Language of document : ECLI:EU:T:2018:602

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

25 settembre 2018 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Parlamento europeo – Spese da parte dei membri del Parlamento delle loro indennità – Diniego di accesso – Documenti inesistenti – Dati personali – Regolamento (CE) n. 45/2001 – Necessità del trasferimento dei dati – Esame concreto e specifico – Accesso parziale – Onere amministrativo eccessivo – Obbligo di motivazione»

Nelle cause da T‑639/15 a T‑666/15 e T‑94/16,

Maria Psara, residente ad Atene (Grecia), rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑639/15,

Tina Kristan, residente a Lubiana (Slovenia), rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑640/15,

Tanja Malle, residente a Vienna (Austria), rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑641/15,

Wojciech Cieśla, residente a Varsavia (Polonia), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑642/15,

Staffan Dahllof, rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑643/15,

Delphine Reuter, rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑644/15,

České centrum pro investigativní žurnalistiku o.p.s., con sede a Praga (Repubblica ceca), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nelle cause T‑645/15 e T‑654/15,

Harry Karanikas, residente a Chalándri (Grecia), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑646/15,

Crina Boros, rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nelle cause T‑647/15 e T‑657/15,

Baltijas pētnieciskās žurnālistikas centrs Re:baltica, con sede a Riga (Lettonia), rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nelle cause T‑648/15, T‑663/15 e T‑665/15,

Balazs Toth, residente a Budapest (Ungheria), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑649/15,

Minna Knus-Galán, residente a Helsinki (Finlandia), rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑650/15,

Atanas Tchobanov, residente a Plessis-Robinson (Francia), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑651/15,

Dirk Liedtke, residente ad Amburgo (Germania), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑652/15,

Nils Mulvad, residente a Risskovi (Danimarca), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑653/15,

Hugo van der Parre, residente a Huizen (Paesi Bassi), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑655/15,

Guia Baggi, residente a Firenze (Italia), rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑656/15,

Marcos García Rey, rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑658/15,

Mark Lee Hunter, rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑659/15,

Kristof Clerix, residente a Bruxelles, rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑660/15,

Rui Araujo, residente a Lisbona (Portogallo), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑661/15,

Anuška Delić, residente a Lubiana, rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑662/15,

Jacob Borg, residente a San Giuliano (Malta), rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑664/15,

Matilda Bačelić, residente a Zagabria (Croazia), rappresentata da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑666/15,

Gavin Sheridan, rappresentato da N. Pirc Musar e R. Lemut Strle, avvocati,

ricorrente nella causa T‑94/16,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da N. Görlitz, C. Burgos e M. Windisch, in qualità di agenti,

convenuto,

aventi ad oggetto le domande fondate sull’articolo 263 TFUE e dirette all’annullamento delle decisioni del Parlamento A(2015) 8324 C, A(2015) 8463 C, A(2015) 8627 C, A(2015) 8682 C, A(2015) 8594 C, A(2015) 8551 C, A(2015) 8732 C, A(2015) 8681 C, A(2015) 8334 C, A(2015) 8327 C, A(2015) 8344 C, del 14 settembre 2015, A(2015) 8656 C, A(2015) 8678 C, A(2015) 8361 C, A(2015) 8663 C, A(2015) 8360 C, A(2015) 8486 C, A(2015) 8305 C, del 15 settembre 2015, A(2015) 8602 C, A(2015) 8554 C, A(2015) 8490 C, A(2015) 8659 C, A(2015) 8547 C, A(2015) 8552 C, A(2015) 8553 C, A(2015) 8661 C, A(2015) 8684 C, A(2015) 8672 C, del 16 settembre 2015, e A(2015) 13844 C, del 14 gennaio 2016, con le quali il Parlamento ha respinto, sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), le domande di conferma dei ricorrenti per ottenere l’accesso a documenti del Parlamento contenenti informazioni sulle indennità dei membri di quest’ultimo,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata),

composto da D. Gratsias, presidente, I. Labucka (relatore), A. Dittrich, I. Ulloa Rubio e P.G. Xuereb, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 ottobre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        I presenti ricorsi hanno ad oggetto le domande di annullamento delle decisioni del Parlamento europeo A(2015) 8324 C, A(2015) 8463, A(2015) 8627 C, A(2015) 8682 C, A(2015) 8594, A(2015) 8551 C, A(2015) 8732 C, A(2015) 8681 C, A(2015) 8334 C, A(2015) 8327 C, A(2015) 8344 C, del 14 settembre 2015, A(2015) 8656 C, A(2015) 8678 C, A(2015) 8361 C, A(2015) 8663 C, A(2015) 8360 C, A(2015) 8486 C, A(2015) 8305 C, del 15 settembre 2015, A(2015) 8602 C, A(2015) 8554 C, A(2015) 8490 C, A(2015) 8659 C, A(2015) 8547 C, A(2015) 8552 C, A(2015) 8553 C, A(2015) 8661 C, A(2015) 8684 C, A(2015) 8672 C, del 16 settembre 2015, e A(2015) 13844 C, del 14 gennaio 2016, con le quali il Parlamento ha respinto, sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), le domande di conferma presentate da Maria Psara,Tina Kristan, Tanja Malle, Wojciech Cieśla, Staffan Dahllof, Delphine Reuter, České centrum pro investigativní žurnalistiku o.p.s., Harry Karanikas, Crina Boros, Baltijas pētnieciskās žurnālistikas centrs Re: baltica, Balazs Toth, Minna Knus-Galán, Atanas Tchobanov, Dirk Liedtke, Nils Mulvad, Hugo van der Parre, Guia Baggi, Marcos García Rey, Mark Lee Hunter, Kristof Clerix, Rui Araujo, Anuška Delić, Jacob Borg, Matilda Bačelić e Gavin Sheridan, ricorrenti, dirette a ottenere l’accesso a documenti del Parlamento contenenti informazioni sulle indennità dei membri di quest’ultimo (in prosieguo: le «decisioni impugnate»).

 Fatti

2        A luglio 2015, nelle cause da T‑639/15 a T‑666/15 e a novembre 2015 nella causa T‑94/16, ciascun ricorrente ha presentato al Parlamento una domanda di accesso a documenti sulla base del regolamento n. 1049/2001.

