Language of document : ECLI:EU:C:2000:360

SENTENZA DELLA CORTE

4 luglio 2000 (1)

«Direttiva 77/93/CEE - Rilascio di certificati fitosanitari da parte di paesi terzi diversi dal paese d'origine dei vegetali - Prodotti originari della parte di Cipro situata a nord della zona cuscinetto delle Nazioni Unite»

Nel procedimento C-219/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dalla House of Lords (Regno Unito), nella causa dinanzi ad essa pendente tra

Regina

e

Minister of Agriculture, Fisheries and Food,

ex parte: S.P. Anastasiou (Pissouri) Ltd e a.,

con l'intervento di:

Cypfruvex (UK) Ltd e Cypfruvex Fruit and Vegetable (Cypfruvex) Enterprises Ltd,

domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/93/CEE, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (GU 1977 L 26, pag. 20), modificata, in particolare, dalla direttiva del Consiglio 19 dicembre 1991, 91/683/CEE (GU L 376, pag. 29), e dalla direttiva della Commissione 1° dicembre 1992, 92/103/CEE (GU L 363, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, D.A.O. Edward, L. Sevón e R. Schintgen, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.-P. Puissochet (relatore), G. Hirsch, P. Jann, M. Wathelet e V. Skouris, giudici,

avvocato generale: N. Fennelly


cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

-    per la S.P. Anastasiou (Pissouri) Ltd e a., dai signori D. Vaughan, QC, e M. Hoskins, barrister, su incarico del signor P. Clough, solicitor;

-    per la Cypfruvex (UK) Ltd e la Cypfruvex Fruit and Vegetable (Cypfruvex) Enterprises Ltd, dai signori M.J. Beloff, QC, e R. Millett, barrister, su incarico del signor M. Kramer e della signora S. Sheppard, solicitors;

-    per il governo del Regno Unito, rappresentato dal signor J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dal signor P.M. Roth, QC, e dalla signora J. Skilbeck, barrister;

-    per il governo ellenico, dalla signora A. Samoni-Rantou, consigliere giuridico presso il servizio giuridico speciale - sezione diritto comunitario - del Ministero degli Affari esteri, dalla signora N. Dafniou e dal signor G. Karipsiadis, uditori presso lo stesso servizio, in qualità di agenti;

-    per la Commissione delle Comunità europee, dai signori E. White, consigliere giuridico, e X. Lewis, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della S.P. Anastasiou (Pissouri) Ltd e a., con i signori D. Vaughan e M. Hoskins, della Cypfruvex (UK) Ltd e della Cypfruvex Fruit and Vegetable (Cypfruvex) Enterprises Ltd, con i signori M.J. Beloff e R. Millett, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla signora R. Magrill, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dal signor P.M. Roth, del governo ellenico, rappresentato dalle signore A. Samoni-Rantou e N. Dafniou e dal signor G. Karipsiadis, e della Commissione, rappresentata da signor X. Lewis, all'udienza del 12 gennaio 2000,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 24 febbraio 2000,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con ordinanza 20 maggio 1998, pervenuta in cancelleria il 15 giugno seguente, la House of Lords ha proposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art 234 CE), cinque questioni pregiudiziali relative all'interpretazione della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/93/CEE, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (GU 1977, L 26, pag. 20), modificata, in particolare, dalla direttiva del Consiglio 19 dicembre 1991, 91/683/CEE (GU L 376, pag. 29), e dalla direttiva della Commissione 1° dicembre 1992, 92/103/CEE (GU L 363, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

2.
    Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra produttori ed esportatori di agrumi, tra cui la S.P. Anastasiou (Pissouri) Ltd (in prosieguo: la «Anastasiou e a.»), con sede nella parte di Cipro situata a sud della zona cuscinetto delle Nazioni Unite, e il Minister for Agricolture, Fisheries and Food (Ministro competente in Inghilterra per l'agricoltura, la pesca e l'alimentazione, in prosieguo: il «Ministro»), in ordine all'importazione nel Regno Unito, da parte della Cypfruvex (UK) Ltd e della Cypfruvex Fruit and Vegetable (Cypfruvex) Enterprises Ltd (in prosieguo, congiuntamente: la «Cypfruvex»), di agrumi originari della parte di Cipro situata a nord della detta zona (in prosieguo: la «parte settentrionale di Cipro») e avviati verso la Comunità dopo uno scalo in Turchia, con certificati fitosanitari rilasciati dalle autorità turche.

