Language of document : ECLI:EU:C:2022:846

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 27 ottobre 2022(1)

Causa C144/21

Parlamento europeo

contro

Commissione europea

«Ricorso di annullamento – Decisione di esecuzione C (2020) 8797, del 18 dicembre 2020, che concede un’autorizzazione parziale per taluni usi del triossido di cromo – Regolamento (CE) n. 1907/2006 (Regolamento REACH) – Articolo 60, paragrafo 4 – Procedura di autorizzazione c.d. “socioecononomica” – Analisi dei rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente – Analisi dell’assenza di idonee sostanze o tecnologie alternative»






Indice


I. Presentazione del contesto normativo

II. Fatti all’origine della controversia

III. La decisione impugnata

IV. Conclusioni delle parti

V. Esame del ricorso

A. Argomenti delle parti

1. Sulla prima parte del motivo unico di ricorso relativa alla mancata valutazione conclusiva riguardo ai rischi per la salute umana e per l’ambiente

2. Sulla seconda parte del motivo unico relativa al mancato accertamento dell’assenza di idonee sostanze o tecnologie alternative per gli usi 2, 4 e 5

3. Sulla terza parte del motivo unico relativa all’erronea concessione dell’autorizzazione nonostante le mancanze nella domanda di autorizzazione

B. Analisi giuridica

1. Osservazioni preliminari

2. Principi giurisprudenziali riguardo all’analisi dei requisiti previsti all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH

3. Sulla prima parte del motivo unico relativa alla mancata valutazione conclusiva riguardo ai rischi per la salute umana e per l’ambiente

a) Analisi della decisione impugnata

b) Valutazione

4. Sulla seconda parte del motivo unico relativa al mancato accertamento dell’assenza di idonee sostanze o tecnologie alternative per gli usi 2, 4 e 5

a) L’approccio seguito dalla Commissione nella decisione impugnata

b) Sull’analisi riguardo all’esistenza di idonee sostanze o tecnologie alternative

c) Sulla limitazione degli usi mediante il riferimento alle funzionalità essenziali

5. Sulla terza parte del motivo unico

C. Conclusione sul ricorso

VI. Sulla domanda diretta al mantenimento degli effetti della decisione impugnata

VII. Sulle spese

VIII. Conclusione


1.        La presente causa offre alla Corte l’opportunità di fornire chiarimenti quanto all’analisi che la Commissione europea deve svolgere nell’ambito del sistema elaborato dal regolamento REACH (2), concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, riguardo alle condizioni alle quali tale istituzione può rilasciare un’autorizzazione per una sostanza estremamente preoccupante, come, nella presente fattispecie il triossido di cromo.

2.        Nella presente causa il Parlamento europeo ha impugnato mediante ricorso di annullamento la decisione di esecuzione C (2020) 8797, del 18 dicembre 2020, che concede un’autorizzazione parziale per taluni usi del triossido di cromo in forza del regolamento [REACH] (Chemservice GmbH e altri), in prosieguo: la «decisione impugnata»).

3.        La presente causa riveste un’importanza notevole per la determinazione della portata precisa dell’analisi da svolgere nel quadro, in particolare, della c.d. procedura di autorizzazione «socioeconomica» per l’uso di una sostanza estremamente preoccupante, prevista dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Gli argomenti sollevati dal Parlamento nel suo ricorso richiedono, infatti, che la Corte valuti l’analisi effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata riguardo ad entrambi i requisiti previsti da tale disposizione affinché possa venir concessa l’autorizzazione all’uso di una sostanza estremamente preoccupante in tale quadro, ossia, da un lato, che i vantaggi socioeconomici prevalgano sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente, e, dall’altro che non esistano idonee sostanze o tecnologie alternative.

I.      Presentazione del contesto normativo

4.        Il regolamento REACH è uno strumento giuridico fondamentale che disciplina le sostanze chimiche nell’Unione. Secondo l’articolo 1, paragrafo 1, di tale regolamento, esso mira ad assicurare un livello elevato di protezione della salute umana e dell’ambiente, ivi inclusa la promozione di metodi alternativi per la valutazione dei pericoli che le sostanze comportano, nonché la libera circolazione delle sostanze nel mercato interno, rafforzando nel contempo la competitività e l’innovazione (3). Tale elevato livello di protezione è assicurato attraverso un sistema integrato di controllo delle sostanze chimiche fabbricate, importate o immesse sul mercato nell’Unione, basato sulla registrazione, sulla valutazione e sull’autorizzazione di tali sostanze nonché su eventuali restrizioni al loro utilizzo (4).