3        Tali domande riguardavano le «copie di fascicoli, di relazioni e di altri documenti pertinenti che descrivono in dettaglio come e quando gli eurodeputati» di ciascuno Stato membro «[avevano] speso», nel corso di vari periodi compresi tra giugno 2011 e luglio 2015, «loro indennità (spese di viaggio, indennità giornaliere e indennità per spese generali), documenti attestanti «gli importi loro versati nell’ambito di spese di assistenza parlamentare» e «i movimenti dei conti bancari dei deputati al Parlamento europeo che [erano] utilizzati specificamente per il pagamento dell’indennità per spese generali» (in prosieguo: i «documenti richiesti»).

4        Tali domande si riferivano a membri del Parlamento ciprioti nella causa T‑639/15, sloveni nelle cause T‑640/15 e T‑662/15, austriaci nella causa T‑641/15, polacchi nella causa T‑642/15, svedesi nella causa T‑643/15, lussemburghesi nella causa T‑644/15, slovacchi nella causa T‑645/15, greci nella causa T‑646/15, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nella causa T‑647/15, lituani nella causa T‑648/15, ungheresi nella causa T‑649/15, finlandesi nella causa T‑650/15, bulgari nella causa T‑651/15, tedeschi nella causa T‑652/15, danesi nella causa T‑653/15, cechi nella causa T‑654/15, dei Paesi Bassi nella causa T‑655/15, italiani nella causa T‑656/15, rumeni nella causa T‑657/15, spagnoli nella causa T‑658/15, francesi nella causa T‑659/15, belgi nella causa T‑660/15, portoghesi nella causa T‑661/15, estoni nella causa T‑663/15, maltesi nella causa T‑664/15, lettoni nella causa T‑665/15, croati nella causa T‑666/15 e irlandesi nella causa T‑94/16.

5        Con lettere del 20 luglio 2015 nelle cause da T‑639/15 a T‑666/15, e del 25 novembre 2015 nella causa T‑94/16, il segretario generale del Parlamento ha respinto le domande di accesso a documenti provenienti dai ricorrenti, da un lato, invocando la protezione dei dati personali sulla base dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, e, dall’altro, dichiarando che non disponeva delle liste movimenti dei conti bancari dei membri del Parlamento.

6        Con lettere dell’agosto 2015 nelle cause da T‑639/15 a T‑666/15 e di dicembre 2015 nella causa T‑94/16, ciascun ricorrente ha presentato al Parlamento una domanda di conferma per l’accesso ai documenti richiesti.

7        Con le decisioni impugnate, il Parlamento ha respinto tali domande, da un lato, affermando di non avere a disposizione alcuni dei documenti richiesti e, dall’altro, per il resto, basandosi sul duplice fondamento dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, in combinato disposto con l’articolo 8, lettera b), del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1), e degli eccessivi oneri amministrativi coinvolti nella gestione di tali richieste.

 Procedimento e conclusioni delle parti

8        Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2015, nelle cause da T‑639/15 a T‑666/15, e il 1o marzo 2016, nella causa T‑94/16, i ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

9        Parallelamente al deposito dei suoi controricorsi nelle cause da T‑639/15 a T‑666/15 e T‑94/16, il Parlamento ha chiesto al Tribunale di riunire le cause da T‑639/15 a T‑666/15 e poi delle cause da T‑639/15 a T‑666/15 e T‑94/16.

10      I ricorrenti nelle cause da T‑639/15 a T‑666/15, hanno comunicato al Tribunale di non avere obiezioni in merito alla riunione delle cause da T‑639/15 a T‑666/15, a condizione tuttavia che la causa T‑662/15 fosse considerata la causa principale.

11      Il 17 marzo 2016 i ricorrenti nelle cause T‑643/15, T‑644/15, T‑647/15, da T‑657/15 a T‑659/15 e T‑94/16 hanno introdotto una domanda di trattamento riservato di alcuni dati contenuti nei loro ricorsi rispetto al pubblico e agli altri ricorrenti nelle altre cause nell’ipotesi di riunione delle cause.

12      Conformemente alle loro domande, i ricorrenti nelle cause T‑643/15, T‑644/15, T‑647/15 da T‑657/15 a T‑659/15 e T‑94/16, hanno depositato il giorno stesso una versione non riservata dei loro ricorsi.

13      Il 20 giugno 2016 il ricorrente nella causa T‑94/16 ha comunicato al Tribunale di non avere obiezioni alla riunione delle cause da T‑639/15 a T‑666/15 e T‑94/16.

14      Con ordinanze del 24 maggio e del 20 luglio 2016, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha disposto la riunione, ai fini della fase scritta del procedimento, delle cause da T‑639/15 a T‑666/15 e T‑94/16 ed ha accolto le domande di trattamento riservato depositate dai ricorrenti nelle cause T‑643/15, T‑644/15, T‑647/15, da T‑657/15 a T‑659/15 e T‑94/16.

15      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

16      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento nelle presenti cause e di riunirle ai fini della fase suddetta.

17      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza tenutasi il 19 ottobre 2017.

18      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni impugnate;

–        condannare il Parlamento alle spese.

19      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi in quanto infondati;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

 In diritto

20      Ai sensi dell’articolo 68 del regolamento di procedura del Tribunale, le presenti cause sono riunite ai fini della decisione che definisce il giudizio.

21      A sostegno del loro ricorso, i ricorrenti deducono cinque motivi.

22      I primi due motivi vertono su violazioni del combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, in quanto i documenti richiesti non contengono dati personali, e, in ogni caso, è stata dimostrata la necessità del loro trasferimento così come l’assenza di un rischio di pregiudizio ai legittimi interessi delle persone interessate.

23      Il terzo motivo verte sulla violazione dell’obbligo generale di procedere ad un esame specifico e concreto di ciascuno dei documenti richiesti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2, 4 e dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, e sull’illegittimità del diniego di accesso fondato su oneri amministrativi eccessivi.

24      Il quarto motivo verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, in quanto è stato negato l’accesso anche parziale ai documenti richiesti.

25      Il quinto e ultimo motivo verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, e all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001.