Sfondo normativo

3.
    Nella sua versione applicabile alle importazioni controverse, la direttiva prevede, all'art. 12, n. 1:

«Gli Stati membri prescrivono, per l'introduzione nel loro territorio di vegetali, prodotti vegetali o altre voci specificati nell'allegato V, parte B, ed in provenienza da paesi terzi, almeno:

a)     che questi vegetali, prodotti vegetali o altre voci, nonché i loro imballaggi, siano minuziosamente ispezionati ufficialmente, totalmente o su campione rappresentativo, e, se necessario, che i veicoli per mezzo dei quali avviene il trasporto siano anch'essi minuziosamente ispezionati ufficialmente al fine di accertare, per quanto possibile:

    

    - che non sono contaminati dagli organismi nocivi specificati nell'allegato I, parte A,

    

    - per quanto riguarda i vegetali ed i prodotti vegetali specificati nell'allegato II, parte A, che non sono contaminati dagli organismi nocivi che li riguardano, indicati in tale parte di allegato,

    

    - per quanto riguarda i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci specificati nell'allegato IV, parte A, che essi sono conformi ai requisiti particolari che li riguardano, indicati in tale parte di allegato;

    

b )     che essi devono essere accompagnati dai certificati prescritti agli articoli 7 e 8 e che il certificato fitosanitario non può essere compilato più di 14 giorni prima della data in cui i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci lasciano il paese speditore. I certificati prescritti agli artt. 7 e 8 ... vengono rilasciati da servizi competenti a tal fine autorizzati nell'ambito della convenzione internazionale per la protezione dei vegetali ovvero, ove si tratti di paesi non aderenti alla Convenzione, in base alle disposizioni legislative o regolamentari del paese di cui trattasi. ...

    (...)».

4.
    L'art. 12 della direttiva contiene di conseguenza un rinvio agli artt. 7 e 8, i quali, come l'art. 6, riguardano in linea di principio i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci originari della Comunità.

5.
    L'art. 7, n. 1, della direttiva prevede che possa essere rilasciato un certificato fitosanitario quando può ritenersi, sulla base dell'ispezione prescritta dall'art. 6, nn 1 e 2, che le condizioni ivi specificate sono soddisfatte. L'art. 8, n. 2, della direttiva dispensa lo Stato membro sul territorio del quale i prodotti hanno formato oggetto di frazionamento o di deposito o hanno subito una modificazione nell'imballaggio, dall'effettuare una nuova ispezione se i prodotti non hanno subito rischi fitosanitari sul suo territorio; lo Stato membro redige in tal caso un certificato fitosanitario di rispedizione e lo unisce al certificato fitosanitario originale.

6.
    L'art. 6, n. 1, della direttiva prevede che i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato V, nonché i loro imballaggi, siano minuziosamente ispezionati ufficialmente, totalmente o su campione rappresentativo e, se necessario, che i veicoli per mezzo dei quali avviene il trasporto siano anch'essi ispezionati ufficialmente al fine di accertare:

    

a)     che non sono contaminati dagli organismi nocivi elencati nell'allegato I, parte A;

b)     per quanto riguarda i vegetali ed i prodotti vegetali elencati nell'allegato II, parte A, che non sono contaminati dagli organismi nocivi che li riguardano, indicati in tale parte di allegato;

c)     per quanto riguarda i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato IV, parte A, che sono conformi ai requisiti particolari che li riguardano, indicati in tale parte di allegato.

7.
    L'art. 6, n. 4, della direttiva aggiunge che i controlli ufficiali di cui ai paragrafi precedenti di tale articolo sono effettuati regolarmente nell'azienda del produttore, preferibilmente nel luogo di produzione, e riguardano gli specifici vegetali o prodotti vegetali coltivati, prodotti o utilizzati dal produttore o comunque presenti nella sua azienda, nonché il terreno di coltura ivi utilizzato.

