CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
DÁMASO RUIZ-JARABO COLOMER
presentate l’8 novembre 2006 1(1)
Causa C-292/05
Eir. Lechouritou
V. Karkoulias
G. Pavlopoulos
P. Brátsikas
D. Sotiropoulos
G. Dimopoulos
contro
Repubblica federale di Germania
[Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Efeteío di Patrasso (Grecia)]
«Convenzione di Bruxelles – Ambito di applicazione – Materia civile e commerciale – Azione esercitata contro uno Stato contraente per il risarcimento dei danni causati dalle sue forze armate nel corso della seconda guerra mondiale in un altro Stato parte della convenzione – Immunità degli Stati»
I – Introduzione
1. «Invece la guerra che io narro durò a lungo, e d’altra parte in concomitanza con essa si produssero in Grecia sofferenze quante mai in un uguale lasso di tempo: mai furono spopolate tante città dopo la conquista (...) né mai vi furono tanti esili ed eccidi (...)». Così Tucidide descriveva la guerra del Peloponneso nel V secolo a.C. (2), evocando lucidamente le catastrofi di qualsivoglia conflitto bellico che si abbattono sia sui vinti che sui vincitori.
2. Le diverse arti hanno fornito rappresentazioni degli effetti deleteri dei conflitti. I «Disastri della guerra», la famosa serie di ottantadue acqueforti di Goya realizzata fra il 1810 e il 1820, mettono a nudo le miserie dei conflitti, i crimini, le torture e le conseguenze che essi hanno sull’individuo; sono testimonianze amare intrise di pessimismo che rappresentano una cronaca sociale dal forte impatto pacifista. Le «Fucilazioni del 3 maggio 1808», sempre di Goya, o «Guernica» di Picasso mostrano del pari i sentimenti suscitati in questi pittori geniali da siffatte conflagrazioni, con la loro carica di annientamento e sterminio.
3. Anni più tardi, nel 1859, il filantropo svizzero Henry Dunant attraversò la Lombardia, allora messa a ferro e a fuoco, raggiunse Solferino nel pomeriggio di una cruenta battaglia e constatò con orrore che migliaia di soldati giacevano mutilati, abbandonati, privi di assistenza, condannati a morte certa. Da codesta terribile visione nacque l’idea di fondare la Croce Rossa.
4. Allo stesso modo il settore giuridico ha subito l’impatto funesto dei conflitti armati. Nella fattispecie un certo numero di cittadini greci hanno chiesto ad un tribunale del proprio paese che la Germania risarcisca il danno cagionato dal suo esercito in occasione di un episodio tragico della seconda guerra mondiale.
5. L’Efeteío (Corte di appello) di Patrasso chiede alla Corte di giustizia se la controversia in questione sia disciplinata ratione materiae dalla Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (3), nota come Convenzione di Bruxelles. Desidera inoltre sapere se il privilegio dell’immunità dalla giurisdizione degli Stati sia compatibile con il sistema della detta Convenzione.
6. Le questioni sono erroneamente fondate sull’art. 234 CE, in quanto la competenza ad interpretare la menzionata Convenzione è attribuita alla Corte di giustizia non dalla norma suddetta, bensì dal Protocollo 3 giugno 1971 (4). L’errore tuttavia non riveste alcuna rilevanza in quanto l’art. 2 del Protocollo, come ricorda il governo tedesco, dà facoltà all’Efeteío di richiedere decisioni relative all’interpretazione della Convenzione in via pregiudiziale.
II – Contesto giuridico
7. La Convenzione di Bruxelles delimita il proprio «campo di applicazione» al titolo I, il cui art. 1 prescrive quanto segue:
«La presente convenzione si applica in materia civile e commerciale e indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale. Essa non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativa.
Sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione:
1. lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni;
2. i fallimenti, [i] concordati ed altre procedure affini;
3. la sicurezza sociale;
4. l’arbitrato».
8. Il titolo II, dedicato alla «competenza», sancisce all’art. 2, primo comma, il principio generale in base a cui «le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli organi giurisdizionali di tale Stato», con le eccezioni previste nella stessa Convenzione.
9. Fra tali eccezioni figurano le «competenze speciali» previste dall’art. 5, che è formulato nei seguenti termini:
«Il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente:
(…)
3) in materia di delitti o quasi-delitti, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto;
4) qualora si tratti di un’azione di risarcimento di danni o di restituzione, nascente da reato, davanti al giudice davanti al quale l’azione penale è esercitata, sempreché secondo la propria legge questo possa conoscere dell’azione civile;
(…)».
