Language of document : ECLI:EU:T:2019:502

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

11 luglio 2019 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina – Congelamento dei fondi – Elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applica il congelamento dei capitali e delle risorse economiche – Mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco – Obbligo del Consiglio di verificare che la decisione di un’autorità di uno Stato terzo sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva»

Nelle cause riunite T‑244/16 e T‑285/17,

Viktor Fedorovych Yanukovych, residente a Kiev (Ucraina), rappresentato da T. Beazley, QC, E. Dean e J. Marjason‑Stamp, barristers,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da P. Mahnič e J.‑P. Hix, in qualità di agenti,

convenuto,

aventi ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2016/318 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2016, L 60, pag. 76), e del regolamento di esecuzione (UE) 2016/311 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2016, L 60, pag. 1), e, dall’altro, della decisione (PESC) 2017/381 del Consiglio, del 3 marzo 2017, che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2017, L 58, pag. 34), e del regolamento di esecuzione (UE) 2017/374 del Consiglio, del 3 marzo 2017, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2017, L 58, pag. 1), nella parte in cui il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco delle persone, delle entità e degli organismi ai quali si applicano tali misure restrittive,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, D. Spielmann e Z. Csehi, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 ottobre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Le presenti cause si inseriscono nell’ambito delle misure restrittive adottate nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina in seguito alla repressione delle manifestazioni di piazza dell’Indipendenza a Kiev (Ucraina) nel febbraio 2014.

2        Il sig. Viktor Fedorovych Yanukovych, ricorrente, è l’ex presidente dell’Ucraina.

3        Il 5 marzo 2014, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2014/119/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 26). In pari data, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 208/2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 1).

4        I considerando 1 e 2 della decisione 2014/119 precisano quanto segue:

«(1)      Il 20 febbraio 2014 il Consiglio ha condannato nel modo più assoluto il ricorso alla violenza in Ucraina. Ha esortato all’immediata cessazione delle violenze in Ucraina e al pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Ha rivolto un appello al governo ucraino affinché dia prova di massima moderazione e ai leader dell’opposizione affinché prendano distanza da quanti ricorrono ad azioni radicali, inclusa la violenza.

(2)      Il 3 marzo 2014 il Consiglio ha convenuto di concentrare le misure restrittive sul congelamento e sul recupero dei beni delle persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e delle persone responsabili di violazioni di diritti umani, con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo [S]tato di diritto e il rispetto dei diritti umani in Ucraina».

5        L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione 2014/119 così dispone:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a essi associate, elencati nell’allegato.

2.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente, o a beneficio delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell’allegato».

6        Le modalità di tale congelamento di fondi sono definite all’articolo 1, paragrafi da 3 a 6, della decisione 2014/119.

7        Conformemente alla decisione 2014/119, il regolamento n. 208/2014 impone l’adozione di misure di congelamento dei fondi e ne definisce le modalità di attuazione in termini sostanzialmente identici a quelli della decisione in parola.

8        I nomi delle persone cui si riferiscono gli atti succitati figurano nell’elenco, identico, contenuto nell’allegato della decisione 2014/119 e nell’allegato I del regolamento n. 208/2014 (in prosieguo: l’«elenco») accompagnati, in particolare, dalla motivazione del loro inserimento.

9        Il nome del ricorrente figurava nell’elenco con le informazioni identificative «ex Presidente dell’Ucraina» e la seguente motivazione:

«Persona sottoposta a procedimento penale in Ucraina allo scopo di indagare su reati connessi alla distrazione di fondi dello Stato ucraino e al loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina».

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2014, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero T‑346/14, avente ad oggetto in particolare una domanda di annullamento della decisione 2014/119 e del regolamento n. 208/2014, nella parte in cui lo riguardavano.

11      Il 29 gennaio 2015, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/143, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 24, pag. 16), e il regolamento (UE) 2015/138, che modifica il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 24, pag. 1).

12      La decisione 2015/143 ha precisato, con decorrenza dal 31 gennaio 2015, i criteri di inserimento delle persone interessate dal congelamento dei fondi. In particolare, l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119 è stato sostituito dal seguente testo:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a esse associati, elencati nell’allegato.

Ai fini della presente decisione, le persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini comprendono persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine:

a)      per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici ucraini o per essersi rese complici di tale appropriazione, o

b)      per abuso d’ufficio in qualità di titolari di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesse o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio ai fondi o beni pubblici ucraini, o per essersi rese complici di tale abuso».

13      Il regolamento 2015/138 ha modificato il regolamento n. 208/2014 conformemente alla decisione 2015/143.

14      Il 5 marzo 2015, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/364, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 62, pag. 25), e il regolamento di esecuzione (UE) 2015/357, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 62, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2015»). La decisione 2015/364, da un lato, ha sostituito l’articolo 5 della decisione 2014/119, estendendo l’applicazione delle misure restrittive, per quanto concerne il ricorrente, fino al 6 marzo 2016, e, dall’altro, ha modificato l’allegato di quest’ultima decisione. Il regolamento di esecuzione 2015/357 ha modificato di conseguenza l’allegato I del regolamento n. 208/2014.