8.
    Infine, l'art. 9, n. 1, della direttiva dispone:

«Nel caso di vegetali, prodotti vegetali o altre voci cui si applicano i requisiti speciali di cui all'allegato IV, parte A, il certificato sanitario ufficiale previsto dall'articolo 7 deve essere stato rilasciato nei paesi d'origine dei vegetali, dei prodotti vegetali e delle altre voci in causa, eccetto

-    per quanto riguarda il legname, se (...)

-    in altri casi, nella misura in cui i requisiti particolari previsti all'allegato IV, parte A, possono essere soddisfatti anche in luoghi diversi da quelli di origine»

9.
    Ai fini delle disposizioni sopra esaminate, gli agrumi originari della parte settentrionale di Cipro che formano oggetto della controversia nella causa principale rientrano nella categoria dei vegetali e dei prodotti vegetali menzionati all'allegato V, i quali sono, pertanto, soggetti ad ispezione fitosanitaria. Essi possono essere contaminati dagli organismi nocivi menzionati nell'allegato I o nell'allegato II. I requisiti particolari che devono essere imposti per la loro importazione, ai sensi dell'allegato IV, parte A, sono l'assenza di peduncoli e foglie e il fatto che il relativo imballaggio rechi un adeguato marchio d'origine.

10.
    Con la sua sentenza 5 luglio 1994, Anastasiou e a. (causa C-432/92, Racc. pag. I-3087), la Corte ha dichiarato che la direttiva ostava all'accettazione da parte delle autorità nazionali di uno Stato membro, all'atto dell'importazione di agrumi provenienti dalla parte settentrionale di Cipro, di certificati fitosanitari rilasciati da autorità diverse dalle competenti autorità della Repubblica di Cipro.

La controversia nella causa a qua

11.
    In seguito alla citata sentenza Anastasiou e a., gli esportatori, che fino ad allora avviavano verso il Regno Unito agrumi originari della parte settentrionale di Cipro muniti di certificati fitosanitari rilasciati dai servizi della «Repubblica turca di Cipro settentrionale» e non dalle competenti autorità della Repubblica di Cipro, hanno concluso un accordo con una società avente sede in Turchia, in base al quale la nave adibita al trasporto dei detti agrumi provenienti da Cipro avrebbe fatto uno scalo di meno di 24 ore in un porto turco continuando poi la sua rotta verso il Regno Unito munita di un certificato rilasciato dai servizi turchi dopo un controllo da loro effettuato sul carico a bordo della nave.

12.
    La Anastasiou e a. ha chiesto che venisse ingiunto al Ministro di rifiutare l'ingresso nel Regno Unito degli agrumi importati in siffatte condizioni. La sua domanda è stata respinta dalla Court of Appeal. Le ricorrenti hanno proposto ricorso contro tale decisione di rigetto dinanzi alla House of Lords.

13.
    Ritenendo che la soluzione della controversia così insorta richiedesse un'interpretazione del diritto comunitario, la House of Lords ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)    Se, ai sensi dell'art. 12, n. 1, lett. b), della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/93/CEE, concernente le misure di protezione contro l'introduzione negli Stati membri di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali (in prosieguo: la 'direttiva'), uno Stato membro possa consentire (e in caso affermativo in quali circostanze e a quali condizioni) l'introduzione sul proprio territorio di vegetali quali definiti nella direttiva (in prosieguo: i 'vegetali'), specificati nell'allegato V, parte B, della direttiva e originari di paesi terzi, qualora tali vegetali siano accompagnati solo da un certificato fitosanitario emesso da un paese terzo dal quale i vegetali sono stati trasportati nella Comunità, ma non da un certificato fitosanitario emesso dal paese terzo di origine.

2)    Se, ed in che termini la soluzione della questione sub 1) risulti diversa, qualora i vegetali di cui trattasi siano soggetti ai requisiti particolari fissati nell'allegato IV, parte A, sezione I, della direttiva, che possono essere soddisfatti in un paese terzo diverso da quello di origine, ai sensi dell'art. 9, n. 1, della direttiva.

3)    Se la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-432/92, Anastasiou (Racc. 1994, pag. I-3087) debba essere interpretata e applicata in modo da precludere alle autorità di uno Stato membro di consentire l'importazione di agrumi originari della parte dell'isola di Cipro situata a nord della zona cuscinetto delle Nazioni Unite, qualora essi siano accompagnati da un certificato fitosanitario emesso dalle autorità di un altro paese terzo, dal quale tali agrumi sono stati trasportati nella Comunità.