10. La disciplina è completata dai titoli III, «Del riconoscimento e dell’esecuzione», IV, «Atti autentici e transazioni giudiziarie», V, «Disposizioni generali», VI, «Disposizioni transitorie», VII, «Relazioni con le altre convenzioni», e VIII, «Disposizioni finali».
11. È d’uopo segnalare che il regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (5), ha sostituito la Convenzione di Bruxelles, rilevandosi peraltro una notevole coincidenza fra le disposizioni dell’una e dell’altro, quantunque le nuove norme non trovino applicazione nel caso di specie.
III – Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali
12. La sig.ra Lechouritou e altre persone hanno presentato un ricorso contro la Repubblica federale di Germania dinanzi al Polymelés Protodikeío di Kalavrita (Tribunale di primo grado), chiedendo un indennizzo a titolo di risarcimento dei danni materiali e morali, nonché dei danni psicologici sofferti a seguito del massacro perpetrato dai soldati della Wehrmacht il 13 dicembre 1943 a Kalavrita, quando questi invasero la Grecia nella seconda guerra mondiale (6).
13. Il detto Tribunale ha dichiarato, con sentenza n. 70/1998, di non essere competente a conoscere della controversia, giusta l’art. 3, primo comma, del codice di procedura civile, dal momento che lo Stato convenuto godeva del privilegio dell’immunità dalla giurisdizione.
14. I ricorrenti hanno interposto un ricorso in appello dinanzi all’Efeteío di Patrasso, il quale, in data 12 gennaio 2001, ha adottato una prima decisione sospensiva del procedimento, affinché l’Anótato Eidikó Dikastírio (Corte speciale superiore) decidesse se l’art. 11 della Convenzione europea sull’immunità degli Stati, firmata a Basilea il 16 maggio 1972 (7) – della quale la Grecia non è firmataria e che esclude l’immunità a favore di uno Stato contraente per gli atti di sovranità lesivi compiuti nel territorio di un altro Stato qualora l'autore dei medesimi si trovasse in tale territorio –, rappresenti una norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta, e se tale eccezione comprenda, conformemente alla consuetudine internazionale, le pretese di risarcimento di danni arrecati da scontri bellici che colpiscono persone appartenenti ad una cerchia limitata e ad un luogo determinato senza alcun collegamento con le ostilità o con le operazioni dell’esercito.
15. L’Anótato Eidikó Dikastírio, con sentenza 17 settembre, n. 6/2002, ha sostenuto che allo «stato attuale di sviluppo del diritto internazionale continua ad esistere una norma generalmente accettata secondo la quale non è possibile presentare validamente contro uno Stato, dinanzi agli organi giudiziari di un altro Stato, una richiesta di risarcimento per i danni sofferti a seguito di qualsiasi tipo di conflitto svoltosi nel territorio del foro a cui abbiano partecipato, sotto qualsiasi forma, le forze armate dello Stato convenuto, sia in tempo di guerra che di pace».
16. L’Efeteío di Patrasso, vincolato come qualunque altro giudice ellenico dalla pronuncia dell’Anótato Eidikó Dikastírio (8), ha individuato un certo collegamento con il diritto comune degli Stati membri dell’Unione europea ed ha sospeso il procedimento per sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se rientrino nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles ai sensi dell’art. 1 di quest’ultima le azioni di risarcimento danni intentate da persone fisiche nei confronti di uno Stato contraente come civilmente responsabile per azioni od omissioni delle sue forze armate, in quanto le azioni od omissioni in questione siano intervenute nel periodo di occupazione militare dello Stato di residenza dei ricorrenti a seguito di una guerra di aggressione da parte del convenuto e si trovino in evidente contrasto con il diritto di guerra, potendo essere considerate anche come crimini contro l’umanità.
2) Se sia compatibile con il sistema della Convenzione di Bruxelles la proposizione, da parte dello Stato convenuto, dell’eccezione di immunità, con la conseguenza che, in caso di soluzione in senso affermativo, viene automaticamente neutralizzata l’applicazione della detta Convenzione, e ciò per quanto riguarda azioni ed omissioni delle forze armate del convenuto intervenute prima dell’entrata in vigore di quest’ultima, cioè negli anni 1941/1944».
IV – Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia
17. Hanno depositato osservazioni scritte, nei termini di cui all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia, i ricorrenti del procedimento principale, i governi olandese, polacco, tedesco e italiano, nonché la Commissione.
18. All’udienza celebrata il 28 settembre 2006 sono comparsi, per formulare oralmente le proprie osservazioni, i rappresentanti dei menzionati ricorrenti, del governo tedesco e della Commissione.
