Language of document : ECLI:EU:C:2017:13

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 12 gennaio 2017 (1)

Causa C‑617/15

Hummel Holding A/S

contro

Nike Inc.

Nike Retail B.V.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Düsseldorf, Germania)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Proprietà intellettuale – Marchio dell’Unione europea – Competenza internazionale – Competenza estesa all’intera Unione europea – Actor sequitur forum rei – Nozione di “stabile organizzazione” ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 207/2009 sul marchio comunitario – Azione per contraffazione di un marchio esercitata nei confronti di un’impresa avente la propria sede al di fuori dell’Unione europea – Competenza giurisdizionale basata sulla sede in uno Stato membro della controllata giuridicamente indipendente dell’impresa residente in uno Stato terzo»






1.        I marchi europei necessitano di una protezione effettiva all’interno dell’Unione europea (2).

2.        Il modo migliore per conseguire detto obiettivo consiste nel consentire agli organi giurisdizionali di emettere un provvedimento paneuropeo in materia di contraffazioni di marchi commesse non solo nello Stato membro del foro ma anche in un qualsiasi altro Stato membro dell’Unione (3). Il legislatore dell’Unione ha previsto provvedimenti generali di tale natura (4), ma esso conferisce la necessaria competenza estesa (5) solo al giudice che può fondare la propria competenza internazionale sull’articolo 97, paragrafi da 1 a 4, del regolamento sul marchio comunitario (6) (in prosieguo: il «regolamento sul marchio comunitario»). Esso sostituisce le norme più generali sulla competenza contenute nel regolamento sul marchio comunitario e quelle del regolamento (7) «Bruxelles I» (8).

3.        L’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Düsseldorf, Germania), in qualità di tribunale dei marchi comunitari, chiede se abbia una siffatta competenza estesa relativamente ad un’azione per contraffazione intentata da una società danese nei confronti di una convenuta statunitense. Ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario, i giudici sono competenti se un convenuto non domiciliato nell’Unione europea ha una stabile organizzazione nello Stato membro del foro. Dal momento che la convenuta statunitense ha una sub-controllata in Germania, sorge la questione se tale società sia una «stabile organizzazione» ai fini dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario.

I.      Quadro normativo

A.      Regolamento sul marchio comunitario

4.        Il considerando 16 così recita:

«È indispensabile che le decisioni sulla validità e sulle contraffazioni dei marchi comunitari abbiano effetto e si estendano all’intera Comunità, essendo questo il solo mezzo per evitare decisioni contrastanti dei tribunali e dell’ufficio, e per impedire che venga compromesso il carattere unitario del marchio comunitario. Alle azioni in giustizia relative ai marchi comunitari dovrebbero applicarsi le disposizioni del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, salvo che il presente regolamento vi deroghi».

5.        L’articolo 97 è rubricato «Competenza internazionale» e stabilisce quanto segue, ai paragrafi da 1 a 2:

«1. Fatte salve le disposizioni del presente regolamento e quelle del regolamento (CE) n. 44/2001 applicabili in virtù dell’articolo 94, le procedure derivanti dalle azioni e domande di cui all’articolo 96 vengono avviate dinanzi ai tribunali dello Stato membro in cui il convenuto ha il domicilio o, qualora non sia domiciliato in uno degli Stati membri, dello Stato membro in cui ha una stabile organizzazione.

2. Se il convenuto non ha né il domicilio né una stabile organizzazione in uno degli Stati membri, dette procedure vengono avviate dinanzi ai tribunali dello Stato membro in cui l’attore ha il domicilio o, se quest’ultimo non è domiciliato in uno degli Stati membri, dello Stato membro in cui ha una stabile organizzazione».

6.        L’articolo 98 è rubricato «Sfera di competenza» e, al paragrafo 1, dispone:

«1. Un tribunale dei marchi comunitari la cui competenza si fonda sull’articolo 97, paragrafi da 1 a 4, è competente per:

a) gli atti di contraffazione commessi o che rischiano di essere commessi sul territorio di qualsiasi Stato membro;

b) gli atti contemplati dall’articolo 9, paragrafo 3, seconda frase, commessi nel territorio di qualsiasi Stato membro».

B.      Regolamento Bruxelles I

7.        I considerando 11 e 12 enunciano quanto segue:

«11)      Le norme sulla competenza devono presentare un alto grado di prevedibilità ed articolarsi intorno al principio della competenza del giudice del domicilio del convenuto, la quale deve valere in ogni ipotesi salvo in alcuni casi rigorosamente determinati, nei quali la materia del contendere o l’autonomia delle parti giustifichi un diverso criterio di collegamento. Per le persone giuridiche il domicilio deve essere definito autonomamente, in modo da aumentare la trasparenza delle norme comuni ed evitare i conflitti di competenza.

12)      Il criterio del foro del domicilio del convenuto deve essere completato attraverso la previsione di fori alternativi, ammessi in base al collegamento stretto tra l’organo giurisdizionale e la controversia, ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia».

8.        La Sezione 1, rubricata «Disposizioni generali», del Capo II, rubricato «Competenza», contiene gli articoli da 2 a 4, che stabiliscono, ai rispettivi paragrafi 1:

«Articolo 2

1. Salve le disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro».

«Articolo 4

1. Se il convenuto non è domiciliato nel territorio di uno Stato membro, la competenza è disciplinata, in ciascuno Stato membro, dalla legge di tale Stato, salva l’applicazione degli articoli 22 e 23».

II.    Fatti del procedimento principale e questione pregiudiziale

9.        La Hummel Holdings A/S, la ricorrente nel procedimento principale, produce articoli sportivi, abbigliamento e calzature sportivi e per il tempo libero, e ha la propria sede in Danimarca. La Hummel ha instaurato un procedimento in Germania presso il Landgericht Düsseldorf (Tribunale regionale, Düsseldorf, Germania) avverso due convenute del gruppo Nike che avrebbero venduto abbigliamento sportivo in violazione del suo marchio figurativo internazionale n. 943057, registrato anche per avere effetto nell’Unione europea relativamente alle merci rientranti nella classe 25.

10.      La convenuta sub 1), la Nike Inc., è l’impresa madre capogruppo del Nike Group e ha sede negli Stati Uniti d’America.

11.      La convenuta sub 2), la Nike Retail B.V, fa parte di detto gruppo ed è domiciliata nei Paesi Bassi. La Nike Retail gestisce il sito Internet www.nike.com/de, sul quale vengono pubblicizzati e offerti in vendita in Germania e in altri paesi, in lingua inglese e tedesca, i prodotti NIKE.

12.      La maggior parte delle contraffazioni del marchio della ricorrente si sarebbero verificate in Germania. In Germania i prodotti possono essere ordinati online sul sito Internet della Nike Retail o attraverso rivenditori indipendenti esterni al Nike Group, i quali a loro volta ordinano detti prodotti alla Nike Retail. Oltre a ciò, i servizi di prevendita e di postvendita sono forniti dalla Nike Deutschland GmbH. Detta società non vende prodotti NIKE, ma fornisce assistenza in fase di ordine alla clientela telefonicamente o mediante posta elettronica: essa funge inoltre da agente della Nike Retail per i contratti stipulati con i rivenditori. Per quanto riguarda i servizi postvendita, la Nike Deutschland si occupa di richieste relative ai cambi merce o ai reclami e fornisce assistenza ai rivenditori nella pubblicità e nell’esecuzione di detti contratti.

13.      La sede della Nike Deutschland si trova a Francoforte sul Meno ed essa non è una parte nel procedimento principale. La società, tuttavia è una sub-controllata della convenuta sub 1), la Nike Inc., e la sua presenza in Germania è fondamentale per la tesi della ricorrente relativamente alla competenza dei tribunali tedeschi.

14.      La ricorrente ha adito il Landgericht Düsseldorf (Tribunale regionale, Düsseldorf) in via inibitoria chiedendo I) la cessazione di ogni attività di importazione, esportazione, pubblicizzazione, offerta e messa in commercio – direttamente o tramite terzi – dei prodotti in parola e II) che le fossero fornite, fra l’altro, copie delle fatture e che i prodotti interessati fossero ritirati dalla circolazione e distrutti e, infine III) l’accertamento del diritto al risarcimento del danno.

15.      Relativamente alla prima convenuta, la ricorrente ha richiesto provvedimenti inibitori 1) con riferimento al territorio dell’Unione europea e, in subordine, 2) con riferimento al territorio della Repubblica federale di Germania. Relativamente alla seconda convenuta, 3) l’oggetto della causa riguardava solo il territorio della Repubblica federale di Germania. La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda solo il primo provvedimento richiesto.