15      Con gli atti del marzo 2015, il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco, con le informazioni identificative «ex presidente dell’Ucraina» e la nuova motivazione che segue:

«Persona sottoposta a procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali».

16      L’8 aprile 2015, il ricorrente ha adattato le proprie conclusioni, nell’ambito della causa T‑346/14, di modo che esse fossero dirette anche all’annullamento della decisione 2015/143, del regolamento 2015/138 nonché degli atti del marzo 2015, nella parte in cui gli atti in questione lo riguardavano.

17      Con lettera del 6 novembre 2015, il Consiglio ha trasmesso al ricorrente una lettera del 3 settembre 2015 proveniente dall’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina (in prosieguo: l’«UPG») e indirizzata all’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Con lettera del 26 novembre 2015, il ricorrente ha presentato le proprie osservazioni.

18      Con lettera del 15 dicembre 2015, il Consiglio ha trasmesso al ricorrente una lettera dell’UPG del 30 novembre 2015. Nella medesima lettera, il Consiglio l’ha informato del fatto che esso intendeva mantenere le misure restrittive nei suoi confronti, precisando quale fosse il termine fissato per presentare osservazioni ai fini del riesame annuale. Con lettera del 4 gennaio 2016, il ricorrente ha presentato le proprie osservazioni.

19      Il 4 marzo 2016, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2016/318, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2016, L 60, pag. 76), e il regolamento di esecuzione (UE) 2016/311, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2016, L 60, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2016»).

20      Con gli atti del marzo 2016, l’applicazione delle misure restrittive è stata prorogata fino al 6 marzo 2017, senza che la motivazione della designazione del ricorrente fosse stata modificata rispetto a quella degli atti del marzo 2015.

21      Con lettera del 7 marzo 2016, il Consiglio ha informato il ricorrente del mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti, ha poi risposto alle osservazioni formulate da quest’ultimo nella corrispondenza precedente e gli ha trasmesso gli atti del marzo 2016. Il Consiglio ha inoltre indicato il termine per presentargli osservazioni prima dell’adozione della decisione riguardante l’eventuale mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco.

22      Con sentenza del 15 settembre 2016, Yanukovych/Consiglio (T‑346/14, EU:T:2016:497), il Tribunale ha annullato la decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014, nella parte in cui riguardavano il ricorrente, e ha respinto la domanda di annullamento, contenuta nell’adattamento del ricorso, riguardante, da un lato, la decisione 2015/143 e il regolamento 2015/138 e, dall’altro, gli atti del marzo 2015.

23      Il 23 novembre 2016, il ricorrente ha presentato un’impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, iscritta a ruolo con il numero C‑598/16, avverso la sentenza del 15 settembre 2016, Yanukovych/Consiglio (T‑346/14, EU:T:2016:497).

24      Con lettera del 12 dicembre 2016, il Consiglio ha informato i rappresentanti del ricorrente che esso intendeva rinnovare le misure restrittive nei confronti di quest’ultimo e ha allegato due lettere provenienti dall’UPG, una del 10 agosto 2016 e l’altra del 16 novembre 2016, ricordando quale fosse il termine fissato per presentargli osservazioni ai fini del riesame annuale delle misure restrittive. Il ricorrente ha presentato tali osservazioni al Consiglio con lettera dell’11 gennaio 2017.

25      Il 3 marzo 2017, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2017/381, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2017, L 58, pag. 34), e il regolamento di esecuzione (UE) 2017/374, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2017, L 58, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2017»).

26      Con gli atti del marzo 2017, l’applicazione delle misure restrittive è stata prorogata fino al 6 marzo 2018, senza che la motivazione della designazione del ricorrente fosse stata modificata rispetto a quella degli atti del marzo 2015 e del marzo 2016.

27      Con lettera del 6 marzo 2017, il Consiglio ha informato il ricorrente del mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti. Esso ha risposto alle osservazioni del ricorrente formulate nella corrispondenza precedente e gli ha trasmesso gli atti del marzo 2017. Il Consiglio ha inoltre indicato il termine per presentargli osservazioni prima dell’adozione della decisione riguardante l’eventuale mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco.

 Procedimento e conclusioni delle parti

28      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 maggio 2016, il ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento, iscritto a ruolo con il numero T‑244/16, contro gli atti del marzo 2016.

29      Il 12 settembre 2016, il Consiglio ha depositato il controricorso nella causa T‑244/16. Il 19 settembre 2016, nell’ambito della causa in questione, esso ha presentato una domanda motivata, conformemente all’articolo 66 del regolamento di procedura del Tribunale, volta a che il contenuto di taluni documenti allegati al ricorso nonché taluni paragrafi del controricorso non fossero citati nei documenti concernenti la tale causa cui il pubblico ha accesso.

30      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la causa T‑244/16.

31      Nella causa T‑244/16, la replica e la controreplica sono state depositate presso la cancelleria del Tribunale il 28 ottobre 2016 e il 13 gennaio 2017.