V – Esame della prima questione pregiudiziale
19. L’Efeteío di Patrasso intende sostanzialmente sapere se ricadano sotto la Convenzione di Bruxelles, circoscritta a norma del suo art. 1 alla «materia civile e commerciale», le azioni di risarcimento intentate da persone fisiche contro uno Stato contraente per la riparazione dei danni cagionati in un conflitto bellico dalle forze di occupazione.
A – La nozione di «materia civile e commerciale»
20. La Convenzione, adottando la consuetudine di altri testi internazionali (9), per evitare gli scogli di un’enunciazione di contenuti (10) non definisce ciò che si debba intendere per «materia civile e commerciale»; essa si limita ad aggiungere una precisazione negativa, privando di qualsiasi rilievo la «natura dell’organo giurisdizionale» (11). Tuttavia, la giurisprudenza ha stabilito: 1) che la nozione è dotata di autonomia e 2) che essa non comprende gli atti iure imperii.
1. Autonomia della nozione
21. L’avvocato generale Darmon, nelle conclusioni da lui presentate nella causa definita dalla sentenza 25 luglio 1991, Rich (12), afferma che l’interpretazione della Convenzione suscita numerose difficoltà, giacché alla complessità propria di tale materia si somma l’utilizzo di concetti ben definiti nei diritti nazionali, seppure spesso in modo divergente, circostanza questa che induce la Corte di giustizia a sviluppare un significato autonomo.
22. Ciò si è verificato con la nozione di «materia civile» (13), che la sentenza 14 ottobre 1976, LTU (14), ha qualificato come concetto autonomo da interpretarsi con riferimento non solo agli obiettivi e al sistema della Convenzione, ma anche ai principi generali ricavabili da tutti gli ordinamenti giuridici nazionali, senza che si possa rinviare al diritto dell’uno o dell’altro Stato interessato, dato che la delimitazione ratione materiae mira a «garantire, per quanto possibile, l’uguaglianza e l’uniformità dei diritti e degli obblighi (...) derivanti agli Stati contraenti ed ai soggetti interessati» (punto 3) (15).
23. Tale enunciato è stato ripetuto in altre sentenze, ad esempio nelle sentenze 14 luglio 1977, Bavaria Fluggesellschaft e Germanair/Eurocontrol (16) (punto 4); 22 febbraio 1979, Gourdain (17) (punto 3); 16 dicembre 1980, Rüffer (18) (punti 7 e 8); 21 aprile 1993, Sonntag (19) (punto 18); 14 novembre 2002, Baten (20) (punto 28), e 15 maggio 2003, Préservatrice Foncière TIARD (21) (punto 20).
24. La relazione Schlosser sulla Convenzione di adesione del 1978 (22) si sofferma sulla necessità di dare una configurazione propria ai termini dell’art. 1, sostenendo che gli ordinamenti giuridici degli Stati membri originari ben conoscono la distinzione tra materie civili e commerciali, da un lato, e materie regolate dal diritto pubblico, dall’altro. Nonostante l’esistenza di sfumature importanti, la distinzione risponde solitamente a criteri analoghi, per cui i redattori del testo originario della Convenzione e la relazione Jenard hanno omesso di specificare le materie civili e commerciali e hanno solo precisato che le decisioni degli organi giurisdizionali amministrativi e penali rientrano nel campo di applicazione della Convenzione, sempre che riguardino materie civili e commerciali. La relazione Schlosser sottolinea altresì che il Regno Unito e l’Irlanda ignorano praticamente la menzionata distinzione – usuale negli ordinamenti giuridici degli Stati membri originari – fra diritto pubblico e diritto privato (punto 23).
2. Esclusione degli atti iure imperii
25. La sentenza LTU ha esteso l’applicazione della Convenzione alle controversie fra un’amministrazione pubblica e un soggetto privato, nei casi in cui la prima non abbia agito nell’esercizio della potestà d’imperio (punti 4 e 5) (23).
26. Sebbene la Corte di giustizia abbia fatto riferimento alle norme sul riconoscimento delle decisioni giudiziarie (titolo III), le dette considerazioni valgono anche per le norme sulla competenza (titolo II) (24), dal momento che l’art. 1 è il presupposto di entrambe.
27. Di fatto, la sentenza LTU ha motivato che, con il primo ampliamento della Comunità, è stata modificata la Convenzione di Bruxelles per escludere esplicitamente «la materia fiscale, doganale e amministrativa» (25).
28. Le amministrazioni pubbliche, tuttavia, non limitano la propria attività a tali materie, sebbene le affrontino frequentemente; gli aggettivi «fiscale», «doganale» e «amministrativo», inoltre, condividono l’autonomia concettuale di «civile» e «commerciale» per identiche esigenze di uniformità e certezza del diritto (26).
