Language of document : ECLI:EU:T:2015:469

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

6 luglio 2015 (*)

«FEAOG – Sezione “Garanzia” – FEAGA e FEASR – Spese escluse dal finanziamento – Aiuti alla produzione del latte scremato in polvere – Irregolarità o negligenze imputabili alle amministrazioni o agli organismi degli Stati membri – Proporzionalità – Obbligo di motivazione – Principio del ne bis in idem – Termine ragionevole»

Nella causa T‑44/11,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Ventrella e G. Fiengo, avvocati dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Rossi e D. Nardi, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento parziale della decisione 2010/668/UE della Commissione, del 4 novembre 2010, che esclude dal finanziamento dell’Unione europea alcune spese effettuate dagli Stati membri nell’ambito del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione Garanzia, del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (GU L 288, pag. 24), nella parte in cui esclude talune spese effettuate dalla Repubblica italiana,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da G. Berardis, presidente, O. Czúcz e A. Popescu (relatore), giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 ottobre 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Disciplina generale relativa al finanziamento della politica agricola comune

1        La normativa di base relativa al finanziamento della politica agricola comune è costituita, per quanto attiene alle spese effettuate a partire dal 1° gennaio 2000, dal regolamento (CE) n. 1258/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU L 160, pag. 103).

2        In forza dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1258/1999, la sezione «Garanzia» del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) finanzia, nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati agricoli, gli interventi destinati a regolarizzare tali mercati, realizzati secondo le norme dell’Unione europea.

3        L’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 1258/1999 così dispone:

«La Commissione decide in merito alle spese non ammesse al finanziamento comunitario di cui agli articoli 2 e 3 qualora constati che alcune spese non sono state eseguite in conformità alle norme comunitarie.

Prima che sia adottata una decisione di rifiuto del finanziamento, i risultati delle verifiche della Commissione e le risposte dello Stato membro interessato costituiscono oggetto di comunicazioni scritte, in base alle quali le due parti cercano di raggiungere un accordo circa la soluzione da individuare.

In assenza di accordo, lo Stato membro può chiedere che sia avviata una procedura volta a conciliare le rispettive posizioni nel termine di quattro mesi e il cui esito costituisce oggetto di una relazione alla Commissione, che la esamina prima di una decisione di rifiuto del finanziamento.

La Commissione valuta gli importi da rifiutare tenendo conto, in particolare, della gravità dell’inosservanza constatata. La Commissione tiene conto a tal fine del tipo e della gravità dell’inosservanza nonché del danno finanziario causato alla Comunità.

(...)».

4        L’articolo 8 del regolamento n. 1258/1999 prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri adottano, in conformità delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nazionali, le misure necessarie per:

a)      accertare se le operazioni del Fondo siano reali e regolari;

b)            prevenire e perseguire le irregolarità;

c)      recuperare le somme perse a seguito di irregolarità o di negligenze.

Gli Stati membri informano la Commissione delle misure adottate a tal fine e in particolare dello stato dei procedimenti amministrativi e giudiziari.

2.      In mancanza di recupero totale, le conseguenze finanziarie delle irregolarità o negligenze sono sopportate dalla Comunità, salvo quelle risultanti da irregolarità o negligenze imputabili alle amministrazioni o agli organismi degli Stati membri.

Le somme recuperate sono versate agli organismi pagatori riconosciuti e da questi detratte dalle spese finanziate dal Fondo. Gli interessi relativi alle somme recuperate o pagate in ritardo sono versati al Fondo.

3.      Il Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, adotta le norme generali di applicazione del presente articolo».

5        Il regolamento n. 1258/1999 è stato abrogato dal regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU L 209, pag. 1), che riguarda segnatamente il riconoscimento degli organismi pagatori e di altri enti nonché la liquidazione dei conti del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), e che è entrato in vigore, ai sensi del suo articolo 49, il 18 agosto 2005.

6        Tuttavia, l’articolo 47 del regolamento n. 1290/2005 precisa che «il regolamento (CE) n. 1258/1999 resta di applicazione fino al 15 ottobre 2006 per le spese sostenute dagli Stati membri e fino al 31 dicembre 2006 per quelle sostenute dalla Commissione».

 Disciplina specifica relativa alla procedura di liquidazione dei conti del FEAOG, sezione «Garanzia»

7        Le modalità relative alla procedura di liquidazione dei conti continuano ad essere fissate dal regolamento (CE) n. 1663/95 della Commissione, del 7 luglio 1995, che stabilisce modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 729/70 per quanto riguarda la procedura di liquidazione dei conti del FEAOG, sezione «Garanzia» (GU L 158, pag. 6), come modificato, in particolare, dal regolamento (CE) n. 2245/1999 della Commissione, del 22 ottobre 1999 (GU L 273, pag. 5).

8        L’articolo 8, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1663/95, come modificato dal regolamento n. 2245/1999, così dispone:

«1.      Qualora ritenga, a seguito di un’indagine, che le spese non sono effettuate nel rispetto delle norme comunitarie, la Commissione comunica allo Stato membro interessato le proprie risultanze e indica i provvedimenti da adottare per garantire, in futuro, l’osservanza delle norme stesse.

La comunicazione fa riferimento al presente regolamento. Lo Stato membro risponde entro due mesi e la Commissione può conseguentemente modificare la sua posizione. In casi giustificati la Commissione può accordare una proroga del termine per la risposta.

Alla scadenza del termine stabilito per la risposta, i servizi della Commissione convocano una discussione bilaterale ed entrambe le parti si adoperano per raggiungere un accordo sulle misure da adottare, nonché sulla valutazione della gravità dell’infrazione e del danno finanziario arrecato alla Comunità europea. In esito a tale discussione e dopo un’eventuale data fissata dalla Commissione, di concerto con lo Stato membro, dopo la discussione bilaterale per la comunicazione d’informazioni supplementari o, qualora lo Stato membro non accetti la convocazione nel termine fissato dalla Commissione, dopo la scadenza di tale termine, quest’ultima comunica ufficialmente le sue conclusioni allo Stato membro facendo riferimento alla decisione 94/442/CE della Commissione. Fatte salve le disposizioni del quarto comma del presente paragrafo, tale comunicazione valuta le spese di cui sarà proposta l’esclusione in virtù dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (…) n. 729/70.

Lo Stato membro informa la Commissione quanto prima possibile dei provvedimenti adottati per assicurare il rispetto delle norme comunitarie e della data effettiva della loro attuazione. La Commissione adotta, se del caso, una o più decisioni in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (…) n. 729/70 per escludere fino alla data effettiva di attuazione dei provvedimenti le spese per le quali non sono state rispettate le norme comunitarie.

2.      Le decisioni di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (...) n. 729/70 sono adottate in seguito all’esame delle relazioni predisposte dall’organo di conciliazione a norma della decisione n. 94/442/CE».

 Linee- guida della Commissione

9        Le linee-guida della Commissione delle Comunità europee per l’applicazione delle rettifiche finanziarie sono state definite nel documento VI/5330/97 della Commissione, del 23 dicembre 1997, intitolato «Linee-guida per il calcolo delle conseguenze finanziarie nell’ambito della preparazione della decisione sulla liquidazione dei conti della sezione garanzia del FEAOG» (in prosieguo: il «documento VI/5330/97»). Secondo l’allegato 1 del documento VI/5330/97, in caso di carenze riscontrate nel sistema di controllo o di gestione di uno Stato membro nel corso di un’indagine, il fondamento di una rettifica finanziaria consiste nell’inadempimento, da parte dello Stato membro, degli obblighi dell’Unione, con le conseguenze finanziarie che ne derivano per le spese dell’Unione.

10      Nell’allegato 2 del documento VI/5330/97, la Commissione precisa:

«Qualora uno Stato membro non rispetti la normativa comunitaria relativa alla verifica dell’ammissibilità delle domande, la sua inadempienza fa sì che i pagamenti avvengano in violazione delle norme comunitarie applicabili alla misura in questione e dell’obbligo generale di individuare e di prevenire le irregolarità imposto agli Stati membri dall’articolo 8 del regolamento (CEE) n. 729/70. Non ne consegue necessariamente che tutte le domande evase fossero irregolari, bensì che aumenta il rischio di imputazione al [FEAOG]. Mentre in alcuni casi flagranti è giustificata la decisione della Commissione di rifiutare il finanziamento del totale della spesa in questione qualora non siano stati effettuati i controlli previsti da un regolamento, in una serie di casi il rifiuto interesserebbe un importo probabilmente superiore al danno finanziario subito dalla Comunità. In sede di valutazione delle rettifiche finanziarie si deve quindi procedere alla stima del danno finanziario».

11      Nell’allegato 2 del documento VI/5330/97, la Commissione indica, del pari, che, qualora il livello effettivo dei pagamenti irregolari non possa essere determinato e, conseguentemente, non sia possibile quantificare l’importo dei danni finanziari subiti dall’Unione, vengono applicate rettifiche finanziarie forfettarie in funzione della valutazione del rischio di danni finanziari al quale il bilancio dell’Unione è stato esposto a seguito della carenza di controllo.

12      Pertanto, conformemente all’allegato 2 del documento VI/5330/97, qualora uno o più controlli essenziali non vengano eseguiti o siano eseguiti in modo tanto carente e sporadico da risultare del tutto inefficaci, occorre applicare una rettifica del 10% delle spese dichiarate. Qualora vengano effettuati tutti i controlli essenziali, ma senza rispettare il numero, la frequenza o l’intensità previsti, occorre applicare una rettifica del 5% delle spese dichiarate. Qualora lo Stato membro effettui adeguatamente i controlli essenziali, ma non esegua uno o più controlli complementari, la rettifica applicabile è pari al 2% delle spese dichiarate. In casi eccezionali, può essere decisa l’applicazione di tassi di rettifica più elevati.

13      Nell’allegato 2 del documento VI/5330/97, la Commissione precisa inoltre che il tasso di rettifica dev’essere applicato alla quota dei fondi relativamente alla quale la spesa ha presentato un rischio. Pertanto, qualora la carenza sia dovuta alla mancata adozione di un adeguato sistema di controllo da parte dello Stato membro, la rettifica dev’essere applicata a tutte le spese rientranti nella misura di cui trattasi.

14      Infine, nell’allegato 2 del documento VI/5330/97, la Commissione indica che, qualora le carenze siano dovute a difficoltà di interpretazione dei testi dell’Unione, esclusi i casi in cui si può ragionevolmente presumere che lo Stato membro risolva tali difficoltà con l’aiuto della Commissione e qualora le autorità nazionali abbiano provveduto a rimediare alle carenze non appena queste sono emerse, si potrà tenere conto di questi fattori attenuanti e applicare un tasso più basso o non applicare alcuna rettifica.

 Decisione impugnata

15      Con decisione 2010/668/UE, del 4 novembre 2010, che esclude dal finanziamento dell’Unione europea alcune spese effettuate dagli Stati membri nell’ambito del FEAOG, sezione Garanzia, del FEAGA e del FEASR (GU L 288, pag. 24; in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha escluso dal finanziamento dell’Unione talune spese effettuate, in particolare, dalla Repubblica italiana.

16      I motivi delle rettifiche finanziarie contestate nella specie sono stati esposti nella relazione di sintesi del 19 luglio 2010, relativa ai risultati delle ispezioni condotte dalla Commissione nell’ambito del procedimento di verifica di conformità ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 1258/1999 e dell’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005 (in prosieguo: la «relazione di sintesi»).

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 gennaio 2011, la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso.

18      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti. Queste ultime vi hanno risposto entro il termine impartito.

19      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 9 ottobre 2014.

20      La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui le ha inflitto, da un lato, per quanto riguarda l’indagine LA/2004/03/IT, per gli esercizi finanziari 2004, 2005 e 2006, una rettifica finanziaria puntuale e forfettaria (2%) relativa a diverse carenze nel settore dell’aiuto per il latte scremato in polvere, per un totale di EUR 1 688 049,32, e, dall’altro, per quanto riguarda le indagini FA/2003/01/IT, FA/2003/38/IT, FA/2003/52/IT, una rettifica finanziaria specifica per l’esercizio finanziario 2009, relativa all’organizzazione del sistema di recupero degli organismi pagatori Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e Servizio autonomo interventi nel settore agricolo (SAISA), per un totale di EUR 14 257 072,07;

–        condannare la Commissione alle spese.