32      Il 13 gennaio 2017, si è conclusa la fase scritta del procedimento nella causa T‑244/16.

33      Il 20 gennaio 2017, il Consiglio ha presentato una domanda analoga a quella di cui al punto 29 supra, volta a che il contenuto di taluni documenti allegati alla controreplica nella causa T‑244/16 non fosse citato nei documenti concernenti tale causa cui il pubblico ha accesso.

34      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 febbraio 2017, il ricorrente ha chiesto lo svolgimento di un’udienza di discussione nella causa T‑244/16.

35      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 1o marzo 2017, il ricorrente, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, ha versato agli atti della causa T‑244/16 nuove prove. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 3 aprile 2017, il Consiglio ha presentato le proprie osservazioni su queste nuove prove.

36      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 maggio 2017, il ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento, iscritto a ruolo con il numero T‑285/17, contro gli atti del marzo 2017.

37      Con sentenza del 19 ottobre 2017, Yanukovych/Consiglio (C‑598/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:786), la Corte ha respinto l’impugnazione del ricorrente volta all’annullamento parziale della sentenza del 15 settembre 2016, Yanukovych/Consiglio (T‑346/14, EU:T:2016:497).

38      Il 27 ottobre 2017, il Tribunale ha chiesto alle parti di prendere posizione, da un lato, sull’incidenza che potrebbe avere la sentenza del 19 ottobre 2017, Yanukovych/Consiglio (C‑598/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:786), sulla causa T‑244/16 e sulla causa T‑285/17 e, dall’altro, sull’eventuale riunione delle stesse ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

39      Le risposte delle parti alle suesposte misure di organizzazione del procedimento sono state depositate, rispettivamente, dal ricorrente, il 9 novembre 2017 e, dal Consiglio, il 10 novembre 2017. Per quanto riguarda l’eventuale riunione delle cause T‑244/16 e T‑285/17, il ricorrente ritiene che essa possa essere giustificata, eventualmente, ai soli fini della fase orale del procedimento. Il Consiglio si rimette al prudente apprezzamento del Tribunale.

40      Il 9 novembre 2017, il Consiglio ha depositato il controricorso nella causa T‑285/17.

41      Nell’ambito della causa succitata, il 20 novembre 2017, il Consiglio ha presentato una domanda analoga a quella di cui al punto 29 supra, volta a che il contenuto di taluni documenti allegati al ricorso nonché taluni punti del controricorso non fossero citati nei documenti concernenti tale causa cui il pubblico ha accesso.

42      Il 24 novembre 2017, il Tribunale ha deciso che non era necessario un secondo scambio di memorie nella causa T‑285/17. Con lettera del 6 dicembre 2017, il ricorrente ha presentato una domanda motivata, ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento di procedura, diretta a che il Tribunale autorizzasse le parti a completare il fascicolo con una replica e con una controreplica. Con decisione del 19 dicembre 2017, il Tribunale ha deciso di accogliere tale domanda e ha fissato la data in cui doveva essere depositata la replica.

43      La replica e la controreplica nella causa T‑285/17 sono state quindi depositate presso la cancelleria del Tribunale il 22 gennaio 2018 e l’8 marzo 2018.

44      L’8 marzo 2018, si è conclusa la fase scritta del procedimento nella causa T‑285/17.

45      Il 16 marzo 2018, il Consiglio ha presentato una domanda analoga a quella di cui al punto 29 supra, volta a che il contenuto di taluni documenti allegati alla controreplica nella causa T‑285/17 non fosse citato nei documenti concernenti tale causa cui il pubblico ha accesso.

46      Con decisione del presidente della Sesta Sezione del Tribunale del 10 luglio 2018, la causa T‑244/16, Yanukovych/Consiglio, e la causa T‑285/17, Yanukovych/Consiglio, sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che definisce il giudizio, sulla base dell’articolo 68 del regolamento di procedura, dopo aver sentito le parti al riguardo.

47      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 28 settembre 2018, il ricorrente ha presentato osservazioni sulla relazione di udienza.

48      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 3 ottobre 2018, la quale, a richiesta del Consiglio, sentito il ricorrente, si è svolta parzialmente a porte chiuse.

49      Durante l’udienza, il Consiglio ha presentato osservazioni sulla relazione di udienza, di cui si è dato atto nel verbale d’udienza.

50      Con sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), la Corte ha annullato la sentenza del 7 luglio 2017, Azarov/Consiglio (T‑215/15, EU:T:2017:479), nonché gli atti del marzo 2015, nella parte in cui riguardavano il ricorrente nella causa che aveva dato luogo alla suddetta sentenza.

51      Stante il potenziale impatto della soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), nelle presenti cause, il Tribunale (Sesta Sezione), con ordinanza del 7 gennaio 2019, ha disposto la riapertura della fase orale del procedimento in applicazione dell’articolo 113, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di procedura, al fine di consentire alle parti di prendere posizione a tale riguardo.

52      Pertanto, il 10 gennaio 2019, il Tribunale ha invitato le parti, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, a presentargli le loro osservazioni sulle conseguenze da trarre, nelle presenti cause, dalla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031). Le parti hanno ottemperato a tale richiesta nel termine impartito.