16.      Il Landgericht Düsseldorf (Tribunale regionale, Düsseldorf), basandosi sul fatto che la Nike Deutschland doveva essere considerata una stabile organizzazione della prima convenuta, creando così un collegamento fra la convenuta statunitense e la Germania, ha affermato la propria competenza internazionale, anche con riferimento al territorio dell’intera Unione europea. Nel merito, esso ha tuttavia respinto il ricorso. A seguito di appello presentato dalla ricorrente all’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Düsseldorf), le convenute continuano a sostenere la carenza di competenza internazionale dei tribunali tedeschi relativamente al primo provvedimento richiesto.

17.      In detto contesto l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Düsseldorf) ha sollevato la seguente questione pregiudiziale:

«In presenza di quali condizioni una società giuridicamente indipendente avente la propria sede in uno Stato membro dell’Unione e controllata indirettamente da un’impresa che, a sua volta, non ha alcuna sede nell’Unione, deve essere considerata quale “stabile organizzazione” di detta ultima impresa ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009».

18.      Sono state presentate osservazioni scritte alla Corte dalla ricorrente e da entrambe le convenute, dal governo italiano e dalla Commissione europea. Tutti, ad eccezione del governo italiano, hanno svolto osservazioni orali all’udienza celebrata il 6 ottobre 2016.

III. Valutazione

A.      Introduzione

19.      In primis è importante sottolineare che, ai sensi del regolamento sul marchio comunitario, solo i «tribunali dei marchi comunitari» – giudici nazionali appositamente selezionati cui è conferita detta funzione – (9) possono pronunciarsi sulle azioni di contraffazione (10). Il Landgericht Düsseldorf (Tribunale regionale, Düsseldorf) e l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Düsseldorf) sono stati designati come tali dal governo tedesco (11).

20.      Non tutti i tribunali dei marchi comunitari, tuttavia, possono concedere il provvedimento valido per l’intera Unione europea (12) richiesto dalla ricorrente nel caso di specie.

21.      Il fatto che un determinato tribunale dei marchi comunitari abbia o meno queste vaste attribuzioni dipende dalla possibilità di fondare la propria competenza internazionale sugli articoli 97, paragrafi da 1 a 4, del regolamento sul marchio comunitario (13). Solo allora un tribunale dei marchi comunitari «è competente per gli atti di contraffazione commessi o che rischiano di essere commessi sul territorio di qualsiasi Stato membro» (14).

22.      Pertanto, mentre l’affermazione della ricorrente, secondo cui le contraffazioni avrebbero avuto luogo in Germania, fonda la competenza per un’azione di contraffazione del marchio comunitario in Germania ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento sul marchio comunitario (15), detta disposizione può fondare la competenza esclusivamente per gli atti di contraffazione commessi o che rischiano di essere commessi nel territorio di questo Stato membro del foro (16). Essa non costituisce una base sufficiente per concedere il provvedimento richiesto dall’attrice, i cui effetti si estendono oltre i confini della Germania. Perché ciò avvenga, la competenza deve fondarsi sull’articolo 97, paragrafi da 1 a 4, del regolamento sul marchio comunitario (17).

23.      Come già evidenziato, l’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario fornisce detto fondamento per la competenza internazionale se la convenuta di uno Stato terzo ha una stabile organizzazione nello Stato membro del foro (18). L’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Germania), pertanto, chiede chiarimenti in merito alle condizioni alle quali la Nike Deutschland, che ha la propria sede in Germania, possa essere qualificata come una stabile organizzazione della Nike Inc.

B.      Nozione di «stabile organizzazione»

24.      L’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario stabilisce che le procedure per contraffazione di marchi comunitari «vengono avviate dinanzi ai tribunali dello Stato membro in cui il convenuto ha il domicilio o, qualora non sia domiciliato in uno degli Stati membri, dello Stato membro in cui ha una stabile organizzazione».

1.      Definizione autonoma

25.      Deve essere in primo luogo affrontata la questione se il termine «stabile organizzazione» abbia, come affermato dalla Commissione all’udienza, un significato autonomo a livello dell’Unione o se la sua definizione debba essere demandata ai giudici nazionali in base al loro diritto interno (19).

26.      La seconda opinione sembra essere corroborata dal fatto che il termine «domicilio», di cui all’articolo 59 del regolamento Bruxelles I (20), deve essere stabilito conformemente alla normativa interna dello Stato membro in cui la causa è iniziata. Al contempo, tuttavia, l’articolo 60 del regolamento Bruxelles I fornisce una definizione autonoma di domicilio per le società e le associazioni (21).

27.      Di norma le disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate autonomamente (22). Una nozione di «stabile organizzazione» a livello dell’Unione, inoltre, è coerente con la finalità dell’articolo 97, paragrafi da 1 a 4, del regolamento sul marchio comunitario di creare una base uniforme per la competenza estesa all’intera Unione. Nelle presenti conclusioni, pertanto, si esprime l’avviso che la Corte debba fornire un’interpretazione autonoma (23).

2.      «Stabile organizzazione» nell’accezione del regolamento sul marchio comunitario

28.      Sebbene talune definizioni legali siano state inserite nel regolamento sul marchio comunitario (24), il legislatore non ne ha fornita una per il termine «stabile organizzazione».

29.      La Corte, inoltre, a tutt’oggi non ha ancora avuto occasione (25) di fornire un’interpretazione dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario o del termine «stabile organizzazione» utilizzato in altre disposizioni del medesimo regolamento (26).

30.      In assenza di indicazioni nei lavori preparatori (27), il termine «stabile organizzazione» di cui all’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario deve essere determinato necessariamente facendo ricorso a fonti esterne a detto regolamento.

31.      A prima vista il regolamento «insolvenza» (28) sembrerebbe essere una buona fonte di questo genere. All’articolo 2, lettera h), esso fornisce una definizione legale (29) del termine «establishment», per il contesto, fra l’altro, della competenza internazionale.

32.      Nel presente contesto, tuttavia, la suddetta definizione non può essere applicata né direttamente né utilizzata in via analogica. Essa è formulata espressamente solo «[a]i fini del presente regolamento». La finalità per cui è stata attribuita importanza alla dipendenza nel regolamento «insolvenza» è alquanto differente da quella del contesto di cui all’articolo 97 del regolamento sul marchio comunitario: ai sensi del regolamento «insolvenza» la competenza radicata presso una dipendenza è operativa solo nel contesto di procedimenti secondari non basati sul centro degli interessi principali del debitore. Inoltre, le decisioni emesse in detti procedimenti hanno un effetto limitato (30). L’articolo 97 del regolamento sul marchio comunitario, invece, attribuisce importanza alla stabile organizzazione al fine di identificare una competenza centrale per l’emanazione di sentenze che abbiano un effetto esteso.

3.      «Sede d’attività» nell’accezione del regolamento Bruxelles I

33.      Una naturale fonte di orientamento nell’interpretare una disposizione in materia di competenza del regolamento sul marchio comunitario è comunque rappresentata dal regolamento Bruxelles I, atteso che detto strumento giuridico fissa le norme generali sulla competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale. Il regolamento Bruxelles I è applicabile ai procedimenti relativi ai marchi comunitari, salvo disposizioni contrarie del regolamento sul marchio comunitario (31). Insieme al suo strumento precedente (la Convenzione di Bruxelles), risalente al 1968, il regolamento Bruxelles I fornisce un quadro concettuale consolidato, che funge da fondamento anche per le norme più recenti in materia di competenza rinvenibili in regolamenti speciali, come il regolamento sul marchio comunitario.

34.      Nelle disposizioni generali, il regolamento Bruxelles I fornisce talune definizioni legali (32), tuttavia esso non definisce il termine «sede d’attività».

35.      Il regolamento Bruxelles I, tuttavia, usa il termine «sede d’attività» come elemento di collegamento per la competenza internazionale ai sensi degli articoli 5, paragrafo 5, e 18.

36.      Nelle sue osservazioni scritte, il governo italiano ha sottolineato che la versione italiana del termine «establishment» utilizzata nel regolamento Bruxelles I («sede d’attività») non è identica a quella utilizzata all’articolo 97 del regolamento sul marchio comunitario («stabile organizzazione»). Tuttavia, alla luce dello stretto rapporto fra i due strumenti giuridici creato dal riferimento esplicito al regolamento Bruxelles I nel considerando 16 e negli articoli 97 e 94 del regolamento sul marchio comunitario, la divergenza linguistica in una versione linguistica non impedisce alla Corte di avvalersi del regolamento Bruxelles I, che rappresenta lo strumento giuridico classico in materia di competenza internazionale.

37.      Come hanno sottolineato sia le parti del procedimento di rinvio pregiudiziale sia il giudice del rinvio, esiste una giurisprudenza consolidata relativamente al significato di «sede d’attività» ai sensi del regolamento Bruxelles I.

a)      Articolo 5, paragrafo 5, del regolamento Bruxelles I

38.      La prima norma oggetto di interpretazione da parte della Corte a questo proposito è stato l’articolo 5, paragrafo 5, del regolamento Bruxelles I (33), secondo cui sussistono «competenze speciali» (34) «qualora si tratti di controversia concernente l’esercizio di una succursale, di un’agenzia o di qualsiasi altra sede d’attività, davanti al giudice del luogo in cui essa è situata».

