Language of document : ECLI:EU:T:2022:692

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

9 novembre 2022 (*) (1)

«Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi – Limitazione e controllo della produzione e delle vendite – Decisione adottata in seguito all’annullamento di decisioni anteriori – Svolgimento di una nuova audizione in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri – Diritti della difesa – Principio di buona amministrazione – Termine ragionevole – Obbligo di motivazione – Proporzionalità – Principio del ne bis in idem – Eccezione di illegittimità – Prova della partecipazione all’intesa – Circostanze aggravanti – Recidiva – Circostanze attenuanti – Parità di trattamento – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑667/19,

Ferriere Nord SpA, con sede a Osoppo (Italia), rappresentata da W. Viscardini, G. Donà e B. Comparini, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Rossi, G. Conte e C. Sjödin, in qualità di agenti, assistiti da M. Moretto, avvocato,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da O. Segnana e E. Ambrosini, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta, in via principale, all’annullamento della decisione C(2019) 4969 final della Commissione, del 4 luglio 2019, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (caso AT.37956 – Tondo per cemento armato) e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto, in sede di deliberazione, da S. Gervasoni, presidente, L. Madise, P. Nihoul (relatore), R. Frendo e J. Martín y Pérez de Nanclares, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        La ricorrente, Ferriere Nord SpA, è una società di diritto italiano operante nel settore del tondo per cemento armato dall’aprile 1992.

A.      Prima decisione della Commissione (2002)

2        Dall’ottobre al dicembre 2000 la Commissione delle Comunità europee ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato, tra cui la ricorrente, e presso un’associazione di imprese, la Federazione Imprese Siderurgiche Italiane (in prosieguo: la «Federacciai»). Essa ha anche inviato loro richieste di informazioni ai sensi di tale disposizione.

3        Il 26 marzo 2002 la Commissione ha avviato un procedimento di applicazione dell’articolo 65 CA e formulato taluni addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») notificati, in particolare, alla ricorrente. Quest’ultima ha risposto alla comunicazione degli addebiti il 31 maggio 2002.

4        Il 13 giugno 2002 si è svolta un’audizione delle parti nell’ambito del procedimento amministrativo.

5        Il 12 agosto 2002 la Commissione ha inviato agli stessi destinatari taluni addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari»), ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204). In tale comunicazione, la Commissione ha precisato la sua posizione in merito alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA, avvenuta il 23 luglio 2002. La ricorrente ha risposto alla comunicazione degli addebiti supplementari il 20 settembre 2002.

6        Il 30 settembre 2002 si è svolta una nuova audizione delle parti nel procedimento amministrativo, in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Essa riguardava l’oggetto della comunicazione degli addebiti supplementari, ossia le conseguenze giuridiche della scadenza del Trattato CECA sulla prosecuzione del procedimento.

7        Al termine del procedimento amministrativo, la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), indirizzata alla Federacciai e a otto imprese, tra cui la ricorrente. In detta decisione essa ha constatato che queste ultime, tra il dicembre 1989 e il luglio 2000, avevano attuato un’intesa unica, complessa e continuata nel mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli (in prosieguo: il «tondo per cemento armato») avente per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, in violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA.

8        Per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente all’infrazione, la Commissione ha rilevato che essa si era protratta dal 1º aprile 1993 al 4 luglio 2000. A detto titolo, quest’ultima le ha inflitto un’ammenda di importo pari a EUR 3,57 milioni. Tale importo includeva una riduzione del 20% dell’ammenda a favore della ricorrente, in applicazione del punto D, paragrafo 1, della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»), che prevede la possibilità di far beneficiare di una riduzione dell’ammenda che avrebbero dovuto versare, le imprese che cooperano nel fornire alla Commissione, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione commessa.

9        Il 10 marzo 2003 la ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso avverso la decisione del 2002. Il Tribunale ha annullato detta decisione nei confronti della ricorrente (sentenza del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione, T‑94/03, non pubblicata, EU:T:2007:320) e delle altre imprese destinatarie, con la motivazione che la base giuridica utilizzata, ossia l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA, non era più in vigore al momento dell’adozione di tale decisione. Pertanto, la Commissione non era competente, in base alle menzionate disposizioni, a constatare e a sanzionare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Il Tribunale non ha esaminato gli altri aspetti della decisione in parola.

10      La decisione del 2002 è divenuta definitiva nei confronti della Federacciai, che non ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale.

B.      Seconda decisione della Commissione (2009)

11      Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato la ricorrente e le altre imprese interessate della sua intenzione di adottare una nuova decisione, previa correzione della base giuridica utilizzata. Essa ha inoltre precisato che la decisione in parola sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. La ricorrente, su invito della Commissione, ha presentato osservazioni scritte il 1° agosto 2008.

12      Con telefax del 24 luglio e del 25 settembre 2008, poi del 13 marzo, del 30 giugno e del 27 agosto 2009, la Commissione ha chiesto alla ricorrente informazioni relative all’azionariato e alla situazione patrimoniale dell’impresa. La ricorrente ha risposto a tali richieste di informazioni, rispettivamente, con e-mail del 1° agosto e del 1° ottobre 2008, poi del 18 marzo, del 1° luglio e dell’8 settembre 2009.

13      Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato una nuova decisione C(2009) 7492 definitivo, relativa a una violazione dell’articolo 65 del trattato CECA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), indirizzata alle stesse imprese di cui alla decisione del 2002, ivi inclusa la ricorrente. Detta decisione è stata adottata sulla base delle norme procedurali del trattato CE e del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1). Essa si basava sugli elementi oggetto della comunicazione degli addebiti e della comunicazione degli addebiti supplementari e riproduceva, in sostanza, il contenuto e le conclusioni della decisione del 2002. In particolare, l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, pari a EUR 3,57 milioni, rimaneva invariato.

14      L’8 dicembre 2009, la Commissione ha adottato una decisione di modifica, che integrava, nel suo allegato, le tabelle indicanti le variazioni dei prezzi omesse dalla sua decisione del 30 settembre 2009 e rettificava i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina.

15      Il 19 febbraio 2010 la ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso avverso la decisione della Commissione del 30 settembre 2009, come modificata (in prosieguo: la «decisione del 2009»). Il 9 dicembre 2014 il Tribunale ha ridotto l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente a EUR 3,42144 milioni, per il motivo che quest’ultima non aveva partecipato, per tre anni, alla componente dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, e ha respinto il ricorso quanto al resto (sentenza del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione, T‑90/10, non pubblicata, EU:T:2014:1035). Il Tribunale ha annullato parzialmente la decisione del 2009 nei confronti di un altro dei suoi destinatari, ha ridotto l’importo dell’ammenda inflitta ad un altro dei suoi destinatari e ha respinto gli altri ricorsi proposti.

16      Il 20 febbraio 2015 la ricorrente ha proposto impugnazione avverso la sentenza del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione (T‑90/10, non pubblicata, EU:T:2014:1035). Con sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716), la Corte ha annullato detta sentenza del Tribunale nonché la decisione del 2009 nei confronti, in particolare, della ricorrente.

17      Nella sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716), la Corte ha dichiarato che, quando una decisione era stata adottata sulla base del regolamento n. 1/2003, il procedimento che si concludeva con tale decisione doveva essere conforme alle norme di procedura previste da suddetto regolamento nonché dal regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), anche se detto procedimento era iniziato prima della loro entrata in vigore.

18      Orbene, la Corte ha constatato che, nel caso di specie, l’audizione del 13 giugno 2002, la sola riguardante il merito del procedimento, non poteva essere considerata conforme ai requisiti procedurali relativi all’adozione di una decisione in base al regolamento n. 1/2003, mancando la partecipazione delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

19      La Corte ha concluso che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto nel dichiarare che la Commissione non era tenuta, prima dell’adozione della decisione del 2009, ad organizzare una nuova audizione, per il motivo che le imprese avevano già avuto la possibilità di essere ascoltate durante le audizioni del 13 giugno e del 30 settembre 2002.

20      Nella sua sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716), la Corte ha ricordato l’importanza dello svolgimento, su richiesta delle parti interessate, di un’audizione alla quale siano invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, costituendo la sua omissione una violazione delle forme sostanziali.

21      La Corte ha dichiarato che, poiché il diritto in parola, previsto espressamente dal regolamento n. 773/2004, non era stato rispettato, non era necessario che l’impresa il cui diritto era stato così violato dimostrasse che tale violazione era stata idonea ad influenzare, a suo svantaggio, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione controversa.

22      La Corte ha altresì annullato, per gli stessi motivi, altre sentenze del Tribunale pronunciate il 9 dicembre 2014 che statuivano sulla legittimità della decisione del 2009, nonché la decisione stessa, nei confronti di altre quattro imprese. La decisione del 2009 è invece divenuta definitiva per le imprese destinatarie che non hanno proposto impugnazione avverso le suddette sentenze.

C.      Terza decisione della Commissione (2019)

23      Con lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha informato la ricorrente della propria intenzione di riprendere il procedimento amministrativo e di organizzare, in tale contesto, una nuova audizione delle parti di detto procedimento in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

24      Con lettera del 1° febbraio 2018, la ricorrente ha presentato osservazioni nelle quali ha contestato il potere della Commissione di riassumere il procedimento amministrativo e ha pertanto invitato quest’ultima a non procedere a tale riassunzione.

25      Il 23 aprile 2018 la Commissione ha tenuto una nuova audizione relativa al merito del procedimento, alla quale hanno partecipato, in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e del consigliere-auditore, la ricorrente nonché altre tre imprese destinatarie della decisione del 2009.

26      Con lettere del 19 novembre 2018 nonché del 17 gennaio e del 6 maggio 2019, la Commissione ha inviato alla ricorrente tre richieste di informazioni riguardanti il suo azionariato e la sua situazione patrimoniale. La ricorrente ha risposto a tali richieste di informazioni con lettere, rispettivamente, del 10 dicembre 2018 nonché del 31 gennaio e del 9 maggio 2019.

27      Il 21 giugno 2019 la ricorrente ha partecipato ad una riunione con i servizi della Commissione, nel corso della quale questi ultimi hanno dichiarato di aver deciso di proporre al collegio dei commissari l’adozione di una nuova decisione sanzionatoria, ma che, in considerazione del tempo oggettivamente lungo, essi avrebbero proposto l’applicazione di una circostanza attenuante straordinaria.

28      Il 4 luglio 2019 la Commissione ha adottato la decisione C(2019) 4969 final, relativa a una violazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (AT.37956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), destinata alle cinque imprese nei confronti delle quali la decisione del 2009 era stata annullata, vale a dire, oltre alla ricorrente, l’Alfa Acciai SpA, la Feralpi Holding SpA (già Feralpi Siderurgica SpA e Federalpi Siderurgica SRL), la Partecipazioni Industriali SpA (già Riva Acciaio SpA e successivamente Riva Fire SpA; in prosieguo: la «Riva») nonché la Valsabbia Investimenti SpA e la Ferriera Valsabbia SpA.

29      Con la decisione impugnata, la Commissione ha constatato la stessa infrazione oggetto della decisione del 2009, al contempo riducendo del 50% le ammende inflitte alle imprese destinatarie a motivo della durata del procedimento. La ricorrente ha inoltre beneficiato di una riduzione ulteriore, nella misura del 6% dell’ammenda, per il fatto che essa non aveva partecipato alla componente dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite per un determinato periodo. Con l’articolo 2 della decisione impugnata, la Commissione ha quindi inflitto alla ricorrente un’ammenda di importo pari a EUR 2,237 milioni.

30      In data 8 luglio 2019 è stata notificata alla ricorrente una copia incompleta della decisione impugnata, contenente solo le pagine dispari, circostanza da quest’ultima segnalata alla Commissione con lettera del 9 luglio 2019.

31      Il 18 luglio 2019 una versione completa della decisione impugnata è stata notificata alla ricorrente.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

32      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2019, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

33      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 gennaio 2020, il Consiglio dell’Unione europea ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con decisione dell’11 febbraio 2020, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha ammesso detto intervento. Il Consiglio ha depositato la memoria d’intervento e la ricorrente ha depositato le osservazioni relative a quest’ultima entro il termine impartito. La Commissione non ha presentato osservazioni relativamente a tale memoria d’intervento.

34      Su proposta della Quarta Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

35      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti e ha chiesto loro di produrre taluni documenti. Le parti hanno risposto a tali quesiti e a tali richieste di produzione di documenti entro il termine impartito.

36      All’udienza del 4 giugno 2021, le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale. Nel corso dell’udienza, a seguito di un quesito del Tribunale, la ricorrente ha acconsentito a che i motivi sollevati nell’atto introduttivo del giudizio a sostegno del presente ricorso fossero rinumerati ai fini della redazione della sentenza, circostanza di cui si è preso atto nel verbale d’udienza.

37      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

–        in subordine, annullare parzialmente la decisione impugnata e ridurre l’importo dell’ammenda inflittale;

–        condannare la Commissione e il Consiglio alle spese.

38      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

39      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso nella parte in cui si basa sull’eccezione di illegittimità dell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

40      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce nove motivi, che possono essere suddivisi in due gruppi.

41      Nel primo gruppo, sei motivi sono sollevati in via principale e sono diretti ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata:

–        il primo verte sulla violazione dei diritti della difesa e delle norme procedurali in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018;

–        il secondo verte sull’illegittimo rifiuto della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità di tale decisione con il principio della durata ragionevole del procedimento;

–        il terzo verte sulla violazione del principio della durata ragionevole del procedimento;

–        il quarto verte su una violazione dell’obbligo di motivazione, su un eccesso di potere e sulla violazione del principio di proporzionalità;

–        il quinto verte sulla violazione del principio del ne bis in idem;

–        il sesto verte sull’illegittimità del regime di prescrizione previsto dall’articolo 25 del regolamento n. 1/2003.

42      Nel secondo gruppo, tre ultimi motivi sono sollevati in via subordinata e sono diretti ad ottenere un annullamento parziale della decisione impugnata e una corrispondente riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente:

–        il settimo verte sulla violazione dell’onere della prova e del principio dell’in dubio pro reo per quanto riguarda i comportamenti addebitati alla ricorrente;

–        l’ottavo verte sull’illegittimità della maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo della recidiva;

–        il nono verte sulla violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda la presa in considerazione delle circostanze attenuanti e sul carattere tardivo dei motivi che giustificano la concessione di una riduzione dell’ammenda.

A.      Sulle conclusioni dirette all’annullamento

1.      Sul primo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e delle norme procedurali in occasione dellaudizione del 23 aprile 2018

43      La ricorrente sostiene che l’audizione del 23 aprile 2018 non ha sanato il vizio constatato dalla Corte nella sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716). A suo avviso, in tale sentenza, la Corte non ha constatato un’irregolarità meramente procedurale, la quale avrebbe potuto essere corretta mediante lo svolgimento di una nuova audizione, bensì la violazione di una forma sostanziale che ha potuto avere conseguenze nel merito. Orbene, essa ritiene che la ripresa del procedimento abbia, nel caso di specie, violato i suoi diritti della difesa.

44      Il motivo è composto da cinque censure, tutte contestate dalla Commissione.

a)      Sullaudizione organizzata a seguito della riapertura del procedimento amministrativo

45      In via preliminare, occorre ricordare che, nella sua sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716, punti da 46 a 52), la Corte ha addebitato alla Commissione di non aver dato alla ricorrente la possibilità di sviluppare i suoi argomenti nel corso di un’audizione vertente sul merito del caso in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

46      La Corte ha poi dichiarato che il vizio così individuato doveva essere analizzato come una violazione delle forme sostanziali che inficia il procedimento indipendentemente dalle conseguenze pregiudizievoli per la ricorrente che potessero risultarne (sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione, C‑88/15 P, EU:C:2017:716, punti da 53 a 55).

47      Analizzando la sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716), la Commissione ha ritenuto che, se tale difetto fosse stato corretto, il procedimento amministrativo avrebbe potuto essere riaperto nei confronti delle imprese ancora interessate (punto 15 della decisione impugnata).

48      Con lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha comunicato alle imprese interessate che intendeva riaprire il procedimento amministrativo a partire dal punto in cui era emerso il vizio identificato dalla Corte, vale a dire a partire dall’audizione.

49      Nella sua lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha chiesto alle imprese interessate di manifestare per iscritto, qualora lo desiderassero, il loro interesse a partecipare ad una nuova audizione, che, vertente sul merito del caso, sarebbe stata organizzata in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri conformemente alla normativa applicabile.

50      Avendo ricevuto le risposte fornite dalle imprese interessate, il 23 aprile 2018 la Commissione ha organizzato una nuova audizione in presenza delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

b)      Sullesecuzione delle sentenze di annullamento

51      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 266, paragrafo 1, TFUE, l’istituzione da cui emana l’atto annullato è tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta.

52      Per conformarsi a una sentenza di annullamento e darle piena esecuzione, le istituzioni devono rispettare non soltanto il dispositivo della sentenza, ma anche i motivi che ne costituiscono il fondamento necessario, nel senso che sono indispensabili per determinare il significato esatto di ciò che è stato deciso nel dispositivo (v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2017, Francia/Commissione, T‑74/14, non pubblicata, EU:T:2017:471, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

53      L’annullamento di un atto che pone fine a un procedimento amministrativo non incide su tutte le fasi precedenti alla sua adozione, ma unicamente su quelle interessate dai motivi, di merito o procedurali, che hanno giustificato l’annullamento (v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2017, Francia/Commissione, T‑74/14, non pubblicata, EU:T:2017:471, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

54      Pertanto, la procedura volta alla sostituzione di un atto annullato può, in linea di principio, essere riaperta a partire dalla fase inficiata dall’illegittimità (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 73, e del 6 luglio 2017, Francia/Commissione, T‑74/14, non pubblicata, EU:T:2017:471, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

55      Nel caso di specie, poiché l’atto è stato annullato a seguito di una violazione di forme sostanziali intervenuta nell’organizzazione dell’audizione (sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione, C‑88/15 P, EU:C:2017:716), ben poteva la Commissione riaprire il procedimento, come ha fatto, a partire da tale fase.

56      È in siffatto contesto che devono essere esaminate le censure dedotte dalla ricorrente a sostegno del primo motivo.

c)      Sulla prima e sulla seconda censura, vertenti sullimparzialità che si esige dal comitato consultivo e dalla Commissione

57      La ricorrente adduce che il comitato consultivo non è stato validamente consultato, poiché le modalità messe in atto per organizzare l’audizione alla quale dovevano essere invitate le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, i cui rappresentanti compongono detto comitato, non hanno consentito di garantirne l’imparzialità nel momento in cui quest’ultimo doveva emettere il proprio parere in applicazione della normativa.

58      Con la seconda censura, che occorre trattare unitamente alla prima, la ricorrente nega che la Commissione abbia adottato la decisione impugnata in piena indipendenza.

59      A tal riguardo, occorre ricordare che il procedimento per l’adozione delle decisioni fondate sugli articoli 101 e 102 TFUE è disciplinato, per quanto concerne gli aspetti coinvolti dalla presente controversia, dal regolamento n. 1/2003:

–        ai sensi dell’articolo 14, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento, la Commissione, prima di adottare la sua decisione, consulta un comitato composto da rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri;

–        l’articolo 14, paragrafo 3, di detto regolamento specifica che tale comitato emette per iscritto un parere sul progetto preliminare di decisione presentato dalla Commissione;

–        l’articolo 14, paragrafo 5, del medesimo regolamento precisa che la Commissione tiene in massima considerazione il parere espresso da tale comitato, informandolo del modo in cui essa ha adempiuto tale obbligo.

60      Per l’organizzazione delle audizioni, il regolamento n. 773/2004 stabilisce le seguenti regole:

–        l’articolo 12 di tale regolamento impone alla Commissione di accordare alle parti cui è inviata la comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare i propri argomenti nel corso di un’audizione orale, qualora lo richiedano nella loro proposta scritta;

–        l’articolo 14, paragrafo 3, di detto regolamento prevede che le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri siano invitate a prendere parte all’audizione.

61      Secondo la giurisprudenza, la consultazione del comitato consultivo costituisce una formalità sostanziale la cui violazione incide sulla legittimità della decisione controversa e comporta il suo annullamento qualora sia dimostrato che il mancato rispetto della normativa ha impedito a tale comitato di emettere il proprio parere con piena cognizione di causa (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione, T‑691/14, con impugnazione pendente, EU:T:2018:922, punto 148 e giurisprudenza ivi citata).

62      La ricorrente non afferma che le regole enunciate ai punti 59 e 60 supra non sono state rispettate in quanto tali. Essa ritiene, tuttavia, che, quando hanno partecipato all’audizione del 23 aprile 2018 e, successivamente, emesso il loro parere, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri non si trovassero in una situazione idonea a garantirne l’imparzialità. A suo avviso, le autorità in parola conoscevano, infatti, al momento di esprimere suddetto parere, la posizione che era stata adottata dalla Commissione e dagli organi giurisdizionali dell’Unione europea nelle decisioni e nelle sentenze che avevano punteggiato il procedimento. Essa osserva che, da un lato, prima di adottare la decisione impugnata, la Commissione già aveva adottato, in due occasioni (nel 2002 e nel 2009), una decisione sanzionatoria senza consultare le suddette autorità riguardo al merito del caso e che, dall’altro, nel 2014, il Tribunale aveva pronunciato una sentenza confermativa della posizione assunta dalla Commissione. A suo avviso, essendo caratterizzato dall’esistenza di dette decisioni e di detta sentenza, il contesto ha inevitabilmente influenzato le medesime autorità in un modo tale da rendere impossibile la formulazione di un parere con assoluta imparzialità.

63      Nella seconda censura, la ricorrente nega, nello stesso senso, che la Commissione abbia potuto analizzare il fascicolo e pervenire, dopo la ripresa del procedimento, ad una decisione in piena indipendenza, laddove si era pronunciata sui fatti della causa per due volte in passato e, su tale punto, la sua posizione era stata confermata dal Tribunale.

64      A tal riguardo, si deve rammentare che, quando un atto viene annullato, esso scompare dall’ordinamento giuridico ed è considerato come mai esistito (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2017, Crédit mutuel Arkéa/BCE, T‑712/15, EU:T:2017:900, punto 42 e giurisprudenza ivi citata), anche se, quando l’annullamento ha portata individuale, ne traggono vantaggio, stanti determinate circostanze, unicamente le parti del processo (v. sentenza dell’8 maggio 2019, Lucchini/Commissione, T 185/18, non pubblicata, EU:T:2019:298, punti da 33 a 37 e giurisprudenza ivi citata).

65      Così, le sentenze del Tribunale, che sono atti adottati da una delle istituzioni dell’Unione, scompaiono retroattivamente dall’ordinamento giuridico quando sono annullate in sede di impugnazione.

66      Pertanto, nel caso di specie, sebbene il comitato consultivo abbia reso il suo parere, da un lato, dopo che la Commissione aveva adottato la decisione del 2002 e poi quella del 2009 e, dall’altro, dopo che il Tribunale si era pronunciato nella sua sentenza del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione (T‑90/10, non pubblicata, EU:T:2014:1035), resta comunque il fatto che, essendo state annullate, tali decisioni e tale sentenza erano scomparse dall’ordinamento giuridico dell’Unione e che, in applicazione di detta giurisprudenza, devono essere considerate come mai esistite.

67      Relativamente all’asserita mancanza di imparzialità delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, che renderebbe impossibile la formulazione, da parte del comitato consultivo, di un parere con assoluta imparzialità, nonché all’asserita mancanza di indipendenza della Commissione, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), ogni persona ha diritto, in particolare, a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni dell’Unione.

68      L’esigenza di imparzialità prevista dall’articolo 41 della Carta riguarda, da un lato, il profilo soggettivo, nel senso che nessuno dei membri dell’istituzione interessata che è incaricato della questione manifesti opinioni preconcette o pregiudizi personali e, dall’altro, il profilo oggettivo, nel senso che l’istituzione è tenuta ad offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio (v. sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 155 e giurisprudenza ivi citata).

69      Nel caso di specie, l’imparzialità del comitato consultivo quando ha emesso il suo parere è messa in discussione in quanto, secondo la ricorrente, l’atteggiamento dei rappresentanti delle autorità che compongono detto comitato avrebbe potuto essere influenzato dal fatto che dette autorità erano venute a conoscenza della posizione adottata sul caso, da un lato, dalla Commissione nelle sue decisioni del 2002 e del 2009 e, dall’altro, dal Tribunale nella sua sentenza del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione (T‑90/10, non pubblicata, EU:T:2014:1035).

70      Nello stesso senso, l’indipendenza della Commissione sarebbe stata pregiudicata dalla circostanza che, forte della sentenza del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione (T‑90/10, non pubblicata, EU:T:2014:1035), la quale aveva convalidato la valutazione dei fatti di cui trattasi da essa compiuta, quest’ultima non era più effettivamente in grado di accogliere un’opinione eventualmente contraria che poteva essere espressa da rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri riuniti in seno al comitato consultivo.

71      Da una simile conoscenza, anche volendo ritenerla dimostrata, non si può tuttavia inferire una mancanza di imparzialità idonea a pregiudicare la legittimità della decisione impugnata, a meno di mettere in dubbio le disposizioni del Trattato in forza delle quali atti dichiarati illegittimi possono essere sostituiti, senza che sia necessario determinare se quella messa in discussione dalla ricorrente sia imparzialità soggettiva o oggettiva.

72      Infatti, la possibile conoscenza di una soluzione adottata in precedenza e, se del caso, confermata in una sentenza del Tribunale successivamente annullata dalla Corte in sede di impugnazione è insita nell’obbligo di trarre le conseguenze di un annullamento. Il fatto di decidere che la conoscenza di una situazione siffatta potrebbe, in quanto tale, impedire una riapertura del procedimento, inciderebbe, di per sé, sul meccanismo dell’annullamento, indicando che quest’ultimo implica non solo la scomparsa retroattiva dell’atto annullato, ma anche il divieto di riapertura del procedimento. Una simile eventualità sarebbe incompatibile con l’articolo 266 TFUE, che, in caso di annullamento sulla base dell’articolo 263 TFUE, impone alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione di prendere i provvedimenti che l’esecuzione delle sentenze emesse nei loro confronti comporta, senza tuttavia esonerarle dal compito consistente nell’assicurare, nei settori rientranti nella loro competenza, l’applicazione del diritto dell’Unione.

73      Ciò non varrebbe soltanto nel caso in cui, adducendo indizi concreti, la ricorrente potesse dimostrare che l’imparzialità degli intervenienti è stata concretamente pregiudicata in modo negativo, senza che possano essere considerate sufficienti a detto fine affermazioni presentate in maniera generale contro il processo di ripresa in quanto tale, quando siffatto processo conduce all’adozione di una nuova decisione che conferma in sostanza un’analisi già effettuata in precedenza.

74      Per quanto riguarda il caso dell’autorità italiana garante della concorrenza, la ricorrente precisa che l’imparzialità di detta autorità sarebbe pregiudicata a causa del fatto che quest’ultima nel 2017 aveva sanzionato un presunto cartello tra talune imprese italiane del settore del tondo per cemento armato, tra le quali figuravano le destinatarie della decisione impugnata, facendo riferimento, in tale decisione, a quella adottata dalla Commissione nel 2009, come avallata dal Tribunale nella sua sentenza del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione (T‑90/10, non pubblicata, EU:T:2014:1035).

75      A tal riguardo, si deve osservare che, come rilevato dalla Commissione, senza in ciò essere contraddetta dalla ricorrente, il cartello sanzionato dall’autorità italiana garante della concorrenza era diverso, giacché aveva ad oggetto fatti compresi tra il 2010 e il 2016. Peraltro, come precisato dalla stessa ricorrente, la decisione della suddetta autorità è stata annullata dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Italia).

76      In circostanze del genere, il fatto che l’autorità italiana garante della concorrenza abbia sanzionato un cartello al quale la ricorrente avrebbe partecipato nel periodo compreso tra il 2010 e il 2016 non poteva impedire a questa stessa autorità di adottare una posizione diversa in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018, che riguardava l’intesa, diversa, sanzionata dalla Commissione nella decisione impugnata, tanto più che la decisione della Commissione del 2009 e la sentenza del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione (T‑90/10, non pubblicata, EU:T:2014:1035) erano state nel frattempo annullate.

77      Tale argomento non rimette quindi in discussione le considerazioni esposte ai punti da 64 a 72 supra.

78      Le censure devono quindi essere respinte.

d)      Sulla terza censura, relativa allassenza di soggetti importanti durante laudizione del 23 aprile 2018

79      La ricorrente sostiene che la Commissione, da un lato, abbia violato diverse norme relative all’organizzazione delle audizioni e, dall’altro, abbia commesso un errore omettendo di invitare svariate entità all’audizione del 23 aprile 2018, laddove, avendo svolto un ruolo centrale nella vicenda, tali entità avrebbero potuto fornire alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri elementi idonei a consentire a queste ultime di adottare la loro posizione con piena cognizione di causa. A suo avviso, non avendo potuto beneficiare di un parere reso con piena cognizione di causa da parte delle autorità in parola, i suoi diritti della difesa sono stati violati per le seguenti ragioni:

–        la Federacciai avrebbe dovuto partecipare a detta audizione, così come la Leali SpA e la sua società figlia Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA (in prosieguo, considerate congiuntamente: la «Leali»), nel frattempo fallite, tenuto conto del ruolo centrale svolto da queste ultime nel complesso dei fatti oggetto dell’indagine;

–        la Lucchini SpA, anch’essa fallita, e la Riva, posta in amministrazione straordinaria, che erano i leader del mercato, avrebbero anch’esse dovuto partecipare alla suddetta audizione;

–        la Industrie Riunite Odolesi SpA (in prosieguo: la «IRO»), che, dal canto suo, non aveva impugnato la sentenza del 9 dicembre 2014, IRO/Commissione (T‑69/10, non pubblicata, EU:T:2014:1030), avrebbe anch’essa dovuto partecipare alla suddetta audizione;

–        l’Associazione Nazionale Sagomatori Ferro (in prosieguo: l’«Ansfer») avrebbe dovuto essere invitata, giacché l’associazione in parola, rappresentante di clienti delle imprese interessate, era intervenuta in qualità di terzo nel corso dell’audizione del 13 giugno 2002 e in tale sede aveva dichiarato che l’esistenza di intese restrittive della concorrenza non era mai stata avvertita sul mercato.

80      Occorre, dunque, esaminare se, nell’organizzazione dell’audizione, la Commissione abbia violato una norma per essa vincolante e se, in tal modo, o in qualsiasi altro modo, essa abbia ostacolato i diritti della difesa della ricorrente in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018.

81      In primo luogo, occorre rilevare che la partecipazione all’audizione fa parte dei diritti procedurali la cui violazione, a causa della loro natura soggettiva, deve essere invocata dall’impresa o dal terzo che ne è titolare (v., in tal senso, sentenze del 1° luglio 2010, ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni/Commissione, T‑62/08, EU:T:2010:268, punto 186; del 12 maggio 2011, Région Nord-Pas-de-Calais e Communauté d’agglomération du Douaisis/Commissione, T‑267/08 e T‑279/08, EU:T:2011:209, punto 77, e del 19 settembre 2019, Zhejiang Jndia Pipeline Industry/Commissione, T‑228/17, EU:T:2019:619, punto 36).

82      Pertanto, la ricorrente non può utilmente chiedere l’annullamento di una decisione per il solo motivo che, nel caso di specie, sarebbero stati violati diritti procedurali a favore di terzi o di altre parti.

83      Peraltro, si deve rilevare che, sebbene le audizioni tenute nell’ambito dei procedimenti in materia di intese si svolgano, nella maggior parte dei casi, in forma collettiva nella prassi della Commissione, la normativa non riconosce alle imprese alle quali è stata inviata una comunicazione degli addebiti alcun diritto ad un’audizione collettiva.

84      Per contro, l’articolo 14, paragrafo 6, del regolamento n. 773/2004 precisa che ogni persona può essere sentita o separatamente o in presenza di altre persone invitate a partecipare, tenuto conto dell’interesse legittimo delle imprese alla riservatezza dei loro segreti aziendali e di altre informazioni riservate (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, EU:T:2000:77, punto 697).

85      In secondo luogo, occorre esaminare se – al di là del rispetto dovuto ai diritti di cui dispongono altre persone o entità – la Commissione abbia violato talune norme relative all’organizzazione delle audizioni in un modo che abbia potuto ostacolare la difesa della ricorrente.

86      A tal riguardo, occorre rilevare che i diritti della difesa sono diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto di cui il giudice dell’Unione garantisce il rispetto. Siffatto rispetto nell’ambito di un procedimento dinanzi alla Commissione avente ad oggetto l’irrogazione di un’ammenda a un’impresa per violazione delle norme in materia di concorrenza esige che l’impresa interessata sia stata posta in grado di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare la propria affermazione dell’esistenza di un’infrazione al Trattato. Tali diritti sono contemplati all’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta (v. sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punti 52 e 53 e giurisprudenza ivi citata).

87      Nel caso di specie, la ricorrente ha insistito sul fatto che l’assenza di talune entità avesse comportato l’impossibilità per il comitato consultivo di esprimere il suo parere con piena cognizione di causa. A suo avviso, se suddette entità fossero state sentite, il contenuto del suo parere e, di conseguenza, quello della decisione impugnata, avrebbe quindi potuto essere diverso. Tale problematica è stata oggetto di articolati scambi tra le parti, sia per iscritto che durante l’udienza.

88      A tal riguardo, occorre operare una distinzione tra la situazione delle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti e della decisione impugnata, la situazione dei terzi che dimostrino un interesse sufficiente e la situazione degli altri terzi.

1)      Sulla situazione delle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti e della decisione impugnata

89      Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, le imprese e le associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato devono avere modo di essere sentite relativamente agli addebiti mossi nei loro confronti prima che sia adottata nei loro riguardi una decisione applicativa dell’articolo 101 o 102 TFUE. La Commissione può basare le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite.

90      L’articolo 12 del regolamento n. 773/2004 precisa che la Commissione accorda alle parti cui è inviata la comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare i propri argomenti nel corso di un’audizione orale, qualora lo richiedano nella loro proposta scritta.