5.        Risulta dall’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento REACH, da un lato, che tale regolamento si basa sul principio che ai fabbricanti, agli importatori e agli utilizzatori a valle spetta l’obbligo di fabbricare, immettere sul mercato o utilizzare sostanze che non arrecano danno alla salute umana o all’ambiente e, dall’altro, che le disposizioni di detto regolamento si fondano sul principio di precauzione.

6.        Come precisato, inter alia, ai suoi considerando 69 e 70, il regolamento REACH riserva alle sostanze estremamente preoccupanti un’attenzione particolare. Tali sostanze sono, infatti, soggette al regime di autorizzazione previsto al titolo VII del regolamento REACH. Dall’articolo 55 del citato regolamento risulta che lo scopo di siffatto regime è di «garantire il buon funzionamento del mercato interno, assicurando nel contempo che i rischi che presentano le sostanze estremamente preoccupanti siano adeguatamente controllati e che queste sostanze siano progressivamente sostituite da idonee sostanze o tecnologie alternative, ove queste siano economicamente e tecnicamente valide».

7.        Di conseguenza, come stabilito dagli articoli 56 e 58 del regolamento REACH, le sostanze estremamente preoccupanti incluse nell’allegato XIV di tale regolamento non possono essere utilizzate o immesse sul mercato per un uso da parte dei fabbricanti, degli importatori o degli utilizzatori a valle dopo una data specifica, salvo che l’uso di tale sostanza sia stato autorizzato o si applichi una delle altre condizioni indicate nel regolamento REACH (5).

8.        I fabbricanti e gli importatori possono presentare domande di autorizzazione per l’immissione sul mercato di una sostanza per utilizzare essi stessi tale sostanza o per garantirne l’uso ai loro utilizzatori a valle (6). Sebbene le domande siano inoltrate all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (in prosieguo: l’«ECHA») (7), istituita da tale regolamento per contribuire all’applicazione delle sue disposizioni, la decisione sulla concessione dell’autorizzazione spetta alla Commissione (8). Le decisioni di autorizzazione precisano, tra l’altro, l’uso o gli usi contemplati, il periodo di tempo per la revisione dell’autorizzazione e le condizioni alle quali l’autorizzazione è subordinata (9).

9.        L’articolo 60 del regolamento REACH stabilisce due procedure alternative per il rilascio di un’autorizzazione da parte della Commissione per l’uso di sostanze estremamente preoccupanti: da un lato, ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 2, del regolamento REACH l’autorizzazione è rilasciata se il rischio per la salute umana o per l’ambiente che l’uso di una sostanza comporta è adeguatamente controllato (c.d. «procedura del controllo adeguato»); dall’altro lato, l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, prevede la c.d. «procedura socioeconomica».

10.      A tale riguardo, l’articolo 60 di tale regolamento, ai paragrafi 4, 5 e 7, dispone:

«(...)

4      Quando l’autorizzazione non può essere rilasciata a norma del paragrafo 2 o per le sostanze di cui al paragrafo 3, essa può essere rilasciata solo se risulta che i vantaggi socioeconomici prevalgono sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente, e se non esistono idonee sostanze o tecnologie alternative. Questa decisione è assunta dopo aver preso in considerazione tutti i seguenti elementi e tenendo conto dei pareri del comitato per la valutazione dei rischi [in prosieguo: «il CVR»] e del comitato per l’analisi socioeconomica [in prosieguo: «il CASE»] di cui all’articolo 64, paragrafo 4, lettere a) e b):

a)      il rischio che presentano gli usi della sostanza, comprese l’adeguatezza e l’efficacia delle misure di gestione dei rischi proposte;

b)      i vantaggi socioeconomici derivanti dal suo uso e le conseguenze socioeconomiche di un rifiuto di autorizzazione, comprovati dal richiedente o da altre parti interessate;

c)      l’analisi delle alternative proposte dal richiedente a norma dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera e), o di un eventuale piano di sostituzione presentato dal richiedente a norma dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera f), e degli eventuali contributi trasmessi da terzi a norma dell’articolo 64, paragrafo 2;

d)      le informazioni disponibili sui rischi che le eventuali sostanze o tecnologie alternative presentano per la salute umana o per l’ambiente.