39.      La Corte ha fornito un’interpretazione di dette nozioni per la prima volta nel 1976 nella sentenza De Bloos, in cui ha statuito che «uno degli elementi essenziali peculiari delle nozioni di succursale e di agenzia è la subordinazione alla direzione e al sindacato della casa madre» e che la nozione di sede d’attività «si basa, nello spirito della convenzione, sui medesimi elementi essenziali di una succursale o di un’agenzia» (35).

40.      Nella sentenza Somafer, la Corte ha dichiarato che «poiché i concetti in questione danno la possibilità di derogare al principio generale di competenza di cui all’art. 2 della convenzione, la loro interpretazione deve consentire di acclarare senza difficoltà il criterio speciale di collegamento che giustifica questa deroga» (36). Essa ha aggiunto che «questo criterio speciale di collegamento riguarda, in primo luogo, gli indizi esterni che permettono facilmente di riconoscere l’esistenza della succursale, dell’agenzia o della filiale e, in secondo luogo, il rapporto esistente fra l’entità così individuata e l’oggetto dell’azione intentata contro la casa madre».

41.      Quanto al primo punto, la Corte ha precisato che «il concetto di succursale, di agenzia o di qualsiasi altra filiale implica un centro operativo che si manifesti in modo duraturo verso l’esterno come un’estensione della casa madre, provvisto di direzione e materialmente attrezzato in modo da poter trattare affari con terzi, di guisa che questi, pur sapendo che un eventuale rapporto giuridico si stabilirà con la casa madre la cui sede trovasi all’estero, sono dispensati dal rivolgersi direttamente a questa, e possono concludere affari nel centro operativo che ne costituisce l’estensione».

42.      Quanto al secondo punto, la Corte ha dichiarato che «è inoltre necessario che l’oggetto della controversia riguardi l’esercizio della succursale, dell’agenzia o di qualsiasi altra filiale» e che «questa nozione di esercizio riguarda, in primo luogo, le controversie vertenti sui diritti e sugli obblighi contrattuali o extracontrattuali relativi alla gestione propriamente detta dell’agenzia, della succursale o della filiale considerate in se stesse, come quelli relativi alla locazione dell’immobile in cui dette entità hanno sede, ovvero all’assunzione in loco del personale che vi lavora» (37).

43.      Infine, nelle sentenze Blanckaert & Willems e SAR Schotte, la Corte ha infine precisato che la succursale, l’agenzia o qualsiasi altra filiale «deve essere facilmente riconoscibile agli occhi dei terzi come un’estensione della casa madre» (38) e che «il nesso di stretto collegamento tra la controversia e il giudice che ne è investito si valuta (…) anche in relazione al modo in cui le due imprese si comportano nella vita sociale e si presentano nei confronti dei terzi nei loro rapporti commerciali» (39).

b)      Articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Bruxelles I

44.      In una decisione più recente, la Corte ha dovuto fornire un’interpretazione delle medesime nozioni nel contesto dell’articolo 18 del regolamento Bruxelles I che, al paragrafo 2, stabilisce che «[q]ualora un lavoratore concluda un contratto individuale di lavoro con un datore di lavoro che non sia domiciliato in uno Stato membro ma possieda una succursale, un’agenzia o qualsiasi altra sede d’attività in uno Stato membro, il datore di lavoro è considerato, per le controversie relative al loro esercizio, come avente domicilio nel territorio di quest’ultimo Stato».

45.      Nella sentenza Mahamdia la Corte, sulla base di un’analisi dei summenzionati precedenti relativi all’articolo 5, paragrafo 5, del regolamento Bruxelles I, ha identificato due criteri decisivi per la creazione di un collegamento sufficiente con lo Stato membro del foro. La Corte ha dichiarato che «[i]n primo luogo, la nozione di “succursale”, di “agenzia” o di “qualsiasi altra sede d’attività” presuppone l’esistenza di un centro operativo che si manifesti in modo duraturo verso l’esterno come un’estensione di una casa madre. Tale centro deve essere provvisto di direzione e attrezzato in modo da poter contrattare con terzi, di guisa che questi sono dispensati dal rivolgersi direttamente alla casa madre. (…) In secondo luogo, la controversia deve riguardare atti relativi alla gestione di tali enti o impegni assunti da questi ultimi in nome della casa madre e che devono essere adempiuti nello Stato in cui essi sono stabiliti» (40).

46.      La causa Mahamdia riguardava una controversia in materia di diritto del lavoro avviata da un conducente di automobili impiegato da un’ambasciata della Repubblica algerina democratica e popolare contro il suddetto Stato. In detto contesto, la Corte ha statuito che «un’ambasciata può essere assimilata ad un centro operativo che si manifesta in modo duraturo verso l’esterno e che contribuisce all’identificazione e alla rappresentanza dello Stato da cui essa promana» (41).

47.      La Corte ha così aggiunto un aspetto particolare al collegamento fra la «casa madre» e la sede d’attività, ossia l’identificazione e la rappresentanza. Ciò corrisponde alle diverse funzioni assolte dall’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Bruxelles I rispetto all’articolo 5, paragrafo 5, del medesimo regolamento: l’articolo 18, paragrafo 2, riguarda la speciale situazione di un convenuto non domiciliato nell’UE e, collegandosi dunque alla sua sede d’attività, considera quest’ultima sostitutiva del domicilio mancante, affermando che il convenuto «è considerato (…) come avente domicilio nel territorio di quest’ultimo Stato». In caso di sostituzione, l’identificazione rappresenta l’elemento centrale.

c)      Sintesi

48.      Sia l’articolo 5, paragrafo 5, sia l’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Bruxelles I consentono all’attore di agire in giudizio contro un convenuto in un luogo diverso dal suo domicilio, in cui quest’ultimo, tuttavia, abbia una sede d’attività.

49.      Entrambe le suddette disposizioni richiedono nondimeno, oltre alla mera esistenza di una sede d’attività, che si tratti di una controversia concernente «l’esercizio» di detta «sede d’attività». Pertanto, ai sensi di dette norme, la sede d’attività non è, di per sé, sufficiente per creare il collegamento con lo Stato del foro, ma è necessario un ulteriore elemento. Il secondo dei due criteri sviluppati nella giurisprudenza relativa al regolamento Bruxelles I sopra descritta si riferisce esclusivamente a detto elemento ulteriore.

50.      Il testo dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario, tuttavia, non contiene questo secondo elemento, ma piuttosto si limita ad attribuire la competenza allo Stato membro in cui il convenuto abbia una stabile organizzazione. Il secondo criterio della duplice verifica della Corte relativamente agli articoli 5 e 18 del regolamento Bruxelles I può pertanto essere ignorato nel presente contesto.

4.      «Stabile organizzazione» nell’accezione dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario

51.      Il primo criterio – l’unico, dunque, a rilevare ai fini della mia analisi – contiene due elementi indicativi di caratteristiche indipendenti dalla specifica attività in cui si esplica il legame con la stabile organizzazione. Esse chiariscono l’essenza della nozione stessa di stabile organizzazione. Dette caratteristiche sono a) un centro operativo che b) si manifesti in modo duraturo come un’estensione della casa madre.

a)      Centro operativo

52.      Per quanto attiene alla prima caratteristica del «centro operativo», la Corte ha spiegato inoltre che la stabile organizzazione deve essere provvista di direzione e materialmente attrezzata in modo da poter trattare affari con terzi, di guisa che questi sono dispensati dal rivolgersi direttamente alla casa madre (42). Esulando dallo specifico contesto dei contratti, si potrebbe desumere che talune attività operative siano imprescindibili e che una data presenza reale e stabile, che si manifesti attraverso il personale e le attrezzature materiali in loco, sia necessaria. Un livello minimo di organizzazione e un grado di stabilità sono certamente necessari; la presenza di prodotti e di conti bancari, di per sé, non è sufficiente per costituire una «stabile organizzazione» (43). La giurisprudenza relativa al regolamento Bruxelles I, inoltre, richiede chiaramente una direzione a livello locale.

53.      Nella fattispecie l’elemento della presenza reale e operativa è chiaramente soddisfatto, in quanto la Nike Deutschland è una società locale che presta concretamente servizi prevendita e postvendita ai clienti della Nike in Germania. La Nike Deutschland è una società a responsabilità limitata giuridicamente indipendente, per cui l’elemento della direzione a livello locale è soddisfatto.

b)      Manifestazione duratura verso l’esterno come estensione della casa madre

54.      Nel caso di specie, tuttavia, le convenute contestano la sussistenza di un collegamento sufficiente fra la Nike Deutschland e la prima convenuta. In base alla giurisprudenza della Corte, detto legame si realizza con il «[manifestarsi] in modo duraturo verso l’esterno come un’estensione di una casa madre» (44). Ciò presuppone un determinato grado di dipendenza e di subordinazione da parte della stabile organizzazione.

