Language of document : ECLI:EU:T:2010:306

ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

9 luglio 2010 (*)

«Procedimento sommario – Aiuti di Stato – Tariffe preferenziali per la fornitura di energia elettrica – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato comune e ne ordina il recupero – Domanda di sospensione dell’esecuzione – Mancanza di urgenza»

Nella causa T‑177/10 R,

Alcoa Trasformazioni Srl, con sede in Portoscuso, rappresentata dagli avv.ti M. Siragusa, T. Müller-Ibold e F. Salerno,

richiedente,

contro

Commissione europea, rappresentata dai sigg. V. Di Bucci e É. Gippini Fournier, in qualità di agenti,

resistente,

avente ad oggetto la domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione della Commissione 19 novembre 2009, C (2009) 8112 def., relativa agli aiuti di Stato n. C 38/A/2004 (ex NN 58/2004) e n. C 36/B/2006 (ex NN 38/2006) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni,

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

ha emesso la seguente

Ordinanza

 Fatti

1        La richiedente, la Alcoa Trasformazioni Srl, è una società di diritto italiano che appartiene al gruppo americano Alcoa. Essa è interamente controllata da un’altra società italiana, la Alcoa Servizi Srl. La Alcoa Inversiones España SL detiene il complesso delle azioni della Alcoa Servizi. A sua volta la Alcoa Inversiones è interamente controllata dalla Alcoa Luxembourg Sàrl, che ne detiene il 100% delle azioni. La società madre della Alcoa Luxembourg è la Alcoa International Holdings Company, società di diritto del Delaware (Stati Uniti), a sua volta interamente controllata dalla Alcoa Inc.

2        La richiedente è proprietaria di due impianti di produzione di alluminio primario, ubicati a Portovesme, in Sardegna, e a Fusina, in Veneto; quest’ultimo è stato chiuso nel maggio del 2010. Tali impianti erano stati ceduti alla richiedente dalla Alumix SpA nell’ambito della privatizzazione di quest’ultima.

3        Nella decisione 96/C 288/04 notificata alla Repubblica italiana e pubblicata il 1° ottobre 1996 (in prosieguo: la «decisione Alumix»), la Commissione delle Comunità europee, dopo aver esaminato varie misure concesse alla Alumix all’atto della privatizzazione, tra cui una tariffa elettrica preferenziale concessa dall’ENEL, a quell’epoca ente pubblico, agli impianti acquistati dalla richiedente, ha concluso, in merito a tale tariffa, destinata ad essere applicata sino al 31 dicembre 2005, che essa non costituiva un aiuto di Stato perché l’ENEL, fatturando una tariffa per la produzione di alluminio primario che copre i costi marginali e contribuisce ai costi fissi (in prosieguo: la «tariffa Alumix»), «[si comportava come un normale operatore commerciale] dato che tali tariffe le consent[ivan]o di fornire elettricità ai suoi massimi utenti industriali in regioni nelle quali esist[eva] un forte eccesso di capacità in termini di produzione di energia elettrica».

4        Negli anni immediatamente successivi all’adozione della decisione Alumix, il sistema elettrico italiano è stato ristrutturato in vista della graduale liberalizzazione del mercato comunitario dell’energia elettrica.

5        In un primo momento, dopo la sua privatizzazione, l’ENEL fatturava alla richiedente il prezzo pieno ordinario applicato a grandi clienti industriali, mentre spettava agli altri consumatori di energia elettrica fornire i fondi necessari affinché la richiedente potesse continuare a fruire della tariffa Alumix. In pratica, alla richiedente veniva applicato il prezzo pieno, ma essa fruiva di uno sconto diretto in bolletta. L’ENEL finanziava tale sconto grazie ai ricavi di un nuovo onere parafiscale.

6        Successivamente, la richiedente pagava il prezzo contrattualmente stipulato con l’ENEL e riceveva ex post dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico (in prosieguo: la «Cassa conguaglio»), un ente pubblico, un contributo compensativo che le consentiva di continuare a pagare di fatto la tariffa Alumix. Per la richiedente questo nuovo meccanismo era entrato in vigore nel settembre 2004.

7        Più precisamente, con decreto 6 febbraio 2004, la pubblica amministrazione italiana estendeva al 30 giugno 2007 la tariffa elettrica preferenziale applicata alla richiedente. Sotto il profilo economico, il risultato prodotto dal nuovo sistema era identico a quello prodotto dal regime previgente. È solo successivamente che, con una legge del 2005, le autorità italiane hanno prorogato al 2010 la tariffa preferenziale concessa alla richiedente, introducendo un meccanismo di indicizzazione. Quest’ultima proroga costituisce oggetto del procedimento di indagine formale C 36/2006 avviato dalla Commissione nel 2006 relativamente agli impianti della richiedente in Veneto e in Sardegna.

8        Nell’ambito del procedimento formale, la Commissione ha inviato, in data 19 gennaio 2007, alle autorità italiane una lettera in cui indicava la propria volontà di trovare una soluzione che permettesse di porre termine all’istruttoria tramite l’introduzione da parte dell’Italia di un programma di cessione di capacità virtuali (Virtual Power Plant; in prosieguo: il «programma VPP») in Sardegna. Il programma VPP, che dovrebbe comportare la diminuzione dei prezzi per i consumatori finali ad un livello prossimo ai costi variabili, è entrato in funzione in Sardegna il 22 ottobre 2009.

