Language of document : ECLI:EU:C:2017:583

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

26 luglio 2017 (*)

«Impugnazione – Politica estera e di sicurezza comune – Lotta al terrorismo – Misure restrittive contro determinate persone ed entità – Congelamento dei capitali – Posizione comune 2001/931/PESC – Articolo 1, paragrafi 4 e 6 – Regolamento (CE) n. 2580/2001 – Articolo 2, paragrafo 3 – Mantenimento di un’organizzazione nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità coinvolti in atti terroristici – Presupposti – Base fattuale delle decisioni di congelamento dei capitali – Decisione adottata da un’autorità competente – Obbligo di motivazione»

Nella causa C‑599/14 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 19 dicembre 2014,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da E. Finnegan, G. Étienne e B. Driessen, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuto da:

Repubblica francese, rappresentata da G. de Bergues, F. Fize, D. Colas e B. Fodda, in qualità di agenti,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE), con sede in Herning (Danimarca), rappresentate da T. Buruma e A.M. van Eik, advocaten,

ricorrenti in primo grado,

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da M.K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da S. Brandon, C. Crane, J. Kraehling e V. Kaye, in qualità di agenti, assistiti da M. Gray, barrister,

Commissione europea, rappresentata da D. Gauci e F. Castillo de la Torre, in qualità di agenti,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, L. Bay Larsen, T. von Danwitz (relatore), J.L. da Cruz Vilaça e M. Vilaras, presidenti di sezione, J. Malenovský, E. Levits, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, C. Vajda, S. Rodin, F. Biltgen, K. Jürimäe e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 maggio 2016,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la presente impugnazione il Consiglio dell’Unione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio (T‑208/11 e T‑508/11; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2014:885), con la quale quest’ultimo ha annullato:

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 83/2011 del Consiglio, del 31 gennaio 2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 610/2010 (GU 2011, L 28, pag. 14);

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 687/2011 del Consiglio, del 18 luglio 2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga i regolamenti di esecuzione (UE) n. 610/2010 e (UE) n. 83/2011 (GU 2011, L 188, pag. 2);

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 1375/2011 del Consiglio, del 22 dicembre 2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga il regolamento di esecuzione n. 687/2011 (GU 2011, L 343, pag. 10);

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 542/2012 del Consiglio, del 25 giugno 2012, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga il regolamento di esecuzione n. 1375/2011 (GU 2012, L 165, pag. 12);

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 1169/2012 del Consiglio, del 10 dicembre 2012, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e che abroga il regolamento di esecuzione n. 542/2012 (GU 2012, L 337, pag. 2);

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 714/2013 del Consiglio, del 25 luglio 2013, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e abroga il regolamento di esecuzione n. 1169/2012 (GU 2013, L 201, pag. 10);

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 125/2014 del Consiglio, del 10 febbraio 2014, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga il regolamento di esecuzione n. 714/2013 (GU 2014, L 40, pag. 9), nonché

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 790/2014 del Consiglio, del 22 luglio 2014, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga il regolamento di esecuzione n. 125/2014 (GU 2014, L 217, pag. 1),

(in prosieguo, congiuntamente: gli «atti controversi»), nella parte in cui tali atti si riferiscono alle Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE) (Tigri per la liberazione della patria Tamil).

 Contesto normativo

 Risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

2        Il 28 settembre 2001, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1373 (2001), che stabilisce strategie dirette a contrastare con ogni mezzo il terrorismo e, in particolare, il suo finanziamento. Il punto 1, lettera c), di tale risoluzione dispone, segnatamente, che tutti gli Stati congelino senza indugio i capitali, le altre attività finanziarie ovvero le risorse economiche delle persone che commettono o tentano di commettere atti terroristici, li facilitano o vi partecipano, delle entità appartenenti a tali persone o da esse controllate e delle persone ed entità che agiscono in nome o agli ordini di tali persone ed entità.

3        Detta risoluzione non prevede alcun elenco delle persone alle quali debbano essere applicate le summenzionate misure restrittive.

 Diritto dell’Unione

 La posizione comune 2001/931/PESC

4        Al fine di dare attuazione alla succitata risoluzione 1373 (2001), il Consiglio ha adottato, il 27 dicembre 2001, la posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 93).

5        L’articolo 1 di tale posizione comune dispone quanto segue:

«1.      La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato, coinvolti in atti terroristici.

(…)

4.      L’elenco è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. Nell’elenco possono essere inclusi persone, gruppi ed entità individuati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come collegati al terrorismo e contro i quali esso ha emesso sanzioni.

Ai fini dell’applicazione del presente paragrafo, per “autorità competente” s’intende un’autorità giudiziaria o, se le autorità giudiziarie non hanno competenza nel settore di cui al presente paragrafo, un’equivalente autorità competente nel settore.

(…)

6.      I nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato».

 Il regolamento (CE) n. 2580/2001

6        Considerando necessario un regolamento per attuare, a livello comunitario, le misure descritte nella posizione comune 2001/931, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 2580/2001, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 70, e rettifica in GU 2010, L 52, pag. 58).

7        L’articolo 2 di tale regolamento così prevede:

«1.      Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6:

a)      tutti i capitali, le altre attività finanziarie e le risorse economiche di cui una persona fisica o giuridica, gruppo o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3 detenga la proprietà o il possesso sono congelati;

b)      è vietato mettere, direttamente o indirettamente, a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, gruppo o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3, capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche.

2.      Fatti salvi gli articoli 5 e 6, è vietata la prestazione di servizi finanziari destinati alle persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3.

