Language of document : ECLI:EU:T:2011:445

Causa T‑475/07

Dow AgroSciences Ltd e altri

contro

Commissione europea

«Prodotti fitosanitari — Sostanza attiva trifluralin — Non iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE — Ricorso di annullamento — Procedura di valutazione — Studio nuovo e studio integrativo — Termini — Nozioni di “rischio” e di “pericolo” — Errore manifesto di valutazione — Progetto di rapporto di riesame — Progetto di direttiva o di decisione — Termini — Conseguenze di un’eventuale inosservanza — Legittimo affidamento — Principio di proporzionalità — Decisione 1999/468/CE, detta “comitatologia” — Regolamento (CE) n. 850/2004 — Art. 3, n. 3 — Eccezione di illegittimità»

Massime della sentenza

1.      Ricorso di annullamento — Interesse ad agire — Ricorso proposto contro un atto abrogato

(Artt. 231 CE e 233 CE)

2.      Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni — Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari — Direttiva 91/414 — Procedura di iscrizione delle sostanze attive dei detti prodotti nell’allegato I di tale direttiva — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamento della Commissione n. 451/2000, art. 8; direttiva del Consiglio 91/414, art. 8, n. 2)

3.      Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni — Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari — Direttiva 91/414 — Procedura di iscrizione delle sostanze attive dei detti prodotti nell’allegato I di tale direttiva — Sussistenza di incertezze scientifiche riguardo all’innocuità di una sostanza

(Regolamento della Commissione n. 451/2000, artt. 6, nn. 1, 2, 3, e 8, n. 5)

4.      Tutela della sanità pubblica — Valutazione dei rischi — Applicazione del principio di precauzione — Portata — Nozioni di rischio e di pericolo

(Artt. 3 CE, 6 CE, 152, n. 1, CE, 153, nn. 1 e 2, CE e 174, nn. 1 e 2, CE)

5.      Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni — Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari — Direttiva 91/414 — Procedura di iscrizione delle sostanze attive dei detti prodotti nell’allegato I di tale direttiva

(Regolamento della Commissione n. 451/2000, art. 8, nn. 8 e 9)

6.      Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni — Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari — Direttiva 91/414 — Procedura di iscrizione delle sostanze attive dei detti prodotti nell’allegato I di tale direttiva — Modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione

(Decisione del Consiglio 1999/468, art. 5, n. 4)

7.      Ricorso di annullamento — Motivi di ricorso — Difetto o insufficienza di motivazione — Errore di valutazione — Distinzione

(Artt. 230 CE e 253 CE)

1.      Un ricorrente può continuare a dimostrare un interesse ad ottenere l’annullamento di un atto abrogato in quanto l’abrogazione non comporta gli stessi effetti giuridici di un eventuale annullamento da parte del Tribunale. Infatti, l’abrogazione di un atto di un’istituzione non costituisce un riconoscimento della sua illegittimità e produce effetti ex nunc, mentre il suo annullamento produce effetti ex tunc.

Per giunta, nel caso in cui un atto sia annullato, l’istituzione da cui proviene l’atto è tenuta ad adottare i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta. Tali provvedimenti riguardano, in particolare, l’eliminazione degli effetti delle illegittimità accertate nella sentenza di annullamento. Così, l’istituzione interessata può dover operare un adeguato ripristino della situazione del ricorrente o evitare che un atto identico venga adottato.

(v. punti 68-69)

2.      Come emerge dal quinto, dal sesto e dal nono ‘considerando’, la direttiva 91/414, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, mira all’eliminazione degli ostacoli agli scambi intracomunitari di prodotti fitosanitari, mantenendo altresì un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana ed animale. In questo contesto, al fine di poter perseguire efficacemente l’obiettivo assegnatole, e in considerazione delle valutazioni tecniche complesse che essa deve operare, alla Commissione va riconosciuto un ampio potere discrezionale.

Nell’ambito delle disposizioni dell’art. 8 del regolamento n. 451/2000, che stabilisce le modalità attuative della seconda e della terza fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414, la Commissione non è vincolata dal parere dell’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA). Infatti, se è vero che la Commissione adotta la propria decisione di non iscrizione o di iscrizione della sostanza controversa nell’allegato I della direttiva 91/414 dopo aver ottenuto il parere dell’EFSA, il regolamento n. 451/2000 non contiene alcuna indicazione sul fatto che la Commissione sia tenuta a seguire i pareri dell’EFSA quanto al loro contenuto e non disponga quindi di alcun potere discrezionale. Analogamente, risulta chiaramente dal contesto normativo che la posizione espressa dallo Stato membro relatore nel processo di valutazione non è decisiva.

(v. punti 86-87, 95)

3.      L’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000, che stabilisce le modalità attuative della seconda e della terza fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, dispone che, fatto salvo l’art. 7 della detta direttiva la presentazione di nuovi studi non sarà accettata. Tuttavia, lo Stato membro relatore può, d’accordo con l’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA), invitare i notificanti a presentare, entro termini specificati, dati integrativi che lo Stato membro relatore o l’EFSA giudichi necessari al chiarimento del fascicolo.

La comunicazione di dati integrativi può di conseguenza avere come scopo solo quello di chiarire elementi già presentati nel fascicolo completo che deve essere consegnato dalle parti notificanti.

