulgazione dei documenti elaborati dalle autorità tedesche. Il sito di Mühlenberger Loch sarebbe una riserva naturale di importanza internazionale, nonché il rifugio di talune specie floreali ed animali tutelate dal diritto comunitario, nell’ambito della «rete Natura 2000», e da una convenzione internazionale. La ricorrente sostiene che la Commissione ha approvato il declassamento effettivo di tale zona, al solo scopo di autorizzare la distruzione del sito di Mühlenberger Loch per consentire l’ingrandimento di una fabbrica e il recupero di una parte dell’estuario per il prolungamento di una pista di atterraggio. Essa adduce che, benché il parere che autorizzava la distruzione del sito di Mühlenberger Loch sia stato considerato giustificato da motivi imperativi di interesse pubblico superiore, le informazioni essenziali sulle quali tale parere si basava devono, secondo la Commissione e la Repubblica federale di Germania, rimanere riservate.

30
La Commissione sostiene di avere ampiamente divulgato la pertinente documentazione proveniente dai suoi servizi o da essa ricevuti. Essa sostiene che il fascicolo comunicato alla ricorrente espone dettagliatamente il contesto dell’adozione della decisione comunitaria nella pratica che è all’origine della lite in esame. Essa sottolinea che tale fascicolo comprende la corrispondenza da essa inviata alle autorità tedesche, compresa quella inviata dal presidente della Commissione al cancelliere tedesco, e che soli i documenti provenienti dallo Stato membro interessato, cha ha rifiutato di consentire alla loro divulgazione, sono in questione.

Sul primo motivo, relativo a una violazione dell’art. 4 del regolamento

Argomenti delle parti

31
In primo luogo, la ricorrente, sostenuta dai governi olandese, svedese e danese, fa valere che l’affermazione del segretario generale della Commissione, contenuta nella decisione controversa, secondo la quale l’art. 4, n. 5, del regolamento è «obbligatorio», si basa su un’interpretazione errata di tale disposizione. Essa ammette che le autorità tedesche possono, a norma dell’art. 4, n. 5, del regolamento, chiedere la Commissione di non divulgare la corrispondenza di dette autorità, ma sostiene che il termine «chiedere» ha un senso molto diverso da quello che la Commissione cerca di attribuirgli.

32
La ricorrente sostiene che una «domanda è l’atto o il fatto di chiedere qualcosa». Ciò implicherebbe che la parte che ha presentato una domanda attende una risposta, nonché l’esercizio di un certo potere discrezionale della parte che risponde alla domanda stessa. Essa aggiunge che l’art. 4, n. 5, del regolamento è una disposizione di deroga e che l’interpretazione necessariamente restrittiva che occorre dargli esclude di interpretare il termine «chiedere» nel senso che esso significa «prescrivere».

33
I governi olandese e danese fanno valere che l’art. 4, n. 5, del regolamento non può essere interpretato nel senso che esso conferisca a uno Stato membro un «diritto di veto». Il governo svedese sostiene che il regolamento pone come principio che è compito del detentore di un documento decidere se esso possa essere comunicato o meno. Esso sostiene del pari che l’interpretazione della Commissione circa l’art. 4, n. 5, del regolamento, che deroga a tale principio, dovrebbe risultare espressamente e inequivocabilmente dallo stesso testo di tale disposizione.

34
La ricorrente fa valere del pari ch’essa non è stata informata del fatto che i documenti richiesti erano riservati. Esso afferma che, anche se l’art. 9, n. 3, del regolamento stabilisce che il consenso dell’autorità di origine è richiesto per la divulgazione dei documenti sensibili, ciò non avviene quanto ai documenti di cui all’art. 4, nn. 4 e 5, del regolamento. Secondo il governo olandese, il legislatore comunitario, se avesse inteso sancire un diritto di veto per la divulgazione di documenti non sensibili all’art. 4, n. 5, del regolamento, avrebbe scelto una formulazione che si sarebbe avvicinata a quella dell’art. 9, n. 3, del regolamento.