3.      Il Consiglio, deliberando all’unanimità, elabora, riesamina e modifica l’elenco di persone, gruppi o entità ai quali si applica il presente regolamento in conformità delle disposizioni di cui all’articolo I, paragrafi 4, 5 e 6 della posizione comune 2001/931/PESC. Tale elenco include:

i)      persone che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

ii)      persone giuridiche, gruppi o entità che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

iii)      persone giuridiche, gruppi o entità di proprietà o sotto il controllo di una o più delle persone fisiche o giuridiche, dei gruppi e delle entità di cui ai punti i) e ii);

iv)      persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità che agiscano per conto o su incarico di una o più persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità di cui ai punti i) e ii)».

 Fatti all’origine del procedimento e atti controversi

8        Il 29 maggio 2006, il Consiglio ha adottato la decisione 2006/379/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga la decisione 2005/930/CE (GU 2006, L 144, pag. 21). Con tale decisione il Consiglio ha iscritto le LTTE nell’elenco previsto all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 (in prosieguo: l’«elenco controverso»).

9        L’iscrizione delle LTTE in tale elenco è stata mantenuta da successivi atti del Consiglio, segnatamente dagli atti controversi.

10      Nelle motivazioni di tali atti il Consiglio ha descritto le LTTE come un gruppo terroristico e ha riportato una serie di atti terroristici che le LTTE avrebbero commesso a partire dall’anno 2005. A suo avviso, «benché la recente disfatta militare delle LTTE abbia indebolito in maniera significativa la loro struttura, tale organizzazione intende probabilmente continuare gli attacchi terroristici nello Sri Lanka». Il Consiglio, inoltre, ha menzionato, in particolare, due decisioni del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dell’anno 2001, recanti proscrizione e congelamento dei capitali delle LTTE (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni del Regno Unito»), nonché una decisione adottata nel corso del 1992 dalle autorità indiane, recante proscrizione delle LTTE, la quale sarebbe stata confermata nel 2004 (in prosieguo: la «decisione delle autorità indiane»). Avendo constatato, quanto alle decisioni del Regno Unito e – unicamente nelle motivazioni del regolamento di esecuzione n. 790/2014 – alla decisione delle autorità indiane, che esse erano riviste regolarmente o comunque erano rivedibili e appellabili, il Consiglio ha ritenuto che tali decisioni fossero state adottate da autorità competenti, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931. Infine, il Consiglio ha constatato che le decisioni in discorso erano ancora in vigore e ha considerato che i motivi che avevano giustificato l’iscrizione delle LTTE nell’elenco controverso restassero validi.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

11      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 aprile 2011, le LTTE hanno proposto un ricorso, registrato con il numero di causa T‑208/11, diretto all’annullamento del regolamento di esecuzione n. 83/2011 nella parte in cui tale atto le riguardava.

12      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 settembre 2011 e regolarizzato il 19 ottobre 2011, le LTTE hanno proposto un ricorso, registrato con il numero di causa T‑508/11, diretto all’annullamento del regolamento di esecuzione n. 687/2011 nella parte in cui tale atto le riguardava.

13      Avendo il Consiglio adottato, in corso di giudizio, i regolamenti nn. 1375/2011, 542/2012, 1169/2012, 714/2013, 125/2014 e 790/2014 che abrogavano e sostituivano, rispettivamente, i regolamenti di esecuzione precedenti, le LTTE hanno successivamente adattato le conclusioni iniziali in modo che il loro ricorso comprendesse anche l’annullamento di questi ultimi regolamenti, nella parte in cui tali atti le riguardavano.

14      A sostegno delle proprie conclusioni le LTTE hanno dedotto, in sostanza, sette motivi, dei quali sei comuni nelle cause T‑208/11 e T‑508/11 e un settimo nella causa T‑508/11. I sei motivi comuni a dette due cause vertevano, il primo, sull’inapplicabilità del regolamento n. 2580/2001 al conflitto fra le LTTE e il governo dello Sri Lanka; il secondo, sull’erronea qualificazione delle ricorrenti come organizzazione terroristica ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931; il terzo, sull’assenza di decisione di autorità competente; il quarto, sull’assenza del riesame richiesto dall’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; il quinto, sulla violazione dell’obbligo di motivazione e, il sesto, sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva dell’entità ricorrente. Il settimo motivo, dedotto unicamente nel ricorso T‑508/11, atteneva alla violazione dei principi di proporzionalità e di sussidiarietà.

15      Mentre ha respinto il primo di tali motivi, il Tribunale ha accolto i motivi dal quarto al sesto nonché, in parte, il terzo motivo e, su tale fondamento, ha annullato gli atti controversi nella parte in cui riguardavano le LTTE.

 Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

16      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        pronunciarsi in via definitiva sulle questioni oggetto della presente impugnazione e respingere i ricorsi proposti dalle LTTE, nonché

–        condannare le LTTE alle spese sostenute dal Consiglio in primo grado e nell’ambito della presente impugnazione.

17      Le LTTE chiedono che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione proposta dal Consiglio;

–        confermare la sentenza impugnata, nonché

–        condannare il Consiglio alle spese della presente impugnazione e confermare la sentenza impugnata nella parte in cui il Consiglio è condannato alle spese relative al procedimento dinanzi al Tribunale.

18      La Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno Unito nonché la Commissione europea intervengono a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

 Sull’impugnazione

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

19      Con il primo motivo il Consiglio, sostenuto dal governo del Regno Unito, censura al Tribunale di aver statuito, ai punti 141 e da 146 a 148 della sentenza impugnata, che esso avrebbe dovuto dimostrare, nelle motivazioni degli atti controversi, di aver verificato l’esistenza, nell’ordinamento giuridico indiano, di una garanzia dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva equivalente a quella offerta a livello dell’Unione europea. Pur ammettendo di essere tenuto alla verifica dell’esistenza di una tale garanzia in casi in cui, come nella fattispecie, si fonda su una decisione di un’autorità di un paese terzo, il Consiglio fa valere che la posizione comune 2001/931 non gli impone di inserire una motivazione relativa a tale verifica.