29. Le osservazioni scritte presentate nel presente procedimento pregiudiziale concordano nel sostenere che gli atti iure imperii non ricadono sotto la Convenzione di Bruxelles (27). Le discrepanze emergono allorché si tratta di precisare quali siano tali atti e di valutare se essi comprendano il comportamento delle forze armate di uno Stato in un altro.
30. Orbene, occorre esaminare: a) i motivi dell’esclusione di tali atti, nonché b) i criteri su cui essa si fonda in ciascuna ipotesi.
a) I motivi dell’esclusione
31. La menzionata sentenza LTU, in riferimento all’autonomia della locuzione «materia civile e commerciale» e all’opportunità di interpretarla secondo i parametri illustrati, ha fatto riferimento a determinati elementi che caratterizzano la natura dei rapporti giuridici fra le parti in causa o l’oggetto della lite per giustificarne l’esclusione dalla Convenzione di Bruxelles, discriminando le situazioni in cui le amministrazioni si avvalgono di pubblici poteri da quelle in cui intervengono come qualsiasi altro soggetto (punto 4) (28).
32. Vi sono inoltre altre ragioni più solide ed universali a sostegno della tesi secondo cui gli atti iure imperii – a differenza degli atti iure gestionis (29) – non rientrano nell’ambito della Convenzione di Bruxelles.
33. La relazione Schlosser ricorda che, «nell’ordinamento giuridico degli Stati membri originari, lo Stato in quanto tale o gli enti con finalità pubbliche, come i comuni o le province, possono comparire in due diversi modi nei rapporti giuridici», a seconda che siano assoggettati alle norme del diritto pubblico o privato: gli atti di diritto pubblico sono considerati alla stregua di emanazioni del potere sovrano.
34. Adottando un altro ordine di pensiero, l’avvocato generale Léger, nelle sue conclusioni nella causa Préservatrice Foncière TIARD, si sofferma sulle eccezioni di cui all’art. 1, secondo comma, della Convenzione, riferite a contesti «che esulano dall’autonomia della volontà delle parti e attengono all’ordine pubblico» (paragrafo 53), deducendone che, «per quanto riguarda queste materie, i redattori della Convenzione hanno voluto che alla competenza esclusiva di uno Stato membro corrispondesse la competenza delle autorità amministrative e giurisdizionali del medesimo Stato. Nel caso in cui queste materie costituiscano l’oggetto principale della lite, gli organi giurisdizionali dello Stato in questione sono considerati i più idonei a decidere in merito. L’effettiva tutela delle situazioni giuridiche, che costituisce uno degli obbiettivi della Convenzione di Bruxelles, è dunque garantita dalla designazione di un ordinamento nazionale competente nella sua integralità (…)» (paragrafo 54), spiegazione che, a suo parere, deve essere parimenti estesa alle «materie di diritto pubblico, nelle quali lo Stato esercita il suo potere d’imperio» (paragrafo 55).
35. In sintesi, o perché tratta di atti di sovranità, o perché la tutela giurisdizionale risulta più convincente, la Convenzione non si applica negli ambiti in cui lo Stato impone i propri poteri d’imperio e non si sottomette al diritto privato (30).
36. Il problema risiede nella circostanza che, come sottolinea l’avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni nella causa Henkel, «non (è) sempre agevole distinguere fra i casi in cui lo Stato e i suoi organi autonomi operano come soggetti di diritto privato e quelli in cui essi agiscono nell’esercizio del loro potere d’imperio» (paragrafo 22), specialmente se si considera che i paesi fedeli al «Common Law» ignorano la contrapposizione fra diritto pubblico e privato, dato che l’espressione «civil law» comprende tutto ciò che non integra il «criminal law» (31). Per tale motivo, al fine di identificare una manifestazione del potere d'imperio non valgono gli ordinamenti giuridici degli Stati contraenti, in molte occasioni diversi e imprecisi (32), sebbene essi delineino soluzioni possibili.
b) I criteri su cui è basata l’esclusione
37. Dopo avere dato conto dell’autonomia dei concetti affrontati e dei motivi per cui gli atti iure imperii eccedono i limiti della Convenzione di Bruxelles, uno sguardo alla giurisprudenza aiuta ad individuare i criteri determinanti per escludere tali atti.
38. La sentenza LTU ha negato l’applicazione della Convenzione in un caso nel quale veniva in questione il pagamento da parte di un ente privato di taluni contributi pretesi da un’organizzazione di diritto pubblico, dovuti in ragione dell’utilizzo obbligatorio ed esclusivo di installazioni e servizi di quest'ultima. Secondo la sentenza, la sfera di applicazione materiale è definita essenzialmente «in ragione degli elementi che caratterizzano la natura dei rapporti giuridici fra le parti in causa o l’oggetto della lite» (punto 4).