4)    Se la soluzione data a una delle questioni di cui sopra risulti diversa qualora:

    a)    i vegetali di cui trattasi non siano mai stati importati nel paese terzo dove è stato emesso il certificato fitosanitario che li ha accompagnati nella Comunità, nel senso che essi non sono mai stati scaricati dalla nave di cui trattasi e non hanno mai attraversato la barriera doganale; e/o

    b)    gli speciali requisiti previsti per i vegetali di cui trattasi siano già stati soddisfatti nel paese di origine.

5)    Se la soluzione alle questioni sub 1) e 2) risulti diversa, qualora i vegetali di cui trattasi siano stati presentati per la certificazione in un paese terzo diverso da quello di origine, non per una ragione fitosanitaria precisa, ma per evitare così di dover ottenere un certificato fitosanitario dalle autorità competenti nel paese di origine».

Sulla prima, sulla seconda, sulla terza e sulla quarta questione pregiudiziale

14.
    Con le sue prime quattro questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice a quo chiede alla Corte di stabilire se, e eventualmente a quali condizioni, la direttiva consenta ad uno Stato membro di lasciare entrare nel proprio territorio vegetali originari di un paese terzo e soggetti, ai sensi della direttiva, ad una procedura di ispezione conclusa con il rilascio di un certificato fitosanitario, qualora i vegetali, ai quali si applicano requisiti particolari, siano accompagnati unicamente da un certificato fitosanitario redatto dalle autorità di un paese terzo di spedizione diverso dal paese d'origine.

15.
    La Anastasiou e a. ed il governo ellenico fanno valere che, in un caso siffatto, la direttiva esige che un certificato fitosanitario sia stato rilasciato dalle competenti autorità del paese d'origine dei vegetali, a meno che, trattandosi di requisiti particolari che potrebbero prestarvisi senza inconvenienti, non venga rilasciato dalle autorità di un paese di spedizione diverso dal paese d'origine un certificato complementare. Tale interpretazione della direttiva pare loro risultare tanto dalla sua lettera quanto dal suo obiettivo.

16.
    Da una parte, per quanto riguarda la lettera della direttiva, il rinvio dell'art. 12, n. 1, all'art. 7, il quale rinvia a sua volta all'art. 6, significherebbe che il certificatofitosanitario richiesto può essere rilasciato solo dopo un'ispezione ufficiale minuziosa effettuata nell'azienda del produttore e avente ad oggetto non solo i vegetali coltivati, ma anche i prodotti utilizzati o presenti in tale azienda, nonché il terreno di coltura utilizzato. Un siffatto controllo potrebbe spettare solo alle autorità del paese da cui i vegetali provengono. Se l'art. 9, n. 1, della direttiva consente, in determinati casi ed in misura limitata, di derogare a tale regola per la certificazione dell'osservanza di taluni requisiti particolari, la detta eccezione non avrebbe la conseguenza di dispensare i vegetali da un certificato fitosanitario rilasciato nel paese d'origine per quanto riguarda gli altri requisiti ai quali essi sono assoggettati.

17.
    D'altra parte, l'obiettivo della direttiva, che sarebbe quello di impedire l'introduzione e la diffusione all'interno della Comunità di organismi nocivi ai vegetali, non consentirebbe un'interpretazione diversa. Infatti, la generalizzazione di controlli fitosanitari approfonditi sul luogo di coltura, imposta ai prodotti d'origine comunitaria a partire dalla data di attuazione della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1991, 91/683/CEE, che modifica la direttiva 77/93 (GU L 376, pag. 29), non avrebbe senso se, nel contempo, non fossero imposte, per i vegetali importati da paesi terzi, garanzie di livello almeno comparabile. Ora, conformemente alla citata sentenza Anastasiou e a., il meccanismo della direttiva sarebbe fondato al riguardo su una collaborazione tra le autorità dello Stato membro importatore e quelle del paese esportatore ai fini dell'eliminazione degli organismi nocivi. Se l'ispezione fitosanitaria ed il rilascio del relativo certificato fossero posti in essere da autorità diverse dalle legittime autorità del paese d'origine, una collaborazione effettiva sarebbe pertanto impossibile.