9        In esito al procedimento formale, in data 19 novembre 2009, la Commissione ha adottato la decisione C (2009) 8112 def. relativa agli aiuti di Stato n. C 38/A/2004 (ex NN 58/2004) e n. C 36/B/2006 (ex NN 38/2006), cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni (in prosieguo: la «decisione impugnata»), il cui art. 1 dichiara incompatibile con il mercato comune l’aiuto di Stato che la Repubblica italiana ha concesso illegalmente alla richiedente a partire dal 1° gennaio 2006.

10      Nella decisione impugnata la Commissione considera privi di rilievo sia l’analisi sviluppata nella decisione Alumix sia i calcoli forniti dalle autorità italiane e dalla richiedente per dimostrare che la tariffa preferenziale concessa a quest’ultima è ancora conforme ai criteri della decisione Alumix. Secondo la Commissione, l’importo da recuperare corrisponde alla somma di tutte le componenti compensative versate dalla Cassa conguaglio alla richiedente.

11      Per l’impianto del Veneto, la decisione impugnata dispone all’art. 2 che è soggetto al recupero il periodo compreso fra il 1° gennaio 2006 e la data di adozione della decisione stessa, ossia il 19 novembre 2009. Per l’impianto della Sardegna, la Commissione prevede solo un recupero parziale, relativamente al periodo tra il 1° gennaio 2006 ed il 18 gennaio 2007. La decisione impugnata indica il metodo di calcolo di tale importo, senza specificare l’esatto ammontare dell’aiuto da recuperare.

 Procedimento e conclusioni delle parti

12      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 aprile 2010, la richiedente ha proposto un ricorso volto all’annullamento della decisione impugnata, portata a sua conoscenza il 12 febbraio 2010, nella parte relativa all’aiuto di Stato n. C 36/B/2006 (ex NN 38/2006) che la Repubblica italiana le avrebbe concesso.

13      Con separata istanza, depositata nella cancelleria del Tribunale il 22 maggio 2010, la richiedente ha proposto la presente domanda di provvedimenti provvisori, con cui chiede in sostanza che il presidente del Tribunale voglia:

–        sospendere l’esecuzione della decisione impugnata, nella misura in cui si riferisce all’aiuto di Stato n. C 36/B/2006 (ex NN 38/2006);

–        condannare la Commissione alle spese.

14      Nelle osservazioni scritte depositate nella cancelleria del Tribunale il 9 giugno 2010, la Commissione chiede che il presidente del Tribunale voglia:

–        respingere la domanda di sospensione dell’esecuzione;

–        condannare la richiedente alle spese.

15      Con memoria depositata nella cancelleria del Tribunale l’8 luglio 2010, la Repubblica italiana ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente.

 In diritto

16      Dal combinato disposto degli artt. 278 TFUE e 279 TFUE, da una parte, e dell’art. 256, n. 1, TFUE, dall’altra, risulta che il giudice del procedimento sommario, quando reputi che le circostanze lo richiedono, può ordinare la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato dinanzi al Tribunale o disporre i provvedimenti provvisori necessari.

17      L’art. 104, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale dispone che le domande di provvedimenti provvisori devono precisare l’oggetto della causa, i motivi di urgenza e gli argomenti di fatto e di diritto che giustificano prima facie l’adozione del provvedimento provvisorio richiesto. In tal senso, la sospensione dell’esecuzione e gli altri provvedimenti provvisori possono essere accordati dal giudice del procedimento sommario se è comprovato che la loro concessione è giustificata prima facie da argomenti di fatto e di diritto (fumus boni iuris) e che gli stessi sono urgenti in quanto occorre, per evitare un danno grave ed irreparabile agli interessi del richiedente, che siano adottati e producano i loro effetti prima della decisione sul procedimento principale. Tali requisiti sono cumulativi e conseguentemente i provvedimenti provvisori devono essere negati in mancanza di uno di essi [ordinanza del presidente della Corte 14 ottobre 1996, causa C‑268/96 P(R), SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. I‑4971, punto 30]. Il giudice del procedimento sommario procede altresì, se del caso, al bilanciamento degli interessi in gioco (ordinanza del presidente della Corte 23 febbraio 2001, causa C‑445/00 R, Austria/Consiglio, Racc. pag. I‑1461, punto 73).

18      Inoltre, nell’ambito di tale valutazione d’insieme, il giudice del procedimento sommario dispone di un ampio potere discrezionale ed è libero di stabilire, considerate le particolarità del caso di specie, il modo in cui vanno accertati i vari requisiti in parola nonché l’ordine in cui condurre tale esame, dato che nessuna disposizione di diritto gli impone uno schema di analisi predeterminato per valutare la necessità di statuire in via provvisoria [ordinanze del presidente della Corte 19 luglio 1995, causa C‑149/95 P(R), Commissione/Atlantic Container Line e a., Racc. pag. I‑2165, punto 23, e 3 aprile 2007, causa C‑459/06 P(R), Vischim/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 25].

