Language of document : ECLI:EU:C:2021:303

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 15 aprile 2021 (1)

Causa C665/20 PPU

Openbaar Ministerie

contro

X

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Consegna delle persone ricercate alle autorità giudiziarie emittenti – Articolo 4, punto 5 – Motivi di non esecuzione facoltativa – Persona ricercata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo – Principio del ne bis in idem – Sanzione applicata o che non può più essere eseguita»






I.      Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (2), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (3) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584»).

2.        Sebbene la giurisprudenza della Corte relativa al mandato d’arresto europeo possa essere considerata abbondante, la varietà delle situazioni in cui tale strumento è attuato non cessa di suscitare nuovi interrogativi sulla portata delle norme e dei principi che la sua applicazione richiede. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale ne costituisce un nuovo esempio.

3.        Essa è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, nei Paesi Bassi, di un mandato d’arresto europeo emesso il 19 settembre 2019 dall’Amtsgericht Tiergarten (Tribunale circoscrizionale di Tiergarten, Germania) ai fini dell’esercizio di un’azione penale avviata nei confronti di X per fatti di rara violenza che sarebbero stati commessi a Berlino (Germania) ma che sarebbero stati potenzialmente già giudicati, in tutto o in parte, dal Tribunale penale di Teheran (Iran). Condannato a una pena detentiva della durata di sette anni e sei mesi, X ha beneficiato di uno sconto di pena per gli ultimi 338 giorni grazie a una misura di amnistia generale proclamata dalla Guida della Rivoluzione in occasione del 40° anniversario della rivoluzione iraniana.

4.        In tale contesto particolare, la Corte è chiamata a precisare la propria giurisprudenza relativa al margine di discrezionalità di cui dispongono le autorità giudiziarie di fronte a un motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato d’arresto europeo nel caso specifico previsto all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584. In modo più inedito, la Corte dovrà pronunciarsi anche sull’applicabilità transnazionale del principio del ne bis in idem derivante dall’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 e sull’incidenza di una misura di clemenza sull’applicazione di tale disposizione.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        I considerando 6, 10 e 12 della decisione quadro 2002/584 così recitano:

«(6)      Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria.

(...)

(10)      Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. L’attuazione di tale meccanismo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 6, paragrafo 1, [TUE], constatata dal Consiglio in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, dello stesso trattato, e con le conseguenze previste al paragrafo 2 dello stesso articolo.

(...)

(12)      La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 [TUE] e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, segnatamente il capo VI. (...)».

6.        A termini dell’articolo 1 di tale decisione quadro, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione»:

«1.      Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.      L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [TUE] non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

7.        L’articolo 3 della decisione quadro 2002/584, intitolato «Motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo», prevede quanto segue:

«L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (in prosieguo: “autorità giudiziaria dell’esecuzione”) rifiuta di eseguire il mandato d’arresto europeo nei casi seguenti:

1)      se il reato alla base del mandato d’arresto è coperto da amnistia nello Stato membro di esecuzione, se quest’ultimo era competente a perseguire il reato secondo la propria legge penale;

2)       se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna;

3)      se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo non può ancora essere considerata, a causa dell’età, penalmente responsabile dei fatti all’origine del mandato d’arresto europeo in base alla legge dello Stato membro di esecuzione».

8.        L’articolo 4 della decisione quadro 2002/584, dal canto suo, verte, come indica il suo titolo, sui «Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo». Ai sensi di tale articolo:

«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:

(...)

5)      se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna;

(...)».

B.      Diritto dei Paesi Bassi

9.        La decisione quadro 2002/584 è stata trasposta nel diritto dei Paesi Bassi dalla wet tot implementatie van het kaderbesluit van de Raad van de Europese Unie betreffende het Europees aanhoudingsbevel en de procedures van overlevering tussen de lidstaten van de Europese Unie (legge che attua la decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), del 29 aprile 2004 (4), come modificata dalla legge del 22 febbraio 2017 (5) (in prosieguo: l’«OLW»).

10.      Alla data della domanda di pronuncia pregiudiziale, l’articolo 9, paragrafo 1, dell’OLW prevede quanto segue:

«La consegna della persona ricercata non è autorizzata in relazione a un fatto per il quale:

(...)

d)      tale persona è stata oggetto di una decisione di assoluzione o di non luogo a procedere di un giudice dei Paesi Bassi, o di una decisione definitiva equivalente di un giudice di un altro Stato membro dell’Unione europea o di un paese terzo;

e)      tale persona è stata condannata con decisione giudiziaria, qualora:

1.      la pena o la misura irrogata sia già stata scontata;

2.      la pena o la misura irrogata non possa più essere eseguita o successivamente eseguita;

3.      la condanna consista in una dichiarazione di colpevolezza senza pena né misura [di sicurezza];

4.      la pena o la misura inflitta sia scontata nei Paesi Bassi;

(...)».

11.      A termini dell’articolo 28, paragrafo 2, dell’OLW:

«Se il rechtbank [tribunale] constata (...) che la consegna non può essere autorizzata (...), esso è tenuto a rifiutare quest’ultima nella propria decisione».

III. Fatti del procedimento principale

12.      Il 19 settembre 2019, l’Amtsgericht Tiergarten (Tribunale circoscrizionale di Tiergarten,) ha emesso nei confronti di X un mandato d’arresto europeo volto ad ottenere la consegna di quest’ultimo ai fini dell’esercizio di un’azione penale per fatti che egli avrebbe commesso a Berlino il 30 ottobre 2012.

13.      In tale data, X avrebbe legato Y, sua compagna al momento dei fatti, e Z, figlia di quest’ultima avente l’età di dieci anni, minacciandole con un coltello. Egli avrebbe poi commesso violenza sessuale su Y prima di mutilarla. Prima di lasciare la casa di Y, egli avrebbe sbarrato le stanze in cui si trovavano rispettivamente legate Y e Z, allo scopo di causarne la morte.

14.      I reati per i quali viene richiesta la consegna sono i seguenti:

–        tentato omicidio della sua compagna;

–        tentato omicidio della figlia della sua compagna, minorenne al momento dei fatti;

–        stupro della sua compagna;

–        lesioni personali gravi alla sua compagna;

–        sequestro c.d. doloso della sua compagna;

–        sequestro c.d. doloso della figlia minorenne della sua compagna.