55.      Le ricorrenti sollevano due obiezioni al riguardo:

1)      Indipendenza giuridica della stabile organizzazione

56.      In primo luogo le convenute suggeriscono che, per motivi formali, la Nike Deutschland non può essere una stabile organizzazione di un’altra impresa, in quanto trattasi di una società giuridicamente indipendente e, nel contesto della procedura civile, è necessario adottare un approccio formale.

57.      Tuttavia, come è stato notato supra, esiste una giurisprudenza consolidata (45) secondo cui un soggetto giuridico indipendente può essere qualificato come stabile organizzazione. Nella causa SAR Schotte (46), anche la filiale in questione aveva la forma giuridica di una GmbH tedesca.

58.      Il giudice del rinvio, in questo contesto, fa riferimento alle conclusioni presentate dall’avvocato generale Mengozzi nella causa Mahamdia (47), in cui ha affermato che è pacifico che le nozioni di «agenzia», «succursale» e «sede d’attività» fanno riferimento ad entità prive di personalità giuridica. La suddetta affermazione, tuttavia, costituiva un obiter dictum dal momento che la causa Mahamdia riguardava un’ambasciata priva di personalità giuridica distinta. Lo stesso dicasi per il parere 1/03 della Corte (48), citato dall’avvocato generale Mengozzi. Detto parere non ha affrontato l’indipendenza giuridica, ma piuttosto ha aggiunto l’attributo «prive di personalità giuridica» a scopo connotativo nel contesto delle disposizioni relative «alle succursali, alle agenzie o alle altre sedi d’attività» in generale. In quel contesto non è stata trattata la questione se un’entità dotata di personalità giuridica potesse essere qualificata come sede d’attività di un’altra impresa.

59.      D’altro canto, cercando definizioni in altri contesti, si possono rinvenire fonti autorevoli che affermano chiaramente che «la forma giuridica di [uno] stabilimento, si tratti di una semplice succursale o di una filiale dotata di personalità giuridica, non è il fattore determinante» (49).

60.      Nel presente contesto, pertanto, non vi è alcun motivo per discostarsi dalla giurisprudenza consolidata in materia precedentemente citata.

61.      Inoltre, l’approccio formale generalmente adottato nella procedura civile, cui le convenute fanno riferimento, non osta all’approccio economico qui adottato, per il quale rileva se un convenuto abbia o meno una stabile organizzazione in uno Stato. La stabile organizzazione non è parte del procedimento, ma funge esclusivamente da collegamento fra il convenuto e un determinato territorio. L’argomentazione secondo cui la stabile organizzazione stessa non potrebbe essere vincolata da una sentenza di condanna della propria casa madre è irrilevante ai fini della questione se la sede di una determinata controllata possa stabilire un legame fra la convenuta e un determinato Stato e i suoi organi giurisdizionali (50). Determinante è, invece, se si possa ritenere che la controllata rappresenti una base della società convenuta da cui quest’ultima possa difendere i propri interessi.

2)      Direzione e sindacato della convenuta sulla stabile organizzazione

62.      In secondo luogo, la Nike Deutschland non ha gli stessi amministratori della prima convenuta (51). Le convenute, pertanto, sostengono che qualsiasi forma di controllo esercitata dalla Nike Inc. sulla Nike Deutschland sarebbe debole e non immediatamente visibile ai terzi. Detta argomentazione riguarda la questione di quale debba essere il grado di subordinazione alla «direzione e al sindacato della casa madre» (52) e di come esso possa essere accertato, questione che deve essere considerata nel contesto della grande importanza della prevedibilità (53) riguardo alla giurisdizione.

63.      Tornando alla giurisprudenza consolidata, tuttavia, appare evidente che il problema non è rappresentato dalla direzione e dal sindacato effettivo, quanto piuttosto dalla percezione dei terzi (54) nello Stato in cui si trova la stabile organizzazione. Questi devono avere l’impressione che l’entità appartenga alla società madre, ossia che, «pur sapendo che un eventuale rapporto giuridico si stabilirà con la casa madre la cui sede trovasi all’estero, sono dispensati dal rivolgersi direttamente a questa, e possono concludere affari nel centro operativo che ne costituisce l’estensione» (55). La valutazione deve avere luogo anche «in relazione al modo in cui le due imprese si comportano nella vita sociale e si presentano nei confronti dei terzi nei loro rapporti commerciali» (56). Sebbene una presenza meramente simbolica non sia sufficiente, è determinante che essa «contribuisc[a] all’identificazione e alla rappresentanza dell[a società madre] da cui essa promana» (57).

64.      Nel presente caso la Nike Deutschland è presentata come il contatto tedesco di cui avvalersi relativamente ai prodotti NIKE (58) e costituisce, attraverso la fornitura di servizi prevendita e postvendita, una parte importante dell’organizzazione commerciale, saldamente integrata nella struttura operativa del gruppo. Sebbene non operi come rivenditore, essa svolge una funzione essenziale all’interno della gestione delle vendite ed è parte integrante dell’organizzazione commerciale e del merchandising della Nike in Germania. Un elemento essenziale di detta integrazione è l’uso evidente del nome «Nike», nonché il fatto che il nome della controllata tedesca non contenga indicazioni di restrizioni a determinati compiti o attività, ma aggiunga semplicemente il nome del paese alla generale denominazione sociale. L’identità di nomi era un fattore rilevante anche nella causa SAR Schotte (59).

65.      La valutazione di tali fattori deve essere effettuata dal punto di vista del contesto nazionale nello Stato del foro. Questo è il motivo per cui il giudice nazionale è nella migliore posizione per valutare se la controllata si presenti come un avamposto saldamente legato alla convenuta o meno. Questa valutazione deve essere basata su criteri oggettivi e verificabili. Gli elementi materiali presi in considerazione al fine di valutare la qualificabilità come stabile organizzazione devono poter essere riconoscibili dai terzi (60). Essi devono essere stati oggetto di pubblicità o, quanto meno, essere stati circondati da una trasparenza sufficiente a far sì che i terzi ne abbiano potuto avere conoscenza (61); i dati interni relativi alla direzione e al sindacato effettivi nell’ambito del gruppo sono irrilevanti a tal fine (62).

66.      Le convenute asseriscono che, se la mera presunzione che un’entità sia una stabile organizzazione può fondare l’attribuzione di competenza, l’attrice deve necessariamente avere agito sulla base di detta presunzione (elemento soggettivo). Esse affermano che questo rappresenta un principio generale del diritto, applicabile solo qualora la parte che lo invoca meriti protezione (63).

67.      La suddetta argomentazione, tuttavia, non è convincente. Nel riferirsi alla stabile organizzazione del convenuto, l’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario non mira a proteggere gli interessi dell’attore, bensì quelli del convenuto (64). Occorre altresì sottolineare nuovamente che sono necessari criteri oggettivi per produrre l’impressione che il convenuto diriga e controlli l’entità che potrebbe costituire una stabile organizzazione. Ad ogni modo, è comunque necessario il primo elemento – un centro reale di operazioni commerciali. Pertanto, in base all’approccio adottato nella fattispecie, la stabile organizzazione non è mai interamente fittizia.

68.      In questo contesto, la certezza del diritto e la prevedibilità (65) sono garantite sia dal punto di vista dell’attore sia del convenuto. Nella fattispecie, la Nike Inc., la prima convenuta, in quanto capogruppo del Nike Group, è in grado di effettuare dichiarazioni chiare e di correggere impressioni errate. La Nike Inc., pertanto, si assume il rischio di chiarire le relazioni legali e commerciali esistenti fra sé e la presunta stabile organizzazione attraverso messaggi pubblici ed espliciti, ristrutturando la propria organizzazione del merchandising o limitando l’uso della propria marca da parte della controllata tedesca, se desidera evitare di essere assoggettata alla competenza estesa dei giudici tedeschi ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario.

c)      Non è necessario alcun altro elemento

69.      Sebbene l’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario non prescriva espressamente che la controversia riguardi «l’esercizio di [detta] sede d’attività» (66), secondo le convenute (67) deve esistere un coinvolgimento della sede d’attività nella condotta illecita per cui il convenuto è citato in giudizio (68).

1)      Non un «foro alternativo»

70.      Il considerando 12 del regolamento Bruxelles I potrebbe giustificare la tesi secondo cui, oltre alla mera presenza di una sede d’attività, sia necessario un ulteriore elemento. Detto considerando afferma che i «fori alternativi [sono] ammessi in base al collegamento stretto tra l’organo giurisdizionale e la controversia, ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia».