26      A tal proposito, occorre rammentare che, come risulta dall’articolo 1 del regolamento n. 1049/2001, letto, in particolare, alla luce del considerando 4 del medesimo regolamento, quest’ultimo mira a dare la massima attuazione possibile al diritto di pubblica consultazione dei documenti detenuti dalle istituzioni (sentenza del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 61) e che, in base al considerando 11 del regolamento n. 1049/2001, «[i]n linea di principio, tutti i documenti delle istituzioni dovrebbero essere accessibili al pubblico».

27      Pertanto, il diritto di accesso sancito dal regolamento n. 1049/2001, si riferisce unicamente ai documenti delle istituzioni di cui esse dispongono effettivamente, in quanto tale diritto non può estendersi ai documenti che non sono in possesso delle istituzioni o che non esistono (v., in tal senso, sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punti 38 e 46).

28      Nel caso di specie, tra i documenti richiesti dai ricorrenti figurano non solo documenti relativi alle indennità giornaliere, alle indennità per le spese di viaggio e alle indennità di assistenza parlamentare dei membri del Parlamento, ma anche i documenti che illustrano in dettaglio in che modo e quando i membri del Parlamento di ciascuno Stato membro, in diversi periodi di tempo, hanno speso la loro indennità per spese generali così come le copie delle liste movimenti dei conti bancari dei suddetti membri riguardanti specificamente l’utilizzo dell’indennità per spese generali.

29      Orbene, per quanto riguarda i documenti che illustrano in dettaglio in che modo e quando i membri del Parlamento di ciascuno Stato membro, in diversi periodi di tempo, hanno speso le loro indennità per spese generali, è pacifico che, ai sensi degli articoli 25 e 26 della decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, del 19 maggio e 9 luglio 2008, recante misure di attuazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo (GU 2009, C 159, pag. 1), i membri del Parlamento ricevono, su base mensile, un’indennità forfettaria, come peraltro noto al pubblico, a seguito di una domanda unica presentata all’inizio del loro mandato.

30      Ne consegue che, visto il carattere forfettario dell’indennità per spese generali, il Parlamento non dispone di alcun documento che elenchi in dettaglio, ratione materiae o ratione temporum, l’uso da parte dei propri membri di dette indennità.

31      Per questo motivo è giusto che il Parlamento, nelle decisioni impugnate e alla luce dell’articolo 25 della decisione dell’Ufficio di presidenza di cui al punto 28 supra, ha dichiarato di non disporre di dati sulle spese effettive sostenute dai membri del Parlamento a titolo di indennità per spese generali, e che non era pertanto in grado di divulgare i documenti richiesti a tal titolo.

32      Per quanto riguarda le liste movimenti dei conti bancari dei deputati specificamente riguardanti l’utilizzo delle indennità per spese generali, il Parlamento ha spiegato, nelle decisioni impugnate, di non essere in possesso di tali documenti.

33      Secondo il principio della presunzione di legittimità degli atti dell’Unione europea, si presume che il documento cui è stato richiesto l’accesso non esista qualora l’istituzione interessata lo affermi. Si tratta nondimeno di una presunzione semplice, che chi chiede l’accesso può confutare con tutti i mezzi, in base a indizi pertinenti e concordanti [v., per analogia, sentenza del 25 giugno 2002, British American Tobacco (Investments)/Commissione, T‑311/00, EU:T:2002:167, punto 35].

34      Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno però addotto nessun elemento in grado di contestare l’inesistenza dei documenti controversi. Infatti, i ricorrenti si sono limitati a sostenere di aver avuto difficoltà a credere che il Parlamento non disponesse di tali documenti, dato che quest’ultimo aveva affermato che i meccanismi di vigilanza per l’utilizzo delle indennità dei membri erano sufficienti. Orbene, detta dichiarazione non significa assolutamente che il Parlamento era in possesso delle liste movimenti dei conti bancari dei suoi membri, riguardanti specificamente l’utilizzo dell’indennità per spese generali.

35      Di conseguenza, il Parlamento, nelle decisioni impugnate, ha correttamente respinto le richieste dei ricorrenti riguardanti i documenti relativi alle spese delle indennità per spese generali e le liste movimenti dei conti bancari dei membri del Parlamento specificamente riguardanti l’utilizzo di dette indennità.

36      Gli argomenti dei ricorrenti non possono mettere in discussione tale valutazione.

37      Si deve infatti constatare che, nelle loro memorie, i ricorrenti si limitano a sottolineare che i membri del Parlamento percepiscono innegabilmente un’indennità per spese generali per coprire spese che comprendono la locazione di un ufficio circoscrizionale e le bollette del telefono, del computer e di consumo corrente, e ciò è incontestabile.

38      Resta il fatto che è pacifico che tali voci di spesa sono indennità forfettarie, e non su presentazione delle fatture per le spese sostenute, fatto non contestabile dai ricorrenti che dubitano che il Parlamento non disponga dei documenti richiesti a tale titolo, poiché essi non hanno neppure tentato di invocare una disposizione che preveda il contrario.

39      Si deve necessariamente rilevare che, con i loro argomenti, i ricorrenti non intendono tanto contestare la legittimità delle decisioni impugnate quanto, in sostanza, denunciare le carenze e l’inefficacia dei meccanismi di controllo esistenti, il che non spetta al Tribunale valutare nell’ambito del presente ricorso.

40      Pertanto, occorre, innanzitutto, respingere tutti i motivi del ricorso in quanto inconferenti, nella parte in cui riguardano i documenti relativi alle spese dell’indennità per spese generali e le liste movimenti dei conti bancari dei membri del Parlamento specificamente riguardanti l’utilizzo di tali indennità e limitare l’esame, da parte del Tribunale, dei motivi dei ricorsi unicamente alle domande di accesso dei ricorrenti che riguardano le indennità giornaliere, le indennità per spese di viaggio e le indennità di assistenza parlamentare.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione del combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, in quanto tale disposizione non è applicabile nel caso di specie

41      Con il primo motivo dei ricorsi, i ricorrenti lamentano la violazione del combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, disposizioni di cui essi contestano, in sostanza, la legittimità. Tale motivo si compone quindi di due parti.