15.      Sulla base di tale mandato d’arresto europeo, X è stato posto in stato di fermo nei Paesi Bassi e presentato dinanzi al giudice del rinvio il 18 marzo 2020. Egli ha informato detto giudice di non acconsentire alla propria consegna alle autorità giudiziarie tedesche ed è stato posto in stato di detenzione in attesa di una decisione a tale riguardo. A sostegno dell’opposizione alla propria consegna, X ha invocato il principio del ne bis in idem, affermando, in particolare, di essere stato giudicato con sentenza definitiva per gli stessi fatti in un paese terzo, vale a dire l’Iran.

16.      Secondo quanto constatato dal giudice del rinvio, X è stato giudicato in Iran per i fatti summenzionati, ad eccezione del sequestro di Y, che, nei suoi elementi materiali, è stato nondimeno incluso nella qualificazione del tentato omicidio della medesima. Al termine del procedimento svolto in Iran, X è stato condannato con sentenza penale definitiva per le lesioni gravi da lui inflitte a Y e per i tentati omicidi di Y e di Z. Per contro, egli è stato assolto in via definitiva dalle accuse di stupro di Y e di sequestro c.d. doloso di Z.

17.      In applicazione del diritto iraniano, X ha dovuto scontare soltanto la più grave delle pene detentive inflittegli in tale paese per i fatti per i quali egli è stato condannato in via definitiva, vale a dire una pena detentiva della durata di sette anni e sei mesi. X ha scontato la maggior parte di tale pena. Egli ha beneficiato di una riduzione della pena per la parte restante di quest’ultima grazie a un’amnistia generale proclamata dalla Guida della Rivoluzione, in occasione del 40° anniversario della rivoluzione iraniana.

18.      Per le lesioni gravi da lui inflitte a Y, X è stato inoltre condannato a versarle una «diya». A causa della sua insolvibilità, X è stato autorizzato a scaglionarne il pagamento in ragione di un primo versamento di rial iraniani (IRR) 200 000 000 (circa EUR 4 245) seguito da rate mensili di importo pari al 2% della «diya». Dopo aver effettuato il primo versamento e la prima rata mensile, X è stato rimesso in libertà in Iran il 5 maggio 2019. Il 7 settembre 2020, le autorità iraniane hanno emesso nei suoi confronti un mandato d’arresto a causa del mancato rispetto delle scadenze di pagamento successive.

19.      Dinanzi al giudice del rinvio, X sostiene di essere stato processato e giudicato con sentenza definitiva in Iran per gli stessi fatti per i quali è stata richiesta la sua consegna in forza del mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti. Egli sarebbe stato assolto in via definitiva per una parte dei fatti, mentre l’altra parte avrebbe dato luogo a una condanna a una pena detentiva che X avrebbe scontato integralmente. X sostiene, inoltre, che la «diya» costituisce non già una pena o una misura, bensì un obbligo di versare alla vittima una somma a titolo di risarcimento dei danni.

20.      X ne deduce che, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettere d) ed e), punto 1), dell’OLW, la sua consegna alle autorità tedesche in forza del mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti dovrebbe essere rifiutata. Egli afferma, in particolare, che l’articolo 9, paragrafo 1, dell’OLW non fa alcuna distinzione tra una sentenza definitiva emessa in uno Stato membro e una sentenza definitiva emessa in un paese terzo. In tal modo, il legislatore dei Paesi Bassi si sarebbe avvalso della facoltà, riconosciuta dalla decisione quadro 2002/584 agli Stati membri, di rifiutare la consegna in caso di sentenza definitiva e di pena scontata integralmente in un paese terzo. I giudici dei Paesi Bassi sarebbero pertanto tenuti a conformarvisi.

21.      Il pubblico ministero sostiene, invece, che l’eccezione invocata da X, vertente su una precedente condanna in Iran, non può essere accolta. Trattandosi di una condanna pronunciata in un paese terzo, spetterebbe infatti al giudice del rinvio, in qualità di autorità giudiziaria dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, disapplicare l’articolo 9, paragrafo 1, lettera e), dell’OLW per valutare se la condanna pronunciata in Iran possa beneficiare del riconoscimento reciproco in forza di una fiducia reciproca derivante da trattati o dalla consuetudine. Tenuto conto della rottura delle relazioni diplomatiche e dell’assenza di cooperazione giudiziaria con la Repubblica islamica dell’Iran, nonché dell’esistenza di notevoli differenze tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri dell’Unione e quello della Repubblica islamica dell’Iran, una siffatta fiducia nell’ordinamento giuridico iraniano non sussisterebbe. Il pubblico ministero ne trae la conclusione che la condanna pronunciata nei confronti di X in Iran non può costituire un valido motivo di non esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti dello stesso.

22.      Di fronte a tali argomenti contrari, il giudice del rinvio esprime diversi dubbi sul modo in cui occorre interpretare l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 e sulla maniera in cui quest’ultimo è stato trasposto nel diritto dei Paesi Bassi.

23.      In proposito, esso osserva che l’articolo 4 della decisione quadro 2002/584 elenca i motivi di non esecuzione facoltativa di un mandato d’arresto europeo, mentre l’OLW stabilisce che, in presenza di suddetti motivi, l’esecuzione deve essere rifiutata, giacché l’autorità giudiziaria dell’esecuzione esecuzione non dispone di alcun margine di discrezionalità a tale riguardo. Il giudice del rinvio si chiede, inoltre, se la nozione di «stessi fatti», utilizzata all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, debba ricevere la medesima interpretazione elaborata dalla Corte riguardo all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro in parola, ancorché la prima ipotesi riguardi l’esistenza di una sentenza definitiva emessa in un paese terzo, mentre la seconda verte su una sentenza definitiva emessa in un altro Stato membro. Infine, il giudice del rinvio si chiede se una misura di clemenza, come quella di cui X ha beneficiato in Iran, consenta di ritenere che la sanzione inflitta al medesimo sia stata applicata o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna ai sensi dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584.

24.      Considerando che la risposta alla questione se esso possa eseguire il mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di X dipende, in definitiva, dall’interpretazione dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, il rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di adire la Corte in via pregiudiziale.

IV.    Questioni pregiudiziali e procedimento d’urgenza dinanzi alla Corte

25.      Con decisione del 7 dicembre 2020, pervenuta in cancelleria lo stesso giorno, il rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) ha deciso di sottoporre alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che, allorché uno Stato membro decide di trasporre detta disposizione nel suo diritto nazionale, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di un certo margine discrezionale per valutare se occorra o meno rifiutare l’esecuzione del [mandato d’arresto europeo].