20      Secondo il Consiglio, quand’anche esso sia tenuto a dimostrare che le procedure in vigore in un paese siano corredate di garanzie, per quanto riguarda i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, equivalenti a quelle previste dal diritto dell’Unione, non gli si può contestare di aver effettuato tale dimostrazione nel controricorso anziché nelle motivazioni degli atti controversi. Nella misura in cui il paese terzo potrebbe ritenere che un commento, in tali motivazioni, sull’osservanza o meno dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva costituisca un’ingerenza nei suoi affari interni, la motivazione richiesta dal Tribunale impedirebbe al Consiglio di fondarsi su decisioni di paesi terzi. La situazione sarebbe diversa se il Consiglio fosse autorizzato a formulare le sue osservazioni sul sistema giuridico del paese terzo in questione nelle memorie che presenta dinanzi ai giudici dell’Unione o se queste fossero in qualche modo riservate.

21      Le LTTE respingono tale argomentazione.

 Giudizio della Corte

22      Al fine di statuire su tale motivo, è necessario constatare, preliminarmente, che, ai punti da 125 a 136 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, a giusto titolo, interpretato la nozione di «autorità competente», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, nel senso che essa non si limita alle autorità degli Stati membri, bensì può, in linea di principio, comprendere anche le autorità dei paesi terzi.

23      Tale interpretazione, che, del resto, non è contestata dalle parti nell’ambito del presente motivo, si giustifica, infatti, da un lato, alla luce del tenore dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, che non limita la nozione di «autorità competenti» alle autorità degli Stati membri, e, dall’altro, alla luce dell’obiettivo di tale posizione comune, la quale è stata adottata per mettere in atto la risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, volta ad intensificare la lotta contro il terrorismo a livello mondiale, attraverso la cooperazione sistematica e stretta di tutti gli Stati.

24      Ciò considerato, è sempre a buon diritto che il Tribunale ha statuito, in sostanza, al punto 139 della sentenza impugnata, che il Consiglio è tenuto, prima di fondarsi su una decisione di un’autorità di un paese terzo, a verificare se tale decisione sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

25      Invero, la Corte ha più volte statuito che, allorché adotta misure restrittive, il Consiglio deve rispettare i diritti fondamentali facenti parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione, fra i quali figurano, in particolare, il rispetto dei diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 97 e 98, nonché del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punti 65 e 66).

26      Al riguardo, la necessità di procedere alla verifica testé descritta al punto 24, che è espressamente ammessa dal Consiglio nell’ambito della presente impugnazione, risulta in particolare dall’obiettivo del presupposto, stabilito all’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, che l’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso sia fondata su una decisione di un’autorità competente. Tale presupposto mira, infatti, a proteggere le persone o entità interessate, assicurando che la loro iscrizione iniziale in detto elenco abbia luogo soltanto su una base fattuale sufficientemente solida (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 68). Orbene, tale obiettivo può essere raggiunto solo se le decisioni dei paesi terzi sulle quali il Consiglio fonda l’iscrizione iniziale di persone o entità in detto elenco sono adottate nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

27      Tale conclusione è, peraltro, corroborata dal punto 4 del documento intitolato «Working methods of the Working Party on implementation of Common Position 2001/931 on the application of specific measures to combat terrorism» (Metodi di lavoro del Gruppo di lavoro sull’attuazione della posizione comune 2001/931 relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo), contenuto nell’allegato II del documento del Consiglio 10826/1/07/REV 1, del 28 giugno 2007, dal quale risulta che il Consiglio, quando si basa sulla proposta di un paese terzo per fondare l’iscrizione di una persona o entità nell’elenco controverso, esamina se tale proposta rispetti i diritti dell’uomo, in particolare il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e ad un equo processo.

28      Dato che il Consiglio contesta la necessità di una motivazione, nelle motivazioni degli atti controversi, che attesti che esso ha verificato se la decisione delle autorità indiane fosse stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, occorre rammentare che la valutazione del Tribunale circa l’adeguatezza o meno della motivazione è passibile di un controllo della Corte in sede di impugnazione (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 140 e giurisprudenza citata).

29      L’obbligo di motivare un atto arrecante pregiudizio, il quale costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per stabilire se l’atto sia fondato o sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a tale giudice di esercitare il suo controllo sulla legittimità dell’atto in questione (sentenze del 18 febbraio 2016, Consiglio/Bank Mellat, C‑176/13 P, EU:C:2016:96, punto 74, e del 21 aprile 2016, Consiglio/Bank Saderat Iran, C‑200/13 P, EU:C:2016:284, punto 70).

30      La motivazione di un tale atto deve pertanto, in ogni caso, esporre i fatti e le considerazioni giuridiche di primaria importanza nell’economia dell’atto medesimo (v., in tal senso, sentenze dell’11 gennaio 2007, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, C‑404/04 P, non pubblicata, EU:C:2007:6, punto 30; del 1o luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 96, nonché del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 169).

31      Tenuto conto dell’obiettivo, enunciato al punto 26 della presente sentenza, della condizione che l’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso sia fondata su una decisione di un’autorità competente, si deve considerare che, quando il Consiglio fonda tale iscrizione su una decisione di un paese terzo, la garanzia che quest’ultima sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva è di importanza primaria nell’economia di tale iscrizione e delle susseguenti decisioni di congelamento dei capitali. Il Consiglio è pertanto tenuto a fornire, nelle motivazioni di tali decisioni, indicazioni che consentano di concludere che esso ha verificato il rispetto di tali diritti.