19      Va sottolineato, infine, che l’art. 278 TFUE sancisce il principio dell’effetto non sospensivo dei ricorsi dato che gli atti emanati dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione europea fruiscono di una presunzione di legittimità. Pertanto solo in via eccezionale il giudice del procedimento sommario può disporre la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato dinanzi al Tribunale o prescrivere provvedimenti provvisori (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale 17 dicembre 2009, causa T‑396/09 R, Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 31, e la giurisprudenza ivi citata).

20      Alla luce degli elementi risultanti dal fascicolo, il giudice del procedimento sommario ritiene di disporre di tutte le informazioni necessarie per pronunciarsi sulla presente domanda di provvedimenti provvisori, senza necessità di previa audizione delle parti.

 Argomenti delle parti

 Sul fumus boni iuris

21      La richiedente afferma che la decisione impugnata è inficiata da molteplici vizi che ne giustificano l’annullamento nella sua interezza. Essa lamenta in particolare la violazione degli artt. 107 TFUE e 108 TFUE, in primo luogo, in quanto la Commissione considera la tariffa per l’energia elettrica di cui essa beneficia per le sue due fonderie di alluminio primario, ubicate in Sardegna e in Veneto, quale aiuto di Stato sebbene tale tariffa non le conferisse alcun vantaggio, in secondo luogo, in quanto l’importo dell’aiuto di Stato non è stato quantificato correttamente, in terzo luogo, in quanto la Commissione ha erroneamente ritenuto che detta tariffa elettrica costituisse un aiuto al funzionamento, incompatibile con gli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (GU 1998, C 74, pag. 9), in quarto luogo, in quanto nel corso del procedimento e all’esito di un’istruttoria carente, la Commissione ha cambiato radicalmente la propria valutazione relativamente all’impatto dell’introduzione del meccanismo di mercato da essa proposto in Sardegna, senza alcuna spiegazione o preavviso, e, in quinto luogo, in quanto la misura è stata qualificata quale aiuto nuovo e non quale aiuto esistente.

22      La Commissione si astiene dal prendere posizione sul fumus boni iuris.

 Sull’urgenza e sul bilanciamento degli interessi

23      La richiedente afferma che la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata è urgente, giacché l’esecuzione dell’ordine di recupero le causerebbe inevitabilmente un danno grave ed irreparabile che metterebbe a rischio la sua stessa esistenza.

24      La richiedente valuta in circa EUR 295 milioni l’importo che le autorità italiane saranno tenute a recuperare da essa per l’aiuto di Stato erogato a favore degli impianti ubicati in Sardegna e in Veneto. Orbene, essa non sarebbe in grado di restituire un simile importo poiché non disporrebbe della liquidità necessaria. In caso di esecuzione dell’ordine di recupero, essa sarebbe costretta a chiedere l’ammissione ad una procedura di insolvenza o a cercare vie legali alternative per liquidare le sue attività, cessando di operare in Italia.

25      La richiedente espone la sua situazione di sovraindebitamento che le impedisce di far fronte all’ordine di recupero. Essa ricorda di aver accantonato, nel 2009, una somma pari a EUR 158 milioni, nella previsione di una possibile decisione negativa della Commissione in materia di aiuti di Stato. Sottraendo all’importo da restituire (EUR 295 milioni) l’importo già accantonato (EUR 158 milioni), l’obbligo di rimborso ammonterebbe ad EUR 137 milioni, il che comporterebbe che il capitale della richiedente diventerebbe negativo. Per effetto della normativa italiana in materia di capitale sociale minimo, i suoi amministratori sarebbero quindi obbligati a scioglierla, prima che il Tribunale abbia statuito nel merito in ordine alla causa principale.

26      Ricordando che il gruppo Alcoa ha deciso di chiudere la sua fonderia di Fusina, la richiedente aggiunge che, se essa fosse costretta ad interrompere la produzione della fonderia di Portovesme a causa delle sue difficoltà finanziarie, tutti gli impianti italiani verrebbero definitivamente chiusi. Per ragioni di ordine tecnico dovute alla natura del processo di produzione dell’alluminio, uno spegnimento completo, anche temporaneo, della fonderia comprometterebbe la funzionalità di costose apparecchiature di modo che la sua riattivazione richiederebbe costi significativi, di lunga superiori ai costi di riattivazione tipici di altre industrie.

27      La richiedente riconosce che la valutazione dell’urgenza impone che si tengano in considerazione le caratteristiche del gruppo cui essa appartiene, per determinare se tale gruppo potrebbe sostenerla finanziariamente. Essa sottolinea, tuttavia, che il gruppo Alcoa, al quale essa appartiene, non ha alcun interesse a fornire alle attività italiane un supporto finanziario ulteriore rispetto a quello da esso già fornito loro finora, in particolare qualora fosse eseguito il recupero dell’aiuto dedotto in giudizio.