2)      Se la nozione di “stessi fatti”, di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 e la medesima nozione di cui all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro in parola debbano essere interpretate allo stesso modo e, ove così non fosse, come detta nozione debba essere interpretata nella prima disposizione citata.

3)      Se la condizione di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro [2002/584], secondo la quale “la sanzione sia stata applicata (…) o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna”, debba essere interpretata nel senso che essa comprende una situazione in cui la persona ricercata sia stata condannata per gli stessi fatti con sentenza definitiva a una pena privativa della libertà che ha parzialmente scontato nello Stato di condanna e che per il resto gli è stata rimessa da un’autorità non giudiziaria di quel paese, nell’ambito di una misura di clemenza di carattere generale che vale anche per persone condannate per reati gravi, come la persona ricercata, e che non è fondata su considerazioni razionali di politica penale».

26.      Il giudice del rinvio ha inoltre chiesto l’applicazione del procedimento d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

27.      A sostegno di tale domanda, esso ha affermato che le questioni sollevate vertono sull’interpretazione della decisione quadro 2002/584, la quale rientra nel titolo V della parte terza del Trattato FUE. Esso ha altresì osservato che X è stato posto in stato di detenzione in attesa della decisione sulla sua consegna alle autorità tedesche. La risposta rapida della Corte inciderebbe quindi in modo diretto e determinante sulla durata della detenzione dell’interessato.

28.      La Quinta Sezione della Corte ha deciso, il 17 dicembre 2020, di accogliere tale domanda.

29.      Hanno presentato osservazioni scritte il pubblico ministero, X, il governo dei Paesi Bassi, il governo tedesco e la Commissione europea. Ad eccezione del governo tedesco, tutte le suddette parti hanno svolto osservazioni orali all’udienza tenutasi il 3 marzo 2021.

V.      Analisi

A.      Osservazioni preliminari

30.      Come ho rilevato nell’introduzione alle presenti conclusioni, la giurisprudenza relativa alla decisione quadro 2002/584 è abbondante. Il contesto nel quale le sue disposizioni devono essere interpretate è ormai noto (6).

31.      In via preliminare, occorre quindi sottolineare che il diritto dell’Unione poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, così come precisato all’articolo 2 TUE. È tale premessa che implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri nel riconoscimento di tali valori e, dunque, nel rispetto del diritto dell’Unione che li attua (7).

32.      I suddetti due principi, tanto il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto il principio del mutuo riconoscimento, rivestono un’importanza ancor più fondamentale nel diritto dell’Unione in quanto sono essi che consentono la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne. Più specificamente, il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno di tali Stati, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo (8).

33.      In tale contesto, la decisione quadro 2002/584 mira a sostituire il sistema multilaterale di estradizione fondato sulla Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, con un sistema semplificato e più efficace di consegna tra le autorità giudiziarie delle persone condannate o sospettate, ai fini dell’esecuzione di sentenze o dell’esercizio di azioni penali. Prima concretizzazione del principio di riconoscimento reciproco nel settore del diritto penale, il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa necessariamente, secondo i termini utilizzati dal legislatore dell’Unione, su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri (9).

34.      Il principio di riconoscimento reciproco, che costituisce, come risulta segnatamente dal considerando 6 della decisione quadro 2002/584, il «fondamento» della cooperazione giudiziaria in materia penale, trova un’espressione particolare all’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro. Tale disposizione sancisce infatti la regola secondo cui gli Stati membri sono tenuti a dare esecuzione a ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della medesima decisione quadro. Le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono quindi, in via di principio, rifiutare di eseguire un siffatto mandato solo per i motivi di non esecuzione tassativamente elencati dalla decisione quadro 2002/584. Peraltro, l’esecuzione del mandato d’arresto europeo può essere subordinata esclusivamente a una delle condizioni tassativamente previste dall’articolo 5 di suddetta decisione quadro. Di conseguenza, mentre l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva (10).

35.      Invero, la decisione quadro 2002/584 enuncia espressamente i motivi di non esecuzione obbligatoria (articolo 3) e facoltativa (articoli 4 e 4 bis) del mandato d’arresto europeo, nonché le garanzie che lo Stato membro emittente deve fornire in casi particolari (articolo 5) (11).

36.      Tuttavia, i principi di fiducia e riconoscimento reciproci sui quali si fonda detta decisione quadro non possono affievolire in nessun modo i diritti fondamentali garantiti alle persone interessate (12). Ne consegue logicamente che la decisione quadro 2002/584 deve essere interpretata in modo tale da garantire la conformità ai requisiti del rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate, senza che per questo sia rimessa in discussione l’efficacia del sistema di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, di cui il mandato d’arresto europeo, quale previsto dal legislatore dell’Unione, costituisce uno degli elementi essenziali (13).

B.      Sulla prima questione pregiudiziale

37.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che, allorché uno Stato membro decide di trasporre tale disposizione nel suo diritto nazionale, esso è tenuto a concedere all’autorità giudiziaria dell’esecuzione un margine discrezionale al fine di determinare se occorra o meno rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo per il motivo previsto da detta disposizione.

38.      Come ha già sintetizzato l’avvocato generale Bot nelle sue conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza della Corte del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503), la questione che si pone è quella di determinare come debba essere inteso il carattere «facoltativo» del mandato d’arresto europeo. Ci si chiede se tale facoltà sia destinata agli Stati membri, i quali, all’atto di trasporre la decisione quadro 2002/584 nel loro diritto interno, possono decidere o meno di adottare i motivi di non esecuzione facoltativa, oppure se essa sia attribuita all’autorità giudiziaria d’esecuzione, che disporrebbe di un potere discrezionale per decidere se occorra o meno adottare tali motivi in funzione delle circostanze specifiche di ciascun caso (14).

39.      A tale riguardo, la libertà degli Stati membri di trasporre i motivi di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo è senz’altro stata confermata più volte dalla Corte (15). Tuttavia, successivamente, la Corte ha parimenti avuto l’opportunità di pronunciarsi su vari casi di motivi di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto. Orbene, in ciascuno di siffatti casi, essa ha adottato l’interpretazione secondo la quale all’autorità giudiziaria doveva essere necessariamente riconosciuto un potere discrezionale (16). Nella fattispecie, la conclusione a cui giungo, al termine di un’analisi testuale, contestuale e teleologica dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, è identica.