42      Nell’ambito della prima parte, i ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate sono viziate da illegittimità, in quanto, in sostanza, il regolamento n. 45/2001 non sarebbe applicabile nel caso di specie, poiché i dati in discussione non rientrano nella sfera privata dei membri del Parlamento, ma nella loro sfera pubblica, dal momento che i documenti richiesti si riferiscono all’esercizio della loro funzione di rappresentanti eletti.

43      In altre parole, i ricorrenti sostengono che la divulgazione dei documenti richiesti non arrecherebbe pregiudizio alla vita privata e all’integrità dell’individuo, quale definita all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, in quanto, anche se contenenti dati personali, questi non riguardano la vita privata dei membri del Parlamento europeo.

44      Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo, in particolare in conformità con la legislazione dell’Unione sulla protezione dei dati personali.

45      Si evince da tale legislazione, in particolare dall’articolo 2, lettera a), della direttiva n. 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 31), e dall’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 45/2001, che per «dati personali» s’intende qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile.

46      Orbene, nel caso di specie, è evidente che tutti i documenti richiesti contengono informazioni riguardanti persone fisiche identificate.

47      Ciò vale per i documenti di cui dispone il Parlamento relativi alle spese di viaggio e alle indennità giornaliere, le quali logicamente identificano ogni membro del Parlamento coinvolto, non fosse altro che ai fini del pagamento di tali indennità.

48      Lo stesso dicasi per i documenti di cui dispone il Parlamento relativi alle spese di assistenza parlamentare, i quali ovviamente identificano ogni membro del Parlamento coinvolto e i rispettivi beneficiari di dette indennità, fosse sempre solo ai fini del pagamento di tali indennità.

49      Gli argomenti dei ricorrenti non possono mettere in discussione tale valutazione.

50      Innanzitutto, la distinzione prospettata dai ricorrenti dei dati in parola a seconda che essi rientrino nella sfera privata o nella sfera pubblica deriva chiaramente da una confusione tra ciò che rientra tra i dati personali e ciò che rientra nella vita privata, mentre le nozioni di dati personali, di cui all’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 45/2001, e di dati relativi alla vita privata non vanno confuse (sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth e PAN Europe/EFSA, C‑615/13 P, EU:C:2015:489, punto 32).

51      Poi, neanche sapere se esista il rischio di arrecare pregiudizio ai legittimi interessi dei membri del Parlamento può modificare la classificazione come dati personali dei dati di cui trattasi, poiché tale accertamento rientra nell’esame della seconda parte del secondo motivo dei ricorsi, che sarà affrontato al successivo punto 96.

52      Infine, la circostanza che i dati concernenti le persone interessate siano strettamente collegati a dati pubblici riguardanti tali persone, tra l’altro perché sono elencati sul sito Internet del Parlamento, in particolare per quanto concerne i nomi dei membri del Parlamento, non implica affatto che tali dati abbiano perso la loro natura di dati personali ai sensi dell’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 45/2001 (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth e PAN Europe/EFSA, C‑615/13 P, EU:C:2015:489, punto 31).

53      In altri termini, la classificazione come dati personali dei dati di cui trattasi non può essere esclusa solo perché tali dati sono connessi ad altri dati che sono pubblici, e ciò a prescindere dal sapere se la divulgazione di tali dati arrecherebbe pregiudizio a legittimi interessi delle persone coinvolte.

54      Nell’ambito della seconda parte del primo motivo, i ricorrenti lamentano, in sostanza, l’illegittimità dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, alla luce dell’articolo 7, lettera f), della direttiva 95/46.

55      Secondo i ricorrenti, il requisito preliminare di dimostrare la necessità del trasferimento dei dati richiesti, ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, indipendentemente dalla legittimità dell’interesse della persona coinvolta, rafforzerebbe la protezione dei dati personali in contrasto con l’articolo 7, lettera f), della direttiva 95/46.

56      Senza che occorra valutarne la ricevibilità, contestata dal Parlamento, l’argomento dei ricorrenti non può che essere respinto.

57      Infatti, la legittimità dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 non può essere valutata sulla base dell’articolo 7, lettera f), della direttiva 95/46, poiché questi due testi, pur essendo entrambi di diritto derivato, hanno ambiti di applicazione distinti e pertanto nessuno dei due prevede la prevalenza dell’uno sull’altro.

58      La legittimità dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 può quindi essere contestata solamente alla luce di una disposizione di diritto primario.

59      Orbene, è giocoforza osservare che, nelle loro memorie, i ricorrenti non hanno fatto alcun riferimento a una disposizione del genere.

60      In ogni caso, la protezione dei dati personali garantita dall’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 e quella garantita dall’articolo 7, lettera f), della direttiva 95/46 hanno, nei loro rispettivi campi di applicazione, una portata analoga.

61      Pertanto, il primo motivo dei ricorsi deve essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 per quanto riguarda la necessità del trasferimento dei dati personali

62      Con il secondo motivo dei ricorsi, i ricorrenti lamentano la violazione del combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, in quanto il Parlamento ha respinto le domande di accesso ai documenti richiesti sebbene fossero soddisfatte le condizioni relative alla loro divulgazione.

63      Al riguardo, si deve preliminarmente ricordare che, a norma dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, secondo i principi e alle condizioni definiti conformemente al procedimento di cui all’articolo 294 TFUE (v. sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

64      Conformemente al suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento espresso all’articolo 1, secondo comma, TUE, inserito dal Trattato di Amsterdam, di segnare una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini. Come ricorda il considerando 2 del regolamento 1049/2001, il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni è connesso al carattere democratico di queste ultime (v. sentenza del 15 luglio 2015, Dennekamp/Parlamento, T‑115/13, EU:T:2015:497, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

65      Si deve altresì ricordare che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 è una disposizione indivisibile che esige che l’eventuale pregiudizio alla vita privata e all’integrità dell’individuo sia sempre esaminato e valutato in conformità con la normativa dell’Unione sulla protezione dei dati personali, in particolare con il regolamento n. 45/2001. Tale disposizione prevede, quindi, un regime specifico e rafforzato di tutela di una persona i cui dati personali possano, eventualmente, essere comunicati al pubblico (sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Bavarian Lager, C‑28/08 P, EU:C:2010:378, punti 59 e 60).