28      La richiedente precisa che il gruppo Alcoa non ha alcun interesse nel mantenere in vita le attività italiane, a meno che l’energia elettrica non le venga offerta a prezzi competitivi, scenario che al momento non sussiste. Il prezzo pagato per l’energia elettrica sarebbe uno degli elementi determinanti della competitività globale di un impianto di produzione di alluminio, in altre parole è il prezzo dell’elettricità a determinare quali impianti possano continuare ad operare e quali debbano invece chiudere. Tuttavia, la richiedente avrebbe deciso di continuare la sua attività in Italia e il suo gruppo avrebbe sostenuto tale scelta, come sarebbe testimoniato dalla decisione dell’Alcoa Inversiones, la sua società madre di secondo livello, di prestare garanzie affinché la tariffa elettrica preferenziale potesse continuare ad essere concessa nel 2009.

29      Per ciò che concerne più particolarmente il suo impianto di Portovesme, la richiedente afferma che recenti riforme regolamentari volte a garantire la sicurezza di approvvigionamento di elettricità nelle isole maggiori (inclusa la Sardegna) – ossia l’adozione del decreto‑legge 25 gennaio 2010, n. 3 (GURI n. 20 del 26 gennaio 2010), convertito in legge con modificazioni con la legge 22 marzo 2010, n. 41 (GURI n. 72 del 27 marzo 2010) – potrebbero consentire la sopravvivenza delle attività di tale impianto, anche se per un periodo di soli tre anni. Nondimeno, tali riforme dovrebbero ancora essere vagliate dalla Commissione alla luce delle norme sul controllo degli aiuti di Stato.

30      Comunque, il gruppo Alcoa non sarebbe affatto obbligato a venire in soccorso degli impianti italiani se fosse data esecuzione all’ordine di recupero. Quanto precede non sarebbe contraddetto dal fatto che, nel 2009, l’Alcoa Servizi, la società madre che ha il controllo diretto sulla richiedente, ha ricapitalizzato quest’ultima con un conferimento di EUR 180 milioni. Detta operazione dovrebbe considerarsi come puramente «italiana», e principalmente finalizzata a consentire la temporanea sopravvivenza delle attività della richiedente nelle more del presente procedimento sommario. In nessun caso l’Alcoa Servizi avrebbe i mezzi per fornire alla richiedente il capitale necessario in caso di esecuzione della decisione impugnata.

31      Quanto alle garanzie prestate nel 2009 dall’Alcoa Inversiones per i pagamenti al tempo dovuti alla Cassa conguaglio dell’ammontare di circa EUR 700 milioni (v. supra, punto 28), da esse non deriverebbe alcun obbligo di ricapitalizzazione della richiedente ai sensi delle norme civilistiche italiane. Tali garanzie richieste dalla Cassa conguaglio concernerebbero la restituzione delle somme ricevute dalla richiedente a titolo di componente compensativa della tariffa elettrica preferenziale applicabile. La richiedente, l’Alcoa Servizi e l’Alcoa Inversiones avrebbero tuttavia impugnato tale richiesta di garanzie dinanzi ai giudici italiani e il giudizio sarebbe attualmente pendente dinanzi al Consiglio di Stato. Benché persuasa della sua invalidità, l’Alcoa Inversiones avrebbe deciso di accondiscendere alla richiesta al fine di evitare che gli impianti fossero costretti a chiudere.

32      Quanto al bilanciamento degli interessi in gioco, la richiedente ritiene che esso propenda a favore della sospensione della decisione impugnata. Invero, mentre l’esecuzione immediata di quest’ultima avrebbe riflessi assai modesti sugli interessi generali dell’Unione, il suo impatto sulla richiedente sarebbe disastroso e, soprattutto, irreversibile poiché la sentenza nel merito verrebbe resa dopo la sua liquidazione o il suo fallimento, in altri termini dopo la sua uscita dal mercato.

33      Da una parte, le autorità italiane avrebbero abrogato la tariffa elettrica preferenziale controversa a decorrere dal 31 dicembre 2009; in pratica, la misura sarebbe stata interrotta dal momento dell’esecuzione del programma VPP nell’ottobre 2009 (v. supra, punto 8), il che confermerebbe la natura transitoria della detta tariffa. Infatti, nell’autunno 2009 avrebbe cominciato a funzionare un elettrodotto e dovrebbe essere operativo alla fine del 2010, procurando alla Sardegna significativi miglioramenti infrastrutturali. Inoltre, una legge del 2009 avrebbe introdotto un meccanismo finalizzato a permettere di acquistare l’energia elettrica da fornitori attivi in paesi confinanti, il che avrebbe dovuto avere un impatto immediato sul prezzo dell’energia elettrica praticato in Italia. Ne segue che l’interesse generale tutelato dall’art. 108, n. 2, TFUE sarebbe già garantito, indipendentemente dall’esecuzione della decisione impugnata.