40.      In primo luogo, rileverò che è riferendosi espressamente al paragrafo 30 delle conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:116), che la Corte ha dichiarato che dalla formulazione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 risultava che, qualora uno Stato membro abbia scelto di trasporre la disposizione in parola nel diritto interno, l’autorità giudiziaria di esecuzione deve tuttavia disporre di un potere discrezionale riguardo alla questione se si debba o meno dare esecuzione al mandato d’arresto europeo (17).

41.      Orbene, al suddetto paragrafo delle sue conclusioni, l’avvocato generale Bot non limitava la propria analisi al testo dell’articolo 4, punto 6, della decisione [quadro] 2002/584. Detta analisi verteva, da una parte, sul titolo dell’articolo 4 della decisione quadro summenzionata e, dall’altra, sul primo comma di tale articolo, il quale contiene una sola frase che introduce, senza distinzioni, tutti i vari motivi di non esecuzione facoltativa numerati da 1 a 7.

42.      Si può, così, utilmente ricordare che l’aggettivo «facoltativa», che figura nel titolo dell’articolo 4 della decisione quadro 2002/584, si riferisce alla «non esecuzione» del mandato d’arresto europeo e non ai «motivi» che possono giustificarla. Pertanto, è in effetti il rifiuto di eseguire il mandato ad essere facoltativo, in contrapposizione ai rifiuti obbligatori previsti dall’articolo 3 della medesima decisione quadro (18). Orbene, essendo facoltativa, ogni decisione di rifiuto sarà necessariamente il riflesso di una scelta deliberata del suo autore e, di conseguenza, il frutto della sua valutazione.

43.      Inoltre, come ha rilevato anche l’avvocato generale Bot nello stesso paragrafo delle sue conclusioni, dall’articolo 4, primo comma, della decisione quadro 2002/584 risulta che la facoltà di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo è attribuita direttamente alle autorità giudiziarie di esecuzione nazionali. Infatti, mentre l’articolo 3, primo comma, della decisione quadro 2002/584 enuncia che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione «rifiuta di eseguire il mandato d’arresto europeo» (19) nei casi elencati in tale disposizione, l’articolo 4, primo comma, stabilisce che la medesima autorità «può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo» (20). Come la Corte ha già dichiarato, dalla scelta del termine «può» risulta che, qualora uno Stato membro abbia deciso di trasporre suddetta disposizione nel diritto interno, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di un margine di discrezionalità relativamente alla questione se occorra rifiutare o meno di eseguire il mandato d’arresto europeo (21).

44.      In secondo luogo, siffatta interpretazione dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 è confermata dal contesto nel quale esso si inserisce. Nell’ambito delle mie osservazioni preliminari, infatti, ho ricordato che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio e il rifiuto di esecuzione un’eccezione che, in quanto tale, deve essere oggetto di interpretazione restrittiva (22). Orbene, autorizzare una trasposizione dell’articolo 4 della decisione quadro 2002/584 che imponga all’autorità giudiziaria di esecuzione di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo nei casi previsti da tale disposizione priverebbe, a causa del suo carattere automatico, detta autorità della possibilità di tenere conto delle circostanze specifiche di ciascun caso, che potrebbero portarla a ritenere che le condizioni del rifiuto della consegna non siano soddisfatte. Pertanto, trasformando una semplice facoltà di rifiuto in un vero e proprio obbligo, una disposizione di tale natura trasformerebbe anche l’eccezione costituita dal rifiuto di consegna in regola di principio (23).

45.      Inoltre, la Corte, nell’ambito dell’interpretazione contestuale dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, non può prescindere dall’ipotesi prevista all’articolo 3, punto 2, di tale decisione quadro. Infatti, le fattispecie previste sono identiche, con l’unica eccezione che la prima ipotesi riguarda la sussistenza di una sentenza definitiva emessa da un paese terzo, mentre la seconda concerne una sentenza definitiva emessa da uno Stato membro. Come rileva opportunamente il governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, se gli Stati membri potessero scegliere di trasformare l’ipotesi di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 in motivo di rifiuto obbligatorio, la differenza tra le due disposizioni non avrebbe più senso.

46.      In terzo luogo, mi sembra che anche l’obiettivo perseguito mediante l’istituzione del mandato d’arresto europeo confermi l’interpretazione favorevole al margine di discrezionalità delle autorità giudiziarie. Conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, infatti, lo scopo del meccanismo del mandato d’arresto europeo è di consentire l’arresto e la consegna di una persona ricercata affinché, alla luce dell’obiettivo perseguito dalla decisione quadro in parola, il reato commesso non rimanga impunito e tale persona sia sottoposta ad un procedimento penale o sconti la pena privativa della libertà pronunciata nei suoi confronti (24).

47.      Orbene, interpretare l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 nel senso che esso autorizzerebbe gli Stati membri ad imporre alle autorità giudiziarie di rifiutare, in ogni caso, l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo nell’ipotesi in cui la persona ricercata sia stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un paese terzo (purché, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi del paese della condanna) e senza che tali autorità dispongano di alcun margine di discrezionalità, ancorché gli ordinamenti giuridici e le procedure applicabili nei paesi terzi possano essere notevolmente diversi da quelli propri degli Stati membri, potrebbe creare un rischio di impunità della persona ricercata. Di conseguenza, un’interpretazione del genere non può essere considerata conforme alla decisione quadro 2002/584 (25).

48.      In tale contesto, così come le autorità giudiziarie dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 4 bis della decisione quadro 2002/584, devono poter tenere conto di tutte le circostanze che consentano di assicurarsi che la consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo non comporti una violazione dei suoi diritti della difesa, giacché detta disposizione prevede – al pari dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 – un caso di non esecuzione facoltativa (26), le autorità giudiziarie competenti devono poter tenere conto anche di tutte le circostanze che consentano loro di assicurarsi che il rifiuto della consegna non comporti l’impunità della persona ricercata.

49.      Un simile potere discrezionale è ancora più importante nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 in quanto tale disposizione estende il principio del ne bis in idem alle sentenze pronunciate dai giudici dei paesi terzi. Orbene, contrariamente a quanto avviene tra gli Stati membri, i principi della fiducia reciproca e del riconoscimento reciproco, alla base del meccanismo del mandato d’arresto europeo, non possono essere trasposti ipso iure a Stati terzi (27). Siffatta particolarità è al centro della seconda questione pregiudiziale e la esaminerò quindi in tale occasione.