32      Non inficia tale conclusione l’argomentazione del Consiglio riportata al punto 20 della presente sentenza.

33      Infatti, l’obbligo di motivazione ha lo scopo di permettere alla persona interessata di decidere, con piena cognizione di causa, se le sia utile adire il giudice competente (v., in tal senso, sentenze del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 53, nonché del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 100). È sufficiente, a tal fine, che il Consiglio dia atto, succintamente, nelle motivazioni di una decisione di congelamento dei capitali, delle ragioni per le quali considera che la decisione del paese terzo sulla quale intende fondarsi sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

34      Poiché il Consiglio si può fondare su una decisione di un paese terzo solo se essa rispetta i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, una motivazione come quella descritta al punto precedente non può costituire un’ingerenza nella politica interna del paese terzo interessato.

35      Non solo: alla luce della giurisprudenza citata al punto 33 della presente sentenza, non può essere accolto neppure l’argomento del Consiglio secondo il quale il Consiglio deve essere autorizzato a formulare le sue osservazioni relative al sistema giuridico del paese terzo in questione non nelle motivazioni delle decisioni di congelamento dei capitali, bensì nelle memorie che presenta dinanzi ai giudici dell’Unione.

36      Nel caso di specie, come ha indicato il Tribunale ai punti 141 e 145 della sentenza impugnata, le motivazioni dei regolamenti di esecuzione nn. 83/2011, 687/2011, 1375/2011, 542/2012, 1169/2012, 714/2013 e 125/2014 si limitano a constatare che il governo indiano ha proscritto le LTTE nel corso del 1992, in forza dell’Unlawful Activities Act 1967 (legge sulle attività illegali del 1967), e le ha, di seguito, incluse nell’elenco delle organizzazioni terroristiche riportato nell’allegato all’Unlawful Activities Prevention (Amendment) Act 2004 [legge (emendamento) sulla prevenzione delle attività illegali del 2004]. Le motivazioni del regolamento di esecuzione n. 790/2014 si limitano a completare tale constatazione indicando che gli articoli 36 e 37 della legge sulle attività illegali del 1967 contengono disposizioni in materia di appello e di revisione dell’elenco indiano delle persone ed entità oggetto di misure restrittive, che la decisione di proscrizione delle LTTE, come associazione illegale, è rivista periodicamente dal Ministro degli Interni indiano, che l’ultima revisione ha avuto luogo il 14 maggio 2012 e che, in seguito a una revisione operata dal Tribunale in conformità della legge sulle attività illegali del 1967, la designazione delle LTTE come entità implicata in atti terroristici è stata confermata dal Ministro degli Interni indiano l’11 dicembre 2012.

37      Né i regolamenti di esecuzione nn. 83/2011, 687/2011, 1375/2011, 542/2012, 1169/2012, 714/2013 e 125/2014 né il regolamento di esecuzione n. 790/2014 contengono il benché minimo elemento nel senso che il Consiglio ha verificato se la decisione delle autorità indiane fosse stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Le motivazioni di tali regolamenti non consentono, quindi, di stabilire se il Consiglio abbia adempiuto all’obbligo di verifica che gli incombeva a tal riguardo.

38      A ragione, di conseguenza, il Tribunale ha considerato, in particolare ai punti 142, 146, 147 e 149 della sentenza impugnata, che gli atti controversi erano viziati da insufficienza di motivazione.

39      Pertanto, il primo motivo di impugnazione deve essere respinto.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

40      Con il secondo motivo, che verte segnatamente sui punti 173, 175, da 186 a 189, 198, da 202 a 204, 212, 213 e 225 della sentenza impugnata, il Consiglio fa valere, da una parte, che tale sentenza si fonda sulla premessa errata secondo cui il Consiglio deve fornire regolarmente nuovi motivi per mantenere il nome delle LTTE nell’elenco controverso. In assenza di annullamento o di revoca delle decisioni nazionali che avevano giustificato l’iscrizione iniziale delle LTTE in tale elenco e mancando altri elementi a favore della loro cancellazione da quest’ultimo, il Consiglio ben avrebbe avuto il diritto di mantenere le LTTE nell’elenco controverso, sull’unico fondamento delle decisioni nazionali che ne avevano giustificato l’iscrizione iniziale nello stesso.

41      Dall’altra parte, il Consiglio sostiene che a torto il Tribunale ha escluso il ricorso a informazioni provenienti da fonti pubbliche ai fini dei riesami periodici. Il Consiglio, a suo avviso, deve potersi fondare all’uopo su elementi diversi dalle decisioni nazionali, dal momento che spesso non vi sarebbe alcuna decisione nazionale posteriore all’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso. Il ragionamento del Tribunale sarebbe contrario all’obiettivo di lotta al terrorismo, di cui alla posizione comune 2001/931.

42      La Commissione e gli Stati membri che hanno partecipato al procedimento dinanzi alla Corte sostengono l’argomentazione del Consiglio, sottolineando in particolare la distinzione che la posizione comune 2001/931 pone tra, da un lato, l’iscrizione iniziale di un’entità nell’elenco controverso, di cui all’articolo 1, paragrafo 4, di detta posizione comune, e, dall’altro, i successivi riesami, previsti all’articolo 1, paragrafo 6, della stessa.

43      Per contro, secondo le LTTE, il Tribunale ha considerato giustamente che, se il Consiglio sceglie di fornire nuovi motivi per il loro mantenimento nell’elenco controverso, tali motivi devono essere tratti da decisioni nazionali, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, e non dalla stampa o da Internet. L’affermazione del Consiglio secondo la quale quest’ultimo può utilizzare informazioni pubbliche per motivare il mantenimento dell’iscrizione nell’elenco controverso sarebbe in contrasto con il sistema a due livelli instaurato dalla posizione comune 2001/931 e con la sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa (C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711).