5.      Nel valutare se esistano idonee sostanze o tecnologie alternative, la Commissione prende in considerazione tutti gli aspetti pertinenti, in particolare:

a)      se il passaggio alle alternative comporti una riduzione dei rischi complessivi per la salute umana e per l’ambiente, tenendo conto dell’adeguatezza e dell’efficacia delle misure di gestione dei rischi;

b)      la fattibilità tecnica ed economica delle alternative per il richiedente.

(…)

7.      L’autorizzazione è rilasciata soltanto se la domanda è inoltrata conformemente alle prescrizioni dell’articolo 62».

11.      L’articolo 62, del regolamento REACH, rubricato «[d]omande di autorizzazione», dispone nel suo paragrafo 4, lettere d) e e):

«Una domanda d’autorizzazione contiene gli elementi seguenti:

(…)

d)      salvo qualora sia già stata presentata nell’ambito della registrazione, una relazione sulla sicurezza chimica, elaborata a norma dell’allegato I, relativa ai rischi che comporta per la salute umana e/o per l’ambiente l’uso della o delle sostanze a motivo delle proprietà intrinseche di cui all’allegato XIV;

e)      un’analisi delle alternative, che prenda in considerazione i rischi che esse comportano e la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione e che comprenda, se del caso, informazioni circa eventuali attività inerenti di ricerca e sviluppo svolte dal richiedente; (…)».

12.      La Commissione adotta la decisione concernente la domanda d’autorizzazione seguendo la procedura di cui all’articolo 64 del regolamento REACH. In particolare, ciò comporta, ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 2, di tale regolamento, una consultazione pubblica, che offre a terzi la possibilità di comunicare informazioni su sostanze o tecnologie alternative. Ai sensi dell’articolo 64, paragrafi 3 e 4, del regolamento REACH, il CVR e il CASE, enti operanti in seno all’ECHA e incaricati di svolgere vari compiti (10), devono fornire il loro parere su aspetti fondamentali della domanda. Ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 8, del regolamento REACH, la Commissione elabora un progetto di decisione entro tre mesi dalla ricezione di tali pareri e adotta la decisione finale conformemente alla procedura di comitato applicabile (11).

II.    Fatti all’origine della controversia

13.      Il triossido di cromo è una sostanza estremamente preoccupante ai termini del regolamento REACH. Esso è elencato nell’allegato XIV di tale regolamento. Gli usi di tale sostanza sono soggetti all’obbligo di autorizzazione (12).

14.      Nel 2015 la Lanxess Deutschland GmbH e altri operatori (in prosieguo: i «richiedenti») hanno presentato una domanda diretta ad ottenere l’autorizzazione per sei categorie di usi del triossido di cromo.

15.      Le sei categorie d’uso per cui l’autorizzazione è stata richiesta sono le seguenti: usi del triossido di cromo nella formulazione di miscele («uso 1»); usi nella cromatura funzionale («uso 2»); usi nella cromatura funzionale con carattere decorativo («uso 3»); usi nel trattamento superficiale per applicazioni nell’industria aeronautica e aerospaziale (non correlato alla cromatura funzionale o alla cromatura funzionale di tipo decorativo) («uso 4»); usi nel trattamento superficiale (ad eccezione della passivazione dell’acciaio stagnato / della stagnatura elettrolitica – ETP) per l’uso nei settori dell’architettura, automobilistico, metallurgico e della finitura dei metalli nonché dell’ingegneria industriale generale (non correlato alla cromatura funzionale o alla cromatura funzionale di tipo decorativo) («uso 5»); e usi nella passivazione dell’acciaio stagnato (ETP) («uso 6»).

16.      Il 30 settembre 2016 la Commissione ha ricevuto i pareri sulla domanda adottati dal CVR e dal CASE.

17.      Il 27 marzo 2019 il Parlamento ha adottato una risoluzione che si opponeva ad un primo progetto di decisione. In sostanza, le obiezioni sollevate dal Parlamento si fondavano sul fatto che le informazioni fornite dai richiedenti avrebbero presentato gravi lacune e che il rispetto delle condizioni di rilascio di un’autorizzazione, in particolare la disponibilità o meno di soluzioni alternative più sicure, non avrebbe potuto pertanto essere valutato correttamente. Secondo il Parlamento, ciò sarebbe stato tanto più vero in quanto la descrizione degli usi previsti della sostanza di cui trattasi sarebbe stata talmente generica da comportare un ambito di applicazione estremamente ampio dell’autorizzazione. A tale riguardo, il Parlamento riteneva altresì che l’approccio della Commissione, consistente nel rimediare alle lacune della domanda chiedendo ai richiedenti di fornire i dati mancanti nella relazione d’esame, non fosse conforme alla giurisprudenza dei giudici dell’Unione (13).