50.      Ciò precisato, tenuto conto delle considerazioni sin qui svolte, ritengo che dall’interpretazione testuale, contestuale e teleologica dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 risulti che quest’ultimo deve essere interpretato nel senso che, allorché uno Stato membro decide di trasporre tale disposizione nel suo diritto nazionale, esso è tenuto a concedere all’autorità giudiziaria dell’esecuzione un margine discrezionale al fine di determinare se occorra o meno rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo per il motivo previsto da detta disposizione.

C.      Sulla seconda questione pregiudiziale

51.      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di «stessi fatti», di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, debba essere interpretata allo stesso modo di quella, formalmente identica, di cui all’articolo 3, punto 2, di tale decisione quadro. Se così non fosse, il giudice del rinvio si chiede allora quale senso occorra attribuirle.

52.      In via preliminare, va constatato che, al pari dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, l’articolo 4, punto 5, di quest’ultima non rinvia al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la nozione di «stessi fatti». Tenuto conto dell’esigenza di applicazione uniforme del diritto dell’Unione, tale nozione non può quindi essere lasciata alla valutazione delle autorità giudiziarie di ciascuno Stato membro in funzione del loro diritto nazionale. Essa costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione (28).

53.      Per quanto riguarda la nozione di «stessi fatti» di cui all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, la Corte ha dichiarato che essa doveva essere definita allo stesso modo della nozione di «medesimi fatti» di cui all’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (29), firmata a Schengen (Lussemburgo) il 19 giugno 1990 (in prosieguo: la «CAAS») (30). Essa è quindi interpretata nel senso della sola identità dei fatti materiali, ricomprendente un insieme di fatti inscindibilmente collegati tra loro, indipendentemente dalla qualificazione giuridica dei fatti medesimi o dall’interesse giuridico tutelato (31).

54.      La Corte ha motivato tale identità dei concetti basandosi sull’obiettivo comune dell’articolo 54 della CAAS e dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, che consiste nell’evitare che una persona venga nuovamente perseguita o giudicata penalmente per gli stessi fatti (32). Orbene, mi sfugge quale possa essere l’altro obiettivo nascosto dietro l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, visto che tale disposizione, come già rilevato, è simile in tutto e per tutto all’articolo 3, punto 2, della medesima decisione quadro, l’unica differenza riguardando lo Stato all’origine della sentenza anteriore che ha statuito sugli stessi fatti.

55.      Ciò considerato, tenuto conto di tale obiettivo comune e della necessità, riconosciuta dalla Corte, di assicurare la coerenza tra le interpretazioni effettuate delle diverse disposizioni della decisione quadro 2002/584 (33), ritengo che la nozione di «stessi fatti», di cui all’articolo 4, punto 5, di quest’ultima, debba essere interpretata allo stesso modo di quella di cui al suo articolo 3, punto 2.

56.      Aggiungo che, sebbene il principio del ne bis in idem non sia stato formalmente menzionato dal legislatore dell’Unione nella decisione quadro 2002/584, vi sono scarsi dubbi che è tale principio ad essere attuato dall’articolo 3, punto 2, e dall’articolo 4, punto 5, di detta decisione quadro. Ne sono prova, da un lato, il titolo del capitolo nel quale rientra l’articolo 54 della CAAS – «applicazione del principio ne bis in idem» – e, dall’altro, l’interpretazione identica data all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), il quale formalizza detto principio nella Carta (34).

57.      Ancor più che una coerenza interna alla decisione quadro 2002/584, si tratta quindi di assicurare una coerenza trasversale al diritto dell’Unione. Poiché si tratta di un principio fondamentale del diritto dell’Unione, enunciato anche all’articolo 50 della Carta (35), e che riceve ora la stessa interpretazione in settori diversi quali l’imposta sul valore aggiunto (IVA) (36), la lotta contro il riciclaggio (37) o il mandato d’arresto europeo, la sua definizione non può variare a seconda dello strumento giuridico di cui si tratti e, a fortiori, nell’ambito del medesimo strumento. Una simile differenza sarebbe ancora più dissonante, o addirittura anacronistica, in quanto anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha finito per adottare un’interpretazione del principio del ne bis in idem che si concentra sull’esigenza di fatti identici o sostanzialmente tali (38).

58.      È ben vero che, al pari di altri strumenti internazionali (39), l’articolo 4 del protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Strasburgo il 22 novembre 1984, limita l’applicazione del principio del ne bis in idem alle sentenze emesse nello stesso paese (40). Analogamente, l’articolo 50 della Carta precisa che nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato «nell’Unione». Tale applicazione transnazionale limitata del principio del ne bis in idem si spiega, nell’ambito dell’ordinamento giuridico dell’Unione, in ragione del principio della fiducia reciproca, che impone a ciascuno degli Stati membri di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo (41). Non mi sfugge neanche che la Corte ha sottolineato, nell’ambito della CAAS, il necessario collegamento che esisteva tra il principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 54 di tale Convenzione e la fiducia reciproca degli Stati membri nei confronti dei loro rispettivi sistemi di giustizia penale (42).

59.      Tuttavia, sebbene nessun principio di diritto internazionale pubblico imponga l’applicazione transnazionale del principio del ne bis in idem (43), nessuna norma, per quanto mi risulta, la vieta (44). Orbene, scegliendo di prevedere, nei confronti delle sentenze emesse in un paese terzo, un motivo di rifiuto dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo in termini identici a quelli utilizzati all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, è giocoforza constatare che il legislatore dell’Unione ha operato tale scelta.

60.      Nondimeno, non si deve dimenticare che l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato alla luce dell’articolo 1, paragrafo 3, di quest’ultima, il quale impone un rispetto totale dei diritti fondamentali e dei principi giuridici fondamentali sanciti dall’articolo 6 TUE nell’esecuzione del meccanismo del mandato d’arresto europeo. Di conseguenza, l’applicazione transnazionale del principio del ne bis in idem non può affievolire in nessun modo i diritti fondamentali garantiti alle persone interessate (45).