21      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

 In diritto

22      Il presente ricorso riguarda alcune rettifiche, contenute nella decisione impugnata ed applicate alle spese dichiarate dalla Repubblica italiana.

23      Per quanto attiene al settore dell’aiuto per il latte scremato in polvere, la Repubblica italiana contesta una rettifica finanziaria per un importo totale di EUR 1 688 049,32, corrispondente a una rettifica puntuale di EUR 19 021,62, per un’irregolarità riscontrata a Brescia (Italia), a rettifiche puntuali rispettivamente di EUR 2 961,86 e EUR 86 072,22 per irregolarità constatate a Bolzano (Italia) e a una rettifica forfettaria di EUR 1 579 993,62 corrispondente al 2% dell’aiuto corrisposto alla Repubblica italiana nel periodo dal 3 novembre 2002 al 3 novembre 2004.

24      Per quanto attiene all’organizzazione del sistema di recupero degli organismi pagatori, AGEA e SAISA, essa contesta una rettifica finanziaria pari a un importo totale di EUR 14 257 072,07, corrispondente alla somma di EUR 7 852 872,39 per i crediti dell’AGEA e alla somma di EUR 6 404 199,68 per i crediti del SAISA.

 Considerazioni preliminari

25      Occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, il FEAOG finanzia solo gli interventi effettuati in conformità delle norme dell’Unione, nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati agricoli. A questo proposito incombe alla Commissione, quando rifiuta di porre a carico del bilancio dell’Unione talune spese per violazioni delle disposizioni del diritto dell’Unione imputabili a uno Stato membro, l’onere di provare l’esistenza delle suddette violazioni (v. sentenza del 28 ottobre 1999, Italia/Commissione, C‑253/97, Racc., EU:C:1999:527, punto 6 e giurisprudenza ivi citata). In altri termini, la Commissione è obbligata a giustificare la decisione con cui rileva la mancanza o l’inadeguatezza dei controlli istituiti dallo Stato membro interessato (v. sentenza dell’8 maggio 2003, Spagna/Commissione, C‑349/97, Racc., EU:C:2003:251, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

26      Tuttavia, la Commissione non è tenuta a dimostrare esaurientemente l’insufficienza dei controlli effettuati dalle amministrazioni nazionali o l’inesattezza dei dati trasmessi, bensì a corroborare con elementi probatori i dubbi seri e ragionevoli da essa espressi a proposito di tali controlli o di tali dati (sentenze del 20 settembre 2001, Belgio/Commissione, C‑263/98, Racc., EU:C:2001:455, punto 36, e Spagna/Commissione, cit. al punto 25 supra, EU:C:2003:251, punto 47).

27      Spetta poi allo Stato membro interessato dimostrare che sussistono i presupposti per ottenere il finanziamento negato dalla Commissione (sentenza Belgio/Commissione, cit. al punto 26 supra, EU:C:2001:455, punto 36). Tale giurisprudenza è parimenti applicabile quando la Commissione ritiene che lo Stato membro non abbia ottemperato al suo obbligo di verificare correttamente le varie operazioni o di procedere con diligenza al recupero degli aiuti indebitamente percepiti dai beneficiari (v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 1999, Spagna/Commissione, C‑240/97, Racc., EU:C:1999:479, punto 38)

28      In altri termini, lo Stato membro interessato non può confutare le constatazioni della Commissione con semplici affermazioni non suffragate da elementi che dimostrino l’esistenza di un sistema di controllo affidabile ed operativo. A meno che esso non riesca a dimostrare che le constatazioni della Commissione sono inesatte, queste ultime costituiscono elementi che possono far sorgere fondati dubbi sull’istituzione di un sistema adeguato ed efficace di misure di sorveglianza e di controllo (sentenze Italia/Commissione, cit. al punto 25 supra, EU:C:1999:527, punto 7, e Spagna/Commissione, cit. al punto 25 supra, EU:C:2003:251, punto 48).

29      Questo temperamento dell’onere della prova, di cui gode la Commissione, è dovuto al fatto che è lo Stato membro quello che dispone delle migliori possibilità per raccogliere e verificare i dati necessari per la liquidazione dei conti del FEAOG, ed è quindi tale Stato che deve fornire la prova più circostanziata ed esauriente dei controlli effettuati, della veridicità dei propri dati nonché, eventualmente, dell’inesattezza dei calcoli della Commissione (sentenze Belgio/Commissione, cit. al punto 26 supra, EU:C:2001:455, punto 37; del 24 gennaio 2002, Francia/Commissione, C‑118/99, Racc., EU:C:2002:39, punto 37, e Spagna/Commissione, cit. al punto 25 supra, EU:C:2003:251, punto 49).

30      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare i motivi dedotti dalla Repubblica italiana rispetto alle rettifiche finanziarie di cui trattasi nella specie, ove il primo motivo attiene alle rettifiche effettuate nell’ambito dell’aiuto al latte scremato in polvere e il secondo e il terzo motivo attengono alle rettifiche relative all’organizzazione del sistema di recupero degli organismi pagatori.

 Aiuto al latte scremato in polvere

 Normativa dell’Unione

31      Il regolamento (CE) n. 1255/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999 relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero‑caseari (GU L 160, pag. 48), ha introdotto, segnatamente, misure d’aiuto a favore della commercializzazione del latte scremato in polvere.

32      L’articolo 11 del regolamento n. 1255/1999 così dispone:

«1.      Sono concessi aiuti per il latte scremato e il latte scremato in polvere usati nell’alimentazione degli animali quando tali prodotti rispondano a determinati requisiti.

Ai fini del presente articolo, sono considerati come latte scremato e latte scremato in polvere anche il latticello e il latticello in polvere.

2.      L’importo degli aiuti è fissato tenendo conto degli elementi seguenti:

–        prezzo d’intervento del latte scremato in polvere,

–        andamento dell’offerta di latte scremato e di latte scremato in polvere ed evoluzione del loro impiego nell’alimentazione degli animali,

–        tendenza dei prezzi dei vitelli,

–        tendenza dei prezzi di mercato delle proteine concorrenti rispetto ai prezzi del latte scremato in polvere».

33      Il regolamento (CE) n. 2799/1999 della Commissione, del 17 dicembre 1999, recante modalità d’applicazione del regolamento n. 1255/1999 in ordine alla concessione di un aiuto per il latte scremato e il latte scremato in polvere destinati all’alimentazione degli animali e in ordine alla vendita di tale latte scremato in polvere (GU L 340, pag. 3) ha fissato le percentuali di riduzione degli aiuti da versare ai sensi del regolamento n. 1255/1999 qualora i prodotti in questione non soddisfino determinate condizioni.

34      L’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 2799/1999 prevede quanto segue:

«Se il prodotto fabbricato non contiene la quantità minima di 50 kg di latte scremato in polvere di cui al paragrafo 1, lettera a), punto i), viene versato un aiuto per il latte scremato in polvere effettivamente incorporato, previa detrazione del 15%, a condizione che il tenore di latte scremato in polvere sia pari a 45 kg almeno su 100 kg di prodotto finito».

35      A norma dell’articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regolamento:

«Per le quantità di latte scremato in polvere per le quali il tenore d’acqua supera il 5%, l’importo dell’aiuto è ridotto dell’1% per ogni frazione supplementare dello 0,2% del tenore d’acqua».

36      L’articolo 24 del regolamento n. 2799/1999 recita:

«1.      Fatto salvo il disposto dell’articolo 25, se i risultati delle analisi previste dal presente capitolo e dei controlli di cui all’articolo 15 dimostrano che il beneficiario non ha rispettato le disposizioni del presente capitolo nel corso del periodo di pagamento precedente, il pagamento dell’aiuto per il periodo oggetto della domanda è sospeso, in attesa dei risultati dei controlli effettuati per tale periodo. Inoltre, si procede al ricupero dell’aiuto indebitamente versato per il periodo precedente.

2.      L’importo dell’aiuto indebitamente versato si riferisce alla totalità del latte scremato o del latte scremato in polvere utilizzato nel periodo compreso tra la data del controllo precedente che non ha dato luogo ad osservazioni e la data del controllo con il quale si accerta che il beneficiario si conforma nuovamente alle disposizioni del presente regolamento.

Tuttavia, su richiesta dell’interessato e a sue spese, l’organismo di controllo procede senza indugio ad un’indagine speciale. Se viene fornita la prova che la quantità è inferiore a quella di cui al primo comma, l’importo da recuperare è adattato in conformità».

 Fatti

37      Dal 7 all’11 giugno 2004, i servizi della Commissione hanno svolto una missione di controllo in Italia, nel corso della quale hanno constatato che gli organismi pagatori delle province di Brescia e di Bolzano non calcolavano correttamente le necessarie riduzioni dell’aiuto alla commercializzazione del latte scremato in polvere per il consumo degli animali indebitamente versato.

38      Con lettera di osservazioni del 28 ottobre 2004 (AGR 27121), la Commissione ha informato le autorità italiane delle conclusioni della sua missione di controllo, in cui sono state segnatamente rilevate irregolarità nelle province di Brescia e di Bolzano. La lettera indicava che la verifica di alcune analisi effettuate per conto dell’organismo pagatore AGEA aveva rivelato le seguenti irregolarità:

–        in un caso, a Brescia, era stato constatato un tenore di latte scremato in polvere nel prodotto finito commercializzato inferiore al 50% e pertanto l’irregolare pagamento dei relativi aiuti. Nella fattispecie, l’AGEA aveva applicato sanzioni limitatamente al recupero degli aiuti corrisposti nella settimana in cui era stata constatata l’anomalia mentre invece, ai sensi all’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2799/1999, l’aiuto indebitamente versato corrispondeva a quello versato per tutto il periodo compreso fra la data del controllo precedente che non ha dato luogo a osservazioni e la data del controllo con il quale si accerta che il beneficiario si era nuovamente conformato alle disposizioni di detto regolamento;

–        in un altro caso, a Bolzano, le analisi prelevate su un campione di latte scremato in polvere (lotto n. 20030452 del 3 luglio 2003) che risultava avere un tenore di umidità pari al 5,69%, e dunque superiore al limite massimo del 5%, non avevano dato luogo all’applicazione della riduzione dell’aiuto versato secondo quanto previsto dall’articolo 7, paragrafo 2, e dall’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2799/1999;

–        in un terzo caso, verificatosi a Bolzano, gli ispettori della Commissione avevano constatato che le analisi effettuate avevano rivelato una differenza superiore alla soglia di tolleranza del 4,5% fra il valore dichiarato dal beneficiario dell’aiuto (56%) e il tenore di latte scremato in polvere del prodotto finale inferiore al 50% (48,1%) senza che fosse stata applicata la riduzione dell’aiuto sulla base dell’effettivo tenore di latte scremato in polvere, maggiorata del 15% a titolo sanzionatorio.

39      Con tale lettera, la Commissione invitava le autorità italiane ad adottare misure correttive a proposito delle irregolarità constatate, e le avvertiva della possibilità di escludere talune spese dal finanziamento del FEAOG, sezione «Garanzia», tenuto conto della gravità delle carenze riscontrate e che tale esclusione non avrebbe riguardato le spese sostenute prima del periodo di 24 mesi antecedente la data di invio di detta lettera.

40      Con lettera del 30 dicembre 2004, le autorità italiane hanno risposto alla lettera di osservazioni della Commissione, esprimendo le loro osservazioni e conclusioni in risposta agli addebiti mossi.

41      Su richiesta della Commissione, il 30 giugno 2005 si è tenuto un incontro bilaterale fra quest’ultima e le autorità italiane allo scopo di discutere le risultanze dell’ispezione del giugno 2004, alla luce delle constatazioni della Commissione e delle risposte fornite dalle autorità italiane.

42      Con lettera del 12 agosto 2005 (AGR 20807), il verbale di detta riunione è stato inviato alle autorità italiane.

43      Con lettera del 28 settembre 2005, le autorità italiane hanno fornito ulteriori informazioni ai servizi della Commissione.