La presentazione di uno studio integrativo sarà dal canto suo possibile solo in quanto esso sia stato in corso al momento della presentazione del fascicolo completo, la sua comunicazione sia stata annunciata al momento della presentazione del detto fascicolo ed esso sia stato trasmesso al più tardi un anno dopo la presentazione dello stesso fascicolo.

(v. punti 110-111, 113)

4.      L’art. 152, n. 1, CE dispone che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità sia garantito un livello elevato di protezione della salute umana. Il principio di precauzione costituisce un principio generale del diritto comunitario che impone alle autorità interessate di adottare, nel preciso ambito dell’esercizio delle competenze loro attribuite dalla normativa pertinente, misure appropriate al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute, la sicurezza e l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici.

La valutazione dei rischi consiste, per l’istituzione comunitaria posta di fronte a effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno, nel valutare, sulla base di una valutazione scientifica dei rischi, se questi ultimi eccedano il livello di rischio ritenuto inaccettabile per la società. Così, perché le istituzioni comunitarie possano procedere ad una valutazione dei rischi, è per loro importante, da una parte, disporre di una valutazione scientifica dei rischi e, dall’altra, determinare il livello di rischio ritenuto inaccettabile per la società.

La valutazione scientifica dei rischi è un processo scientifico che, come è comunemente riconosciuto, consiste, per quanto possibile, nell’individuare e nel configurare un pericolo, nel valutare l’esposizione e nel connotare il rischio.

In un contesto del genere, la nozione di «rischio» corrisponde pertanto al grado di probabilità di effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico cagionati dall’accettazione di talune misure o di talune pratiche. La nozione di «pericolo», dal canto suo, è utilizzata comunemente in un’accezione più ampia e definisce ogni prodotto o processo che possa avere un effetto negativo per la salute umana.

La determinazione del livello di rischio ritenuto inaccettabile spetta, attraverso il rispetto delle norme applicabili, alle istituzioni comunitarie incaricate della scelta politica costituita dalla fissazione di un livello di protezione appropriato per la società. A tali istituzioni incombe il compito di determinare la soglia critica di probabilità degli effetti nocivi per la salute umana e della gravità di tali potenziali effetti che reputano non essere più accettabile per tale società e che, una volta superata, rende necessario, nell’interesse della tutela della salute umana, il ricorso a misure preventive malgrado l’assenza di certezza scientifica.

Nella determinazione di tale livello di rischio, le istituzioni comunitarie sono vincolate dal loro obbligo, in forza dell’art. 152, n. 1, primo comma, CE, di garantire un livello elevato di protezione della salute umana. Tale livello elevato, per essere compatibile con tale disposizione, non deve essere necessariamente il più elevato possibile sotto il profilo tecnico.

(v. punti 143-149)

5.      In mancanza di una disposizione che preveda espressamente o implicitamente le conseguenze del superamento di un termine procedurale come quello fissato dall’art. 8 del regolamento n. 451/2000, che stabilisce le modalità attuative della seconda e della terza fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414, il superamento in questione può comportare l’annullamento totale o parziale dell’atto il cui iter di adozione comprende il termine in causa soltanto se è provato che, in mancanza di questa irregolarità, detto atto avrebbe potuto avere un contenuto diverso.

(v. punto 203)

6.      Risulta dall’art. 5, n. 4, della decisione 1999/468, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione, che, qualora le misure progettate non siano conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare e ne informa il Parlamento europeo. Impiegando l’espressione «senza indugio», il legislatore comunitario, pur imponendo alla Commissione di operare con rapidità le rimette un certo margine discrezionale. In tale contesto, il termine di cui la Commissione dispone per esaminare le diverse possibilità di azione che le si prospettano deve essere valutato sulla scorta della complessità della pratica interessata.

Per valutare se la Commissione abbia agito senza indugio, si deve verificare se essa abbia agito entro un termine ragionevole, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, e si deve riconoscerle un ampio margine di manovra al fine di giungere ad un compromesso.

Pertanto, e a maggior ragione riguardo ad un comitato di regolamentazione, la Commissione deve poter disporre di un ampio margine di manovra nel tempo, in relazione alla difficoltà, alla complessità e alla delicatezza della pratica, per ricercare un compromesso in seno al comitato prima di mettere ai voti un progetto di provvedimento.

(v. punti 211, 218-219, 222-223)

7.      Il motivo vertente sulla violazione dell’art. 253 CE costituisce un motivo distinto da quello vertente sull’errore manifesto di valutazione. Infatti, mentre il primo, che si riferisce ad un difetto o ad un’insufficienza di motivazione, rientra nella violazione delle forme sostanziali, ai sensi dell’art. 230 CE, e costituisce un motivo di ordine pubblico che deve essere sollevato d’ufficio dal giudice comunitario, il secondo, che verte sulla legittimità nel merito di una decisione, rientra nella violazione di una norma di diritto relativa all’applicazione del Trattato, ai sensi del medesimo art. 230 CE, e può essere esaminato dal giudice comunitario solo se è dedotto dal ricorrente. L’obbligo di motivazione è pertanto una questione distinta da quella della fondatezza della motivazione.

(v. punto 245)