61.      Dal combinato disposto delle due disposizioni in parola risulta quindi che, se è vero che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve tenere conto della sentenza definitiva emessa da un giudice di un paese terzo, ciò è però a condizione che tale sentenza sia la conclusione di un procedimento che ha, in special modo, rispettato gli standard del processo equo condivisi dagli Stati membri e idonei a garantire i diritti di tutte le parti del processo (46).

62.      Il fatto che l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 enunci un motivo di rifiuto dell’esecuzione facoltativo, mentre l’articolo 3, punto 2, di suddetta decisione quadro prevede un motivo di rifiuto dell’esecuzione obbligatorio, comporta inoltre altre due conseguenze che costituiscono altrettante garanzie idonee ad ovviare all’assenza di fiducia reciproca nei confronti degli Stati terzi.

63.      Da un lato, spetta, in definitiva, a ciascuno Stato membro scegliere se trasporre l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 ed estendere il principio del ne bis in idem a situazioni transnazionali al di fuori dell’Unione europea (47). Dall’altro, come ho dimostrato nella mia analisi della prima questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio, l’applicazione concreta dell’eccezione di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 deve essere lasciata alla valutazione dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione.

64.      Spetta quindi all’autorità giudiziaria competente accertare, oltre al carattere equo del procedimento svolto nello Stato terzo, se i fatti materiali di cui trattasi costituiscano un insieme di fatti inscindibilmente collegati nel tempo, nello spazio nonché per oggetto (48).

65.      Nella sua valutazione, infine, l’autorità giudiziaria prenderà in considerazione l’obiettivo della decisione quadro 2002/584, vale a dire che il reato commesso non rimanga impunito e che la persona ricercata sia sottoposta ad un procedimento penale o sconti la pena privativa della libertà pronunciata nei suoi confronti (49). Infatti, come ho già rilevato, le disposizioni della decisione quadro 2002/584 devono essere interpretate certamente in modo tale da garantire la conformità ai requisiti del rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate – tra i quali il principio del ne bis in idem –, senza tuttavia che per questo sia rimessa in discussione l’efficacia del sistema di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, di cui il mandato d’arresto europeo costituisce uno degli elementi essenziali (50).

66.      Tenuto conto delle considerazioni sin qui svolte, concludo che la nozione di «stessi fatti», di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, deve essere interpretata allo stesso modo di quella di cui all’articolo 3, punto 2, di tale decisione quadro. Detta nozione deve quindi essere interpretata nel senso della sola identità dei fatti materiali, ricomprendente un insieme di fatti inscindibilmente collegati tra loro, indipendentemente dalla qualificazione giuridica dei fatti medesimi o dall’interesse giuridico tutelato.

D.      Sulla terza questione pregiudiziale

67.      Con la sua terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la condizione di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, relativa all’esecuzione della pena, debba essere interpretata nel senso che essa è soddisfatta nel caso in cui la persona ricercata sia stata condannata con sentenza definitiva per gli stessi fatti a una pena privativa della libertà che è stata parzialmente scontata nel paese di condanna, beneficiando, quanto al resto, di una riduzione concessa da un’autorità non giurisdizionale di tale paese, nell’ambito di una misura di clemenza di carattere generale che vale anche per persone condannate per reati gravi e che non è fondata su considerazioni oggettive di politica penale.

68.      Il senso da attribuire alla condizione in parola è importante, in quanto essa può ostare al rifiuto di esecuzione del mandato d’arresto europeo. Infatti, nel caso in cui la pena non sia stata eseguita ai sensi dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, tale disposizione impone un ritorno al principio, vale a dire la consegna della persona interessata.

69.      In via preliminare, preciso che considererò il fenomeno giuridico della clemenza quale è stato definito dal giudice del rinvio: vale a dire, come una misura concessa da un’autorità non giurisdizionale a beneficio di un insieme di persone condannate per reati gravi e che non è fondata su considerazioni oggettive di politica penale. Tale modo, neutro e generale, di definire il problema mi sembra particolarmente opportuno in considerazione della molteplicità di misure di clemenza esistenti (51) e della variabilità della loro definizione nelle tradizioni giuridiche degli Stati membri (52).

70.      Così definito l’ambito di analisi, si può osservare che la condizione di esecuzione è formulata in termini identici all’articolo 3, punto 2, e all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, ma anche all’articolo 54 della CAAS. Orbene, la Corte ha precisato, a proposito di quest’ultimo, che il presupposto di esecuzione è soddisfatto quando si constati che, nel momento in cui il secondo procedimento penale viene avviato nei confronti della medesima persona per i medesimi fatti che hanno già dato luogo ad una condanna nel primo Stato contraente, la sanzione applicata in tale primo Stato non può più essere eseguita secondo le leggi di quest’ultimo (53).

71.      Tuttavia, non ci si può limitare a questa sola constatazione, fondata sul testo dell’articolo 54 della CAAS, per interpretare l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 e, in tal modo, prescindere dal contesto in cui suddetta disposizione si inserisce e dagli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione. Infatti, se è vero che «il testo di una disposizione (...) costituisce sempre il punto di partenza e al contempo il limite di ogni interpretazione» (54), gli altri metodi di interpretazione divengono facoltativi solamente nell’ipotesi in cui il testo in questione sia assolutamente chiaro ed univoco (55). Orbene, nel caso di specie, occorre constatare che il tenore letterale dell’articolo in discussione non consente, di per sé, di determinare l’ambito di applicazione della condizione di esecuzione.

72.      Anzitutto, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce l’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, dall’articolo 3, punto 1, di tale decisione quadro risulta indubbiamente che il legislatore dell’Unione non ignorava la potenziale interferenza di misure di clemenza nell’applicazione del mandato d’arresto europeo.

73.      Ai sensi di suddetta disposizione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo se il reato alla base di quest’ultimo è coperto da amnistia nello Stato membro di esecuzione e tale Stato membro era competente a perseguire detto reato secondo la propria legge penale. Il legislatore dell’Unione, tuttavia, ha circoscritto siffatta ipotesi all’amnistia in vigore nello Stato membro di esecuzione e l’ha configurata soltanto come motivo di non esecuzione obbligatoria. L’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 non può quindi essere interpretato nel senso che esso autorizza a prendere in considerazione una misura generale di clemenza, laddove da una giurisprudenza costante della Corte risulta che la decisione quadro 2002/584 enuncia i motivi di non esecuzione del mandato d’arresto europeo in modo tassativo (56) e che il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva (57).