66      Ne consegue che, qualora una domanda fondata sul regolamento n. 1049/2001 sia diretta a ottenere l’accesso a documenti che contengono dati personali, le disposizioni del regolamento n. 45/2001 sono integralmente applicabili (sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Bavarian Lager, C‑28/08 P, EU:C:2010:378, punto 63).

67      Nel caso di specie, risulta dall’esame del primo motivo dei ricorsi che tutti i documenti richiesti contengono dati personali, quindi le disposizioni del regolamento n. 45/2001 sono interamente applicabili.

68      Orbene, è già stato stabilito che le deroghe alla tutela dei dati personali devono essere interpretate restrittivamente (v., per analogia, sentenza del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert, C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punto 77).

69      Pertanto, nel contesto di decisioni con cui un’istituzione respinge una richiesta di accesso a un’informazione contenente dati personali con la motivazione che essa rientra nell’ambito dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo, tali dati possono essere trasferiti solo se il destinatario dimostra la necessità del trasferimento e se non vi è motivo di ritenere che tale trasferimento possa ledere gli interessi legittimi della persona coinvolta, a norma dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, che le istituzioni devono rispettare quando viene loro rivolta una domanda di accesso a documenti che contengono dati personali (v., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Bavarian Lager, C‑28/08 P, EU:C:2010:378, punto 63).

70      Emerge pertanto dalla formulazione dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, che esso subordina il trasferimento di dati personali al soddisfacimento di due condizioni cumulative (sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth e PAN Europe/EFSA, C‑615/13 P, EU:C:2015:489, punto 46).

71      In tale contesto, spetta a colui che chiede un simile trasferimento dimostrarne la necessità. Se la dimostra, spetta allora all’istituzione interessata verificare se non sussistano ragioni per presumere che il trasferimento in questione possa pregiudicare gli interessi legittimi della persona coinvolta (v. sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth e PAN Europe/EFSA, C‑615/13 P, EU:C:2015:489, punto 47 e giurisprudenza ivi citata.

72      L’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 impone quindi che l’istituzione adita si dedichi, in un primo tempo, a una valutazione della necessità, e poi proporzionalità, del trasferimento dei dati personali tenendo conto dell’obiettivo perseguito dal richiedente, laddove la soddisfazione del requisito della necessità di cui all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, da interpretarsi restrittivamente, implica che il ricorrente dimostri che il trasferimento di dati personali costituisce la soluzione più adeguata fra quelle possibili per raggiungere lo scopo perseguito dal richiedente e che essa sia proporzionata a tale scopo, il che impone al richiedente di fornire giustificazioni esplicite e legittime in tal senso (sentenza del 15 luglio 2015, Dennekamp/Parlamento, T‑115/13, EU:T:2015:497, punti 54 e 59).

73      Nel caso di specie, al fine di dimostrare la necessità del trasferimento dei dati di cui trattasi, i ricorrenti hanno segnalato vari obiettivi oggetto delle loro richieste di accesso ai documenti, cioè, in sostanza, da un lato, consentire al pubblico di verificare l’adeguatezza delle spese sostenute dai membri del Parlamento nell’esercizio del loro mandato e, dall’altro, garantire il diritto del pubblico all’informazione e alla trasparenza.

74      A tale riguardo, va rilevato anzitutto che, data la loro formulazione troppo ampia e generica, tali obiettivi non possono, di per sé, dimostrare la necessità del trasferimento dei dati personali di cui trattasi.

75      Infatti, al Parlamento non può essere addebitato di non aver dedotto da tali obiettivi, espressi con considerazioni altrettanto ampie e generiche, la dimostrazione implicita della necessità del trasferimento di tali dati personali (v., in tal senso, sentenze del 23 novembre 2011, Dennekamp/Parlamento, T‑82/09, non pubblicata, EU:T:2011:688, punto 34, e del 21 settembre 2016, Secolux/Parlamento, T‑363/14, EU:T:2016:521, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

76      Una tesi contraria obbligherebbe l’istituzione, in linea di principio, a dedurre da considerazioni generiche attinenti all’interesse del pubblico alla divulgazione dei dati personali la dimostrazione della necessità del trasferimento di tali dati (v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2011, Dennekamp/Parlamento, T‑82/09, non pubblicata, EU:T:2011:688, punto 35).

77      In primo luogo, per quanto riguarda il primo obiettivo invocato dai ricorrenti, essi non dimostrano in che modo il trasferimento dei dati personali in questione sia necessario per garantire un controllo sufficiente delle spese sostenute dai membri del Parlamento per esercitare il loro mandato, in particolare per fronteggiare le inadeguatezze rilevate negli attuali meccanismi di controllo di tali spese.

78      Pertanto, gli elementi forniti dai ricorrenti a sostegno della necessità del trasferimento non sono convincenti.

79      Innanzitutto, i riferimenti alle inchieste giornalistiche relative alle spese dei parlamentari del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sono irrilevanti in relazione all’obiettivo dei ricorrenti di garantire il controllo pubblico delle spese dei membri del Parlamento.

80      Inoltre, il riferimento all’annullamento, da parte del Tribunale nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento (T‑471/08, EU:T:2011:252), della decisione del Parlamento di respingere la domanda di una giornalista di accedere alla relazione n. 6/02 del servizio interno di revisione contabile del Parlamento del 9 gennaio 2008, sull’indennità di assistenza parlamentare, non è applicabile al caso di specie.

81      Infatti, da un lato, la domanda di accesso controversa nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento (T‑471/08, EU:T:2011:252), riguardava una relazione di revisione contabile interna del Parlamento e non la totalità dei documenti relativi ai dettagli dell’utilizzo, da parte dei membri del Parlamento, delle varie indennità ad essi assegnate.

82      Dall’altro lato, come risulta dai punti da 42 a 85 della sentenza del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento (T‑471/08, EU:T:2011:252), i motivi del diniego di accesso controversi non si fondavano sull’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, concernente la tutela dei dati personali, ma sulle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, e all’articolo 4, paragrafo 3, di detto regolamento, riguardanti, rispettivamente, la tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile e quella del processo decisionale dell’istituzione. Pertanto, il ricorrente non era tenuto, come nel caso di specie, a dimostrare la necessità di accedere ai documenti richiesti rispetto agli obiettivi da esso perseguiti.