91      Nel caso di specie, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 12 del regolamento n. 773/2004 erano quindi destinati ad applicarsi a tutte le imprese che avevano partecipato all’intesa e per le quali la decisione del 2002 o la decisione del 2009 non era divenuta definitiva, ivi inclusa la Riva.

92      Secondo la ricorrente, l’assenza della Riva all’udienza del 23 aprile 2018 ha potuto contribuire ad inficiare il procedimento, incidendo sulle condizioni nelle quali essa poteva esercitare la sua difesa.

93      A tal riguardo, occorre rilevare che, come indicato ai punti 45 e 46 della decisione impugnata, e senza che ciò sia contestato dalle parti:

–        la Riva è stata informata dalla Commissione, con lettera del 15 dicembre 2017, della riapertura del procedimento;

–        in risposta a suddetta lettera, la Riva ha depositato osservazioni scritte senza tuttavia chiedere di partecipare a un’audizione;

–        poiché la Riva non aveva formulato una richiesta in tal senso, la Commissione non l’ha invitata a prendere parte all’audizione del 23 aprile 2018.

94      Alla luce di tali elementi, non si può ritenere che, astenendosi dall’invitare la Riva a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018, la Commissione abbia violato l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 12 del regolamento n. 773/2004. Non avendo chiesto di partecipare all’audizione, la Riva non doveva esservi invitata dalla Commissione. La ricorrente non può quindi validamente dedurre una violazione delle disposizioni summenzionate che abbiano potuto pregiudicare la sua difesa.

2)      Sulla situazione dei terzi che dimostrino un interesse sufficiente

95      L’audizione dei terzi interessati è disciplinata dall’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. Tale disposizione prevede che, qualora persone fisiche o giuridiche chiedano di essere sentite, dimostrando di avervi un interesse sufficiente, la loro domanda è accolta.

96      L’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004 precisa quanto segue:

–        alle persone fisiche o giuridiche che chiedano di essere sentite e dimostrino di avervi un interesse sufficiente, la Commissione comunica per iscritto la natura e l’oggetto del procedimento;

–        essa assegna a tali persone un termine per la presentazione di osservazioni scritte;

–        essa può invitarle a sviluppare gli argomenti nel corso dell’audizione, sempre che esse lo richiedano nelle osservazioni scritte.

97      Nel caso di specie, l’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004 erano quindi destinati ad applicarsi, in particolare, a cinque entità la cui presenza era necessaria, secondo la ricorrente, affinché l’audizione del 23 aprile 2018 fosse validamente organizzata, ossia, da un lato, la Federacciai, la Leali, la IRO e la Lucchini e, dall’altro, l’Ansfer.

98      In primo luogo, per quanto riguarda le prime quattro entità menzionate al punto 97 supra, occorre rilevare che queste ultime hanno rinunciato, in una fase anteriore del procedimento, a contestare la decisione che era stata loro indirizzata:

–        la Federacciai non ha depositato alcun ricorso di annullamento avverso la decisione del 2002;

–        la Leali, la IRO e la Lucchini non hanno impugnato le sentenze del 9 dicembre 2014, Leali e Acciaierie e Ferriere Leali Luigi/Commissione (T‑489/09, T‑490/09 e T‑56/10, non pubblicata, EU:T:2014:1039), e del 9 dicembre 2014, IRO/Commissione (T‑69/10, non pubblicata, EU:T:2014:1030), del 9 dicembre 2014 Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033), che avevano respinto i loro ricorsi di annullamento avverso la decisione del 2009.

99      Pertanto, secondo la giurisprudenza, la decisione della Commissione adottata nei loro confronti è divenuta definitiva per la parte che le riguarda e, di conseguenza, essendo il procedimento per loro concluso, tali entità non erano più parti del procedimento riaperto il 15 dicembre 2017 (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, EU:C:1999:407, punto 63).

100    In tali circostanze, le prime quattro entità di cui al punto 97 supra non disponevano di un diritto a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018 nella qualità di parti del procedimento.

101    È certo vero che le prime quattro entità di cui al punto 97 supra avevano la possibilità di chiedere alla Commissione, dimostrando di avere un interesse sufficiente, di essere autorizzate a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018 nella qualità di terzi interessati, conformemente alle disposizioni ricordate ai punti 95 e 96 supra.

102    Tuttavia, la Federacciai, la Leali e la IRO non hanno compiuto suddetto passaggio e, pertanto, non si può sostenere che la Commissione abbia potuto, in tale contesto, violare una qualsivoglia regola, con la conseguenza di aver potuto incidere sull’esercizio, da parte della ricorrente, dei suoi diritti della difesa.

103    Di contro, va osservato che la Lucchini ha affermato, dal canto suo, di dover beneficiare dell’annullamento pronunciato dalla Corte nelle sue sentenze del 21 settembre 2017, Feralpi/Commissione (C‑85/15 P, EU:C:2017:709), del 21 settembre 2017, Ferriera Valsabbia e a./Commissione (C‑86/15 P e C‑87/15 P, EU:C:2017:717), del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716), e del 21 settembre 2017, Riva Fire/Commissione (C‑89/15 P, EU:C:2017:713), benché non avesse proposto impugnazione avverso la sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033). Sulla base di suddetto argomento, essa ha chiesto alla Commissione di essere autorizzata a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018. Tale domanda, tuttavia, è stata presentata dalla Lucchini in qualità di parte del procedimento riaperto il 15 dicembre 2017, allo stesso titolo, in particolare, della ricorrente, e non già in qualità di terzo interessato. Siffatta domanda è stata giustamente respinta dalla Commissione per le ragioni esposte ai punti 87 e 88 supra (sentenza dell’8 maggio 2019, Lucchini/Commissione, T‑185/18, non pubblicata, EU:T:2019:298, punti 41 e 42). Essendosi vista negare la summenzionata possibilità nella qualità di parte nel procedimento, la Lucchini non ha fatto valere, in seguito, che essa poteva essere invitata all’audizione in qualità di terzo avente un interesse sufficiente.

104    In tali circostanze, non si può ritenere che la Commissione, astenendosi dall’invitare, da un lato, la Federacciai e, dall’altro, la Leali, la IRO e la Lucchini a partecipare all’audizione, abbia violato una norma procedurale idonea ad incidere sull’esercizio, da parte della ricorrente, dei suoi diritti della difesa.

105    In secondo luogo, per quanto riguarda la quinta entità menzionata al punto 97 supra, ossia l’Ansfer, la ricorrente ritiene che essa avrebbe dovuto essere invitata all’audizione del 23 aprile 2018, alla luce delle informazioni da essa detenute e che erano tali da influenzare le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, relativamente alla conoscenza che esse avevano del fascicolo.

106    A sostegno della sua posizione, la ricorrente deduce tre argomenti.

107    In primo luogo, la ricorrente sostiene che, con ogni probabilità, se l’Ansfer fosse stata informata dalla Commissione della ripresa del procedimento, essa avrebbe partecipato all’audizione del 23 aprile 2018, come aveva fatto per l’audizione del 13 giugno 2002.

108    A questo proposito, occorre rammentare in che modo è stato avviato nel 2002 il procedimento a carico della ricorrente e delle altre imprese allora interessate.

109    Come indicato dalla Commissione nella sua risposta ai quesiti del Tribunale e all’udienza senza essere contraddetta dalla ricorrente, l’avvio di cui trattasi è avvenuto il 26 marzo 2002, seguito dalla notifica, alle parti interessate, della comunicazione degli addebiti, conformemente all’articolo 36 CA.

110    Pertanto, l’avvio di cui trattasi non è stato accompagnato da alcuna misura di pubblicità, giacché la normativa non prescriveva che la Commissione rendesse pubblica la decisione di avviare un procedimento amministrativo, l’adozione di una comunicazione degli addebiti o quella, come nel caso di specie, di una comunicazione degli addebiti supplementari.

111    Il modo di procedere non è stato diverso dopo che il Tribunale ebbe pronunciato la sentenza del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione (T‑94/03, non pubblicata, EU:T:2007:320), e che la Corte ebbe pronunciato la sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716).

112    Dopo aver esaminato le sentenze indicate al punto 111 supra, la Commissione ha informato la ricorrente, per la prima volta con lettera del 30 giugno 2008 e per seconda con lettera del 15 dicembre 2017, della sua intenzione di «riprendere» il procedimento.

113    In particolare, la seconda lettera è stata notificata alle imprese destinatarie della decisione impugnata, ma non è stata comunicata ad alcun’altra persona o entità, così come non è stata oggetto di alcuna misura di pubblicità.

114    In siffatto contesto, occorre stabilire se la Commissione fosse tenuta ad informare il pubblico della riapertura del procedimento dopo l’annullamento della decisione del 2009, così che, se tale obbligo fosse stato rispettato nel caso di specie, l’Ansfer sarebbe stata informata e avrebbe potuto chiedere di partecipare alla nuova audizione.

115    A tal riguardo, occorre notare che nessuna norma impone alla Commissione di rendere pubblica la riapertura di un procedimento a seguito dell’annullamento di una delle sue decisioni con sentenza della Corte o del Tribunale.

116    In effetti, una simile riapertura del procedimento avviene nell’ambito dell’esecuzione di una sentenza di annullamento.

117    Orbene, l’articolo 266 TFUE vincola l’istituzione dalla quale promana l’atto annullato soltanto nei limiti di quanto necessario per garantire l’esecuzione della sentenza di annullamento. In tal senso, detta disposizione impone all’istituzione interessata di evitare che qualsiasi atto destinato a sostituire l’atto annullato sia inficiato dalle stesse irregolarità individuate nella sentenza stessa. Le istituzioni dispongono comunque di un ampio potere discrezionale per decidere i provvedimenti da attuare al fine di trarre le conseguenze da una sentenza di annullamento o d’invalidità, fermo restando che tali provvedimenti devono essere compatibili con il dispositivo della sentenza di cui trattasi e con la motivazione, che ne costituisce il sostegno necessario. Fatta salva l’ipotesi in cui l’illegittimità accertata abbia determinato la nullità di tutto il procedimento, le istituzioni interessate possono, al fine di adottare un atto volto a sostituire un precedente atto annullato o dichiarato invalido, riaprire il procedimento alla fase in cui tale illegittimità si è verificata (v. sentenza dell’11 dicembre 2017, Léon Van Parys/Commissione, T‑125/16, EU:T:2017:884, punti 49 e 52 e giurisprudenza ivi citata).

118    Al termine della valutazione effettuata dalla Commissione in siffatto contesto, essa può quindi decidere di riprendere il procedimento, come ha fatto nella presente causa, così come può abbandonare il procedimento ove ritenga che il fascicolo possa essere chiuso oppure, se reputa necessarie misure di indagine, può avviare un nuovo procedimento, idoneo, in tal caso, a condurre alla notifica di una nuova comunicazione degli addebiti alle imprese destinatarie ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.

119    Nel caso di specie, la Commissione, avendo effettuato detta valutazione, ha deciso di riprendere il procedimento a partire dal punto in cui esso era stato interrotto, come consentito dalla giurisprudenza menzionata ai punti 53 e 54 supra.

120    Nelle sue risposte ai quesiti scritti del Tribunale, la Commissione ha menzionato la sua comunicazione del 20 ottobre 2011 sulle migliori pratiche relative ai procedimenti previsti dagli articoli 101 e 102 TFUE (GU 2011, C 308, pag. 6) (v., in particolare, il suo punto 20), nella quale essa si è impegnata, da un lato, a pubblicare l’avvio di ciascun procedimento di applicazione delle disposizioni in parola sul sito web della sua Direzione generale della Concorrenza e, dall’altro, a diramare un comunicato stampa al riguardo, tranne quando tali misure di pubblicità siano idonee a pregiudicare lo svolgimento dell’indagine.

121    Tuttavia, come addotto dalla Commissione, la comunicazione di cui trattasi non le imponeva nel caso di specie di attuare gli impegni indicati al punto 120 supra. Infatti, in assenza di disposizioni esplicite in tal senso, non occorre estendere la portata di detti impegni quando la Commissione riprende un procedimento a partire dalla fase di un’audizione precedentemente tenuta in modo irregolare, che è la fase in cui siffatto procedimento è stato interrotto, come deciso dalla Commissione nella fattispecie nel contesto dell’esecuzione della sentenza di annullamento della Corte, situazione che si distingue da quella dell’avvio del procedimento previsto nella comunicazione in parola.

122    L’argomento deve pertanto essere respinto.

123    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, per la determinazione dei terzi da invitare all’audizione, l’Ansfer non poteva essere considerata come un semplice membro del pubblico, ma aveva lo status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 13, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 773/2004.

124    A sostegno della sua posizione, la ricorrente ricorda che lo status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» era stato riconosciuto, nel 2002, all’Ansfer dal consigliere auditore, circostanza che aveva consentito la partecipazione di tale associazione all’audizione del 13 giugno 2002.

125    Poiché, dunque, disponeva dello status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente», l’Ansfer non può averlo perso nel frattempo e avrebbe dovuto essere invitata a partecipare, a detto titolo, all’audizione del 23 aprile 2018.

126    In proposito, occorre rilevare che l’argomento della ricorrente relativo al mantenimento dello status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» è conforme alla posizione difesa dalla Commissione sulla continuità esistente tra le fasi del procedimento amministrativo, anche se quest’ultimo è stato interrotto da procedimenti giurisdizionali che hanno dato luogo a sentenze di annullamento.

127    In siffatta prospettiva, sarebbe legittimo ritenere che un soggetto cui sia stato riconosciuto lo status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» in una fase precedente del procedimento abbia potuto conservarlo durante tutto il procedimento, anche se quest’ultimo ha potuto essere interrotto da un procedimento giurisdizionale che ha dato luogo a un annullamento pronunciato dal giudice dell’Unione.

128    Occorre quindi stabilire se, nel caso di specie, essendosi vista riconoscere lo status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» in un determinato momento del procedimento, l’Ansfer abbia potuto conservare tale status per tutta la durata di quest’ultimo e avrebbe dovuto essere invitata all’audizione del 23 aprile 2018 o, quanto meno, essere informata della riapertura del procedimento per consentirle di manifestare il proprio interesse e, pertanto, di essere invitata, se del caso, a partecipare a detta audizione.

129    A tal riguardo, si deve constatare che, come risulta dal fascicolo, senza che ciò sia contestato dalla ricorrente, l’interesse manifestato dall’Ansfer a partecipare al procedimento non è stato conservato per tutta la durata di quest’ultimo.

130    Infatti, ricapitolando le fasi che si sono succedute, la Commissione ha precisato, all’udienza, senza essere contraddetta dalla ricorrente, in risposta ai quesiti posti dal Tribunale, che:

–        nel 2002 l’Ansfer aveva appreso l’avvio del procedimento attraverso informazioni apparse sulla stampa italiana;

–        sulla base di suddette informazioni, l’Ansfer aveva chiesto alla Commissione di essere autorizzata a partecipare all’audizione del 13 giugno 2002 facendo valere che poteva dimostrare, a tal fine, l’esistenza, per quanto la riguardava, di un interesse sufficiente;

–        invitata a partecipare, l’Ansfer si era presentata a detta audizione, dove, senza che il suo rappresentante vi prendesse la parola, aveva presentato osservazioni scritte;

–        su tale base, l’Ansfer era stata invitata a partecipare alla seconda audizione del 30 settembre 2002, relativa alle conseguenze della scadenza del Trattato CECA sul procedimento;

–        tuttavia, essa non aveva risposto all’invito in parola e non si era neppure presentata nel corso di tale audizione;

–        non avendo l’Ansfer risposto all’invito alla nuova audizione che le era stato trasmesso e non essendosi presentata alla stessa, la Commissione aveva ritenuto che quest’ultima non intendesse più partecipare al seguito del procedimento e non dovesse quindi essere invitata all’audizione del 23 aprile 2018;

–        in siffatto contesto, la Commissione aveva tenuto conto del fatto che, da un lato, la partecipazione dell’Ansfer durante l’audizione del 13 giugno 2002 si era limitata alla presentazione di osservazioni scritte, senza presa di parola, e che, dall’altro, le suddette osservazioni erano state versate agli atti.

131    Orbene, in forza della normativa, i terzi possono partecipare ad un’audizione organizzata in un procedimento relativo all’applicazione delle regole di concorrenza, ma, a tal fine, essi devono comunicare simile desiderio alla Commissione e dimostrare a quest’ultima di presentare un interesse sufficiente a consentire loro di parteciparvi (v. punti 95 e 96 supra).

132    Inoltre, occorre considerare che, qualora a un terzo sia stato riconosciuto lo status di «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» nel corso di un procedimento amministrativo che è stato interrotto da un sindacato giurisdizionale al termine del quale il giudice dell’Unione ha pronunciato un annullamento, la Commissione dispone di un margine discrezionale per decidere se tale terzo conservi un interesse sufficiente a far conoscere il proprio punto di vista. Infatti, la garanzia dei diritti della difesa non richiede che la Commissione, quando riapre il suddetto procedimento, proceda all’audizione di terzi che non dispongono più di un siffatto interesse sufficiente (v., per analogia, sentenze del 16 giugno 2015, FSL e a./Commissione, T‑655/11, EU:T:2015:383, punto 406, e dell’11 luglio 2019, Silver Plastics e Johannes Reifenhäuser/Commissione, T‑582/15, non pubblicata, EU:T:2019:497, punto 202 e giurisprudenza ivi citata).

133    Nell’interesse di una buona amministrazione, occorre infatti evitare una moltiplicazione di intervenienti garantendo al contempo la partecipazione di coloro che possono fornire un effettivo contributo, a carico o a discarico, all’analisi del fascicolo e al rispetto dei diritti della difesa, in modo da garantire che il parere sia emesso dal comitato consultivo e che la decisione sia adottata dalla Commissione con piena cognizione di causa e nel rispetto delle garanzie procedurali.

134    È al termine di tale valutazione che, nella fattispecie, l’Ansfer è stata invitata come «terzo che dimostri di avere un interesse sufficiente» a partecipare all’audizione del 13 giugno 2002 e a quella del 30 settembre 2002.

135    Successivamente, considerata l’assenza di risposta dell’Ansfer all’invito a partecipare alla seconda audizione del 30 settembre 2002 e della sua mancata partecipazione a tale audizione, la Commissione, senza commettere errori, ha potuto considerare che quest’ultima aveva rinunciato ad intervenire nel prosieguo del procedimento o, quanto meno, non intendeva sviluppare ulteriormente i suoi argomenti nel corso dell’audizione del 23 aprile 2018 e che il suo contributo, già inserito nel fascicolo e ripreso successivamente nel progetto della decisione impugnata, non motivava la circostanza di informarla della riapertura del procedimento per consentirle di manifestare nuovamente il suo interesse ed essere così invitata, eventualmente, a partecipare a detta audizione.

136    L’argomento deve pertanto essere respinto.

137    In terzo luogo, la ricorrente sostiene di avere, nella sua lettera del 1º febbraio 2018 e durante l’audizione del 23 aprile 2018, attirato l’attenzione della Commissione sul fatto che il procedimento non poteva essere validamente riaperto, dal momento che non tutti i soggetti presenti nel 2002 avrebbero potuto essere presenti a detta audizione, con la conseguenza di fornire solo una visione parziale del caso alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, i cui rappresentanti sono incaricati di esprimere un’opinione per consentire al comitato consultivo di emettere il proprio parere conformemente alla normativa.

138    A tal riguardo, occorre rilevare che, così formulata, una siffatta osservazione non può essere considerata come una domanda rivolta alla Commissione e diretta a ottenere che quest’ultima invitasse all’audizione l’Ansfer o altri terzi in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, che consente alle parti di proporre nelle loro osservazioni scritte «che la Commissione senta le persone in grado di confermare i fatti esposti nelle osservazioni».

139    Come sottolineato dalla Commissione, spettava alla ricorrente, se riteneva che l’intervento dell’Ansfer fosse necessario, o anche solo utile, per la difesa dei suoi argomenti, informare tale associazione della riapertura del procedimento affinché essa si manifestasse presso la Commissione oppure chiedere a quest’ultima, in modo specifico, di invitare suddetta entità.

140    Orbene, la ricorrente, nella sua risposta scritta ai quesiti del Tribunale, ha ammesso di non aver intrapreso alcuna iniziativa in tal senso presso la Commissione o presso l’Ansfer. Essa ha perfino ammesso di aver perso di vista la presenza della summenzionata associazione nel procedimento fino a quando non ha letto il punto 110 della decisione impugnata, che fa riferimento alle osservazioni scritte depositate dall’Ansfer durante la prima audizione del 13 giugno 2002.

141    Occorre aggiungere che, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri possono chiedere alla Commissione di sentire terzi, qualora lo ritengano opportuno.

142    Nulla impediva alla ricorrente di suggerire alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, nel corso dell’audizione del 23 aprile 2018, o prima di quest’ultima, di chiedere alla Commissione di ascoltare l’Ansfer.

143    Orbene, la ricorrente non ha proceduto in tal senso presso le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, né tantomeno, dal canto loro, le suddette autorità hanno chiesto alla Commissione di sentire l’Ansfer.

144    Di conseguenza, poiché l’Ansfer non disponeva più di un interesse sufficiente a far conoscere il proprio punto di vista al momento della riapertura del procedimento (v. punti da 126 a 136 supra), e poiché nessuna richiesta di essere sentita è stata presentata alla Commissione, a quest’ultima non può essere validamente addebitato di non averla invitata a partecipare all’audizione del 23 aprile 2018.

145    L’argomento dev’essere quindi respinto.

3)      Sulla situazione degli altri terzi

146    Occorre notare che la normativa prevede, per l’organizzazione delle audizioni, una terza situazione, riguardante i terzi che non dispongono di un interesse sufficiente ai sensi dei punti 95 e 96 supra.

147    L’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004 prevede la possibilità di invitare eventuali altre persone fisiche o giuridiche diverse dalle imprese oggetto del procedimento o dai terzi che dimostrino un tale interesse, a presentare osservazioni scritte e ad assistere, se del caso, all’audizione. Oltre a poter essere autorizzate ad assistervi, siffatte persone possono essere invitate ad esprimersi nel corso dell’audizione.

148    Questa era proprio la situazione in cui si trovava l’Ansfer, dato che, come è stato accertato, la Commissione ha potuto considerare che tale associazione non disponeva più di un interesse sufficiente a far conoscere il proprio punto di vista al momento della ripresa del procedimento (v. punti da 126 a 136 supra). Per rispondere a un argomento specifico sollevato dalla ricorrente con riguardo alla Lucchini, occorre rilevare che è parimenti a detto titolo che tale impresa avrebbe potuto intervenire all’audizione, poiché essa non aveva fatto valere, presso la Commissione, di voler essere sentita in qualità di terzo avente un interesse sufficiente ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, come osservato al punto 103 supra.

149    Orbene, la Commissione dispone di un margine discrezionale per stabilire se la partecipazione di terzi non interessati possa essere utile nel dibattito, fermo restando che la garanzia dei diritti della difesa della ricorrente non impone, in ogni caso, che la Commissione proceda alle audizioni richieste (v., in tal senso, la giurisprudenza citata al punto 132 supra).

150    Pertanto, nel caso di specie la Commissione, senza commettere errori, ha potuto considerare che, per le ragioni esposte ai punti da 126 a 136 supra, invitare l’Ansfer all’udienza del 23 aprile 2018 non avrebbe apportato alcun elemento nuovo al dibattito.

151    Peraltro, non avendo la ricorrente nel corso del procedimento presentato alla Commissione alcuna domanda espressa di invitare la Lucchini all’audizione del 23 aprile 2018, unitamente ad indicazioni precise quanto alle ragioni per le quali tale istituzione doveva avvalersi del margine discrezionale di cui essa dispone in forza dell’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004 al fine di invitare l’impresa ad esprimere il suo punto di vista durante l’audizione del 23 aprile 2018, non si può addebitare alla Commissione di aver omesso di invitare la Lucchini ritenendo che l’istruzione del caso fosse sufficiente.

152    Nelle sue risposte ai quesiti del Tribunale, la ricorrente ha ammesso, in effetti, di non aver formalmente informato la Commissione della necessità di invitare la Lucchini all’audizione in qualità di terzo. Al riguardo, essa si è limitata a indicare, nelle sue osservazioni del 1º febbraio 2018 menzionate al punto 24 supra e durante l’audizione del 23 aprile 2018, che talune imprese, fra cui la Lucchini, per le quali le sentenze del Tribunale del 2014 menzionate al punto 15 supra erano passate in giudicato, non sarebbero state presenti all’audizione, il che avrebbe dato alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri una visione parziale della controversia. L’argomentazione addotta in siffatto contesto dalla ricorrente mirava a dimostrare che l’assenza di tali imprese all’audizione avrebbe comportato che il vizio censurato dalla Corte nella sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716), non avrebbe potuto essere sanato e che la Commissione non avrebbe potuto, di conseguenza, riprendere il procedimento e adottare una nuova decisione.

153    Ciò considerato, non si può validamente contestare alla Commissione di aver violato, omettendo di invitare altri terzi all’audizione del 23 aprile 2018, una norma procedurale che avrebbe potuto incidere sull’esercizio, da parte della ricorrente, dei suoi diritti della difesa.

154    L’argomento deve pertanto essere respinto.

155    Alla luce degli elementi che precedono, si può concludere che la Commissione non ha violato norme procedurali relative all’audizione di altre persone o entità e, di conseguenza, che l’esercizio dei diritti della difesa fatti valere dalla ricorrente non ha potuto essere in alcun modo ostacolato dalla violazione di tali norme.

156    Ad ogni buon conto, si deve rilevare che la ricorrente non ha dimostrato di essere stata ostacolata nell’esercizio dei suoi diritti della difesa a prescindere dalla violazione di una norma, a causa dell’assenza di un’impresa o di un terzo durante l’audizione organizzata ai fini dell’adozione della decisione impugnata.

157    La censura in esame va pertanto respinta.

e)      Sulla quarta censura, relativa allimpossibilità, per la Commissione, di porre rimedio al vizio procedurale censurato dalla Corte 

158    La ricorrente sostiene, in sostanza, che fosse impossibile rimediare al vizio procedurale censurato dalla Corte. A causa del periodo trascorso, i cambiamenti intervenuti nell’identità dei soggetti e nella struttura del mercato erano tali, a suo avviso, che nessuna audizione poteva ancora essere organizzata a condizioni identiche o, quantomeno, equivalenti a quelle esistenti nel 2002.

159    A tal riguardo, occorre rilevare che, a causa dell’ampiezza dei compiti che essi comportano, il contesto nel quale sono organizzati i procedimenti di concorrenza è inevitabilmente alterato dal decorso del tempo.

160    In un contesto siffatto, in cui la concorrenza comporta costantemente modifiche dei soggetti, dei prodotti e delle quote di mercato, la possibilità che simili cambiamenti rendano impossibile, di per sé soli, l’adozione di una nuova decisione pregiudicherebbe, per sua natura stessa, la possibilità per la Commissione di riprendere un procedimento al fine di applicare le regole di concorrenza in esecuzione della missione affidatale dai Trattati.

161    Quando la Commissione decide di riprendere un procedimento a seguito di un annullamento di una delle sue decisioni da parte di una sentenza della Corte o del Tribunale, essa deve tuttavia procedere ad una valutazione destinata a determinare, alla luce delle circostanze esistenti al momento della ripresa, e in particolare degli effetti che possono aver potuto risultare dal decorso del tempo, se la prosecuzione del procedimento appaia ancora una soluzione adeguata alla situazione, ciò che essa ha fatto nel caso di specie, come spiegato in risposta alla prima censura del secondo motivo dedotto dalla ricorrente a sostegno del ricorso (v. punti da 199 a 223 infra).

162    La censura in esame va pertanto respinta.

f)      Sulla quinta censura, vertente su ulteriori irregolarità che hanno inciso sulle circostanze in cui il comitato consultivo ha emesso il suo parere

163    Nella replica, la ricorrente solleva una quinta censura, vertente su irregolarità relative allo svolgimento delle riunioni del comitato consultivo del 27 giugno e del 1° luglio 2019.

164    A questo proposito, occorre richiamare le norme essenziali concernenti l’intervento del comitato consultivo nei procedimenti che conducono all’applicazione delle regole di concorrenza.

165    Come indicato al punto 58 della comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43), la consultazione del comitato consultivo esprime la cooperazione esistente nell’ambito della rete formata dalle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, costituendo «la sede in cui gli esperti delle varie autorità garanti della concorrenza discutono i singoli casi e le questioni generali di diritto (...) della concorrenza [dell’Unione]».

166    In tal senso, il regolamento n. 1/2003 prevede segnatamente all’articolo 14 che:

–        la Commissione consulta il comitato consultivo prima dell’adozione di qualsiasi decisione materia di intese e di posizioni dominanti (paragrafo 1);

–        ai fini della discussione di casi individuali, il comitato consultivo è composto da rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri (paragrafo 2);

–        la consultazione può essere effettuata nel corso di una riunione convocata e presieduta dalla Commissione, da tenersi non prima di quattordici giorni da quando viene inviata la convocazione, unitamente all’esposizione della questione, all’indicazione dei documenti più importanti della pratica e a un progetto preliminare di decisione (paragrafo 3);

–        il comitato consultivo emette per iscritto un parere sul progetto preliminare di decisione della Commissione (paragrafo 3);

–        la Commissione tiene in massima considerazione il parere del comitato consultivo, informandolo del modo in cui ha tenuto conto del suo parere (paragrafo 5).

167    Secondo la ricorrente, la consultazione delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri che componevano il comitato consultivo nel caso di specie non si è svolta correttamente.

168    In primo luogo, la ricorrente sostiene che il parere emesso dal comitato consultivo è viziato, perché include una dichiarazione firmata da otto autorità garanti della concorrenza degli Stati membri secondo la quale l’audizione del 23 aprile 2018 avrebbe sanato il vizio procedurale rilevato dalla Corte, mentre, di queste otto autorità, due non erano rappresentate all’audizione in parola. A suo avviso, una simile dichiarazione da parte di suddette due autorità è priva di qualsiasi valore giacché esse non hanno partecipato a tale audizione, il che dovrebbe comportare l’annullamento della decisione impugnata.

169    A tal riguardo, occorre ricordare che, come segnalato dalla ricorrente, l’organizzazione di un’audizione nell’ambito di un procedimento diretto all’applicazione delle regole di concorrenza costituisce una forma sostanziale, la cui omissione comporta l’annullamento della decisione adottata all’esito di detto procedimento (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione, C‑88/15 P, EU:C:2017:716, punto 53).

170    A tale audizione le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri devono essere invitate dalla Commissione, come previsto dall’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, e l’omissione dell’invito in parola comporta anch’essa la violazione di una forma sostanziale (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione, C‑88/15 P, EU:C:2017:716, punto 53).

171    Secondo la ricorrente, le norme relative alle audizioni non implicano soltanto che le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri siano invitate a partecipare a tale parte del procedimento. Esse devono altresì esservi fisicamente presenti o rappresentate, essendo una simile presenza l’unico mezzo per garantire che le suddette autorità siano in possesso delle informazioni necessarie per consentire loro di pronunciarsi con piena cognizione di causa.

172    A tal riguardo, occorre rilevare che nella normativa non è prevista nessuna regola di questo tipo, e che gli unici requisiti sono quelli sopra richiamati, vale a dire l’organizzazione di un’audizione e l’invito rivolto alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a parteciparvi.

173    In tale contesto, spetta alle autorità che compongono il comitato consultivo valutare se esse dispongano degli elementi che consentono loro di esprimere la loro opinione, fermo restando che esse devono, in ogni caso, aver ricevuto, come previsto dall’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, un’esposizione della questione, un’indicazione dei documenti più importanti della pratica e un progetto preliminare di decisione al momento in cui viene emesso il parere di detto comitato (v. punto 166 supra).

174    Nel caso di specie, tutti i requisiti posti dalla normativa sono stati soddisfatti.

175    Da un lato, la relazione finale del consigliere auditore (punto 9) dà atto che, nel caso di specie, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono state invitate a partecipare all’audizione, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e che, di conseguenza, il requisito al riguardo previsto nella normativa è stato soddisfatto.

176    D’altro canto, dal fascicolo risulta che, al momento della formulazione del parere del comitato consultivo, i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri avevano a disposizione la comunicazione degli addebiti, la comunicazione degli addebiti complementari, le risposte delle imprese a tali due documenti, la lettera della Commissione del 15 dicembre 2017 che annunciava la ripresa del procedimento, le risposte delle imprese alla lettera summenzionata, altra corrispondenza scambiata tra la Commissione e le imprese prima dell’audizione, nonché il progetto preliminare di decisione.

177    È vero che, fra tali informazioni, non figurava il verbale dell’audizione.

178    Secondo la giurisprudenza relativa all’articolo 10, paragrafo 5, del regolamento n. 17, il verbale dell’audizione fa parte, in via di principio, dei documenti principali ai sensi di tale disposizione e dev’essere quindi comunicato al comitato consultivo al momento della sua convocazione (v. sentenza del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione, T‑691/14, con impugnazione pendente, EU:T:2018:922, punto 149 e giurisprudenza ivi citata).

179    Come fatto presente dalla Commissione, la redazione di un verbale era in quel momento prevista dal regolamento n. 99/63/CEE della Commissione, del 25 luglio 1963, relativo alle audizioni previste all’articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 (GU 1963, 127, pag. 2268), a termini del quale «[l]e principali dichiarazioni rilasciate di ciascuna delle persone sentite sono messe a verbale. Il processo verbale viene letto e approvato dalle persone sentite» (articolo 9, paragrafo 4).

180    Tale requisito è stato tuttavia eliminato dal regolamento (CE) n. 2842/98 della Commissione, del 22 dicembre 1998, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma degli articoli 85 e 86 del trattato CE (GU 1998, L 354, pag. 18), a sua volta abrogato, senza che l’obbligo in parola fosse reintrodotto dal regolamento n. 773/2004.

181    Pertanto, non si può contestare alla Commissione di non aver trasmesso alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri un documento che essa non doveva redigere.

182    Occorre tuttavia stabilire se, in mancanza di un verbale, una registrazione dell’audizione avrebbe dovuto essere comunicata al comitato consultivo.

183    Infatti, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 8, del regolamento n. 773/2004, le dichiarazioni rese da ciascuna persona sentita vengono registrate.