39. Argomentazioni identiche sono state esposte dalla sentenza Rüffer in relazione all’azione di regresso intentata dallo Stato olandese contro un trasportatore fluviale proprietario di un battello tedesco che si era scontrato con un’altra imbarcazione, mirante al risarcimento delle spese di rimozione del relitto, dal momento che siffatto lavoro di pulizia rientrava nei compiti di polizia fluviale incombenti allo Stato suddetto in virtù di un trattato internazionale. È stato decisivo il fatto che «l’amministratore, per ricuperare le spese sostenute, abbia fatto valere un diritto di credito che trae origine da un atto d’imperio» (punto 15), in quanto è importante non già la natura dell’azione o del procedimento, bensì quella del diritto alla base di tale azione.
40. La sentenza Sonntag, in un processo penale intentato per il decesso di un alunno di una scuola pubblica tedesca durante un’escursione in Italia, nel quale era stata iniziata un’azione civile di risarcimento danni contro il professore che accompagnava la classe, ha avallato il ricorso alla Convenzione, indicando che la pretesa economica «ha carattere civile» (punto 19) perché: a) pur avendo il professore lo status di pubblico dipendente e pur agendo in quanto tale, «un pubblico dipendente non esercita sempre la potestà d’imperio» (punto 21); b) nella maggioranza dei sistemi giuridici degli Stati contraenti, l’accompagnamento degli studenti non comporta poteri che deroghino alle norme vigenti nei rapporti fra i singoli (punto 22) (33); c) in siffatti casi, gli insegnanti delle scuole pubbliche e di quelle private svolgono «compiti identici» (punto 23); d) la giurisprudenza della Corte (34) aveva escluso dall’esercizio di pubblici poteri la qualificazione e la partecipazione alla decisione circa il passaggio degli alunni alla classe superiore (punto 24); ed e) nessun rilievo assumono la qualificazione operata dalla normativa dello Stato d’origine dell’insegnante (punto 25) e la copertura dell’incidente da parte di un regime d’assicurazione (punti 27 e 28).
41. La sentenza Henkel, riprendendo una delle riflessioni della sentenza Sonntag, ha negato che una lite intentata da un’associazione privata per la tutela dei consumatori per proibire clausole abusive nei contratti abbia ad oggetto «una manifestazione della potestà d’imperio, poiché non riguarda in alcun modo l’esercizio di poteri esorbitanti dalle norme di diritto comune applicabili nei rapporti tra privati» (punto 30).
42. La sentenza Baten ha incluso nella «materia civile» l’azione di regresso con la quale «un ente pubblico persegue, presso una persona di diritto privato, il recupero di somme da esso versate a titolo di sussidio sociale (...), in quanto il fondamento e le modalità d’esercizio di tale azione siano disciplinati dalle norme del diritto comune»; ha aggiunto che, quando l’azione di regresso è fondata su disposizioni con cui il legislatore ha conferito ad un ente pubblico una prerogativa propria, essa non rientra nella “materia civile”» (punto 37) (35).
43. A sua volta, la sentenza Préservatrice Foncière TIARD si è occupata di un’azione per il pagamento di debiti doganali intentata dal Regno dei Paesi Bassi contro il fideiussore dell’obbligato principale. La detta pronuncia ha dichiarato rientrante nella sfera della Convenzione di Bruxelles un’azione mediante la quale uno Stato contraente reclamava, nei confronti di un privato, l’esecuzione di un contratto di fideiussione di diritto privato stipulato per permettere ad un altro privato di prestare una garanzia richiesta e definita dallo Stato stesso, sebbene con una condizione, dovuta alla scarsità di dati nel rinvio pregiudiziale, giacché quanto sopra vale «purché il rapporto giuridico tra il creditore e il fideiussore, quale risulta dal contratto di fideiussione, non corrisponda all’esercizio da parte dello Stato di poteri esorbitanti rispetto alle norme applicabili nei rapporti tra privati» (punto 36).
44. Analogamente, la sentenza 15 gennaio 2004, Blijdenstein (36), ha giudicato rientrare nella Convenzione la pretesa di un’amministrazione pubblica volta al recupero delle somme erogate conformemente all’ordinamento giuridico pubblico a titolo di aiuti per la formazione di una giovane creditrice di alimenti, nei cui diritti essa si era surrogata giusta le norme di diritto civile (punto 21).