53      Il ricorrente chiede nella causa T‑244/16 e nella causa T‑285/17 che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti del marzo 2016 e quelli del marzo 2017 (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti impugnati»), nella parte in cui lo riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

54      In seguito alle precisazioni fornite in udienza, in risposta a taluni quesiti del Tribunale, il Consiglio chiede che quest’ultimo voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità del rinvio ad altre memorie

55      Occorre rilevare che il ricorrente rinvia, nelle sue memorie riguardanti la domanda di annullamento degli atti del marzo 2016, alle memorie depositate dinanzi al Tribunale nell’ambito della causa che ha dato origine alla sentenza del 15 settembre 2016, Yanukovych/Consiglio (T‑346/14, EU:T:2016:497), e, nelle sue memorie riguardanti la domanda di annullamento degli atti del marzo 2017, alle medesime memorie nonché a quelle depositate nell’ambito della domanda di annullamento degli atti del marzo 2016, che egli allega.

56      Orbene, come sottolinea giustamente il Consiglio, va ricordato che, al fine di garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia, affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano dal testo del ricorso stesso. Secondo una giurisprudenza consolidata, sebbene il contenuto del ricorso possa essere suffragato e integrato, su punti specifici, mediante rinvii a estratti della documentazione allegata, un rinvio complessivo ad altri documenti non può tuttavia supplire alla mancanza degli elementi essenziali che, in forza dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura, devono figurare nel ricorso stesso (v., in tal senso, sentenze del 15 giugno 2017, Al‑Faqih e a./Commissione, C‑19/16 P, EU:C:2017:466, punto 54 e giurisprudenza ivi citata, e del 18 gennaio 2012, Djebel – SGPS/Commissione, T‑422/07, non pubblicata, EU:T:2012:11, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

57      Di conseguenza, il rinvio complessivo effettuato dal ricorrente alle sue memorie depositate nell’ambito di cause precedenti o della causa T‑244/16, per quanto riguarda la causa T‑285/17, deve essere considerato irricevibile.

 Nel merito

58      A sostegno delle domande di annullamento degli atti impugnati, il ricorrente deduce sette motivi, vertenti, il primo, sull’assenza di base giuridica, il secondo, sullo sviamento di potere, il terzo, sul difetto di motivazione, il quarto, sull’inosservanza dei criteri di inserimento nell’elenco, il quinto, su un errore manifesto di valutazione, il sesto, sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso effettivo e, il settimo, sulla violazione del diritto di proprietà.

59      Occorre esaminare, anzitutto, il quarto motivo, vertente sull’inosservanza dei criteri di inserimento del nome del ricorrente nell’elenco.

60      Nell’ambito del summenzionato motivo, il ricorrente sostiene, essenzialmente, che la motivazione per l’inserimento del suo nome nell’elenco non soddisfa i criteri di applicazione delle misure restrittive definiti dagli atti impugnati.

61      In particolare, il ricorrente sostiene che l’emissione di un’informazione di garanzia o l’apertura di semplici indagini preliminari nei suoi confronti non sono sufficienti per ritenere che egli sia responsabile del comportamento contestato. Atteso che il rispetto del diritto processuale nell’ambito delle indagini preliminari è controllato dall’UPG, il quale, secondo il ricorrente, non offre le garanzie di indipendenza e di imparzialità richieste, il Consiglio avrebbe dovuto altresì compiere ulteriori verifiche al riguardo. Inoltre, il ricorrente rimarca la mancanza di progressi nelle indagini preliminari cui è sottoposto dall’adozione delle misure restrittive in questione e contesta l’affermazione del Consiglio secondo la quale tale mancanza di progressi deriverebbe dal suo stesso comportamento. Nonostante l’esistenza di un’autorizzazione ad aprire un’indagine in absentia nei suoi confronti in uno dei procedimenti penali che lo riguardano, non sarebbe stato infatti constatato alcun progresso e non sarebbe stata raccolta alcuna prova contro il medesimo.

62      Peraltro, le lettere dell’UPG sulle quali si è basato il Consiglio non dimostrerebbero neppure che il ricorrente rientri in una delle categorie di persone identificate dalla sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio (T‑256/11, EU:T:2014:93). Quand’anche, nel caso di specie, vi sia stato un intervento giudiziario di livello sufficiente, in particolare per quanto riguarda i sequestri di beni del ricorrente e l’autorizzazione delle misure di custodia cautelare nei suoi confronti, un simile intervento non può essere considerato affidabile e adeguato ai sensi della giurisprudenza succitata, in quanto il sistema giudiziario ucraino non offrirebbe le garanzie di indipendenza e di imparzialità richieste, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»).

63      Secondo il ricorrente, la circostanza che il Consiglio non sia in grado di valutare la sua colpevolezza o la fondatezza delle indagini che lo riguardano non lo esonera dall’obbligo di rispettare i diritti e i principi garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nell’ambito dell’esercizio delle sue competenze e, di conseguenza, di verificare se e in quale misura i suoi diritti fondamentali siano stati o siano tutelati in Ucraina.