18.      A seguito di tale risoluzione, la Commissione ha escluso dall’ambito di applicazione del suo progetto di decisione la categoria d’uso 3 (cromatura funzionale con carattere decorativo). Tuttavia, per il resto, la Commissione ha mantenuto il suo approccio iniziale, consistente nell’adottare l’autorizzazione subordinandola a talune condizioni e restrizioni e, il 18 dicembre 2020, ha adottato la decisione impugnata.

III. La decisione impugnata

19.      Nella decisione impugnata la Commissione ha innanzitutto rilevato che per il triossido di cromo un’autorizzazione poteva essere concessa solo ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH (14).

20.      In tale contesto, la Commissione ha in primo luogo analizzato, ai considerando da 9 a 15, il primo dei due requisiti previsti da tale disposizione, ossia che i vantaggi socioeconomici prevalgano sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la saluta umana e per l’ambiente.

21.      Al considerando 9 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che «[n]ei suoi pareri sugli usi 1, 2, 4 e 5, il CVR ha concluso che le misure di gestione dei rischi e le condizioni operative descritte nella domanda non sono appropriate ed efficaci nel limitare i rischi per i lavoratori».

22.      In particolare, al considerando 10 di tale decisione, la Commissione ha rilevato che per quanto riguarda «gli usi 1, 2, 4 e 5, il CVR ha concluso inoltre che vi sono incertezze significative riguardo all’esposizione dei lavoratori a causa della disponibilità limitata di dati sull’esposizione misurata. Il CVR ha inoltre concluso che una diffusa mancanza di informazioni contestuali ha reso difficile stabilire un collegamento tra le condizioni operative e le misure di gestione del rischio descritte nella domanda e i livelli di esposizione dichiarati per compiti e siti specifici, impedendo in tal modo al CVR un’ulteriore valutazione. Tali incertezze riguardano l’affidabilità e la rappresentatività dei dati sull’esposizione e il modo in cui si riferiscono alle specifiche misure di gestione del rischio in atto, in particolare per l’uso 4 dove, oltre all’immersione nella vasca, diverse attività, tra cui la spruzzatura, la laminazione, la spazzolatura e le operazioni di lavorazione, sono interessate dalla domanda e i richiedenti non sono stati in grado di valutare appieno l’esposizione combinata relativa a tutti questi compiti. Tuttavia, la Commissione osserva che tali incertezze non hanno impedito al CASE di analizzare ulteriormente la domanda».

23.      Al considerando 11 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che per quanto riguarda «gli usi 1, 2, 4 e 5, il CVR ha inoltre concluso che esistono incertezze anche nella valutazione dell’esposizione della popolazione generale alla sostanza, attraverso l’ambiente, su scala locale, in particolare per quanto riguarda l’emissione di cromo (VI) tramite acque reflue. Ciò è particolarmente rilevante per quanto riguarda l’esposizione orale attraverso l’acqua potabile. Tuttavia, il CVR ha ritenuto che la valutazione dei rischi per la popolazione generale attraverso l’ambiente sia sufficiente per un’ulteriore analisi da parte del CASE, osservando che l’approccio dei richiedenti si basa su ipotesi che potrebbero sovrastimare i rischi per la popolazione generale».

24.      Al considerando 12 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato «che [n]ei suoi pareri sugli usi 1, 2, 4 e 5, a causa delle incertezze nella valutazione dei rischi per i lavoratori e per la popolazione in generale attraverso l’ambiente, il CVR ha raccomandato di imporre condizioni e modalità di monitoraggio supplementari. La Commissione, dopo aver esaminato la valutazione del CVR, concorda con tale conclusione».

25.      Al considerando 15 della decisione impugnata la Commissione ha poi rilevato che «[n]ei suoi pareri sugli usi 1, 2, 4, 5 e 6 del triossido di cromo descritti nella domanda, il CASE ha concluso che i benefici socioeconomici complessivi derivanti da ciascuno di questi usi superano il rischio per la salute umana derivante da quegli usi».

26.      In secondo luogo, ai considerando da 16 a 24 della decisione impugnata, la Commissione ha analizzato il secondo dei requisiti previsti dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH per poter rilasciare l’autorizzazione, ossia l’assenza di idonee sostanze o tecnologie alternative.