71.      Al fine di accertare se l’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario stabilisca un «foro alternativo» siffatto, occorre tenere in debito conto il principio su cui si basa la norma, la sua natura e la funzione del termine «stabile organizzazione» nell’ambito del più ampio testo dell’articolo.

72.      L’articolo 97, paragrafi da 1 a 4, del regolamento sul marchio comunitario enuncia i criteri per stabilire lo Stato membro ai cui organi giurisdizionali è affidato il compito di garantire, in un’unica pronuncia, la tutela effettiva del marchio comunitario all’interno dell’Unione europea (69).

73.      Al fine di prevedere almeno uno Stato membro i cui giudici sarebbero competenti per qualsiasi fattispecie, il legislatore ha stabilito nell’articolo 97, paragrafi da 1 a 3, del regolamento sul marchio comunitario (70) una «scala di radicamento» della competenza internazionale che prevede diversi criteri di collegamento gerarchicamente ordinati. Uno di detti criteri è la «stabile organizzazione» del convenuto.

74.      La scala di radicamento della competenza internazionale presenta complessivamente cinque livelli, di cui il primo è rappresentato dal domicilio nell’Unione del convenuto e il secondo dalla stabile organizzazione nell’Unione del convenuto (71). Il terzo è rappresentato dal domicilio nell’Unione dell’attore e il quarto dalla stabile organizzazione nell’Unione dell’attore (72).      Infine, la sede dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno può determinare il giudice competente (73).

75.      La «stabile organizzazione» è presa in considerazione al secondo livello di radicamento. Essa è applicabile solamente se il convenuto non ha un domicilio all’interno dell’Unione europea, dato che quest’ultimo fattore figura al primo livello. Il domicilio, pertanto, mantiene la propria posizione di criterio di collegamento primario per la competenza giurisdizionale, mentre la stabile organizzazione figura in secondo ordine.

76.      Nell’ambito del regime generale del regolamento Bruxelles I, in cui il domicilio nell’Unione europea del convenuto costituisce altresì il criterio di collegamento primario (74), la determinazione della competenza internazionale per i convenuti di uno Stato terzo è demandata al diritto nazionale dello Stato membro del foro (75). Ciò non sarebbe auspicabile nell’ambito della competenza estesa all’intera Unione prevista dal regolamento sul marchio comunitario. La protezione uniforme di un marchio all’interno dell’Unione in forza di una sola pronuncia mediante una competenza estesa esige un regime uniforme per la determinazione del foro. Questo è il motivo per cui, nell’ambito del regolamento sul marchio comunitario, le norme sulla competenza generale stabilite dal regolamento Bruxelles I sono state dichiarate inapplicabili (76) e sostituite dalla specifica scala autonoma di radicamento di cui all’articolo 97, paragrafi da 1a 3, del medesimo atto normativo.

77.      Per quanto riguarda la natura dell’articolo 97, paragrafi da 1 a 3, del regolamento sul marchio comunitario, si può evincere dalle osservazioni che precedono che esso rappresenta una specifica norma sulla competenza generale e non già una norma sulla competenza speciale. Esso non istituisce un «foro alternativo» di competenza (77), ma definisce la competenza generale ai fini del regolamento sul marchio comunitario, sostituendo così le norme generali che sarebbero altrimenti applicabili. La «stabile organizzazione» di cui all’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario non fornisce un criterio per la determinazione del foro in aggiunta al «criterio del foro del domicilio del convenuto» (78)Esso, piuttosto, si applica «in luogo del criterio del domicilio del convenuto», qualora quest’ultimo non sia disponibile. Pertanto, è meglio qualificabile come un criterio sostitutivo piuttosto che come un’«alternativa».

78.      Non è pertanto necessario alcun altro elemento.

2)      Interpretazione estensiva alla luce del principio «actor sequitur forum rei»

79.      Non vi è inoltre alcuna ragione per accogliere la tesi delle convenute, secondo cui l’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario dovrebbe essere oggetto di interpretazione restrittiva. Ciò si renderebbe necessario solo per le competenze speciali, atteso che queste sono eccezioni estrapolate dalla regola generale (79).

80.      Il termine «stabile organizzazione» di cui all’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario, invece, dovrebbe essere interpretato in modo estensivo. Esso non rappresenta un’eccezione alla regola generale, quanto piuttosto la sua attuazione. La regola generale è stabilita dal considerando 11 del regolamento Bruxelles I, secondo cui essa deve articolarsi intorno al principio della «competenza del giudice del domicilio del convenuto, la quale deve valere in ogni ipotesi salvo in alcuni casi rigorosamente determinati».

81.      L’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario, con il suo radicamento primario presso il domicilio del convenuto, rafforzato dal radicamento secondario presso la sua stabile organizzazione, attua proprio questo principio, che (per le cause civili generali) è codificato nell’articolo 2 del regolamento Bruxelles I e segue il brocardo «actor sequitur forum rei» (80).

82.      Detto principio generale di radicamento della competenza è volto a proteggere gli interessi procedurali del convenuto, che si ritiene non solo sia fisicamente più vicino al luogo del suo domicilio, ma anche conosca meglio la lingua e il diritto procedurale e sostanziale di detto paese. Sebbene non sia un principio universale, questo antico brocardo, ispirato alle impostazioni dell’Europa continentale, è fondamentale e tipico delle norme europee materie di competenza (81).

83.      Il principio privilegia chiaramente gli interessi giurisdizionali del convenuto rispetto a quelli dell’attore. Nella sentenza Dumez France e Tracoba (82) la Corte, nell’interpretare la convenzione di Bruxelles in quanto strumento antecedente il regolamento Bruxelles I (83) ha persino statuito che «la convenzione ha manifestato il proprio sfavore nei confronti della competenza dei giudici del domicilio dell’attore» (84).

84.      La scala di radicamento della competenza che il legislatore ha stabilito all’articolo 97, paragrafi da 1 a 3, del regolamento sul marchio comunitario è perfettamente in linea con questo approccio generale nella procedura civile europea, in quanto i criteri di collegamento della competenza al domicilio o alla stabile organizzazione dell’attore non intervengono prima che sia stato accertato che il convenuto non abbia alcun collegamento rilevante con uno degli Stati membri – collegamento che, in assenza del domicilio, può essere la sua stabile organizzazione.

85.      La duplice funzione di questo criterio di radicamento secondario presso la stabile organizzazione del convenuto consiste nel fornire almeno una certa protezione a detta parte fissando la competenza in un luogo in cui si ritiene che il convenuto sia presente almeno in minima misura, per quanto non si tratti di una presenza completa, resa possibile solo attraverso il domicilio (85). Pertanto, la «stabile organizzazione» in quanto criterio di collegamento in questo contesto funge 1) come ultima ipotesi di attuazione del principio di radicamento della competenza presso il convenuto e, allo stesso tempo, 2) come argine per prevenire uno spostamento eccessivamente frettoloso verso il foro dell’attore.

86.      Pertanto, se alla Corte è chiesto di interpretare l’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario e, più precisamente, la nozione di «stabile organizzazione» ivi contenuta, la definizione da essa fornita si ripercuoterà sul ricorso o meno al criterio, che gode di minore favore, indicato al successivo terzo livello della scala dei criteri di collegamento, spostandosi nel caso la competenza internazionale dallo Stato membro che presenta un collegamento con il convenuto ad uno che presenta un collegamento con l’attore. Si tratta di uno spostamento che dovrebbe essere evitato se possibile. La distinzione concettuale centrale precedentemente illustrata, è fra questi due livelli. Un’interpretazione estensiva del termine «stabile organizzazione», pertanto, appare necessaria per dare attuazione al fondamentale principio dell’«actor sequitur forum rei».

3)      Stabili organizzazioni in più di uno Stato membro

87.      L’interpretazione estensiva qui suggerita potrebbe comportare che il convenuto risulti avere più di una stabile organizzazione nell’ambito dell’Unione. Nel caso di specie è probabile che non solo la Nike Deutschland ma anche la Nike Retail possa essere qualificata come stabile organizzazione.

88.      Ciò solleva la questione se tutte le stabili organizzazioni siano sullo stesso piano o se solo una di esse possa fungere da fattore di collegamento ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario. Come hanno evidenziato le convenute all’udienza dinanzi alla Corte, la Nike Retail è il centro d’attività principale della Nike in Europa. Pertanto, se la competenza internazionale può radicarsi solamente nel luogo dove è situato il centro d’attività principale, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Düsseldorf) non potrebbe emettere il provvedimento di natura paneuropea che è stato richiesto. Ciò potrebbe essere fatto esclusivamente da un tribunale olandese.