45. Infine, la sentenza 5 febbraio 2004, Frahuil (37), ha dichiarato che «non corrisponde all’esercizio di un qualsivoglia potere che esorbiti dalla sfera delle norme applicabili ai rapporti tra privati» l’azione intentata da un fideiussore che aveva pagato taluni diritti doganali in conseguenza del contratto stipulato con un terzo che si era assunto l’onere di tali diritti per conto dell’importatore (punto 21).
46. Dalle decisioni riportate si deduce che, per individuare un atto iure imperii, come tale non soggetto alla Convenzione di Bruxelles, occorre considerare: 1º) il carattere pubblico di una delle parti del rapporto giuridico, nonché 2º) l’origine e la fonte dell’azione intentata, vale a dire, in concreto, l’uso da parte dell’Amministrazione di poteri esorbitanti o privi di corrispondenza nei rapporti fra privati. Il criterio «personale» suggerisce un aspetto formale (38), quello della «subordinazione» attiene al fondamento, alla natura e alle modalità d’esercizio dell’azione (39).
B – Esame della fattispecie
1. Indicazione preliminare
47. La valutazione dell’utilizzo di poteri d’imperio comporta una disamina delle circostanze di ciascun caso, ciò che ha consentito alla dottrina di discutere il ruolo svolto dalla Corte di giustizia nelle sentenze che questa ha emesso (40).
48. Una delle critiche attiene al fatto che la Corte non si è limitata a fornire gli elementi per una qualificazione autonoma della nozione di cui all’art. 1 della Convenzione di Bruxelles e a trasporli alle controversie fra pubbliche amministrazioni e privati, bensì ha imposto una soluzione, a volte controversa.
49. La questione pregiudiziale, tuttavia, si presenta con una sequenza temporale che comprende tre fasi successive: quella iniziale, in cui il giudice nazionale rileva il problema di diritto europeo, quella intermedia, nella quale la Corte di giustizia lo esamina, e quella finale, in cui il giudice nazionale risolve la controversia principale alla luce delle indicazioni fornite (41). Le difficoltà sorgono se viene meno l’equilibrio che presiede al dialogo fra organi giudiziari (42), quando taluno (43) eccede i limiti (44) nell’esercizio delle proprie attribuzioni.
50. I rischi insiti in qualsivoglia eccesso in questa causa si potrebbero evitare astraendo dai fatti, cercando di risolvere il dubbio interpretativo sottoposto in un modo che risulti utile per qualsiasi organo giudiziario dell’Unione alle prese con casi analoghi. È d’uopo inoltre adottare un approccio strettamente giuridico alle questioni sollevate, evitando sentimenti che, benché comprensibili, offuscano la ragione.
51. L’Efeteío di Patrasso ha svolto correttamente il proprio ruolo: tuttavia, per fornire ad esso una risposta utile occorre salire di un gradino nella generalizzazione dei fatti, prendendo a riferimento i danni causati ai privati dai militari di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato durante una guerra, trascurando gli elementi che caratterizzano la richiesta d’indennizzo, fra cui figura il dato temporale (45).
2. Il comportamento delle forze armate in guerra
52. Dal momento che l’azione è diretta contro uno Stato, appare inutile soffermarsi sul primo dei criteri enunciati – il carattere pubblico di una delle parti –, motivo per cui concentro la disamina sul secondo –l’uso di poteri esorbitanti.
a) La tesi proposta
53. Sebbene a partire dall’antichità siano state elaborate regole, formulati moniti e approvate norme sulla condotta dei contendenti in un conflitto bellico (46), la guerra non perde la propria natura di fenomeno eccezionale.
54. Tralasciando le operazioni poste in atto da gruppi isolati, che suscitano altre preoccupazioni, il governo olandese a ragione considera gli atti bellici come espressioni tipiche del potere dello Stato.
55. Vi sono diversi motivi che corroborano questa affermazione:
– gli eserciti sono integrati nella struttura dello Stato. Sottoposti ad una rigida disciplina, obbediscono ai propri superiori (47) all’interno di un’organizzazione gerarchica, il cui vertice è presieduto dalle prime autorità della nazione (48);
– sono disciplinati da alcuni principi proclamati solennemente nelle norme di rango primario di ciascun paese che, inoltre, stabiliscono i limiti, gli obbiettivi e le condizioni dell’attività militare, in modo sempre più preciso man mano che si scende nella catena di comando;
– mostrano potestà di cui sono sprovvisti la maggior parte dei cittadini, costretti ad attenersi agli ordini dei militari e a pagare la ribellione con gravi sanzioni.
56. La Corte europea dei diritti dell’uomo (49), quasi tutti gli Stati che hanno presentato osservazioni in questo procedimento pregiudiziale e la Commissione includono gli atti dei militari fra le manifestazioni della sovranità statale.