 Giudizio della Corte

44      Il secondo motivo dell’impugnazione verte sui presupposti necessari perché il Consiglio possa, nell’ambito del riesame dell’iscrizione di una persona o entità nell’elenco controverso, che è tenuto a condurre in forza dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, mantenere tale persona o entità in detto elenco. Per determinare tali presupposti, l’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 deve essere interpretato tenendo conto segnatamente del suo collegamento con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa, che disciplina i presupposti per l’iscrizione iniziale della persona o entità interessata nell’elenco in questione.

45      La Corte ha dichiarato che, per quanto riguarda le decisioni iniziali di congelamento dei capitali, il testo dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 fa riferimento alla decisione di un’autorità nazionale, prescrivendo la necessità di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulti che una tale decisione è stata adottata. Tale presupposto mira ad assicurare che, mancando l’Unione di mezzi per condurre essa stessa indagini sul coinvolgimento di una persona o di una entità in atti terroristici, la decisione del Consiglio relativa all’iscrizione iniziale di una di esse nell’elenco controverso sia adottata su una base fattuale sufficiente, che gli consenta di concludere nel senso della sussistenza del pericolo che, in assenza di misure inibitorie, la persona o entità interessata continui ad essere coinvolta in attività terroristiche (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punti 69, 79 e 81).

46      Per quanto riguarda invece le decisioni successive di congelamento dei capitali, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la questione rilevante in sede di esame del mantenimento di una persona o entità nell’elenco controverso è se, dal momento dell’iscrizione del nome di tale persona o entità in detto elenco o a partire dal riesame precedente, la situazione di fatto sia a tal punto mutata da non consentire più di trarre la medesima conclusione riguardo al coinvolgimento della persona o entità in questione in attività terroristiche (sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 82).

47      Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto, ai punti 173 e 202 della sentenza impugnata, che l’elenco degli atti terroristici che le LTTE avrebbero commesso a far data dal 2005, stilato nelle motivazioni degli atti controversi, abbia avuto un peso decisivo per il mantenimento, da parte del Consiglio, del congelamento dei capitali delle LTTE. Ai punti 187 e 204 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che il riferimento a qualunque nuovo atto terroristico che il Consiglio inserisca in una motivazione in occasione di un riesame ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 deve essere stato oggetto di un esame e di una decisione nazionale di un’autorità competente. Dopo aver rilevato, in particolare ai punti 186 e 207 della sentenza impugnata, che il Consiglio aveva fondato le sue affermazioni relative agli atti terroristici che le LTTE avrebbero commesso a partire dal 2005 non su siffatte decisioni, bensì su informazioni che aveva attinto dalla stampa e da Internet, il Tribunale ha, di conseguenza, annullato gli atti controversi.

–       Sulla prima parte del secondo motivo

48      Con la prima parte del secondo motivo, il Consiglio sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto affermando che esso doveva fornire regolarmente nuovi motivi per mantenere le LTTE nell’elenco controverso e non poteva, a titolo dell’assenza di elementi a favore della cancellazione di tale entità da detto elenco, mantenervela sul solo fondamento delle decisioni nazionali che ne avevano giustificato l’iscrizione iniziale.

49      Discende dall’esame del primo motivo dell’impugnazione che il Tribunale ha constatato a giusto titolo che gli atti controversi sono viziati da insufficienza di motivazione quanto alla garanzia che la decisione delle autorità indiane fosse stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. La prima parte del secondo motivo è pertanto inconferente per quanto riguarda la decisione delle autorità indiane.

50      Nella misura in cui la prima parte del secondo motivo dell’impugnazione riguarda le decisioni del Regno Unito, occorre constatare che, come risulta in particolare dal punto 196 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, quantomeno implicitamente, ritenuto che tali decisioni non costituissero, di per sé, una base sufficiente per mantenere le LTTE nell’elenco controverso.

51      Occorre ricordare, al riguardo, che dalla giurisprudenza citata al punto 46 della presente sentenza emerge che, nell’ambito di un riesame ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, il Consiglio può mantenere la persona o entità interessata nell’elenco controverso qualora concluda che il rischio dell’implicazione della medesima in attività terroristiche, implicazione che ne aveva giustificato l’iscrizione iniziale nell’elenco di cui trattasi, persiste. Il mantenimento di una persona o entità nell’elenco controverso costituisce pertanto, in sostanza, il prolungamento dell’iscrizione iniziale.

52      Nell’ambito della verifica della persistenza del rischio d’implicazione della persona o entità in questione in attività terroristiche, gli sviluppi successivi della decisione nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale di tale persona o entità nell’elenco controverso devono essere presi in debita considerazione, in particolare va considerata l’eventuale abrogazione o revoca di tale decisione nazionale a motivo di fatti o elementi nuovi o di una modifica della valutazione dell’autorità nazionale competente.

53      Ciò premesso, si pone, nel caso di specie, la questione se il mantenimento in vigore della decisione nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale nell’elenco controverso possa essere, di per sé solo, sufficiente per mantenere la persona o entità interessata in detto elenco.

54      Al riguardo, se, considerati il tempo trascorso e l’evoluzione delle circostanze di specie, il mero fatto che la decisione nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale resti in vigore non consente di concludere per la persistenza del rischio di implicazione della persona o entità interessata in attività terroristiche, il Consiglio è tenuto a fondare il mantenimento di tale persona o di tale entità in detto elenco su una valutazione aggiornata della situazione, alla luce di elementi fattuali più recenti, che attestino che il rischio in questione persiste (v., per analogia, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/11 P, C‑593/11 P e C‑595/11 P, EU:C:2013:518, punto 119).