27.      Per ciò che riguarda gli usi 2, 4 e 5, la Commissione, al considerando 18 di tale decisione, ha osservato che «[n]ei suoi pareri sugli usi 2, 4 e 5, il CASE ha concluso che non esistono idonee sostanze o tecnologie alternative. Tuttavia, a causa della portata molto ampia degli usi richiesti, il CASE non ha potuto escludere possibili incertezze riguardo alla fattibilità tecnica di alternative per un numero limitato di impieghi specifici che sono inclusi nella descrizione di tali usi. La Commissione concorda con la conclusione del CASE».

28.      Di conseguenza, al considerando 19 della decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che «[a]l fine di garantire che l’autorizzazione copra solo gli usi per i quali non sono disponibili idonee alternative, è necessario specificare ulteriormente la descrizione degli usi 2, 4 e 5 allineandola alle conclusioni dell’analisi delle alternative quali presentate nella domanda e quali valutate dal CASE. La Commissione ritiene che i richiedenti abbiano assolto il loro onere della prova dimostrando l’assenza di alternative idonee per quanto concerne gli usi 2, 4 e 5, solo riguardo a tale portata limitata degli usi».

29.      Al considerando 20 di tale decisione la Commissione ha aggiunto che «[p]ertanto, la descrizione degli usi 2, 4 e 5 dovrebbe essere ulteriormente specificata facendo riferimento agli usi in cui una delle (…) funzionalità essenziali è necessaria per l’uso previsto» e ha elencato, per gli usi 2, 4 e 5, una serie di funzionalità essenziali (15).

30.      Sulla base di tale ragionamento la Commissione ha concluso al considerando 22 della decisione impugnata che, dopo aver esaminato la valutazione del CASE e tenendo conto delle considerazioni di cui sopra, essa concordava con la conclusione che non esistessero idonee sostanze o tecnologie alternative per gli usi 2, 4 e 5.

31.      Al considerando 26 della decisione impugnata la Commissione ha affermato di aver «basato la sua valutazione su tutte le prove scientifiche pertinenti attualmente disponibili, come valutato dal CVR, e di aver basato le sue conclusioni sull’esistenza di prove sufficienti per giungere a tale conclusione. La Commissione ha nondimeno considerato che dati scientifici supplementari le avrebbero consentito di eseguire la sua valutazione su una base probatoria più solida o ampia in futuro e che era quindi opportuno richiedere la produzione di informazioni aggiuntive sull’esposizione e sulle emissioni.

32.      Al considerando 27 della decisione impugnata la Commissione ha poi affermato che, inoltre, al fine di facilitare l’applicazione della presente decisione, per quanto riguarda gli usi 2, 4 e 5, era necessario richiedere agli utilizzatori a valle dei titolari dell’autorizzazione di includere nella notifica inviata all’ECHA ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 1, del regolamento REACH(16), una spiegazione delle funzionalità essenziali elencate nella decisione impugnata che sono necessarie per il loro uso, compresa una giustificazione del motivo per cui sono necessarie per tale uso.

33.      Sulla base di tali considerazioni la Commissione, all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione impugnata, ha accordato un’autorizzazione ai richiedenti per l’uso 6, per gli usi 2, 4 e 5 solo ove una delle funzionalità essenziali ivi indicate sia necessaria per l’uso, nonché per l’uso 1, per quanto riguarda la formulazione di miscele per gli usi 2, 4, 5 e 6, quali autorizzati.

34.      Risulta poi dai paragrafi da 2 a 4 dell’articolo 1, della stessa decisione che, al contrario, un’autorizzazione del triossido di cromo non è concessa per gli usi 2, 4 e 5, ove nessuna delle funzionalità essenziali ivi indicate sia necessaria per l’uso.

35.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 2 e 3, della decisione impugnata:

«2.      I titolari dell’autorizzazione sviluppano scenari di esposizione specifici per i processi, le operazioni e i compiti particolari (incluso per i sistemi automatici/ manuali e per i sistemi aperti/chiusi e loro combinazioni) e descrivono, per ciascuno degli scenari specifici, le misure di gestione del rischio e le condizioni operative per controllare l’esposizione dei lavoratori al cromo(VI) e le sue emissioni nell’ambiente, rappresentative di tutti i siti in cui avvengono gli usi autorizzati. Gli scenari d’esposizione contengono informazioni sui livelli di esposizione risultanti dall’attuazione di tali misure di gestione del rischio e condizioni operative. I titolari dell’autorizzazione selezionano le misure di gestione del rischio descritte negli scenari di esposizione in conformità all’articolo 5 della direttiva 2004/37/CE. I titolari dell’autorizzazione documentano e giustificano la selezione delle misure di gestione del rischio e mettono a disposizione, su richiesta, i documenti pertinenti alle autorità competenti dello Stato membro in cui avviene un uso autorizzato.