44      Con lettera del 19 novembre 2008 (AGR 27782), la Commissione ha comunicato alle autorità italiane le risultanze provvisorie dell’indagine relativa all’applicazione delle sanzioni adottate dopo la constatazione dell’insufficienza dei risultati delle analisi a Brescia e Bolzano. Essa ha indicato che, per l’irregolarità riscontrata a Brescia, era eseguibile una rettifica puntuale di EUR 19 021,62, per le irregolarità constatate a Bolzano erano eseguibili rettifiche puntuali di EUR 2 961,86 e di EUR 86 072,22 e per le medesime carenze riscontrate presso l’AGEA, consistenti nel non aver tenuto conto dei risultati delle analisi effettuate a Bolzano e nell’aver effettuato una valutazione insufficiente a Brescia, era eseguibile una rettifica forfettaria del 2% delle spese incorse nel periodo compreso fra il 3 novembre 2002 e il 3 novembre 2004. In totale, la rettifica proposta dalla Commissione ammontava a EUR 1 688 049,32.

45      Il 22 dicembre 2008, le autorità italiane hanno adito l’organo di conciliazione, il quale ha adottato il proprio rapporto il 22 aprile 2009. L’organo di conciliazione, da una parte, ha constatato l’impossibilità di conciliare le posizioni della Commissione con quelle delle autorità italiane circa le rettifiche puntuali e, dall’altra, ha preso atto dell’intenzione della Commissione di evitare una rettifica forfettaria qualora nuove informazioni fornite dalle autorità italiane avessero consentito di definire analiticamente le conseguenze finanziarie delle carenze constatate nel periodo oggetto della verifica.

46      Con lettera del 19 novembre 2009 (Ares 331909), i servizi della Commissione hanno indicato che le informazioni trasmesse dalle autorità italiane, durante e dopo il procedimento di conciliazione, non recavano le date né i risultati dei prelievi dei campioni presi e, pertanto, non consentivano di operare una definizione analitica delle conseguenze finanziarie. Di conseguenza, essi hanno confermato che avrebbero proposto di escludere dal finanziamento dell’Unione la somma complessiva di EUR 1 688 049,32.

47      Con la decisione impugnata, la Commissione ha confermato la rettifica finanziaria proposta dai suoi servizi, corrispondente a una rettifica puntuale di EUR 19 021,62 per l’irregolarità riscontrata a Brescia, a rettifiche puntuali di EUR 2 961,86 e di EUR 86 072,22 per le irregolarità riscontrate a Bolzano e ad una rettifica forfettaria del 2% dell’aiuto corrisposto alla Repubblica italiana nel periodo dal 3 novembre 2002 al 3 novembre 2004, corrispondente alla somma di EUR 1 579 993,62.

 Sul primo motivo vertente su un difetto di motivazione, un travisamento dei fatti, una violazione del principio di proporzionalità e una violazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2799/1999

48      Il primo motivo dedotto dalla Repubblica italiana può essere suddiviso in tre capi. Il primo capo riguarda la rettifica puntuale imposta per l’irregolarità riscontrata nella provincia di Brescia, il secondo capo riguarda le rettifiche puntuali imposte per le irregolarità riscontrate nella provincia di Bolzano e il terzo capo riguarda la rettifica forfettaria del 2%.

–       Sull’irregolarità riscontrata nella provincia di Brescia

49      La Repubblica italiana sostiene, in sostanza, che la rettifica puntuale applicata dalla Commissione è erronea in quanto il periodo di applicazione delle sanzioni, a norma dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2799/1999, avrebbe dovuto protrarsi dal 29 settembre al 3 ottobre 2003, ovvero soltanto la settimana in cui è stato prodotto il campione di alimenti non conforme al tenore minimo di latte scremato in polvere. Essa ritiene che il periodo di applicazione di sanzioni non avrebbe dovuto coprire né la settimana corrispondente all’ultimo controllo positivo, quella del 23 settembre 2003, né il periodo dal 4 al 7 ottobre 2003.

50      La Repubblica italiana contesta la conclusione dei servizi della Commissione secondo cui l’indagine condotta il 6 e 7 ottobre 2003 era una semplice ispezione trimestrale e non avrebbe potuto sostituire un’indagine speciale ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2799/1999. Essa sostiene che l’indagine trimestrale, per la sua natura amministrativo-contabile particolarmente approfondita, equivale a un’indagine speciale.

51      La Repubblica italiana ritiene che la necessità di controlli continui e approfonditi nei confronti dei beneficiari, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2799/1999, sia stata puntualmente e tempestivamente osservata dalle autorità italiane.

52      Nella specie, dal punto 5.2.1 della relazione di sintesi emerge quanto segue:

«I risultati del laboratorio ufficiale che ha analizzato il campione di mangime prelevato il 30.9.2003 dall’ispettore locale hanno rilevato un tenore di latte scremato in polvere nel mangime inferiore di oltre il 4,5% (soglia di tolleranza) al valore dichiarato dal beneficiario.

Le analisi successive sui campioni trattenuti, effettuate da un altro laboratorio ufficiale scelto dalla società e dall’ufficio provinciale, hanno confermato che il tenore di latte scremato in polvere del prodotto finale era inferiore. Si è pertanto provveduto al recupero di un importo corrispondente al 15% dell’aiuto per il mangime prodotto nella settimana in questione (dal 29.9 al 3.10.2003), oggetto delle analisi. Tuttavia, secondo il regolamento 2799/1999, il periodo per il quale si applica la sanzione è quello compreso tra la data del controllo precedente che non ha dato luogo ad osservazioni e la data del controllo con il quale si accerta che il beneficiario si conforma nuovamente alle disposizioni del regolamento.

Non vi sono tracce di un’indagine speciale intesa a limitare il periodo al quale si applicava la riduzione dell’aiuto, né che siano stati prelevati campioni in qualsiasi momento tra il 23.9.2003 e il 7.10.2003. L’indagine effettuata tra il 6 e il 7 ottobre 2003 era una normale ispezione trimestrale. Pertanto il periodo per il quale avrebbe dovuto essere applicata la riduzione dell’aiuto del 15% era il periodo 23.9.-6.10.2003».

53      A tal riguardo, va rilevato che, a norma dell’articolo 24, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 2799/1999, «[l]’importo dell’aiuto indebitamente versato si riferisce alla totalità del latte scremato o del latte scremato in polvere utilizzato nel periodo compreso tra la data del controllo precedente che non ha dato luogo ad osservazioni e la data del controllo con il quale si accerta che il beneficiario si conforma nuovamente alle disposizioni del presente regolamento».

54      Ne consegue che la Commissione ha correttamente applicato tale disposizione considerando che il periodo al quale dovevano applicarsi le sanzioni era quello dal 23 settembre 2003, ossia la data del controllo precedente che non ha dato luogo a osservazioni, al 6 ottobre 2003, ossia la data del controllo in cui è stato accertato che il beneficiario si era nuovamente conformato alle disposizioni del regolamento n. 2799/1999.

55      È certamente vero che il beneficiario avrebbe potuto ottenere la riduzione del periodo di applicazione delle sanzioni. Tuttavia, in tale ipotesi, l’articolo 24, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 2799/1999, prevede espressamente che «su richiesta dell’interessato e a sue spese, l’organismo di controllo procede senza indugio ad un’indagine speciale».

56      Orbene, nel caso di specie, è pacifico che non è stata presentata alcuna richiesta in tal senso e che, di conseguenza, non è stata condotta alcuna indagine speciale.

57      Ciò premesso, vanno respinti gli argomenti della Repubblica italiana attinenti all’erronea applicazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2799/1999.

58      Pertanto, tale capo del primo motivo dev’essere respinto.

–       Sulle irregolarità riscontrate nella provincia di Bolzano

59      Per quanto riguarda l’irregolarità consistente nella non-conformità di un campione analizzato con i tenori massimi di umidità previsti per il latte scremato in polvere, la Repubblica italiana fa valere che le analisi effettuate dal laboratorio di analisi degli alimenti della provincia di Bolzano sul campione prelevato il 3 giugno 2003 non avevano dato luogo ad alcun commento negativo da parte dell’analista, il quale ha indicato che il latte in polvere, essendo un prodotto igroscopico, è soggetto notoriamente a subire modificazioni anche solo per effetto delle condizioni ambientali circostanti (calo naturale). Di conseguenza la variazione dello 0,69% rappresentava per l’analista un elemento ininfluente ai fini della valutazione di conformità di propria competenza del campione analizzato.

60      Per quanto attiene all’irregolarità consistente nella totale assenza di sanzioni nel caso di un campione in cui si riscontrava il mancato rispetto del tenore minimo di latte in polvere negli alimenti, la Repubblica italiana nega che le autorità italiane abbiano mai ammesso che avrebbero dovuto essere applicate sanzioni. Inoltre, essa sostiene che la Commissione, da piccoli casi specifici, per i quali comunque sono state fornite ampie delucidazioni, induce arbitrariamente delle generalizzazioni su eventuali, del tutto ipotetiche, carenze sanzionatorie da parte dell’AGEA.

61      In ogni caso, a suo avviso, quand’anche tali casi di non conformità si fossero verificati, si tratterebbe comunque di carenze occasionali e non sistematiche, con incidenza percentualmente trascurabile rispetto a tutti i pagamenti effettuati e che non incidono sull’accuratezza del sistema dei controlli.

62      Nel caso di specie, per quanto riguarda l’irregolarità consistente nella non-conformità di un campione analizzato con i tenori massimi di umidità previsti per il latte scremato in polvere, va ricordato che, al punto 5.2.3 della relazione di sintesi, viene indicato che, in un caso, è stato constatato che il tenore di acqua dei campioni di latte scremato in polvere era superiore al limite massimo del 5% (ossia 5,69%) senza che sia stata applicata alcuna sanzione.

63      La relazione di sintesi indica poi che gli organismi pagatori possono applicare un margine di tolleranza pari al 4% del limite legale del tasso di umidità ammesso e che, al di sopra di un tenore di acqua del 5,19% del latte scremato in polvere, l’aiuto deve essere diminuito dell’1% per i campioni che presentano un tasso di umidità compreso tra il 5,2 e il 5,39%, del 2% per i campioni compresi tra il 5,4 e il 5,59%, del 3% per i campioni compresi tra il 5,6 e il 5,79%, e via di seguito. Secondo la stessa relazione, la riduzione che si applica al campione in questione avrebbe dovuto essere del 3%.

64      Tale conclusione è conforme all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 2799/1999 secondo cui «[p]er le quantità di latte scremato in polvere per le quali il tenore d’acqua supera il 5%, l’importo dell’aiuto è ridotto dell’1% per ogni frazione supplementare dello 0,2% del tenore d’acqua».

65      A tal riguardo, va constatato che la Repubblica italiana non contesta né che il tenore di acqua dei campioni di latte scremato in polvere fosse superiore al limite massimo del 5% (5,69%), né che non sia stata applicata alcuna sanzione.

66      Essa si limita a fare valere che le analisi effettuate dal laboratorio di analisi degli alimenti sul campione prelevato il 3 giugno 2003 non avevano dato luogo ad alcun commento negativo da parte dell’analista che aveva indicato che il latte in polvere, essendo un prodotto igroscopico, era soggetto notoriamente a subire modificazioni anche solo per effetto delle condizioni ambientali circostanti.

67      Orbene, tale argomento non può affatto inficiare le constatazioni della Commissione. In particolare, quanto al fatto che il latte in polvere è un prodotto igroscopico, va considerato, al pari della Commissione, che il legislatore era consapevole di tale fatto quando ha previsto adeguati margini di tolleranza e fasce di riduzione progressivamente più importanti al crescere del superamento del tenore massimo di umidità.

68      Ciò posto, la Commissione non è incorsa in alcun errore nell’applicare una rettifica puntuale per il caso di irregolarità riguardante la non conformità di un campione analizzato con i tenori massimi di umidità previsti per il latte scremato in polvere.

69      Per quanto riguarda l’irregolarità consistente nella totale assenza di sanzioni nel caso di un campione che rivelava che il tenore minimo di latte in polvere negli alimenti non era stato rispettato, al punto 5.2.3, la relazione di sintesi indica che «in un altro caso (...) [è stato] rivelato che il tenore di latte scremato in polvere era del 48,10%, mentre era stato dichiarato del 56%, ossia risultava inferiore di oltre il 4,5% (soglia di tolleranza) al valore dichiarato dall’impresa, senza che fossero state applicate sanzioni».