184    Secondo la Commissione, le registrazioni vengono trasmesse alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri che ne fanno richiesta. Tale possibilità è prevista dall’articolo 14, paragrafo 8, del regolamento n. 773/2004, secondo il quale le registrazioni effettuate durante le audizioni sono messe a disposizione, dietro richiesta, delle persone che si attivano in tal senso. Orbene, nessuna richiesta le sarebbe stata rivolta in tal senso, circostanza che la ricorrente non nega.

185    A tal riguardo, è sufficiente rilevare che la giurisprudenza prevede che le informazioni comunicate al comitato consultivo sono insufficienti qualora non gli siano stati comunicati elementi di valutazione importanti ed inediti rispetto alle risposte scritte delle imprese alla comunicazione degli addebiti, impedendo al comitato consultivo di emettere il proprio parere con piena cognizione di causa (v. sentenza del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione, T‑691/14, con impugnazione pendente, EU:T:2018:922, punto 149 e giurisprudenza ivi citata).

186    Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non ha affermato che la mancata comunicazione della registrazione dell’audizione sarebbe stata tale da indurre in errore il comitato su punti essenziali e non ha fornito alcuna indicazione relativa all’esistenza di un’eventuale divergenza tra le sue risposte scritte alle comunicazioni degli addebiti, quali trasmesse al comitato, e le sue osservazioni orali nel corso dell’audizione.

187    Inoltre, l’esame del fascicolo non rivela alcun indizio tale da mettere in dubbio il fatto che il comitato consultivo disponesse effettivamente, durante la sua riunione, degli elementi necessari alla sua valutazione, senza che fosse stato necessario comunicargli la registrazione dell’audizione.

188    Pertanto, si deve concludere che, disponendo delle informazioni di cui al punto 176 supra, i rappresentanti delle due autorità garanti della concorrenza degli Stati membri interessati dalla censura della ricorrente hanno potuto ritenere, senza violare la normativa, di disporre delle informazioni necessarie per consentire loro di esprimere la propria opinione con piena cognizione di causa senza dover concretamente partecipare all’audizione.

189    L’argomento deve pertanto essere respinto.

190    In secondo luogo, la ricorrente fa valere che l’autorità garante della concorrenza relatrice non aveva partecipato all’audizione del 23 aprile 2018 e che, in circostanze del genere, quest’ultima non poteva relazionare correttamente sullo svolgimento di detta audizione in seno al comitato consultivo.

191    A detto proposito, si deve rilevare che, come sottolinea la ricorrente, in materia di concorrenza, così come in altri settori in cui è previsto un intervento analogo, l’autorità incaricata di redigere la relazione per preparare una posizione da adottare di comune accordo è in grado di esercitare un’influenza sulla valutazione dell’organo interessato.

192    Tuttavia, tale ruolo non può essere considerato decisivo, dato che l’unica condizione posta dalla normativa è che il comitato consultivo sia stato consultato, senza che la legittimità della decisione adottata al termine dell’iter possa dipendere dalla partecipazione dell’autorità garante della concorrenza relatrice all’insieme delle fasi procedurali che hanno preceduto l’adozione di detta decisione.

193    Qualsiasi diversa soluzione farebbe dipendere la legittimità delle decisioni della Commissione in applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE da un comportamento adottato, per ragioni ad esse proprie, da una o più autorità nazionali e pregiudicherebbe così la piena applicazione di tali disposizioni.

194    Nello stesso senso, in giurisprudenza è stato deciso che la presenza all’audizione dell’autorità garante della concorrenza relatrice non è necessaria per garantire la regolarità del procedimento, giacché detta autorità non svolge un ruolo particolare in tale sede (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione, T‑691/14, con impugnazione pendente, EU:T:2018:922, punti 147 e 163).

195    Il secondo argomento deve pertanto essere respinto.

196    Poiché le argomentazioni che la compongono sono state respinte, occorre respingere la censura e, tenuto conto della risposta fornita alle altre censure, il primo motivo considerato nel suo insieme.

2.      Sul secondo motivo, vertente sul rifiuto illegittimo della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità di tale decisione con il principio del termine ragionevole del procedimento

197    La ricorrente sostiene che la Commissione non abbia verificato in modo giuridicamente sufficiente se la decisione impugnata potesse essere adottata, laddove, a suo avviso, vi ostava il principio del termine ragionevole, sancito all’articolo 41 della Carta. Da un lato, essa addebita alla Commissione un errore di diritto al riguardo. Dall’altro, essa lamenta che la Commissione non avrebbe rispettato l’obbligo di motivazione ad essa incombente.

198    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

a)      Sulla prima censura, vertente su un errore di diritto 

199    La ricorrente ritiene che la Commissione, rifiutandosi di valutare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità dell’adozione di tale decisione con il principio del termine ragionevole, abbia violato l’articolo 41 della Carta.

200    A tal riguardo, occorre rilevare che, come sottolineato dalla ricorrente, la Commissione è tenuta a rispettare il principio del termine ragionevole ripreso all’articolo 41 della Carta (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 179, e del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, EU:T:2012:275, punto 285).

201    Pertanto, il decorso del termine deve essere preso in considerazione quando, avvalendosi del margine discrezionale conferitole dal diritto dell’Unione, la Commissione valuta se, nell’applicazione delle regole di concorrenza, occorra avviare azioni e adottare una decisione.

202    Dalla decisione impugnata risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione non ha violato l’obbligo di tener conto della scadenza del termine quando valuta se debbano essere avviate siffatte azioni e adottata una decisione sanzionatoria. La decisione impugnata mostra, infatti, che tale istituzione ha esaminato, prima di pronunciarsi, se, nel caso di specie, il procedimento potesse essere riaperto e se esso potesse sfociare nell’adozione di una siffatta decisione, imponendo un’ammenda.

203    Pertanto, la Commissione ha analizzato, in diversi passaggi della decisione impugnata, da un lato, se il procedimento che aveva portato all’adozione di quest’ultima fosse stato condotto in modo soddisfacente per quanto riguarda i termini e, dall’altro, se si dovessero trarre conseguenze dalla durata delle fasi che avevano portato a tale adozione.

204    Ad esempio, la Commissione ha rilevato che, secondo l’analisi che essa aveva potuto effettuare, da un lato, le attività di indagine erano state svolte con diligenza e, dall’altro, le interruzioni intervenute nel corso del procedimento amministrativo erano dovute al sindacato giurisdizionale (punti 528 e 555 della decisione impugnata).

205    In tale contesto, la Commissione ha riconosciuto che, come affermato dal Tribunale e dalla Corte nelle sentenze del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione (T‑94/03, non pubblicata, EU:T:2007:320), e del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716), essa aveva commesso taluni errori procedurali. Tuttavia, essa ha fatto valere che detti errori, che avevano potuto prolungare la durata del procedimento, erano dovuti all’incertezza giuridica in cui si era trovata a seguito della scadenza del trattato CECA (punto 555 della decisione impugnata).

206    Analogamente, la Commissione ha ammesso che, a seguito degli errori procedurali che erano stati commessi, le diverse fasi succedutesi avevano potuto condurre, per il procedimento considerato nel suo complesso – fasi amministrative e interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale incluse – a una durata «oggettivamente» lunga (punto 528 della decisione impugnata).

207    La Commissione ha aggiunto, nell’ambito di tale valutazione, che, a suo avviso, la lunghezza di cui trattasi non superava i termini considerati accettabili alla luce della giurisprudenza (punto 528 della decisione impugnata).

208    A titolo complementare, la Commissione ha indicato che, in forza della giurisprudenza, una durata contraria al principio del termine ragionevole non poteva comportare, di per sé sola, l’annullamento di una decisione. Infatti, secondo la Corte, un risultato del genere potrebbe essere raggiunto solo se la durata irragionevole avesse pregiudicato i diritti della difesa compromettendo la facoltà, per le imprese interessate, di raccogliere le prove e di presentare i loro argomenti. Orbene, secondo la Commissione, la ricorrente non aveva dimostrato che ciò fosse avvenuto nel caso di specie (punti 556 e 557 della decisione impugnata).

209    Peraltro, la Commissione ha indicato, al punto 536 della decisione impugnata, che, alla luce della normativa applicabile, e conformemente alla giurisprudenza elaborata in materia, essa aveva il potere di adottare una nuova decisione.

210    La Commissione ha ammesso che l’adozione di una nuova decisione doveva essere preceduta da un esame volto, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutole in materia di repressione delle infrazioni al diritto della concorrenza, a effettuare un bilanciamento tra, da un lato, l’interesse pubblico a garantire l’effettiva applicazione delle regole di concorrenza e, dall’altro, quello delle parti ad ottenere una decisione entro un termine ragionevole e la mitigazione delle possibili conseguenze degli errori eventualmente commessi durante il procedimento (punti 536 e 559 della decisione impugnata).

211    Nel caso di specie, la Commissione ha effettuato un simile bilanciamento, concludendo, alla luce della gravità dell’infrazione constatata, da un lato, che era necessario adottare una decisione e, dall’altro, che doveva essere inflitta una sanzione alle imprese destinatarie (punti da 560 a 568 della decisione impugnata).

212    Infine, la Commissione ha ridotto l’importo dell’ammenda conformemente al suggerimento formulato dal consigliere-auditore, in modo da mitigare, in una certa misura (50%), le conseguenze negative che avrebbero potuto risultare, per le imprese interessate, dalla lunghezza del procedimento e dagli errori procedurali commessi (punti da 570 a 573 della decisione impugnata).

213    Pertanto, dalla decisione impugnata risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione ha verificato, prima di adottare tale decisione, se il principio del termine ragionevole fosse stato rispettato, analizzando la lunghezza del procedimento amministrativo, fasi amministrative e interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale incluse, le cause che potevano spiegare la durata del procedimento e le conseguenze che potevano esserne tratte.

214    Tale conclusione è contestata dalla ricorrente, secondo la quale la Commissione, nella decisione impugnata, ha rifiutato di pronunciarsi sulla lunghezza irragionevole del procedimento con la motivazione che siffatta valutazione doveva essere riservata al giudice dell’Unione senza che essa potesse pronunciarsi al riguardo.

215    A tal riguardo, occorre rilevare che al giudice dell’Unione possono essere sottoposte questioni relative alla durata di procedimenti. Nel contenzioso in materia di responsabilità, esso deve condannare le istituzioni, gli organi o gli organismi dell’Unione laddove questi ultimi abbiano causato un danno violando il principio del termine ragionevole (sentenze del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 94, e dell’11 luglio 2019, Italmobiliare e a./Commissione, T‑523/15, non pubblicata, EU:T:2019:499, punto 159). Nel contenzioso di annullamento, la durata di un procedimento può avere come conseguenza l’annullamento di una decisione impugnata se due condizioni sono soddisfatte in modo cumulativo, la prima delle quali è che siffatta durata appaia essere stata irragionevole e la seconda che il superamento del termine ragionevole abbia ostacolato i diritti della difesa (sentenze del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, EU:C:2006:593, punti 47 e 48; dell’8 maggio 2014, Bolloré/Commissione, C‑414/12 P, non pubblicata, EU:C:2014:301, punti 84 e 85, e del 9 giugno 2016, PROAS/Commissione, C‑616/13 P, EU:C:2016:415, punti da 74 a 76).

216    Come segnalato dalla ricorrente, la competenza così attribuita al giudice dell’Unione non può dispensare la Commissione dalla valutazione che essa deve effettuare al momento di determinare il seguito da dare a una sentenza di annullamento in applicazione dell’articolo 266 TFUE.

217    Come è stato indicato, la Commissione deve prendere in considerazione, quando effettua una siffatta valutazione, il complesso degli elementi della causa, in particolare l’opportunità di adottare una nuova decisione, quella di infliggere una sanzione e quella, se del caso, di ridurre la sanzione prevista qualora risulti, segnatamente, che, senza costituire di per sé un inadempimento colpevole, la durata del procedimento, in quanto ha comportato fasi amministrative ma anche, eventualmente, interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale, può aver influito sugli elementi di cui tenere conto per fissare l’importo dell’ammenda, e in particolare sul suo eventuale effetto deterrente quando essa viene irrogata molto tempo dopo i fatti che costituiscono l’infrazione.

218    Tale valutazione, vertente in particolare sulla durata complessiva del procedimento, fasi giurisdizionali incluse, è stata principalmente effettuata al punto 528 della decisione impugnata.

219    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione ha verificato, nella decisione impugnata, se la durata del procedimento potesse ostare alla ripresa del procedimento pur riconoscendo che una siffatta valutazione era posta sotto il controllo del giudice dell’Unione nel contenzioso in materia di legittimità e, se del caso, di responsabilità.

220    Nel ricorso, la ricorrente invoca l’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), relativamente all’obbligo, che incomberebbe alla Commissione, di verificare, prima di adottare una nuova decisione, se tale adozione sarebbe conforme al principio del termine ragionevole.

221    A tal riguardo, occorre rilevare che, al pari dell’articolo 47 della Carta, parimenti invocato dalla ricorrente, l’articolo 6 della CEDU comporta l’obbligo di rispettare il principio del termine ragionevole nei procedimenti giurisdizionali.

222    Nel caso di specie, l’articolo 6 della CEDU e l’articolo 47 della Carta non possono in ogni caso incidere sulla soluzione da dare alla controversia per quanto riguarda il motivo qui esaminato, dato che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione ha proceduto, di fatto, come risulta dalla decisione impugnata, alla verifica di cui si tratta nell’argomentazione da essa sviluppata.

223    La censura in esame va pertanto respinta.

b)      Sulla seconda censura, vertente su una violazione dellobbligo di motivazione 

224    La ricorrente addebita alla Commissione di aver violato l’obbligo di motivazione non avendo quest’ultima spiegato in modo giuridicamente sufficiente i motivi per i quali riteneva di non essere tenuta a valutare il rispetto del principio del termine ragionevole.

225    A tal riguardo, si deve ritenere che la censura sia infondata in fatto.

226    Invero, come dichiarato in risposta alla prima censura del presente motivo, la Commissione non ha rifiutato di verificare, nella decisione impugnata, la compatibilità dell’adozione di quest’ultima con il principio del termine ragionevole.

227    Al contrario, dalla risposta alla prima censura emerge che essa ha proceduto a tale verifica in modo giuridicamente sufficiente concludendo che nessuna considerazione poteva ostare alla ripresa del procedimento, all’adozione di una nuova decisione e all’irrogazione di un’ammenda.

228    La censura deve pertanto essere respinta, così come, di conseguenza, il secondo motivo nel suo complesso.

3.      Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio del termine ragionevole del procedimento

229    La ricorrente deduce che la decisione impugnata deve essere annullata, giacché è stata adottata al termine di un procedimento che avrebbe oltrepassato il termine ragionevole. A suo avviso, la durata eccessiva del procedimento comporta la conseguenza che la Commissione non disponesse più del potere sanzionatorio e che detta decisione sia, pertanto, illegittima anche per eccesso di potere. In sostanza, la ricorrente deduce tre censure, riguardanti rispettivamente la durata delle fasi amministrative, la durata complessiva del procedimento e l’effetto della lunghezza del procedimento sui diritti della difesa, tutte contestate dalla Commissione.

230    Prima di esaminare tali censure, si deve ricordare che, secondo la Corte, la durata del procedimento può avere come conseguenza l’annullamento di una decisione impugnata se ricorrono cumulativamente due condizioni, la prima, che la durata del procedimento appaia irragionevole e, la seconda, che il superamento del termine ragionevole abbia impedito l’esercizio dei diritti della difesa (v. punto 215 supra).

231    Ne consegue che una decisione della Commissione non potrebbe essere annullata per il solo motivo del superamento del termine ragionevole qualora tale superamento non abbia pregiudicato i diritti della difesa della ricorrente. Pertanto, l’argomento della ricorrente secondo cui il mero superamento del termine ragionevole avrebbe dovuto indurre la Commissione a rinunciare ad adottare la decisione impugnata deve essere respinto a priori.

232    Per l’analisi del motivo, il Tribunale esaminerà la prima condizione, considerando in successione la durata delle fasi amministrative (prima censura) e la durata complessiva del procedimento amministrativo, incluse le interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale (seconda censura). Dopo di che, esso analizzerà, a titolo della seconda condizione, se l’esercizio dei diritti della difesa della ricorrente sia stato ostacolato (terza censura).

a)      Sulla prima censura, relativa alla durata delle fasi amministrative

233    La ricorrente sostiene che, essendo scaglionata su oltre sei anni, la durata delle fasi amministrative si è rivelata contraria al principio del termine ragionevole. Essa critica, in particolare, la lentezza con cui la Commissione ha reagito agli annullamenti pronunciati in successione dal Tribunale e dalla Corte:

–        tra la pronuncia della sentenza del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione (T‑94/03, non pubblicata, EU:T:2007:320), e l’adozione della decisione del 2009, vale a dire nel corso di oltre due anni, la Commissione si sarebbe limitata ad inviare la lettera del 30 giugno 2008 menzionata al punto 11 supra, annunciando la riapertura del procedimento, nonché talune richieste di informazioni e non vi sarebbe stata, durante tale periodo, né una nuova comunicazione degli addebiti né una nuova audizione, sebbene fosse facile per la Commissione correggere il vizio che aveva invalidato la decisione annullata, dato che detto vizio era stato chiaramente identificato dal Tribunale;

–        analogamente, tra la sentenza del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716), e l’adozione della decisione impugnata, ossia per un anno e nove mesi, l’attività svolta dalla Commissione si sarebbe limitata all’invio della lettera del 15 dicembre 2017, che annunciava la riapertura del procedimento, a quello delle lettere che annunciavano e spiegavano l’audizione del 23 aprile 2018 nonché a talune limitate richieste di informazioni in merito alla situazione patrimoniale della ricorrente.

234    La ricorrente fa valere, inoltre, che le fasi amministrative del procedimento sono inficiate da numerosi errori gestionali nei quali è incorsa la Commissione, che avrebbero contribuito ad allungare ingiustificatamente i tempi del procedimento.

235    A tal riguardo, occorre ricordare che il diritto dell’Unione impone alle istituzioni di trattare entro un termine ragionevole i casi nell’ambito dei procedimenti amministrativi da esse condotti (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2012, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑214/06, EU:T:2012:275, punto 284).

236    Infatti, l’obbligo di osservare un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi costituisce un principio generale di diritto ripreso, in particolare, dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta (sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 167; dell’11 aprile 2006, Angeletti/Commissione, T‑394/03, EU:T:2006:111, punto 162, e del 7 giugno 2013, Italia/Commissione, T‑267/07, EU:T:2013:305, punto 61).

237    Nel caso di specie, dal fascicolo risulta che quattro fasi, durate complessivamente sei anni e un mese, si sono succedute dinanzi alla Commissione nel corso della trattazione del caso:

–        una prima fase, durata un anno e cinque mesi, ha separato le prime misure di indagine dall’invio della comunicazione degli addebiti alla Federacciai e alle imprese interessate;

–        le tre fasi successive sono quelle che hanno condotto, rispettivamente, all’adozione della decisione del 2002, di quella del 2009 e della decisione impugnata, ciascuna delle quali è durata, rispettivamente, nove mesi, due anni e un mese e un anno e nove mesi.

238    Secondo la giurisprudenza, il carattere ragionevole del termine deve essere valutato prendendo in considerazione le circostanze proprie di ciascun caso di specie e, segnatamente, la rilevanza della controversia per l’interessato, la complessità del caso nonché il comportamento della parte ricorrente e quello delle autorità competenti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 187 e 188).

239    In primo luogo, per quanto riguarda la rilevanza della controversia per l’interessato, occorre ricordare che, in caso di controversia riguardante un’infrazione al diritto della concorrenza, il precetto fondamentale della certezza del diritto, sulla quale gli operatori economici devono poter contare, nonché l’obiettivo di garantire che la concorrenza non sia falsata sul mercato interno presentano un rilevante interesse non solo per la parte ricorrente e per i suoi concorrenti, bensì anche per i terzi, in ragione del vasto numero di persone coinvolte e degli interessi economici in gioco (v. sentenza del 1° febbraio 2017, Aalberts Industries/Unione europea, T‑725/14, EU:T:2017:47, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

240    Nel caso di specie, la Commissione ha constatato nella decisione impugnata che la ricorrente aveva violato l’articolo 65, paragrafo 1, CA, partecipando, dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000, a un accordo continuato o a pratiche concertate riguardanti il tondo per cemento armato aventi per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato interno.

241    Sulla base di tale constatazione, la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di EUR 2,237 milioni.

242    Tenendo conto di tali elementi, è lecito ritenere che la rilevanza del caso fosse notevole per la ricorrente.

243    In secondo luogo, per quanto concerne la complessità del caso, si deve rilevare che gli errori in cui è incorsa la Commissione riguardano le conseguenze che occorreva trarre, per il procedimento, dalla scadenza del Trattato CECA.

244    Orbene, occorre ricordare che le questioni connesse alle norme applicabili ai fatti in discussione, sia per quanto riguarda il merito sia per quanto riguarda il procedimento, a causa della scadenza del Trattato CECA, presentavano, come indicato dalla Commissione, una certa complessità.

245    Inoltre, l’intesa ha coperto un periodo relativamente lungo (10 anni e 7 mesi), ha coinvolto un numero significativo di soggetti (8 imprese, comprendenti in totale 11 società, e un’associazione di categoria) e ha comportato un volume imponente di documenti forniti o ottenuti nel corso delle ispezioni (circa 20 000 pagine).

246    Alla luce di tali elementi, il caso deve essere considerato complesso.

247    In terzo luogo, per quanto riguarda il comportamento delle parti, va constatato che la Commissione ha svolto un’attività continua a causa dei numerosi solleciti che le pervenivano dalle parti del procedimento amministrativo.

248    Così, la Commissione ha dovuto esaminare, nel contesto dell’adozione della decisione impugnata, numerose lettere, mentre al contempo doveva preparare l’audizione del 23 aprile 2018 e verificare una proposta di transazione presentata da alcune parti del procedimento amministrativo il 4 dicembre 2018.

249    La ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in due errori gestionali che avrebbero allungato in modo ingiustificato la durata del procedimento:

–        un errore nella preparazione dei CD-ROM allegati alla comunicazione degli addebiti;

–        l’errata notificazione della decisione del 2009 nonché della decisione impugnata.

250    Sebbene la ricorrente non specifichi il lasso di tempo supplementare occorso a causa dei due menzionati errori in cui sarebbe incorsa la Commissione, dai punti 13 e 14 supra emerge che il secondo errore ha in ogni caso comportato un prolungamento del procedimento di due mesi e una settimana soltanto.

251    Pertanto, la ricorrente non ha fornito elementi idonei a consentire di concludere che gli errori denunciati abbiano avuto un impatto rilevante sulla lunghezza del procedimento.

252    Da tali elementi considerati nel loro complesso risulta che la durata delle fasi amministrative del procedimento non appare irragionevole alla luce delle circostanze proprie del caso di specie e, in particolare, della sua complessità, in un contesto in cui nessun periodo di inerzia ingiustificata può essere addebitato alla Commissione nel corso delle tappe che hanno punteggiato le suddette fasi amministrative.

253    La censura in esame va pertanto respinta.

b)      Sulla seconda censura, relativa alla durata complessiva del procedimento

254    La ricorrente si duole della durata complessiva che è stata necessaria per il trattamento del fascicolo dai primi atti istruttori fino all’adozione della decisione impugnata. A suo avviso, il fatto che, al momento della suddetta adozione, tale durata fosse pari a quasi 19 anni e riguardasse condotte alcune delle quali si erano verificate oltre 30 anni prima rende siffatta durata contraria al principio del termine ragionevole.

255    A tal riguardo, occorre rilevare che l’obbligo di rispettare un termine ragionevole si applica a ciascuna fase che s’inscriva in un procedimento nonché al complesso da quest’ultimo formato (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 230 e 231, e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Solvay/Commissione, C‑109/10 P, EU:C:2011:256, paragrafo 239).

256    Nel caso di specie, si deve constatare che il periodo nel corso del quale si è svolto il complesso del procedimento amministrativo è stato eccezionalmente lungo, ciò che, del resto, ha indotto la Commissione a ridurre l’ammenda infine irrogata alla ricorrente (v. punto 212 supra).

257    Tuttavia, la lunghezza complessiva del procedimento amministrativo può essere spiegata, nella fattispecie, con la complessità del fascicolo, fermo restando che, per taluni aspetti, essa è dovuta ad elementi relativi al caso vero e proprio, mentre, per altri, è legata al contesto in cui è da inquadrare il fascicolo, vale a dire la scadenza del trattato CECA (v. punti da 243 a 246 supra).

258    È vero che la Commissione è incorsa in taluni errori nella valutazione delle conseguenze da trarre dalla scadenza del trattato CECA e che detti errori hanno dato luogo ad annullamenti pronunciati dal Tribunale e successivamente dalla Corte.  

259    Tuttavia, tali errori nonché l’impatto che essi hanno potuto avere sulla durata del procedimento amministrativo devono essere valutati tenendo conto della complessità delle questioni sollevate.

260    Peraltro, la durata complessiva del procedimento amministrativo è in parte imputabile alle interruzioni dovute al sindacato giurisdizionale ed è quindi legata al numero di ricorsi proposti dinanzi al giudice dell’Unione sui diversi aspetti del caso.

261    A detto riguardo occorre notare che la possibilità che talune imprese, in una situazione come quella della ricorrente, vedano i propri casi esaminati più di una volta dalle autorità amministrative ed eventualmente dai giudici dell’Unione è insita nel sistema realizzato previsto dagli autori dei trattati per il controllo delle condotte e delle operazioni in materia di concorrenza.

262    Quindi, l’obbligo per le autorità amministrative di svolgere svariate formalità e adempimenti prima di poter adottare una decisione finale nell’ambito della concorrenza, e la possibilità che suddetti formalità o adempimenti possano dare origine ad un ricorso, non possono essere utilizzati da un’impresa, come argomenti al termine dell’iter procedimentale, per far valere che si sia superato il termine ragionevole (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nelle cause Feralpi e a./Commissione, C‑85/15 P, C‑86/15 P e C‑87/15 P, C‑88/15 P e C‑89/15 P, EU:C:2016:940, paragrafo 70).

263    In tali circostanze, non si può considerare che, valutata nel suo complesso, la durata del procedimento amministrativo sia stata eccessiva, e che, pertanto, essa abbia potuto ostare all’adozione, da parte della Commissione, di una nuova decisione irrogativa di un’ammenda.

264    La censura in esame va pertanto respinta.

c)      Sulla terza censura, concernente leffetto della durata del procedimento sui diritti della difesa

265    La ricorrente ritiene che la durata del procedimento amministrativo abbia leso i suoi diritti della difesa. A suo avviso, a causa di tale durata, l’audizione del 23 aprile 2018 non ha consentito alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri di sentire tutti i soggetti le cui opinioni potessero influire sulla sua capacità di difendersi. Inoltre, se l’audizione avesse avuto luogo conformemente alla normativa applicabile prima dell’adozione della decisione del 2002 o anche della decisione del 2009, il Tribunale non avrebbe statuito sul merito dei comportamenti delle condotte contestate e, di conseguenza, i rappresentanti degli Stati membri sarebbero stati liberi da condizionamenti o pregiudizi.

266    A tal riguardo, occorre ricordare che, come indicato al punto 230 supra, affinché il giudice pronunci l’annullamento della decisione adottata dalla Commissione a motivo di una violazione del principio del termine ragionevole, devono essere soddisfatte due condizioni. Poiché la prima (durata irragionevole del procedimento) non è soddisfatta, non è necessario, in linea di principio, verificare, in risposta alla terza censura, se la lunghezza del procedimento amministrativo abbia ostacolato l’esercizio dei diritti della difesa. Occorre tuttavia procedere a tale esame, ad abundantiam, per fornire una piena risposta alle preoccupazioni formulate dalla ricorrente.

267    Da un lato, occorre constatare che, nel corso del procedimento considerato nel suo complesso, la ricorrente ha avuto, almeno sette volte, l’occasione di esprimere il suo punto di vista e di esporre i suoi argomenti (v. punti da 3 a 6, 11, 24 e 25 supra).

268    In particolare, la ricorrente ha potuto esprimere il suo punto di vista, durante la terza fase amministrativa, nelle sue osservazioni del 1º febbraio 2018 e durante l’audizione del 23 aprile 2018 (v. punti 24 e 25 supra).

269    D’altro lato, l’esame del primo motivo ha consentito di dimostrare che i diritti della difesa della ricorrente non erano stati pregiudicati né dal fatto che non tutti i soggetti che avevano partecipato alle precedenti audizioni erano presenti all’audizione del 23 aprile 2018, né dal fatto che i rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sapessero, al momento di esprimere il loro parere all’interno del comitato consultivo, che due decisioni, una delle quali era stata confermata dal Tribunale, erano state adottate precedentemente nei confronti delle imprese interessate, né, ancora, dal fatto che la Commissione si fosse già espressa due volte sui fatti in causa e che, su detto punto, la sua posizione era stata confermata dal Tribunale (v. punti da 59 a 162 supra).

270    Da tali elementi risulta che, anche supponendo che la durata del procedimento amministrativo possa essere considerata contraria al principio del termine ragionevole, le condizioni da soddisfare per ottenere un annullamento della decisione impugnata non sarebbero soddisfatte, dal momento che la ricorrente non ha potuto dimostrare alcuna lesione dei diritti della difesa derivanti da detta durata.

271    Ciò considerato, si deve ritenere che non sia soddisfatto alcuno dei requisiti necessari affinché il Tribunale possa pronunciare l’annullamento della decisione impugnata a titolo di violazione del principio del termine ragionevole.

272    La censura dev’essere quindi respinta e, con essa, il terzo motivo considerato nel suo complesso.

4.      Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dellobbligo di motivazione, su un eccesso di potere e sulla violazione del principio di proporzionalità

273    Il quarto motivo è suddiviso in cinque censure. Esse sono tutte contestate dalla Commissione.

a)      Sulla prima censura, relativa alla mancanza di spiegazioni sufficienti sulle ragioni che hanno indotto la Commissione ad adottare una nuova decisione irrogativa di unammenda

274    La ricorrente sostiene che la Commissione non avrebbe sufficientemente spiegato le ragioni che hanno potuto indurla a riprendere il procedimento, esercitando così in modo arbitrario il potere discrezionale di cui essa dispone in tale materia. Essa fa altresì valere, nel contesto di cui trattasi, che la Commissione ha ritenuto che l’adozione della decisione impugnata conservasse un importante effetto deterrente, senza spiegare perché la dissuasione avrebbe dovuto operare per quel momento e per l’avvenire e senza chiarire, nella decisione impugnata, le ragioni per le quali l’effetto deterrente fosse, come affermato dalla Commissione stessa, «particolarmente auspicabile in un mercato quale il tondo per cemento armato in Italia».

275    A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione è investita dall’articolo 105, paragrafo 1, TFUE del compito di vigilare sull’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE.

276    A tale titolo, la Commissione è chiamata a definire e ad attuare, secondo la giurisprudenza, la politica dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2013, Vivendi/Commissione, T‑432/10, non pubblicata, EU:T:2013:538, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

277    In tale contesto, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale attestato dal regolamento n. 1/2003, secondo il quale, qualora constati l’esistenza di un’infrazione, essa «può», da un lato, obbligare le imprese interessate a porvi fine (articolo 7, paragrafo 1) e, dall’altro, infliggere ammende alle imprese che contravvengono (articolo 23, paragrafo 2).

278    In materia di concorrenza, alla Commissione è stato quindi affidato, indipendentemente dalla via seguita per portare il fascicolo a sua conoscenza, ovverosia, segnatamente, nell’ambito di una denuncia oppure di propria iniziativa, il potere di decidere se determinati comportamenti dovevano essere oggetto di un’istruttoria, di una decisione e di un’ammenda, in funzione delle priorità da essa definite nell’ambito della sua politica di concorrenza.

279    Tuttavia, l’esistenza di tale potere non esime la Commissione dal suo obbligo di motivazione (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2020, LL-Carpenter/Commissione, T‑531/18, non pubblicata, EU:T:2020:91, punto 90 e giurisprudenza ivi citata).

280    In un contesto in cui, come nel caso di specie, da un lato, una decisione adottata dalla Commissione è stata annullata due volte e in cui, dall’altro, il tempo trascorso tra i primi atti istruttori e l’adozione della decisione è stato eccezionalmente lungo, spetta a detta istituzione, in base al principio di buona amministrazione, tener conto della durata del procedimento e delle conseguenze che una simile durata ha potuto avere sulla sua decisione di perseguire le imprese interessate, e tale valutazione deve allora risultare nella motivazione della decisione.

281    Orbene, è proprio quanto ha fatto la Commissione indicando dettagliatamente, da un lato, ai punti da 526 a 529 della decisione impugnata e, dall’altro, ai punti da 536 a 573 di tale decisione, le ragioni per le quali essa ha ritenuto che occorresse adottare una nuova decisione che accertasse l’esistenza dell’infrazione e infliggesse un’ammenda alle imprese interessate.

282    Così, la Commissione ha indicato, anzitutto, che la durata del procedimento non comportava, a suo avviso, alcuna violazione del principio del termine ragionevole (punti 528 e 555 della decisione impugnata) e che i diritti della difesa delle imprese non erano stati violati, dato che queste ultime, da un lato, avevano potuto presentare le loro osservazioni in merito alla riapertura del procedimento e, dall’altro, avevano parimenti esposto i loro argomenti nel corso dell’audizione del 23 aprile 2018. Sotto tale profilo, essa ha precisato che la ricorrente non aveva fornito alcun elemento concreto a supporto della sua affermazione secondo cui essa non sarebbe stata in grado di esercitare pienamente i suoi diritti della difesa (punti 556 e 557 della decisione impugnata).

283    La Commissione, tuttavia, ha ammesso di essere incorsa in taluni errori procedurali e ha riconosciuto che tali errori avevano potuto contribuire ad allungare la durata del procedimento.

284    È in tale momento che essa ha proceduto, nella decisione impugnata, a un bilanciamento dell’interesse generale all’effettiva applicazione delle norme in materia di concorrenza e dello scrupolo di mitigare le possibili conseguenze degli errori procedurali commessi (punto 559 della decisione impugnata).