35
Sarebbe manifestamente errato affermare che i documenti richiesti nella fattispecie devono essere considerati soggetti ad un procedimento specifico o ad un lex specialis in quanto, secondo i termini del regolamento, essi rientrano nell’ambito della legislazione e della prassi amministrativa nazionali. La ricorrente contesta, a questo riguardo, l’affermazione secondo la quale gli Stati membri godono di una «situazione privilegiata» in forza dell’art. 4, n. 5, del regolamento. Secondo il governo olandese, in via di principio, tutti i documenti in possesso delle istituzioni devono essere accessibili al pubblico. Un’interpretazione dell’art. 4, n. 5, che conferisca un diritto di veto agli Stati membri arrecherebbe un eccessivo pregiudizio al diritto di accesso ai documenti stessi e non sarebbe compatibile con lo scopo del regolamento.

36
In secondo luogo, la ricorrente sostiene che l’art. 4, n. 5, del regolamento non può essere interpretato senza tener conto delle altre disposizioni dello stesso regolamento.

37
Essa precisa che la richiesta delle autorità tedesche di non divulgare i documenti di cui esse sono gli autori fa seguito ad una consultazione di dette autorità da parte della Commissione avvenuta il 5 febbraio 2002. Secondo la ricorrente, tale consultazione ha potuto essere avviata soltanto in applicazione dell’art. 4, n. 5, del regolamento, che impone alla Commissione di consultare i terzi «al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui ai paragrafi 1 o 2, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato».

38
La ricorrente fa valere che detta consultazione poteva mirare soltanto ad ottenere informazioni dalle autorità tedesche per consentire alla Commissione di determinare se un’eccezione di cui all’art. 4, nn. 1 o 2, del regolamento si applicasse ai documenti da queste elaborati. Sottolinea che i termini dell’art. 4, n. 4, del regolamento mostrano che tocca alla sola istituzione interessata procedere a tale valutazione. La parte consultata fornirebbe il suo punto di vista sull’applicabilità di un’eccezione di cui all’art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento, ma essa non può procedere alla detta valutazione per conto della Commissione.

39
La ricorrente rileva che l’art. 4, n. 5, del regolamento introduce in quest’ultimo un procedimento che consente alle autorità tedesche di comunicare alla Commissione le loro obiezioni quanto alla divulgazione dei documenti di cui trattasi sotto la forma di una domanda di non divulgazione. Sottolinea che l’opinione delle autorità tedesche non è tuttavia l’unico elemento che la Commissione deve considerare quando effettua la sua valutazione, e poi decide di divulgare o meno i documenti elaborati da dette autorità. Una regola, norma od obbligo superiore potrebbe imporsi alla Commissione, quale, ad esempio, un interesse pubblico superiore alla divulgazione.

40
Sostiene che l’esercizio del diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni può essere limitato soltanto da un rifiuto giustificato da una delle eccezioni limitativamente enunciate all’art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento. Constata che, quando applicabili, le eccezioni devono essere interpretate restrittivamente e prudentemente, come avviene per un’eccezione ad un principio generale fondamentale [sentenza della Corte 11 gennaio 2000, cause riunite C-174/98 P e C-189/98 P, Paesi Bassi e Van der Wal/Commissione, Racc. pag. I-1, punto 27, e sentenze del Tribunale 14 ottobre 1999, causa T-309/97, Bavarian Lager/Commissione, Racc. pag. II-3217, punto 39; 10 ottobre 2001, causa T‑111/00, British American Tobacco International (Investments)/Commissione, Racc. pag. II-2997, punto 40, e 11 dicembre 2001, causa T-191/99, Petrie e a./Commissione, Racc. pag. II‑3677, punto 66]. Essa aggiunge che le eccezioni devono essere interpretate alla luce dell’art. 4, n. 6, del regolamento, a tenore del quale «se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate». Qualsiasi altra interpretazione sarebbe in contrasto con il testo e la struttura dell’art. 4 del regolamento e del regolamento nel suo complesso. L’art. 4, n. 5, del regolamento non farebbe parte dell’elenco delle eccezioni al «diritto fondamentale di accesso». Tale interpretazione sarebbe corroborata dal fatto che l’art. 4, n. 7, del regolamento non riguarderebbe alcuna eccezione diversa da quelle figuranti ai nn. 1-3 dello stesso articolo e il caso dei documenti sensibili.