70      A tal riguardo, va constatato che la Repubblica italiana si limita sostanzialmente ad indicare, senza corroborare affatto le proprie affermazioni, che le irregolarità di cui trattasi costituiscono casi specifici, per i quali sono state fornite ampie delucidazioni.

71      Ciò premesso e alla luce della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 25 a 29, le conclusioni della Commissione riguardanti la seconda irregolarità non possono essere rimesse in discussione.

72      Tenuto conto di quanto precede, va respinto tale capo del primo motivo, segnatamente in quanto la Commissione non ha travisato i fatti del caso di specie.

–       Sulla rettifica forfettaria

73      Per quanto concerne la rettifica forfettaria del 2% imposta dalla Commissione, da un lato, la Repubblica italiana sostiene che la motivazione della decisione impugnata è generica, inadeguata e insufficiente. A suo parere, le autorità italiane hanno ampiamente argomentato in ordine alla completezza ed all’accuratezza della propria filiera di controllo in relazione all’erogazione degli aiuti al settore del latte scremato in polvere utilizzato per mangimi animali.

74      Dall’altro, la Repubblica italiana invoca la violazione del principio di proporzionalità. Essa osserva che la revisione contabile ha riguardato tre esercizi finanziari, mentre la rendicontazione sugli aiuti erogati nei casi controversi riguarda un unico esercizio finanziario del FEAOG, ovvero quello del 2004. Essa sostiene che i risultati relativi agli altri esercizi finanziari sono stati contabilizzati separatamente; di conseguenza, essa ritiene incongruo che la rettifica finanziaria sia stata richiesta per i tre anni.

75      Inoltre, atteso che gli importi delle sanzioni che non sarebbero state irrogate sono estremamente inferiori all’importo complessivo con il quale si intenderebbe penalizzare l’Italia, la Repubblica italiana non comprende la ragione dell’applicazione di rettifiche forfettarie.

76      Infine, la Repubblica italiana sostiene che le autorità italiane hanno fornito le tabelle riepilogative richieste dall’organo di conciliazione, contenenti le date o i periodi in cui erano stati effettuati i controlli, sia amministrativi che fisici, inclusi, per questi ultimi, i risultati delle analisi di laboratorio. Tuttavia, la Commissione inspiegabilmente li ha giudicati insufficienti e inidonei ad evitare la rettifica forfettaria. Pertanto, secondo la Repubblica italiana, la rettifica finanziaria non tiene nella dovuta considerazione gli elementi di chiarimento di volta in volta forniti dalle autorità italiane.

77      A tal riguardo, essa ricorda che, durante l’audizione dinanzi all’organo di conciliazione, i rappresentanti dell’amministrazione italiana avevano espressamente chiesto se le tabelle riepilogative dovessero essere corredate dei verbali di accertamento e delle analisi di laboratorio, ma la risposta dell’organo di conciliazione era stata negativa, limitando la richiesta esclusivamente alla produzione delle suddette tabelle.

78      Nel caso di specie, per quanto riguarda, in primo luogo, il presunto difetto di motivazione della decisione impugnata in ordine alla rettifica forfettaria del 2% applicata dalla Commissione, va ricordato che la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo (v. sentenze del 14 luglio 2005, Paesi Bassi/Commissione, C‑26/00, Racc., EU:C:2005:450, punto 113 e giurisprudenza ivi citata, e del 19 giugno 2009, Qualcomm/Commissione, T‑48/04, Racc., EU:T:2009:212, punto 174 e giurisprudenza ivi citata).

79      Inoltre, secondo giurisprudenza costante, la portata dell’obbligo di motivazione sancito dall’articolo 296 TFUE dipende dalla natura dell’atto di cui trattasi e dal contesto nel quale esso è stato adottato (sentenze del 22 giugno 1993, Germania/Commissione, C‑54/91, Racc., EU:C:1993:258, punto 10, e del 14 aprile 2005, Portogallo/Commissione, C‑335/03, Racc., EU:C:2005:231, punto 83).

80      Per quanto riguarda le decisioni della Commissione in materia di liquidazione dei conti del FEAOG, esse sono adottate sulla base di una relazione di sintesi nonché di una corrispondenza tra la Commissione e lo Stato membro interessato (sentenza del 14 marzo 2002, Paesi Bassi/Commissione, C‑132/99, Racc., EU:C:2002:168, punto 39). Ciò posto, la motivazione di tali decisioni dev’essere considerata sufficiente qualora lo Stato destinatario sia stato strettamente associato al procedimento di elaborazione delle stesse e conoscesse i motivi per i quali la Commissione riteneva di non dover imputare al FEAOG l’importo controverso (sentenza del 21 marzo 2002, Spagna/Commissione, C‑130/99, Racc., EU:C:2002:192, punto 126).

81      Nella specie, la posizione della Commissione riguardante la rettifica forfettaria emerge dal punto 5.2.5 della relazione di sintesi, il quale indica quanto segue:

«[i] risultati delle analisi non sono stati debitamente presi in considerazione e pertanto le sanzioni sono state valutate in modo scorretto a Bolzano e in modo insufficiente a Brescia. È stato accertato che i risultati delle analisi non sono stati trattati in modo adeguato, per cui è chiaro che sussiste un rischio per il Fondo causato da pagamenti in eccesso.

I controlli complementari sono operazioni amministrative necessarie per trattare correttamente le domande quali ad esempio la verifica del rispetto dei termini per la presentazione, l’individuazione di domande doppie, l’analisi dei rischi, l’applicazione di sanzioni e l’adeguata vigilanza sulle procedure.

Qualora uno Stato membro abbia effettuato adeguatamente i controlli essenziali, ma abbia completamente tralasciato uno o più controlli complementari, si giustifica una rettifica del 2%.

Lo Stato membro ha sempre la possibilità di dimostrare, mediante verifiche o informazioni supplementari, che la carenza è meno grave di quanto accertato o che il danno finanziario potenziale era inferiore alla rettifica proposta.

(…) In caso di mancata applicazione da parte dello Stato membro delle sanzioni previste dalla normativa comunitaria, la rettifica finanziaria dovrebbe essere pari all’importo della sanzione non applicata, oltre al 2% delle rimanenti domande, in quanto la mancata applicazione di sanzioni aumenta il rischio di presentazione di domande irregolari.

Pertanto, è giustificato proporre, in conformità con il documento VI/5330/97, una rettifica finanziaria del 2% dell’aiuto pagato all’Italia (in quanto la carenza è stata riscontrata in entrambe le regioni visitate) per il periodo dal 3.11.2002 al 3.11.2004.

L’importo della parte forfettaria della rettifica è di 1 579 993,62 EUR».

82      Dal punto 5.2.4 della relazione di sintesi, che riassume le conclusioni della Commissione, previo parere dell’organo di conciliazione, risulta inoltre quanto segue:

«[p]ur contestando gli argomenti addotti dalle autorità italiane, i servizi della Commissione hanno manifestato la loro disponibilità a trovare una soluzione nell’ambito della conciliazione, in modo da evitare se possibile una rettifica forfettaria e hanno proposto un metodo di calcolo più preciso, eventualmente basato sulle informazioni che dovevano essere fornite dalle autorità italiane (“pour autant que les autorités italiennes leur apportent des renseignements précis sur les suites données aux constatations faites par les laboratoires d’analyses” – relazione dell’organo di conciliazione, punto B.4, Procedura di conciliazione).

Tuttavia le informazioni fornite dall’Italia durante e dopo la procedura di conciliazione non consentono di proporre qualcosa di diverso da una rettifica forfettaria. Le informazioni sintetiche inviate alla Commissione non specificano le date e i risultati del prelievo di campioni e delle analisi, come sarebbe stato necessario per permettere un calcolo preciso dell’impatto finanziario, ma si limitano a fornire un elenco delle date dei controlli in loco e dei periodi oggetto di controlli amministrativi e contabili».

83      Ne consegue che la Commissione ha espressamente indicato, nella sua relazione di sintesi, i motivi per l’imputazione alla Repubblica italiana di una rettifica forfettaria del 2% dell’aiuto corrisposto a quest’ultima nel periodo dal 3 novembre 2002 al 3 novembre 2004.

84      Dai rilievi che precedono emerge che la decisione impugnata è motivata conformemente ai requisiti di cui all’articolo 296 TFUE. La presente censura dev’essere pertanto respinta.

85      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la presunta violazione del principio di proporzionalità, occorre rammentare che tale principio, sancito all’articolo 5, paragrafo 4, TUE, è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione ed esige che gli strumenti istituiti da una disposizione del diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerli (v. sentenza dell’8 giugno 2010, Vodafone e a., C‑58/08, Racc., EU:C:2010:321, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

86      Il principio di proporzionalità richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di quanto è opportuno e necessario per raggiungere lo scopo perseguito (sentenze del 17 maggio 1984, Denkavit Nederland, 15/83, Racc., EU:C:1984:183, punto 25, e del 19 giugno 1997, Air Inter/Commissione, T‑260/94, Racc., EU:T:1997:89, punto 144).

87      Va altresì ricordato che una rettifica fissata dalla Commissione conformemente alle linee-guida da essa adottate in materia tende ad evitare che vengano posti a carico del FEAOG, del FEAGA e del FEASR importi che non siano serviti al finanziamento di un obiettivo perseguito dalla normativa dell’Unione di cui trattasi e non costituisce una sanzione (v. sentenza del 31 marzo 2011, Grecia/Commissione, T‑214/07, EU:T:2011:130, punto 136 e giurisprudenza ivi citata). La giurisprudenza ha quindi riconosciuto che i tassi forfettari fissati nelle linee-guida consentono al contempo l’osservanza del diritto dell’Unione e la buona gestione delle risorse dell’Unione, nonché ad evitare che la Commissione eserciti il suo potere discrezionale imponendo agli Stati membri rettifiche smisurate e sproporzionate (v., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2008, Italia/Commissione, T‑181/06, EU:T:2008:331, punto 234).

88      Secondo giurisprudenza costante, sebbene spetti alla Commissione provare l’esistenza di una violazione delle norme dell’Unione, una volta provata tale violazione, incombe allo Stato membro dimostrare, se del caso, che la Commissione è incorsa in un errore circa le conseguenze finanziarie da trarne (sentenze Spagna/Commissione, cit. al punto 25 supra, EU:C:2003:251, punto 147; del 7 luglio 2005, Grecia/Commissione, C‑5/03, Racc., EU:C:2005:426, punto 38, e del 14 febbraio 2008, Spagna/Commissione, T‑266/04, EU:T:2008:37, punto 105).

89      Per quanto riguarda il tipo di rettifica applicata nella specie, va ricordato che, alla luce delle linee-guida stabilite dalla Commissione nel documento VI/5330/97, qualora sia possibile valutare con precisione il danno finanziario subito dall’Unione, una rettifica forfettaria può essere prevista dalla Commissione (v., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2003, Regno Unito/Commissione, C‑346/00, Racc., EU:C:2003:474, punto 53).

90      In particolare, secondo il documento VI/5330/97, qualora uno Stato membro abbia effettuato correttamente i controlli essenziali, ma abbia completamente tralasciato uno o più controlli complementari, occorre applicare una rettifica del 2%, tenuto conto del minore rischio di danni finanziari per il FEAOG e della minore gravità della violazione. Per contro, quando uno Stato membro ha effettuato tutti i controlli essenziali, ma senza rispettare il numero, la frequenza o l’intensità previsti dai regolamenti, va applicata una rettifica del 5% in quanto si può ragionevolmente concludere che tali controlli non offrano garanzie sufficienti circa la regolarità delle domande e che il rischio di danni finanziari per il FEAOG fosse significativo.

91      Nel caso di specie, come rilevato ai precedenti punti da 52 a 57 e da 62 a 71, la Commissione non è incorsa in un errore riscontrando la sussistenza di carenze nel sistema italiano di controllo dell’applicazione del regolamento n. 2799/1999.

92      A tal riguardo, va rilevato che, nei limiti in cui i controlli di conformità alle norme di qualità, previsti dal regolamento n. 2799/1999, costituiscono un elemento determinante del sistema di controllo che deve essere istituito per assicurare la regolarità delle spese del FEAOG, la Commissione ha potuto ragionevolmente concludere che il rischio di danni finanziari per quest’ultimo fosse significativo e ha dunque potuto, senza violare le linee-guida contenute nel documento VI/5330/97, imporre una rettifica forfettaria del 2%.