285    A tale titolo, la Commissione ha rilevato che le imprese di cui trattasi avevano partecipato, per undici anni, a un’infrazione considerata come una restrizione fra le più serie in materia di concorrenza. Essa ha indicato che, in un simile contesto, il fatto di non riadottare una decisione che constata la partecipazione delle imprese a detta infrazione sarebbe contraria all’interesse generale di garantire ad un’effettiva applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione e andrebbe al di là dell’interesse a mitigare le conseguenze di un’eventuale violazione dei diritti fondamentali subita dalle imprese destinatarie (punti 560 e 561 della decisione impugnata).

286    All’esito di tale bilanciamento, la Commissione è giunta alla conclusione che, dal momento che era stata commessa un’infrazione, è soltanto adottando la decisione impugnata che essa avrebbe potuto assicurarsi che gli autori dell’infrazione non restassero impuniti e fossero effettivamente dissuasi dall’adottare un comportamento simile in futuro (punti da 563 a 569 della decisione impugnata).

287    Al termine dell’analisi, la Commissione ha precisato che, al fine di mitigare le conseguenze negative che potrebbero essere state causate dalla lunghezza del procedimento, che si era resa necessaria per ovviare ai vizi procedurali intervenuti nel corso dell’indagine e non attribuibili alle imprese di cui trattasi, essa aveva deciso di ridurre del 50% l’importo delle ammende inflitte (punti da 570 a 573 della decisione impugnata).

288    Consta quindi che, nella decisione impugnata, la Commissione ha fornito una motivazione approfondita che fa apparire, in forma chiara e non equivoca, il ragionamento da essa seguito per giustificare l’adozione di una nuova decisione nonostante i due annullamenti in precedenza intervenuti.

289    L’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe spiegato perché, in un momento in cui il mercato italiano era profondamente cambiato, lasciando spazio a una concorrenza molto forte e ad una pressione costante sul piano internazionale, fosse necessario infliggerle, nel luglio 2019, una sanzione per condotte risalenti anche a trent’anni prima non è tale da rimettere in discussione siffatta conclusione.

290    Invero, la questione di cui trattasi è comunque affrontata al punto 567 della decisione impugnata, nel quale la Commissione ha indicato che, sebbene l’infrazione fosse cessata da un tempo relativamente lungo, l’adozione di una decisione irrogativa di un’ammenda conservava la sua importanza, in particolare per il mercato del tondo per cemento armato in Italia, al fine di dissuadere le imprese destinatarie dall’adottare nuovamente condotte di tale gravità.

291    Dev’essere parimenti respinto l’argomento della ricorrente secondo cui la motivazione esposta dalla Commissione implica una contraddizione in quanto indicherebbe:

–        da un lato, al punto 562 della decisione impugnata, che essa intendeva impedire di «continuare» l’infrazione;

–        dall’altro, all’articolo 1, punto 3, di detta decisione, che la ricorrente aveva cessato l’infrazione contestata il 4 luglio 2000.

292    A tal riguardo, occorre rilevare che, al punto 562 della decisione impugnata, la Commissione si è espressa come segue:

«la violazione della durata ragionevole del procedimento asserita dalle parti non può precludere la constatazione dell’infrazione delle norme in materia di concorrenza da parte della Commissione. In effetti, ciò creerebbe una situazione in cui l’asserita (o anche riscontrata) durata eccessiva [del procedimento] consentirebbe alle imprese che hanno violato le norme in materia di concorrenza di continuare o di riprendere la loro condotta anticoncorrenziale, senza che resti accertata la loro precedente responsabilità nell’infrazione commessa».

293    Nella nota a piè di pagina inserita al punto 562 della decisione impugnata, il succitato passaggio fa riferimento al paragrafo 105 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Solvay/Commissione (C‑110/10 P, EU:C:2011:257) nell’ambito dell’esposizione che la Commissione fornisce della giurisprudenza applicabile.

294    In tale contesto, la Commissione spiega che la sanzione delle infrazioni al diritto della concorrenza si giustifica, anche in caso di violazione del termine ragionevole, poiché si tratta di evitare che la durata eccessiva del procedimento consenta alle imprese che hanno violato il diritto della concorrenza di continuare o di riprendere il loro comportamento anticoncorrenziale.

295    Poiché la Commissione non menzionava, in tali considerazioni generali, la situazione particolare della ricorrente, non si può, in ogni caso, considerare che esse entrino in contraddizione con la constatazione formulata all’articolo 1, punto 3, della decisione impugnata, secondo cui la ricorrente aveva posto fine all’infrazione controversa il 4 luglio 2000. Ciò premesso, non si può parlare di una contraddittorietà della motivazione.

296    Sulla base di siffatti elementi si può concludere che la motivazione fornita dalla Commissione nella decisione impugnata fa apparire in forma chiara e non equivoca il ragionamento da essa seguito per giustificare l’adozione di una nuova decisione che infligge un’ammenda e che, di conseguenza, la censura in esame deve essere respinta.

b)      Sulla seconda censura, relativa ad un errore di valutazione in cui è incorsa la Commissione riguardo alleffetto deterrente che può essere prodotto da una decisione irrogativa di unammenda

297    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata non consente di garantire un effetto deterrente, dato che quest’ultimo era già stato raggiunto.

298    Al riguardo, occorre rilevare che la Commissione ha potuto considerare, alla luce del carattere grave dell’infrazione constatata, che adottare una decisione e infliggere una sanzione era ancora giustificato, al momento in cui la decisione impugnata è stata adottata, in considerazione dell’effetto deterrente che avrebbero potuto produrre, sui mercati, tale decisione e tale sanzione.

299    È difatti la sanzione, vale a dire il fatto di dover versare l’ammenda inflitta, che dissuade effettivamente un’impresa, e in modo generale i soggetti del mercato, dal commettere una violazione delle regole di concorrenza previste agli articoli 101 e 102 TFUE. È vero che alla ricorrente è stata inflitta una sanzione in due occasioni nel corso del procedimento, la prima volta con la decisione del 2002 e la seconda con quella del 2009. Tuttavia, tali decisioni sono state annullate dal giudice dell’Unione, rispettivamente, nelle sentenze del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione (T‑94/03, non pubblicata, EU:T:2007:320), e del 21 settembre 2017, Ferriere Nord/Commissione (C‑88/15 P, EU:C:2017:716). In siffatto contesto, imporre una sanzione nella decisione impugnata ha potuto trovare una giustificazione alla luce della necessità di garantire l’effetto deterrente.

300    Si può aggiungere che l’imposizione di un’ammenda da parte della Commissione non aveva come unico obiettivo, nel caso di specie, quello di conferire un certo effetto deterrente alla decisione impugnata, ma parimenti quello di evitare una totale impunità alle imprese interessate, il che sarebbe avvenuto qualora esse non fossero state sanzionate nella decisione impugnata (v. punto 527 della decisione impugnata).

301    Orbene, quest’ultimo obiettivo era sufficiente, di per sé solo, alla luce degli elementi menzionati nella decisione impugnata, e tenuto conto con particolare rilievo, da un lato, della gravità dell’infrazione constatata dalla Commissione e, dall’altro, della durata di tale infrazione quale accertata da detta istituzione, per giustificare nel caso di specie l’adozione di una decisione irrogativa di una sanzione.

302    La censura in esame va pertanto respinta.

c)      Sulla terza censura, relativa alla pena inflitta alla ricorrente per il fatto che questultima ha avuto la qualità di imputata durante tutto il procedimento

303    La ricorrente sostiene che il fatto di rivestire la qualità di imputata per tutta la durata del procedimento le avrebbe inflitto una sanzione di per sé sufficiente.

304    A tal riguardo, è sufficiente rilevare che la ricorrente non è stata ancora sanzionata per l’infrazione di cui trattasi, tenuto conto dei due annullamenti intervenuti prima dell’adozione della decisione impugnata.

305    In siffatte circostanze, l’adozione della decisione impugnata costituiva proprio un modo, per la Commissione, di garantire che la ricorrente sarebbe stata effettivamente sanzionata per l’infrazione commessa.

306    Conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 215 supra, la ricorrente, qualora si ritenga lesa dalla durata di un procedimento di indagine, può chiedere il risarcimento del danno subito proponendo dinanzi al giudice dell’Unione un’azione risarcitoria.

307    La censura in esame va pertanto respinta.

d)      Sulla quarta censura, riguardante un errore in cui è incorsa la Commissione nella valutazione della possibilità, per taluni terzi, di proporre unazione risarcitoria dinanzi ai giudici nazionali

308    La ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto sarebbe affermato nella decisione impugnata, l’adozione di una nuova decisione non consentirebbe alle vittime dell’infrazione di chiedere dinanzi ai giudici nazionali il risarcimento dei danni subiti.

309    A tal riguardo, la ricorrente precisa che le vittime, qualora ve ne siano state, hanno avuto a disposizione quindici anni per proporre un’azione per il risarcimento del danno in relazione alle decisioni del 2002 e del 2009, ma non hanno proposto alcun ricorso.

310    A tal riguardo, occorre rilevare che, al punto 564 della decisione impugnata, la Commissione ha spiegato che, a suo avviso, la ripresa del procedimento e l’adozione di una nuova decisione potevano agevolare il compito dei terzi intenzionati ad esperire, se del caso, dinanzi ai giudici nazionali, un’azione risarcitoria.

311    Siffatta valutazione è fondata. La Commissione, in effetti, non poteva escludere, adottando la decisione impugnata, la possibilità che talune vittime avessero interrotto la prescrizione e che tale decisione potesse quindi agevolare la presentazione, da parte di queste ultime, di un’azione risarcitoria volta ad ottenere il risarcimento di un eventuale danno.

312    Occorre tuttavia rilevare che paesi diversi dall’Italia potevano essere interessati dall’esperimento di azioni volte ad ottenere il risarcimento di un eventuale danno risultante dall’intesa, dato che i prodotti su cui detta intesa aveva inciso hanno potuto essere acquistati da clienti situati all’estero.

313    In tale contesto, l’applicazione di altri diritti nazionali, i quali prevedano, eventualmente, norme diverse sul termine di prescrizione o sulle cause che potevano sospendere, o addirittura interrompere, quest’ultima, non poteva essere esclusa dalla Commissione.

314    Pertanto, la ricorrente, nella sua argomentazione, non è riuscita a dimostrare l’esistenza di un errore, giacché la sua posizione si limita ad indicare che essa non ha la stessa opinione della Commissione sulla questione in esame, vale a dire l’interesse dell’esistenza di una decisione della Commissione ai fini della proposizione di azioni risarcitorie dinanzi ai giudici nazionali da parte di terzi eventualmente lesi.

315    La censura in esame va pertanto respinta.

e)      Sulla quinta censura, relativa alla violazione del principio di proporzionalità

316    La ricorrente adduce che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità, dato che perseguire e sanzionare i comportamenti di cui è causa non può dirsi proporzionato, tenuto conto del tempo trascorso e del presunto pregiudizio alla concorrenza ormai sbiadito (rectius, inesistente).

317    A tal riguardo, si deve ricordare che il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano i limiti di quanto è idoneo e necessario alla realizzazione dell’obiettivo perseguito, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 13, e del 14 luglio 2005, Paesi Bassi/Commissione, C‑180/00, EU:C:2005:451, punto 103).

318    Nel caso di specie, per pronunciarsi sulla violazione del principio di proporzionalità da parte della Commissione, occorre tener conto delle seguenti circostanze.

319    In primo luogo, quando un atto viene annullato, come nel caso della decisione del 2009, l’istituzione da cui esso promana può riprendere il procedimento amministrativo a partire dalla fase in cui si è verificata l’illegittimità (v. punti 53 e 54 supra).

320    In secondo luogo, la durata di un procedimento, di per sé, non inficia di illegittimità una constatazione di infrazione effettuata dalla Commissione o l’importo dell’ammenda inflitta. Una simile messa in discussione può intervenire solo se, da un lato, la durata del procedimento viola il principio del termine ragionevole e se, dall’altro, il superamento del termine ragionevole ostacola l’esercizio dei diritti della difesa (v. punto 230 supra). Orbene, nel caso di specie, dall’analisi del primo e del terzo motivo risulta che la ricorrente non può avvalersi di siffatte violazioni.

321    In terzo luogo, i seguenti motivi, invocati dalla Commissione per giustificare l’adozione della decisione impugnata malgrado il tempo trascorso, appaiono pertinenti e fondati:

–        garantire un’applicazione effettiva del diritto della concorrenza ed evitare un’impunità delle imprese di cui trattasi;

–        dissuadere le imprese coinvolte dal commettere una nuova infrazione al diritto della concorrenza;

–        agevolare le azioni di risarcimento proposte dalle eventuali vittime dell’intesa.

322    In quarto luogo, la Commissione ha provveduto a mitigare le conseguenze della lunghezza del procedimento, per le imprese interessate, concedendo loro una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda.

323    La censura dev’essere quindi respinta e, con essa, il quarto motivo considerato nel suo complesso.

5.      Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del principio del ne bis in idem

324    La ricorrente ritiene che il principio del ne bis in idem ostasse all’adozione della decisione impugnata.

325    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

326    In via preliminare, occorre rilevare che la ricorrente ammette di non essere stata oggetto di un cumulo di sanzioni, ma soltanto di un cumulo di procedimenti, sostenendo che un siffatto cumulo è anch’esso vietato dal principio del ne bis in idem.

327    A tal riguardo, occorre sottolineare che il principio del ne bis in idem è espresso:

–        da un lato, all’articolo 50 della Carta, ai sensi del quale «[n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge»;

–        dall’altro, all’articolo 4, paragrafo 1, del Protocollo n. 7 della CEDU.

328    Quale corollario del principio dell’autorità di cosa giudicata, il principio del ne bis in idem ha lo scopo di garantire la certezza del diritto e l’equità assicurando che, allorché è stata perseguita e, se del caso, condannata, la persona interessata abbia la certezza che non sarà nuovamente perseguita per la medesima infrazione (sentenza del 3 aprile 2019, Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie, C‑617/17, EU:C:2019:283, punto 33).

329    In materia di concorrenza, in particolare, il principio ne bis in idem vieta, in linea di principio, che un’impresa venga condannata o perseguita un’altra volta per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non impugnabile (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 59, e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punto 178).

330    L’applicazione del principio del ne bis in idem presuppone, segnatamente, che vi sia stata una pronuncia sui fatti materiali costituenti l’infrazione o che la legittimità del giudizio formulato intorno a quest’ultima sia stata verificata (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 60).

331    Se tale requisito è soddisfatto, il principio del ne bis in idem vieta una nuova valutazione nel merito dei fatti materiali costituenti l’infrazione qualora siffatta nuova valutazione abbia come conseguenza:

–        o l’irrogazione di una seconda sanzione, che si cumulerebbe con la prima, nel caso in cui venisse nuovamente ritenuta sussistere una responsabilità;

–        o l’irrogazione di una prima sanzione, nell’ipotesi in cui la responsabilità, esclusa dalla prima pronuncia, sia reputata sussistere dalla seconda (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 61).

332    Per contro, il principio del ne bis in idem non osta ad una riattivazione delle procedure sanzionatorie aventi ad oggetto lo stesso comportamento anticoncorrenziale nel caso in cui una prima decisione sia stata annullata per motivi di forma senza che sia intervenuta una pronuncia sul merito dei fatti contestati, poiché in tal caso la decisione di annullamento non ha valore di «assoluzione» nel senso attribuito a detto termine nelle materie riguardanti la repressione degli illeciti (sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 62, e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punto 190).

333    In un’ipotesi siffatta, le sanzioni irrogate dalla nuova decisione non si cumulano, infatti, con quelle inflitte dalla decisione annullata, bensì vi si sostituiscono (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 62 e del 1º luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, EU:T:2009:236, punto 190).

334    Nel caso di specie, si deve constatare che, ad oggi, nessuna decisione ha statuito in via definitiva sul merito della causa per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente alle infrazioni che le sono addebitate. La decisione del 2002 è stata annullata dal Tribunale a causa della base giuridica utilizzata dalla Commissione e la decisione del 2009 è stata annullata per violazione di forme sostanziali, senza che, in nessuno di questi due casi, sia stata adottata una posizione definitiva sui motivi di merito dedotti dalla ricorrente, relativi alla sua partecipazione ai fatti che le sono contestati. La sentenza del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione (T‑90/10, non pubblicata EU:T:2014:1035) è l’unica sentenza che si è pronunciata su tali motivi, ma è stata integralmente annullata dalla Corte. Pertanto, non si può affermare che, adottando la decisione impugnata, la Commissione abbia sanzionato o perseguito due volte la ricorrente per i medesimi fatti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 63).

335    Quanto alla sanzione inflitta alla ricorrente nella decisione impugnata, essa si sostituisce a quella irrogata nella decisione del 2009, la quale, a sua volta, aveva sostituito la sanzione inflitta nella decisione del 2002. Le somme versate dalla ricorrente a titolo dell’ammenda inflitta nella decisione del 2002, e successivamente in quella del 2009, le sono state rimborsate a seguito degli annullamenti delle due decisioni suddette.

336    Ciò posto, non si può considerare che è stato violato il principio del ne bis in idem.

337    La ricorrente sostiene inoltre che la valutazione, comune a tutte le imprese, secondo cui le sentenze del 9 dicembre 2014, IRO/Commissione (T‑69/10, non pubblicata, EU:T:2014:1030), del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione (T‑91/10, EU:T:2014:1033), del 9 dicembre 2014, Leali e Acciaierie e Ferriere Leali Luigi/Commissione (T‑489/09, T‑490/09 e T‑56/10, non pubblicata, EU:T:2014:1039), e del 9 dicembre 2014, SP/Commissione (T‑472/09 e T‑55/10, EU:T:2014:1040), hanno avuto ad oggetto i fatti, i profili di natura economica o ancora le conseguenze giuridiche che ne sono state tratte, sarebbero coperte dall’autorità di cosa giudicata, poiché la decisione del 2009 e suddette sentenze sono divenute definitive in assenza di impugnazione.

338    A tal riguardo, occorre rilevare che, nelle sentenze citate dalla ricorrente, il Tribunale si è pronunciato sugli elementi che, contenuti nella decisione del 2009, riguardavano le imprese ricorrenti nelle cause in parola, mentre quelli riguardanti gli altri destinatari, compresa la ricorrente, non rientravano nell’oggetto della controversia in merito alla quale ha statuito il Tribunale.

339    Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, le sentenze summenzionate non contengono, quindi, alcuna valutazione che, promanante dal Tribunale, sarebbe comune a tutte le imprese interessate e rivestirebbe un’autorità di cosa giudicata valevole per quelle che, come la ricorrente, non erano parti di tali cause.

340    Siffatta conclusione è conforme alla soluzione adottata nella sentenza dell’8 maggio 2019, Lucchini/Commissione (T‑185/18, non pubblicata, EU:T:2019:298, punto 34), secondo la quale, allorché il destinatario di una decisione decida di proporre ricorso di annullamento, il giudice dell’Unione è investito dei soli elementi che lo riguardano, mentre quelli riguardanti altri destinatari non rientrano nell’oggetto della controversia.

341    Ne deriva che, in tal caso, l’autorità di cui è rivestito un punto della motivazione di una sentenza di annullamento non può applicarsi alle persone che non erano parti processuali, dato che il Tribunale non può essersi pronunciato in una simile sentenza nei confronti di dette persone (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 1999, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, EU:C:1999:407, punti 54 e 55).

342    Risulta da quanto precede che il principio del ne bis in idem non ostava all’adozione della decisione impugnata. Pertanto, il quinto motivo deve essere respinto.

6.      Sul sesto motivo, vertente sullillegittimità del regime di prescrizione previsto dallarticolo 25 del regolamento n. 1/2003

343    La ricorrente chiede la disapplicazione del termine di prescrizione di cui all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 per il motivo che tale termine viola, a suo avviso, da un lato, il principio del termine ragionevole e, dall’altro, il principio di proporzionalità.

344    Il motivo è contestato quanto alla ricevibilità e al merito.

345    Per quanto riguarda la ricevibilità, la Commissione, sostenuta dal Consiglio, fa valere che l’eccezione di illegittimità non è sufficientemente suffragata ed è presentata in modo confuso.

346    A tal riguardo, occorre rilevare che, nelle sue memorie, la ricorrente ha illustrato le censure da essa fatte valere nei confronti dell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, indicando, da un lato, il loro fondamento giuridico, ossia una violazione del principio del termine ragionevole e del principio di proporzionalità e, dall’altro, l’argomentazione sviluppata a sostegno di detta posizione, secondo la quale, in sostanza, l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 è inficiato da illegittimità in quanto consente alla Commissione di adottare una decisione sanzionatoria ignorando detti principi.

347    Peraltro, dai loro scritti difensivi risulta che la Commissione e il Consiglio sono stati in grado di comprendere le contestazioni formulate dalla ricorrente.

348    Il motivo in esame è dunque ricevibile.

349    Per quanto riguardo il merito, la ricorrente avanza due argomenti.

350    In primo luogo, essa sostiene che il legislatore dell’Unione ha violato il principio del termine ragionevole non avendo incluso, nell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, l’idea che, dopo la scadenza del termine ragionevole, alla Commissione sarebbe preclusa, indipendentemente dal termine di cinque o dieci anni ed indipendentemente dalle sospensioni che possono intervenire in caso di procedimento giurisdizionale, la possibilità di adottare una decisione che constata un’infrazione e, in ogni caso, di infliggere un’ammenda.

351    A tal riguardo, si deve ricordare che, in materia di concorrenza, il termine di prescrizione è disciplinato dall’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 nel modo seguente:

–        detto termine ha una durata di cinque anni [paragrafo 1, lettera b), letto in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del precitato regolamento];

–        esso può essere interrotto da qualsiasi atto della Commissione destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione (paragrafo 3); in tal caso, l’interruzione azzera retroattivamente il termine che ha già cominciato a decorrere e segna il dies a quo di un nuovo termine; in caso di interruzione, la prescrizione opera, al più tardi, allo spirare di un termine di dieci anni, se la Commissione non ha irrogato un’ammenda o una penalità di mora entro tale termine (paragrafo 5);

–        il termine rimane sospeso durante i procedimenti di ricorso promossi dinanzi alla Corte contro la decisione della Commissione, e in tal caso esso è prorogato del periodo durante il quale si è verificata la sospensione (paragrafo 6).

352    Per quanto riguarda il principio del termine ragionevole, quest’ultimo non viene fissato o determinato in anticipo in modo astratto per tutte le procedure potenzialmente interessate, bensì deve essere valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie, in particolare, la rilevanza della controversia, la complessità del caso in esame, il comportamento della ricorrente e quello delle autorità competenti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 187 e 188).

353    La ricorrente lamenta che il legislatore dell’Unione non ha previsto, nell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, un termine massimo al di là del quale sia escluso ogni intervento della Commissione anche qualora il termine di prescrizione sia stato oggetto di sospensioni.

354    A tal riguardo, occorre rilevare che, nella sua formulazione, l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 risulta da un contemperamento operato dal legislatore dell’Unione, nell’esercizio delle competenze ad esso conferite, tra due obiettivi che possono richiedere misure che vanno in senso contrario, vale a dire, da un lato, la necessità di garantire la certezza del diritto evitando che possano essere indefinitamente messe in discussione situazioni consolidate con il decorso del tempo, nonché, dall’altro, l’esigenza di garantire il rispetto del diritto, definendo e sanzionando le infrazioni al diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T‑22/02 e T‑23/02, EU:T:2005:349, punto 82).

355    Orbene, la ricorrente non ha dimostrato, nel caso di specie, che il legislatore dell’Unione, nel contemperamento da esso effettuato tra tali obiettivi distinti, abbia oltrepassato il margine che deve essergli riconosciuto in detto ambito. Infatti, il potere di procedere a verifiche e di infliggere sanzioni è circoscritto da limiti rigorosi. È ben vero che il termine di prescrizione è sospeso in caso di ricorso proposto dinanzi al giudice dell’Unione. Tuttavia, siffatta possibilità richiede, ai fini della sua attuazione, un atto cui incombe alle imprese stesse procedere. Al legislatore dell’Unione non può essere addebitata la circostanza che, in seguito alla proposizione di diversi ricorsi, ciascuno dei quali presentati dalle imprese interessate, la decisione che interviene al termine della procedura sia adottata dopo un certo termine.

356    Il contemperamento così realizzato dal legislatore dell’Unione appare a maggior ragione adeguato, posto che i singoli i quali si lamentano di un procedimento irragionevolmente lungo possono contestare tale durata perseguendo l’annullamento della decisione adottata in esito a tale procedimento, essendo un simile annullamento riservato alle situazioni in cui il superamento del termine ragionevole abbia ostacolato l’esercizio dei diritti della difesa, oppure, qualora il superamento del termine ragionevole non dia luogo a una violazione dei diritti della difesa, proponendo un ricorso per risarcimento danni dinanzi al giudice dell’Unione (v. punto 215 supra).

357    L’argomento deve pertanto essere respinto.

358    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 viola il principio di proporzionalità, poiché ammetterebbe che talune imprese siano lasciate nell’incertezza per un periodo eccessivo, consentendo alla Commissione di perseguirle alla scadenza di un termine, a seconda del caso, sospeso o interrotto.

359    A tal riguardo, si deve ricordare che, come indicato al punto 317 supra, il principio di proporzionalità richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di quanto è idoneo e necessario per il conseguimento dell’obiettivo perseguito, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 13, e del 14 luglio 2005, Paesi Bassi/Commissione, C‑180/00, EU:C:2005:451, punto 103).

360    Orbene, come indicato al punto 351 supra, il termine di prescrizione è di cinque anni.

361    Esso è interrotto da qualsiasi atto della Commissione destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione, e in tal caso la prescrizione opera al più tardi entro dieci anni. Stabilendo un siffatto termine, all’azione della Commissione viene quindi posto un limite rigoroso.

362    Peraltro, come è stato altresì indicato al punto 351 supra, il termine di prescrizione è prorogato nella misura del periodo durante il quale la prescrizione è sospesa nei procedimenti di ricorso avverso la decisione della Commissione. Secondo la giurisprudenza, siffatta sospensione evita che la repressione delle infrazioni sia ostacolata dall’avvio di procedimenti sul cui svolgimento la Commissione non ha il controllo assoluto (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 144).

363    In tal senso, l’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 riguarda ipotesi in cui l’inerzia della Commissione non è la conseguenza di una mancanza di diligenza per sua parte (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 144).

364    Per determinare se l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 sia inficiato dall’illegittimità addebitata dalla ricorrente, occorre rilevare che la prescrizione, impedendo che siano rimesse in discussione all’infinito situazioni consolidate dal decorso del tempo, tende a rafforzare la certezza del diritto, ma può anche permettere che si consolidino situazioni che erano, per lo meno in origine, contrarie alla legge (sentenza del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T‑22/02 e T‑23/02, EU:T:2005:349, punto 82).

365    Per completare l’analisi, occorre ricordare che i singoli i quali si lamentano di un procedimento irragionevolmente lungo possono contestare siffatta durata chiedendo l’annullamento della decisione adottata in esito a tale procedimento, essendo un simile annullamento riservato alle situazioni in cui il superamento del termine ragionevole abbia ostacolato l’esercizio dei diritti della difesa, oppure, qualora il superamento del termine ragionevole non dia luogo a una violazione dei diritti della difesa, proponendo un ricorso per risarcimento danni dinanzi al giudice dell’Unione.

366    In siffatto contesto, non si può considerare che, nel procedere alla valutazione degli obiettivi da raggiungere nell’ambito del regime di prescrizione, il legislatore dell’Unione ha istituito un sistema comportante misure che non si rivelano necessarie o magari utili, oppure misure che potrebbero essere sostituite da altre misure altrettanto efficaci per proteggere le imprese potenzialmente interessate, senza ostacolare, in una misura che non può essere accettata, l’efficacia dell’accertamento o della repressione.

367    Pertanto, occorre respingere il sesto motivo e, di conseguenza, il primo capo delle conclusioni, diretto all’annullamento della decisione impugnata.

B.      Sulle conclusioni, presentate in via subordinata, relative alla riduzione dell’ammenda inflitta

1.      Sul settimo motivo, vertente sulla violazione dellonere della prova e del principio dellin dubio pro reo per quanto riguarda i comportamenti addebitati alla ricorrente

368    La ricorrente ritiene che la Commissione abbia violato l’onere della prova e il principio dell’in dubio pro reo imputandole una partecipazione alle componenti dell’intesa riguardanti la fissazione del prezzo base del tondo per cemento armato (in prosieguo: il «prezzo base») e i supplementi di prezzo legati al diametro del tondo per cemento armato (in prosieguo: gli «extra di dimensione») fra il 1º aprile 1993 e il 4 luglio 2000.

369    La ricorrente articola la sua critica al riguardo in tre parti, vertenti sulla mancanza di valore probatorio, rispettivamente:

–        delle comunicazioni della Federacciai inviate ai produttori a partire dal 1° aprile 1993;

–        della sua comunicazione alla Federacciai delle informazioni relative alla sua produzione;

–        degli allineamenti dei suoi extra di dimensione.

370    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

371    L’esame del presente motivo richiede, in via preliminare, di ricordare in successione il contenuto delle disposizioni di cui si contesta la violazione alla ricorrente, le norme relative all’onere della prova, il tipo di controllo che il Tribunale deve esercitare nonché l’infrazione constatata nella decisione impugnata e gli elementi presi in considerazione in tale decisione allo scopo di dimostrare la partecipazione della ricorrente alla suddetta infrazione.

a)      Sul contenuto delle disposizioni di cui si contesta la violazione alla ricorrente

372    Occorre ricordare che, quando era in vigore, l’articolo 65, paragrafo 1, CA vietava, segnatamente, gli accordi tra imprese e le pratiche concordate che tendevano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza e, in particolare, a fissare o determinare i prezzi, a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, oppure a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti di approvvigionamento.

373    L’articolo 65, paragrafo 1, CA si collocava nell’ambito dell’obiettivo enunciato all’articolo 5, secondo comma, terzo trattino, CA, diretto a garantire l’istituzione, il mantenimento e il rispetto di condizioni normali di concorrenza. Esso attuava altresì il divieto di pratiche restrittive dirette alla ripartizione o allo sfruttamento dei mercati di cui all’articolo 4, lettera d), CA, perseguendo la finalità di salvaguardare il requisito dell’autonomia delle imprese sul mercato allo scopo di far rispettare tale divieto [parere 1/61 (Modifica articolo 65 CECA), del 13 dicembre 1961, EU:C:1961:27, pag. 504; sentenze del 13 aprile 1994, Banks, C‑128/92, EU:C:1994:130, punto 12, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti 300 e 303].

b)      Sullonere della prova e sullintensità del controllo giurisdizionale

374    I principi che disciplinano l’onere della prova e l’intensità del controllo giurisdizionale, che sono stati definiti nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, devono essere trasposti all’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, per analogia con la trasposizione effettuata in relazione alle nozioni di accordo e di pratica concordata in suddette due disposizioni (v., in tal senso, sentenze del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190, punti 60 e 63, e del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, EU:C:2011:191, punti 71 e 73).

375    Innanzitutto, incombeva alla Commissione l’onere di provare l’esistenza di un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e di fornire gli elementi di prova idonei a dimostrare, in modo giuridicamente sufficiente, l’esistenza dei fatti costituenti una tale infrazione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 58).

376    La Commissione beneficiava, sotto tale profilo, dell’applicazione del principio della libertà di forma dei mezzi probatori (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione, T‑50/00, EU:T:2004:220, punto 72), purché raccogliesse elementi di prova sufficientemente precisi e concordanti per dimostrare che l’infrazione fosse stata commessa (v., in tal senso, sentenze del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, EU:C:1984:130, punto 20, e del 12 dicembre 2018, Servier e a./Commissione, T‑691/14, con impugnazione pendente, EU:T:2018:922, punto 793 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, non occorre che ogni singola prova dedotta debba necessariamente rispondere a tali criteri con riguardo a ogni singolo elemento dell’infrazione. È sufficiente che l’insieme di indizi addotto dalla Commissione, complessivamente valutato, risponda a tale requisito (v. sentenza del 1° luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

377    Spetta in particolare alla Commissione dimostrare la partecipazione delle imprese di cui trattasi all’infrazione e la durata di tale partecipazione (v., in tal senso, sentenze del 12 luglio 2018, Sumitomo Electric Industries e J-Power Systems/Commissione, T‑450/14, non pubblicata, EU:T:2018:455, punto 52, e del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione, T‑105/17, con impugnazione pendente, EU:T:2019:675, punto 258 e giurisprudenza ivi citata).

378    L’esistenza e la durata di un comportamento anticoncorrenziale devono, nella maggior parte dei casi, essere inferite da un certo numero di coincidenze e di indizi, i quali, considerati nel loro insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (v. sentenza del 16 febbraio 2017, Hansen & Rosenthal e H&R Wax Company Vertrieb/Commissione, C‑90/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:123, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

379    Inoltre, in mancanza di elementi di prova idonei a dimostrare direttamente la durata dell’infrazione, la Commissione deve far valere, quantomeno, elementi probatori relativi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente presumere che detta infrazione sia durata ininterrottamente per un certo periodo tra due date precise (v. sentenze del 12 luglio 2018, Sumitomo Electric Industries e J-Power Systems/Commissione, T‑450/14, non pubblicata, EU:T:2018:455, punto 52 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione, T‑105/17, con impugnazione pendente, EU:T:2019:675, punto 258 e giurisprudenza ivi citata).

380    In secondo luogo, spetta al Tribunale esercitare, sulla base degli elementi forniti dalla ricorrente a sostegno dei motivi dedotti, un controllo completo sulla questione di stabilire se le condizioni di applicazione del divieto delle intese anticoncorrenziali siano soddisfatte o meno. Esso deve altresì verificare d’ufficio se la Commissione abbia motivato la sua decisione. In occasione di tale controllo, il Tribunale non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, in materia di politica della concorrenza, per rinunciare ad esercitare un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punti 155 e 156 e giurisprudenza ivi citata).

381    A tal proposito, l’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione che constata l’infrazione. Il giudice pertanto non può concludere che la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente l’esistenza dell’infrazione di cui è causa se nutre ancora dubbi al riguardo (sentenza del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, EU:T:2005:367, punto 215).

c)      Sullinfrazione constatata

382    Nella decisione impugnata, la Commissione ha constatato l’esistenza, tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000, di un’intesa tra le imprese destinatarie di tale decisione e diverse altre entità avente ad oggetto la fissazione dei prezzi e in funzione della quale era stata concordata anche la limitazione o il controllo della produzione e delle vendite (punto 574 della decisione impugnata).