3.      I titolari dell’autorizzazione mettono a disposizione degli utilizzatori a valle a cui si applica la presente decisione (…), gli scenari di esposizione specifici in un dato di sicurezza aggiornato al più tardi il 18 marzo 2021. I titolari dell’autorizzazione e gli utilizzatori a valle applicano senza indebito ritardo le misure di gestione dei rischi e le condizioni operative incluse negli scenari di esposizione specifici».

36.      L’articolo 5 della decisione impugnata dispone che per quanto riguarda l’autorizzazione relativa agli usi 2, 4 e 5, gli utilizzatori a valle devono includere nella notifica all’ECHA ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 1, del regolamento REACH una spiegazione delle funzionalità essenziali del triossido di cromo elencate all’articolo 1, paragrafo 1, necessarie per il loro utilizzo, compresa una giustificazione del motivo per cui tali funzionalità essenziali sono necessarie per tale uso.

IV.    Conclusioni delle parti

37.      Il Parlamento chiede che la Corte voglia annullare l’articolo 1, paragrafi 1 e 5, e gli articoli 2, 3, 4, 5, 7, 9 e 10, della decisione impugnata nella parte in cui riguardano le autorizzazioni relative agli usi 2, 4 e 5 e all’uso 1, per quanto riguarda la formulazione di miscele per gli usi 2, 4 e 5; in subordine, annullare integralmente la decisione impugnata; condannare la Commissione e l’ECHA alle spese.

38.      La Commissione chiede che la Corte voglia, in via principale, respingere le conclusioni del Parlamento dirette all’annullamento parziale della decisione impugnata; in subordine, respingere le conclusioni del Parlamento dirette all’annullamento integrale della decisione impugnata; in caso di un annullamento della decisione impugnata, mantenere gli effetti della decisione impugnata; condannare il Parlamento alle spese.

39.      L’ECHA, il cui intervento nella presente causa è stato ammesso con ordinanza del presidente della Corte del 17 settembre 2021, ha prodotto una memoria di intervento a sostegno delle conclusioni della Commissione.

V.      Esame del ricorso

A.      Argomenti delle parti

40.      A sostegno del suo ricorso, il Parlamento solleva un motivo unico di ricorso con cui fa valere una violazione dell’articolo 60, paragrafi 4 e 7, del regolamento REACH. Tale motivo unico si suddivide in tre parti.

1.      Sulla prima parte del motivo unico di ricorso relativa alla mancata valutazione conclusiva riguardo ai rischi per la salute umana e per lambiente

41.      Nella prima parte del suo motivo unico, il Parlamento contesta alla Commissione di aver violato l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH autorizzando gli usi 2, 4 e 5 e l’uso 1 per quanto riguarda la formulazione di miscele per gli usi 2, 4, 5, del triossido di cromo senza essere pervenuta ad una valutazione conclusiva quanto al rischio per la salute umana e per l’ambiente che tali usi comportano. Tale mancanza avrebbe necessariamente viziato la valutazione volta a verificare «che i vantaggi socioeconomici prevalgono sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente» previsto da detta disposizione.

42.      Risulterebbe esplicitamente dai considerando da 10 a 12 della decisione impugnata che, per quanto riguarda gli usi 1, 2, 4 e 5, esistevano incertezze significative riguardo alla valutazione dei rischi per i lavoratori e per la popolazione in generale attraverso l’ambiente e che in ragione di tali incertezze, il CVR aveva raccomandato di imporre condizioni supplementari e modalità di sorveglianza. In particolare dal considerando 10 della decisione impugnata risulterebbe che tali incertezze erano particolarmente gravi per quanto riguarda l’esposizione dei lavoratori alla sostanza in questione ciò che impediva qualsiasi valutazione seria di tale rischio. Dai pareri di tale comitato emergerebbe che, per ogni uso per cui è stata richiesta l’autorizzazione, le informazioni fornite dai richiedenti al fine di permettere una valutazione dei rischi per la salute umana e per l’ambiente erano talmente incomplete e così poco rappresentative che detto comitato aveva dovuto concludere che esistevano incertezze significative riguardo alla portata e al livello di tali rischi.