18.
    La Cypfruvex, il governo del Regno Unito e la Commissione sostengono al contrario che, per i vegetali originari di paesi terzi soggetti al rilascio di un certificato fitosanitario, quest'ultimo può essere redatto in luoghi diversi dal paese d'origine, con la sola eccezione del caso in cui il prodotto è soggetto a requisiti particolari che possono essere soddisfatti solo in tale paese.

19.
    Dopo la sua modifica operata nel 1993, la direttiva comporterebbe due diversi regimi per i vegetali originari della Comunità e per quelli originari dei paesi terzi, poiché i primi sono soggetti, in linea di principio, ad un controllo sul luogo di produzione e i secondi sono soggetti ad un doppio obbligo, di certificazione in un paese terzo e di ispezione al momento dell'ingresso nel territorio comunitario. L'obbligo generale di una certificazione dei vegetali non originari della Comunità nel relativo paese di produzione sarebbe inutile o addirittura, in certi casi, impossibile ed introdurrebbe una discriminazione ingiustificata nei confronti di tali vegetali, in violazione della convenzione internazionale per la protezione dei vegetali, conclusa a Roma il 6 dicembre 1951.

20.
    La formulazione della direttiva rifletterebbe tale logica. Né il suo art. 12, n. 1, né alcun'altra disposizione imporrebbe un luogo particolare di rilascio del certificato fitosanitario, salvo l'ipotesi eccezionale considerata dall'art. 9, n. 1, qualora esistano determinati requisiti particolari. Al contrario, l'allegato V menzionerebbe nel suo titolo un'ispezione sanitaria «nel paese di origine o nel paese speditore». Pertanto, il rinvio,da parte dell'art. 12, n. 1, della direttiva, relativo ai vegetali originari di paesi terzi, agli artt. 7 e 8, i quali riguardano i vegetali d'origine comunitaria, sarebbe inteso solo a precisare la forma del certificato e non ad equiparare le modalità dell'ispezione fitosanitaria richiesta per l'una e per l'altra categoria di vegetali. Per di più, poiché è richiesto comunque un solo certificato per spedizione, l'art. 9, n. 1, della direttiva non potrebbe comprendersi se tale certificato dovesse, in ogni caso, essere redatto dalle autorità del paese d'origine.

21.
    Tale interpretazione sarebbe inoltre compatibile con la soluzione adottata nella citata sentenza Anastasiou e a., con la quale la Corte si sarebbe limitata a precisare cosa occorre intendere per «servizi autorizzati» di un paese terzo ai sensi dell'art. 12, n. 1, della direttiva. La necessaria collaborazione tra autorità competenti, sottolineata dalla detta sentenza, potrebbe essere realizzata con i servizi di un paese terzo speditore, per pochi che siano quelli autorizzati e riconosciuti, come avviene nel caso dei servizi della Turchia. Lo scopo perseguito dalla direttiva sarebbe infatti non l'eliminazione degli organismi nocivi nei paesi terzi, bensí la protezione del territorio della Comunità dai rischi di contaminazione.

22.
    Occorre anzitutto constatare, come ha già fatto la Corte ai punti 61 e 62 della citata sentenza Anastasiou e. a., che il regime comune di protezione contro l'introduzione di organismi nocivi nei prodotti importati da paesi terzi, predisposto dalla direttiva, è fondato essenzialmente su un sistema di controlli effettuati da esperti legalmente autorizzati dal governo del paese esportatore e garantiti dal rilascio del certificato fitosanitario corrispondente. I controlli effettuati dagli Stati membri importatori alle loro frontiere sono infatti soggetti a notevoli limiti e comunque non possono sostituirsi ai certificati fitosanitari.

23.
    Inoltre, per raggiungere le finalità della direttiva, è necessaria una collaborazione tra le autorità dello Stato esportatore e quelle dello Stato membro importatore, dovendo queste ultime portare a conoscenza delle prime tutte le difficoltà che incontrano in merito ai certificati fitosanitari da queste rilasciati, ad esempio qualora i prodotti certificati si rivelino contaminati o i certificati contraffatti o non conformi (v. citata sentenza Anastasiou e a., punto 63).