55      Nel caso di specie, un notevole lasso di tempo è trascorso tra l’adozione, nel corso del 2001, delle decisioni del Regno Unito che hanno costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale delle LTTE nell’elenco controverso, l’iscrizione medesima, risalente al 2006, e l’adozione degli atti controversi, nel corso degli anni da 2011 a 2014. Inoltre, come ha indicato il Consiglio nelle motivazioni degli atti controversi, le LTTE hanno subito una disfatta militare, annunciata dal governo dello Sri Lanka nel mese di maggio 2009, che ha indebolito significativamente la loro organizzazione. Il Consiglio era, pertanto, tenuto a fondare il mantenimento delle LTTE in tale elenco su elementi più recenti, che dimostrassero che il rischio di implicazione delle LTTE nelle attività terroristiche permaneva. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto ritenendo, quantomeno implicitamente, che le decisioni del Regno Unito non costituissero, di per sé sole, una base sufficiente per fondare gli atti controversi.

56      Pertanto, la prima parte del secondo motivo dell’impugnazione deve essere respinta.

–       Sulla seconda parte del secondo motivo

57      Con la seconda parte del secondo motivo dell’impugnazione, il Consiglio sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto avendo statuito, segnatamente ai punti da 187 a 189, da 202 a 204 e 225 della sentenza impugnata, che il Consiglio doveva fondarsi esclusivamente su elementi contenuti in decisioni nazionali di autorità competenti per mantenere una persona o entità nell’elenco controverso e che il Consiglio aveva violato tanto l’articolo 1 della posizione comune 2001/931 quanto il suo obbligo di motivazione per essersi basato, nella fattispecie, su informazioni tratte dalla stampa e da Internet.

58      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’articolo 1 della posizione comune 2001/931, occorre anzitutto rilevare che tale articolo stabilisce una distinzione tra, da una parte, l’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso, di cui al suo paragrafo 4, e, dall’altra, il mantenimento in detto elenco di una persona o entità già iscritta, di cui al suo paragrafo 6.

59      Conformemente all’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, l’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso presuppone l’esistenza di una decisione nazionale di un’autorità competente o di una decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che impone una sanzione.

60      Un simile presupposto non è invece previsto all’articolo 1, paragrafo 6, di tale posizione comune, ai termini del quale «[i] nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato».

61      Tale differenza si spiega per il fatto che, come è stato rilevato al punto 51 della presente sentenza, il mantenimento di una persona o entità nell’elenco controverso costituisce, in sostanza, il prolungamento dell’iscrizione iniziale e presuppone, dunque, la persistenza del pericolo di un’implicazione della persona o entità interessata in attività terroristiche, quale constatato inizialmente dal Consiglio, sulla base della decisione iniziale nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale.

62      Pertanto, il Consiglio deve sì effettuare, almeno una volta per semestre, un «riesame», per assicurarsi che il «mantenimento» nell’elenco in questione di una persona o entità ivi già iscritta, sulla base di una decisione nazionale presa da un’autorità competente, sia ancora giustificato, ma l’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 non richiede anche che ogni nuovo elemento del quale si avvalga il Consiglio per giustificare il mantenimento della persona o entità interessata nell’elenco controverso sia stato oggetto di una decisione nazionale adottata da un’autorità competente successivamente a quella che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale. Stabilendo una tale condizione, il Tribunale ha trasposto il presupposto relativo all’esistenza di una decisione del genere, che l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 prescrive unicamente ai fini dell’iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco di cui trattasi, ai riesami che incombono al Consiglio ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della succitata posizione comune. Così facendo, il Tribunale non ha tenuto conto della distinzione che sussiste tra la decisione di iscrizione iniziale di una persona o entità nell’elenco controverso e la successiva decisione di mantenere la persona o entità in questione in tale elenco.

63      Occorre poi rilevare che l’interpretazione dell’articolo 1 della posizione comune 2001/931 applicata dal Tribunale è basata, quantomeno implicitamente, sulla considerazione che o le autorità nazionali competenti adottano regolarmente decisioni che possano costituire il fondamento dei riesami cui deve procedere il Consiglio ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 o il Consiglio medesimo può richiedere, all’occorrenza, a tali autorità di adottare simili decisioni.

64      Ebbene, quest’ultima considerazione non trova alcun fondamento nel diritto dell’Unione.

65      Al riguardo si deve precisare, per un verso, che il fatto, rilevato dal Tribunale ai punti 210 e 211 della sentenza impugnata, che gli Stati membri informino il Consiglio delle decisioni adottate dalle loro autorità competenti e gli trasmettano tali decisioni non significa che dette autorità siano tenute ad adottare con regolarità o, quanto meno, all’occorrenza decisioni che possano costituire il fondamento dei riesami in parola.

66      Per altro verso, contrariamente a quanto il Tribunale ha statuito al punto 213 della sentenza impugnata, in assenza di qualsivoglia specifico fondamento nell’ambito del sistema di misure restrittive introdotto dalla posizione comune 2001/931, il principio di leale cooperazione, sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, non legittima il Consiglio ad esigere dalle autorità competenti degli Stati membri che emanino, all’occorrenza, decisioni nazionali che possano servire da fondamento ai riesami cui esso è tenuto ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della medesima posizione comune.

67      Al contrario, si deve rilevare che tale sistema non prevede un meccanismo che permetta al Consiglio di disporre, all’occorrenza, di decisioni nazionali adottate posteriormente all’iscrizione iniziale della persona o entità interessata nell’elenco controverso per procedere ai riesami cui esso è tenuto ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della summenzionata posizione comune e nell’ambito dei quali deve verificare la persistenza del rischio di implicazione di tale persona o di tale entità in attività terroristiche. In assenza di un simile meccanismo non si può ritenere che il sistema in questione postuli che i riesami del Consiglio siano condotti esclusivamente sul fondamento di tali decisioni nazionali, pena limitare indebitamente i mezzi di cui dispone all’uopo il Consiglio medesimo.