64      Il rispetto da parte del Consiglio dell’obbligo di effettuare un controllo completo e rigoroso e di accertarsi che qualsiasi decisione che impone una misura restrittiva sia adottata su una base fattuale sufficientemente solida sarebbe ancor più essenziale nel caso di specie, tenuto conto del fatto che l’Ucraina non è uno Stato membro dell’Unione europea, della motivazione politica delle accuse mosse nei confronti del ricorrente, della mancanza di progressi significativi nei procedimenti penali sui quali si fonda l’inserimento del suo nome nell’elenco, della mancanza di procedure decisionali equilibrate o eque precedenti la formulazione delle accuse in Ucraina nonché del termine di cui il Consiglio disponeva per verificare le prove e le informazioni alla base del reinserimento del nome del ricorrente.

65      In risposta a un quesito scritto del Tribunale (v. punto 52 supra), il ricorrente precisa che il ragionamento e la soluzione contemplati dalla Corte nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), rivestono un’importanza primaria nel caso di specie, giacché le circostanze che hanno determinato l’obbligo di verifica del Consiglio nella causa che ha dato origine alla sentenza succitata sono sostanzialmente identiche a quelle che hanno caratterizzato l’adozione degli atti impugnati. Pertanto, in primo luogo, il ricorrente contesta al Consiglio il fatto di non aver verificato, ritenendo di non essere tenuto a farlo, se la decisione delle autorità ucraine, sulla quale il medesimo intendeva basarsi al fine di mantenere il suo nome nell’elenco, fosse stata adottata nel rispetto dei suoi diritti della difesa e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. In secondo luogo, egli contesta al Consiglio il fatto di non aver indicato, nella motivazione alla base del mantenimento del suo nome nell’elenco, le ragioni per le quali esso riteneva che la suddetta decisione delle autorità ucraine fosse stata adottata nel rispetto dei diritti in questione. Del resto, le lettere del Consiglio del 7 marzo 2016 e del 6 marzo 2017, recanti notifica al ricorrente del rinnovo delle misure restrittive che lo riguardavano, ometterebbero di menzionare simili ragioni.

66      Il Consiglio replica che la decisione di inserire e poi di mantenere il nome del ricorrente nell’elenco, sulla base delle informazioni contenute nelle lettere dell’UPG, soddisfa i criteri di inserimento e si fonda su una base fattuale sufficientemente solida che consente di dimostrare che il ricorrente è sottoposto a procedimenti penali per appropriazione indebita di fondi pubblici.

67      Per quanto riguarda l’affermazione secondo la quale l’UPG non presenterebbe le caratteristiche giudiziarie di indipendenza e di imparzialità richieste, il Consiglio replica che le indagini preliminari, condotte dall’UPG sotto il controllo dell’autorità giudiziaria, costituiscono una fase del procedimento penale. Inoltre, la finalità delle misure restrittive non sarebbe raggiunta se non fosse possibile adottarle nei confronti di persone sottoposte a indagini preliminari per la partecipazione a reati, come quelli di cui è oggetto il ricorrente.

68      In risposta all’affermazione secondo la quale esso non può validamente basarsi su un procedimento penale senza aver previamente verificato in quale misura i diritti fondamentali del ricorrente fossero stati tutelati in Ucraina, il Consiglio adduce, in primo luogo, che quest’ultimo non ha dimostrato che i suoi diritti fossero stati effettivamente violati. In secondo luogo, dalla giurisprudenza non emergerebbe che il Consiglio sia tenuto a verificare il rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva da parte dello Stato terzo di cui fa parte l’autorità giudiziaria che ha rilasciato le attestazioni sulle quali il Consiglio si fonda per adottare misure restrittive, come quelle in questione. In terzo luogo, il ricorrente avrebbe sempre il diritto di difendersi nell’ambito dei procedimenti penali che lo riguardano e del procedimento dinanzi alla Corte EDU, il che non impedirebbe al Consiglio, in attesa dell’esito dei procedimenti in parola, di basarsi sull’esistenza dei procedimenti in corso quando decide di imporre misure restrittive.

69      Infine, per quanto riguarda l’argomento del ricorrente vertente sulla mancanza di significativi progressi dei procedimenti penali che lo riguardano, il Consiglio ribatte che ciò che rileva è che i procedimenti siano in corso al momento dell’adozione degli atti impugnati e che una simile mancanza di progressi è, peraltro, imputabile al ricorrente, il quale si sarebbe sottratto alla giustizia.

70      Più in generale, il Consiglio ricorda che, sulla scorta della giurisprudenza, esso non è tenuto a svolgere sistematicamente le proprie indagini o a effettuare verifiche al fine di ottenere precisazioni ulteriori allorché si basa su elementi forniti dalle autorità di uno Stato terzo per adottare misure restrittive nei confronti di persone da esso provenienti e che in esso sono sottoposte a procedimenti penali. Simili verifiche sarebbero necessarie solo qualora le informazioni ricevute si rivelino insufficienti o incoerenti. Nel caso di specie, il Consiglio ritiene di aver effettivamente verificato la fondatezza della decisione di congelamento dei fondi riguardante il ricorrente in considerazione dei procedimenti penali ucraini per appropriazione indebita di fondi.