93      Peraltro, va sottolineato che le carenze constatate riguardavano controlli essenziali relativi alla qualità del latte in polvere, il che autorizzava l’applicazione di una rettifica forfettaria del 5%, conformemente alle linee-guida del documento IV/5330/97. Nondimeno, i servizi della Commissione hanno fissato un tasso forfettario del 2% al fine di prendere in considerazione il rischio complessivo causato al FEAOG dalla mancata applicazione o dall’erronea applicazione delle riduzioni dell’aiuto e delle sanzioni regolamentari (v. punto 5.2.7 della relazione di sintesi). Di conseguenza, non le può essere addebitato di avere applicato un tasso di rettifica sproporzionato.

94      Quanto al periodo oggetto della rettifica, è sufficiente constatare, al pari della Commissione, che spettava alla Repubblica italiana dimostrare che i controlli vertenti sulla concessione dell’aiuto e sull’applicazione delle sanzioni erano effettuati correttamente o che le carenze potevano essere limitate a un periodo più breve di 24 mesi (v., in tal senso, sentenze Belgio/Commissione, cit. al punto 26 supra, EU:C:2001:455, punto 36; Francia/Commissione, cit. al punto 29 supra, EU:C:2002:39, punto 37, e Spagna/Commissione, cit. al punto 25 supra, EU:C:2003:251, punto 49).

95      Ciò posto, la rettifica finanziaria al tasso forfettario del 2% non può essere considerata sproporzionata.

96      In terzo luogo, per quanto riguarda le tabelle riepilogative richieste dall’organo di conciliazione che le autorità italiane hanno fornito, è sufficiente constatare che, al punto 6 della relazione dell’organo di conciliazione, è indicato che «fatta salva la verifica dei risultati delle constatazioni individuali effettuate dai laboratori e di un esame delle conclusioni che ne verranno tratte dalle autorità italiane», i servizi della Commissione hanno manifestato la propria disponibilità a rivalutare la rettifica forfettaria. Allo stesso punto del rapporto, viene poi indicato che l’«[o]rgano non può che aderire a una tale iniziativa».

97      Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, le informazioni richieste dall’organo di conciliazione facevano specifico riferimento ai «risultati delle constatazioni individuali effettuate dai laboratori e di un esame delle conclusioni che ne verranno tratte dalle autorità italiane».

98      Ciò premesso, occorre concludere, al pari della Commissione, che l’elenco dei controlli effettuati dalle autorità italiane contenuto nelle tabelle riepilogative non è idoneo a provare l’adempimento degli obblighi di verifica imposti dal regolamento n. 2799/1999. Infatti, detto elenco non consente, in particolare, di verificare secondo quali modalità gli organi di controllo abbiano valutato le analisi ed applicato i margini di tolleranza, elementi che sono alla base della mancata applicazione di sanzioni emersa in occasione dell’ispezione da parte dei servizi della Commissione.

99      Di conseguenza, occorre respingere tale censura della Repubblica italiana.

100    Alla luce di quanto precede, il presente motivo deve essere respinto.

 Organizzazione del sistema di recupero degli organismi pagatori AGEA e SAISA

 Normativa dell’Unione

101    Il regolamento (CEE) n. 729/70 del Consiglio, del 21 aprile 1970, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU L 94, pag. 13) e il regolamento n. 1258/1999 succedutogli, al loro articolo 8, dispongono che «[g]li Stati membri adottano, in conformità delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nazionali, le misure necessarie per (...) recuperare le somme perse a seguito di irregolarità o di negligenze» e che «[i]n mancanza di recupero totale, le conseguenze finanziarie delle irregolarità o negligenze sono sopportate dalla Comunità, salvo quelle risultanti da irregolarità o negligenze imputabili alle amministrazioni o agli organismi degli Stati membri».

102    Il regolamento (CEE) n. 595/91 del Consiglio, del 4 marzo 1991, relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell’ambito del finanziamento della politica agricola comune nonché all’instaurazione di un sistema d’informazione in questo settore e che abroga il regolamento (CEE) n. 283/72 (GU L 67, pag. 11), al suo articolo 3, paragrafo 1, primo comma, prevede quanto segue:

«Entro i due mesi successivi alla fine di ogni trimestre, gli Stati membri comunicano alla Commissione un elenco delle irregolarità che hanno formato oggetto di un primo verbale amministrativo o giudiziario».

103    Ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 1290/2005, succeduto al regolamento n. 1258/1999, «[a]ll’atto della trasmissione dei conti annuali, a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), punto iii), gli Stati membri comunicano alla Commissione una tabella riepilogativa dei procedimenti di recupero avviati in seguito ad irregolarità, contenente una ripartizione degli importi non ancora recuperati, per procedimento amministrativo e/o giudiziario e per anno corrispondente al primo verbale, amministrativo o giudiziario, che accerta l’irregolarità». Tale disposizione precisa inoltre che «[g]li Stati membri tengono a disposizione della Commissione la situazione dettagliata dei singoli procedimenti di recupero e dei singoli importi non ancora recuperati».

104    L’articolo 32, paragrafo 5, del regolamento n. 1290/2005 recita:

«Qualora il recupero non abbia avuto luogo nel termine di quattro anni dalla data del primo verbale amministrativo o giudiziario, oppure nel termine di otto anni in caso di procedimento giudiziario dinanzi ai tribunali nazionali, le conseguenze finanziarie del mancato recupero sono per il 50% a carico dello Stato membro e per il 50% a carico del bilancio comunitario.

Nella tabella riepilogativa di cui al paragrafo 3, primo comma, lo Stato membro indica separatamente gli importi per i quali il recupero non è stato realizzato nei termini previsti al primo comma del presente paragrafo.

La ripartizione dell’onere finanziario connesso al mancato recupero, a norma del primo comma, lascia impregiudicato l’obbligo per lo Stato membro interessato di dare corso ai procedimenti di recupero, in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, del presente regolamento. Gli importi così recuperati sono imputati al FEAGA nella misura del 50%, previa applicazione della trattenuta di cui al paragrafo 2, del presente articolo.

Qualora, nell’ambito del procedimento di recupero, un verbale amministrativo o giudiziario avente carattere definitivo constati l’assenza di irregolarità, lo Stato membro interessato dichiara al FEAGA, come spesa, l’onere finanziario di cui si è fatto carico in applicazione del primo comma.

Tuttavia, qualora per ragioni non imputabili allo Stato membro interessato il recupero non abbia potuto aver luogo nel termine di cui al primo comma e l’importo da recuperare superi [EUR] 1 milione, la Commissione può, su richiesta dello Stato membro, prorogare il termine per un periodo massimo pari al 50% del termine iniziale».

105    Secondo l’articolo 32, paragrafo 6, del regolamento n. 1290/2005 «[i]n casi debitamente giustificati, gli Stati membri possono decidere di non portare avanti il procedimento di recupero». Tale disposizione precisa che una decisione siffatta può essere adottata solo nei seguenti casi:

«a)      se i costi già sostenuti e i costi prevedibili del recupero sono globalmente superiori all’importo da recuperare;

b)      se il recupero si riveli impossibile per insolvenza del debitore o delle persone giuridicamente responsabili dell’irregolarità, constatata e riconosciuta in virtù del diritto nazionale dello Stato membro interessato».

106    La medesima disposizione afferma che «[l]o Stato membro interessato indica separatamente, nella tabella riepilogativa di cui al paragrafo 3, primo comma, gli importi per i quali ha deciso di non portare avanti i procedimenti di recupero, giustificando la propria decisione».

107    Ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005:

«Dopo aver dato corso alla procedura di cui all’articolo 31, paragrafo 3, la Commissione può decidere di escludere dal finanziamento comunitario gli importi posti a carico del bilancio comunitario nei seguenti casi:

a)      in applicazione dei paragrafi 5 e 6 del presente articolo, qualora constati che le irregolarità o il mancato recupero sono imputabili a irregolarità o negligenze dell’amministrazione o di un servizio od organismo di uno Stato membro;

b)      in applicazione del paragrafo 6 del presente articolo, qualora ritenga che la giustificazione addotta dallo Stato membro non è sufficiente per giustificare la decisione di porre fine al procedimento di recupero».

108    Secondo quanto previsto dal combinato disposto dell’articolo 16 del regolamento n. 729/70, dell’articolo 20 del regolamento n. 1258/1999 e dell’articolo 47 del regolamento n. 1290/2005, il regolamento n. 729/70 si applica alle spese effettuate fra il 1° gennaio 1971 e il 31 dicembre 1999, mentre il regolamento n. 1258/1999 si applica alle spese effettuate tra il 1° gennaio 2000 e il 16 ottobre 2006.

109    Tuttavia, in forza dell’articolo 49, terzo comma, secondo trattino, del regolamento n. 1290/2005, in particolare, l’articolo 32 del medesimo regolamento si applica ai casi di irregolarità comunicati a norma dell’articolo 3 del regolamento n. 595/91 e per i quali non si è ancora conseguito il recupero totale alla data del 16 ottobre 2006.

110    Le modalità relative alla procedura di liquidazione dei conti del FEAOG, sezione «Garanzia», sono definite dal regolamento (CE) n. 1663/95 della Commissione, del 7 luglio 1995, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 729/70 per quanto riguarda la procedura di liquidazione dei conti del FEAOG, sezione «Garanzia» (GU L 158, pag. 6), e successivamente dal regolamento (CE) n. 885/2006 della Commissione, del 21 giugno 2006, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1290/2005 per quanto riguarda il riconoscimento degli organismi pagatori e di altri organismi e la liquidazione dei conti del FEAGA e del FEASR (GU L 171, pag. 90).

 Fatti

111    Tra il 10 e il 14 marzo 2003, i servizi della Commissione hanno condotto un’ispezione (FA/2003/01) in Italia al fine di esaminare i rapporti relativi alla certificazione dei conti di taluni organismi pagatori per l’esercizio finanziario 2002, tra cui l’AGEA, il SAISA e l’Ente nazionale risi (ENR), nonché di altri organismi a carattere regionale.

112    Una seconda ispezione (FA/2003/38) è stata condotta dagli stessi servizi dal 24 al 28 novembre 2003 presso l’AGEA, allo scopo di completare l’esame dei rapporti relativi alla certificazione dei conti di taluni organismi pagatori per gli esercizi finanziari 2003 e precedenti.

113    Fra il 5 e il 9 luglio 2004, una terza ispezione (FA/2004/52) è stata condotta dai servizi della Commissione presso l’AGEA, allo scopo di esaminare i conti di taluni organismi pagatori per l’esercizio finanziario 2003 e gli esercizi precedenti, il cui esame era stato rinviato a fronte delle irregolarità constatate in precedenza.

114    Con lettere di osservazioni datate 25 novembre 2003 (AGR 30083) e 26 luglio 2004 (AGR 19770), la direzione generale dell’Agricoltura della Commissione ha informato le autorità italiane delle gravi carenze che sarebbero state rilevate nei sistemi di controllo e di gestione dei crediti risultanti da irregolarità, tenuto conto dei seguenti fatti:

–        per l’AGEA, in primo luogo, la mancanza di procedimenti comuni per la tempestiva imputazione degli importi dei crediti relativi ai vari settori interessati, in secondo luogo, l’assenza di verifiche sull’imputazione dei crediti da parte del servizio di gestione, in terzo luogo, la mancata contabilizzazione degli interessi di pieno diritto relativi ai crediti per irregolarità, in quarto luogo, le compensazioni indebite tra crediti e spese, in quinto luogo, il mancato tempestivo incameramento delle garanzie per assicurare il recupero, in sesto luogo, la tardiva imputazione dei crediti e il mancato avvio delle procedure di recupero e, in settimo luogo, la mancanza di coerenza tra i procedimenti di recupero avviati dai diversi servizi e il trattamento non omogeneo dei recuperi;

–        per il SAISA, in primo luogo, l’assenza di informazioni importanti nel registro dei debitori, quali l’importo delle garanzie, la data di notifica al beneficiario, l’importo da recuperare a seguito della compensazione, in secondo luogo, la negligenza nella gestione delle procedure di recupero, in terzo luogo, l’assenza di tabelle riepilogative periodiche per garantire l’aggiornamento delle informazioni sui crediti e, in quarto luogo, l’inazione risultante dalla liberazione delle garanzie costituite con conseguente vanificazione del recupero.