43.      Secondo il Parlamento, i dati sull’esposizione forniti nel caso di specie dai richiedenti non sarebbero rappresentativi e non sarebbero conformi all’articolo 62, paragrafo 4, lettera d), e al punto 5.2.4 dell’allegato I del regolamento REACH. Se è vero che il CVR ha constatato che il metodo utilizzato dai richiedenti poteva spiegare lo scarso livello di rappresentatività dei dati (che rappresentavano meno del 3% delle imprese interessate), tale comitato non l’avrebbe invece esplicitamente accettata né giustificata nei suoi pareri.

44.      Il Parlamento aggiunge che se la domanda non avesse avuto una portata eccessivamente ampia, sarebbe stato possibile fornire dati di esposizione rilevati (o, almeno, dati di modellizzazione rappresentativi), nonché un’adeguata descrizione delle condizioni di sfruttamento e delle misure di gestione dei rischi per tutti gli usi coperti dalla domanda, come richiesto dall’articolo 62, paragrafo 4, lettera d), e dal punto 5.2.4 dell’allegato I del regolamento REACH. Il Parlamento ritiene poi che la Commissione abbia omesso di motivare nella decisione impugnata le ragioni che l’hanno indotta a concludere che, nonostante la mancanza di rappresentatività dei dati e delle gravi incertezze rilevate, i richiedenti avevano soddisfatto l’onere della prova incombente su di loro, limitandosi a rilevare che tali incertezze non hanno impedito al CASE di proseguire l’analisi della domanda.

45.      Sarebbe proprio al fine di porre rimedio alle suindicate carenze, che l’articolo 2, paragrafo 2, della decisione impugnata avrebbe subordinato l’autorizzazione alla condizione che vengano forniti, nella relazione d’esame dati essenziali (quali gli scenari di esposizione e le relative misure di gestione dei rischi) che mancherebbero nella valutazione del rischio in questione. Risulterebbe pertanto dalla decisione impugnata stessa, da un lato, che, al momento in cui l’autorizzazione è stata concessa, la Commissione non disponeva di una quantità significativa di informazioni che i richiedenti avrebbe dovuto fornire ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera d), del regolamento REACH e di cui essa avrebbe dovuto disporre per svolgere la sua valutazione ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, dello stesso regolamento e, dall’altro, che le condizioni imposte all’articolo 2, paragrafo 2, della decisione impugnata erano finalizzate a rimediare a tali carenze nella domanda di autorizzazione e nella valutazione effettuata sulla base di tale domanda. Inoltre, la Commissione incorrerebbe in un errore di interpretazione degli articoli 56 e 66 del regolamento REACH, quando presenta tali disposizioni come se esse permettessero che informazioni cruciali per l’autorizzazione iniziale siano fornite unicamente da utilizzatori a valle dopo la concessione dell’autorizzazione.

46.      In tali circostanze, la Commissione non avrebbe potuto determinare in modo affidabile e conclusivo che «i vantaggi socioeconomici prevalgono sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente», come richiesto dall’articolo 60, paragrafo 4. Tuttavia un’autorizzazione non può essere concessa se la Commissione non ha verificato in modo concludente che tale condizione è soddisfatta e che non si può porre rimedio alle carenze di una domanda di autorizzazione mediante l’imposizione di condizioni nella decisione di autorizzazione.

47.      La Commissione sostiene di non aver violato il suo obbligo di pervenire a una valutazione conclusiva sui rischi per la salute umana e per l’ambiente, come richiesto dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH.

48.      Per definizione, ogni valutazione scientifica comporterebbe incertezze. Il fatto che esistano incertezze non vizierebbe in alcun modo una valutazione scientifica. Non spetterebbe quindi alla Commissione eliminare qualsiasi incertezza né insistere affinché il richiedente l’autorizzazione provi il negativo.

49.      Nonostante le incertezze menzionate dal Parlamento, quali rilevate nel parere del CVR e riconosciute nella decisione impugnata, la Commissione ritiene che i richiedenti abbiano soddisfatto l’onere della prova su di essi incombente. Essa ritiene di essere stata in grado su tale base di valutare che i vantaggi socioeconomici prevalevano sui rischi per la salute umana o per l’ambiente. Tale valutazione non sarebbe finalizzata ad una adeguata gestione dei rischi in ogni singolo caso di uso della sostanza, ma dovrebbe permettere un appropriato esercizio di ponderazione tra i rischi e i benefici.