41
La ricorrente fa valere che è in contrasto con il diritto comunitario conferire ad uno Stato membro il potere di decidere di accordare o meno l’accesso a documenti mentre esso non è il destinatario né della domanda di accesso né del regolamento. Essa rileva che un ricorso può essere proposto soltanto contro il destinatario di una domanda di accesso che ha rifiutato di divulgare il documento richiesto.

42
Secondo la ricorrente la Commissione tenta nella decisione controversa di reintrodurre la «regola dell’autore» per una via traversa. I richiedenti saprebbero che la Commissione non potrebbe respingere il «veto di uno Stato membro», il che li costringerebbe ad inviare le loro domande di accesso direttamente agli Stati membri. In tali circostanze, non vi sarebbe un criterio uniforme, poiché l’accesso ai documenti di uno Stato membro che presentino un interesse per il processo decisionale comunitario varierebbe da uno Stato membro all’altro. La ricorrente considera, a questo proposito, che la tesi della Commissione secondo la quale la legislazione nazionale sulla trasparenza si applica alla domanda di documenti considerata nella specie è inaccettabile, in quanto essa porterebbe ad un risultato caotico, incoerente ed assurdo.

43
La Commissione, sostenuta dal governo del Regno Unito, sostiene che l’art. 4, n. 5, del regolamento crea, all’interno della normativa comunitaria sull’accesso ai documenti delle istituzioni, un procedimento specifico che disciplina il trattamento delle domande di documenti provenienti da uno Stato membro. Essa rileva che l’accesso a tale documenti è disciplinato dalla legislazione e dalla prassi nazionali e che il legislatore comunitario ha voluto tener conto di tale elemento quando ha redatto l’art. 4, n. 5, del regolamento, in considerazione in particolare della dichiarazione n. 35.

44
La Commissione adduce che l’art. 4, n. 4, del regolamento considera il «caso normale» dei documenti provenienti dai terzi, mentre l’art. 4, n. 5, dello stesso regolamento enuncia la «lex specialis», che disciplina la situazione specifica dei documenti «nazionali» provenienti dagli Stati membri, il cui accesso è soggetto alla normativa e alla prassi nazionali in materia di trasparenza. Quanto all’affermazione della ricorrente secondo la quale la Commissione tenterebbe di reintrodurre la regola dell’autore (v. supra, punto 42), la Commissione fa valere che la situazione precedente e quella successiva all’applicazione del regolamento sono molto diverse l’una dall’altra. Essa sostiene che l’art. 4, n. 5, del regolamento applica gli obblighi previsti dall’art. 4, n. 4, del regolamento ad una categoria di terzi privilegiati ben precisa, vale a dire gli Stati membri, per contrasto con tutti i terzi, e che esso l’autorizza a trattare i documenti degli Stati membri nel modo che esso prevede, per contrasto col divieto generale di trattare i documenti dei terzi che si applicava precedentemente.

45
La Commissione sostiene che l’art. 4, n. 4, del regolamento riguarda domande aventi ad oggetto documenti provenienti da tutti i terzi e dispone in sostanza che l’istituzione è tenuta a consultare i terzi interessati soltanto se non è già chiaro che il documento può o non deve essere divulgato.

46
La Commissione sostiene che l’art. 4, n. 5, del regolamento non prevede, a differenza dell’art. 4, n. 2, alcun bilanciamento con l’interesse pubblico. Essa fa valere che, contrariamente all’art. 4, n. 4, del regolamento, non vi è un obbligo di divulgare un documento in mancanza di dubbi sull’applicabilità del disposto dell’art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento stesso. L’art. 4, n. 5, del regolamento non si limiterebbe a specificare che la Commissione deve consultare lo Stato membro, ma prevederebbe espressamente che lo Stato membro ha diritto di chiederle di non divulgare il suo documento senza il suo consenso. Essa adduce che, quando una domanda del genere è stata presentata, il documento non può essere divulgato.