115    La Commissione ha indicato che le constatazioni avevano dato luogo all’esclusione dal finanziamento dell’Unione delle spese interessate, limitatamente a quelle dichiarate nei 24 mesi precedenti le date delle succitate lettere. Infatti, tali carenze costituivano chiare infrazioni alle linee-guida che i servizi della Commissione hanno fissato con le autorità nazionali per la tenuta dei conti relativi alla gestione dei crediti, e riepilogate nel documento VI/5331/98 del 16 ottobre 1998, applicabili all’epoca delle ispezioni.

116    Con lettere datate 24 ottobre 2003 e 5 ottobre 2004, le autorità nazionali hanno risposto segnalando le azioni intraprese per porre rimedio alle carenze constatate.

117    Su richiesta della Commissione, tra il 6 febbraio e il 22 novembre 2005 hanno avuto luogo riunioni bilaterali per discutere le rettifiche relative alle carenze riscontrate rispettivamente presso il SAISA e l’AGEA.

118    Con lettere del 23 giugno 2005 (AGR 15687) e del 26 gennaio 2006 (AGR 2289), la Commissione ha informato le autorità italiane dell’esito delle riunioni bilaterali, precisando in sostanza che, per la gestione dei crediti del SAISA, le carenze riscontrate avrebbero giustificato una rettifica di EUR 17 366 341,07. Per la gestione dei crediti dell’AGEA, la Commissione ha ritenuto che, in assenza di provvedimenti correttivi, le gravi carenze riscontrate avrebbero giustificato una rettifica di EUR 28 209 737,79.

119    Le autorità italiane hanno risposto a tali osservazioni preliminari con lettere del 4 agosto 2005 e del 7 aprile 2006.

120    Dopo aver ricevuto ulteriori informazioni da parte delle autorità italiane, con lettere del 18 gennaio e del 7 aprile 2006, nonché del 7 febbraio e del 24 novembre 2008, e in esito ad una riunione tenutasi dal 27 al 30 novembre 2007 in Italia, la Commissione ha annunciato, con lettera del 19 agosto 2009 (Ares 211472), la propria intenzione di proporre una rettifica finanziaria di EUR 8 357 889,78 per i crediti dell’AGEA e di EUR 6 381 956,40 per i crediti del SAISA.

121    Il 19 ottobre 2009, la Repubblica italiana ha chiesto l’avvio del procedimento di conciliazione. Nel suo parere del 12 febbraio 2010, l’organo di conciliazione ha sostanzialmente preso atto dell’impossibilità di conciliare i rilievi formulati dai servizi della Commissione con le giustificazioni delle autorità italiane, invitando la Commissione ad aggiornare l’importo della rettifica da effettuare con gli ultimi dati forniti dalle autorità italiane, prima di decidere sull’esclusione delle spese dal finanziamento dell’Unione.

122    Con lettera del 19 luglio 2010 (Ares 440432), i servizi della Commissione hanno informato le autorità italiane della posizione finale assunta in relazione alle irregolarità constatate, in virtù dell’articolo 7, paragrafo 4, e dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 1258/1999 e degli articoli 31 e 32 del regolamento n. 1290/2005, e hanno fissato la somma per la quale avrebbero proposto l’esclusione dal finanziamento dell’Unione in EUR 7 852 872,39 per l’AGEA e in EUR 6 404 199,68 per il SAISA.

123    Con la decisione impugnata, la Commissione ha confermato la rettifica finanziaria proposta dai suoi servizi, corrispondente alla somma di EUR 7 852 872,39 per i crediti dell’AGEA e alla somma di EUR 6 404 199,68 per i crediti del SAISA.

 Sul secondo motivo vertente su un’applicazione retroattiva del regolamento n. 1290/2005, sull’assenza di irregolarità o di negligenze, su un difetto di motivazione, su una violazione del principio di proporzionalità e su una violazione del principio del ne bis in idem

124    Il presente motivo può essere sostanzialmente suddiviso in cinque parti. In primo luogo, la Repubblica italiana contesta l’applicazione retroattiva del regolamento n. 1290/2005, in secondo luogo essa fa valere l’assenza di irregolarità o negligenze nella gestione dei crediti e delle garanzie, in terzo luogo essa deduce la violazione delle forme sostanziali per difetto di motivazione, in quarto luogo, essa invoca il principio di proporzionalità e, in quinto luogo, essa invoca la violazione del principio del ne bis in idem.

–       Sull’applicazione retroattiva del regolamento n. 1290/2005

125    La Repubblica italiana addebita sostanzialmente alla Commissione di aver applicato l’articolo 32, paragrafo 5, del regolamento n. 1290/2005, a un’indagine sulla gestione dei debiti avente essenzialmente ad oggetto la «situazione osservata nel 2002/2003» e di aver così violato il principio della certezza del diritto.

126    La Repubblica italiana ritiene che, siccome il regolamento n. 1290/2005 relativo alle nuove modalità di definizione delle conseguenze del mancato recupero di importi a fronte di irregolarità (la cosiddetta regola «del 50-50») è stato introdotto a decorrere dall’esercizio finanziario 2007, lo stesso non sia applicabile retroattivamente per sanzionare situazioni anteriori.

127    Nel caso di specie, occorre rilevare anzitutto, al pari della Commissione, che la Repubblica italiana fonda il suo argomento su una premessa erronea. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalle autorità italiane, la decisione impugnata non è affatto fondata sull’applicazione dell’articolo 32, paragrafo 5, del regolamento n. 1290/2005, secondo il quale, qualora il recupero delle irregolarità non abbia avuto luogo nel termine di quattro anni dalla data del primo verbale amministrativo o giudiziario, oppure nel termine di otto anni in caso di procedimento giudiziario dinanzi ai tribunali nazionali, le conseguenze finanziarie del mancato recupero sono per il 50% a carico dello Stato membro interessato e per il 50% a carico del bilancio dell’Unione.

128    Per contro, essa si basa sulle carenze, tanto per l’AGEA quanto per il SAISA, nel sistema di gestione dei recuperi relativi alle spese risultanti da irregolarità riscontrate anteriormente, conformemente all’articolo 8 del regolamento n. 1258/1999 e all’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005.

129    Ad ogni modo, se occorre intendere l’argomento della Repubblica italiana nel senso che addebita alla Commissione di aver applicato retroattivamente, nella decisione impugnata, l’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005, va rilevato che, anteriormente all’entrata in vigore di tale articolo, le disposizioni applicabili, ossia l’articolo 8 del regolamento n. 729/70 e successivamente l’articolo 8 del regolamento n. 1258/1999, facevano obbligo agli Stati membri di «adotta[re] (...) le misure necessarie per (...) prevenire e perseguire le irregolarità [e] recuperare le somme perse a seguito di irregolarità o di negligenze» e precisavano che «in mancanza di recupero totale, le conseguenze finanziarie delle irregolarità o negligenze sono sopportate dalla Comunità, salvo quelle risultanti da irregolarità o negligenze imputabili (...) [a]gli Stati membri».

130    Peraltro, il recupero doveva essere eseguito rapidamente, posto che gli Stati membri sono tenuti ad agire prontamente, come precisato dalla Corte segnatamente in relazione all’obbligo di diligenza generale imposto agli Stati membri in forza dell’articolo 8, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 729/70 (v., in tal senso, sentenze dell’11 ottobre 1990, Italia/Commissione, C‑34/89, Racc., EU:C:1990:353, punto 12; del 21 gennaio 1999, Germania/Commissione, C‑54/95, Racc., EU:C:1999:11, punto 177, e del 13 novembre 2001, Francia/Commissione, C‑277/98, Racc., EU:C:2001:603, punto 40).

131    Inoltre, la Corte ha rilevato che, decorso un certo periodo di tempo, il recupero delle somme indebitamente versate poteva essere complicato o divenire impossibile a causa di talune circostanze quali, in particolare, la cessazione delle attività o lo smarrimento di documenti contabili (sentenze Italia/Commissione, cit. al punto 130 supra, EU:C:1990:353, punto 12, e Germania/Commissione, cit. al punto 130 supra, EU:C:1999:11, punto 177).

132    Da quanto precede risulta, come riconosciuto dalla Repubblica italiana in udienza, che, già prima dell’adozione del regolamento n. 1290/2005, il diritto dell’Unione imponeva agli Stati membri un obbligo di diligenza nel recupero delle somme indebitamente versate.

133    Nella specie, la Commissione, pur avendo invocato il regolamento n. 1290/2005 – entrato in vigore il 16 ottobre 2006 – nella relazione di sintesi e nella decisione impugnata, ha fatto altresì esplicito riferimento alla normativa anteriore, segnatamente al regolamento n. 1258/1999, per dare fondamento alla sua conclusione secondo cui la Repubblica italiana era stata negligente nel recupero delle somme di cui trattasi (v. punti 1 e 3 della decisione impugnata).

134    Pertanto, contrariamente a quanto suggerito dalla Repubblica italiana, la Commissione ha provveduto a valutare, nella decisione impugnata, il comportamento della Repubblica italiana alla luce delle norme già applicabili all’epoca dei fatti.

135    Dalle considerazioni che precedono risulta che la Repubblica italiana afferma a torto che la decisione impugnata ha dato retroattivamente applicazione all’articolo 32 del regolamento n. 1290/2005. Essa non ha dunque violato neppure il principio della certezza del diritto. Pertanto, occorre respingere tale capo del secondo motivo.

–       Sull’assenza di irregolarità o negligenze

136    La Repubblica italiana contesta, in sostanza, la legittimità della decisione impugnata nella parte in cui le ha imputato le conseguenze finanziarie derivanti dalla mancata conclusione, entro un termine ragionevole, dei procedimenti di recupero di somme risultanti da irregolarità, nonché da una gestione scorretta delle garanzie.

137    La Repubblica italiana sostiene che, nel corso del procedimento amministrativo, è stata dimostrata la diligenza delle autorità italiane nel trattamento delle situazioni oggetto della rettifica in questione. Essa sottolinea che le azioni di recupero dei crediti e di incameramento delle relative garanzie si sono protratte per molti anni per ragioni di carattere esclusivamente processuale, conformemente all’ordinamento giuridico nazionale e alle procedure esistenti.

138    La Repubblica italiana ricorda che tali misure cautelari di sospensione del recupero, che vietano l’attuazione dei procedimenti di escussione delle garanzie, adottate nella fase iniziale del procedimento civile di primo grado, hanno determinato l’impossibilità, per l’amministrazione, di promuovere azioni per il recupero dei crediti e ciò fino alla conclusione del procedimento. Anche in tale contesto, le autorità italiane avrebbero quindi correttamente adottato le procedure amministrative e giudiziarie conformemente alle disposizioni nazionali in materia.

139    In via preliminare, occorre ricordare che, per quanto riguarda gli obblighi degli Stati membri nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati agricoli, emerge dagli articoli 2 e 3 dei regolamenti n. 729/70 e n. 1258/1999, nonché dall’articolo 3 del regolamento n. 1290/2005, che possono essere a carico del FEAOG soltanto le operazioni effettuate in conformità con le norme dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Spagna/Commissione, cit. al punto 27 supra, EU:C:1999:479, punto 36).

140    Risulta dall’articolo 8, paragrafo 1, dei regolamenti n. 729/70 e n. 1258/1999, nonché dall’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1290/2005 che gli Stati membri devono adottare, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nazionali, le misure necessarie per assicurare l’effettività delle operazioni finanziate dal FEAOG, per prevenire e perseguire le irregolarità e per recuperare le somme perse in seguito a irregolarità o negligenze (v., in tal senso, sentenza Spagna/Commissione, cit. al punto 27 supra, EU:C:1999:479, punto 37).

141    Orbene, sebbene le autorità nazionali restino libere di scegliere le misure e i rimedi giurisdizionali che giudicano opportuni per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione e, in particolare, per il recupero dei crediti dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2005, Grecia/Commissione, C‑370/03, EU:C:2005:489, punto 44), tale libertà non deve assolutamente pregiudicare la rapidità, la buona organizzazione e la completezza dei controlli e delle indagini richieste a tal fine (sentenze Germania/Commissione, cit. al punto 130 supra, EU:C:1999:11, punto 96, e Spagna/Commissione, cit. al punto 27 supra, EU:C:1999:479, punto 37).