74.      Inoltre, se si considerano gli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione, si può ricordare che il meccanismo del mandato d’arresto europeo costituisce la prima concretizzazione del principio di riconoscimento reciproco nel settore del diritto penale. La decisione quadro 2002/584 mira, infatti, a sostituire il sistema multilaterale di estradizione precedente con un sistema semplificato e più efficace di consegna tra le autorità giudiziarie (58). Si tratta quindi effettivamente di una «giurisdizionalizzazione» dell’estradizione: mentre l’estradizione è un atto di sovranità, il mandato d’arresto europeo è un atto giudiziario (59).

75.      È per tale ragione che la decisione quadro 2002/584 ha istituito un meccanismo di cooperazione tra le autorità giudiziarie degli Stati membri (60), le quali devono essere intese, nell’ambito di suddetta decisione quadro, come le autorità che partecipano – in modo indipendente (61) – all’amministrazione della giustizia penale (62).

76.      Orbene, la misura di clemenza, quale definita dal giudice del rinvio, è, da un lato, concessa da un’autorità non giurisdizionale e, dall’altro, non si integra affatto in una prospettiva di politica penale. Di conseguenza, risulta che prendere in considerazione una simile misura in sede di applicazione dell’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 contrasterebbe con la filosofia di un sistema che fa del mandato d’arresto europeo uno strumento di giustizia penale e colloca le autorità giudiziarie degli Stati membri al centro del suo funzionamento.

77.      Inoltre, una siffatta interpretazione sarebbe del pari incompatibile con il principio del ne bis in idem, poiché tale principio si basa sulla logica della fiducia reciproca e quest’ultima può operare soltanto nella sfera dell’applicazione giudiziaria della legge (63). Le autorità giudiziarie sono, infatti, le più idonee a conciliare, al termine di un’analisi concreta e individualizzata, i diritti fondamentali delle persone interessate e l’efficacia del sistema di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri.

78.      Tenuto conto delle considerazioni sin qui svolte, ritengo pertanto che la condizione di esecuzione imposta dall’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretata nel senso che essa non comprende la remissione di pena concessa da un’autorità non giurisdizionale del paese terzo da cui proviene la sentenza di condanna definitiva, nell’ambito di una misura di clemenza di carattere generale di cui beneficiano parimenti persone condannate per reati gravi e che non è fondata su considerazioni oggettive di politica penale.

VI.    Conclusione

79.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi) nel modo seguente:

1)      L’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che, allorché uno Stato membro decide di trasporre tale disposizione nel suo diritto nazionale, esso è tenuto a concedere all’autorità giudiziaria dell’esecuzione un margine discrezionale al fine di determinare se occorra o meno rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo per il motivo previsto da detta disposizione.

2)      La nozione di «stessi fatti», di cui all’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, deve essere interpretata allo stesso modo di quella di cui all’articolo 3, punto 2, della medesima decisione quadro. Tale nozione riguarda la sola identità dei fatti materiali. Essa ricomprende un insieme di fatti inscindibilmente collegati tra loro, indipendentemente dalla qualificazione giuridica dei fatti in parola o dall’interesse giuridico tutelato.

3)      La condizione di esecuzione imposta dall’articolo 4, punto 5, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, deve essere interpretata nel senso che essa non comprende la remissione di pena concessa da un’autorità non giurisdizionale del paese terzo da cui proviene la sentenza di condanna definitiva, nell’ambito di una misura di clemenza di carattere generale di cui beneficiano parimenti persone condannate per reati gravi e che non è fondata su considerazioni oggettive di politica penale.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2002, L 190, pag. 1.


3      GU 2009, L 81, pag. 24.


4      Stb. 2004, n. 195.


5      Stb. 2017, n. 82.


6      V., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 2020 SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione) (C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 42).


7      V., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 35), e dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione) (C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 35).


8      V., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 36), e del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punto 35).


9      V. considerando 6 e 10 della decisione quadro 2002/584. V. inoltre, in tal senso, sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti 39 e 40), e dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione) (C‑314/18, EU:C:2020:191, punti 37 e 38).


10      V., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 41); dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione) (C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 39), e del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punto 37).


11      Sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 42), e dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione) (C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 40).


12      V. articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584. V. inoltre, in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 59).


13      V., in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 63).


14      Conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:116, paragrafo 26).


15      In tal senso, la Corte ha segnatamente dichiarato: «(...) qualora traspongano l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel loro ordinamento interno (...)» [sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punto 50; il corsivo è mio)] o che «(...) qualora uno Stato membro abbia scelto di recepire [l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584] nel diritto interno (...)» [sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 21; il corsivo è mio)]. V., inoltre, sentenza del 13 dicembre 2018, Sut (C‑514/17, EU:C:2018:1016, punto 33).


16      V., in particolare, a proposito dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, sentenze del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 21); del 13 dicembre 2018, Sut (C‑514/17, EU:C:2018:1016, punto 33), e del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 86 e 99); a proposito dell’articolo 4 bis della medesima decisione, v. sentenze del 24 maggio 2016, Dworzecki (C‑108/16 PPU, EU:C:2016:346, punto 50); del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 96), e del 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Hamburg (C‑416/20 PPU, EU:C:2020:1042, punto 51).


17      Sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 21).


18      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:116, paragrafo 30).


19      Il corsivo è mio.


20      Il corsivo è mio.


21      V., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2018, Sut (C‑514/17, EU:C:2018:1016, punto 33).


22      V. paragrafo 34 delle presenti conclusioni e riferimenti indicati alla nota 10.


23      V., in tal senso, a proposito dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:116, paragrafo 31).


24      V., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 2020 SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione) (C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 47).


25      V., in tal senso, a proposito dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 23). V., altresì, per un’affermazione e un’applicazione del principio secondo il quale l’impunità della persona ricercata sarebbe incompatibile con l’obiettivo perseguito dalla decisione quadro 2002/584, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 82 e 103).


26      V., in tal senso, sentenze del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 96), e del 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Hamburg (C‑416/20 PPU, EU:C:2020:1042, punto 51). V., altresì, a proposito dell’incidenza di un’ipotesi di non esecuzione facoltativa sulla necessità di concedere alle autorità giudiziarie un potere discrezionale – nella fattispecie, l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 –, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 86 e 99).