383    L’impresa includeva quattro componenti, vertenti, rispettivamente, su:

–        la fissazione del prezzo base tra il 15 aprile 1992 e il 4 luglio 2000 (punti 575, da 594 a 614, 676 e 677 della decisione impugnata);

–        la fissazione dei termini di pagamento tra il 15 aprile 1992 e il 30 settembre 1995 (punti da 615 a 620, 676 e 677 della decisione impugnata);

–        la fissazione degli extra di dimensione tra il 6 dicembre 1989 e il 1° giugno 2000 (punti 575, da 621 a 638, 676 e 677 della decisione impugnata);

–        la limitazione e il controllo della produzione e delle vendite tra il 13 giugno 1995 e il 23 maggio 2000 (punti da 641 a 674, 676 e 677 della decisione impugnata).

384    La Commissione ha ritenuto che tutti i comportamenti relativi a suddetti quattro aspetti costituissero un’infrazione unica, complessa e continuata all’articolo 65, paragrafo 1, CA, avente ad oggetto lo stesso obiettivo anticoncorrenziale di fissazione concordata del prezzo del tondo per cemento armato (punti 674 e 675 della decisione impugnata).

d)      Sugli elementi presi in considerazione nella decisione impugnata per dimostrare la partecipazione della ricorrente allinfrazione constatata

385    Nella decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato la partecipazione della ricorrente all’intesa tra il 1º aprile 1993 e il 4 luglio 2000 (punti da 908 a 921 e 966) dopo aver constatato che quest’ultima aveva aderito:

–        alle componenti dell’intesa relative alla fissazione del prezzo base e degli extra di dimensione dal 1º aprile 1993 al 4 luglio 2000 (punti da 909 a 911, da 913 a 916 e 918);

–        alla componente relativa alla fissazione dei termini di pagamento dal 1º dicembre 1994 al 30 settembre 1995 (punti 201, 220, 222, 229, 230, 910 e 913, nota a piè di pagina 631);

–        alla componente relativa alla limitazione e al controllo della produzione e delle vendite a partire dal 28 settembre 1998, dato che essa non vi aveva partecipato tra il 13 giugno 1995 e il 27 settembre 1998 (punti 912, 917, 919 e 921); la Commissione ha, a tale titolo, ridotto l’ammenda della ricorrente del 6% (punti 973 e 974).

386    Occorre anzitutto sottolineare che la ricorrente non contesta né la sua partecipazione alla componente dell’intesa relativa alla limitazione e al controllo della produzione e delle vendite tra il 28 settembre 1998 e il 4 luglio 2000, né la sua partecipazione alla componente dell’intesa relativa ai termini di pagamento.

387    Per dimostrare la partecipazione della ricorrente all’intesa tra il 1º aprile 1993 e il 4 luglio 2000, la Commissione si è basata su un insieme di indizi comprendenti i seguenti elementi.

1)      Periodo compreso tra il 1º aprile 1993 e il dicembre 1994

388    La ricorrente figura tra i destinatari della comunicazione della Federacciai del 1º aprile 1993, che è stata indirizzata ai produttori di tondo per cemento armato e nella quale si fa riferimento a una riunione tenutasi lo stesso giorno e che ha avuto ad oggetto la fissazione del prezzo base e degli extra di dimensione. Inoltre, a partire dal 5 aprile 1993, essa ha adottato, come sei dei suoi concorrenti, gli extra di dimensione fissati durante tale riunione e ricapitolati nella suddetta comunicazione (punti 190 e 191 della decisione impugnata).

389    Nel 1994, la ricorrente ha continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai relative al prezzo base e agli extra di dimensione, e più precisamente quelle del 7 febbraio 1994, del 30 agosto 1994, del 13 settembre 1994 e del 5 dicembre 1994 (punti 192, 194, 196 e 199 della decisione impugnata).

390    La ricorrente ha altresì applicato gli extra di dimensione fissati dall’intesa che sono stati comunicati il 7 febbraio 1994 e il 30 agosto 1994, rispettivamente, il 14 febbraio 1994 e il 1º e il 6 settembre 1994, come diversi dei suoi concorrenti negli stessi periodi (punti 193 e 195 della decisione impugnata).

391    Inoltre, essa ha comunicato alla Federacciai, in due occasioni, il 30 novembre 1994 e il 12 dicembre 1994, talune informazioni riservate sulle consegne e sulla produzione di tondo per cemento armato nei mesi di settembre, ottobre e novembre 1994 (punti 198, 201 e 202 della decisione impugnata).

392    Infine, con la sua comunicazione indirizzata alla Federacciai il 12 dicembre 1994, la ricorrente ha dato il suo accordo sul nuovo prezzo base e sui nuovi termini di pagamento concordati durante la riunione del 1° dicembre 1994 (v. punti 199, 201, 598 e 910 della decisione impugnata).

2)      Periodo che copre l’anno 1995

393    Per quanto riguarda il 1995, la ricorrente ha ricevuto la comunicazione della Federacciai del 21 febbraio 1995 relativa al prezzo base e agli extra di dimensione e ha applicato gli extra di dimensione così concordati l’11 marzo 1995, come sette dei suoi concorrenti (v. punti da 204 a 206 della decisione impugnata).

394    In seguito, la ricorrente ha continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai, ed in particolare quella del 4 luglio 1995 riguardante i prezzi base concordati nel corso di una riunione che si era tenuta quello stesso giorno (punto 216 della decisione impugnata) e quella del 5 luglio 1995, in cui si annunciava una riunione nel corso della quale sarebbero stati discussi in particolare i termini di pagamento (punto 217 della decisione impugnata); entrambe le comunicazioni recavano la menzione «Da distruggere dopo presa visione».

395    Inoltre, dalla comunicazione della Federacciai inviata alla Leali il 19 luglio 1995 e dalla comunicazione della Federacciai inviata a tutte le aziende produttrici di tondo per cemento armato il 21 luglio 1995, che contiene anche la menzione «Da distruggere dopo presa visione» risulta che la ricorrente era disposta a rispettare i termini di pagamento che sarebbero stati decisi dai suoi concorrenti (punti 220, 222 e 913, nota a piè di pagina 631, della decisione impugnata).

396    Infine, risulta in particolare dalla comunicazione della Federacciai del 29 agosto 1995, anch’essa recante la menzione «Da distruggere dopo ricevimento», che ciascuna impresa si era impegnata a comunicare i dati riservati precisati in un formulario allegato (relativo alle produzioni mensili previste per l’ultimo trimestre del 1995, i quantitativi mensili in esportazione negli ultimi due trimestri del 1995, il livello delle giacenze alla fine del mese di agosto del 1995 e le consegne sul mercato nazionale e sul mercato all’esportazione nei mesi di luglio e di agosto del 1995). Tali dati riservati, tra i quali figurano in particolare quelli della ricorrente, sono stati successivamente comunicati dalla Federacciai alla Leali, con telefax del 1º settembre 1995 (punti da 229 a 231 della decisione impugnata).

3)      Periodo che copre l’anno 1996

397    Nel 1996 la ricorrente ha continuato a partecipare alle componenti dell’intesa relative alla fissazione del prezzo base e degli extra di dimensione, come risulta dai seguenti elementi.

398    Anzitutto, il 28 dicembre 1995 la ricorrente è stata espressamente invitata dalla Leali a partecipare ad una riunione che si sarebbe svolta il 4 gennaio 1996, confermata il 3 gennaio 1996, con otto dei suoi concorrenti (punto 240 della decisione impugnata). A tal riguardo, dalla comunicazione della Leali del 3 gennaio 1996 risulta che la ricorrente aveva già dato preventiva adesione alle iniziative che dovessero essere decise in maniera unanime nel corso della riunione in parola (punto 242 della decisione impugnata).

399    Il 17 gennaio 1996 la ricorrente, così come i suddetti otto concorrenti, è stata espressamente invitata dalla Leali a una riunione che si sarebbe svolta il 18 gennaio 1996, alla quale si raccomandava di portare i dati di acquisizione settimanale degli ordini alla data del 17 gennaio 1996 per poter fare alcune considerazioni concrete sull’andamento del mercato (punto 243 della decisione impugnata).

400    Successivamente, il 12 febbraio 1996, la Federacciai ha inviato a tutti i produttori di tondo per cemento armato una comunicazione con cui li informava che un produttore aveva deciso di aumentare taluni extra di dimensione. Tali aumenti sono stati applicati dalla ricorrente e da sei dei suoi concorrenti (punto 248 della decisione impugnata).

401    Lo stesso giorno, la ricorrente è stata nominativamente invitata dalla Leali, con nove concorrenti, a una riunione organizzata per il 13 febbraio 1996. Tale invito menzionava un calo del prezzo di base a 210 lire italiane (ITL)/kg e la necessità di un incontro tra i «titolari» per valutare l’opportunità di prendere misure straordinarie, quali le esportazioni in alternativa ad ulteriori fermate produttive. L’invito precisava che tutte le imprese destinatarie avevano confermato telefonicamente la presenza di un proprio rappresentante (punti 245 e 246 della decisione impugnata). A detto proposito, sebbene, in effetti, il promemoria della riunione del 13 febbraio 1996 riguardante il programma di fermate dei laminatoi e il prezzo base, faccia presente che l’adesione della ricorrente doveva essere ancora confermata, esso indica altresì che quest’ultima aveva già anticipato la sua sostanziale adesione qualora tutti manifestassero il loro accordo (punto 247 della decisione impugnata).

402    Peraltro, in un promemoria del 23 febbraio 1996, la Leali ha confermato, riferendosi a precedenti comunicazioni e contatti telefonici, l’adesione delle imprese di cui trattasi ai programmi di contenimento della produzione e la decisione di applicare immediatamente il prezzo base minimo di 230 ITL/kg nonché i nuovi extra di dimensione fissati (punto 251 della decisione impugnata).

403    Risulta inoltre, da un promemoria del 28 febbraio 1996 della Leali, che le imprese dovevano rispettare un prezzo base «sostenibile da tutti» di 210 ITL/kg (punti 252 e 253 della decisione impugnata).

404    Successivamente, la ricorrente è stata nominativamente invitata dalla Leali a una riunione che si sarebbe tenuta il 5 marzo 1996 e ad un’altra riunione prevista per il 2 aprile 1996 al fine di discutere della gravissima situazione del mercato (v. punti 254 e 257 della decisione impugnata). Il promemoria della Leali del 2 aprile 1996 relativo a questa seconda riunione fissava il prezzo base a 190 ITL/kg, con un minimo tassativo di 180 ITL/kg (punto 258 della decisione impugnata).

405    In seguito, il 25 luglio 1996, una comunicazione della Federacciai a tutte le aziende produttrici di tondo per cemento armato confermava il prezzo base di 240 ITL/kg e indiceva una nuova riunione dei responsabili commerciali delle imprese in questione per il 27 agosto 1996 (punto 261 della decisione impugnata).

406    Nello stesso periodo, la Leali è stata in possesso dei dati dei suoi concorrenti, tra cui quelli della ricorrente, relativi alle quantità di tondo per cemento armato prodotte e vendute nonché delle giacenze durante taluni periodi del 1995 e del 1996 (punti 262 e 263 della decisione impugnata).

407    Alcune settimane dopo, la ricorrente è stata nominativamente invitata dalla Leali, con sette dei suoi concorrenti, a una riunione che si sarebbe tenuta il 24 settembre 1996 allo scopo di analizzare la situazione del mercato (punto 264 della decisione impugnata).

408    Infine, una comunicazione del 23 ottobre 1996, che faceva seguito ad una riunione tenutasi il giorno prima ed indirizzata a tutte le aziende produttrici di tondo per cemento armato, confermava il prezzo base di 230 ITL/kg e indiceva una nuova riunione per il 29 ottobre 1996 (punto 274 della decisione impugnata).

4)      Periodo che copre l’anno 1997

409    Per quanto riguarda il 1997, la ricorrente ha continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai relative al prezzo base e agli extra di dimensione concordati durante le riunioni tra concorrenti e ad applicare tali extra.

410    In tal senso, con una nota interna, la ricorrente ha trasmesso al proprio settore commerciale e ai suoi agenti una comunicazione della Federacciai del 10 ottobre 1997 nella quale figurava il contenuto delle decisioni sul nuovo prezzo base e sui nuovi extra di dimensione che erano stati adottati nel corso di una riunione collusiva che si era tenuta in pari data (punto 294 della decisione impugnata).

411    Inoltre, il 17 ottobre 1997, la Federacciai ha indicato ai responsabili commerciali di tutte le imprese produttrici di tondo per cemento armato che, a seguito di una riunione tra i «titolari», era stato fissato all’unanimità un prezzo minimo di 300 ITL/kg (prezzo base partenza Brescia) (punto 290 della decisione impugnata).

412    Una settimana più tardi, il 24 ottobre 1997, la Federacciai ha informato i responsabili commerciali di tutte le aziende produttrici di tondo per cemento armato che, durante la riunione del giorno precedente tenutasi tra questi stessi responsabili, che avrebbe fatto seguito a una certa confusione nell’applicazione del prezzo base precedentemente stabilito, il prezzo minimo di 300 ITL/kg (prezzo base partenza Brescia) era stato confermato all’unanimità (punto 292 della decisione impugnata).

413    Per quanto riguarda gli extra di dimensione, l’11 luglio 1997 Federacciai ha inviato ai responsabili commerciali di tutte le aziende produttrici di tondo per cemento armato le modifiche di prezzo concordate nel corso della riunione del 7 luglio 1997. Tali modifiche sono state adottate dalla ricorrente, l’11 luglio 1997, e da almeno cinque dei suoi concorrenti nello stesso periodo (punto 274 della decisione impugnata).

414    Analogamente, la ricorrente ha attuato, il 3 novembre 1997, le modifiche degli extra di dimensione stabilite durante la riunione del 10 ottobre 1997 e comunicate lo stesso giorno dalla Federacciai alle imprese, al pari di cinque dei suoi concorrenti (punti 293 e 294 della decisione impugnata).

5)      Periodo che copre l’anno 1998

415    Per quanto riguarda il 1998, la Leali ha nominativamente invitato la ricorrente e sei dei suoi concorrenti ad un incontro dei «titolari» da tenersi l’8 giugno 1998, per discutere di un’azione forte per risollevare la drammatica situazione del mercato e per valutare la possibilità di una fermata di quattro settimane durante il periodo feriale (punto 321 della decisione impugnata). Dopo aver preso contatto, in particolare, con la ricorrente, la Leali ha indicato, il 10 giugno 1998, a cinque delle altre sei imprese summenzionate invitate alla riunione dell’8 giugno 1998 che tutti i produttori avrebbero applicato con decorrenza immediata il prezzo di 190 ITL/kg «base partenza», senza eccezioni (punto 322 della decisione impugnata).

416    L’11 settembre 1998, la Leali ha inviato alla ricorrente e ad altri sei concorrenti una comunicazione in cui dichiarava di augurarsi che «nell’incontro tra i responsabili commerciali d[el successivo] martedì 15, [venisse] riscontrata una sostanziale tenuta dei prezzi, valida per un eventuale recupero della quotazione» (punto 332 della decisione impugnata).

417    Nel corso del 1998, la ricorrente ha altresì iniziato a partecipare alla componente dell’intesa relativa al controllo e alla limitazione della produzione e delle vendite, aderendo all’accordo sulla riduzione concertata della produzione per il mese di ottobre 1998. Tale partecipazione risulta, da un lato, da un documento interno della ricorrente del 28 settembre 1998, con il quale il suo presidente informava il direttore generale e il direttore delle vendite dell’impresa di talune comunicazioni che gli erano pervenute dal consigliere delegato dell’Alfa Acciai Srl (divenuta Alfa Acciai SpA), secondo le quali «tutti» si erano «volontariamente ridotti in percentuale le produzioni per ottobre». Egli indicava, al riguardo, che alla ricorrente «[sarebbero spettate] 18 000 tonnellate» e che, «per ovvi motivi», aveva dato il suo «assenso» (punto 335 della decisione impugnata). Dall’altro, il nome della ricorrente è espressamente menzionato nell’accordo tra quelli delle otto imprese partecipanti a detto accordo (punti 338 e 341 della decisione impugnata). La ricorrente ha parimenti accettato, in tale contesto, di tener conto dell’accordo sulla quota attribuita alla Acciaieria di Darfo SpA, oggetto di una nota del suo presidente in data 10 novembre 1998 (punto 354 della decisione impugnata).

418    Infine, la ricorrente è stata nominativamente convocata dalla Leali, con altri sette concorrenti, alla riunione dei «titolari» da tenersi il 13 novembre 1998, avente lo scopo di «illustrare la ristrutturazione in corso» (punto 355 della decisione impugnata).

6)      Periodo che copre l’anno 1999

419    Nel 1999, la ricorrente ha continuato a partecipare all’intesa, come mette in luce il fatto che gli extra di dimensione sono stati modificati, in modo quasi identico, dalla ricorrente e da altri sei concorrenti a partire dal 30 giugno-1° luglio 1999 (punto 372 della decisione impugnata).

420    Le quote di vendita, dal canto loro, hanno continuato ad essere oggetto di un controllo continuo e, laddove necessario, di un adeguamento da parte delle imprese. Il 13 luglio 1999 il presidente della ricorrente ha in tal senso dato atto, in una nota manoscritta, di una conversazione avuta lo stesso giorno con il «titolare» dell’Alfa Acciai in merito alle reti elettrosaldate, in cui si è fatto riferimento alla situazione del tondo per cemento armato, prodotto per il quale le «quote» erano «assegnate» e «tutti i dati [erano] sempre controllabili dalla KPMG» (punti 376 e 377 della decisione impugnata).

421    Inoltre, una relazione del direttore commerciale della ricorrente in data 10 dicembre 1999 (considerata al punto 609 della decisione impugnata) enuncia, in particolare, che, «per necessità non più dilazionabili, pur tra le molte diversità, i produttori sono stati costretti a parlarsi per trovare un qualche indirizzo comune (...) Come sappiamo (...) una qualche e sofferta unità di intenti è stata così raggiunta e questo di fatto ha subito tonificato il mercato (...) Tale unità ha consentito di ottenere prezzi mediamente superiori di 70/80 ITL/kg per tutto il settore. E questo non è poco!». Sempre secondo detta relazione, essi si trovavano quindi ad affermare: «sicuramente ci muoveremo nel contesto di accordi tra produttori che seppur sofferti sono necessari per un controllo migliore del mercato».

7)      Periodo che copre l’anno 2000

422    Nel 2000 la ricorrente ha partecipato alle riunioni che si sono tenute in modo regolare nel corso di quell’anno, e almeno a quelle dell’11 e del 25 gennaio, del 1º e del 9 febbraio, del 10 marzo, del 18 aprile, del 16 maggio e del 27 giugno 2000 (punti 384, 388, 390, 393, 397, 403, 408 e 414 della decisione impugnata). Nel corso di tali otto riunioni, i produttori hanno discusso, in particolare, del prezzo base, degli extra di dimensione, delle consegne e delle quote loro attribuite (punti da 384 a 415 della decisione impugnata).

423    L’ultima riunione dell’intesa menzionata nella decisione impugnata si è tenuta il 4 luglio 2000. La Commissione osserva che, nel corso di tale riunione, si è constatato che «i risultati ottenuti pur in un mercato “difficile” [era]no sostanzialmente buoni, il che denota[va] una sostanziale omogeneità del tavolo». Inoltre, durante quella riunione, il prezzo base concordato era stato fissato a «200/220» (punto 416 della decisione impugnata).

424    È nel descritto contesto che occorre esaminare le tre parti del motivo.

e)      Sulla prima parte, vertente sulla mancanza di valore probatorio delle comunicazioni della Federacciai ai produttori a partire dal 1° aprile 1993 

425    La ricorrente nega il valore probatorio delle comunicazioni inviate dalla Federacciai a partire dal 1º aprile 1993 relative alle riunioni durante le quali il prezzo base e gli extra di dimensione erano fissati in modo concertato:

–        essa ritiene che la Commissione non abbia apportato la prova che essa avesse ricevuto tutte le suddette comunicazioni a partire da tale data, poiché queste ultime erano inviate ai 29 produttori di tondo per cemento armato operativi nel 1993 e non le erano indirizzate nominalmente;

–        essa sostiene, inoltre, che solo quattro di tali comunicazioni, datate 23 ottobre 1996, 10 ottobre 1997, 17 ottobre 1997 e 24 ottobre 1997, erano state rinvenute presso la sua sede.

426    A tal proposito, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’articolo 65, paragrafo 1, CA vietava, segnatamente, gli accordi e le pratiche concordate aventi per oggetto di limitare la concorrenza sui prezzi, senza che fosse necessario dimostrare l’esistenza di effetti anticoncorrenziali (v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2003, Ensidesa/Commissione, C‑198/99 P, EU:C:2003:530, punti 59 e 60, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti 272, 277 e 635).

427    Inoltre, le nozioni di accordo e di pratica concertata ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA sono definite allo stesso modo delle medesime nozioni di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C 216/09 P, EU:C:2011:190, punti 60 e 63, e del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, EU:C:2011:191, punti 71 e 73). Esse ricomprendono forme di collusione che condividono la stessa natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme con cui si manifestano (sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 131).

428    Un accordo risulta dall’espressione, da parte delle imprese partecipanti, della volontà comune di comportarsi sul mercato in un determinato modo, in particolare in materia di prezzi, e di fare in modo che i prezzi concordati durante le riunioni in questione siano raggiunti o, eventualmente, mantenuti (sentenze dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 130, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 262).

429    Una pratica concordata costituisce, dal canto suo, una forma di coordinamento fra imprese che non è giunta fino alla conclusione di un siffatto accordo, ma che sostituisce consapevolmente una collaborazione pratica fra le stesse a detrimento della concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 26 e giurisprudenza ivi citata; del 16 febbraio 2017, Hansen & Rosenthal e H&R Wax Company Vertrieb/Commissione, C‑90/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:123, punto 38, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 266 e giurisprudenza ivi citata). Essa presuppone che siano soddisfatte tre condizioni: una concertazione tra diverse imprese, un comportamento di queste ultime sul mercato che dia seguito a tale concertazione e un nesso causale tra detti due elementi (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 51).

430    I criteri del coordinamento e della collaborazione devono essere intesi alla luce della concezione inerente alle norme del trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato comune e le condizioni che intende riservare alla propria clientela (sentenza del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 82).

431    Se è vero che siffatta esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di adattarsi intelligentemente al comportamento che i loro concorrenti tengono o presumibilmente terranno, essa vieta rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti, diretti o indiretti, in grado di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, oppure di rivelare a tale concorrente il comportamento che si intende tenere, o che si prevede di tenere, sul mercato, qualora tali contatti abbiano lo scopo, o producano l’effetto, di realizzare condizioni di concorrenza diverse da quelle normali nel mercato in questione, tenuto conto della natura dei prodotti o delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese e del volume di detto mercato (v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 83, e del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

432    Si deve inoltre presumere, fatta salva la prova contraria il cui onere incombe agli operatori interessati, che le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento sul mercato stesso. Tale presunzione vale, a maggior ragione, quando la concertazione abbia luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 121, e del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 51 e 53 e giurisprudenza ivi citata).

433    Per rovesciare tale presunzione, le imprese interessate devono dimostrare che la concertazione non ha influenzato in nessun modo il loro comportamento sul mercato (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2013, Solvay Solexis/Commissione, C‑449/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:802, punto 38 e giurisprudenza ivi citata), in particolare dimostrando di essersi pubblicamente dissociate dall’intesa (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Total Marketing Services/Commissione, C‑634/13 P, EU:C:2015:614, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

434    Infine, un’impresa può avere partecipato direttamente solo ad alcuni dei comportamenti anticoncorrenziali che costituiscono un’infrazione unica e continuata all’articolo 65, paragrafo 1, CA, ma essere stata al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguire i medesimi obiettivi, o aver potuto ragionevolmente prevederli ed essere stata pronta ad accettarne il rischio. In siffatto caso, la Commissione può imputare all’impresa in parola la responsabilità di tutti i comportamenti anticoncorrenziali che compongono tale infrazione e, di conseguenza, dell’infrazione nel suo insieme (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 43).

435    Quindi, il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi dell’intesa, e in particolare che non abbia assistito alle riunioni anticoncorrenziali o che non abbia avuto conoscenza di tutti i contatti anticoncorrenziali tra i concorrenti, non è sufficiente a dimostrare che essa non possedeva il grado di conoscenza richiesto al fine di accertare la sua partecipazione a tale infrazione (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 328 e giurisprudenza ivi citata; del 28 novembre 2019, ABB/Commissione, C‑593/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1027, punto 52, e del 15 dicembre 2016, Infineon Technologies/Commissione, T‑758/14, non pubblicata, EU:T:2016:737, punto 252).

436    Per quanto riguarda il valore probatorio degli elementi di prova che la Commissione deve apportare per dimostrare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, occorre distinguere due situazioni:

–        da un lato, nel caso in cui la Commissione accerti un’infrazione alle regole di concorrenza basandosi sull’ipotesi che i fatti accertati non possano essere spiegati se non in relazione all’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale, il giudice dell’Unione dovrà annullare la decisione in questione laddove le imprese interessate adducano un’argomentazione che ponga in una luce diversa i fatti accertati dalla Commissione e che consenta quindi di sostituire una spiegazione plausibile dei fatti diversa da quella assunta dalla Commissione per concludere nel senso dell’esistenza di una simile infrazione; infatti, in un’ipotesi del genere, non può ritenersi che la Commissione abbia apportato la prova dell’esistenza di un’infrazione al diritto della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2020, Lietuvos geležinkeliai/Commissione, T‑814/17, con impugnazione pendente, EU:T:2020:545, punto 296 e giurisprudenza ivi citata).

–        dall’altro, quando la Commissione si basa su elementi di prova che risultano sufficienti, in linea di principio, a dimostrare l’esistenza dell’infrazione, non è sufficiente che l’impresa interessata evochi la possibilità che si sia verificata una circostanza atta a pregiudicare il valore probatorio di tali elementi di prova perché la Commissione si trovi a dover sopportare l’onere di dimostrare che detta circostanza non può aver inciso sul valore probatorio dei medesimi; al contrario, salvo che la prova in questione non possa essere fornita dall’impresa interessata a causa del comportamento della stessa Commissione, incombe all’impresa interessata dimostrare in modo giuridicamente sufficiente, in primo luogo, l’esistenza della circostanza da essa invocata e, in secondo luogo, che tale circostanza mette in discussione il valore probatorio degli elementi di prova sui quali si basa la Commissione (v. sentenza del 18 novembre 2020, Lietuvos geležinkeliai/Commissione, T‑814/17, con impugnazione pendente, EU:T:2020:545, punto 297 e giurisprudenza ivi citata).

437    Nel caso di specie, il valore probatorio delle comunicazioni della Federacciai rivolte alla ricorrente deve essere analizzato alla luce della giurisprudenza appena citata ai punti da 426 a 436 supra nonché degli elementi di cui la Commissione ha tenuto conto avverso la ricorrente per dimostrare la sua partecipazione all’intesa, richiamati ai punti da 385 a 423 supra.

438    In primo luogo, occorre sottolineare che la constatazione della partecipazione della ricorrente alle componenti dell’intesa relative al prezzo base e agli extra di dimensione a partire dal 1º aprile 1993 non si basa unicamente sul fatto che la ricorrente, in quanto produttore di tondo per cemento armato, fosse destinataria delle comunicazioni della Federacciai nelle quali figuravano i prezzi fissati durante le riunioni collusive. Infatti, dalla decisione impugnata risulta che tale constatazione si fonda sull’ampio insieme di indizi richiamati ai punti da 386 a 423 supra, i quali includono, oltre al ricevimento delle comunicazioni in parola, tre ulteriori elementi, vale a dire:

–        l’attuazione da parte della ricorrente di un certo numero di decisioni adottate nell’ambito dell’intesa;

–        il fatto che, a più riprese, la ricorrente abbia espressamente comunicato ai suoi concorrenti il suo accordo con le decisioni che fissavano i prezzi che erano adottate in occasione delle riunioni tra i produttori di tondo per cemento armato;

–        il fatto che, a partire dal dicembre 1995, la ricorrente sia stata regolarmente invitata, nominativamente, alle riunioni dell’intesa e che abbia assistito a diverse di esse.

439    Anzitutto, la Commissione ha constatato che la ricorrente aveva attuato un certo numero di decisioni adottate nell’ambito dell’intesa. A tal riguardo, dagli elementi del fascicolo dei quali si è tenuto conto nella decisione impugnata risulta che:

–        tra l’aprile 1993 e il 30 giugno 1999, la ricorrente ha applicato, in otto occasioni, gli extra di dimensione fissati nel corso di riunioni tra concorrenti e ripresi nelle comunicazioni della Federacciai (ad eccezione dell’aumento degli extra di dimensione del 30 giugno-1° luglio 1999, per il quale non viene menzionata alcuna riunione preliminare) (v. punto 372 della decisione impugnata), e tutte queste modifiche erano accompagnate, nel medesimo periodo, da identiche modifiche attuate dai suoi concorrenti (punti 191, 193, 195, 205, 206, 248, 274, 293, 372, 909, 910, 911, 915, 916 e 918 della decisione impugnata; v. anche i punti 388, 390, 393, 400, 413, 414 e 419 supra);

–        la ricorrente ha trasmesso al proprio settore commerciale e ai suoi agenti una comunicazione della Federacciai del 10 ottobre 1997 nella quale figurava il contenuto delle decisioni sul nuovo prezzo base e sui nuovi extra di dimensione che erano stati adottati nel corso di una riunione collusiva che si era tenuta in pari data (punto 294 della decisione impugnata; v. anche punto 410 supra);

–        la ricorrente ha trasmesso in quattro occasioni, tra il 30 novembre 1994 e il luglio-settembre 1996, alla Federacciai e alla Leali, dati riservati relativi alla produzione, alle vendite, alle consegne, alle esportazioni e al livello delle giacenze; tali dati, unitamente a quelli di altri produttori di tondo per cemento armato, sono stati comunicati ai suoi concorrenti (punti 197, 198, 201, 202, da 229 a 231, 262, 263, 910 e 913 della decisione impugnata; v. anche punti 391, 396 e 406 supra).

440    Inoltre, la Commissione ha ritenuto che, a più riprese, la ricorrente avesse espressamente comunicato ai suoi concorrenti il proprio accordo con le decisioni che fissavano i prezzi che erano adottate in occasione delle riunioni tra i produttori di tondo per cemento armato. Al riguardo, dagli elementi del fascicolo dei quali si è tenuto conto nella decisione impugnata risulta che:

–        tale accordo è stato in alcuni casi dato dopo che i prezzi erano stati concordati fra i produttori presenti alla riunione, come risulta dalla comunicazione della ricorrente del 12 dicembre 1994 (punti 199 e 201 della decisione impugnata; v. anche punto 392 supra);

–        in altri casi, esso è stato dato in anticipo a condizione che i prezzi fossero adottati in maniera unanime, come risulta dalla comunicazione della Federacciai del 3 gennaio 1996 (punto 242 della decisione impugnata; v. anche punto 398 supra) e dal verbale della riunione del 13 febbraio 1996 (punto 247 della decisione impugnata; v. anche punto 401 supra);

–        la nota della Leali del 10 giugno 1998 indica che tutti i produttori avevano dato il loro accordo per applicare il nuovo prezzo base concordato, dopo aver menzionato una riunione organizzata il giorno prima e un incontro con il presidente della ricorrente (punto 322 della decisione impugnata; v. anche punto 415 supra);

–        la ricorrente stessa ha espressamente confermato di aver preso parte all’adozione delle decisioni dell’intesa, come risulta dalla relazione del suo direttore commerciale del 10 dicembre 1999 considerata al punto 609 della decisione impugnata (v. anche punto 421 supra).

441    Infine, vari documenti attestano che, a partire dal dicembre 1995, la ricorrente era stata regolarmente invitata, nominativamente, alle riunioni dell’intesa, ed in particolare a quelle del 4 gennaio 1996 (punto 240 della decisione impugnata; v. anche punto 398 supra), del 18 gennaio 1996 (punto 243 della decisione impugnata; v. anche punto 399 supra), del 13 febbraio 1996 (punti 245 e 246 della decisione impugnata; v. anche punto 401 supra), del 5 marzo e 2 aprile 1996 (punti 254 e 257 della decisione impugnata; v. anche punto 404 supra), del 24 settembre 1996 (punto 264 della decisione impugnata; v. anche punto 407 supra), dell’8 giugno 1998 (punto 321 della decisione impugnata; v. anche punto 415 supra) e del 13 novembre 1998 (punto 355 della decisione impugnata; v. anche punto 418 supra).

442    Dalla dichiarazione della Riva risulta altresì che la ricorrente faceva parte delle imprese che avevano partecipato alle riunioni dell’intesa (v. punto 175 della decisione impugnata). In particolare, la Commissione ha ritenuto che la ricorrente avesse assistito a otto di esse, tra l’11 gennaio e il 27 giugno 2000 (punti 384, 388, 390, 393, 397, 403, 408 e 414 della decisione impugnata; v. anche punto 422 supra), nonché a un contatto bilaterale con la Leali il 10 giugno 1998 (punto 322 della decisione impugnata; v. anche punto 415 supra).

443    Si deve, tra l’altro, ricordare che la Commissione ha constatato la partecipazione della ricorrente alle altre due componenti dell’intesa relative ai termini di pagamento (punti 201, 220, 222, 229, 230, 910 e 913, nota a piè di pagina 631, della decisione impugnata; v. anche punti 385, 392 e 395 supra) nonché al controllo e alla limitazione della produzione e delle vendite (punti 335, 338, 341, 354, 376, 377, 385, 389, 393, 912, 917, 919 e 921 della decisione impugnata; v. anche punti 385, 417, 420 e 422 supra), senza che ciò sia contestato dalla ricorrente. Orbene, prendendo parte anche a queste due componenti, la ricorrente ha rafforzato il suo contributo all’obiettivo globale di aumento dei prezzi del tondo per cemento armato che era perseguito dall’infrazione che le è stata imputata.