142    In particolare, per quanto riguarda il recupero degli importi indebitamente versati, gli Stati membri devono segnatamente rispettare l’obbligo di diligenza generale di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, quale precisato all’articolo 8 dei regolamenti n. 729/70 e n. 1258/1999 nonché all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1290/2005, per quanto riguarda il finanziamento della politica agricola comune (v., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 1991, Germania/Commissione, C‑28/89, Racc., EU:C:1991:67, punto 31).

143    Come rilevato ai precedenti punti 130 e 131, tale obbligo implica che gli Stati membri devono adottare le misure destinate a rimediare prontamente alle irregolarità. Infatti, decorso un determinato periodo di tempo, il recupero delle somme indebitamente versate può essere complicato o diventare impossibile a causa di talune circostanze, quali, in particolare, la cessazione delle attività o lo smarrimento di documenti contabili (sentenze Italia/Commissione, cit. al punto 130 supra, EU:C:1990:353, punti 11 e 12, e Germania/Commissione, cit. al punto 130 supra, EU:C:1999:11, punto 177). Tale obbligo di diligenza dello Stato membro si applica nel corso dell’intero procedimento di recupero al fine di ottimizzare la possibilità di detto recupero (sentenza del 12 settembre 2012, Italia/Commissione, T‑394/06, EU:T:2012:417, punto 84).

144    Inoltre, le autorità nazionali non possono giustificare l’inadempimento del loro obbligo di rettificare con celerità le irregolarità commesse facendo valere lungaggini dei procedimenti amministrativi o giudiziari avviati dall’operatore economico (sentenza Germania/Commissione, cit. al punto 142 supra, EU:C:1991:67, punto 32).

145    Occorre aggiungere che accertare la negligenza o la diligenza dello Stato membro non consiste nel verificare se questo sia stato diligente nell’applicare le norme nazionali in materia di recupero. Infatti, l’osservanza dei termini applicabili in materia di recupero in forza del diritto nazionale costituisce un obbligo minimo necessario, ma che non è sufficiente a dimostrare la diligenza dello Stato membro ai sensi dell’articolo 8 dei regolamenti n. 729/70 e n. 1258/1999, nonché dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1290/2005 (v., in tal senso, sentenza Italia/Commissione, cit. al punto 143 supra, EU:T:2012:417, punti 90 e 91).

146    Nella specie, va rilevato che dalle indagini della Commissione erano emerse (v. punto 19.10.1 della relazione di sintesi) gravi carenze, tanto per l’AGEA quanto per il SAISA, nel sistema di controllo e di gestione dei crediti risultanti da irregolarità.

147    In particolare, per quanto riguarda l’AGEA, la Commissione aveva constatato: la mancanza di procedimenti comuni per la tempestiva imputazione degli importi dei crediti relativi ai vari settori interessati; l’assenza di verifiche sull’imputazione dei crediti da parte del servizio di gestione; la mancata contabilizzazione degli interessi di pieno diritto relativi ai crediti; le compensazioni indebite tra crediti e spese; il mancato tempestivo incameramento delle garanzie per assicurare il recupero, la tardiva imputazione dei crediti e il mancato avvio dei procedimenti di recupero nonché la mancanza di coerenza tra i procedimenti di recupero avviati dai diversi servizi e, conseguentemente, il trattamento non omogeneo dei recuperi.

148    Per quanto riguarda il SAISA, la Commissione aveva riscontrato: l’assenza di informazioni importanti nel registro dei debitori, quali l’importo delle garanzie, la data di notifica al beneficiario e l’importo da recuperare a seguito della compensazione; la negligenza nella gestione dei procedimenti di recupero, l’assenza di tabelle riepilogative periodiche per garantire l’aggiornamento delle informazioni sui crediti nonché l’inazione risultante dalla liberazione delle garanzie costituite con conseguente vanificazione del recupero.

149    Per giunta, la gravità delle carenze riscontrate dalla Commissione ha trovato conferma nella circostanze che, per l’AGEA, soltanto il 2% dei crediti iscritti risultanti da irregolarità è stato effettivamente recuperato nel periodo dal 2002 al 2006. Per quanto riguarda il SAISA, nello stesso periodo, la percentuale di recupero è stata del 7%.

150    Ciò posto, va rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, la rettifica finanziaria non le è stata imposta a causa del mancato espletamento, entro un termine ragionevole, dei procedimenti di recupero di somme risultanti da irregolarità, bensì in seguito a gravi carenze riscontrate dalla Commissione nel suo sistema di recupero.

151    Inoltre, alla luce delle constatazioni della Commissione, ricordate ai precedenti punti da 146 a 149, la Repubblica italiana non può sostenere, senza peraltro fornirne la prova, che le conclusioni della Commissione in merito al suo comportamento negligente sono erronee.

152    A tal riguardo, occorre altresì respingere, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 145, l’argomento della Repubblica italiana secondo cui non si può considerare negligente lo Stato membro che abbia applicato con diligenza le norme nazionali in materia di recupero.

153    Ciò vale altresì per l’argomento della Repubblica italiana secondo cui essa non era in grado di avviare procedimenti di ripetizione dell’indebito a livello nazionale a causa delle condizioni poste dal diritto interno riguardo alla maturazione dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità dei crediti. Va osservato, in proposito, che il ricorso alle norme nazionali in tema di ripetizione è possibile soltanto nella misura necessaria per l’attuazione delle disposizioni di diritto dell’Unione e nella misura in cui la loro applicazione non menomi la portata e l’efficacia di tale diritto (v., in tal senso, sentenza Germania/Commissione, cit. al punto 130 supra, EU:C:1999:11, punto 179 e giurisprudenza ivi citata).

154    Alla luce di quanto precede, devono essere respinte tutte le censure dedotte dalla Repubblica italiana nell’ambito di tale capo del secondo motivo.

–       Sul difetto di motivazione

155    La Repubblica italiana fa valere, in sostanza, che la Commissione è venuta meno al suo obbligo di motivazione in quanto nella decisione impugnata non è stato esaminato ciascun fascicolo individualmente e non è stata fornita la prova concreta che le situazioni critiche abbiano causato un danno grave e irreparabile agli interessi finanziari dell’Unione.

156    Nel caso di specie, dagli atti di causa risulta che la Repubblica italiana è stata strettamente associata al processo di elaborazione della decisione impugnata. I dubbi che la Commissione nutriva in ordine all’azione delle autorità italiane ai fini del recupero dei versamenti indebiti sono stati oggetto di numerosi scambi ed è stato adito l’organo di conciliazione.

157    Inoltre, va evidenziato che la Commissione ha espressamente indicato, nelle varie fasi del procedimento amministrativo e successivamente nella sua relazione di sintesi, come rilevato ai precedenti punti da 146 a 148, i motivi dell’imputazione alla Repubblica italiana delle somme di cui trattasi.

158    Per contro, spettava alla Repubblica italiana, in forza della giurisprudenza citata al precedente punto 27, fornire la prova più circostanziata ed esauriente possibile della veridicità dei propri dati o controlli nonché, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione per quanto concerne le carenze del suo sistema di recupero degli aiuti indebitamente percepiti dai beneficiari.

159    Dalle constatazioni che precedono emerge che la decisione impugnata soddisfa i requisiti di motivazione prescritti dall’articolo 296 TFUE, nonché dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti da 78 a 80 e che dev’essere respinta la censura vertente sull’insufficienza di motivazione.

–       Sulla violazione del principio di proporzionalità

160    La Repubblica italiana fa valere, in sostanza, che è sproporzionato infliggerle una rettifica finanziaria pari al 100% degli importi non riscossi, in tutti i casi oggetto di verifica, poiché, nella specie, non sussiste alcuna negligenza grave imputabile allo Stato membro né alcun danno alle finanze dell’Unione nell’ambito della gestione delle garanzie.

161    Inoltre, secondo la Repubblica italiana, il calcolo della rettifica finanziaria non rispecchia la normativa finanziaria dell’Unione vigente in materia, la quale prevede che l’importo relativo a crediti non recuperati venga supportato al 100% in caso di negligenze nell’ambito delle azioni di recupero, e non tiene conto degli aggiornamenti contabili sino ad allora intervenuti.

162    Per quanto riguarda l’importo della rettifica finanziaria, si deve sottolineare che la Commissione può giungere fino a rifiutare la presa in carico da parte del FEAOG di tutte le spese sostenute se constata che non sussistono meccanismi di controllo sufficienti (sentenze Belgio/Commissione, cit. al punto 26 supra, EU:C:2001:455, punto 125, e del 28 marzo 2007, Spagna/Commissione, T‑220/04, EU:T:2007:97, punto 102). Tuttavia, la Commissione deve rispettare il principio di proporzionalità, il quale richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato (sentenza Denkavit Nederland, cit. al punto 86 supra, EU:C:1984:183, punto 25).

163    A tal riguardo, va rilevato che l’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005 prevede espressamente che la Commissione possa decidere di escludere dal finanziamento dell’Unione le somme poste a carico del bilancio dell’Unione qualora essa constati che le irregolarità o il mancato recupero risultino da irregolarità o negligenze imputabili all’amministrazione o a un servizio o organismo di uno Stato membro.

164    Nella specie, come rilevato ai precedenti punti da 146 a 149, la Commissione ha constatato numerose e sistematiche lacune per quanto riguarda l’avvio, il trattamento e il controllo delle azioni di recupero di crediti afferenti ai conti del 2003 e degli esercizi precedenti da parte dell’AGEA e del SAISA. Tali carenze rivelavano una grave disfunzione del sistema di sorveglianza che metteva seriamente in pericolo la possibilità di recupero da parte dello Stato membro. Infatti, i servizi della Commissione hanno rilevato che la percentuale delle somme effettivamente recuperate negli anni di cui trattasi era molto bassa.

165    Inoltre, va rilevato che, come indicato al punto 19.10.5 della relazione di sintesi, al fine di fissare l’importo definitivo della rettifica finanziaria, i servizi della Commissione hanno tenuto conto dei riversamenti ricevuti dagli organismi pagatori da parte dei debitori interessati nell’esercizio finanziario 2009.

166    Per giunta, la relazione di sintesi ha espressamente autorizzato le autorità italiane a conservare gli importi recuperati dopo il 15 ottobre 2009. Di conseguenza, va rilevato, al pari della Commissione, che le conseguenze finanziarie per lo Stato membro, nella specie, sono limitate ai crediti non effettivamente recuperati.

167    Alla luce di quanto precede, si deve respingere tale capo del secondo motivo.

–       Sulla violazione del principio del ne bis in idem

168    La Repubblica italiana rileva sostanzialmente che la rettifica finanziaria imposta dalla Commissione viola il principio del ne bis in idem in quanto essa sarebbe già stata sanzionata una volta, ai sensi dell’articolo 32 del regolamento n. 1290/2005, con la rettifica finanziaria forfettaria pari al 50% dei crediti non riscossi imposta dalla decisione 2007/327/CE della Commissione, del 27 aprile 2007, relativa alla liquidazione dei conti degli organismi pagatori degli Stati membri per le spese dell’esercizio finanziario 2006, finanziate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione garanzia (GU L 122, pag. 51) ed essa sarebbe ora nuovamente sanzionata con la rettifica pari al restante 50% delle stesse spese.

169    A tal riguardo, va rilevato, al pari della Commissione, che, con la decisione 2007/327, in applicazione della regola del 50-50 di cui all’articolo 32, paragrafo 5, del regolamento n. 1290/2005, quest’ultima ha imputato alla Repubblica italiana il 50% dell’onere finanziario derivante da pagamenti irregolari comunicati dalle autorità italiane ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 595/1991 e non totalmente recuperati alla data del 16 ottobre 2006. Detto importo comprendeva una parte delle somme afferenti a taluni casi di irregolarità comunicati dagli Stati membri ai sensi del regolamento n. 595/1991, anteriormente al 1° gennaio 1999, che sono stati oggetto di un esame congiunto da parte dell’AGEA e della «task force recupero» costituita da funzionari dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e della direzione generale dell’Agricoltura della Commissione (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2013, Italia/Commissione, T‑267/07, Racc., EU:T:2013:305, punti da 18 a 25).