27      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa JR (Mandato d’arresto – Condanna pronunciata da uno Stato terzo parte del SEE) (C‑488/19, EU:C:2020:738, paragrafo 34).


28      V., per analogia, a proposito della nozione di «stessi fatti», di cui all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, sentenza del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 38).


29      GU 2000, L 239, pag. 19.


30      Sentenza del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 40).


31      Sentenza del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 39).


32      Sentenza del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 40).


33      V., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2016, Özçelik (C‑453/16 PPU, EU:C:2016:860, punto 33).


34      V., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2018, Menci (C‑524/15, EU:C:2018:197, punti 25, 34 e 35). Si può d’altronde osservare che la Corte rinvia segnatamente, al punto 35 di tale sentenza, ai punti 39 e 40 della sentenza del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683), relativi all’interpretazione dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584.


35      Sentenza del 25 febbraio 2021, Slovak Telekom (C‑857/19, EU:C:2021:139, punto 39).


36      V., ad esempio, sentenza del 20 marzo 2018, Menci (C‑524/15, EU:C:2018:197).


37      V. le mie conclusioni presentate nella causa LG e MH (Autoriciclaggio) (C‑790/19, EU:C:2021:15, paragrafi 50 e 51).


38      V., in tal senso, Corte EDU, 10 febbraio 2009, Zolotoukhine c. Russia, CE:ECHR:2009:0210JUD001493903, §§ da 78 a 82 e, per un’applicazione più recente, Corte EDU, 19 dicembre 2017, Ramda c. Francia, CE:ECHR:2017:1219JUD007847711.


39      V. articolo 14, paragrafo 7, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976.


40      V., in tal senso, Rafaraci, T., «The principle of non bis in idem in the jurisprudence of the European Court of Justice», in Le contrôle juridictionnel dans l’espace pénal européen, Bruxelles, Éditions de l’Université de Bruxelles, 2009, pagg. da 93 a 110, in particolare pag. 93.


41      V. paragrafo 32 delle presenti conclusioni e riferimenti indicati alla nota 8.


42      V., a questo proposito, sentenze dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge (C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87, punto 33), nonché del 9 marzo 2006, Van Esbroeck (C‑436/04, EU:C:2006:165, punto 30).


43      V., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2006, Showa Denko/Commissione (C‑289/04 P, EU:C:2006:431, punto 58).


44      V., in tal senso, l’articolo 58 della CAAS, ai sensi del quale le disposizioni di tale convenzione «non sono di ostacolo all’applicazione di disposizioni nazionali più ampie, concernenti l’effetto “ne bis in idem” attribuito a decisioni giudiziarie straniere».


45      V., per analogia, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punti 59 e 63).


46      A tale riguardo, sulla base delle osservazioni scritte e orali di X, sembra che il procedimento penale conclusosi con la sua condanna in Iran non sia stato un simulacro di processo. Inoltre, la pena inflitta, tenuto conto delle condizioni di detenzione descritte da X, sembra di una certa severità. Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio giungesse alla conclusione che il mandato d’arresto europeo deve essere eseguito, suddette circostanze potrebbero, verosimilmente, del pari essere prese in considerazione dai giudici tedeschi.


47      V. paragrafo 39 delle presenti conclusioni e riferimenti indicati alla nota 15.


48      V., in tal senso, sentenze del 9 marzo 2006, Van Esbroeck (C‑436/04, EU:C:2006:165, punto 38), e del 18 luglio 2007, Kraaijenbrink (C‑367/05, EU:C:2007:444, punto 27).


49      V., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 2020 SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione) (C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 47).


50      V., in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 63).


51      L’amnistia e la grazia vengono in mente spontaneamente. Alcuni vi associano inoltre la prescrizione e la liberazione condizionale, ma tali misure non sono le uniche immaginabili (v., in tal senso, Mathieu, B., e Verpeaux, M., «Conclusions comparatives», in Ruiz Fabri, H., Della Morte, G., Lambert Abdelgawad, E., Martin-Chenut, K., La clémence saisie par le droit. Amnistie, prescription et grâce en droit international et comparé, Société de législation comparée, coll. de l’UMR de droit comparé de Paris, vol. 14, Parigi, 2007 pagg. da 311 a 318).


52      Anche solo in ragione di una possibile distinzione tra, da un lato, misure di clemenza in senso stretto («executive clemency») – che sarebbero riservate al potere esecutivo – e, dall’altro, l’amnistia – la quale sarebbe un atto legislativo [in tal senso, nei sistemi di common law, Pascoe, D., e Manikis, M., «Making sense of the victim’s role in clemency decision making», International Review of Victimology, vol. 26(I), 2020, pagg. da 3 a 28, in particolare pagg. 4 e 5, nonché pagg. 8 e 9]. V., inoltre, per convincersi dell’assenza di una definizione comune, discussioni vertenti sulle nozioni di «grazia», di «amnistia» e di «prescrizione», «Les institutions de clémence, regards de droit comparé», in Ruiz Fabri, H., Della Morte, G., Lambert Abdelgawad, E., Martin-Chenut, K., La clémence saisie par le droit. Amnistie, prescription et grâce en droit international et comparé, op. cit., pagg. da 275 a 309.


53      Sentenza dell’11 dicembre 2008, Bourquain (C‑297/07, EU:C:2008:708, punto 48).


54      Conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Agrana Zucker (C‑33/08, EU:C:2009:99, paragrafo 37).


55      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Francia/Parlamento (Esercizio del potere di bilancio) (C‑73/17, EU:C:2018:386, paragrafo 25).


56      V., in tal senso, sentenze citate alla nota 11 delle presenti conclusioni.


57      V., in tal senso, sentenze citate alla nota 10 delle presenti conclusioni.


58      V. paragrafo 33 delle presenti conclusioni.


59      V., in tal senso, Jegouzo, I., «Le mandat d’arrêt européen, acte de naissance de l’Europe judiciaire pénale», in  Cartier, M.-E., Le mandat d’arrêt européen, Bruylant, Bruxelles, 2005,  pagg. da 33 a 45, in particolare pag. 42; Bot, S., Le mandat d’arrêt européen, Larcier n. 215, Bruxelles, 2009.


60      V., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 96).


61      V., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punto 38).


62      V., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2016, Özçelik (C‑453/16 PPU, EU:C:2016:860, punto 32).


63      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Bourquain (C‑297/07, EU:C:2008:206, paragrafo 83).