34      Inoltre, il gruppo Alcoa avrebbe già deciso di chiudere la fonderia di Fusina, con la conseguenza che ogni suo possibile impatto sulla concorrenza sarebbe destinato a venir meno. Quanto alla fonderia di Portovesme il recupero sarebbe limitato al presunto vantaggio ricevuto nel 2006. Tuttavia, dopo quattro anni, tale vantaggio, ipotizzando che fosse esistito, continuerebbe ad avere solo un impatto ben modesto sul mercato. Infine, l’alluminio primario sarebbe un bene scambiato a livello mondiale e la produzione italiana rappresenterebbe soltanto lo 0,3% del volume totale scambiato. Pertanto, la minima produzione di alluminio primario in Italia non potrebbe avere alcun impatto sul prezzo mondiale dell’alluminio. Il mercato dell’alluminio europeo, e segnatamente italiano, conoscerebbe un cronico deficit di produzione, e correlativamente una costosa dipendenza dalle importazioni provenienti da Paesi terzi. Tale dipendenza dimostrerebbe che, se anche la richiedente avesse beneficiato di un vantaggio dalla tariffa elettrica preferenziale, tale vantaggio sarebbe servito esclusivamente a sostenere la capacità di produzione nell’Unione, con l’unico effetto di ridurre la dipendenza dalle importazioni provenienti da Paesi terzi.

35      Dall’altra, qualora non venisse sospesa l’esecuzione della decisione impugnata, la richiedente sarebbe costretta a ritirarsi definitivamente dal mercato, con la conseguenza che numerosi mezzi di produzione dovrebbero essere liquidati, oltre 2 500 persone sarebbero private del loro sostentamento e, indirettamente, molte migliaia di altre persone ne soffrirebbero. Peraltro, sarebbe prevedibile che la chiusura dell’impianto in Sardegna sarebbe accompagnata da gravi tensioni sociali, come dimostrato da quanto verificatosi all’indomani della decisione impugnata che ha portato il Sommo Pontefice a intervenire durante l’Angelus domenicale del 31 gennaio 2010, al fine di smorzare le tensioni.

36      La Commissione critica il complesso degli argomenti dedotti dalla richiedente per dimostrare l’urgenza. Essa ricorda, anzitutto, che il gruppo Alcoa ha già prestato garanzie per la restituzione alla Cassa conguaglio delle somme ricevute dalla richiedente a titolo di componente compensativa, garanzie tali da coprire agevolmente l’ammontare dovuto a titolo di recupero dell’aiuto, il che escluderebbe qualsiasi rischio per l’esistenza della richiedente. Inoltre, alla luce della situazione finanziaria del gruppo Alcoa, non sussisterebbe alcuna urgenza che imporrebbe la sospensione dell’esecuzione richiesta. Infine, l’accordo raggiunto il 17 maggio 2010 tra l’Alcoa, il governo italiano e i sindacati eliminerebbe ogni rischio di cessazione dell’attività della richiedente. Ciò premesso, non sarebbe neppure necessario giungere alla fase del bilanciamento degli interessi. Il bilanciamento deporrebbe comunque contro la sospensione dell’esecuzione richiesta.

 Giudizio del giudice del procedimento sommario

37      Nelle circostanze del caso di specie, occorre anzitutto esaminare se risulti soddisfatto il requisito dell’urgenza.

38      Per giurisprudenza consolidata, l’urgenza di una domanda di provvedimenti provvisori deve essere valutata in relazione alla necessità di statuire provvisoriamente al fine di evitare che la parte che richiede i provvedimenti provvisori subisca un danno grave e irreparabile. Quest’ultima è tenuta a provare di non poter attendere l’esito della causa principale senza dover subire un danno di questo tipo (v. ordinanza del presidente del Tribunale 20 gennaio 2010, causa T‑443/09 R, Agriconsulting Europe/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 25, e la giurisprudenza ivi citata).

39      Per poter valutare se il danno fatto valere dalla parte che richiede i provvedimenti provvisori sia grave e irreparabile e giustifichi conseguentemente la sospensione, in via eccezionale, dell’esecuzione della decisione, il giudice del procedimento sommario deve disporre di concrete indicazioni che consentano di accertare le precise conseguenze che verosimilmente deriverebbero dalla mancata concessione dei provvedimenti richiesti. Tuttavia, non è necessario che l’imminenza del danno fatto valere venga comprovata con assoluta certezza, ma basta che il verificarsi del danno sia prevedibile con un grado di probabilità sufficiente (v. ordinanza del presidente del Tribunale 20 novembre 2008, causa T‑433/08 R, SIAE/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 35, e la giurisprudenza ivi citata).

40      Nel caso di specie, occorre esaminare se la richiedente abbia dimostrato con un grado di probabilità sufficiente che subirebbe un danno grave e irreparabile qualora i provvedimenti provvisori da essa richiesti non venissero ordinati.

41      A tal proposito, si deve determinare anzitutto l’oggetto preciso della presente domanda di provvedimenti provvisori nonché il danno fatto valere.

42      Benché risulti dal testo della domanda di provvedimenti provvisori che la richiedente chiede ripetutamente la sospensione della decisione impugnata nella sua interezza, il complesso degli argomenti volti a dimostrare l’urgenza si riferisce alla sospensione dell’esecuzione del solo ordine di recupero imposto dall’art. 2, nn. 1‑3, di tale decisione. Infatti, essa sostiene in sostanza che, non disponendo della liquidità necessaria per pagare l’importo da rimborsare, essa sarebbe esposta al rischio di insolvenza, liquidazione e uscita dal mercato italiano. Per quanto concerne invece la qualificazione come aiuto di Stato della tariffa elettrica preferenziale applicatale (art. 1 della decisione impugnata) nonché l’obbligo imposto alla Repubblica italiana di annullare le future erogazioni dell’aiuto (art. 2, n. 4, della decisione impugnata), la richiedente stessa sostiene che la tariffa elettrica di cui è causa è stata abrogata di fatto il 31 dicembre 2009 dalle autorità italiane e che la sua applicazione era già stata interrotta prima dell’adozione della decisione impugnata (v. supra, punto 33). Poiché la citata tariffa non è più in vigore, non sussiste alcuna urgenza per la richiedente di ottenere la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata in relazione a tale qualificazione e tale obbligo.