170    La decisione impugnata riguarda invece spese afferenti a casi di irregolarità che sono stati oggetto di liquidazione dei conti da parte degli organismi pagatori AGEA e SAISA per gli esercizi finanziari 2001 e 2002. A tal riguardo, va rilevato che, dal punto 1.1 della lettera del 19 agosto 2009, inviata dalla Commissione alle autorità italiane, risulta che, per quanto riguarda i casi rientranti nella gestione dell’AGEA, i casi trasmessi all’OLAF e soggetti all’esame della «task force recupero» sono stati esclusi dalla rettifica di cui trattasi nella specie.

171    Inoltre, anche ammettendo una parziale coincidenza tra i casi di irregolarità oggetto della decisione 2007/327 e i casi di irregolarità oggetto della rettifica di cui trattasi nella specie, va rilevato che la decisione 2007/327 è fondata sull’applicazione della regola del 50-50 prevista dall’articolo 32, paragrafo 5, dal regolamento n. 1290/2005, mentre la decisione impugnata è fondata sull’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 1258/1999, nonché sull’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005, a causa di carenze, tanto per l’AGEA quanto per il SAISA, nei loro sistemi di gestione dei recuperi relativi alle spese risultanti da irregolarità constatate. Ne consegue che le due rettifiche non sono fondate sulla stessa base giuridica.

172    Infine, per quanto riguarda, in particolare, l’applicazione dell’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento n. 1290/2005, va rilevato che l’articolo 32, paragrafo 5, terzo comma, del suddetto regolamento prevede espressamente che «la ripartizione dell’onere finanziario connesso al mancato recupero, a norma del primo comma, lascia impregiudicato l’obbligo per lo Stato membro interessato di dare corso ai procedimenti di recupero, in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, del presente regolamento».

173    Ciò posto, dev’essere respinta la censura relativa alla violazione del principio del ne bis in idem.

174    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo vertente sull’estinzione del potere sanzionatorio della Commissione e sul superamento del termine ragionevole

175    Nel suo terzo motivo, invocato in subordine, la Repubblica italiana fa valere, innanzitutto, l’estinzione del potere sanzionatorio della Commissione. A tal riguardo, essa fa riferimento all’articolo 3 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312, pag. 1), che avrebbe stabilito un termine di prescrizione di quattro anni per le sanzioni amministrative destinate a tutelare il bilancio dell’Unione.

176    In via di ulteriore subordine, la Repubblica italiana invoca poi l’illegittimità delle rettifiche finanziarie di cui trattasi, per superamento del termine ragionevole per la conclusione delle indagini.

177    Essa ritiene che l’articolo 32 del regolamento n. 1290/2005 imponga agli Stati membri di concludere fruttuosamente il procedimento amministrativo di recupero dei crediti dell’Unione entro il termine perentorio di quattro anni. Ritiene dunque che tale termine di quattro anni possa essere invocato quale termine ragionevole applicabile ai procedimenti amministrativi avviati dai servizi della Commissione, ivi incluse le verifiche di conformità. Nell’ambito delle indagini in questione, tale termine sarebbe stato ampiamente superato.

178    Infine, la Repubblica italiana sostiene che l’eccessiva durata del procedimento di verifica di conformità, intervenuto dopo otto anni dall’avvio delle indagini, ha violato il principio della tutela del legittimo affidamento.

179    Essa considera che la Commissione deve rispettare i principi di sana gestione, come quelli della certezza e della prevedibilità dei rapporti finanziari tra l’Unione e gli Stati membri.

180    Per quanto attiene, in primo luogo, all’argomento vertente sull’estinzione del potere sanzionatorio della Commissione e fondato sull’articolo 3 del regolamento n. 2988/95, è sufficiente constatare che detto regolamento non è applicabile nella presente fattispecie, giacché riguarda le violazioni di una disposizione del diritto dell’Unione derivanti da un atto o da un’omissione di un operatore economico e non di uno Stato membro (sentenze del 22 novembre 2006, Italia/Commissione, T‑282/04, EU:T:2006:358, punto 83, e dell’11 giugno 2009, Grecia/Commissione, T‑33/07, EU:T:2009:195, punto 243; v. altresì, in tal senso, sentenza del 15 gennaio 2009, Bayerische Hypotheken- und Vereinsbank, C‑281/07, Racc., EU:C:2009:6, punti 20 e 21).

181    In secondo luogo, per quanto attiene all’argomento vertente sulla violazione del principio del termine ragionevole, occorre osservare che la normativa applicabile al procedimento contraddittorio, segnatamente l’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 1258/1999 e l’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005, non prevede un termine specifico che la Commissione deve rispettare per adottare una decisione che impone una rettifica finanziaria, dato che il termine previsto dall’articolo 32 di quest’ultimo regolamento non è affatto applicabile nel caso di specie.

182    Tuttavia, si deve ricordare che, in forza di un principio generale del diritto dell’Unione, la Commissione è tenuta a rispettare un termine ragionevole nell’ambito dei suoi procedimenti amministrativi (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc., EU:C:2002:582, punto 179, e del 30 settembre 2003, Aristoteleio Panepistimio Thessalonikis/Commissione, T‑196/01, Racc., EU:T:2003:249, punto 229).

183    L’obbligo di osservare un termine ragionevole nello svolgimento dei procedimenti amministrativi costituisce un principio generale del diritto dell’Unione il cui rispetto è assicurato dal giudice dell’Unione e che è d’altronde ripreso, quale elemento costitutivo del diritto ad una buona amministrazione, dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v. sentenza dell’8 luglio 2008, Franchet e Byk/Commissione, T‑48/05, Racc., EU:T:2008:257, punto 273 e giurisprudenza ivi citata).

184    Secondo una giurisprudenza consolidata, la durata ragionevole di un procedimento amministrativo si valuta alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso e, in particolare, del contesto in cui esso si inserisce, delle varie fasi procedurali espletate, della complessità del caso nonché degli interessi delle diverse parti interessate (sentenza del 15 luglio 2004, Spagna/Commissione, C‑501/00, Racc., EU:C:2004:438, punto 53).

185    Nella specie, va rilevato che i procedimenti amministrativi che hanno condotto all’adozione della decisione impugnata si sono protratti, dall’avvio delle operazioni di verifica da parte della Commissione, per sette anni e otto mesi (tra il mese di marzo 2003 e il mese di novembre 2010) per quanto riguarda la verifica recante il numero di riferimento FA/2003/01, per sette anni (tra il mese di novembre 2003 e il mese di novembre 2010) per quanto riguarda la verifica recante il numero di riferimento FA/2003/38 e per sei anni e quattro mesi (tra il mese di luglio 2004 e il mese di novembre 2010) per quanto riguarda la verifica recante il numero di riferimento FA/2004/52. Tali durate, relativamente lunghe, devono essere valutate in funzione del contesto dei casi di cui trattasi.

186    A tal riguardo, va rilevato che i tre procedimenti amministrativi di cui trattasi, condotti nel contesto procedurale dell’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 1258/1999 e successivamente dell’articolo 31, paragrafo 3, del regolamento n. 1290/2005, hanno comportato numerosi scambi tra le parti. In particolare, va rilevato che solo nel novembre 2008 la Commissione ha ottenuto le ultime informazioni riguardanti tali procedimenti da parte delle autorità italiane.

187    Inoltre, le parti hanno tentato di giungere a un accordo per mezzo di riunioni bilaterali e facendo ricorso all’organo di conciliazione su richiesta delle autorità italiane in data 19 ottobre 2009.

188    Orbene, dal considerando 5 del regolamento n. 1258/1999 emerge che la responsabilità di controllare le spese del FEAOG, sezione «Garanzia», spetta innanzi tutto agli Stati membri e che è essenziale che la trasparenza e l’assistenza reciproca tra gli Stati membri e la Commissione siano piene ed effettive. Dal considerando 6 del regolamento n. 1290/2005 risulta inoltre che, al fine di garantire una collaborazione armoniosa tra la Commissione e gli Stati membri per quanto concerne il finanziamento delle spese della politica agricola comune e, in particolare, permettere alla Commissione di seguire da vicino la gestione finanziaria da parte degli Stati membri e liquidare i conti degli organismi pagatori riconosciuti, è necessario che gli Stati membri comunichino alla Commissione determinate informazioni o le conservino a disposizione della stessa.

189    In tale contesto, spettava parimenti alla Repubblica italiana garantire il regolare svolgimento del procedimento di liquidazione dei conti. Il ritardo accumulato dalla Commissione nel trattamento del presente caso deve dunque, in una certa misura, essere imputato alla Repubblica italiana.

190    Alla luce di quanto precede e tenuto conto di tutte le summenzionate circostanze, la durata dei procedimenti amministrativi nel caso di specie non può essere considerata irragionevole.

191    Ad ogni modo, va rilevato che la violazione del principio del rispetto del termine ragionevole non giustifica, in linea di massima, l’annullamento della decisione adottata in esito ad un procedimento amministrativo. Infatti, il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento di una decisione della Commissione solo qualora sia stato dimostrato che ha pregiudicato le garanzie richieste dallo Stato membro per esprimere il proprio punto di vista (v., in tal senso, sentenza Grecia/Commissione, cit. al punto 180 supra, EU:T:2009:195, punto 240) o qualora l’eccessivo periodo di tempo decorso possa avere influenza sul contenuto stesso della decisione adottata in esito al procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenza Italia/Commissione, cit. al punto 169 supra, EU:T:2013:305, punto 80).

192    Orbene, la Repubblica italiana non ha fatto valere, e tantomeno dimostrato, né che essa è stata privata della possibilità di fare valere il suo punto di vista a causa della durata dei procedimenti amministrativi nel caso di specie, né che l’eccessivo periodo di tempo decorso ha inciso sul contenuto stesso della decisione impugnata.

193    Infine, per quanto riguarda l’argomento vertente sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento, che costituisce uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione, si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione, avendogli fornito assicurazioni precise, ha suscitato in lui aspettative fondate (sentenze del 19 marzo 2003, Innova Privat-Akademie/Commissione, T‑273/01, Racc., EU:T:2003:78, punto 26, e del 30 aprile 2009, Nintendo e Nintendo of Europe/Commissione, T‑13/03, Racc., EU:T:2009:131, punto 203).

194    Orbene, è giocoforza constatare che, nel suo ricorso, la Repubblica italiana non determina minimamente i fatti che avrebbero potuto far sorgere in essa un legittimo affidamento e che dal fascicolo non emerge che la Commissione abbia, in qualche maniera, agito in modo tale da far sorgere siffatto legittimo affidamento.

195    Alla luce di quanto precede il presente motivo dev’essere respinto.

196    Poiché nessuno dei motivi dedotti dalla Repubblica italiana è fondato, il presente ricorso dev’essere integralmente respinto.

 Sulle spese

197    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

198    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

Berardis

Czúcz

Popescu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 luglio 2015.

Firme


Indice


Contesto normativo

Disciplina generale relativa al finanziamento della politica agricola comune

Disciplina specifica relativa alla procedura di liquidazione dei conti del FEAOG, sezione «Garanzia»

Linee- guida della Commissione

Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Considerazioni preliminari

Aiuto al latte scremato in polvere

Normativa dell’Unione

Fatti

Sul primo motivo vertente su un difetto di motivazione, un travisamento dei fatti, una violazione del principio di proporzionalità e una violazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento n. 2799/1999

– Sull’irregolarità riscontrata nella provincia di Brescia

– Sulle irregolarità riscontrate nella provincia di Bolzano

– Sulla rettifica forfettaria

Organizzazione del sistema di recupero degli organismi pagatori AGEA e SAISA

Normativa dell’Unione

Fatti

Sul secondo motivo vertente su un’applicazione retroattiva del regolamento n. 1290/2005, sull’assenza di irregolarità o di negligenze, su un difetto di motivazione, su una violazione del principio di proporzionalità e su una violazione del principio del ne bis in idem

– Sull’applicazione retroattiva del regolamento n. 1290/2005

– Sull’assenza di irregolarità o negligenze

– Sul difetto di motivazione

– Sulla violazione del principio di proporzionalità

– Sulla violazione del principio del ne bis in idem

Sul terzo motivo vertente sull’estinzione del potere sanzionatorio della Commissione e sul superamento del termine ragionevole

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.