83      In ogni caso, anche supponendo che, facendo riferimento alla causa che ha dato luogo alla sentenza del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento (T‑471/08, EU:T:2011:252), i ricorrenti intendano illustrare la necessità di avere accesso ai documenti richiesti per garantire un controllo sufficiente sulle spese dei membri del Parlamento, poiché l’annullamento della decisione del Parlamento in tale causa, ha comportato, a loro avviso, un rafforzamento delle norme sull’utilizzo dell’indennità di assistenza parlamentare, tale argomento dovrebbe nondimeno essere respinto. Infatti, considerate le differenze esistenti tra la relazione di revisione contabile controversa in tale causa e i documenti di cui trattasi nei presenti ricorsi, la mera circostanza che la pubblicazione della relazione abbia l’effetto che dicono i ricorrenti, anche a supporlo dimostrato, non può provare la necessità di trasferire i dati personali contenuti nei documenti richiesti.

84      Poi, se i ricorrenti, nelle loro domande di conferma di accesso, hanno fatto riferimento a «numerose frodi commesse dai membri del Parlamento, confermate o presunte in passato», tale riferimento, di carattere particolarmente astratto e generico, non può giustificare la necessità del trasferimento dei dati personali dei membri del Parlamento oggetto di ciascuna delle domande dei ricorrenti, e ancor meno la sua proporzionalità.

85      In ogni caso, occorre rilevare che i ricorrenti si limitano a citare l’esempio di un solo membro bulgaro del Parlamento.

86      Orbene, tale esempio non è sufficiente, di per sé, a giustificare il trasferimento dei dati personali di tutti i membri del Parlamento.

87      Infine, se è vero che i ricorrenti fanno riferimento, nei loro ricorsi, a sospetti di rapporti di lavoro fittizi nei confronti dei membri del Parlamento, va osservato che tali elementi non sono stati presentati al Parlamento nell’ambito delle loro domande di conferma di accesso.

88      Ora, si deve rilevare che spetta a colui che chiede il trasferimento di dati personali dimostrarne la necessità. Se la dimostra, spetta allora all’istituzione interessata verificare se non sussistano ragioni per presumere che il trasferimento in questione possa pregiudicare gli interessi legittimi della persona coinvolta. A questo proposito, si deve rilevare che i ricorrenti non hanno dedotto alcun argomento relativo a sospetti di rapporti di lavoro fittizi nei confronti dei membri del Parlamento prima dell’adozione delle decisioni impugnate (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2016, Secolux/Commissione, T‑363/14, EU:T:2016:521, punti 36 e 37).

89      Di conseguenza, gli elementi di prova relativi a sospetti di rapporti di lavoro fittizi nei confronti dei membri del Parlamento non possono essere presi in considerazione per giustificare il trasferimento dei dati personali di tali membri.

90      In secondo luogo, per quanto riguarda il secondo obiettivo perseguito dai ricorrenti, la volontà di creare un dibattito pubblico non è sufficiente a dimostrare la necessità del trasferimento dei dati personali, in quanto tale argomento si collega soltanto allo scopo della richiesta di accesso ai documenti (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2015, Dennekamp/Parlamento, T‑115/13, non pubblicata, EU:T:2015:497, punto 84).

91      Non può riconoscersi alcuna automatica prevalenza dell’obiettivo di trasparenza sul diritto alla protezione dei dati personali (v., per analogia, sentenza del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert, C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punto 85).

92      In terzo e ultimo luogo, occorre rilevare che, se, come sostengono i ricorrenti, dalla sentenza del 15 luglio 2015, Dennekamp/Parlamento (T‑115/13, EU:T:2015:497) si evince che la necessità del trasferimento dei dati personali può basarsi su un obiettivo generico, quale il diritto del pubblico alle informazioni relative al comportamento dei membri del Parlamento nell’esercizio delle loro funzioni, risulta dal punto 81 di detta sentenza che solo la dimostrazione da parte dei ricorrenti dell’adeguatezza e proporzionalità agli obiettivi perseguiti della richiesta di divulgazione di dati personali consentirebbe al Tribunale di verificarne la necessità, ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001.

93      Ebbene, i ricorrenti non hanno presentato né nella domanda iniziale né nelle domande di conferma di accesso ragioni esplicite e legittime per dimostrare che il trasferimento dei dati personali in questione era la misura più appropriata tra le altre possibili misure, fra cui l’uso dei dati e dei documenti pubblicamente disponibili, al fine di conseguire l’obiettivo da essi perseguito e che essa era proporzionata a tale obiettivo.

94      Neanche il riferimento, nelle domande di conferma di accesso, alla sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth e Pan Europe/EFSA (C‑615/13 P, EU:C:2015:489) può essere accolto, poiché, a differenza di quanto avviene nella presente causa, la Corte aveva rilevato, al punto 65 di detta sentenza, che la prova della necessità della divulgazione dei dati personali era stata addotta tramite elementi concreti, come, in particolare, i rapporti intrattenuti dalla maggioranza degli esperti facenti parte di gruppi di lavoro dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) con alcuni gruppi di pressione.

95      Si deve necessariamente rilevare, comunque, che, con i loro argomenti, di nuovo i ricorrenti non intendono tanto contestare la legittimità delle decisioni impugnate quanto, in sostanza, denunciare le carenze e l’inefficacia dei meccanismi di controllo esistenti, il che non spetta al Tribunale valutare nell’ambito dei presenti ricorsi.

96      Pertanto, si deve considerare che i ricorrenti non hanno dimostrato la necessità del trasferimento dei documenti richiesti.

97      Poiché le condizioni di cui all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 sono cumulative (sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth e PAN Europe/EFSA, C‑615/13 P, EU:C:2015:489, punto 46), non occorre verificare se vi sia motivo di ritenere che il trasferimento dei documenti richiesti potesse compromettere gli interessi legittimi delle persone coinvolte.