24.
    Tali considerazioni, che hanno condotto la Corte a dichiarare, nella citata sentenza Anastasiou e a., che gli Stati membri non potevano ritenere soddisfacenti certificati fitosanitari rilasciati da servizi o funzionari di un'entità non riconosciuta, avente sede nel paese d'origine dei prodotti, non implicano necessariamente che occorra interpretare la direttiva nel senso che vieta ad uno Stato membro di ammettere nel proprio territorio prodotti muniti, in mancanza di certificato fitosanitario del paese d'origine, soltanto di un certificato rilasciato da un paese terzo speditore.

25.
    Infatti, mentre l'art. 12, n. 1, lett. b), della direttiva impone che i certificati fitosanitari siano rilasciati dai servizi autorizzati del paese speditore e indica l'ambito in cuidev'essere interpretata la nozione di «servizi autorizzati», esso non precisa in alcun modo che i servizi di cui trattasi debbano essere quelli del paese di origine dei prodotti.

26.
    L'assenza di una simile menzione può difficilmente essere considerata fortuita, tenuto conto, da un lato, del titolo dell'allegato V e, dall'altro, della formulazione dell'art. 9, n. 1, della direttiva.

27.
    Anche se il titolo di un allegato non può da solo consentire di invalidare un'interpretazione che si imponesse alla lettura delle disposizioni di fondo di un atto di diritto comunitario, non può essere irrilevante, nel caso di specie, trattandosi di determinare se il legislatore comunitario abbia o non abbia inteso riservare implicitamente il rilascio del certificato alle autorità del paese d'origine del prodotto, notare che l'allegato V si presenta esplicitamente come un elenco dei vegetali i quali, se originari di un paese terzo, devono essere sottoposti ad ispezione sanitaria nel paese d'origine o nel paese speditore per poter essere introdotti nel territorio comunitario.

28.
    Inoltre, l'art. 9, n. 1, della direttiva prevede che il certificato fitosanitario debba essere rilasciato nel paese d'origine dei vegetali qualora questi siano soggetti a determinati requisiti speciali, con determinate eccezioni a tale regola, specie in quanto i requisiti possano essere soddisfatti in luoghi diversi. Se tutti i vegetali soggetti ad ispezione fitosanitaria dovessero essere esaminati nel loro paese d'origine, siano essi soggetti oppure no a requisiti speciali, non vi sarebbe alcuna ragione per cui l'art. 9, n. 1, presenti tale obbligo generale come una regola speciale applicabile soltanto ad alcuni di tali vegetali. Invece, questa disposizione trova la sua collocazione nel meccanismo istituito dalla direttiva se si ammette che, all'infuori del caso di cui all'art. 9, n. 1, l'ispezione possa aver luogo nel paese terzo di cui sono originari i vegetali ovvero in un paese terzo speditore diverso dal paese d'origine.

29.
    Il principale argomento tratto dal testo della direttiva a favore della tesi sviluppata dalla Anastasiou e a. e dal governo ellenico è fondato sul rinvio, operato dall'art. 12, n. 1, all'art. 7 e, indirettamente, all'art. 6 della direttiva, che riguardano entrambi, in linea di principio, i vegetali d'origine comunitaria. I vegetali originari di paesi terzi devono infatti essere accompagnati dai certificati prescritti agli artt. 7 e 8, vale a dire dal certificato fitosanitario e, se del caso, dal certificato fitosanitario di rispedizione. Ora, relativamente ai vegetali d'origine comunitaria, il certificato fitosanitario può essere rilasciato solo sulla base dell'ispezione prescritta all'art. 6, la quale comprende, tra l'altro, controlli ufficiali regolari nell'azienda del produttore.

30.
    Tuttavia, l'obbligo, imposto per i prodotti provenienti da paesi terzi, di certificati analoghi a quelli che devono accompagnare i prodotti originari della Comunità non ha automaticamente come conseguenza che una procedura analoga alla procedura comunitaria d'ispezione e di controllo fitosanitario debba essere osservata nei paesi terzi esportatori prima del rilascio dei certificati.