43      Per quanto concerne l’imminenza del danno fatto valere, la richiedente afferma che il gruppo Alcoa ha già deciso di chiudere la fonderia di Fusina. Se anche essa fa valere che l’esecuzione dell’ordine di recupero imposto dalla decisione impugnata l’obbligherebbe ad abbandonare le sue attività economiche in Italia, tale argomento non può quindi valere per le sue attività a Fusina in quanto il danno temuto si sarebbe già realizzato tramite la chiusura dell’impianto ivi situato. Invero, per giurisprudenza consolidata, la finalità del procedimento sommario non è di assicurare il risarcimento di un danno già subito (ordinanze del presidente del Tribunale 27 agosto 2008, causa T‑246/08 R, Melli Bank/Consiglio, non pubblicata nella Raccolta, punto 53, e 8 giugno 2009, causa T‑149/09 R, Dover/Parlamento, non pubblicata nella Raccolta, punto 37).

44      Conseguentemente, il danno che la richiedente teme di subire in caso di esecuzione dell’ordine di recupero può consistere unicamente nella chiusura del suo impianto di Portovesme.

45      Quanto alla portata dell’ordine di recupero di cui è causa, la richiedente precisa che il suo obbligo di rimborso ammonta – dopo aver sottratto all’importo da restituire (EUR 295 milioni) l’importo accantonato (EUR 158 milioni) – alla somma di EUR 137 milioni, maggiorata di eventuali interessi moratori da calcolare conformemente all’art. 2, nn. 2 e 3, della decisione impugnata.

46      È pertanto giocoforza constatare che il danno immediato invocato dalla richiedente nel caso di specie ha natura meramente finanziaria, in quanto consiste in una somma di denaro che essa dovrebbe rimborsare alla Repubblica italiana e su tale qualificazione non incidono le conseguenze dell’asserita chiusura dell’impianto di Portovesme.

47      Orbene, per giurisprudenza consolidata un danno di natura meramente finanziaria non può, salvo circostanze eccezionali, essere considerato irreparabile né difficilmente riparabile se può di regola costituire oggetto di una successiva compensazione finanziaria [ordinanza del presidente della Corte 11 aprile 2001, causa C‑471/00 P(R), Commissione/Cambridge Healthcare Supplies, Racc. pag. I‑2865, punto 113, e ordinanza del presidente del Tribunale 15 giugno 2001, causa T‑339/00 R, Bactria/Commissione, Racc. pag. II‑1721, punto 94].

48      In presenza di un rischio di danno meramente finanziario, il provvedimento provvisorio richiesto sarebbe giustificato solo se risultasse che, in mancanza di tale provvedimento, il richiedente si troverebbe in una situazione tale da porre in pericolo la sua stessa esistenza prima della pronuncia della sentenza che conclude la causa principale (ordinanza del presidente del Tribunale 3 dicembre 2002, causa T‑181/02 R, Neue Erba Lautex/Commissione, Racc. pag. II‑5081, punto 84).

49      È stato tuttavia giudicato che anche l’eventuale insolvibilità di una società non comportava necessariamente che il requisito relativo all’urgenza fosse soddisfatto. Infatti, la valutazione della situazione materiale di una società deve far riferimento, in particolare, alle caratteristiche del gruppo al quale essa è collegata a motivo del suo azionariato (ordinanza del presidente del Tribunale 2 maggio 2007, causa T‑297/05 R, IPK International – World Tourism Marketing Consultants/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 59; v. altresì, in tal senso, ordinanza del presidente della Corte 7 marzo 1995, causa C‑12/95 P, Transacciones Marítimas e a./Commissione, Racc. pag. I‑467, punto 12), così che il giudice del procedimento sommario può essere portato a ritenere che il requisito dell’urgenza non sia soddisfatto, nonostante lo stato di insolvibilità prevedibile dalla società [v. ordinanza del presidente della Corte 18 ottobre 2002, causa C‑232/02 P(R), Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, Racc. pag. I‑8977, punto 56, e la giurisprudenza ivi citata].

50      Ciò premesso, occorre valutare se il danno fatto valere possa essere considerato grave e irreparabile tenuto conto, in particolare, delle dimensioni e del fatturato della richiedente, nonché delle caratteristiche del gruppo cui essa appartiene [v. in tal senso ordinanze del presidente della Corte 23 maggio 1990, cause riunite C‑51/90 R e C‑59/90 R, Comos-Tank e a./Commissione, Racc. pag. I‑2167, punto 26, e 15 aprile 1998, causa C‑43/98 P(R), Camar/Commissione e Consiglio, Racc. pag. I‑1815, punto 36, e la giurisprudenza ivi citata; ordinanze Transacciones Marítimas e a./Commissione, cit., punto 12, e IPK International – World Tourism Marketing Consultants/Commissione, cit., punto 59].