71      In risposta a un quesito scritto del Tribunale (v. punto 52 supra), il Consiglio sostiene che, sebbene non l’abbia precisato nella motivazione, esso sapeva che un controllo giudiziario era stato effettuato in Ucraina durante lo svolgimento delle indagini penali riguardanti il ricorrente. Dalle lettere dell’UPG menzionate ai punti 17, 18 e 24 supra risulterebbe infatti che sono state emesse varie decisioni giudiziarie in Ucraina nei confronti del ricorrente, quali sequestri dei suoi beni ordinati dal Tribunale distrettuale di Petschersk (Kiev) nonché un ordine della Corte d’appello di Kiev di sottoporlo a custodia cautelare. Il fatto che i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva siano stati rispettati, nonché effettivamente esercitati dal ricorrente, sarebbe, inoltre, dimostrato dalla decisione del suddetto Tribunale di Petschersk del 27 luglio 2015, secondo la quale il giudice istruttore avrebbe deciso, nell’ambito di uno dei procedimenti penali riguardanti il ricorrente, in udienza pubblica e con la partecipazione degli avvocati di quest’ultimo, di accogliere la domanda della procura diretta ad autorizzare il procuratore a condurre indagini preliminari speciali in absentia. Lo stesso varrebbe per quanto riguarda la decisione del medesimo Tribunale, del 22 aprile 2016, di accogliere parzialmente il reclamo presentato dalla difesa del ricorrente con riferimento a una presunta omissione da parte dell’UPG di tener conto di una domanda diretta a che una misura procedurale fosse adottata nell’ambito di detto procedimento.

72      Secondo il Consiglio, i suesposti esempi dimostrano che, quando si è basato sulle decisioni delle autorità ucraine menzionate nelle lettere dell’UPG, esso ha potuto verificare che le medesime erano state adottate nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente.

73      Orbene, da una giurisprudenza consolidata risulta che, nell’ambito dell’esame delle misure restrittive, i giudici dell’Unione devono garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tutti gli atti dell’Unione con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione, fra i quali figurano, in particolare, i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (v. sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti 20 e 21 e giurisprudenza ivi citata).

74      L’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali esige che, nello svolgere il controllo della legittimità della motivazione su cui si basa la decisione di inserire o di mantenere il nome di una persona nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive, il giudice dell’Unione si assicuri che tale decisione, la quale riveste una portata individuale per detta persona, poggi su una base fattuale sufficientemente solida. Ciò implica una verifica dei fatti allegati nella motivazione sottesa a tale decisione, di modo che il controllo giurisdizionale non sia limitato alla valutazione della verosimiglianza astratta della motivazione addotta, ma sia inteso a stabilire se la motivazione in questione, o per lo meno uno dei suoi punti, considerato di per sé sufficiente a suffragare detti atti, sia fondata (v. sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti 20 e 22 e giurisprudenza ivi citata).

75      L’adozione e il mantenimento di misure restrittive, come quelle previste dalla decisione 2014/119 e dal regolamento n. 208/2014, come modificati, adottate nei confronti di una persona che è stata identificata come responsabile di un’appropriazione indebita di fondi appartenenti a uno Stato terzo, si fondano, sostanzialmente, sulla decisione di un’autorità di quest’ultimo, competente al riguardo, di avviare e condurre un procedimento penale relativo a tale persona e riguardante un reato di appropriazione indebita di fondi pubblici (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punto 25).

76      Inoltre, sebbene, in forza del criterio di inserimento, come quello ricordato al punto 12 supra, il Consiglio possa fondare misure restrittive sulla decisione di uno Stato terzo, l’obbligo, incombente a tale istituzione, di rispettare i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva implica che esso debba assicurare il rispetto dei suddetti diritti da parte delle autorità dello Stato terzo che hanno adottato la suddetta decisione (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti 26, 27 e 35).

77      Al riguardo, la Corte precisa che l’obbligo incombente al Consiglio di verificare che le decisioni degli Stati terzi sulle quali esso intende fondarsi siano state adottate nel rispetto dei diritti in questione è volto a garantire che l’adozione o il mantenimento delle misure di congelamento dei fondi abbia luogo soltanto su una base fattuale sufficientemente solida e, quindi, a proteggere le persone o entità interessate. Il Consiglio può infatti ritenere che l’adozione o il mantenimento di simili misure si fondi su una base fattuale sufficientemente solida solamente dopo aver accertato esso stesso che i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sono stati rispettati in occasione dell’adozione della decisione dello Stato terzo interessato sulla quale intende fondarsi (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti 28 e 34 e giurisprudenza ivi citata).

78      Del resto, se è vero che la circostanza che lo Stato terzo faccia parte degli Stati che hanno aderito alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), comporta un controllo, da parte della Corte EDU, sui diritti fondamentali garantiti dalla CEDU, i quali, conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, TUE, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali, una tale circostanza non può tuttavia rendere superfluo l’obbligo di verifica richiamato supra al punto 77 (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punto 36).

79      La Corte ritiene altresì che il Consiglio debba dare atto, nella motivazione relativa all’adozione o al mantenimento delle misure restrittive nei confronti di una persona o di una entità, sia pure in maniera succinta, delle ragioni per le quali considera che la decisione dello Stato terzo sulla quale intende fondarsi sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Pertanto il Consiglio, per adempiere il suo obbligo di motivazione, deve mostrare, nella decisione che impone misure restrittive, di aver verificato che la decisione dello Stato terzo su cui si fondano dette misure è stata adottata nel rispetto di tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punti 29 e 30 e giurisprudenza ivi citata).