31.
    Si rileverà al riguardo che, se il preambolo della direttiva 91/683 riconosce, nel suo ottavo 'considerando', che «il luogo più appropriato per l'esecuzione dei controllifitosanitari è il luogo di produzione», la conseguenze che se ne trae, nello stesso considerando, è che «tali controlli devono essere resi obbligatori sul luogo di produzione», ma soltanto «per quanto riguarda i prodotti comunitari».

32.
    Occorre tuttavia accertarsi che l'obiettivo della direttiva, che è quello di proteggere il territorio della Comunità contro l'introduzione e la diffusione di organismi nocivi ai vegetali, possa essere conseguito senza imporre ai vegetali di origine esterna alla Comunità una procedura di certificazione nel paese d'origine. Sarebbe in particolare contrario all'obiettivo perseguito imporre prescrizioni vincolanti ai prodotti d'origine comunitaria mantenendo, nei confronti di quelli che provengono dall'esterno della Comunità, un livello di obblighi inferiore.

33.
    Al riguardo, risulta dal raffronto tra l'art. 12, n. 1, e l'art. 6, n. 1, della direttiva che le autorità competenti degli Stati membri devono procedere ad un'ispezione ufficiale minuziosa, avente lo scopo di accertare che i vegetali non siano contaminati e soddisfino i requisiti particolari che li riguardano, indipendentemente dall'origine dei prodotti, e che, per i prodotti originari di paesi terzi, la detta ispezione avviene in linea di principio all'atto dell'introduzione dei vegetali nel territorio di uno Stato membro.

34.
    I vegetali originari di paesi terzi elencati all'allegato V, parte B, della direttiva sono quindi soggetti nel contempo al rilascio, da parte delle autorità di un paese terzo, di un certificato attestante la loro conformità alla normativa fitosanitaria del paese importatore e ad un'ispezione ufficiale al momento dell'ingresso nel territorio comunitario. Questo doppio controllo è tale da consentire, in linea di principio, una protezione adeguata del territorio della Comunità contro l'introduzione di organismi nocivi ai vegetali. Se è impossibile, nella pratica, accertarsi che i controlli effettuati in un paese terzo offrano le stesse garanzie imposte dalla direttiva per i vegetali prodotti nella Comunità, una siffatta constatazione si impone non solo nei confronti di un paese terzo speditore diverso dal paese d'origine, ma anche per quanto attiene ai controlli effettuati nei paesi terzi d'origine dei vegetali.

35.
    Come sottolineato dal governo del Regno Unito, gli Stati membri non dispongono della possibilità materiale o giuridica di effettuare presso le autorità del paese terzo che hanno rilasciato un certificato fitosanitario indagini dettagliate circa le condizioni in cui si è svolta l'ispezione preliminare a tale rilascio. Pertanto, se si dovesse ammettere che qualsiasi paese terzo può rilasciare, senza alcuna condizione, un certificato fitosanitario che consenta l'accesso di vegetali al territorio comunitario, fatta salva l'ispezione alle frontiere, di cui la citata sentenza Anastasiou e a. ha sottolineato i limiti, ne risulterebbe un'incertezza contraria all'interesse della Comunità in materia fitosanitaria, che la direttiva mira a preservare.

36.
    Nel caso di vegetali non soggetti a requisiti particolari che possano essere rispettati solo nel luogo d'origine, la possibilità di rilasciare certificati attestanti l'assenza di organismi nocivi e la conformità del prodotto alla normativa del paese importatore deve quindi, quanto meno, essere riservata ai paesi terzi a partire dai quali i vegetali sonostati sono stati esportati verso la Comunità dopo essere effettivamente entrati nel territorio di tali paesi ed esservi rimasti per un periodo di tempo e in condizioni tali che i controlli appropriati abbiano potuto esservi condotti a termine.

37.
    Una siffatta limitazione, il cui rispetto può essere verificato dallo Stato membro importatore alla luce dei documenti di accompagnamento delle merci, è tale da consentire, tra lo Stato esportatore e lo Stato membro importatore, la collaborazione di cui la citata sentenza Anastasiou e a., sottolinea l'importanza, e da limitare i rischi di qualsiasi tipo inerenti ad una situazione in cui i prodotti siano oggetto di certificazione in occasione di un semplice passaggio sul territorio dello Stato terzo.