444    In secondo luogo, dagli elementi sui quali la Commissione si è basata nella decisione impugnata risulta che l’intesa si basava su un sistema ben consolidato di riunioni periodiche e di comunicazioni regolari fra concorrenti, che coinvolgevano i principali produttori di tondo per cemento armato, che era stato istituito per strutturare la discussione sui prezzi del tondo per cemento armato e adottare le decisioni al riguardo.

445    Occorre ricordare a tal proposito che, secondo la giurisprudenza, poiché sono noti tanto il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali quanto le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori, di norma i comportamenti legati a tali pratiche e accordi si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Anche se la Commissione scoprisse documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di una riunione, questi sarebbero di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

446    In tale contesto, è plausibile che la ricorrente abbia ricevuto altre comunicazioni della Federacciai oltre a quelle trovate nei suoi locali. I seguenti elementi consentono peraltro di confermarlo:

–        nella replica, la ricorrente ha ammesso di aver ricevuto, fino al 1998, le comunicazioni della Federacciai, al pari di tutti i membri di tale associazione;

–        le comunicazioni della Federacciai che invitavano i produttori di tondo per cemento armato alle riunioni dell’intesa o che rendevano conto delle decisioni adottate in occasione nel corso delle stesse non erano in generale nominative, bensì indirizzate a tutti i produttori in questione; ebbene, le quattro comunicazioni della Federacciai trovate nei locali della ricorrente erano anch’esse indirizzate a tutti questi produttori, senza menzionare il nome della ricorrente;

–        diverse comunicazioni rinvenute dalla Commissione nell’ambito dell’indagine indicavano precisamente l’oggetto delle riunioni in causa e recavano, inoltre, la menzione «con preghiera di distruzione dopo presa visione / da distruggere dopo presa visione» (comunicazioni della Federacciai del 4 luglio 1995, del 5 luglio 1995 e del 21 luglio 1995) o «da distruggere dopo ricevimento» (comunicazione della Federacciai del 29 agosto 1995) (punti 216, 217, 222 e 230 della decisione impugnata; v. anche punti da 394 a 396 supra); siffatta circostanza può spiegare il fatto che la Commissione non abbia ritrovato la totalità delle comunicazioni inviate ai produttori dalla Federacciai nei locali della ricorrente, il che non significa che la ricorrente non le abbia ricevute;

–        uno dei rappresentanti della ricorrente faceva parte del Consiglio Direttivo dell’Associazione Prodotti Lunghi, una delle associazioni aderenti alla Federacciai, al fianco di otto dei suoi concorrenti; è nell’ambito della suddetta associazione che si è svolta, in particolare, la riunione dell’intesa del 7 febbraio 1994, in occasione della quale è stato concordato un nuovo prezzo base e nuovi extra di dimensione (punti 192, 193 e 203 della decisione impugnata); è quindi verosimile che la ricorrente sia stata quanto meno informata dello svolgimento della riunione in parola, del suo oggetto anticoncorrenziale e delle decisioni prese in quella sede, mediante la comunicazione che la Federacciai ha inviato tale giorno e tramite il suo rappresentante.

447    Peraltro, a partire dalla fine del 1995, diverse comunicazioni inviate dalla Leali in merito alle riunioni dell’intesa sono state specificamente indirizzate alla ricorrente. È il caso delle comunicazioni del 28 dicembre 1995 (punto 240 della decisione impugnata; v. anche punto 398 supra), del 17 gennaio 1996 (punto 243 della decisione impugnata; v. anche punto 399 supra), del 12 febbraio 1996 (punti 245 e 246 della decisione impugnata; v. anche punto 401 supra) del 1° marzo 1996 (punto 254 della decisione impugnata; v. anche punto 404 supra), del 29 marzo 1996 (punto 257 della decisione impugnata; v. anche punto 404 supra), del settembre 1996 (punto 264 della decisione impugnata; v. anche punto 407 supra), del 5 giugno 1998 (punto 321 della decisione impugnata; v. anche punto 415 supra), dell’11 settembre 1998 (punto 332 della decisione impugnata; v. anche punto 416 supra) e dell’11 novembre 1998 (punto 355 della decisione impugnata; v. anche punto 418 supra).

448    Gli elementi suesposti confermano il fatto che la ricorrente sia stata regolarmente tenuta informata delle decisioni adottate nell’ambito dell’intesa a partire dal 1º aprile 1993, non solo grazie alle comunicazioni della Federacciai, ma anche, a partire dal dicembre 1995, grazie a quelle della Leali.

449    A detto riguardo, occorre altresì ricordare che, secondo la giurisprudenza, il fatto di approvare tacitamente un’iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla alle autorità amministrative, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e ne pregiudica la scoperta. Tale complicità rappresenta una modalità passiva di partecipazione all’infrazione, idonea a far sorgere la responsabilità dell’impresa di cui trattasi (v. sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 73 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, la circostanza che un’impresa non dia alcun seguito ai risultati di una riunione avente un oggetto anticoncorrenziale non è atta a escludere la responsabilità della medesima per la sua partecipazione a un’intesa, a meno che essa non abbia preso pubblicamente le distanze dal suo contenuto (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 136 e giurisprudenza ivi citata).

450    Alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 430 a 432 e 449 supra, e in assenza di dissociazione pubblica dall’intesa da parte della ricorrente, l’ampio insieme di indizi richiamato ai punti da 386 a 423 e da 439 a 443 supra, nonché gli elementi esposti ai punti da 444 a 448 supra, che la ricorrente non ha validamente rimesso in discussione, consentono di dimostrare che, tra il 1º aprile 1993 e il 4 luglio 2000, la ricorrente è stata tenuta al corrente delle decisioni adottate nell’ambito dell’intesa, in particolare relative ai prezzi del tondo per cemento armato, segnatamente grazie alle comunicazioni della Federacciai, e che, in numerose occasioni, la ricorrente ha reagito a tali comunicazioni, ciò che le ha consentito di partecipare attivamente all’intesa. Infatti:

–        da un lato, la ricorrente ha espressamente informato i suoi concorrenti in diverse occasioni di essere d’accordo con le decisioni dell’intesa relative ai prezzi (v. punto 440 supra), confermando così ai suoi concorrenti la sua adesione all’intesa;

–        dall’altro, essa ha attuato con grande regolarità un certo numero di queste decisioni, attraverso l’applicazione degli extra di dimensione concordati (v. punto 439, primo trattino, supra) e la sua partecipazione agli scambi di informazioni riservate tra concorrenti che doveva consentire di adottare le decisioni concertate relative ai prezzi (v. punto 439, terzo trattino, supra).

451    Pertanto, alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 426 a 432 supra, le comunicazioni della Federacciai hanno costituito un elemento probatorio che, unitamente alle altre componenti dell’ampio complesso di prove fornite dalla Commissione, ha consentito di dimostrare in modo giuridicamente sufficiente la partecipazione della ricorrente all’infrazione tra il 1º aprile 1993 e il 4 luglio 2000.

452    Alla luce della giurisprudenza citata al punto 445 supra, la circostanza che solo talune comunicazioni della Federacciai siano state rinvenute presso la ricorrente non è sufficiente a cancellare il valore probatorio di tale insieme di indizi, tanto più che, per le ragioni esposte al punto 446 supra, la circostanza di cui trattasi non significa che la ricorrente non abbia ricevuto dette comunicazioni.

453    Siffatta conclusione è contestata dalla ricorrente.

454    In primo luogo, la ricorrente sostiene che il fatto di aver ricevuto le comunicazioni della Federacciai non consente di dimostrare che essa abbia assistito alle riunioni durante le quali i prezzi erano stabiliti di comune accordo.

455    A tal riguardo, la Commissione ha dimostrato che a partire dal 1º aprile 1993 la ricorrente era venuta a conoscenza delle diverse componenti dell’intesa, ed in particolare dell’oggetto anticoncorrenziale delle discussioni che avevano avuto luogo in occasione delle riunioni tra concorrenti e delle decisioni che vi erano state prese. Inoltre, la ricorrente non si è mai pubblicamente dissociata dall’intesa. Al contrario, in diverse occasioni essa ha espressamente informato i suoi concorrenti di aderire alle decisioni adottate nell’ambito dell’intesa, in particolare per quanto riguarda il prezzo base e i termini di pagamento (v., a tal riguardo, i punti 201, 220, 247, 322 e 913, nota a piè di pagina 631, della decisione impugnata; v. anche punti 385, primo e secondo trattino, 392, 395, 401, 415, 440 e 450, primo trattino, supra), e, per di più, ha attuato diverse componenti dell’intesa, applicando gli extra di dimensione stabiliti in modo concertato (v. punti 191, 193, 195, 205, 206, 248, 274, 293, 372, da 909 a 911, 915, 916 e 918 della decisione impugnata; v. anche punti 439, primo trattino, e 450, secondo trattino, supra), partecipando a scambi di informazioni riservate tra concorrenti (punti 197, 198, 201, 202, da 229 a 231, 262, 263, 910 e 913 della decisione impugnata; v. anche punti 439, terzo trattino, e 450, secondo trattino, supra) e, circostanza che la ricorrente non nega, partecipando ai comportamenti diretti a controllare o limitare la produzione o le vendite di tondo per cemento armato a partire dal 28 settembre 1998.

456    Alla luce della giurisprudenza richiamata ai precedenti punti da 429 a 435, tali circostanze consentono di dimostrare in modo giuridicamente sufficiente la partecipazione della ricorrente all’intesa, senza che sia necessario provare che essa aveva assistito alle riunioni tra concorrenti durante le quali venivano adottate le decisioni concertate.

457    In siffatto contesto, alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 436 supra, la mera circostanza che la ricorrente neghi la sua partecipazione alle riunioni dell’intesa durante le quali erano fissati i prezzi non è sufficiente a rimettere in discussione il valore probatorio dell’ampio insieme di indizi seri, precisi e concordanti che consentono di fondare la sua responsabilità a titolo dell’intesa.

458    L’argomento deve pertanto essere respinto.

459    In secondo luogo, la ricorrente ritiene che, se il fatto di aver ricevuto le comunicazioni della Federacciai dovesse consentire di dimostrare la sua partecipazione all’intesa, lo stesso dovrebbe valere per tutte le imprese facenti parte della Federacciai.

460    A detto proposito, secondo la giurisprudenza, la Commissione dispone di un potere discrezionale circa la portata delle procedure da essa espletate e non è dunque obbligata a constatare e a sanzionare tutti i comportamenti anticoncorrenziali. Pertanto, i giudici dell’Unione non possono dichiarare che la Commissione, alla luce delle prove a sua disposizione, avrebbe dovuto accertare l’esistenza di un’infrazione nei confronti di una determinata impresa (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, InnoLux/Commissione, T‑91/11, EU:T:2014:92, punto 137 e giurisprudenza ivi citata).

461    In ogni caso, dalla decisione impugnata risulta che la situazione della ricorrente non è la stessa delle imprese non destinatarie della decisione stessa. Infatti, l’infrazione è stata debitamente accertata nei confronti della ricorrente, ciò che la Commissione ha ritenuto di non essere in grado di fare nei confronti di tali imprese (punto 812) e la situazione di queste ultime non è stata sottoposta al Tribunale. Inoltre, l’eventuale analogia della situazione della ricorrente con quella delle imprese in parola non consente di escludere la responsabilità della ricorrente, se questa è stata regolarmente accertata (v., in tal senso, sentenza del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, EU:C:1993:120, punto 146).

462    L’argomento deve pertanto essere respinto.

463    In terzo luogo, la ricorrente fa valere che, a causa del luogo in cui essa svolgeva la sua attività, essa non aveva alcun interesse a concordare il prezzo base con i suoi concorrenti, poiché si trattava di un prezzo «franco Brescia» (partenza Brescia), mentre essa operava nella Regione Friuli Venezia Giulia e di norma stabiliva prezzi di vendita «franco destino».

464    A tal riguardo, occorre rilevare che l’applicazione di un prezzo «franco vettore» consente al venditore di escludere dai propri prezzi i costi e i rischi connessi al trasporto e alla consegna della sua merce, mentre, applicando un prezzo «franco destino», il venditore assume i rischi connessi al trasporto delle merci fino al luogo di destinazione.

465    Nel caso di specie, come ricorda la Commissione, il prezzo base fissato «partenza Brescia» costituiva il prezzo di riferimento, ossia il punto di partenza comune per la fissazione dei prezzi da parte di ciascun partecipante all’intesa, e non il prezzo che doveva necessariamente essere fatturato al cliente (v., in particolare, punti 208, 397, 601, 641 e 747 della decisione impugnata).

466    Inoltre, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 449 supra, il fatto che la ricorrente non abbia asseritamente dato seguito alle decisioni dell’intesa sul prezzo base, in mancanza di interesse ad applicare un tale prezzo, non è idoneo ad escludere la sua responsabilità a titolo dell’intesa. Infatti, come ricordato al punto 455 supra, da un lato, essa era pienamente a conoscenza del fatto che il prezzo base espresso in prezzo «franco Brescia» fosse fissato in modo coordinato dai produttori di tondo per cemento armato e, dall’altro, non si è mai pubblicamente dissociata dall’intesa e, in particolare, dalle decisioni relative al prezzo base. Al contrario, in diverse occasioni essa ha esplicitamente sostenuto tali iniziative con i suoi concorrenti, dando il suo espresso accordo sul prezzo base concordato (v. punti 385, primo e secondo trattino, 392, 401, 415, 440, 450, primo trattino, e 455 supra).

467    Inoltre, gli elementi di seguito indicati, sui quali si fonda la Commissione nella decisione impugnata, senza essere validamente contestati dalla ricorrente, dimostrano che quest’ultima ha preso in considerazione il prezzo base fissato di comune accordo:

–        la nota interna della ricorrente che trasmetteva al proprio settore commerciale e ai suoi agenti la comunicazione della Federacciai del 10 ottobre 1997, nella quale figurava, fra l’altro, il nuovo prezzo base adottato nel corso di una riunione collusiva che si era tenuta in pari data (punto 294 della decisione impugnata; v. anche punti 410, 414 e 438 supra);

–        la sua nota interna che trasmetteva al proprio settore commerciale la comunicazione della Federacciai del 17 ottobre 1997, nella quale figurava il nuovo prezzo base adottato all’unanimità durante una riunione dei produttori di tondo per cemento armato che si era svolta il giorno precedente (punto 290 della decisione impugnata);

–        il fatto che, in seguito alla riunione collusiva del 9 giugno 1998, in occasione della quale era stato concordato che tutti i produttori partecipanti avrebbero applicato, con decorrenza immediata e senza eccezioni, un prezzo base di «190 ITL/kg base partenza», la ricorrente aveva applicato un prezzo base superiore a tale prezzo concordato (punto 759 della decisione impugnata);

–        la relazione del suo direttore commerciale del 10 dicembre 1999 (considerata al punto 609 della decisione impugnata; v. anche punto 421 supra);

–        il suo documento interno relativo alla riunione dell’11 gennaio 2000, alla quale essa aveva partecipato (punti 384 e 386 della decisione impugnata).

468    L’argomento deve pertanto essere respinto.

469    In quarto luogo, la ricorrente ritiene che nessun elemento del fascicolo d’indagine dimostri che essa abbia effettivamente applicato il prezzo base convenuto in seno all’intesa.

470    A questo proposito, secondo la giurisprudenza citata al punto 426 supra, la fissazione regolare del prezzo base nell’ambito dell’intesa aveva un oggetto anticoncorrenziale. La Commissione non era quindi tenuta a dimostrare alcun tipo di effetto sul mercato e, in particolare, il fatto che i prezzi fissati in modo concertato fossero stati effettivamente applicati (v. anche, in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punti da 122 a 124, e dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti da 269 a 271 e giurisprudenza ivi citata).

471    Risulta, in ogni caso, dalla decisione impugnata che la ricorrente era informata delle decisioni che fissavano il prezzo base in modo concordato e non se ne è mai pubblicamente dissociata. Infatti, al contrario, essa ha pubblicamente comunicato a più riprese di sostenere tali iniziative (v. punto 466 supra) e ha tenuto conto, nella determinazione della propria strategia commerciale, del prezzo base concertato (v. punto 467 supra).

472    Pertanto, conformemente alla giurisprudenza ricordata ai precedenti punti 434 e 435, la Commissione ha potuto giustamente affermare la responsabilità della ricorrente a titolo dell’infrazione, anche per quanto riguarda la componente dell’intesa relativa al prezzo base fissato in modo concertato, senza dover dimostrare che essa aveva effettivamente applicato tale prezzo.

473    L’argomento deve pertanto essere respinto.

474    Per le ragioni sopra esposte, la prima parte deve essere respinta nella sua interezza.

f)      Sulla seconda parte, vertente sulla mancanza di valore probatorio della comunicazione da parte della ricorrente alla Federacciai delle informazioni sulla sua produzione 

475    La ricorrente nega che il fatto di aver comunicato alla Federacciai informazioni sulla sua produzione abbia un valore probatorio, data l’assenza di carattere riservato delle informazioni trasmesse. Essa sostiene di aver trasmesso alla Federacciai un unico documento, il 12 dicembre 1994, il quale, a suo avviso, conteneva solo informazioni isolate, prive di nesso con i prezzi, riguardanti un periodo trascorso (i mesi di settembre, ottobre e novembre 1994), e al fine di consentire a tale associazione di produttori di esercitare la sua funzione di raccolta dei dati sulla produzione e sul mercato, conformemente allo status giuridico di cui essa beneficiava ai sensi dell’articolo 48 CA.

476    A tal riguardo, secondo la giurisprudenza, uno scambio di informazioni tra concorrenti viola l’articolo 65, paragrafo 1, CA qualora riduca o annulli le incertezze in merito al comportamento che prevedono di adottare, il che incide sulla loro autonomia decisionale (v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punti 81 e 89 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 35, 41 e 43).

477    Ciò avviene qualora lo scambio tra concorrenti verta su informazioni riservate sotto il profilo commerciale e qualora esso rappresenti il supporto di un altro meccanismo anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 134 e giurisprudenza ivi citata) o ne agevoli la perpetrazione (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 385).

478    In particolare, sono considerate sensibili sotto il profilo commerciale le informazioni relative alle vendite future ed alle capacità produttive correnti e future (v., in tal senso, sentenze del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punti da 157 a 159, e dell’8 luglio 2020, Infineon Technologies/Commissione, T‑758/14 RENV, non pubblicata, EU:T:2020:307, punto 96).

479    Lo stesso vale per le informazioni commerciali vertenti su un periodo trascorso ma recente, ove la loro divulgazione consenta ai destinatari di dedurne la posizione che occupavano sul mercato le imprese che le hanno comunicate (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti da 394 a 397 e da 403 a 406).

480    Infine, lo scambio di tali informazioni attraverso un’associazione di categoria può contribuire al funzionamento di un’intesa e, di conseguenza, può violare l’articolo 65, paragrafo 1, CA, dato che può influenzare il comportamento delle imprese in maniera rilevante, da un lato, per il fatto che ogni impresa sa di essere attentamente sorvegliata dai propri concorrenti, e, dall’altro, per il fatto che ciascuna impresa può, se necessario, reagire al comportamento di questi ultimi, in base a elementi notevolmente più recenti e più precisi di quelli disponibili con altri mezzi (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 403).

481    Nel caso di specie, dagli elementi del fascicolo considerati nella decisione impugnata risulta che, il 30 novembre 1994, la ricorrente ha risposto al telefax della Federacciai del 25 novembre 1994 comunicando i dati relativi alle sue vendite di tondo per cemento armato in Italia e all’estero nei mesi di settembre, ottobre e novembre 1994 (punto 198 della decisione impugnata).

482    Inoltre, il 12 dicembre 1994, la ricorrente ha risposto a una comunicazione della Federacciai del 5 dicembre 1994 che informava delle decisioni adottate in occasione della riunione del 1º dicembre 1994, in particolare quella di obbligare ciascuno dei produttori a comunicarle il peso in tonnellate di tondo per cemento armato prodotto nei mesi di settembre, ottobre e novembre 1994 (punto 201 della decisione impugnata).

483    Infine, tra il 29 agosto e il 1º settembre 1995, la ricorrente ha comunicato alla Federacciai alcuni dati sulla sua produzione. A tal riguardo, risulta dalla comunicazione della Federacciai del 29 agosto 1995, recante la menzione «Da distruggere dopo ricevimento», che ciascuna impresa si era impegnata a comunicare i dati precisati in un formulario allegato relativi alle produzioni mensili di tondo per cemento armato previste per l’ultimo trimestre del 1995, ai quantitativi mensili in esportazione negli ultimi due trimestri del 1995, al livello delle giacenze alla fine del mese di agosto del 1995 e alle consegne sul mercato nazionale e sul mercato all’esportazione nei mesi di luglio e di agosto del 1995. Una volta raccolti, i dati ottenuti sono stati comunicati dalla Federacciai alla Leali, con telefax del 1º settembre 1995. In questo secondo documento, la Federacciai, da un lato, indicava che riceveva i dati richiesti alle imprese e, dall’altro, riportava in una tabella allegata i dati richiesti provenienti dalla ricorrente e da 23 dei suoi concorrenti (punti da 229 a 231, 644 e 645 della decisione impugnata). Questi due documenti consentono dunque di affermare che la ricorrente ha inviato alla Federacciai anche i dati richiesti.

484    Da quanto precede risulta che, alla luce della giurisprudenza richiamata ai precedenti punti 478 e 479, e contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, i dati scambiati riguardavano informazioni sensibili sotto il profilo commerciale, poiché si trattava di volumi di produzione, di vendite, di giacenze e di consegne relativi a periodi molto recenti, riguardanti le settimane precedenti le domande, ma anche periodi futuri, poiché lo scambio avvenuto tra il 29 agosto e il 1º settembre 1995 verteva su dati relativi alle settimane e ai mesi successivi a tale domanda.

485    La ricorrente riconosce peraltro, nelle sue memorie scritte, che gli scambi di informazioni sulle proiezioni di produzione o di prezzo riguardanti i periodi futuri erano vietati dall’articolo 65 CA.

486    Inoltre, dal telefax della Federacciai alla Leali del 1º settembre 1995 risulta che sono i dati individuali dei produttori raccolti da tale associazione ad essere stati comunicati ad uno dei loro concorrenti, nella fattispecie la Leali, senza che essi fossero aggregati né anonimizzati.

487    Orbene, anche in questo caso, la ricorrente riconosce che la diffusione tra concorrenti di informazioni sensibili sotto il profilo commerciale e non aggregate è illecita.

488    Pertanto, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 476, 477 e 480 supra, il fatto che i concorrenti si scambino informazioni di questo tipo era idoneo a ridurre notevolmente il grado di incertezza sul funzionamento del mercato e di influenzare il loro comportamento in misura rilevante, poiché informazioni del genere, che costituivano elementi nettamente più recenti e più precisi di quelli che sarebbero stati disponibili con altri mezzi, potevano servire da riferimento per le loro future decisioni in merito alla pianificazione della loro produzione e delle loro vendite e, infine, dei loro prezzi.

489    La Commissione ha peraltro constatato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, lo scambio di informazioni confidenziali non era realizzato a fini statistici, ma era funzionale all’obiettivo anticoncorrenziale di controllare la produzione o le vendite al fine di sostenere i prezzi del tondo per cemento armato (punti 231, 232, 641, 643, 645 e 721 della decisione impugnata) e costituiva quindi uno strumento di controllo e di gestione dell’intesa.

490    La menzione «Da distruggere dopo ricevimento», che figurava nella comunicazione della Federacciai del 29 agosto 1995 (v. punti 396 e 483 supra) non lascia a tal riguardo alcun dubbio sul fatto che l’associazione in parola fosse pienamente consapevole del carattere anticoncorrenziale del contenuto della sua richiesta, al pari della ricorrente quando ha risposto alla summenzionata comunicazione.

491    In tale contesto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, gli scambi di informazioni di cui sopra non possono essere giustificati dall’articolo 48 CA, il quale dispone espressamente, al primo comma, che le associazioni di imprese possono esercitare qualsiasi attività a condizione che non sia contraria alle disposizioni del Trattato CECA. Siffatta ipotesi manifestamente non ricorre nel caso degli scambi di informazioni sensibili sotto il profilo commerciale sopra menzionati, organizzati dalla Federacciai e ai quali la ricorrente ha preso parte.

492    Pertanto, la Commissione ha giustamente considerato che la comunicazione alla Federacciai, da parte della ricorrente, di dati riservati sensibili sotto il profilo commerciale consentiva, con i numerosi altri elementi di prova da essa raccolti contro la ricorrente, di dimostrare la responsabilità di quest’ultima a titolo dell’infrazione di cui trattasi.

493    In considerazione di quanto precede, la seconda parte dev’essere respinta.

g)      Sulla terza parte, vertente sullassenza di valore probatorio degli allineamenti degli extra di dimensione della ricorrente 

494    La ricorrente contesta il valore probatorio degli allineamenti dei suoi extra di dimensione a quelli concordati durante le riunioni tra concorrenti. A tal riguardo, essa deduce due censure.

1)      Sulla prima censura, relativa ad un allineamento ai listini dei prezzi pubblicati dalla CCIAA di Brescia

495    La ricorrente ritiene che gli allineamenti dei suoi extra di dimensione a quelli fissati in modo coordinato non consentano di dimostrare la sua partecipazione all’intesa, poiché tali allineamenti sono intervenuti dopo la pubblicazione degli extra di dimensione coordinati sul bollettino della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Brescia (Italia) (in prosieguo: la «CCIAA di Brescia»).

496    A tal riguardo, secondo la giurisprudenza, un parallelismo di comportamenti può essere considerato come la prova di una concertazione qualora la concertazione ne costituisca l’unica spiegazione plausibile (sentenza del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, EU:C:1993:120, punto 71).

497    Nel caso di specie, la Commissione ha considerato, nella decisione impugnata, che tra il 1º aprile 1993 e il 30 giugno 1999 la ricorrente aveva applicato, in otto occasioni, gli extra di dimensione che erano stati concordati nell’ambito dell’intesa il 5 aprile 1993 (punti 191, 193, 195, 205, 206, 248, 274, 293, 372, da 909 a 911, 915, 916 e 918 della decisione impugnata; v. anche punti 388, 390, 393, 400, 413, 414 e 419 supra).

498    Occorre anzitutto osservare che la ricorrente non nega che gli extra di dimensione pubblicati dalla CCIAA di Brescia fossero stati previamente fissati in modo coordinato tra i concorrenti, sotto gli auspici della Federacciai, né che fosse la Federacciai a comunicare tali prezzi coordinati alla CCIAA di Brescia ai fini della loro pubblicazione.

499    Inoltre, nella replica, la ricorrente ha ammesso che, contrariamente a quanto da essa affermato nel ricorso, le date di pubblicazione, da parte della CCIAA di Brescia, dei nuovi extra di dimensione erano anteriori alle date in cui essa aveva adattato i suoi.

500    Oltre a ciò, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, sugli otto allineamenti degli extra di dimensione ad essa addebitati decisione impugnata, cinque sono intervenuti prima della loro pubblicazione da parte della CCIAA di Brescia, due sono stati attuati il giorno stesso di tale pubblicazione e uno solo è stato attuato dopo la pubblicazione da parte della CCIAA di Brescia. Infatti, dal fascicolo risulta che:

–        i nuovi extra di dimensione applicati dalla ricorrente il 5 aprile 1993 corrispondevano a quelli concordati durante la riunione dei produttori di tondo per cemento armato del 1° aprile 1993 e comunicati, lo stesso giorno, dalla Federacciai per l’applicazione a nuovi ordini a partire da suddetta data e alle consegne a partire dal 5 aprile 1993, data in cui la ricorrente ha applicato detti extra di dimensione (v. punti 190, 191 e 909 della decisione impugnata; v. anche punto 388 supra); tali nuovi extra di dimensione sono stati pubblicati dalla CCIAA di Brescia non prima della loro applicazione da parte della ricorrente, come quest’ultima asserisce, bensì il giorno della loro applicazione, il 5 aprile 1993; la Commissione ne ha quindi giustamente potuto dedurre che l’aumento degli extra di dimensione della ricorrente in quella stessa data rientrava nel contesto della sua partecipazione all’intesa (punto 909 della decisione impugnata), non avendo la ricorrente fornito una spiegazione alternativa plausibile a siffatta constatazione;

–        analogamente, i nuovi extra di dimensione applicati dalla ricorrente il 14 febbraio 1994 corrispondevano a quelli concordati durante la riunione dei produttori di tondo per cemento armato del 7 febbraio 1994 e comunicati, lo stesso giorno, dalla Federacciai a tutti questi produttori, ai fini dell’applicazione il 14 febbraio 1994 (punti 192 e 193 della decisione impugnata; v. anche punti 389 e 390 supra); orbene, tali extra di dimensione sono stati pubblicati dalla CCIAA di Brescia nel suo bollettino solo il 21 febbraio 1994, ossia una settimana dopo l’applicazione dei nuovi extra di dimensione della ricorrente; la Commissione ha quindi giustamente potuto considerare che l’aumento degli extra di dimensione della ricorrente del 14 febbraio 1994 rientrava nel contesto della partecipazione di quest’ultima all’intesa (punto 910 della decisione impugnata),

–        lo stesso schema è constatato per quanto riguarda l’aumento degli extra di dimensione della ricorrente avvenuto il 1º e il 6 settembre 1994; detto aumento corrispondeva a quello che era stato concordato dai produttori il 30 agosto 1994 e che era stato comunicato lo stesso giorno dalla Federacciai per essere applicato con decorrenza immediata (punti 194 e 195 della decisione impugnata; v. anche punti 389 e 390 supra); la ricorrente ha in effetti proceduto all’aumento concordato a partire dal 1º settembre 1994, mentre la CCIAA di Brescia ha pubblicato i prezzi concordati solo vari giorni dopo, nella fattispecie il 5 settembre 1994; pertanto, anche in tal caso la Commissione ha giustamente potuto considerare che l’aumento degli extra di dimensione della ricorrente del 1º e del 6 settembre 1994 rientrava nel contesto della partecipazione di quest’ultima all’intesa (punto 910 della decisione impugnata);

–        l’adeguamento degli extra di dimensione effettuato dalla ricorrente l’11 marzo 1995 è avvenuto tre giorni dopo la pubblicazione di detti nuovi extra da parte della CCIAA di Brescia nel suo bollettino dell’8 marzo 1995; tuttavia, gli elementi del fascicolo mostrano pure che detti extra di dimensione corrispondevano a quelli contenuti nella comunicazione della Federacciai del 21 febbraio 1995 (punti 204 e 206 della decisione impugnata; v. anche punto 393 supra); la Commissione ha quindi giustamente potuto dedurne che tale adattamento rientrava nel contesto della partecipazione della ricorrente all’intesa (punto 911 della decisione impugnata), non avendo quest’ultima fornito alcuna spiegazione alternativa plausibile a siffatta constatazione;

–        nella decisione impugnata si constata inoltre che la ricorrente ha aumentato i suoi extra di dimensione a partire dal 12 febbraio 1996 e che sei dei suoi concorrenti hanno fatto altrettanto nei giorni e nelle settimane successive, vale a dire a partire dal 15 febbraio 1996 per tre di essi e a partire dal 1º marzo 1996 per gli altri tre (punto 248 della decisione impugnata; v. anche punto 400 supra); la prova di tali aumenti è, invero, apportata a partire dal 15 febbraio 1996 per quanto riguarda l’Acciaieria di Darfo e la Riva e a partire dal 1º marzo 1996 per la Leali e la IRO; inoltre, il giorno in cui la ricorrente ha elevato i suoi extra di dimensione, ossia il 12 febbraio 1996, la Federacciai aveva comunicato ai produttori di tondo per cemento armato la data di entrata in vigore e l’importanza di alcuni degli aumenti in parola, che un concorrente intendeva applicare (punto 248; nota a piè di pagina 287 della decisione impugnata); orbene, un simile aumento degli extra di dimensione è avvenuto una settimana prima che detti nuovi extra fossero pubblicati dalla CCIAA de Brescia nel suo bollettino, ossia il 19 febbraio 1996; la Commissione ha quindi giustamente potuto dedurne che l’applicazione di tali nuovi extra di dimensione intervenuta alla data summenzionata rientrava nel contesto della partecipazione della ricorrente all’intesa, non avendo quest’ultima fornito alcuna spiegazione alternativa plausibile a siffatta constatazione (punto 915 della decisione impugnata);

–        l’adeguamento degli extra di dimensione della ricorrente dell’11 luglio 1997 fa seguito a una comunicazione della Federacciai del giorno precedente, il 10 luglio 1997 (punto 274, prima frase, dodicesimo e tredicesimo trattino, della decisione impugnata; v. anche punto 413 supra); orbene, tale adeguamento era, ancora una volta, anteriore alla data in cui la CCIAA di Brescia ha pubblicato i suddetti nuovi supplementi di prezzo nel suo bollettino, vale a dire il 21 luglio 1997; la Commissione ha quindi potuto dedurne che l’adeguamento degli extra di dimensione della ricorrente dell’11 luglio 1997 rientrava nel contesto della partecipazione di quest’ultima all’intesa (punto 916 della decisione impugnata);

–        l’adeguamento del 3 novembre 1997 fa seguito a una riunione collusiva del 10 ottobre 1997 sui prezzi, che erano stati riprodotti in una comunicazione della Federacciai inviata lo stesso giorno ai produttori di tondo per cemento armato (punti 293 e 294 della decisione impugnata; v. anche punto 414 supra); orbene, l’iscrizione manoscritta del direttore commerciale della ricorrente che appare sulla comunicazione in parola, indicante che questi la trasmetteva al suo settore commerciale e ai suoi agenti, consente di supporre che l’adeguamento sia intervenuto a seguito del ricevimento del telefax della Federacciai, e non della pubblicazione, da parte della CCIAA de Brescia, dei nuovi extra di dimensione nel suo bollettino del 3 novembre 1997; infatti, come rilevato dalla Commissione, la ricorrente non aveva alcun motivo per inviare una copia della comunicazione della Federacciai sui nuovi extra di dimensione al suo settore commerciale e ai suoi agenti se essi non avessero dovuto adattarsi immediatamente a tali nuovi prezzi nelle loro trattative con i clienti, mentre la successiva pubblicazione dei prezzi nei bollettini della CCIAA di Brescia non presentava alcuna rilevanza commerciale; pertanto, la Commissione ha giustamente potuto dedurne che l’adeguamento degli extra di dimensione della ricorrente del 3 novembre 1997 rientrava nel contesto della partecipazione di quest’ultima all’intesa (punto 916 della decisione impugnata), non avendo la ricorrente fornito alcuna spiegazione alternativa plausibile a siffatta constatazione;

–        infine, la ricorrente ha modificato i suoi extra di dimensione il 30 giugno 1999; nella decisione impugnata, la Commissione ha constatato che sei concorrenti della ricorrente avevano applicato nuovi extra di dimensione identici ai suoi con effetto dal giorno successivo, il 1° luglio 1999 (v. punto 372 della decisione impugnata; v. anche punto 419 supra); essa si è basata, in particolare, su una circolare dell’IRO dell’8 giugno 1999, con la quale detta impresa informava tutti i suoi agenti e rappresentanti delle modifiche degli extra di dimensione da applicare a partire dal 1° luglio 1999; orbene, si deve constatare che la circolare in parola precedeva di quasi un mese il bollettino della CCIAA di Brescia del 5 luglio 1999, che menzionava questi nuovi prezzi; la Commissione ha inoltre prodotto i nuovi listini della Leali, della Riva e della Ferriera Valsabbia applicabili a partire dal 1° luglio 1999 (v. punto 372 della decisione impugnata), vale a dire prima della menzionata pubblicazione; ciò posto, la Commissione era legittimata a considerare che la modifica degli extra di dimensione della ricorrente effettuata il 30 giugno 1999 continuava a rientrare nel contesto della sua partecipazione all’intesa (v. punto 918 della decisione impugnata), procedendo a un allineamento coordinato dei prezzi con i suoi concorrenti prima della pubblicazione degli stessi prezzi nel bollettino della CCIAA di Brescia.