57. Pertanto, il risarcimento dei danni cagionati durante una guerra dalle truppe di una delle parti belligeranti non rientra nella «materia civile» nell’accezione di cui all’art. 1 della Convenzione di Bruxelles, il cui testo non è applicabile (50).
b) Le obiezioni sollevate
58. La qualificazione degli atti dell’esercito come atti iure imperii viene discussa in alcune delle osservazioni depositate in questo procedimento pregiudiziale con riflessioni su: i) la responsabilità internazionale dello Stato, ii) l’illiceità delle condotte, iii) la territorialità dell’esercizio della potestà e iv) le norme della Convenzione di Bruxelles. Anticipo che, a mio avviso, nessuna di queste riflessioni è in grado di confutare quanto appena esposto.
i) La responsabilità dello Stato nel diritto internazionale
59. Le menzionate osservazioni fanno frequentemente riferimento alla dimensione internazionale delle questioni sollevate, aspetto che i ricorrenti del procedimento principale collegano alla responsabilità attribuibile agli Stati per gli atti illeciti.
60. Siffatta dimensione riveste un grande interesse; la Commissione di diritto internazionale istituita in seno all’Organizzazione delle Nazioni Unite, nella prima sessione svoltasi nel corso del 1949, stabilì che si trattava di una materia idonea ad essere codificata e nel 2001, durante la 53ª sessione, ha adottato un «Progetto di articoli sulla responsabilità dello Stato per atti internazionalmente illeciti» (51). Tale dimensione appare inoltre intimamente legata all’immunità dalla giurisdizione a favore degli Stati, la quale, durante la seconda metà del secolo passato, ha subito un'evoluzione, in quanto è stata relativizzata e limitata agli atti iure imperii, osservandosi una tendenza alla sua soppressione, anche per gli atti di questo tipo, nel caso in cui vengano violati i diritti umani (52).
61. Questo tipo di responsabilità risponde a regole proprie, consuetudinarie o scritte, che richiedono la violazione di un obbligo internazionale. Esso, dunque, non è inquadrabile nel diritto privato, né costituisce «materia civile» ai sensi dell'art. 1 della Convenzione di Bruxelles, bensì «materia internazionale».
62. In merito a questo punto, in risposta alla domanda che ho formulato in udienza, i ricorrenti del procedimento principale hanno sostenuto che il fondamento della loro pretesa era rinvenibile nell’art. 3 della IV Convenzione dell’Aia (53).
ii) L’illiceità delle azioni
63. I ricorrenti nel procedimento principale, così come il governo polacco, hanno affermato che gli atti iure imperii non comprendono gli illeciti; le operazioni militari lesive del sistema giuridico non sarebbero comprese nella detta categoria, idea che mi ricorda l’assioma «the King can do not wrong» – da tempo profondamente modificato (54).
64. Non condivido l’obiezione. La liceità del comportamento non influisce sulla qualificazione del medesimo, bensì sulle sue conseguenze, in quanto presupposto dell’insorgere o dell’eventuale graduazione della responsabilità.
65. Sostenere la tesi contraria implicherebbe che le autorità utilizzano la potestà d’imperio solo quando la esercitano in maniera irreprensibile, negando che, come a volte succede, possano non agire in tal modo. Ciò renderebbe anche problematico individuare il responsabile dato che, non trattandosi di atti iure imperii né, per definizione, di atti iure gestionis, il danno sarebbe imputabile solamente agli autori materiali e non già all’amministrazione della quale essi fanno parte; nel procedimento principale, come si premura di sottolineare il governo tedesco, la richiesta di risarcimento è diretta contro lo Stato, e non contro i soldati.
66. Pertanto, l’illiceità, qualunque sia il suo grado, compresi i crimini contro l’umanità, non inficia la validità della tesi esposta.
iii) La territorialità dell’esercizio del potere
67. Secondo il governo polacco, il potere d'imperio si esercita all’interno dei confini territoriali di uno Stato, ciò che non permetterebbe di considerare le operazioni delle forze armate di quest’ultimo al di là delle sue frontiere alla stregua di una manifestazione del detto potere.
68. Neanche questa obiezione può essere accolta. Il territorio delimita lo spazio di tutela della sovranità; gli atti di uno Stato posti in essere al di fuori dei suoi confini sono privi di efficacia. Si possono nondimeno profilare almeno due casi speciali: quando si realizza un’invasione e quando, senza giungere all’occupazione, interviene in un paese l’esercito di un altro. Questo secondo caso, estraneo al procedimento principale, determina delle difficoltà specifiche, attualmente di grande rilievo, per le quali si cercano soluzioni che contemplino il possibile consenso dello Stato oggetto delle violenze o l’esecuzione di un mandato della comunità internazionale.