89.      Tuttavia, invece di disporre il radicamento nel «centro d’attività principale» (86), l’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario menziona semplicemente i «tribunali dello Stato membro in cui il convenuto (…) ha una stabile organizzazione» (87). Inoltre il «centro d’attività principale» rientra di per sé nella definizione di «domicilio» della società (88). Non avrebbe senso che nell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario esistessero due categorie, di cui il «domicilio» fosse la principale e la «stabile organizzazione» la secondaria, se quest’ultimo termine comprendesse solo il centro d’attività principale (89).

90.      Stando così le cose, qualsiasi centro di attività in uno Stato membro può fungere da criterio di collegamento per radicare la competenza internazionale ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, seconda alternativa, del regolamento sul marchio comunitario. Tale situazione si rivela speculare a quella di cui all’articolo 97, paragrafo 1, prima alternativa, del medesimo regolamento nel senso che, nel contesto del domicilio delle società, una società può anche avere più di un domicilio (90). In siffatti casi di fori alternativi, in base ai principi generali della procedura civile, la scelta fra diversi giudici competenti spetta all’attore.

91.      Tuttavia, alla luce della finalità di limitare il numero di giudici competenti in materia di cause relative al marchio comunitario (91), aspetto particolarmente rilevante nel contesto della competenza internazionale estesa (92), la prospettiva di una pluralità di Stati membri rispondenti ai requisiti potrebbe essere utilizzata come argomentazione contraria a un’interpretazione estensiva della «stabile organizzazione» ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario.

92.      La possibilità che la competenza estesa sulla Nike Inc. sia esercitata dai giudici dei Paesi Bassi e tedeschi determina un rischio di forum shopping, sebbene di portata limitata. Tuttavia, si eviteranno decisioni contrastanti (93) attraverso il meccanismo del regolamento Bruxelles I, soprattutto attraverso le disposizioni del regolamento sulla litispendenza (94), applicabili anche in base al regolamento sul marchio comunitario. In ultima analisi, detta situazione deve essere accettata in osservanza del principio di rango superiore della tutela procedurale del convenuto, che si assicura attribuendo un significato ampio al termine «stabile organizzazione» di cui all’articolo 97, paragrafo 1), del regolamento sul marchio comunitario.

93.      È pur vero che la tutela giuridica conferita al convenuto radicando la competenza presso il luogo della sua stabile organizzazione non è forte quanto la tutela garantitagli dal criterio di collegamento del luogo di suo domicilio, dove egli dispone di tutte le sue risorse. Tuttavia, laddove il convenuto non disponga di un domicilio nell’Unione europea, gli è fornita una tutela minima basilare, basata sulla competenza estesa, attraverso le sue stabili organizzazioni negli Stati membri.

IV.    Conclusione

94.      Suggerisco pertanto alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale nei seguenti termini:

Nelle circostanze quali quelle di cui al procedimento principale, una società giuridicamente indipendente avente la propria sede in uno Stato membro dell’Unione e controllata indirettamente da un’impresa che non ha, essa stessa, una sede nell’Unione, deve essere considerata quale «stabile organizzazione» di detta impresa ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento (CE) del Consiglio n. 207/2009, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU 2009, L 78, pag. 1) se detta società giuridicamente indipendente è un centro operativo che, nello Stato membro in cui è situato, si manifesta in modo duraturo verso l’esterno come estensione della casa madre dello Stato terzo.


1.–      Lingua originale: l’inglese.


2      La nozione sottesa al diritto della proprietà intellettuale è, tradizionalmente, lo «Schutzlandprinzip» (principio del paese di protezione), basato sull’assunto della territorialità del diritto della proprietà intellettuale che, pertanto, può essere fatto valere nel paese in cui è sorto e per il cui territorio è valido, v. Ruhl O., Gemeinschaftsgeschmacksmuster, Kommentar, 2a ed. 2010, articolo 82, paragrafo 4.


3      Su questo punto, v. la prima frase del considerando 16 del regolamento sul marchio comunitario.


4      Secondo la prima frase del considerando 16 del regolamento sul marchio comunitario, «[è] indispensabile che le decisioni (…) abbiano effetto e si estendano all’intera Comunità». Il dispositivo della sentenza, pertanto, può essere riferito all’intero territorio dell’Unione europea. Il riconoscimento e l’esecuzione transfrontalieri, tuttavia, sono sempre soggetti alle regole generali, ossia il regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I) (GU 2001, L 12, pag. 1) o il regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (rifusione) (Bruxelles I bis) (GU 2012, L 351, pag. 1). La Corte ha interpretato più precisamente detto effetto nella sentenza del 12 aprile 2011, DHL Express France, C‑235/09, EU:C:2011:238.


5      V. articolo 98 del regolamento sul marchio comunitario.


6      Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU 2009, L 78, pag. 1.) Questo regolamento è stato modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, recante modifica del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio sul marchio comunitario, che modifica il regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario, e che abroga il regolamento (CE) n. 2869/95 della Commissione relativo alle tasse da pagare all’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) (GU 2015, L 34, pag. 21). I cambiamenti sostanziali introdotti dalla modifica non rilevano nel caso di specie. Si è avuta, tuttavia, una modernizzazione terminologica, nel senso che il termine «marchio comunitario» è d’ora in poi sostituito dal termine «marchio dell’Unione europea (marchio UE)». Ai sensi dell’articolo 4, il regolamento rifuso è entrato in vigore il 23 marzo 2016.


7      Alle azioni proposte in giudizio a partire dal 10 gennaio 2015 si applica il regolamento Bruxelles I bis: v. articolo 81, paragrafo 2, di detto regolamento. Dal momento che il procedimento principale è stato avviato nel 2013, al caso di specie trova applicazione il regolamento Bruxelles I. È tuttavia degno di nota che, ai sensi dell’articolo 108 del regolamento sul marchio comunitario, la versione aggiornata del regolamento Bruxelles I deve essere applicata in un determinato momento anche nel contesto del regolamento sul marchio comunitario.


8      Questo strumento giuridico stabilisce diverse norme sulla competenza giurisdizionale per le azioni relative al marchio comunitario, v. ad esempio la seconda frase del considerando16 e gli articoli 94, paragrafo 1 e 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario.


9      V. articolo 95 del regolamento sul marchio comunitario.


10      V. articolo 96 del regolamento sul marchio comunitario. Essi hanno competenza esclusiva in materia di contraffazione e validità del marchio comunitario (v. anche considerando 15 del regolamento sul marchio comunitario). Questi tribunali sono gli unici che possono accertare l’invalidità di un marchio comunitario: ai sensi dell’articolo 107 del regolamento sul marchio comunitario le autorità giudiziarie nazionali, se adite per azioni diverse da quelle di cui all’articolo 96 del medesimo regolamento, devono considerare valido tale marchio.


11      V. articolo 95, paragrafo 1, in combinato disposto con la Verordnung vom 10.10.1966 (regolamento del 10 ottobre 1966) GV NW 1996, 428 [Landgericht Düsseldorf, (Tribunale regionale, Düsseldorf)] e articolo 125 e (2) DE-MarkenG (legge tedesca sui marchi) [(Oberlandesgericht Düsseldorf, Tribunale regionale superiore, Düsseldorf)].


12      V. paragrafo 2 supra.


13      V. articolo 98, paragrafo 2 in combinato disposto con il paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario.


14      V. articolo 98, paragrafo 1, lettera a), del regolamento sul marchio comunitario.


15      Pertanto, nel caso di specie ciò costituisce una base sufficiente per le altre due domande proposte dalla ricorrente contro le convenute.


16      Articolo 98, paragrafo 2, del regolamento sul marchio comunitario.


17      V. articolo 98 del regolamento sul marchio comunitario.


18      V. articolo 97, paragrafo 1, seconda alternativa, del regolamento sul marchio comunitario. Dal momento che le parti non hanno concordato una clausola attributiva di competenza, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Düsseldorf) non può fondare la propria competenza sull’articolo 97, paragrafo 4, del regolamento sul marchio comunitario. I paragrafi 2 o 3 dell’articolo 97 del regolamento sul marchio comunitario non possono fondare la competenza fintanto che su di essi prevale il paragrafo 1 del medesimo articolo.


19      Detta questione è stata discussa relativamente al termine «filiale» di cui all’articolo 5, paragrafo 5, della Convenzione di Bruxelles nella sentenza del 22 novembre 1978, Somafer,33/78 EU:C:1978:205, punti da 3 a 7.


20      Questa norma non è cambiata nel regolamento Bruxelles I bis: v. articolo 62 di detto regolamento.


21      V. anche la seconda frase del considerando 11 del regolamento Bruxelles I. Ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 94, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario, a sua volta in combinato disposto con l’articolo 60, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I, il «domicilio» nel contesto dell’articolo 97 del regolamento sul marchio comunitario deve, pertanto, essere definito come «il luogo in cui si trova (…) a) la sua sede statutaria, o b) la sua amministrazione centrale, oppure c) il suo centro d’attività principale».


