Causa C‑297/08
Commissione europea
contro
Repubblica italiana
«Inadempimento di uno Stato — Ambiente — Direttiva 2006/12/CE — Artt. 4 e 5 — Gestione dei rifiuti — Piano di gestione — Rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento — Pericolo per la salute umana o per l’ambiente — Forza maggiore — Turbative dell’ordine pubblico — Criminalità organizzata»
Massime della sentenza
1. Ambiente — Rifiuti — Direttiva 2006/12 — Obbligo degli Stati membri di creare una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/12, artt. 5, n. 1, e 7, n. 3)
2. Ambiente — Rifiuti — Direttiva 2006/12 — Obbligo delle autorità competenti di elaborare uno o più piani di gestione dei rifiuti — Criteri di localizzazione degli impianti di smaltimento
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/12, art. 5, n. 2)
3. Ambiente — Rifiuti — Direttiva 2006/12 — Obbligo degli Stati membri di creare una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento — Scelta di piani di gestione dei rifiuti a livello regionale
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/12, art. 7, n. 1)
4. Stati membri — Obblighi — Inadempimento — Giustificazione — Forza maggiore — Presupposti
(Art. 258 TFUE)
5. Ambiente — Rifiuti — Direttiva 2006/12 — Obbligo degli Stati membri di provvedere al recupero o allo smaltimento dei rifiuti
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/12, art. 4, n. 1)
1. In conformità all’art. 5, n. 1, della direttiva 2006/12, relativa ai rifiuti, gli Stati membri devono adottare le misure appropriate per la creazione di una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento dei rifiuti che consenta, da un lato, alla Comunità nel suo insieme di raggiungere l’autosufficienza in materia di smaltimento dei rifiuti e, dall’altro, ai singoli Stati membri di mirare al conseguimento di tale obiettivo. A tal fine, gli Stati membri devono tener conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti.
Per istituire detta rete, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità nella scelta della base territoriale che ritengono adeguata per conseguire un’autosufficienza nazionale in termini di capacità di smaltimento dei rifiuti, e così permettere alla Comunità di assicurare essa stessa lo smaltimento dei suoi rifiuti.
Taluni tipi di rifiuti possono presentare un tale grado di specificità, come ad esempio i rifiuti pericolosi, che il loro trattamento ai fini dello smaltimento può essere utilmente raggruppato all’interno di una o più strutture a livello nazionale, o persino, come prevedono espressamente gli artt. 5, n. 1, e 7, n. 3, della direttiva 2006/12, nell’ambito di una cooperazione con altri Stati membri.
(v. punti 61-63)
2. Una delle più importanti misure che devono essere adottate dagli Stati membri nell’ambito del loro obbligo, in forza della direttiva 2006/12, relativa ai rifiuti, di elaborare piani di gestione che contemplino, in particolare, misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti, è quella, prevista all’art. 5, n. 2, di tale direttiva, consistente nel cercare di trattare i rifiuti nell’impianto più vicino possibile.
I criteri di localizzazione dei siti di smaltimento dei rifiuti devono essere individuati in considerazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2006/12, tra cui figurano, in particolare, la protezione della salute e dell’ambiente, nonché la creazione di una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento che consenta in particolare lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini. Quindi, detti criteri di localizzazione dovrebbero riguardare, in particolare, la distanza di tali siti rispetto agli insediamenti in cui sono prodotti i rifiuti, il divieto di realizzare gli impianti in prossimità di zone vulnerabili e l’esistenza di infrastrutture adeguate per il trasporto dei rifiuti, quali il collegamento alle reti di trasporto.
Per quanto riguarda i rifiuti urbani non pericolosi, per i quali non sono necessari, in linea di principio, impianti specializzati come quelli richiesti per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, gli Stati membri devono quindi adoperarsi per disporre di una rete che consenta di soddisfare l’esigenza di impianti di smaltimento quanto più vicini possibile ai luoghi di produzione, ferma restando la possibilità di organizzare una rete siffatta nell’ambito di cooperazioni interregionali, o addirittura transfrontaliere, che rispondano al principio di prossimità.