69. Nel primo caso speciale vi è un’appropriazione, temporanea o definitiva, che, sebbene deplorevole, comporta un’estensione del dominio dell’invasore. Non si può ignorare queste circostanze e fingere che, una volta varcata la frontiera, le truppe attaccanti si sottraggano alle proprie autorità di comando, dato che esse restano sotto la direzione o il controllo dello Stato a cui appartengono, mantenendo il vincolo di subordinazione gerarchica (55).
iv) Le norme della Convenzione di Bruxelles
70. All’interpretazione sistematica della Convenzione viene fatto da taluno riferimento, sia in modo diretto, come nel caso del governo italiano, che nega espressamente che la rivendicazione formulata possa essere considerata «materia civile», sia in modo indiretto, come nella parte dell’ordinanza di rinvio in cui si cita l’art. 5, punto 3.
71. L’invocazione di tale disposizione non è pertinente; l’applicazione delle regole in essa contenute presuppone che la Convenzione stessa entri in gioco, ciò che dipende dall’art. 1.
72. La Convenzione di Bruxelles distingue il regime che essa istituisce – costituito da norme sulla competenza o sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni – e i criteri di applicabilità di tale regime – per territorio, tempo e materia –, che rappresentano condizioni preliminari per l’operatività del sistema; ove queste non sussistano, come accade nella fattispecie, qualsiasi altra analisi si rivela superflua.
73. La sentenza 27 settembre 1988, Kalfelis (56), ha ricompreso nell’espressione «materia di delitti o quasi-delitti» di cui all’art. 5, punto 3, le domande di accertamento della responsabilità che non hanno relazione con la «materia contrattuale» di cui al punto 1 dello stesso articolo (punto 18) (57). Tuttavia, l’esercizio di poteri d’imperio come ambito che esclude l'applicazione della Convenzione ratione materiae non dipende dall’azione instaurata, ma dal fondamento, dalla natura e dalle modalità d’esecuzione della stessa; in caso contrario si pregiudicherebbe l’autonomia dei concetti di cui all’art. 1. Inoltre, la disciplina relativa al risarcimento dei danni cagionati dall’operato della pubblica amministrazione varia considerevolmente da uno Stato contraente all’altro, sia in virtù delle differenze fra sistemi di «common law» e sistemi continentali sia in ragione delle differenze che questi ultimi presentano fra di essi (58).
VI – Esame della seconda questione pregiudiziale
74. Il giudice procedente chiede inoltre alla Corte di giustizia se il privilegio dell’immunità dalla giurisdizione degli Stati sia compatibile con il sistema della Convenzione di Bruxelles e, in caso di risposta affermativa, se esso escluda l’applicazione di quest’ultima.
75. In considerazione della soluzione che suggerisco per la prima questione pregiudiziale, risulta superflua qualsiasi riflessione sulla seconda.
76. Nondimeno, se la Corte di giustizia decidesse di affrontarla, dovrebbe considerare che l’immunità si configura come un impedimento processuale (59) che impedisce ai Tribunali di uno Stato di pronunciarsi sulla responsabilità di un altro Stato, dal momento che, come rileva il governo italiano nelle sue osservazioni, par in parem non habet imperium, almeno con riferimento agli atti iure imperii, con conseguente impossibilità di accedere al processo.
77. La competenza presuppone la giurisdizione, e la delimita per designare, nell’ambito degli organi giurisdizionali di un territorio, quello a cui è demandata la risoluzione di una controversia concreta. Entrambe le nozioni, pur se intimamente collegate, non si escludono né si contraddicono.
78. Pertanto, l’immunità dalla giurisdizione a favore degli Stati si colloca su un piano antecedente a quello della Convenzione di Bruxelles, dato che, se non è possibile la chiamata in giudizio, non interessa sapere l’organo giudiziario incaricato di conoscere della domanda. Esula inoltre dalle attribuzioni della Corte di giustizia la verifica dell’esistenza dell’immunità nel caso di specie e delle implicazioni di quest’ultima per i diritti umani.
VII – Conclusione
79. Alla luce delle considerazioni esposte, suggerisco che la Corte di giustizia risponda alle questioni pregiudiziali dell’Efeteío di Patrasso dichiarando quanto segue:
«Un’azione intentata da persone fisiche di uno Stato parte contraente della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, diretta ad ottenere il risarcimento dei danni cagionati dalle forze armate di un altro Stato contraente in occasione dell’invasione del territorio del detto primo Stato in un conflitto miliare, anche qualora tali atti costituiscano crimini contro l’umanità, non rientra nell’ambito d’applicazione ratione materiae della detta Convenzione».