51      La presa in considerazione del fatturato del gruppo cui appartiene la società interessata si fonda sull’idea che gli interessi oggettivi di quest’ultima non presentano un carattere autonomo rispetto a quelli delle persone fisiche o giuridiche che la controllano o fanno parte dello stesso gruppo. Il carattere grave e irreparabile del danno fatto valere deve dunque essere valutato a livello del gruppo che tali persone compongono. Questa coincidenza di interessi giustifica che l’interesse della società in questione a continuare ad esistere non sia valutato indipendentemente dall’interesse che i soggetti che la controllano o che sono membri dello stesso gruppo nutrono nella sua sopravvivenza [v. ordinanza del presidente della Corte 30 aprile 2010, causa C‑113/09 P(R), Ziegler/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 46, e la giurisprudenza ivi citata].

52      Nel caso di specie, la richiedente riconosce esplicitamente che l’esecuzione dell’ordine di recupero dell’ammontare di EUR 137 milioni, maggiorati d’interessi moratori, non minaccia l’esistenza del gruppo Alcoa, al quale essa appartiene, e che l’Alcoa Inc., la sua società madre di ultimo livello (v. supra, punto 1), sarebbe in teoria in grado di finanziare la restituzione dell’aiuto. Tale affermazione della richiedente è peraltro confermata dai dati pubblicamente accessibili concernenti il gruppo Alcoa. Infatti, quest’ultimo si presenta sul suo sito Internet come il produttore leader a livello mondiale di alluminio primario, alluminio lavorato e allumina, precisando di essere presente nel mondo con circa 59 000 dipendenti in 31 paesi e di aver realizzato nel 2009 ricavi per USD 18,4 miliardi.

53      Il giudice del procedimento sommario può quindi solo constatare che, alla luce della capacità finanziaria del gruppo Alcoa, e segnatamente della società madre l’Alcoa Inc., sottolineata dalla richiedente stessa, il danno fatto valere non è qualificabile né come grave né come irreparabile.

54      Nella misura in cui la richiedente si oppone a tale conclusione affermando che le capacità finanziarie del gruppo al quale essa appartiene sono prive di rilievo ai fini della valutazione del suo danno personale dal momento che nessuna delle società appartenenti al gruppo è tenuta, né peraltro disposta, a concederle il minimo sostegno finanziario, si deve ricordare che anche un diniego unilaterale di aiuto da parte del gruppo Alcoa non potrebbe essere sufficiente, in linea di principio, ad escludere che si tenga conto della situazione finanziaria del gruppo. Infatti, la portata del danno fatto valere non può dipendere dalla volontà unilaterale della società madre del gruppo al quale appartiene una società che richiede la sospensione dell’esecuzione, in una situazione – come quella della richiedente, integrata al 100% nel gruppo Alcoa tramite una catena di varie società madri che conducono fino all’Alcoa Inc. (v. supra, punto 1) – in cui gli interessi di tali società facenti parte dello stesso gruppo coincidono oggettivamente [v. in tal senso, per analogia, ordinanze del presidente della Corte 14 dicembre 1999, causa C‑364/99 P(R), DSR-Senator Lines/Commissione, Racc. pag. I‑8733, punti 50 e 54, e 23 marzo 2001, causa C‑7/01 P(R), FEG/Commissione, Racc. pag. I‑2559, punto 46].

55      La situazione potrebbe essere diversa solo se la richiedente dimostrasse che la sua società madre o altre società facenti parte del gruppo Alcoa si trovano nell’impossibilità giuridica di fornirle sostegno finanziario (v., in tal senso, ordinanza DSR-Senator Lines/Commissione, cit., punto 52). Tuttavia, la richiedente ha omesso di produrre tale prova.

56      Anzi, la richiedente ha fornito elementi da cui risulta che il gruppo Alcoa, lungi dal considerare la chiusura immediata della fonderia di Portovesme, è piuttosto disposta a fornire sostegno finanziario alla richiedente. Infatti, essa ha sottolineato che la sua volontà di mantenere le proprie attività in Italia aveva trovato il sostegno del suo gruppo, avendo l’Alcoa Inversiones prestato garanzie dell’importo di EUR 700 milioni nel 2009 (v. supra, punti 28 e 31), laddove non si può nemmeno escludere che tale somma possa essere impiegata, anche solo provvisoriamente, per eseguire l’ordine di recupero controverso. La richiedente menziona un altro apporto finanziario da parte del suo gruppo, avendola l’Alcoa Servizi ricapitalizzata tramite il conferimento di un importo di EUR 180 milioni nel 2009 (v. supra, punto 30). Inoltre, la richiedente fa riferimento ad una normativa italiana degli inizi del 2010, relativa all’approvvigionamento elettrico, affermando che tale regime recente potrebbe, salva approvazione della Commissione, consentire la sopravvivenza delle attività dell’impianto di Portovesme almeno per un periodo di tre anni. Orbene, la Commissione ha indicato, nelle sue osservazioni, di aver approvato, con decisione 26 maggio 2010, il regime in questione per un periodo di tre anni, ritenendo che esso non comporti alcun aiuto di Stato.