68      Infine, si deve constatare che, contrariamente a quanto ha considerato il Tribunale, segnatamente ai punti 187 e 210 della sentenza impugnata, la sua interpretazione dell’articolo 1 della posizione comune 2001/931 non trova giustificazione neppure nella necessità di tutelare le persone o entità interessate.

69      Al riguardo è opportuno rilevare che, trattandosi dell’iscrizione iniziale nell’elenco controverso, la persona o entità interessata è tutelata, in particolare, dalla possibilità di contestare tanto le decisioni nazionali che hanno costituito il fondamento dell’iscrizione, dinanzi ai giudici nazionali, quanto l’iscrizione medesima, dinanzi ai giudici dell’Unione.

70      Trattandosi delle decisioni di congelamento di capitali successive, la persona o entità interessata è tutelata, in particolare, dalla possibilità di impugnare tali decisioni dinanzi al giudice dell’Unione. Quest’ultimo è tenuto a verificare, inter alia, da un lato, l’osservanza dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE – dunque, anche la precisione e la concretezza dei motivi indicati – e, dall’altro, la questione se tali motivi siano fondati (v., per analogia, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 118 e 119, nonché del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punto 64).

71      In tale contesto, va precisato che la persona o entità interessata può, nell’ambito del ricorso proposto contro il suo mantenimento nell’elenco controverso, contestare la totalità degli elementi sui quali il Consiglio si fonda per dimostrare la persistenza del rischio della sua implicazione in attività terroristiche, indipendentemente dalla questione se tali elementi siano ricavati da una decisione nazionale di un’autorità competente o da altre fonti. In caso di contestazione, spetta al Consiglio stabilire la fondatezza dei fatti allegati e al giudice dell’Unione verificare la loro esattezza materiale (v., per analogia, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 121 e 124, nonché del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punti 66 e 69).

72      Ne deriva che il Tribunale è incorso in un errore di diritto statuendo che il Consiglio aveva violato l’articolo 1 della posizione comune 2001/931 nel fondarsi, nelle motivazioni degli atti controversi, su elementi tratti da fonti diverse dalle decisioni nazionali adottate da autorità competenti.

73      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la violazione dell’obbligo di motivazione constatata dal Tribunale, risulta in particolare dal punto 225 della sentenza impugnata che il Tribunale si è fondato unicamente sull’assenza di riferimenti, riguardo all’elenco degli atti terroristici che le LTTE avrebbero commesso a partire dall’anno 2005, contenuto nelle motivazioni degli atti controversi, a decisioni nazionali provenienti da autorità competenti. La constatazione, da parte del Tribunale, di una violazione dell’obbligo di motivazione costituisce, così, la conseguenza diretta della constatazione dell’esistenza di una violazione dell’articolo 1 della posizione comune 2001/931, di cui è stato dimostrato che è inficiata da errore di diritto.

74      Di conseguenza, l’errore di diritto in cui è incorso il Tribunale nell’ambito della sua interpretazione del succitato articolo 1 comporta che sia inficiata da errore di diritto anche la sua constatazione della violazione, da parte del Consiglio, dell’obbligo di motivazione.

75      Si deve tuttavia ricordare che, qualora i motivi di una decisione del Tribunale rivelino una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo di quest’ultima appaia fondato per altri motivi diritto, una tale violazione non è in grado di comportare l’annullamento della decisione e si deve dunque procedere a una sostituzione della motivazione (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 150, nonché del 5 marzo 2015, Commissione e a./Versalis e a., C‑93/13 P e C‑123/13 P, EU:C:2015:150, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

76      È quanto si verifica nel caso di specie.

77      Infatti, come ha indicato il Tribunale al punto 167 della sentenza impugnata, il Consiglio fa riferimento, nelle motivazioni degli atti controversi, alla disfatta militare delle LTTE, annunciata dal governo dello Sri Lanka nel mese di maggio 2009, affermando che, «benché [tale] disfatta militare [avesse] indebolito in maniera significativa la struttura [delle LTTE], tale organizzazione intende[va] probabilmente continuare gli attacchi terroristici nello Sri Lanka».

78      Quanto agli elementi sui quali il Consiglio ha fondato tale valutazione, l’unico elemento rilevato dal Tribunale nella sentenza impugnata è un elenco degli atti terroristici che le LTTE avrebbero commesso a partire dall’anno 2005, contenuto nelle motivazioni degli atti controversi. Come risulta dal punto 168 di tale sentenza, il periodo cui si riferisce tale elenco si estende, a seconda del regolamento impugnato, fino al mese di aprile 2009 o di giugno 2010. Risulta, al riguardo, dal fascicolo all’esame della Corte che, se è vero che le motivazioni dei regolamenti di esecuzione controversi primo e secondo, ossia i regolamenti di esecuzione nn. 83/2011 e 687/2011 (in prosieguo, congiuntamente: i «regolamenti di esecuzione controversi primo e secondo»), menzionavano tre presunti atti terroristici che le LTTE avrebbero commesso tra il 27 aprile e il 12 giugno 2010 – dunque, posteriormente alla loro sconfitta militare del mese di maggio 2009 –, il Consiglio ha in seguito modificato le motivazioni degli atti controversi sopprimendo il riferimento a tali tre atti nelle motivazioni dei regolamenti di esecuzione controversi dal terzo all’ottavo, vale a dire nei regolamenti di esecuzione nn. 1375/2011, 542/2012, 1169/2012, 714/2013, 125/2014 e 790/2014 (in prosieguo, congiuntamente: i «regolamenti di esecuzione controversi dal terzo all’ottavo»). L’ultimo atto terroristico menzionato nelle motivazioni dei regolamenti di esecuzione controversi dal terzo all’ottavo data, infatti, al 12 aprile 2009 ed è pertanto anteriore alla predetta sconfitta militare. Nelle sue risposte scritte ai quesiti posti dal Tribunale il Consiglio ha spiegato che tale modifica costituiva un «aggiornamento» delle motivazioni degli atti controversi, operato in seguito al conseguimento di nuove informazioni.