47
Per quanto attiene all’argomento della ricorrente menzionato supra, al punto 34, e relativo all’art. 9, n. 3, del regolamento, la Commissione rileva che considerazioni molte diverse hanno determinato la redazione di quest’ultima disposizione e quella dell’art. 4, n. 5, del regolamento. L’art. 9, n. 3, del regolamento disporrebbe che i «documenti sensibili sono iscritti nel registro o divulgati solo con il consenso dell’originatore». Essa fa valere che il legislatore non può aver redatto tale disposizione al fine di richiedere il consenso dell’autorità di origine unicamente per l’iscrizione nel registro, ma non per la divulgazione dei documenti. A questo proposito, la Commissione constata che la nozione di «autorità di origine» va ben al di là dei soli Stati membri, e che essa comprende le istituzioni, le agenzie create da queste ultime, gli Stati membri, i paesi terzi e le organizzazioni internazionali. Essa sottolinea che non si dovrebbe omettere un riferimento agli Stati membri in tale elenco.

48
La Commissione osserva che il diritto conferito ad uno Stato membro di rifiutare di consentire a che essa divulghi un documento di cui esso è l’autore non era destinato a ristringere l’accesso a tale tipo di documenti in assoluto, ma soltanto in forza delle norme comunitarie. Essa sottolinea che tale limitazione mira a considerare lo status del documento secondo la legislazione e la prassi nazionali e ad evitare così le disparità tra il sistema comunitario ed i vari sistemi nazionali di accesso ai documenti. Contesta l’argomento della ricorrente secondo il quale il rifiuto di divulgare un documento «nazionale» non può costituire oggetto di alcun ricorso (v. supra, punto 41). Sottolinea che il rifiuto di consentirle di divulgare tale documento non può costituire oggetto di alcun ricorso in diritto comunitario. Rileva che, in caso contrario, un documento «nazionale» potrebbe costituire oggetto di una divulgazione che potrebbe rivelarsi incompatibile con la legislazione e la prassi nazionali in materia di trasparenza. La Commissione confuta vigorosamente le affermazioni della ricorrente esposte supra, al punto 42, e sostiene che le differenze giuridiche sorgeranno dal diritto, tanto nazionale quanto comunitario, e non dalla geografia o dal «capriccio» di uno Stato membro.

49
Il governo del Regno Unito sostiene che, se l’interpretazione del regolamento formulata dalla ricorrente dovesse essere accolta, l’art. 4, n. 5, del regolamento sarebbe privo di qualsiasi effetto, in quanto tale disposizione sarebbe interamente inserita nel procedimento di cui all’art. 4, n. 4, del regolamento. A questo proposito, esso sostiene che, se il diritto comunitario imponesse a un’istituzione comunitaria di non tener conto del mancato consenso di uno Stato membro, il legislatore comunitario avrebbe in realtà il potere di vanificare tutte le disposizioni legislative nazionali che impediscono la divulgazione. Sostiene che, in mancanza di norme che armonizzino le legislazioni degli Stati membri in materia di accesso ai documenti, ciò costituirebbe una violazione del principio di sussidiarietà.

Giudizio del Tribunale

50
La ricorrente fa valere in sostanza che, benché uno Stato membro da cui proviene un documento possa chiedere ad un’istituzione che detiene tale documento di non divulgarlo a norma dell’art. 4, n. 5, del regolamento, esso non dispone tuttavia di un diritto di veto al riguardo, dal momento che la decisione finale spetta all’istituzione.

51
Tale argomento si basa su un’interpretazione errata delle disposizioni del regolamento e non può essere accolto.

52
Va sottolineato, anzitutto, che il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, previsto dall’art. 2 del regolamento, riguarda tutti i documenti detenuti dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione (in prosieguo: le «istituzioni») [v. art. 1, lett. a) del regolamento], vale a dire formati o ricevuti da quest’ultime e in loro possesso, ai sensi del n. 3 dello stesso articolo. Così, le istituzioni possono essere indotte, se del caso, a comunicare documenti provenienti da terzi, e questi ultimi comprendono, in particolare, gli Stati membri, conformemente alla definizione della nozione di terzi di cui all’art. 3, lett. b), del regolamento.