98      Di conseguenza, il secondo motivo dei ricorsi deve essere respinto.

 Sul terzo motivo, attinente alla violazione dell’obbligo generale, risultante dal combinato disposto degli articoli 2, 4 e dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, di un esame concreto e specifico di ciascun documento richiesto e all’illegittimità del diniego di accesso sulla base di oneri amministrativi eccessivi

99      Il terzo motivo dei ricorsi proposti dai ricorrenti si compone di due parti, che devono essere valutate separatamente.

 Sulla prima parte del terzo motivo

100    Con la prima parte del terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’obbligo generale, risultante dal combinato disposto degli articoli 2, 4 e dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, di procedere a un esame concreto e specifico di ciascun documento richiesto.

101    In tal senso, i ricorrenti sostengono che, anche se non si può escludere la possibilità di rinunciare ad un esame specifico di ciascun documento, una tale possibilità non sarebbe concepibile nel caso di specie, perché chiaramente i documenti richiesti non fanno parte della stessa categoria di documenti tanto la diversità dei contenuti è evidente.

102    Al riguardo, occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, per poter giustificare il diniego di accesso a un documento di cui è stata chiesta la divulgazione, non basta, in linea di principio, che tale documento rientri in un’attività fra quelle menzionate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 49, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 76).

103    Infatti, secondo giurisprudenza costante, l’esame richiesto per il trattamento di una domanda di accesso a dei documenti deve avere concretezza. Quindi, per un verso, la mera circostanza che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione non basta di per sé a giustificare l’applicazione di quest’ultima. Per altro verso, il rischio di arrecare un pregiudizio a un interesse tutelato deve essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico. Di conseguenza, l’esame al quale deve procedere l’istituzione per applicare un’eccezione deve essere effettuato in concreto e deve emergere dalla motivazione della decisione (v. sentenza del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

104    Tale esame concreto deve inoltre essere effettuato per ogni documento oggetto della domanda. Infatti, dal regolamento n. 1049/2001 risulta che tutte le eccezioni di cui all’articolo 4 devono essere applicate a un documento (sentenza del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 70).

105    Resta il fatto che la Corte ha riconosciuto che alle istituzioni è consentito, per spiegare come l’accesso ai documenti richiesti potrebbe pregiudicare l’interesse tutelato da un’eccezione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, fondarsi su presunzioni generali che si applicano a talune categorie di documenti, in quanto a domande di divulgazione riguardanti documenti della stessa natura possono applicarsi considerazioni di ordine generale analoghe (v., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 50; del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 54, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 65).

106    Nel caso di specie, il Parlamento, nelle decisioni impugnate, ha considerato che i documenti richiesti, quali fatture alberghiere, titoli di trasporto, contratti di lavoro o buste paga, appartenevano tutti alle stesse categorie. I ricorrenti sostengono che la diversità dei documenti esclude che essi possano rientrare nella stessa categoria.

107    Per respingere tale argomento, da un lato è sufficiente rilevare che esso si fonda su una premessa erronea, poiché il Parlamento, nelle decisioni impugnate, non ha considerato che tutti i documenti facevano parte di un’unica categoria, ma di categorie differenti.

108    Così, per esempio, ai fini dell’applicazione della deroga di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, il Parlamento ha considerato che tutti i titoli di trasporto rientravano nella categoria dei titoli di trasporto, che tutte le fatture d’albergo rientravano nella categoria delle fatture d’albergo, che tutti i contratti di lavoro rientravano nella categoria dei contratti di lavoro o tutte le buste paga rientravano nella categoria delle buste paga.

109    Di conseguenza, il Parlamento non ha omesso di procedere a un esame concreto e specifico di ciascun documento richiesto in relazione a una medesima categoria, ma in relazione alle varie categorie di documenti che aveva isolato.

110    Dall’altro lato, occorre ricordare che i documenti rientranti nell’ambito di tali categorie differenti contengono dati personali, non fosse altro per il nome dei membri del Parlamento oggetto di ciascun documento in questione.

111    Poiché le domande dei ricorrenti fanno riferimento a tutti i documenti utili a determinare come e quando i membri del Parlamento oggetto di ciascuna di tali domande hanno speso le varie indennità elencate in dette domande, queste ultime implicano necessariamente che i documenti richiesti contengono elementi capaci di identificare nominalmente ciascuno di tali membri.

112    Così è per le indennità giornaliere, le spese di viaggio e le indennità di assistenza parlamentare, se non altro per il relativo pagamento alle persone interessate.

113    Non si può quindi addebitare al Parlamento di non avere proceduto a un esame concreto e specifico di ciascun documento richiesto in relazione alle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001.

114    Pertanto, la prima parte del terzo motivo dei ricorsi deve essere respinta.

 Sulla seconda parte del terzo motivo

115    Con la seconda parte del terzo motivo dei ricorsi, i ricorrenti lamentano l’illegittimità del diniego di accesso ai documenti richiesti basato su un onere amministrativo eccessivo.

116    A tal riguardo, si deve innanzitutto rilevare che nelle decisioni impugnate, il Parlamento ha respinto le domande di conferma di accesso, in quanto, da un lato e giustamente, come risulta dall’esame del primo e del secondo motivo dei ricorsi, tutti i documenti in questione contenevano dati personali, la cui necessità di trasferimento i ricorrenti non avevano dimostrato, e, dall’altro, la divulgazione di tutti i documenti richiesti in tutte le domande comportava un onere amministrativo eccessivo.

117    È chiaro pertanto che, per i documenti richiesti in possesso del Parlamento, il rifiuto di accesso è stato giustificato in base a due motivazioni indipendenti e alternative, sì che una è inevitabilmente superflua rispetto all’altra.

118    Di conseguenza, poiché il Tribunale ha respinto il primo e il secondo motivo, che mettevano in dubbio la legittimità del primo motivo della decisione del Parlamento, la seconda parte del terzo motivo dei ricorsi, che riguarda il secondo di tali motivi, necessariamente superfluo rispetto al primo, non può che essere respinta in quanto inconferente.

119    Per le stesse ragioni, non può essere validamente contestato al Parlamento di non essersi consultato in via informale con i richiedenti al fine di trovare una soluzione equa ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, tali disposizioni non possono essere invocate, poiché, nel caso di specie, il Parlamento ha ritenuto, correttamente, che i documenti richiesti fossero coperti dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento, come risulta dall’esame del primo e del secondo motivo.