57      Va aggiunto che la presente domanda di provvedimenti provvisori riguarda il recupero di un aiuto di Stato da parte delle autorità italiane, e pertanto la richiedente era tenuta a dimostrare che i rimedi giurisdizionali interni ad essa offerti dal diritto nazionale per opporsi al recupero di tale aiuto non le consentono di evitare di subire un danno grave e irreparabile (v. ordinanza del presidente del Tribunale 14 marzo 2008, causa T‑440/07 R, Huta Buczek/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punti 67 e 68, e la giurisprudenza ivi citata). Essa, tuttavia, non si è pronunciata sulla questione se le possibilità di ricorso interne a sua disposizione in forza del diritto italiano per opporsi all’ordine di recupero le consentirebbero, invocando la sua situazione finanziaria individuale, di evitare di subire un danno grave e irreparabile. Essa non ha neppure reputato necessario informare il giudice del procedimento sommario della situazione amministrativa a livello nazionale indicando se le autorità italiane le avessero già trasmesso richieste di recupero, se non addirittura titoli esecutivi.

58      Infine, per quanto riguarda più particolarmente il carattere irreparabile del danno fatto valere, la richiedente non ha dimostrato che non le sarebbe possibile ottenerne la successiva compensazione finanziaria tramite un’azione per danni. Invero, se tale danno non fosse riparato tramite il mero annullamento della decisione impugnata nell’ambito del procedimento principale, potrebbe essere riparato grazie ai mezzi di ricorso previsti dagli artt. 268 TFUE e 340 TFUE, fermo restando che la sola possibilità di proporre un’azione per danni è sufficiente, in linea di principio, a dimostrare il carattere riparabile di un danno del genere (v., in tal senso, ordinanza Agriconsulting Europe/Commissione, cit., punto 35, e la giurisprudenza ivi citata).

59      Dalle considerazioni sin qui svolte emerge che la richiedente non è riuscita a dimostrare che subirebbe un danno grave ed irreparabile qualora le venisse negata la sospensione dell’esecuzione richiesta. Ne consegue che il requisito dell’urgenza non è soddisfatto.

60      Il diniego dei provvedimenti provvisori per mancanza di urgenza è del resto suffragato dal bilanciamento dei diversi interessi in gioco.

61      A questo proposito, occorre ricordare che l’art. 88, n. 2, primo comma, CE stabilisce che, qualora la Commissione constati che un aiuto di Stato non è compatibile con il mercato comune, essa decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato. Ne consegue che l’interesse generale in forza del quale la Commissione esercita le funzioni ad essa attribuite dall’art. 88, n. 2, CE, e dall’art. 7 del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1), al fine di garantire, essenzialmente, che il funzionamento del mercato comune non sia falsato da aiuti di Stato nocivi per la concorrenza, è di particolare importanza. Infatti, l’obbligo a carico dello Stato membro interessato di sopprimere un aiuto incompatibile col mercato comune è inteso al ripristino dello status quo ante (v., in tal senso, ordinanze del presidente del Tribunale 4 aprile 2002, causa T‑198/01 R, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, Racc. pag. II‑2153, punto 113, e la giurisprudenza ivi citata, e 23 gennaio 2009, causa T‑352/08 R, Pannon Hőerőmű/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 58).

62      Di conseguenza, è stato dichiarato che, nell’ambito di una domanda di sospensione dell’esecuzione dell’obbligo imposto dalla Commissione di rimborsare un aiuto erogato illegittimamente e dichiarato incompatibile con il mercato interno, l’interesse dell’Unione deve generalmente, se non quasi sempre, prevalere sull’interesse del beneficiario dell’aiuto di evitare l’esecuzione dell’obbligo di rimborso prima della pronuncia della futura sentenza nel procedimento principale (ordinanza Pannon Hőerőmű/Commissione, cit., punto 59).

63      Il destinatario di siffatto aiuto può ottenere la concessione di provvedimenti provvisori solo in circostanze eccezionali e segnatamente nell’ipotesi in cui sia soddisfatto il requisito dell’urgenza (v. ordinanza Pannon Hőerőmű/Commissione, cit., punto 60, e la giurisprudenza ivi citata).

64      Orbene, nel caso di specie, la richiedente non soddisfa il requisito dell’urgenza e non risulta comunque dimostrato che essa sia confrontata con circostanze eccezionali che potrebbero giustificare un bilanciamento degli interessi in gioco a favore della concessione di provvedimenti provvisori.

65      Di conseguenza, la domanda di provvedimenti provvisori deve essere respinta, senza che sia necessario esaminare se il requisito del fumus boni iuris sia soddisfatto. In tali circostanze, non è necessario pronunciarsi sulla domanda di intervento della Repubblica italiana.

Per questi motivi,

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

così provvede:

1)      La domanda di provvedimenti provvisori è respinta.

2)      Le spese sono riservate.

Lussemburgo, 9 luglio 2010

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Jaeger


* Lingua processuale: l’italiano.