53
Occorre ricordare, inoltre, che, prima dell’entrata in vigore del regolamento, l’accesso del pubblico ai documenti della Commissione era disciplinato dalla decisione 94/90. L’art. 1 di tale decisione adottava formalmente il codice di condotta approvato dal Consiglio e dalla Commissione il 6 dicembre 1993 sull’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e della Commissione (GU 1993, L 340, pag. 41; in prosieguo: il «codice di condotta»), allegato a quest’ultima. Il codice di condotta disponeva, sotto il titolo «Trattamento delle domande iniziali», che, «qualora l’autore del documento in possesso di un’istituzione sia una persona fisica o giuridica, uno Stato membro, un’altra istituzione o organo comunitario o qualsiasi altro organismo nazionale o internazionale, la richiesta dovrà essere indirizzata direttamente all’autore del documento» (in prosieguo: la «regola dell’autore»). Pertanto, in applicazione della regola dell’autore, un’istituzione non era autorizzata a divulgare i documenti provenienti da un’ampia categoria di terzi, in particolare gli Stati membri, e chi chiedeva l’accesso era tenuto, se del caso, a inviare la sua domanda direttamente al terzo in questione.

54
La regola dell’autore non è stata riprodotta nel regolamento, il quale conferma che, in via di principio, tutti i documenti detenuti dalle istituzioni devono essere accessibili al pubblico (‘considerando’ 11 del regolamento).

55
Peraltro, quanto ai documenti provenienti da terzi, l’art. 4, n. 4, del regolamento obbliga le istituzioni a consultare il terzo interessato, al fine di determinare se si applichi un’eccezione di cui all’art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato. Ne consegue che le istituzioni non sono tenute a consultare il terzo interessato se risulta chiaramente che il documento dev’essere divulgato o che non deve esserlo. In tutti gli altri casi, le istituzioni devono consultare il terzo in questione. Pertanto, la consultazione del terzo interessato costituisce, in generale, la condizione preliminare per determinare l’applicazione delle eccezioni all’accesso di cui all’art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento nel caso di documenti provenienti da terzi.

56
Per di più, come giustamente sostiene la ricorrente, l’obbligo a carico della Commissione di consultare il terzo in forza dell’art. 4, n. 4, del regolamento non incide sul suo potere di decidere se si applichi una delle eccezioni di cui all’art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento.

57
Risulta, per contro, dall’art. 4, n. 5, del regolamento che gli Stati membri costituiscono oggetto di un trattamento particolare. Infatti, tale disposizione attribuisce allo Stato membro la facoltà di chiedere a un’istituzione di non divulgare documenti da esso provenienti senza il suo previo accordo. Si deve sottolineare che l’art. 4, n. 5, del regolamento riproduce la dichiarazione n. 35, secondo cui la Conferenza ha convenuto che i principi e le condizioni di cui all’art. 255 CE consentiranno a uno Stato membro di chiedere alla Commissione o al Consiglio di non comunicare a terzi un documento proveniente da tale Stato senza il suo previo accordo. Tale facoltà riconosciuta agli Stati membri dall’art. 4, n. 5, del regolamento è dovuta al fatto che tale regolamento non ha né per oggetto né per effetto di modificare le normative nazionali in materia di accesso ai documenti (v. quindicesimo ‘considerando’ del regolamento e sentenza del Tribunale 17 settembre 2003, causa T-76/02, Messina/Commissione, Racc. pag. II‑3203, punti 40 e 41).

58
L’art. 4, n. 5, del regolamento pone gli Stati membri in una situazione diversa da quella degli altri terzi, stabilendo al riguardo una lex specialis. Secondo tale disposizione, lo Stato membro ha la facoltà di chiedere ad un’istituzione di non divulgare un documento da esso proveniente, e l’istituzione è tenuta a non divulgarlo senza il suo «previo accordo». Tale obbligo, imposto all’istituzione, di ottenere l’accordo previo dello Stato membro, sancito chiaramente dall’art. 4, n. 5, del regolamento, rischierebbe di restare lettera morta se la Commissione potesse decidere di divulgare tale documento malgrado una domanda esplicita in senso contrario dello Stato membro considerato. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, una domanda dello Stato membro in base a tale disposizione costituisce un’ingiunzione a tale istituzione di non divulgare il documento di cui trattasi.

59
Al riguardo, occorre rilevare che lo Stato membro non è tenuto a motivare la sua domanda presentata a norma dell’art. 4, n. 5, del regolamento e che, una volta che ha presentato tale domanda, non tocca all’istituzione esaminare se la mancata divulgazione del documento di cui trattasi sia giustificata tenuto conto, in particolare, dell’interesse pubblico.