80      In definitiva, allorché esso basa l’adozione o il mantenimento di misure restrittive, come quelle del caso di specie, sulla decisione di uno Stato terzo di avviare e condurre un procedimento penale per appropriazione indebita di fondi o beni statali da parte della persona interessata, il Consiglio deve, da un lato, assicurarsi che al momento dell’adozione della medesima decisione le autorità di tale Stato terzo abbiano rispettato i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva della persona sottoposta al procedimento penale di cui trattasi e, d’altro lato, menzionare, nella decisione che impone misure restrittive, le ragioni per le quali esso considera che la suddetta decisione dello Stato terzo sia stata adottata nel rispetto dei diritti in questione.

81      È alla luce dei suesposti principi giurisprudenziali che occorre verificare se il Consiglio abbia rispettato gli obblighi di cui trattasi.

82      In via preliminare, si deve ricordare che il ricorrente è sottoposto a nuove misure restrittive adottate dagli atti impugnati sulla base del criterio di inserimento enunciato all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, quale precisato nella decisione 2015/143, e all’articolo 3 del regolamento n. 208/2014, quale precisato nel regolamento 2015/138 (v. punti 12 e 13 supra). Tale criterio prevede il congelamento dei fondi delle persone che sono state identificate come responsabili del reato di appropriazione indebita di fondi pubblici, comprese le persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine.

83      È pacifico che il Consiglio si è basato, nel decidere di mantenere il nome del ricorrente nell’elenco, sulla circostanza che quest’ultimo fosse sottoposto a un «procedimento penale da parte delle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici», la cui esistenza risultava dalle lettere dell’UPG del 3 settembre e del 30 novembre 2015, per quanto riguarda gli atti del marzo 2016, e da quelle del 10 agosto e del 16 novembre 2016, per quanto riguarda gli atti del marzo 2017.

84      Il mantenimento delle misure restrittive nei confronti del ricorrente si fondava dunque, così come era avvenuto nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C 530/17 P, EU:C:2018:1031), sulla decisione dell’UPG di avviare e condurre procedimenti di indagini penali per il reato di appropriazione indebita di fondi appartenenti allo Stato ucraino.

85      Orbene, in primo luogo, è necessario constatare che la motivazione degli atti impugnati relativa al ricorrente (v. punti 15, 20 e 26 supra) non contiene il minimo riferimento al fatto che il Consiglio abbia verificato il rispetto, da parte dell’amministrazione giudiziaria ucraina, dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo e che, pertanto, una tale assenza di motivazione costituisce una prima indicazione del fatto che il Consiglio non ha proceduto a una simile verifica.

86      In secondo luogo, occorre rilevare che nessuna informazione contenuta nelle lettere, pressoché identiche, del 7 marzo 2016 (v. punto 21 supra), per quanto riguarda la causa T‑244/16, e del 6 marzo 2017 (v. punto 27 supra), per quanto riguarda la causa T‑285/17, consente di ritenere che il Consiglio disponesse di elementi relativi al rispetto dei diritti in questione da parte delle autorità ucraine per quanto concerne i procedimenti penali a carico del ricorrente e, ancor meno, che il Consiglio abbia valutato simili elementi, al fine di verificare se i diritti in questione fossero stati sufficientemente rispettati dall’amministrazione giudiziaria ucraina in sede di adozione della decisione di avviare e condurre un procedimento d’indagine penale per il reato di appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici da parte del ricorrente. Nelle suddette lettere, infatti, così come era stato fatto nella causa che aveva dato luogo alla sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punto 24), il Consiglio si è limitato a indicare che le lettere dell’UPG, comunicate preliminarmente al ricorrente (v. punti 18 e 24 supra), dimostravano che quest’ultimo continuava a essere sottoposto a procedimenti penali per appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici. Del resto, la circostanza che l’Ucraina fa parte degli Stati che hanno aderito alla CEDU, espressamente menzionata dal Consiglio nelle sue lettere e nelle sue memorie, non può rendere superflua la verifica del rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente (v. punto 78 supra).

87      In terzo luogo, si deve osservare che, contrariamente a quanto afferma il Consiglio, esso era tenuto a effettuare la verifica in questione indipendentemente da qualsiasi elemento di prova prodotto dal ricorrente per dimostrare che, nel caso di specie, la sua situazione personale fosse stata pregiudicata dai problemi dal medesimo invocati quanto al funzionamento del sistema giudiziario in Ucraina. In ogni caso, sebbene il ricorrente abbia più volte sostenuto, fornendo elementi di prova specifici, che l’amministrazione giudiziaria ucraina non aveva rispettato i suoi diritti della difesa e il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e che la situazione esistente in Ucraina era in generale incompatibile con l’esistenza di garanzie sufficienti al riguardo, il Consiglio non ha indicato di aver verificato il rispetto dei diritti in questione. Al contrario, esso ha ripetutamente affermato nelle sue memorie di non essere soggetto ad alcun obbligo in tal senso e che un simile obbligo non derivava nemmeno dai principi giurisprudenziali elaborati dalla sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583), invocati dal ricorrente.