22      V., ad esempio, sentenze del 14 gennaio 1982, Corman, 64/81 EU:C:1982:5, punto 8; del 14 dicembre 2006, Nokia,C‑316/05 EU:C:2012:789, punto 21, e del 22 novembre 2012, Bank Handlowy e Adamiak, C‑116/11 EU:C:2012:739, punto 49.


23      V. anche sentenza del 19 luglio 2012, Mahamdia, C‑154/11 EU:C:2012:491, punto 42, in cui si afferma che le nozioni di «succursale, [...] agenzia o qualsiasi altra sede di attività» contenute nell’articolo 18 del regolamento Bruxelles I «devono essere interpretate considerandole autonome, e perciò comuni all’insieme degli Stati», nonché sentenza del 22 novembre 1978, Somafer, 33/78 EU:C:1978:205, punto 7 e segg., relativamente all’articolo 5, paragrafo 5, della Convenzione di Bruxelles.


24      V., ad esempio, articoli 1 («Marchio comunitario»), 2 («Ufficio»), e 95 («Tribunali dei marchi comunitari»).


25      Nemmeno la norma previgente, l’articolo 93, paragrafo 1, del regolamento n. 40/94, è stata oggetto di interpretazione da parte della Corte. La sentenza del 5 giugno 2014, Coty Germany, C‑360/12, EU:C:2014:1318, riguarda l’articolo 93, paragrafo 5, del regolamento n. 40/94.


26      Nelle sue osservazioni, la Commissione ha menzionato l’articolo 92 del regolamento sul marchio comunitario, una disposizione che usa anch’essa il termine «stabile organizzazione» nell’ambito di una procedura relativa ad un marchio comunitario, ma il contesto specifico riguarda la rappresentanza dinanzi all’Ufficio del marchio comunitario. L’articolo 92, paragrafo 2, del regolamento sul marchio comunitario stabilisce che: «(…) le persone fisiche e giuridiche che non hanno domicilio né sede né una stabile organizzazione industriale o commerciale effettiva e seria nella Comunità, devono essere rappresentate dinanzi all’Ufficio (…)».


27      Nella proposta di regolamento del Consiglio sul marchio comunitario, presentata dalla Commissione al Consiglio il 25 novembre 1980 (COM/80/635), è utilizzato, invece di «establishment» [«stabile organizzazione»] il termine [nella versione inglese] «place of business» e, nella prima e quarta frase, dell’articolo 74, paragrafo 1, si dispone quanto segue: «L’azione per contraffazione di un marchio comunitario viene proposta dinanzi al giudice dello Stato membro in cui il convenuto ha il domicilio o, in difetto, una stabile organizzazione [nella versione inglese: «place of business»]. (…) Il giudice adito è competente per gli atti di contraffazione che si presumono commessi nel territorio di qualsiasi Stato membro». La prima versione del regolamento sul marchio comunitario entrata in vigore è stata il regolamento (CE) del Consiglio n. 40/94, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario, (GU 1994, L 11, pag. 1). Nell’articolo 93, paragrafo 1, detto strumento già utilizzava [nella versione inglese], invece di «habitual residence» e «place of business», i termini «domicile» e «establishment» [in italiano: «domicilio» e «stabile organizzazione» in entrambi i casi], termini ancora utilizzati nella versione aggiornata e consolidata del regolamento sul marchio comunitario all’articolo 97, paragrafo 1, applicabili al caso di specie. Per quanto è possibile notare, non sono ravvisabili definizioni o spiegazioni terminologiche.


28      Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (regolamento «insolvenza»), (GU 2000, L 160, pag. 1.)


29      L’articolo 2, lettera h), del regolamento «insolvenza» così recita: «Ai fini del presente regolamento, s’intende per (…) “Dipendenza”, qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni».


30      V. articolo 3, paragrafo 2, del regolamento «insolvenza».


31      V. considerando 16 e articoli 94, paragrafo 1, e 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario. Questo è il motivo per cui, sebbene il regolamento sul marchio comunitario – come sostenuto dalle convenute – sia la lex specialis, esso non prevale a livello generale sul regolamento Bruxelles I.


32      V. la definizione dei termini «domicilio» e «sede statutaria» delle società nell’articolo 60 del regolamento Bruxelles I.


33      Più precisamente, la norma precedente ad essa nella Convenzione di Bruxelles, applicabile alla maggior parte delle cause citate infra. Il considerando 19 del regolamento Bruxelles I invita ad una continuità di interpretazione fra detti strumenti giuridici


34      V. il titolo della Sezione 2 del regolamento Bruxelles I, di cui fa parte l’articolo 5.


35      Sentenza del 6 ottobre 1976, De Bloos, 14/76, EU:C:1976:134, punti 20 e 21.


36      Sentenza del 22 novembre 1978, Somafer, 33/78, EU:C:1978:205, punto 11.


37      Sentenza del 22 novembre 1978, Somafer, 33/78, EU:C:1978:205, punti 12 e 13.


38      Sentenza del 18 marzo 1981, Blanckaert & Willems, 139/80, EU:C:1981:70, punto 12.


39      Sentenza del 9 dicembre 1987, SAR Schotte, 218/86, EU:C:1987:536, punto 16.


40      Sentenza del 19 luglio 2012, Mahamdia, C‑154/11, EU:C:2012:491, punto 48.


41      Sentenza del 19 luglio 2012, Mahamdia, C‑154/11, EU:C:2012:491, punto 50.


42      Sentenze del 22 novembre 1978, Somafer, 33/78, EU:C:1978:205, punto 12; del 18 marzo 1981, Blanckaert & Willems, 139/80, EU:C:1981:70, punto 11, e del 19 luglio 2012, Mahamdia, C‑154/11, EU:C:2012:491, punto 48.


43      V. sentenze del 20 ottobre 2011, Interedil, C‑396/09, EU:C:2011:671, punto 62, e del 4 settembre 2014, Burgo Group, C‑327/13, EU:C:2014:2158, punto 31, relativamente al regolamento «insolvenza». Detto regolamento definisce il termine «dipendenza» all’articolo 2, lettera h). Sebbene l’ambito di applicazione di detta definizione sia espressamente limitato al citato regolamento (v. paragrafo 32 supra), per cui la definizione non può trovare applicazione diretta alla fattispecie, essa può nondimeno fornire elementi degni di considerazione nella discussione sul medesimo termine in altri contesti e, pertanto, può avere un effetto indiretto.


44      Sentenze del 22 novembre 1978, Somafer, 33/78, EU:C:1978:205, punto [12]; del 9 dicembre 1987, SAR Schotte, 218/86, EU:C:1987:536, punto 10; del 18 marzo 1982, Blanckaert & Willems, 139/80, EU:C:1981:70, punto 12, nonché sentenza del 19 luglio 2012, Mahamdia, C‑154/11, EU:C:2012:491, punto 48.


45      Sentenza del 9 dicembre 1987, SAR Schotte, 218/86, EU:C:1987:536, punto 15 e, nel contesto della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 31), v. sentenze del 13 maggio 2014, Google Spain, C‑131/12, EU:C:2014:317, punti 48 e 49, che interpreta l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva, e del 4 settembre 2014, Burgo Group, C‑327/13, EU:C:2014:2158, punto 32, che interpreta l’articolo 2, lettera h), del regolamento «insolvenza».


46      Sentenza del 9 dicembre 1987, SAR Schotte, 218/86, EU:C:1987:536, punto 15.


47      Conclusioni presentate nella causa Mahamdia, C‑154/11 EU:C:2012:309, paragrafo 43, con riferimento al parere 1/03 del 7 febbraio 2006,, EU:C:2006:81, punto 150.


48      Parere 1/03 del 7 febbraio 2006, EU:C:2006:81, punto 150.


49      V. considerando 19 della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati.


50      L’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Düsseldorf, Germania), nella sentenza del 31 gennaio 2012 – I‑20 U 175, punto 47 osserva che la società madre ha un legame con lo Stato in cui si trova la sede della propria controllata, giuridicamente autonoma, per lo meno in quanto, attraverso la controllata, è confrontata all’ordinamento giuridico di detto Stato. Nella sentenza l’Oberlandesgericht (Tribunale regionale superiore) interpreta il termine «stabile organizzazione» di cui all’articolo 82, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 6/2002, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari, il cui tenore è identico a quello dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario, e che ha una ratio analoga, nel senso che esso comprende le società giuridicamente autonome.


51      Tale ipotesi, tuttavia, ricorreva nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 9 dicembre 1987, SAR Schotte,218/86 EU:C:1987:536, punto 13, in cui entrambe portavano lo stesso nome e disponevano di una direzione comune.