60
Al fine di garantire al disposto dell’art. 4, n. 5, del regolamento un’interpretazione conforme alla dichiarazione n. 35 e di agevolare l’accesso al documento di cui trattasi consentendo allo Stato membro, se del caso, di dare il suo consenso alla sua divulgazione, tocca all’istituzione consultare detto Stato membro quando una domanda di accesso riguarda un documento da esso proveniente. Se tale Stato membro, dopo essere stato consultato, non presenta una domanda a norma dell’art. 4, n. 5, del regolamento, tocca comunque all’istituzione valutare, a norma dell’art. 4, n. 4, del regolamento, se il documento debba essere divulgato o meno.

61
Si deve constatare che, come giustamente sostiene la Commissione, se l’accesso a un documento per il quale lo Stato membro ha presentato una domanda ai sensi dell’art. 4, n. 5, non è disciplinato dal regolamento, lo stesso lo è dalle pertinenti disposizioni nazionali dello Stato membro considerato, che rimangono immutate a seguito dell’adozione del regolamento. Pertanto, è compito delle autorità amministrative e giudiziarie nazionali valutare, in base al diritto nazionale, se l’accesso ai documenti provenienti da uno Stato membro debba essere accordato e se il diritto di ricorso degli interessati sarà così garantito in base alle norme nazionali.

62
Quanto all’argomento della ricorrente esposto supra, al punto 34, relativo al testo dell’art. 9, n. 3, del regolamento, si deve constatare che l’art. 9 prevede norme specifiche per il trattamento dei documenti cosìdetti «sensibili», provenienti in particolare dalle istituzioni, dagli Stati membri, da paesi terzi o da organizzazioni internazionali, nei settori definiti dall’art. 4, n. 1, lett. a), del regolamento, in particolare la sicurezza pubblica, la difesa e le questioni militari. Tale articolo menziona, in particolare, le persone che sono autorizzate a trattare tali documenti e dispone che i documenti sensibili non sono iscritti nel registro o sono divulgati soltanto mediante il consenso dell’autorità di origine. Alla luce della specificità della situazione considerata dal detto articolo, è evidente che esso non era collegato all’art. 4, n. 5, del regolamento e che non si può invocare utilmente il testo dell’art. 9, n. 3, del regolamento al fine di interpretare l’art. 4, n. 5.

63
Nella specie, i documenti oggetto della lite in esame, come riconoscono le parti, costituiscono documenti provenienti da uno Stato membro ai sensi dell’art. 4, n. 5, del regolamento. Del pari, è pacifico che la Repubblica federale di Germania ha chiesto alla Commissione, il 12 febbraio 2002, di non divulgare la corrispondenza di tale Stato membro col comune di Amburgo riguardante il Mühlenberger Loch e il progetto, nonché la corrispondenza del cancelliere tedesco.

64
Pertanto, si deve concludere che la Commissione, adottando la decisione controversa a seguito di una domanda di detto Stato membro a norma dell’art. 4, n. 5, del regolamento, non ha violato l’art. 4 del regolamento stesso.

65
Ne consegue che il primo motivo è infondato.

Sul secondo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 253 CE

Argomenti delle parti

66
La ricorrente fa valere che la decisione controversa riproduce essenzialmente il punto di vista del direttore generale ad interim della DG «Ambiente», vale a dire che le autorità tedesche hanno chiesto alla Commissione di non divulgare i documenti da esse provenienti, senza spiegare i motivi del rifiuto. Rileva che essa non sa se la decisione controversa sia giuridicamente fondata o arbitraria e che essa è stata privata della possibilità di esaminare il fondamento giuridico della decisione controversa (sentenza Petri e a./Commissione, cit., punto 77, e sentenza del Tribunale 12 ottobre 2000, causa T-123/99, JT’s Corporation/Commissione, Racc. pag. II-3269, punto 63). La ricorrente fa valere che sa soltanto che le autorità tedesche hanno presentato una domanda di non divulgare i documenti di cui trattasi e che la Commissione l’ha accolta ciecamente.