501    In considerazione di quanto precede, la ricorrente non può validamente sostenere che le otto modifiche dei suoi extra di dimensione effettuate tra il 5 aprile 1993 e il 30 giugno 1999 costituissero un comportamento autonomo da parte sua. Conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 496 supra, la Commissione ha per contro dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che siffatte modifiche rientravano nel contesto della partecipazione della ricorrente alla concertazione sugli extra di dimensione, dato che esse facevano seguito alle comunicazioni di nuovi extra stabiliti in modo concertato nell’ambito dell’intesa, e non alla pubblicazione dei nuovi prezzi in parola nei bollettini della CCIAA di Brescia, la quale avveniva generalmente dopo tali comunicazioni.

502    Gli altri argomenti dedotti dalla ricorrente non consentono di rimettere in discussione tale conclusione.

503    In primo luogo, la ricorrente sostiene che gli otto allineamenti dei suoi extra di dimensione sopra menzionati non consentano di provare la sua partecipazione all’intesa, poiché non è stato dimostrato che essa aveva partecipato alla fissazione coordinata degli extra di dimensione ai quali si era allineata.

504    A tal riguardo, da un lato, occorre ricordare che la ricorrente ha sottolineato di non negare che gli extra di dimensione pubblicati dalla CCIAA di Brescia fossero stati previamente fissati in modo coordinato tra i concorrenti, sotto gli auspici della Federacciai, né che fosse la Federacciai a comunicare i prezzi coordinati di cui trattasi alla CCIAA di Brescia ai fini della loro pubblicazione. D’altro lato, è stata fornita la prova, al punto 500 supra, che la ricorrente modificava i suoi extra di dimensione nel momento in cui veniva informata dalla Federacciai dei nuovi prezzi concordati tra concorrenti, e non in risposta alla pubblicazione di detti prezzi.

505    La ricorrente era quindi perfettamente consapevole dell’origine anticoncorrenziale della fissazione degli extra di dimensione da essa successivamente applicati. Contrariamente a quanto asserisce, il suo comportamento non era dunque affatto indipendente. Alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 429 a 432, 434, 435 e 496 supra, esso rientrava, al contrario, in una partecipazione ad una pratica concordata vietata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA.

506    L’argomento deve pertanto essere respinto.

507    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, se le date di pubblicazione dei bollettini della CCIAA di Brescia erano successive alle date in cui essa ha adeguato i suoi extra di dimensione, ciò è dovuto al fatto che le date indicate nella tabella dei listini di tali prezzi che essa ha fornito a posteriori alla Commissione nell’ambito dell’indagine erano, in realtà, quelle degli ordini ricevuti. Orbene, a suo avviso, detti ordini avrebbero potuto essere effettuati prima della pubblicazione dei prezzi.

508    Secondo le spiegazioni della ricorrente, al momento dell’ordine era fissato il prezzo base che era già presente nei suoi listini, ma gli extra di dimensione dovevano essere, per convenzione con gli acquirenti, quelli in vigore al momento dell’ordine secondo i bollettini della CCIAA di Brescia, anche se pubblicati successivamente. Le fatture venivano poi emesse al momento della consegna e, a quel momento, i prezzi degli extra di dimensione erano noti, poiché già pubblicati dalla CCIAA di Brescia e potevano essere contabilizzati, avendoli gli acquirenti preventivamente accettati.

509    A tal riguardo, siffatto argomento non consente affatto di dimostrare che, quando i clienti avevano effettuato gli ordini, la ricorrente non conosceva già gli extra di dimensione fissati nell’ambito dell’intesa che avrebbe loro applicato.

510    In ogni caso, la ricorrente non fornisce alcun elemento idoneo a provare l’esistenza dell’accordo concluso con gli acquirenti da essa invocato. Orbene, come rilevato dalla Commissione, è poco credibile, da un lato, che questi ultimi abbiano accettato di emettere un ordine senza fare riferimento ad un prezzo determinato e, dall’altro, che i produttori abbiano invitato o costretto i loro clienti a farlo, quando, alla data dell’ordine, tali produttori conoscevano già l’importo degli extra di dimensione fissati nell’ambito dell’intesa che avrebbero applicato ai loro clienti, in particolare a seguito delle comunicazioni della Federacciai.

511    L’argomento deve pertanto essere respinto.

512    In terzo luogo, la ricorrente fa valere, da un lato, che le sue modeste dimensioni sul mercato l’hanno costretta ad allinearsi agli extra di dimensione concordati e, dall’altro, che la sua posizione decentrata rispetto a Brescia le ha impedito di influire sulle decisioni delle imprese che occupavano le posizioni di leader del settore.

513    A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), CA vieta in particolare le pratiche concordate che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a fissare o a determinare i prezzi.

514    Dalla summenzionata disposizione risulta che una pratica concordata consistente nel fissare o nel determinare direttamente o indirettamente i prezzi ha un oggetto anticoncorrenziale. Essa è vietata senza che occorra prendere in considerazione gli effetti di siffatta pratica, in quanto tale forma di collusione tra imprese è considerata, per sua stessa natura, nociva al buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 29, 36 e 37).

515    Pertanto, né le dimensioni della ricorrente sul mercato né la sua ubicazione costituiscono circostanze che le consentono di sottrarsi alla sua responsabilità a titolo dell’articolo 65, paragrafo 1, CA per la sua partecipazione agli accordi e alle pratiche concordate aventi ad oggetto la fissazione dei prezzi del tondo per cemento armato. La sua dimensione poteva, tutt’al più, essere presa in considerazione nel calcolo dell’importo dell’ammenda, come è stato fatto (v. punti 961 e 962 della decisione impugnata).

516    L’argomento deve pertanto essere respinto.

517    In quarto luogo, la ricorrente invoca l’applicazione del regime di pubblicità dei listini dei prezzi previsto all’articolo 60, paragrafo 2, CA e la giurisprudenza relativa a tale disposizione.

518    A tal riguardo, occorre ricordare che i listini dei prezzi pubblicati in applicazione dell’articolo 60 CA devono essere stabiliti per ciascuna impresa in maniera indipendente, senza accordo, sia pur tacito, tra le imprese (sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 312), il che non si è verificato nel caso di specie.

519    In simili circostanze, il fatto che i prezzi siano stati successivamente pubblicati nei bollettini della CCIAA di Brescia è irrilevante, giacché non può legittimare a posteriori una previa intesa sui prezzi che è vietata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punti 312 e 313).

520    L’argomento deve pertanto essere respinto.

521    Alla luce di quanto precede, la partecipazione alla concertazione sugli extra di dimensione costituisce l’unica spiegazione plausibile degli allineamenti di tali extra effettuati dalla ricorrente. Infatti, quest’ultima non ha dimostrato l’esistenza di circostanze che consentano di sostituire un’altra spiegazione plausibile dei fatti a quella adottata dalla Commissione per constatare l’esistenza dell’infrazione commessa dalla ricorrente.

522    Per tale motivo e per tutte le considerazioni che precedono, la censura deve essere respinta.

2)      Sulla seconda censura, relativa all’esistenza di una prassi auspicata dai clienti

523    La ricorrente sostiene che l’allineamento degli extra di dimensione non è il risultato di un’intesa, bensì di una prassi voluta dagli acquirenti per facilitare le negoziazioni.

524    Infatti, concentrare la negoziazione sul solo prezzo base consentirebbe agli acquirenti di confrontare le varie offerte in modo semplificato, avendo poi certezza dell’importo degli extra di dimensione che saranno loro applicati a seconda del diametro del prodotto, che generalmente non conoscono ancora al momento dell’ordine.

525    Tale censura dev’essere esaminata alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 496 supra, secondo la quale un parallelismo di comportamenti può essere considerato come la prova di una concertazione qualora detta concertazione ne costituisca l’unica spiegazione plausibile.

526    Nel caso di specie, la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che l’uniformità degli extra di dimensione applicati dalla ricorrente e dai suoi concorrenti era il frutto di una previa concertazione tra i produttori.

527    Inoltre, anche volendo supporre che l’uniformità degli extra di dimensione fosse intesa a facilitare le negoziazioni tra produttori e clienti nel settore, una simile circostanza non consentirebbe necessariamente di escludere l’esistenza di una pratica concordata vietata. In ogni caso, nessun documento del fascicolo è a sostegno di tale affermazione.

528    Inoltre, come affermato al punto 627 della decisione impugnata, se l’allineamento degli extra di dimensione fosse stato il risultato del normale andamento del mercato o di una prassi del settore che coinvolgeva i clienti, sarebbe difficile comprendere perché le parti dell’intesa abbiano avvertito l’esigenza di riunirsi regolarmente per accordarsi sugli aumenti di tali prezzi.

529    La censura in esame va pertanto respinta.

530    Occorre quindi respingere la terza parte e, di conseguenza, il settimo motivo nel suo complesso.

531    Di conseguenza, la domanda di riduzione dell’ammenda presentata dalla ricorrente con la motivazione che la sua partecipazione all’intesa si limiterebbe ad aver preso parte alla limitazione e al controllo della produzione e delle vendite tra il settembre 1998 e il luglio 2000 deve essere respinta.

532    La Commissione ha infatti dimostrato in modo giuridicamente sufficiente la partecipazione della ricorrente alle componenti dell’intesa relative al prezzo base e agli extra di dimensione tra il 1º aprile 1993 e il 4 luglio 2000, ossia per un periodo di oltre sette anni.

2.      Sullottavo motivo, vertente sullillegittimità della maggiorazione dellimporto dellammenda a titolo della recidiva

533    La ricorrente sostiene che la maggiorazione dell’importo dell’ammenda decisa dalla Commissione a titolo della recidiva è illegittima.

534    Il motivo si compone di cinque censure. Esse sono tutte contestate dalla Commissione.

a)      Sulla prima censura, relativa alla violazione dei diritti della difesa nella presa in considerazione della recidiva

535    La ricorrente sostiene che è illegittima la maggiorazione del 50% dell’importo di base dell’ammenda, che la Commissione ha applicato a titolo della recidiva, poiché non è stata messa in condizione di presentare le proprie difese su tale punto durante il procedimento amministrativo, in violazione dei suoi diritti della difesa.

536    Più precisamente, la Commissione non avrebbe indicato la sua intenzione di applicare siffatta circostanza aggravante nella comunicazione degli addebiti, la quale conteneva soltanto:

–        un’affermazione generica, valida per tutte le imprese, secondo cui la Commissione avrebbe tenuto conto di ogni circostanza aggravante;

–        un richiamo alla precedente decisione sanzionatoria, ossia la decisione 89/515/CEE della Commissione, del 2 agosto 1989, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 85 del trattato CEE (IV/31.553 – Rete metallica elettrosaldata) (GU 1989, L 260, pag. 1), senza alcun collegamento con un’eventuale considerazione della recidiva, poiché essa compariva in una nota a piè pagina, al fine di definire i prodotti interessati da tale causa.

537    La ricorrente fa valere che in seguito non è stata fornita alcuna indicazione supplementare, mentre la Commissione ha avuto a disposizione varie occasioni per informare su tale punto le imprese interessate, fra cui essa, in particolare nella comunicazione degli addebiti supplementari, nella lettera del 15 dicembre 2017 che annunciava la ripresa del procedimento, nelle richieste di informazioni che sono seguite, in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018 o ancora durante la riunione del 21 giugno 2019, menzionata al punto 27 supra, tenutasi con i servizi della Commissione.

538    A tal riguardo, occorre rilevare che, quando la Commissione intende imputare una violazione del diritto della concorrenza a una persona giuridica e prevede di applicare nei suoi confronti, in siffatto contesto, la recidiva quale circostanza aggravante, la comunicazione degli addebiti da essa indirizzata a tale persona deve contenere tutti gli elementi che consentano a quest’ultima di garantire la sua difesa, in particolare quelli idonei a giustificare che le condizioni della recidiva sono soddisfatte nel caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Commissione e a./Versalis e a., C‑93/13 P e C‑123/13 P, EU:C:2015:150, punto 96).

539    In tal senso, la Commissione si è impegnata, al punto 84 della sua comunicazione sulle migliori pratiche relative ai procedimenti previsti dagli articoli 101 e 102 TFUE (GU 2011, C 308, pag. 6), a menzionare nella comunicazione degli addebiti, «in maniera sufficientemente precisa», i fatti che possono costituire circostanze aggravanti.

540    Orbene, la recidiva deve essere considerata, secondo una giurisprudenza costante, come una circostanza che può rivestire siffatto carattere aggravante (v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 618, e dell’11 marzo 1999, Unimétal/Commissione, T‑145/94, EU:T:1999:49, punto 585).

541    L’obbligo descritto ai punti da 538 a 540 supra discende dall’obbligo di rispettare i diritti della difesa, obbligo che costituisce un principio generale secondo cui, in qualsiasi procedimento con cui possono essere inflitte sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, le imprese e le associazioni di imprese interessate devono essere messe in grado, fin dal procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il loro punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, addebiti e circostanze allegate nei loro confronti (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2002, LR AF 1998/Commissione, T‑23/99, EU:T:2002:75, punto 189 e giurisprudenza ivi citata).

542    Quando verifica se il principio dei diritti della difesa sia stato rispettato, il giudice dell’Unione deve prendere in considerazione tutte le circostanze della causa al fine di garantire che l’intenzione della Commissione di accertare un’infrazione o una determinata circostanza fosse sufficientemente prevedibile, agli occhi dell’impresa interessata, perché si possa ritenere che quest’ultima fosse stata messa in grado di formulare le sue osservazioni sul punto considerato.

543    Nel caso di specie, la comunicazione degli addebiti, recante la data del 26 marzo 2002, indicava, nella nota a piè di pagina n. 2, che la ricorrente era stata precedentemente oggetto di una decisione che constatava che essa aveva commesso una grave infrazione alle regole di concorrenza e che le infliggeva a tale titolo una determinata sanzione.

544    Inoltre, la comunicazione degli addebiti segnalava che la Commissione intendeva infliggere un’ammenda alle imprese destinatarie, tra cui la ricorrente, tenendo conto di diversi elementi.

545    Così, la comunicazione degli addebiti indicava, al punto 314, che, per determinare l’importo delle ammende, la Commissione avrebbe considerato le circostanze del caso di specie e, in particolare, la gravità e la durata dell’infrazione, ricordando che un accordo o una pratica concordata come un cartello dei prezzi e di ripartizione dei mercati costituiva un’infrazione molto grave al diritto dell’Unione.

546    Al punto 314 della comunicazione degli addebiti, la Commissione annunciava parimenti la sua intenzione di far sì che l’importo dell’ammenda che sarebbe stata inflitta a ciascuna impresa rispecchiasse le circostanze aggravanti o attenuanti che potevano essere applicate nei suoi confronti, e di fissare l’importo a un livello tale da garantire un carattere sufficientemente dissuasivo.

547    Successivamente, la Commissione ha comunicato alla ricorrente, nella sua lettera del 15 dicembre 2017 con cui annunciava la ripresa del procedimento amministrativo, che, nella decisione che avrebbe adottato al termine del procedimento, essa si sarebbe basata sugli addebiti risultanti dalla comunicazione degli addebiti, che aveva dato luogo all’adozione delle decisioni del 2002 e del 2009.

548    Orbene, la recidiva era stata presa in considerazione, in tali decisioni, per il calcolo dell’importo dell’ammenda della ricorrente, a titolo di circostanze aggravanti.

549    Per quanto necessario, occorre aggiungere che, nella lettera del 15 dicembre 2017, la Commissione ha insistito sul fatto che, nel corso dell’audizione, le imprese interessate avrebbero potuto discutere dettagliatamente e senza limitazioni di tutti gli aspetti relativi al caso di specie, così aprendo la via alla possibilità per la ricorrente, in quanto impresa interessata, di indicare, se del caso, in cosa essa ritenesse che la recidiva non potesse esserle ascritta a titolo di circostanze aggravanti.

550    In siffatto contesto, occorre rilevare, al termine di un esame vertente sul complesso delle circostanze che hanno caratterizzato il fascicolo, che, nella presente causa, erano soddisfatte le condizioni, da un lato, affinché fosse sufficientemente prevedibile l’intenzione della Commissione di prendere in considerazione, a titolo di recidiva, la decisione sanzionatoria precedentemente inviata alla ricorrente e, dall’altro, affinché quest’ultima avesse la possibilità di presentare le sue osservazioni su tale punto.

551    La censura in esame va pertanto respinta.

b)      Sulla seconda censura, relativa al periodo intercorso tra le due infrazioni prese in considerazione

552    La ricorrente sostiene che il lasso di tempo utile per valutare la recidiva, ossia il tempo trascorso tra la constatazione della prima infrazione e il momento in cui l’impresa interessata ha iniziato il nuovo comportamento illecito, era, nel caso di specie, di nove anni, giacché la sua partecipazione all’intesa risaliva al 1998, e non al 1993, come affermato dalla Commissione nella decisione impugnata. Orbene, siffatto periodo sarebbe troppo lungo per applicare la recidiva.

553    A tal riguardo, occorre ricordare che, in una prospettiva di dissuasione, la recidiva costituisce una circostanza che giustifica, secondo la giurisprudenza, un notevole aumento dell’importo di base dell’ammenda, poiché infatti prova che la sanzione precedentemente imposta non è stata abbastanza dissuasiva (v. sentenza dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU:T:2008:254, punto 398 e giurisprudenza ivi citata).

554    Per quanto riguarda il lasso di tempo trascorso tra le due infrazioni, né il regolamento n. 1/2003 né gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998») prevedono un termine massimo per prendere in considerazione la recidiva ed è stato dichiarato che l’assenza di un siffatto termine non viola, di per sé, il principio della certezza del diritto (sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punti 66 e 67).

555    Tuttavia, sebbene nessun termine di prescrizione osti alla constatazione di uno stato di recidiva, ciò non toglie che, per rispettare il principio di proporzionalità, la Commissione non può prendere in considerazione una o più decisioni precedenti che sanzionano un’impresa senza limiti di tempo (sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 70).

556    Spetta quindi al giudice dell’Unione valutare se, alla luce dei fatti di cui è causa, la maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo di recidiva sia giustificata, in particolare in quanto rivelatrice di una propensione dell’impresa interessata a discostarsi dalle regole di concorrenza, alla luce, segnatamente, del breve periodo di tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e la precedente violazione delle regole di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 70).

557    Nel caso di specie, tenuto conto del rigetto del settimo motivo, nel quale la ricorrente ha contestato le prove raccolte dalla Commissione per dimostrare che essa aveva partecipato all’infrazione a partire dal 1º aprile 1993, il termine tra le due infrazioni era di tre anni e otto mesi, e non di nove anni, come essa asserisce.

558    A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, un lasso di tempo di poco meno di dieci anni che separa due infrazioni può essere considerato relativamente breve e testimonia così la propensione di un’impresa a non trarre conseguenze appropriate da una constatazione nei suoi confronti di un’infrazione alle regole di concorrenza (sentenza dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, EU:C:2007:88, punto 40).

559    In tale contesto, la Commissione ha potuto giustamente ritenere che una maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva fosse giustificata nel caso di specie, tenuto conto della propensione della ricorrente a violare le regole di concorrenza, di cui dà atto lo scarso tempo trascorso tra le due infrazioni di cui trattasi, vale a dire tre anni e otto mesi.

560    Tale conclusione è contestata dalla ricorrente sulla base del rilievo che il termine preso in considerazione dalla Commissione per valutare, nel caso di specie, la recidiva doveva essere tanto più breve in quanto la prima infrazione era stata qualificata soltanto come «grave».

561    A tal riguardo, è sufficiente rilevare che le due infrazioni addebitate dalla Commissione alla ricorrente costituiscono infrazioni dello stesso tipo ai sensi del punto 2 degli orientamenti del 1998, vale a dire, in entrambi i casi, un’intesa consistente in particolare nel fissare i prezzi (v., in tal senso, sentenze del 30 settembre 2003, Michelin/Commissione, T‑203/01, EU:T:2003:250, punti 285 e 286; del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, EU:T:2007:380, punto 64, e del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, EU:T:2010:255, punto 380).

562    Nella presa in considerazione della recidiva, ciò che rileva, secondo la giurisprudenza, è il fatto che, nonostante l’accertamento di un’infrazione al diritto della concorrenza, l’impresa in questione l’ha nuovamente violato. Così, al punto 399 della sentenza dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione (T‑53/03, EU:T:2008:254), il Tribunale ha respinto un argomento vertente sul ruolo di minore importanza e di tipo passivo dell’impresa in questione nella prima infrazione.

563    In tale occasione, il Tribunale ha dichiarato che «la presa in considerazione della recidiva [era] diretta a indurre le imprese che hanno dimostrato una tendenza a violare le regole della concorrenza a mutare il loro comportamento, allorché una precedente constatazione dell’infrazione da esse commessa non si è rivelata sufficiente a prevenire la reiterazione di un comportamento illecito». Pertanto, il Tribunale ha precisato che «[l]’elemento dominante della recidiva non [era] quindi la previa imposizione di un’ammenda, né tanto meno l’importo di questa, ma l’accertamento preliminare di un’infrazione» (sentenza dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU:T:2008:254, punto 388).

564    La censura in esame va pertanto respinta.

c)      Sulla terza censura, relativa al periodo trascorso tra le infrazioni prese in considerazione e ladozione della decisione impugnata 

565    In via preliminare, occorre rilevare che, nell’esame della precedente censura, il Tribunale è stato chiamato a valutare il termine intercorso tra le due infrazioni prese in considerazione dalla Commissione a titolo di recidiva.

566    Con la terza censura, la ricorrente invita il giudice dell’Unione a valutare, alla luce del principio di proporzionalità, un altro termine, ossia quello intercorso fra, da un lato, le infrazioni constatate per prendere in considerazione la recidiva e, dall’altro, l’adozione, da parte della Commissione, della decisione impugnata, nella quale essa ha maggiorato l’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva.

567    Secondo la ricorrente, poiché tale termine è eccessivamente lungo, la recidiva non sarebbe idonea a produrre un effetto dissuasivo e ad adempiere, quindi, la sua finalità, cosicché la Commissione violerebbe il principio di proporzionalità adottando, nella fattispecie di cui trattasi, la recidiva.

568    A sostegno della sua posizione, la ricorrente sottolinea le circostanze peculiari del caso di specie, in cui, a causa dell’annullamento delle decisioni del 2002 e del 2009, la Commissione, a titolo di recidiva, ha tenuto conto di comportamenti iniziati nel 1985, ossia 34 anni prima, e constatati nel 1989, ossia 30 anni prima, per la prima infrazione, al fine di sanzionare un comportamento cessato nel 2000, ossia 19 anni prima dell’adozione della decisione impugnata.

569    Al riguardo, si deve ricordare che, secondo il principio di proporzionalità, gli atti delle istituzioni non superano i limiti di quanto è idoneo e necessario alla realizzazione dell’obiettivo perseguito, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 13, e del 14 luglio 2005, Paesi Bassi/Commissione, C‑180/00, EU:C:2005:451, punto 103).

570    Per quanto riguarda la recidiva, la giurisprudenza esige che la Commissione, al fine di determinare l’importo dell’ammenda, assicuri il carattere dissuasivo della sua azione. Orbene, un mezzo per garantire tale effetto dissuasivo è quello di applicare la recidiva maggiorando l’importo dell’ammenda. La presa in considerazione della recidiva è diretta quindi a indurre le imprese che hanno dimostrato una propensione a violare le regole della concorrenza a mutare il loro comportamento (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2011, Shell Petroleum e a./Commissione, T‑38/07, EU:T:2011:355, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).

571    Secondo la giurisprudenza menzionata al punto 553 supra, la recidiva costituisce una circostanza che giustifica un notevole aumento dell’importo di base dell’ammenda, poiché prova che la sanzione precedentemente imposta non è stata abbastanza dissuasiva.

572    Come indicato al punto 555 supra, la Commissione non è vincolata da un eventuale termine di prescrizione per constatare la recidiva. Essa non può, tuttavia, prendere in considerazione una o più decisioni precedenti che sanzionano un’impresa senza limiti di tempo.

573    La constatazione e la valutazione delle caratteristiche specifiche di una recidiva rientrano nel margine di discrezionalità della Commissione e quest’ultima può, in ogni caso, nel fissare una percentuale di maggiorazione a titolo di recidiva, prendere in considerazione gli indizi diretti a confermare la propensione di un’impresa a discostarsi dalle regole di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2011, Shell Petroleum e a./Commissione, T‑38/07, EU:T:2011:355, punto 98).

574    Pertanto, non si può addebitare alla Commissione di aver preso in considerazione, nel caso di specie, la recidiva alla luce del lasso di tempo intercorso tra la o le prime infrazioni constatate e quella sanzionata nella decisione impugnata. Infatti, è detto elemento che testimonia la propensione dell’impresa a discostarsi dalle regole di concorrenza e che giustifica, pertanto, la volontà di orientare il comportamento di tale impresa verso il rispetto delle regole di concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, EU:T:2005:367, punto 354, e del 13 dicembre 2012, Versalis e Eni/Commissione, T‑103/08, non pubblicata, EU:T:2012:686, punto 266).

575    Orbene, come indicato al punto 557 supra, il termine utile era breve, poiché era di tre anni e otto mesi. Dato che la propensione della ricorrente a violare le regole del diritto della concorrenza era dimostrata, non si può validamente addebitare alla Commissione di aver dotato la decisione impugnata di un effetto dissuasivo, e ciò malgrado il fatto che l’indagine sia durata un certo tempo, a causa delle alee giudiziarie che essa ha conosciuto.

576    La ricorrente sostiene tuttavia che, essendo le infrazioni risalenti nel tempo, la decisione impugnata non poteva più avere alcun effetto dissuasivo quando è stata adottata. Essa sostiene inoltre di essersi astenuta da qualsiasi infrazione a partire dall’anno 2000.

577    A tal riguardo, occorre ricordare che, come indicato ai punti da 298 a 300 supra, sebbene non si possa escludere che la minaccia di sanzioni che ha gravato sulla ricorrente durante tutta l’indagine e l’irrogazione di una sanzione in due occasioni abbiano potuto avere un certo effetto dissuasivo, ciò non toglie che sia la sanzione, vale a dire il fatto di pagare l’ammenda inflitta dalla Commissione, come maggiorata a titolo di recidiva, a dissuadere effettivamente un’impresa dal rendersi nuovamente colpevole di una violazione delle regole di concorrenza.

578    In siffatte circostanze, la Commissione non ha violato il principio di proporzionalità quando ha garantito, prendendo in considerazione la recidiva, che l’ammenda inflitta alla ricorrente nella decisione impugnata fosse sufficientemente dissuasiva.

579    Per tutte le ragioni esposte, la censura dev’essere respinta.

d)      Sulla quarta censura, relativa alla percentuale di maggiorazione applicata a titolo di recidiva

580    La ricorrente sostiene che una percentuale di maggiorazione del 50% a titolo di recidiva è eccessiva nelle circostanze del caso di specie, segnatamente perché essa aveva commesso in precedenza un’unica infrazione, priva di considerevole gravità.

581     Al riguardo, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può imporre mediante decisione ammende alle imprese che hanno commesso una violazione dell’articolo 101 TFUE e, in tale ambito, tenere conto della gravità e della durata dell’infrazione (sentenza del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione, T‑343/08, EU:T:2011:218, punto 96).

582    Secondo la giurisprudenza, l’analisi, quando verte sulla gravità dell’infrazione, deve tener conto di un’eventuale recidiva (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 91, e del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, EU:T:2005:367, punto 348).

583    Come indicato al punto 553 supra, in un’ottica di dissuasione, la recidiva è una circostanza che giustifica un notevole aumento dell’importo di base dell’ammenda. Essa infatti prova che la sanzione precedentemente imposta non è stata abbastanza dissuasiva.

584    La giurisprudenza indica, peraltro, che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza. La Commissione non è neppure tenuta ad applicare precise formule matematiche (v. sentenza del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione, T‑343/08, EU:T:2011:218, punto 100 e giurisprudenza ivi citata).

585    La Commissione dispone, infatti, di un ampio potere discrezionale per fissare l’importo delle ammende e non è vincolata, in tale contesto, dalle valutazioni che essa ha potuto effettuare anteriormente. Tale ampio potere deve consentirle di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza. Secondo la giurisprudenza, un’applicazione efficace delle regole di concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica (v. sentenza del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione, T‑343/08, EU:T:2011:218, punti 100 e 101 e giurisprudenza ivi citata).

586    In tale contesto, la Commissione può aumentare l’entità delle ammende entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 1/2003, se ciò risulta necessario a garantire l’attuazione della politica in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione, T‑343/08, EU:T:2011:218, punto 101).

587    Nel caso di specie, la Commissione ha giustamente constatato, al punto 970 della decisione impugnata, che la ricorrente si era già resa colpevole di un’infrazione analoga alle regole di concorrenza, il che le era valso una prima condanna. Essa ha quindi ricordato che l’impresa in parola era stata destinataria di una decisione del 2 agosto 1989 che le aveva inflitto un’ammenda per la sua partecipazione ad un’intesa relativa alla fissazione dei prezzi e alla limitazione delle vendite nel settore della rete metallica elettrosaldata. In considerazione di tale circostanza aggravante, essa ha aumentato del 50% l’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente al fine di conferirle un carattere dissuasivo.

588    Orbene, dalla giurisprudenza menzionata al punto 553 supra risulta che, in una prospettiva di dissuasione, la recidiva costituisce una circostanza che giustifica un notevole aumento dell’importo di base dell’ammenda. Pertanto, dopo aver constatato che la ricorrente si era resa colpevole di un’infrazione dello stesso tipo in passato, la Commissione poteva validamente decidere di aumentare sensibilmente l’importo di base dell’ammenda inflitta, vale a dire nella misura del 50%, poiché la ripetizione dell’infrazione dimostrava che la sanzione anteriore non era stata abbastanza dissuasiva.

589    A tal riguardo, si può rilevare che, nel contesto degli orientamenti del 1998, una maggiorazione del 50% è stata considerata, nella giurisprudenza, come proporzionata (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU:T:2008:254, punto 399).

590    Nello stesso senso, una maggiorazione del 90% a titolo di recidiva in applicazione degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2) è stata considerata proporzionata nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione (T‑343/08, EU:T:2011:218, punto 104).

591    Gli orientamenti citati al punto 590 supra sono succeduti a quelli del 1998, che sono stati applicati nella presente causa. Essi prevedono in sostanza, al punto 28, primo trattino, che, in caso di recidiva, l’importo di base dell’ammenda che sanziona ogni nuova infrazione identica o simile a quella previamente constatata dalla Commissione può essere aumentato di un fattore che può raggiungere il 100%.

592    La ricorrente sostiene che l’aggravio inflitto a titolo di recidiva è eccessivo, giacché, da un lato, in precedenza essa avrebbe commesso una sola infrazione e, dall’altro, all’epoca tale infrazione non sarebbe stata qualificata come «molto grave» dalla Commissione.

593    A tal riguardo, occorre rilevare che, nel caso di specie, l’ammenda è stata maggiorata a titolo di recidiva con la motivazione che, nonostante una prima condanna, la ricorrente aveva continuato a violare le regole di concorrenza, il che è sufficiente, come risulta dalla giurisprudenza, per procedere a una siffatta maggiorazione.

594    Come indicato nella risposta data alla prima censura, la gravità dell’infrazione precedente o il ruolo svolto dall’impresa recidiva nell’ambito di tale infrazione non sono determinanti, essendo essenziale la circostanza che, malgrado l’accertamento di una prima infrazione, l’impresa in questione abbia continuato a violare il diritto della concorrenza (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU:T:2008:254, punto 399).

595    La censura in esame va pertanto respinta.

e)      Sulla quinta censura, relativa alla motivazione che giustifica la percentuale di maggiorazione applicata a titolo di recidiva

596    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha giustificato, nella decisione impugnata, la percentuale di maggiorazione applicata e, di conseguenza, ha violato il suo obbligo di motivazione.

597    A tal riguardo, si deve ricordare che la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v. sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punti 147 e 150, e del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione, T‑208/13, EU:T:2016:368, punto 220 e giurisprudenza ivi citata).

598    La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, ma si può valutare alla luce della sua formulazione, del suo contesto e delle norme che disciplinano la materia di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 150, e del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione, T‑208/13, EU:T:2016:368, punto 220 e giurisprudenza ivi citata).