79      Pertanto, in mancanza di altre indicazioni pertinenti, le motivazioni dei regolamenti di esecuzione controversi dal terzo all’ottavo non indicano nessun elemento idoneo a fondare la valutazione del Consiglio secondo la quale, nonostante la sconfitta militare, le LTTE avevano probabilmente l’intenzione di proseguire gli attacchi terroristici nello Sri Lanka. Ebbene, tenuto conto del fatto che questa stessa sconfitta militare integrava un mutamento delle circostanze importante, in grado di rimettere in discussione la persistenza del rischio di implicazione delle LTTE in attività terroristiche, il Consiglio avrebbe dovuto addurre elementi che fondassero tale valutazione nelle suddette motivazioni. Di conseguenza, i regolamenti di esecuzione controversi dal terzo all’ottavo sono inficiati da un vizio di motivazione tale da comportarne l’annullamento.

80      Quanto ai regolamenti di esecuzione controversi primo e secondo, occorre constatare che il Consiglio li ha abrogati e sostituiti con i regolamenti di esecuzione controversi successivi, contemporaneamente aggiornando la motivazione esposta nelle motivazioni in seguito al conseguimento di nuove informazioni. Tale aggiornamento ha condotto alla soppressione della menzione dei tre asseriti atti terroristici che le LTTE avrebbero commesso tra il 27 aprile e il 12 giugno 2010 e, dunque, successivamente alla sconfitta militare di tale entità. Il Consiglio, del resto, non si è riferito alla menzione di tali tre pretesi atti terroristici nell’ambito della presente impugnazione, e ciò nonostante il quesito della Corte circa l’insufficiente motivazione degli atti controversi quanto alla probabile intenzione delle LTTE di proseguire gli attacchi terroristici nello Sri Lanka nonostante la sconfitta militare nel maggio 2009. Di conseguenza, è evidente che la menzione dei detti tre asseriti atti terroristici non può comunque permettere di concludere per la fondatezza della motivazione dei regolamenti di esecuzione controversi primo e secondo.

81      In tali circostanze, il dispositivo della sentenza impugnata deve essere considerato fondato per la totalità degli atti controversi. Occorre pertanto respingere la seconda parte del secondo motivo dell’impugnazione.

 Sul terzo motivo

 Argomenti delle parti

82      Con il terzo motivo il Consiglio, sostenuto dal Regno Unito e dalla Commissione, fa valere che, ai punti 177 e da 205 a 208 della sentenza impugnata, il Tribunale è incorso in un errore di diritto non considerando che la decisione del Regno Unito del 2001 di proscrivere le LTTE costituisse una base sufficiente per mantenere le LTTE nell’elenco controverso. Secondo il Consiglio, a torto il Tribunale ha ritenuto che l’omessa indicazione, nelle motivazioni degli atti controversi, degli elementi a fondamento di tale decisione impedisse al Consiglio di basarsi su quest’ultima. Contrariamente a quanto avrebbe considerato il Tribunale, quest’ultimo non dovrebbe conoscere i motivi a fondamento di detta decisione, giacché tali motivi non sarebbero sindacabili dal giudice dell’Unione.

83      Le LTTE contestano tale argomento.

 Giudizio della Corte

84      Occorre constatare che, siccome il terzo motivo dell’impugnazione riguarda un errore di diritto in cui il Tribunale sarebbe incorso considerando che la mera decisione del Regno Unito del 2001 di proscrivere le LTTE non costituisse una base sufficiente per fondare gli atti controversi, tale motivo e la prima parte del secondo motivo dell’impugnazione coincidono parzialmente.

85      Ebbene, indipendentemente dalla fondatezza dell’argomento sollevato dal Consiglio nell’ambito del suo terzo motivo, secondo il quale il Tribunale avrebbe a torto statuito che l’omessa indicazione, nei punti delle motivazioni degli atti controversi, degli elementi a fondamento di tale decisione impedisse al Consiglio di fondarsi su quest’ultima, occorre ricordare che, in ogni caso, dall’esame della prima parte del secondo motivo dell’impugnazione risulta che, in ragione, da un lato, dell’importanza del lasso di tempo trascorso tra l’adozione delle decisioni del Regno Unito servite da fondamento all’iscrizione iniziale delle LTTE nell’elenco controverso, l’iscrizione medesima e l’adozione degli atti controversi e, dall’altro lato, della sconfitta militare intervenuta nel corso del mese di maggio 2009, la decisione del Regno Unito del 2001 di proscrivere le LTTE non costituiva una base sufficiente per fondare gli atti controversi.

86      Il terzo motivo dell’impugnazione è quindi inoperante.

87      Dato che tutti i motivi sono stati rigettati, l’impugnazione deve essere respinta.

 Sulle spese

88      Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quest’ultima, quando l’impugnazione è respinta, statuisce sulle spese. L’articolo 138 del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto del successivo articolo 184, paragrafo 1, dispone, al paragrafo 1, che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

89      Siccome l’impugnazione del Consiglio è respinta, occorre condannare il medesimo, conformemente alle conclusioni delle LTTE, non soltanto alle proprie spese, ma anche a quelle sostenute dalle LTTE.

90      L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

91      Conformemente a tali disposizioni, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno Unito nonché la Commissione sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalle Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE).

3)      La Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché la Commissione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.