38.
    Occorre pertanto risolvere le prime quattro questioni sollevate dal giudice a quo nel senso che la direttiva consente ad uno Stato membro di lasciare entrare nel proprio territorio vegetali originari di un paese terzo e soggetti al rilascio di un certificato fitosanitario relativo, segnatamente, al rispetto di requisiti particolari se, in mancanza di un certificato rilasciato dai servizi autorizzati del paese d'origine, i vegetali sono accompagnati da un certificato emesso in un paese terzo di cui essi non sono originari, a condizione che:

-    i vegetali siano stati importati nel territorio del paese in cui il controllo ha avuto luogo prima di esserne esportati verso la Comunità;

-    i vegetali siano rimasti in tale paese per un periodo di tempo e in condizioni tali che i controlli appropriati abbiano potuto esservi condotti a termine;

-    i vegetali non siano soggetti a prescrizioni particolari che possano essere osservate solo nel luogo d'origine.

Sulla quinta questione

39.
    Con la sua quinta questione, il giudice a quo chiede, in sostanza, se le ragioni per cui il certificato fitosanitario non è stato rilasciato nel paese d'origine dei vegetali debbano essere prese in considerazione dallo Stato membro importatore per valutare se il certificato prodotto sia conforme ai requisiti fissati dalla direttiva.

40.
    Poiché la direttiva deve essere interpretata nel senso che autorizza, in determinati casi e a determinate condizioni oggettive, il rilascio di certificati fitosanitari in paesi diversi dal paese d'origine dei vegetali, non spetta allo Stato membro aggiungere a tali condizioni oggettive condizioni relative ai motivi per cui l'importatore ha fatto ricorso ad una procedura che la direttiva, correttamente interpretata, autorizza.

41.
    Si dovrebbe giungere ad una diversa conclusione solo se la direttiva riservasse la possibilità di presentare un certificato fitosanitario rilasciato in un paese di cui i prodotti non sono originari ai casi in cui la certificazione non può aver luogo nel paese d'origine per motivi d'ordine esclusivamente fitosanitario. Poiché questa non è l'interpretazione della direttiva da accogliere, non può ritenersi che l'importatore che,per motivi di altra natura, sottoponga le sue merci all'ispezione in un paese di cui esse non sono originarie agisca in tal modo al fine di sottrarsi all'applicazione di una norma di diritto comunitario.

42.
    Occorre pertanto risolvere la quinta questione sollevata dal giudice a quo nel senso che non spetta allo Stato membro interessato prendere in considerazione le ragioni per le quali il certificato fitosanitario non è stato rilasciato nel paese d'origine dei vegetali per valutare la sua conformità ai requisiti fissati dalla direttiva.

Sulle spese

43.
    Le spese sostenute dal governo del Regno Unito e dal governo ellenico, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla House of Lords con ordinanza 20 maggio 1998, dichiara:

1)    La direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/93/CEE, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità, come modificata, consente ad uno Stato membro di lasciare entrare nel proprio territorio vegetali originari di un paese terzo e soggetti al rilascio di un certificato fitosanitario relativo, segnatamente, al rispetto di requisiti particolari se, in mancanza di un certificato rilasciato dai servizi autorizzati del paese d'origine, i vegetali sono accompagnati da un certificato emesso in un paese terzo di cui essi non sono originari, a condizione che:

    -    i vegetali siano stati importati nel territorio del paese in cui il controllo ha avuto luogo prima di esserne esportati verso la Comunità;

    -    i vegetali siano rimasti in tale paese per un periodo di tempo e in condizioni tali che i controlli appropriati abbiano potuto esservi condotti a termine;

    -    i vegetali non siano soggetti a prescrizioni particolari che possano essere osservate solo nel luogo d'origine.

2)    Non spetta allo Stato membro interessato prendere in considerazione le ragioni per le quali il certificato fitosanitario non è stato rilasciato nel paese d'origine dei vegetali per valutare la sua conformità ai requisiti fissati dalla direttiva 77/93, come modificata.

Rodríguez Iglesias
Edward
Sevón

Schintgen

Kapteyn
Gulmann

Puissochet

Hirsch
Jann

        Wathelet                            Skouris

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 luglio 2000.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias


1: Lingua processuale: l'inglese.