67
La ricorrente sostiene che la decisione controversa non è stata adottata a seguito di una ponderazione del suo interesse ad ottenere l’accesso ai documenti con l’interesse della Commissione a trattare tali documenti come documenti riservati [sentenza British American Tobacco International (Investments)/Commissione, cit., punto 53]. Essa rileva, a questo proposito, che la Commissione conosceva l’importanza che rivestivano per essa i documenti richiesti, ma che questa ha rifiutato l’accesso ai documenti elaborati dalle autorità tedesche, senza distinguere fra i documenti menzionati sotto sette titoli specifici nella domanda iniziale. Al riguardo, sostiene che la decisione controversa non spiega perché, conformemente all’art. 4, n. 6, del regolamento, l’accesso parziale ai detti documenti è stato rifiutato.

68
La Commissione sottolinea che la decisione controversa precisa chiaramente ch’essa aveva consultato le autorità tedesche che le avevano chiesto di non divulgare la loro corrispondenza. Adduce che, di conseguenza, essa si trovava, in forza dell’art. 4, n. 5, del regolamento, nell’impossibilità di divulgare tale corrispondenza.

69
Sostiene che, tenuto conto dell’analisi esposta nell’ambito del primo motivo, tale motivazione era completa ed esponeva la ragione del rifiuto d’accesso. La stessa fa valere che tale motivazione corrisponde all’approccio adottato dal direttore generale ad interim della DG «Ambiente» nel suo fax 13 febbraio 2002 (v. supra, punto 15).

Giudizio del Tribunale

70
Si deve ricordare che, secondo giurisprudenza costante, l’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata, oppure se sia eventualmente inficiata da un vizio che consente di contestarne la validità e di consentire al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione. La portata di quest’obbligo dipende dalla natura dell’atto in questione e dal contesto nel quale è stato adottato (sentenze del Tribunale 24 aprile 1996, cause riunite T‑551/93 e da T‑231/94 a T-234/94, Industrias Pesqueras Campos e a./Commissione, Racc. pag. II-247, punto 140; 3 febbraio 2000, cause riunite T‑46/98 e T-151/98, CCRE/Commissione, Racc. pag. II-167, punto 46, e 14 maggio 2002, causa T-80/00, Associação Comercial de Aveiro/Commissione, Racc. pag. II-2465, punto 35).

71
Nella decisione controversa la Commissione ha motivato il suo rifiuto di comunicare i documenti precisati dalla ricorrente nella sua lettera 6 marzo 2002 riferendosi alla domanda della Repubblica federale di Germania di non divulgarli, e affermando che, a norma dell’art. 4, n. 5, del regolamento, essa non è autorizzata a divulgare un documento proveniente da uno Stato membro senza l’accordo previo di quest’ultimo. Essa osserva che tale disposizione le imponeva un obbligo di non divulgazione e che non era soggetta ad un criterio di interesse pubblico. Siffatta motivazione è sufficientemente chiara per consentire alla ricorrente di comprendere le ragioni per le quali la Commissione non le ha comunicato i documenti di cui trattasi e al Tribunale di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione controversa.

72
Inoltre, se le limitazioni imposte nella specie all’accesso ai documenti provenienti dalla Repubblica federale di Germania non incidevano sul dovere della Commissione di motivare sufficientemente la decisione controversa, non toccava alla Commissione spiegare alla ricorrente le ragioni per le quali la Repubblica federale di Germania ha presentato una domanda ai sensi dell’art. 4, n. 5, del regolamento, poiché agli Stati membri non è imposto obbligo alcuno di motivare tale domanda in applicazione di detta disposizione (v. supra, punto 59).

73
Pertanto, il secondo motivo deve essere respinto.

74
Alla luce di quanto precede, si deve respingere il ricorso interamente.


Sulle spese

75
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, essa sopporterà oltre alle proprie spese quelle della Commissione, conformemente alle sue conclusioni presentate in tal senso.

76
Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Pertanto, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno di Svezia, il Regno di Danimarca e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione.

3)
Il Regno dei Paesi Bassi, il Regno di Svezia, il Regno di Danimarca e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese.

Lindh

García-Valdecasas

Cooke

Mengozzi

Martins Ribeiro

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 novembre 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

P. Lindh


1
Lingua processuale: l'inglese.