88      In quarto luogo, nella risposta al quesito relativo all’incidenza della sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), sulle presenti cause, il Consiglio ha dedotto soltanto gli argomenti riassunti al punto 71 supra.

89      A tale proposito, sotto un primo profilo, si deve constatare che il Consiglio ammette che la motivazione degli atti impugnati non tratta la questione del rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva con riferimento alla decisione di avviare e condurre i procedimenti penali che hanno giustificato l’inserimento e il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco.

90      Sotto un secondo profilo, si deve rilevare che il Consiglio afferma che dai fascicoli delle presenti cause risulta chiaramente che un controllo giudiziario era stato effettuato in Ucraina durante lo svolgimento delle indagini penali. Più in particolare, secondo il Consiglio, l’esistenza di più decisioni giudiziarie adottate nel contesto dei procedimenti penali a carico del ricorrente dimostra che, allorché si è basato sulla decisione delle autorità ucraine menzionata nelle lettere dell’UPG, da un lato, esso ha potuto verificare che quest’ultima era stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e, dall’altro, esso si è assicurato che un certo numero di decisioni giudiziarie erano state adottate, nell’ambito di detti procedimenti penali, nel rispetto di tali diritti.

91      Ebbene, tutte le decisioni giudiziarie menzionate dal Consiglio si inseriscono nell’ambito dei procedimenti penali che hanno giustificato l’inserimento e il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco e sono solo incidentali rispetto a questi ultimi, essendo di natura o cautelare o procedurale. È vero che tali decisioni possono corroborare la tesi del Consiglio riguardante l’esistenza di una base fattuale sufficientemente solida, ossia il fatto che, conformemente al criterio di inserimento, il ricorrente era sottoposto a procedimenti penali vertenti, in particolare, sul reato di appropriazione indebita di fondi o di beni appartenenti allo Stato ucraino. Tuttavia, simili decisioni non sono, di per sé, ontologicamente idonee a dimostrare, come vorrebbe il Consiglio, che la decisione dell’amministrazione giudiziaria ucraina di avviare e condurre i procedimenti penali in questione, sulla quale sostanzialmente poggia il mantenimento delle misure restrittive nei confronti del ricorrente, sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo.

92      In ogni caso, il Consiglio non è in grado di indicare alcun documento del fascicolo del procedimento che ha condotto all’adozione degli atti impugnati dal quale risulti che esso abbia esaminato le decisioni degli organi giurisdizionali ucraini che ora invoca e che abbia potuto concluderne che i diritti della difesa del ricorrente e il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva erano stati rispettati nella loro sostanza.

93      Non si può quindi concludere che gli elementi di cui il Consiglio disponeva al momento dell’adozione degli atti impugnati gli abbiano consentito di verificare che la decisione dell’amministrazione giudiziaria ucraina fosse stata adottata rispettando i suddetti diritti del ricorrente.

94      Inoltre, a tale proposito, è opportuno altresì rilevare, come è stato precisato nella sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio (C‑530/17 P, EU:C:2018:1031), che la giurisprudenza della Corte secondo la quale, in particolare, in caso di adozione di una decisione di congelamento di fondi come quella riguardante il ricorrente, il Consiglio o il Tribunale devono verificare la fondatezza non delle indagini cui la persona interessata da tali misure era sottoposta in Ucraina, ma unicamente della decisione di congelamento di fondi in considerazione del o dei documenti sui quali tale decisione è stata fondata (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Ezz e a./Consiglio, C‑220/14 P, EU:C:2015:147, punto 77; del 19 ottobre 2017, Yanukovych/Consiglio, C‑599/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:785, punto 69, e del 19 ottobre 2017, Yanukovych/Consiglio, C‑598/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:786, punto 72), non può essere interpretata nel senso che il Consiglio non è tenuto a verificare che la decisione dello Stato terzo sulla quale esso intende basare l’adozione delle misure restrittive sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Azarov/Consiglio C‑530/17 P, EU:C:2018:1031, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

95      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, non è dimostrato che il Consiglio, prima dell’adozione degli atti impugnati, abbia verificato il rispetto, da parte dell’amministrazione giudiziaria ucraina, dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente.

96      Gli atti impugnati devono dunque essere annullati nella parte in cui riguardano il ricorrente, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi e argomenti dedotti da quest’ultimo né le domande di trattamento riservato presentate dal Consiglio.

 Sulle spese

97      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio è rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alla domanda del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione (PESC) 2016/318 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, e il regolamento di esecuzione (UE) 2016/311 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, nonché la decisione (PESC) 2017/381 del Consiglio, del 3 marzo 2017, che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, e il regolamento di esecuzione (UE) 2017/374 del Consiglio, del 3 marzo 2017, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, sono annullati nella parte in cui il nome del sig. Viktor Fedorovych Yanukovych è stato mantenuto nell’elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applicano tali misure restrittive.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal sig. Yanukovych.

Berardis

Spielmann

Csehi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 luglio 2019.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.