52      Richiesta in base alla sentenza del 6 ottobre 1976, De Bloos, 14/76, EU:C: 1976:134, punto 20.


53      V. considerando 11 del regolamento Bruxelles I.


54      Sentenza del 22 novembre 1978, Somafer, 33/78, EU:C:1978:205, punto 12.


55      Sentenza del 22 novembre 1978, Somafer, 33/78, EU:C:1978:205, punto 12.


56      Sentenza del 9 dicembre 1987, SAR Schotte, 218/86, EU:C:1987:536, punto 16.


57      Sentenza nella causa Mahamdia, C‑154/11 EU:C:2012:491, punto 50, con riferimento al rapporto tra un’ambasciata e lo Stato da essa rappresentato.


58      V. le indicazioni sul sito Internet del gruppo Nike www.nike.com, nonché nelle clausole generali di contraatto redatte in tedesco e reperibili su detto sito.


59      Sentenza del 9 dicembre 1987, SAR Schotte, 218/86, EU:C:1987:536, punto 16.


60      V. sentenza del 20 ottobre 2011, Interedil, C‑396/09, EU:C:2011:671, punto 49, relativamente all’istituzione del centro degli interessi principali ai sensi del regolamento «insolvenza».


61      V. sentenza del 20 ottobre 2011, Interedil, C‑396/09, EU:C:2011:671, punto 49.


62      Il governo italiano si riferisce all’interpretazione consolidata di «stabile organizzazione» nel contesto della tassazione internazionale. Neanche la normativa tributaria è attenta alle formalità, ma considera la succursale indipendente solo se opera con un’organizzazione autonoma, per proprio conto e assumendosi il rischio imprenditoriale. Questi, tuttavia, sono elementi che, sebbene verificabili da un’agenzia tributaria, non sono solitamente noti al pubblico.


63      Le convenute basano la suddetta tesi su Leible, St. / Müller, M., «Der Begriff der Niederlassung im Sinne von Art. 82 Abs. 1 Alt. 2 GGV und Art. 97 Ab. 1 Alt. 2 GMV», Wettbewerb in Recht und Praxis, 2013, 1, 9.


64      V., per i dettagli, i paragrafi da 81 a 85 infra. Sarebbe più conveniente per l’attore presumere che non ci sia alcuna stabile organizzazione del convenuto ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario perché in questo caso, ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 2, del medesimo regolamento, ai fini della competenza internazionale sarebbe determinante il domicilio dell’attore (v. paragrafo 83).


65      Il considerando 11 del regolamento Bruxelles I prescrive che le norme sulla competenza presentino un alto grado di prevedibilità.


66      Su questo aspetto, v. paragrafo 50 supra.


67      L’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore, Düsseldorf, Germania), inoltre, nella sentenza del 31 gennaio 2012 – I‑20 U 175, nell’interpretare il termine «stabile organizzazione» di cui all’articolo 82, paragrafo 1, del regolamento su disegni e modelli comunitari il cui tenore è identico a quello dell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario, che ha una ratio analoga, sembra sostenere la necessità di una qualche partecipazione della stabile organizzazione e che ciò si realizzi solitamente attraverso le attività di vendita della controllata.


68      Deve tuttavia essere sottolineato che la questione affrontata nella fattispecie non riguarda il diritto sostanziale, ad esempio l’attribuzione della responsabilità alla controllata per la condotta illecita della società madre o, al contrario, l’imputazione della condotta illecita di una stabile organizzazione alla società madre. Si tratta invece di una questione procedurale.


69      Ex articolo 98, paragrafo 1, lettera a), del regolamento sul marchio comunitario.


70      Le basi della competenza codificate nell’articolo 97, paragrafo 4, del regolamento sul marchio comunitario, in combinato disposto con gli articoli 23 e 24 del regolamento Bruxelles I, sono per natura esclusive e, pertanto, possono essere considerate quali site a un livello ulteriore, ancora più in alto, su detta scala, che prevale su tutti gli altri. Nel caso di specie, detto livello può essere tuttavia ignorato, in quanto la convenuta eccepisce la competenza invocata dalla ricorrente.


71      Entrambi nell’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario.


72      Entrambi nell’articolo 97, paragrafo 2, del regolamento sul marchio comunitario.


73      Articolo 97, paragrafo 3, del regolamento sul marchio comunitario.


74      Articolo 2, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I.


75      Articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I. Per una critica di detta applicazione delle norme nazionali, v. ad esempio Mills, A., Private International Law and EU External Relations: Think local act global, or think global act local? ICLQ vol. 65, 2016, pagg. 541-571. Sostanzialmente la critica nasce dal fatto che le sentenze emesse sulla base di queste norme nazionali sulla competenza internazionale, anche se di carattere esorbitante, beneficiano nondimeno di modalità di riconoscimento ed esecuzione mitigati secondo il sistema del regolamento di Bruxelles.


76      V. articolo 94, paragrafo 2, lettera a), del regolamento sul marchio comunitario e il riferimento ivi contenuto agli articoli 2 e 4 del regolamento Bruxelles I.


77      Esistono tuttavia competenze speciali ai sensi del regolamento sul marchio comunitario, v. ad esempio l’articolo 97, paragrafo 5, del medesimo regolamento.


78      Considerando 12 del regolamento Bruxelles I.


79      V., ad esempio, sentenza del 22 novembre 1978, Somafer, 33/78, EU:C:1978:205, punto 8, cit. supra al paragrafo 40, in merito alla deroga al principio della competenza di cui all’articolo 2 del regolamento Bruxelles I, che rappresenta la regola generale.


80      V., ad esempio, sentenza del 13 luglio 2000, Group Josi, C‑412/98 EU:C:2000:399, punto 35; del 19 febbraio 2002, Besix, C‑256/00, EU:C:2002:99, punto 52; conclusioni dell’avvocato generale Bot presentate nella causa A, C‑112/13, EU:C:2014:207, paragrafo 37.


81      V. Bell A., Forum Shopping and venue in transnational litigation, Oxford 2003, n. 3.60 e segg., secondo cui il principio dell’«actor sequitur forum rei» sancito nella convenzione di Bruxelles e nel regolamento n. 44/2001 è incentrato sulla filosofia secondo cui è opportuno, in primo luogo, citare in giudizio il convenuto nel foro del suo domicilio. Il principio è radicato nel patrimonio comune giuridico delle parti originarie della convenzione di Bruxelles (n. 3.66), che appartenevano all’Europa continentale. Bell definisce il brocardo «actor sequitur forum rei» la «Grundnorm» della convenzione di Bruxelles.


82      Sentenza del’11 gennaio 1990, C‑220/88, EU:C:1990:8, punto 16.


83      Per quanto riguarda la rilevanza della giurisprudenza in materia di Convenzione di Bruxelles ai fini del regolamento, v. considerando 19 del regolamento Bruxelles I.


84      V. anche sentenza del 19 gennaio 1993, Shearson Lehmann Hutton, C‑89/91, EU:C:1993:15, punto 17.


85      Il domicilio è definito nell’articolo 60 del regolamento Bruxelles I come la sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro d’attività principale.


86      Dal momento che il legislatore del regolamento sul marchio comunitario conosceva il regolamento Bruxelles I che, all’articolo 60, paragrafo 1, lettera c), utilizza la nozione «centro d’attività principale», questi deve avere avuto contezza della possibilità di specificare quale stabile organizzazione fosse decisiva, se avesse voluto scegliere una delle diverse stabili organizzazioni. Persino lo stesso legislatore del regolamento sul marchio comunitario, inoltre, utilizza il termine «sede» [nella versione inglese: «principal place of business»] nell’articolo 92, paragrafo 2, del medesimo regolamento.


87      Il corsivo è mio.


88      Ai sensi dell’articolo 60 del regolamento Bruxelles I.


89      V. Leible, St. / Müller, M., «Der Begriff der Niederlassung im Sinne von Art. 82 Abs. 1 Alt. 2 GGV und Art. 97 Ab. 1 Alt. 2 GMV», Wettbewerb in Recht und Praxis, 2013, 1, 4.


90      V. l’ampia definizione di «domicilio» di una società di cui all’articolo 60 del regolamento Bruxelles I (v. nota 85). V. anche n. 75 della relazione Schlosser (GU 1979, C 59 pag. 71, a pag. 97).


91      V. considerando 15 del regolamento sul marchio comunitario («un numero, per quanto possibile ridotto»).


92      Questo rappresenta uno dei motivi che giustificano la rigida gerarchia dei criteri di radicamento della competenza di cui all’articolo 97, paragrafi da 1 a 4, del regolamento sul marchio comunitario.


93      A tal fine, v. considerando 16 del regolamento sul marchio comunitario.


94      V. sezione 9 del regolamento Bruxelles I, comprendente gli articoli da 27 a 29. Nel contesto della pluralità di «sedi», il n. 75 della relazione Schlosser fa riferimento anche alle disposizioni sulla litispendenza e sulle azioni connesse per superare i problemi che possono sorgere da una siffatta situazione.