120    Di conseguenza, anche la seconda parte del terzo motivo dei ricorsi deve essere respinta, in quanto inconferente e, pertanto, il terzo motivo deve essere respinto in toto.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, lettera b), del regolamento n. 1049/2001

121    Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, in quanto è stato negato un accesso anche parziale ai documenti richiesti.

122    I ricorrenti sostengono che il Parlamento non ha effettuato una valutazione concreta e specifica del contenuto dei documenti richiesti, mentre avrebbe dovuto, quantomeno, divulgare i documenti richiesti che non erano coperti da un’eccezione e che la divulgazione di tali documenti, anche parziale, avrebbe risposto all’obiettivo perseguito dalle loro domande di accesso.

123    A tale riguardo, va rilevato che, nelle decisioni impugnate, il Parlamento ha ritenuto che l’oscuramento di tutti i dati personali contenuti nei documenti richiesti non avrebbe consentito di conseguire gli obiettivi perseguiti nell’ambito delle domande di accesso e avrebbe comportato eccessivi oneri amministrativi.

124    Gli argomenti dei ricorrenti non possono mettere in discussione la legittimità in tal senso delle decisioni impugnate.

125    Infatti, come risulta dall’esame dei motivi dei ricorsi e delle domande di conferma dei ricorrenti, questi ultimi volevano avere accesso ai documenti relativi alle spese individuali dei membri del Parlamento oggetto di ciascuna richiesta al fine di verificarne l’adeguatezza per ognuno di loro.

126    Orbene, è chiaro che la divulgazione di una versione dei documenti richiesti espunta di tutti i dati personali, compresi, in particolare, quelli riguardanti i nomi dei membri del Parlamento interessati, avrebbe privato l’accesso a tali documenti di qualsiasi utilità in relazione a tali obiettivi, dato che un accesso di tal sorta non avrebbe consentito ai ricorrenti di fare un riscontro delle spese dei singoli membri del Parlamento, vista l’impossibilità di ricollegare i documenti richiesti alle persone coinvolte.

127    In ogni caso, non è seriamente contestabile che l’oscuramento di tutti i dati personali contenuti nei documenti richiesti comportasse un onere amministrativo eccessivo considerato il volume dei documenti richiesti (v. sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punti 36 e 37).

128    Si deve infatti rilevare che il Parlamento, nelle decisioni impugnate, ha stimato il numero dei documenti contabili e finanziari relativi ai rimborsi delle spese di viaggio e delle indennità giornaliere dei membri del Parlamento europeo in oltre 220 000 all’anno; tali documenti sono conservati presso il Parlamento solo per fini amministrativi e finanziari e taluni solo in formato cartaceo, circostanza che i ricorrenti non hanno contestato nelle loro memorie.

129    Nel corso dell’udienza, il Parlamento ha dichiarato, senza essere contraddetto sul punto dai ricorrenti, una media di 5 500 pagine per ogni membro del Parlamento per i periodi rilevanti, ovvero 33 000 pagine per i sei membri ciprioti, più di 500 000 pagine per i 96 membri tedeschi e oltre quattro milioni di documenti per l’insieme delle domande.

130    Pertanto, tutti i documenti richiesti erano chiaramente assai voluminosi, il che costituiva parimenti una circostanza giustificativa per rifiutare l’accesso parziale a tali documenti.

131    Di conseguenza, il quarto motivo dei ricorsi deve essere respinto.

 Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, e all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001

132    Con il quinto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, e all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, in quanto il Parlamento ha omesso di esaminare tutti i loro argomenti.

133    A tale riguardo, è giocoforza constatare che i ricorrenti contestano unicamente al Parlamento, nell’ambito del quinto motivo, di non avere risposto, nelle decisioni impugnate, a tutti gli argomenti da essi dedotti nell’ambito delle loro domande di conferma d’accesso.

134    Orbene, risulta dalla giurisprudenza che l’obbligo di motivazione non impone all’istituzione interessata di rispondere a ciascuno degli argomenti dedotti nel corso del procedimento precedente l’adozione della decisione finale impugnata (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 1972, Cassella/Commissione, 55/69, EU:C:1972:76, punto 22, e del 24 gennaio 1992, La Cinq/Commissione, T‑44/90, EU:T:1992:5, punto 41).

135    Di conseguenza, l’argomento dei ricorrenti non può essere accolto.

136    In ogni caso, sempre secondo costante giurisprudenza, la motivazione deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dell’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo (sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63, e del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 80).

137    Ebbene, nel caso di specie, la motivazione delle decisioni impugnate ha consentito ai ricorrenti di conoscere le ragioni delle stesse e al Tribunale di esercitare il suo controllo, come emerge dall’esame dei primi quattro motivi.

138    Di conseguenza, il quinto motivo dei ricorsi deve essere respinto e, pertanto, il ricorso deve essere respinto in toto.

 Sulle spese

139    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

140    I ricorrenti, essendo rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese, conformemente alla domanda formulata in tal senso dal Parlamento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause da T639/15 a T666/15 e T94/16 sono riunite ai fini della sentenza.

2)      I ricorsi sono respinti.

3)      La sig.ra Maria Psara, la sig.ra Tina Kristan, la sig.ra Tanja Malle, il sig. Wojciech Cieśla, il sig. Staffan Dahllof, la sig.ra Delphine Reuter, il České centrum pro investigativní žurnalistiku o.p.s., il sig. Harry Karanikas, la sig.ra Crina Boros, il Baltijas pētnieciskās žurnālistikas centrs Re:Baltica, il sig. Balazs Toth, la sig.ra Minna Knus-Galán, il sig. Atanas Tchobanov, il sig. Dirk Liedtke, il sig. Nils Mulvad, il sig. Hugo van der Parre, la sig.ra Guia Baggi, il sig. Marcos García Rey, il sig. Mark Lee Hunter, il sig. Kristof Clerix, il sig. Rui Araujo, la sig.ra Anuška Delić, il sig. Jacob Borg, la sig.ra Matilda Bačelić e il sig. Gavin Sheridan sono condannati alle spese.

Gratsias

Labucka

Dittrich

Ulloa Rubio

 

      Xuereb

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 settembre 2018.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.