(v. punti 64-66)
3. Qualora uno Stato membro abbia singolarmente scelto nell’ambito del suo piano o dei suoi piani di gestione dei rifiuti ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2006/12, relativa ai rifiuti, di organizzare la copertura del suo territorio su base regionale, occorre dedurne che ogni regione dotata di un piano regionale debba garantire, in linea di principio, il trattamento e lo smaltimento dei suoi rifiuti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti. Infatti, il principio di correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all’ambiente, principio stabilito per l’azione della Comunità in materia ambientale dall’art. 191 TFUE, comporta che spetti a ciascuna regione, comune o altro ente locale adottare le misure adeguate per garantire la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti e che questi vadano quindi smaltiti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti, per limitarne al massimo il trasporto.
Di conseguenza, in una tale rete nazionale definita dallo Stato membro, se una regione non è dotata, in misura e per un periodo rilevanti, di infrastrutture sufficienti a soddisfare le sue esigenze per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, si può dedurre che dette gravi carenze a livello regionale possono compromettere la rete nazionale di impianti di eliminazione dei rifiuti, privandola delle caratteristiche di integrazione ed adeguatezza richieste dalla direttiva 2006/12, che consentano allo Stato membro interessato di perseguire individualmente l’obiettivo di autosufficienza definito all’art. 5, n. 1, della direttiva in parola.
(v. punti 67-68)
4. Il procedimento di cui all’art. 258 TFUE si fonda sull’oggettiva constatazione del mancato rispetto, da parte di uno Stato membro, degli obblighi che ad esso impone il Trattato o un atto di diritto derivato.
Una volta giunti a un siffatto accertamento, è irrilevante che l’inadempimento risulti dalla volontà dello Stato membro al quale è addebitabile, dalla sua negligenza, oppure dalle difficoltà tecniche cui quest’ultimo abbia dovuto far fronte.
Per quanto riguarda l’opposizione manifestata dalla popolazione locale all’installazione di taluni impianti di smaltimento, uno Stato membro non può eccepire situazioni interne, come difficoltà di attuazione emerse nella fase di esecuzione di un atto comunitario, comprese quelle dovute alla resistenza di privati, per giustificare l’inosservanza degli obblighi e termini imposti dal diritto comunitario. Lo stesso vale anche per quanto riguarda la presenza di organizzazioni criminali o di persone connotate come operanti al limite della legalità che sarebbero attive nel settore della gestione dei rifiuti.
Per quanto attiene agli inadempimenti contrattuali da parte delle imprese incaricate della realizzazione di taluni impianti di smaltimento dei rifiuti, la nozione di forza maggiore, pur non postulando un’impossibilità assoluta, esige cionondimeno che il mancato verificarsi dell’evento in causa sia imputabile a circostanze indipendenti da chi le fa valere, straordinarie ed imprevedibili, le cui conseguenze sarebbe stato impossibile evitare malgrado tutta la diligenza posta.
(v. punti 81-85)
5. Se l’art. 4, n. 1, della direttiva 2006/12, relativa ai rifiuti, non precisa il contenuto concreto delle misure che debbono essere adottate per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente, ciò non toglie che tale disposizione vincoli gli Stati membri circa l’obiettivo da raggiungere, pur lasciando agli stessi un potere discrezionale nella valutazione della necessità di tali misure.
Non è quindi in via di principio possibile dedurre direttamente dalla mancata conformità di una situazione di fatto agli obiettivi fissati nel summenzionato art. 4, n. 1, che lo Stato membro interessato sia necessariamente venuto meno agli obblighi imposti da questa disposizione, cioè adottare le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente. Tuttavia, la persistenza di una tale situazione di fatto, in particolare quando comporta un degrado rilevante dell’ambiente per un periodo prolungato senza intervento delle autorità competenti, può rivelare che gli Stati membri hanno oltrepassato il potere discrezionale che questa disposizione conferisce loro.
(v. punti 96-97)