599    Per quanto concerne il calcolo dell’importo dell’ammenda, la motivazione deve essere valutata alla luce delle disposizioni di cui all’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, a termini del quale «[p]er determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata» (v. sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione, T‑208/13, EU:T:2016:368, punto 221 e giurisprudenza ivi citata).

600    Al riguardo, gli orientamenti del 1998 nonché la comunicazione sulla cooperazione, applicabili al caso di specie, contengono regole indicative sugli elementi di valutazione di cui la Commissione si avvale per misurare la gravità e la durata dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU:T:2008:254, punto 331 e giurisprudenza ivi citata).

601    Pertanto, l’obbligo di motivazione è soddisfatto allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione di cui essa ha tenuto conto nell’applicare i suoi orientamenti e, all’occorrenza, la sua comunicazione sulla cooperazione, elementi che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU:T:2008:254, punto 331 e giurisprudenza ivi citata).

602    Quindi, non incombe alla Commissione, in virtù dell’obbligo di motivazione, indicare nella propria decisione tutti i dati numerici relativi al metodo di calcolo dell’importo delle ammende (v., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2000, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, C‑286/98 P, EU:C:2000:630, punto 66).

603    Secondo la Corte, infatti, l’indicazione di dati numerici relativi alle modalità di calcolo dell’importo delle ammende, per quanto utili essi siano, non è indispensabile ai fini del rispetto dell’obbligo di motivazione di una decisione che infligge ammende, fermo restando, in ogni caso, che la Commissione non può, ricorrendo esclusivamente e meccanicamente a formule aritmetiche, rinunciare ad avvalersi del proprio potere discrezionale (sentenza del 2 ottobre 2003, Salzgitter/Commissione, C‑182/99 P, EU:C:2003:526, punto 75).

604    Nel caso di specie, la Commissione ha valutato le circostanze aggravanti ai punti 969 e 970 della decisione impugnata. Essa ha quindi dichiarato che, poiché la ricorrente era già stata destinataria della sua decisione del 2 agosto 1989 per aver partecipato a un’intesa vertente sulla fissazione dei prezzi e sulla limitazione delle vendite nel settore della rete metallica elettrosaldata, riteneva necessario aumentare del 50% l’importo di base dell’ammenda inflitta a quest’ultima.

605    La Commissione ha quindi esposto le ragioni per le quali ha deciso di aggravare la sanzione inflitta alla ricorrente a titolo di recidiva e ha indicato con la scelta del tasso del 50% il livello di gravità del comportamento di recidiva da essa considerato. Alla luce della giurisprudenza citata ai punti da 597 a 603 supra, una simile motivazione è sufficiente e la Commissione non era tenuta a spiegare ulteriormente perché la percentuale specifica applicata, ossia il 50%, fosse adeguata.

606    La censura deve pertanto essere respinta, così come, di conseguenza, l’ottavo motivo nel suo complesso.

607    Di conseguenza, anche la domanda di riduzione dell’ammenda presentata dalla ricorrente sulla base di tale motivo deve essere respinta.

3.      Sul nono motivo, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda la presa in considerazione delle circostanze attenuanti e sul carattere tardivo dei motivi che giustificano la concessione di una riduzione dellammenda

608    La ricorrente sostiene di essere stata trattata meno favorevolmente, alla luce delle circostanze attenuanti, di un’altra impresa, nella fattispecie la Riva, nei fatti che hanno dato luogo alla presente controversia. A suo parere:

–        la sua partecipazione complessiva all’intesa è durata sette anni, ma durante tre anni non ha partecipato alla componente dell’intesa relativa alla limitazione e al controllo della produzione o delle vendite; a detto titolo, essa ha beneficiato di una riduzione del 6%, nella decisione impugnata, per i tre anni in cui non ha partecipato a tale componente dell’intesa, il che corrispondeva a una riduzione del 2% annuo;

–        dal canto suo, la Riva ha partecipato all’intesa complessivamente per dieci anni e sei mesi, ma non ha partecipato alla stessa componente dell’impresa per un anno; la Riva ha beneficiato di una riduzione del 3% per tale non partecipazione di un anno.

609    Su tale base, la ricorrente sostiene che, per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda, essa ha beneficiato di una riduzione solo doppia rispetto a quella concessa alla Riva, mentre la sua mancata partecipazione a una componente dell’intesa aveva una durata più che tripla rispetto a quella della Riva.

610    Il motivo è composto da due censure, che sono contestate dalla Commissione.

a)      Sulla prima censura, relativa alla violazione del principio della parità di trattamento

611    La ricorrente deduce una violazione del principio di parità di trattamento, in quanto avrebbe beneficiato di una riduzione proporzionalmente meno rilevante di quella concessa, nel calcolo dell’importo dell’ammenda, all’impresa Riva.

612    A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenze del 3 maggio 2007, Advocaten voor de Wereld, C‑303/05, EU:C:2007:261, punto 56, e del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione, T‑343/08, EU:T:2011:218, punto 108).

613    Per il calcolo dell’importo delle ammende, un trattamento differenziato tra le imprese interessate è inerente all’esercizio dei poteri spettanti alla Commissione, dato che quest’ultima è chiamata a personalizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche specifiche a ogni impresa al fine di garantire, in ciascun caso di specie, la piena efficacia delle regole di concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 12 novembre 2009, SGL Carbon/Commissione, C‑564/08 P, non pubblicata, EU:C:2009:703, punto 43, e del 5 dicembre 2013, Solvay Solexis/Commissione, C‑449/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:802, punto 92 e giurisprudenza ivi citata).

614    A tal riguardo, si può rilevare che, per le due imprese interessate, né la durata della partecipazione complessiva all’intesa né la durata della loro mancata partecipazione alla componente dell’intesa in questione sono identiche:

–        per la ricorrente, la partecipazione complessiva all’intesa è stata di sette anni, mentre è stata di dieci anni e sei mesi per la Riva;

–        quanto alla durata della mancata partecipazione alla componente dell’intesa in questione, essa è stata di tre anni per la ricorrente e di un anno per la Riva.

615    In siffatto contesto, la Commissione ha giustificato la riduzione concessa alla Riva con la necessità che sussisterebbe di ponderare la riduzione concessa a causa della mancata partecipazione ad una componente dell’intesa in funzione della durata della partecipazione complessiva di ciascuna impresa all’intesa considerata nel suo insieme.

616    La Commissione ha infatti ritenuto che, essendo la partecipazione complessiva all’intesa più lunga per la Riva, l’impatto della sua mancata partecipazione a una componente dell’intesa fosse maggiore.

617    Essa afferma, in siffatto contesto, che dal punto 973 della decisione impugnata risulta che la partecipazione della ricorrente e della Riva all’intesa complessivamente considerata era un fattore importante di cui tener conto ai fini della valutazione della circostanza attenuante in parola. Essa sostiene quindi che, rapportando il coefficiente di riduzione per la mancata partecipazione a una componente dell’intesa alla durata della partecipazione all’intesa complessivamente considerata, ha effettivamente potuto dare rilievo al diverso peso specifico che nei due casi ha avuto la mancata partecipazione per un certo lasso di tempo ad una componente dell’intesa. Per contro, il diverso criterio suggerito dalla ricorrente non avrebbe permesso di tener conto del fattore relativo alla diversa durata della partecipazione delle due imprese all’infrazione complessivamente considerata.

618    A tal riguardo, occorre rilevare che, come indicato al punto 613 supra, la Commissione, nel calcolare l’importo delle ammende inflitte alle imprese che hanno partecipato a un’intesa, è chiamata a personalizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche specifiche a ogni impresa al fine di garantire, in ciascun caso di specie, la piena efficacia delle regole del diritto dell’Unione della concorrenza.

619    Qualora un’infrazione sia stata commessa da più imprese, la Commissione deve esaminare la gravità relativa della partecipazione all’infrazione di ciascuna di esse (v. sentenza del 26 aprile 2007, Bolloré e a./Commissione, T‑109/02, T‑118/02, T‑122/02, T‑125/02, T‑126/02, T‑128/02, T‑129/02, T‑132/02 e T‑136/02, EU:T:2007:115, punto 622 e giurisprudenza ivi citata), al fine di determinare se vi siano nei loro confronti circostanze aggravanti o attenuanti (sentenza dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, EU:T:2008:416, punto 190).

620    Ne deriva che, ai fini della valutazione delle circostanze attenuanti, la Commissione era tenuta, conformemente a detta giurisprudenza, ad esaminare la gravità relativa della partecipazione delle imprese all’infrazione (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2007, Bolloré e a./Commissione, T‑109/02, T‑118/02, T‑122/02, T‑125/02, T‑126/02, T‑128/02, T‑129/02, T‑132/02 e T‑136/02, EU:T:2007:115, punto 630 e giurisprudenza ivi citata).

621    A tal riguardo, occorre sottolineare che la valutazione della gravità relativa della partecipazione di diverse imprese ad un’infrazione si distingue dalla valutazione della gravità dell’infrazione stessa, in quanto tale seconda valutazione è utilizzata per determinare il livello di partenza dell’ammenda (v., in tal senso, sentenze del 9 luglio 2003, Cheil Jedang/Commissione, T‑220/00, EU:T:2003:193, punto 189; dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, EU:T:2008:416, punto 100, e del 30 aprile 2009, CD-Contact Data/Commissione, T‑18/03, EU:T:2009:132, punto 95).

622    Alla luce di tale giurisprudenza, risulta che, all’atto di concedere una riduzione alle due imprese interessate:

–        per quanto riguarda la ricorrente, la Commissione ha ridotto l’ammenda che le è stata inflitta del 6%, come aveva fatto il Tribunale ai punti 324 e 325 della sentenza del 9 dicembre 2014, Ferriere Nord/Commissione (T‑90/10, non pubblicata, EU:T:2014:1035), annullata dalla Corte;

–        per determinare la riduzione da concedere alla Riva, la Commissione ha tenuto conto della gravità relativa della partecipazione all’infrazione delle due imprese coinvolte, conformemente all’esigenza di personalizzazione delle ammende ricordata al punto 613 supra; così, la Commissione ha dichiarato che, essendo la partecipazione complessiva all’intesa della Riva più lunga di quella della ricorrente, essa era necessariamente più grave e l’impatto della sua mancata partecipazione a una determinata componente dell’intesa era ancor più importante.

623    Orbene, una simile scelta, che consiste nel dare maggior peso alla mancata partecipazione di un’impresa a una componente dell’intesa qualora la partecipazione di tale impresa all’intesa complessiva sia più lunga, appare adeguata alla luce dello scopo perseguito, ossia quello di ponderare la riduzione concessa a causa della mancata partecipazione ad un aspetto dell’intesa in funzione della durata della partecipazione complessiva di ciascuna impresa all’intesa complessivamente considerata.

624    Occorre rilevare che il calcolo della percentuale di riduzione applicata dalla Commissione non comporta, peraltro, effetti contrari all’obiettivo più generale di garantire un’applicazione effettiva delle regole di concorrenza.

625    Infatti, esso non incoraggia le imprese interessate a prolungare la loro partecipazione all’intesa al fine di beneficiare di una maggiore riduzione a titolo della circostanza attenuante derivante dalla minore partecipazione a una componente dell’intesa.

626    È sufficiente ricordare, al riguardo, che la durata complessiva della partecipazione a un’intesa comporta, a monte, un aumento nettamente più rilevante dell’importo di base dell’ammenda. Pertanto, l’importo di base dell’ammenda è stato aumentato del 105% per la Riva in ragione della durata della sua partecipazione all’intesa, passando da EUR 3,5 milioni a EUR 7,175 milioni, mentre l’aumento era del 70% per la ricorrente in ragione della sua partecipazione meno lunga all’intesa, passando per quest’ultima da EUR 1,75 milioni a EUR 2,975 milioni.

627    In conclusione, la Commissione, concedendo una riduzione del 6% alla ricorrente, non ha violato il principio della parità di trattamento.

628    La censura in esame va pertanto respinta.

b)      Sulla seconda censura, relativa al carattere tardivo dei motivi che giustificano la concessione di una riduzione dellammenda

629    La ricorrente si duole del carattere tardivo della motivazione che giustifica la concessione di una riduzione dell’ammenda non proporzionale alla sola mancata partecipazione di ciascuna delle imprese alla componente dell’intesa di cui trattasi.

630    Secondo la ricorrente, anche se la riduzione scelta fosse alla fine considerata valida, ciò non toglierebbe che le giustificazioni ad essa sottese sono state fornite tardivamente, ossia per la prima volta nel corso del presente procedimento, non contenendo la decisione impugnata, di per sé, alcuna precisazione su detto profilo.

631    A tal riguardo, occorre rilevare che, per stabilire se la ricorrente possa legittimamente far valere la tardività di una motivazione, della quale il Tribunale non potrebbe quindi tener conto, occorre verificare se le spiegazioni fornite, riguardanti le percentuali di riduzione applicate, facciano parte dell’obbligo di motivazione che incombe alla Commissione e se, di conseguenza, avendole fornite al momento del giudizio, detta istituzione abbia apportato una giustificazione tardiva.

632    Relativamente alla portata dell’obbligo di motivazione riguardante il calcolo dell’importo di un’ammenda inflitta per violazione delle regole di concorrenza, la giurisprudenza considera che la Commissione adempie il suo obbligo di motivazione quando indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione (v. punti 599 e 600 supra).

633    Orbene, nel caso di specie, i punti da 938 a 968 della decisione impugnata contengono un’indicazione sufficiente e pertinente degli elementi presi in considerazione dalla Commissione al fine di determinare la gravità e la durata dell’infrazione commessa da ciascuna delle imprese di cui trattasi.

634    Infatti, anzitutto, ai punti da 938 a 965 della decisione impugnata figurano gli elementi di cui tener conto per valutare la gravità dell’infrazione di cui trattasi, vale a dire, in particolare, il fatto che l’intesa avesse ad oggetto la fissazione dei prezzi, che i comportamenti siano stati dissimulati, che la produzione italiana fosse importante all’interno del mercato dell’Unione, ma anche gli effetti dell’intesa sul mercato, il fatto che i comportamenti illeciti erano aumentati con il tempo così come l’importo di base da prendere in considerazione, di conseguenza, per ciascuna impresa individualmente.

635    Inoltre, ai punti da 966 a 968 della decisione impugnata, sono indicati gli elementi presi in considerazione per valutare la durata dell’infrazione nonché l’importo dell’ammenda fissata, di conseguenza, a ciascuna impresa individualmente.

636    Per il resto, se è vero che la giurisprudenza indica che è auspicabile che le imprese siano poste in grado di conoscere in dettaglio il metodo di calcolo dell’ammenda loro inflitta, senza che, a tal fine, esse debbano proporre un ricorso giurisdizionale contro la decisione della Commissione (sentenza del 6 aprile 1995, Trefilunion/Commissione, T‑148/89, EU:T:1995:68, punto 142), si tratta in tal caso di una facoltà riconosciuta all’istituzione in parola che non può modificare l’ampiezza delle prescrizioni che discendono dall’obbligo di motivazione (sentenza del 16 novembre 2000, Enso Española/Commissione, C‑282/98 P, EU:C:2000:628, punto 45).

637    Così, la Commissione può fornire precisazioni, quanto alla scomposizione in cifre delle riduzioni dell’importo dell’ammenda concesse, successivamente all’adozione della decisione che infligge la sanzione, in particolare nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale, senza che ciò sia considerato un nuovo mezzo di difesa vietato dal regolamento di procedura (sentenza dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, EU:T:2008:416, punto 302).

638    Nello stesso senso, la Corte ha dichiarato che l’omissione, nella decisione impugnata, delle percentuali di riduzione applicate non comportava una violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione (sentenza del 16 novembre 2000, Enso Española/Commissione, C‑282/98 P, EU:C:2000:628, punto 43).

639    Nel caso di specie, la Commissione ha fornito ulteriori indicazioni, ai punti da 972 a 974 della decisione impugnata, per quanto riguarda le circostanze attenuanti prese in considerazione:

–        essa ha in tal senso affermato che «[nessuna] delle imprese coinvolte nel presente procedimento [aveva] tenuto un ruolo esclusivamente passivo o emulativo» e che «[t]utt’al più si [poteva] riscontrare una differenza nella durata della partecipazione di un’impresa all’infrazione, ma tale caratteristica [veniva] adeguatamente riflettuta dalla componente “durata dell’ammenda”» (punto 972);

–        essa ha precisato, «[t]uttavia, [che] il fatto che Riva e Ferriere Nord non [avessero] per un certo periodo, partecipato direttamente a una delle quattro modalità dell’intesa (la limitazione o il controllo della produzione e/o delle vendite), se non giustifica[va] il riconoscimento di un ruolo passivo – difatti si potrebbe riconoscere tale ruolo passivo solo se un tale atteggiamento fosse stato attuato per l’intera durata dell’infrazione nei confronti di ciascuno degli elementi che compongono l’infrazione stessa – d[oveva] essere tenuto in conto come separata circostanza attenuante» e ha rilevato che, «[a]tteso che la mancata partecipazione di Riva e Ferriere Nord a tale aspetto per un lasso di tempo non fa[ceva] venir meno la responsabilità per la loro partecipazione all’intesa unica e continuata descritta nella presente decisione, in quanto l’accordo sulla limitazione e/o il controllo della produzione era esclusivamente funzionale alle numerose iniziative aventi [per] obiettivo il sostegno dei prezzi, (...) la mancata partecipazione di Riva a tale parte dell’intesa si [era] protratta per circa un anno, mentre per Ferriere Nord per circa tre anni» (punto 973);

–        essa ha concluso che era «necessario ridurre l’importo di base dell’ammenda rispettivamente del 3% per Riva e del 6% per Ferriere Nord» (punto 974).

640    Sebbene le percentuali di riduzione applicate alla ricorrente e alla Riva a titolo della circostanza attenuante risultante da una minore partecipazione a una componente dell’intesa siano stati quindi comunicati nella decisione impugnata, in tale decisione non è stata fornita alcuna spiegazione per giustificarli.

641    Nondimeno, come risulta dalla giurisprudenza menzionata al punto 638 supra, la motivazione richiesta dalla Commissione non si estende alle percentuali di riduzione da essa applicate, né agli elementi di valutazione sui quali le stesse si fondano.

642    Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, le spiegazioni relative alle percentuali di riduzione applicate non possono, quindi, essere considerate come una motivazione tardiva e irricevibile. Siffatte spiegazioni costituiscono soltanto precisazioni che completano una motivazione già sufficiente. Di conseguenza, le spiegazioni relative alle percentuali di riduzione hanno potuto essere validamente comunicate dalla Commissione negli scritti difensivi da essa depositati nell’ambito del presente ricorso e prese in considerazione dal Tribunale nella valutazione della censura precedente.

643    Per tali ragioni, la censura deve essere respinta e, di conseguenza, il nono motivo nel suo complesso.

644    Di conseguenza, anche la domanda di riduzione dell’ammenda presentata dalla ricorrente sulla base di tale motivo deve essere respinta.

4.      Conclusione sulla domanda di riduzione dellammenda

645    Poiché la decisione impugnata non risulta inficiata da alcuna illegittimità o irregolarità (v. punti 530, 606 e 643 supra), la domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda non può trovare accoglimento nella parte in cui è volta a chiedere al Tribunale di trarre le conseguenze, in relazione all’importo dell’ammenda, da dette illegittimità o irregolarità (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, Orange Polska/Commissione, T‑486/11, EU:T:2015:1002, punto 226).

646    Nondimeno, quando esercita la sua competenza estesa al merito ai sensi dell’articolo 261 TFUE e dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, il giudice dell’Unione è autorizzato – al di là del mero controllo di legittimità, che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento oppure di annullare (in tutto o in parte) l’atto impugnato – a tenere conto di tutte le circostanze di fatto al fine di modificare, se del caso, l’importo della sanzione [v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, EU:C:2009:505, punto 86 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 novembre 2021, Google e Alphabet/Commissione (Google Shopping), T‑612/17, con impugnazione pendente, EU:T:2021:763, punto 605].

647    Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il giudice dell’Unione può sopprimere, ridurre o persino aumentare l’ammenda inflitta (v. sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 334 e giurisprudenza ivi citata).

648    In tali circostanze, il giudice dell’Unione può anche, ove occorra, effettuare valutazioni diverse da quelle effettuate dalla Commissione per la determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta (v. sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 75).

649    Pertanto, occorre esaminare, alla luce di tutti gli elementi del fascicolo e, in particolare, di quelli dedotti dalla ricorrente, se incomba al Tribunale, nell’ambito della sua competenza estesa al merito, sostituire un importo dell’ammenda a quello fissato dalla Commissione, per il motivo che quest’ultimo non sarebbe appropriato (sentenza del 17 dicembre 2015, Orange Polska/Commissione, T‑486/11, EU:T:2015:1002, punto 227).

650    Orbene, contestando la proporzionalità della decisione impugnata, la ricorrente ha indicato che, a suo avviso, la Commissione avrebbe dovuto, in considerazione delle circostanze del caso di specie, archiviare il procedimento o, quantomeno, se avesse inteso adottare una decisione, non infliggerle alcuna ammenda.

651    A tal riguardo, occorre rilevare che, nella decisione impugnata, la Commissione, senza constatare né una violazione del termine ragionevole né una violazione dei diritti della difesa, ha concesso alla ricorrente una riduzione dell’importo dell’ammenda, che ha giustificato nei seguenti termini:

–        «tenuto conto della (...) incertezza creata dalla transizione tra i due trattati, circostanza eccezionale al tempo non espressamente disciplinata dalla giurisprudenza, (...) la Commissione considera opportuno che le parti destinatarie della presente decisione beneficino di una riduzione dell’ammenda» (punto 570);

–        tale riduzione è accordata «al fine di mitigare le conseguenze negative per le suddette parti che potrebbero essere state causate dalla lunga durata del procedimento che si è resa necessaria per ovviare a taluni vizi procedurali intervenuti nel corso dello stesso e che non sono attribuibili alle parti destinatarie della presente decisione» (punto 570);

–        «la concessione spontanea da parte della Commissione di una riduzione dell’importo dell’ammenda (...) [deve] considerarsi sufficiente (...) a mitigare le possibili conseguenze negative subite dalle parti destinatarie a causa della lunga durata del procedimento» (punto 572);

–        «[l]e parti destinatarie potranno (...) beneficiare di una riduzione adeguata delle ammende (...) al fine di mitigare le possibili conseguenze causate dagli errori procedurali commessi dalla Commissione» (punto 573);

–        «(...) la Commissione ritiene (...) che gli errori procedurali commessi dalla stessa nell’ambito della transizione tra il trattato CECA e il trattato CE e la durata più lunga che può essere scaturita da questi errori può giustificare un appropriato ristoro per i destinatari della presente decisione» (punto 991);

–        «alla luce della discrezionalità di cui la Commissione dispone in materia di fissazione delle ammende, si può (...) [concedere] ai destinatari della presente decisione una riduzione dell’ammenda che dovrebbe essere commisurata in modo tale da non penalizzare le imprese destinatarie per errori procedurali non commessi da loro ma, al contempo, non di una dimensione tale da intaccare il principio che i cartelli sono violazioni molto gravi al diritto della concorrenza» (punto 992);

–        «[a]l fine di prendere nella dovuta considerazione questi fattori, la Commissione conclude che una riduzione dell’ammenda del 50% a titolo di circostanza attenuante straordinaria deve essere riconosciuta a tutti i destinatari della presente decisione» (punto 994).

652    Ne deriva che, per concedere la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, la Commissione si è basata, in sostanza, sui seguenti elementi:

–        il caso è stato trattato nel periodo della scadenza del trattato CECA;

–        detta situazione ha comportato difficoltà nell’identificare le norme applicabili;

–        tali difficoltà hanno portato all’annullamento delle decisioni del 2002 e del 2009 da parte degli organi giurisdizionali dell’Unione;

–        gli annullamenti in parola hanno comportato un prolungamento del procedimento, in una misura che ha potuto incidere negativamente sulla situazione delle imprese interessate;

–        siffatte circostanze potevano essere prese in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda.

653    Al riguardo, occorre rilevare che la Commissione utilizza, in più occasioni, nei punti della decisione impugnata citati al punto 651 supra, alcuni termini che inducono a ritenere che, accordando la riduzione dell’importo dell’ammenda in questione, essa intendeva «mitigare» o «riparare» le «conseguenze negative», vale a dire un danno che potesse essere stato causato da «errori» ad essa imputabili.

654    Sebbene termini siffatti siano generalmente associati a procedimenti di natura risarcitoria, dalla decisione impugnata non risulta che l’intenzione della Commissione nel concedere la riduzione dell’importo dell’ammenda in questione fosse quella di accordare un risarcimento per un danno causato da un comportamento illegittimo. In nessuna parte di tale decisione la Commissione ammette di aver tenuto un comportamento illegittimo, ad esempio oltrepassando la durata ragionevole del procedimento oppure violando i diritti della difesa della ricorrente. Al contrario, in diversi passaggi di suddetta decisione, essa rinvia alla giurisprudenza secondo la quale il rimedio, in caso di censure relative alla durata del procedimento, deve essere trovato nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni (punti 568 e 578).

655    Si deve pertanto considerare, alla luce di tali diversi elementi, che la riduzione dell’importo dell’ammenda in questione concessa dalla Commissione non era diretta, nell’ottica di quest’ultima, a porre rimedio a un comportamento illegittimo, bensì semplicemente a tener conto delle circostanze del caso di specie nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale riconosciutole per l’imposizione delle sanzioni, fra l’altro, dalla sentenza del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione (C‑510/06 P, EU:C:2009:166, punto 82) (v. punto 651 supra)

656    Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il Tribunale ritiene che, nel caso di specie, l’ammenda non possa essere annullata, a causa, segnatamente, della necessità di garantire la piena applicazione del diritto della concorrenza all’infrazione particolarmente grave e di durata significativamente lunga addebitata alla ricorrente.

657    Ciò premesso, si deve tener conto del fatto che l’ammenda non è stata inflitta alla ricorrente entro i pochi anni successivi all’esecuzione degli ultimi comportamenti anticoncorrenziali accertati dalla Commissione, bensì quasi 20 anni dopo.

658    A tal riguardo, nel caso di specie occorre prendere in considerazione, nella determinazione dell’importo dell’ammenda, tra tutte le circostanze pertinenti, il suo carattere deterrente.

659    Infatti, la considerazione del carattere dissuasivo mira a garantire che l’importo dell’ammenda inciterà, in modo sufficiente, l’impresa interessata e, in modo generale, tutti gli operatori economici, a rispettare le regole di concorrenza dell’Unione (v. sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 102).

660    Nel caso di specie, l’obiettivo di dissuasione è già stato attuato nei confronti della ricorrente, quantomeno in parte, da un lato, con la sanzione inflittale nella decisione del 2002, poi in quella del 2009, nonché, dall’altro, con la prospettiva che la sanzione di cui trattasi possa essere mantenuta al termine del procedimento, qualora i ricorsi giurisdizionali proposti dalla ricorrente avverso tali decisioni fossero respinti oppure se, in caso di annullamento di dette decisioni, venisse adottata una nuova decisione che pronunciasse nuovamente una sanzione (v. punto 299 supra).

661    Ciò posto, occorre dichiarare, nell’ambito dell’esercizio della competenza estesa al merito, che, tenuto conto del lasso di tempo trascorso tra gli ultimi comportamenti anticoncorrenziali e l’adozione della decisione impugnata, la fissazione dell’importo dell’ammenda a un livello inferiore all’importo di base di EUR 2,957 milioni determinato dalla Commissione, nella suddetta decisione, in applicazione degli orientamenti, i quali possono guidare gli organi giurisdizionali dell’Unione quando esercitano la suddetta competenza (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 80), si rivela sufficiente, nel caso di specie, per produrre l’effetto deterrente perseguito.

662    Alla luce di quanto precede, una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda stante il tempo trascorso fra gli ultimi comportamenti anticoncorrenziali e l’adozione della decisione impugnata è appropriata.

663    In conclusione, si deve:

–        respingere il ricorso nella parte in cui è diretto a ottenere un annullamento totale o parziale della decisione impugnata;

–        respingere la richiesta di riduzione dell’importo dell’ammenda formulata dalla ricorrente, considerando che la riduzione dell’importo dell’ammenda del 50% accordata dalla Commissione nella decisione impugnata era appropriata alla luce dell’attenuazione del necessario effetto deterrente della sanzione a causa del tempo trascorso tra la fine dell’infrazione e l’irrogazione dell’ammenda.

IV.    Sulle spese

664    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre che le proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

665    Inoltre, conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dalle istituzioni intervenute nella causa restano a loro carico. Si deve pertanto disporre che il Consiglio sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Ferriere Nord SpA è condannata a sopportare proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese.

Gervasoni

Madise

Nihoul

Frendo

 

Martín y Pérez de Nanclares

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 novembre 2022.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

M. van der Woude


Indice


I. Fatti

A. Prima decisione della Commissione (2002)

B. Seconda decisione della Commissione (2009)

C. Terza decisione della Commissione (2019)

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulle conclusioni dirette all’annullamento

1. Sul primo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e delle norme procedurali in occasione dell’audizione del 23 aprile 2018

a) Sull’audizione organizzata a seguito della riapertura del procedimento amministrativo

b) Sull’esecuzione delle sentenze di annullamento

c) Sulla prima e sulla seconda censura, vertenti sull’imparzialità che si esige dal comitato consultivo e dalla Commissione

d) Sulla terza censura, relativa all’assenza di soggetti importanti durante l’audizione del 23 aprile 2018

1) Sulla situazione delle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti e della decisione impugnata

2) Sulla situazione dei terzi che dimostrino un interesse sufficiente

3) Sulla situazione degli altri terzi

e) Sulla quarta censura, relativa all’impossibilità, per la Commissione, di porre rimedio al vizio procedurale censurato dalla Corte

f) Sulla quinta censura, vertente su ulteriori irregolarità che hanno inciso sulle circostanze in cui il comitato consultivo ha emesso il suo parere

2. Sul secondo motivo, vertente sul rifiuto illegittimo della Commissione di verificare, prima di adottare la decisione impugnata, la compatibilità di tale decisione con il principio del termine ragionevole del procedimento

a) Sulla prima censura, vertente su un errore di diritto

b) Sulla seconda censura, vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione

3. Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio del termine ragionevole del procedimento

a) Sulla prima censura, relativa alla durata delle fasi amministrative

b) Sulla seconda censura, relativa alla durata complessiva del procedimento

c) Sulla terza censura, concernente l’effetto della durata del procedimento sui diritti della difesa

4. Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, su un eccesso di potere e sulla violazione del principio di proporzionalità

a) Sulla prima censura, relativa alla mancanza di spiegazioni sufficienti sulle ragioni che hanno indotto la Commissione ad adottare una nuova decisione irrogativa di un’ammenda

b) Sulla seconda censura, relativa ad un errore di valutazione in cui è incorsa la Commissione riguardo all’effetto deterrente che può essere prodotto da una decisione irrogativa di un’ammenda

c) Sulla terza censura, relativa alla pena inflitta alla ricorrente per il fatto che quest’ultima ha avuto la qualità di imputata durante tutto il procedimento

d) Sulla quarta censura, riguardante un errore in cui è incorsa la Commissione nella valutazione della possibilità, per taluni terzi, di proporre un’azione risarcitoria dinanzi ai giudici nazionali

e) Sulla quinta censura, relativa alla violazione del principio di proporzionalità

5. Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del principio del ne bis in idem

6. Sul sesto motivo, vertente sull’illegittimità del regime di prescrizione previsto dall’articolo 25 del regolamento n. 1/2003

B. Sulle conclusioni, presentate in via subordinata, relative alla riduzione dell’ammenda inflitta

1. Sul settimo motivo, vertente sulla violazione dell’onere della prova e del principio dell’in dubio pro reo per quanto riguarda i comportamenti addebitati alla ricorrente

a) Sul contenuto delle disposizioni di cui si contesta la violazione alla ricorrente

b) Sull’onere della prova e sull’intensità del controllo giurisdizionale

c) Sull’infrazione constatata

d) Sugli elementi presi in considerazione nella decisione impugnata per dimostrare la partecipazione della ricorrente all’infrazione constatata

1) Periodo compreso tra il 1º aprile 1993 e il dicembre 1994

2) Periodo che copre l’anno 1995

3) Periodo che copre l’anno 1996

4) Periodo che copre l’anno 1997

5) Periodo che copre l’anno 1998

6) Periodo che copre l’anno 1999

7) Periodo che copre l’anno 2000

e) Sulla prima parte, vertente sulla mancanza di valore probatorio delle comunicazioni della Federacciai ai produttori a partire dal 1° aprile 1993

f) Sulla seconda parte, vertente sulla mancanza di valore probatorio della comunicazione da parte della ricorrente alla Federacciai delle informazioni sulla sua produzione

g) Sulla terza parte, vertente sull’assenza di valore probatorio degli allineamenti degli extra di dimensione della ricorrente

1) Sulla prima censura, relativa ad un allineamento ai listini dei prezzi pubblicati dalla CCIAA di Brescia

2) Sulla seconda censura, relativa all’esistenza di una prassi auspicata dai clienti

2. Sull’ottavo motivo, vertente sull’illegittimità della maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo della recidiva

a) Sulla prima censura, relativa alla violazione dei diritti della difesa nella presa in considerazione della recidiva

b) Sulla seconda censura, relativa al periodo intercorso tra le due infrazioni prese in considerazione

c) Sulla terza censura, relativa al periodo trascorso tra le infrazioni prese in considerazione e l’adozione della decisione impugnata

d) Sulla quarta censura, relativa alla percentuale di maggiorazione applicata a titolo di recidiva

e) Sulla quinta censura, relativa alla motivazione che giustifica la percentuale di maggiorazione applicata a titolo di recidiva

3. Sul nono motivo, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda la presa in considerazione delle circostanze attenuanti e sul carattere tardivo dei motivi che giustificano la concessione di una riduzione dell’ammenda

a) Sulla prima censura, relativa alla violazione del principio della parità di trattamento

b) Sulla seconda censura, relativa al carattere tardivo dei motivi che giustificano la concessione di una riduzione dell’ammenda

4. Conclusione sulla domanda di riduzione dell’ammenda

IV. Sulle spese


*      Lingua processuale: l’italiano.


1      La presente sentenza è oggetto di una pubblicazione per estratto.