50.      Le informazioni fornite nella relazione sulla sicurezza chimica sarebbero state sufficienti per effettuare una appropriata valutazione del rischio da parte del CVR e per permettere al CASE di giungere ad una conclusione sulla valutazione rischi/benefici consentendo in ultima analisi alla Commissione di verificare che la condizione che i vantaggi socioeconomici prevalgono sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente era soddisfatta. La Commissione non contesta che esistessero incertezze, ma sostiene che, secondo una valutazione di esperti scientifici, tali incertezze non erano tali da impedire di giungere alla conclusione che la prima condizione fosse soddisfatta.

51.      Riguardo, in particolare, alle incertezze relative all’esposizione dei lavoratori, la Commissione spiega, in primo luogo, le ragioni per le quali, nonostante la quantità limitata di dati di esposizione rilevati contenuti nella relazione sulla sicurezza chimica, il CVR ha ritenuto che i dati forniti fossero sufficienti per procedere alla valutazione e per consentire al CASE di proseguire l’esercizio di ponderazione dei vantaggi rispetto ai rischi.

52.      Innanzitutto, per quanto riguarda l’uso 1, per la valutazione complementare del CASE, il CVR avrebbe proposto di utilizzare il livello di esposizione totale massimo stimato delle richiedenti di 0.5 μg/m3. Per quanto riguarda gli usi 2, 4 e 5, a causa dell’ampia gamma di utilizzatori potenziali a valle che potevano beneficiare della domanda e dell’autorizzazione successiva (per quanto riguarda l’uso 2, le richiedenti hanno comunicato fino a 1 590 siti in diversi Stati membri dell’Unione), il CVR avrebbe richiesto chiarimenti ai richiedenti. In seguito a tali precisazioni, il CVR avrebbe riconosciuto che il numero limitato di dati usati era dovuto anche al metodo utilizzato (concentrandosi sui dati di monitoraggio a carattere personale in contrapposizione all’utilizzo di dati di monitoraggio statici), ciò che avrebbe avuto come conseguenza soltanto l’uso di una parte dei gruppi di dati disponibili.

53.      Inoltre, il CVR avrebbe rilevato che numerosi dati sull’esposizione disponibili in studi recenti, anche indipendenti, forniti dai richiedenti attribuivano credibilità alla loro valutazione dell’esposizione (per gli usi 2, 4 e 5) o avrebbe indicato al CASE di adottare un approccio del caso più sfavorevole («worst case approach», per l’uso 1). Infine, i richiedenti avrebbero fornito modellizzazioni di dati per tutti gli usi, che sono stati considerati dal CVR come poter corroborare i dati rilevati.

54.      In secondo luogo, non ci si potrebbe attendere dai richiedenti – e non sarebbe altresì proporzionato – che essi forniscano dati di esposizione misurati riguardanti più di 1 500 siti di utilizzatori a valle, dato che tali utilizzatori potrebbero non essere tutti conosciuti al momento della concessione dell’autorizzazione.

55.      In terzo luogo, il fatto che i valori di esposizione pertinenti di 2 μg/m³ (per le categorie di usi 2, 4 e 5) e di 0,5 μg/m³ (per la categoria di usi 1) rappresentino, rispettivamente, un quinto e un ventesimo dei valori obbligatori di esposizione professionale dell’Unione per i composti del cromo (VI) attualmente applicati in forza della normativa in vigore dimostrerebbe che la decisione impugnata contribuisce alla riduzione dell’esposizione migliorando la tutela dei lavoratori, e sarebbe quindi conforme agli obiettivi.

56.      In quarto luogo, il CVR avrebbe altresì raccomandato condizioni e modalità di sorveglianza supplementari che sarebbero state riprese nella decisione impugnata e il cui obiettivo sarebbe stato quello di ridurre ulteriormente l’esposizione sul luogo di lavoro.

57.      Quanto all’asserito mancato soddisfacimento dell’onere della prova da parte dei richiedenti, la Commissione osserva che il regolamento REACH non prevede in alcun modo uno standard probatorio per i richiedenti quale quello dell’«al di là di ogni ragionevole dubbio» o dell’«assenza di incertezze». Al contrario una sufficiente evidenza oggettiva dovrebbe permettere una valutazione conclusiva da parte di esperti che sia fondata su informazioni credibili e affidabili.

58.      Secondo la Commissione, il Parlamento non considererebbe che la valutazione scientifica volta a determinare se il primo requisito dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH è soddisfatto è svolta altresì dal CASE. Nei suoi pareri, il CASE avrebbe effettuato una valutazione rischi/benefici spiegando le ragioni per le quali i dati valutati dal CVR erano sufficienti e avrebbe fornito una conclusione al riguardo. In particolare, il CASE, tenuto conto delle incertezze rilevate dal CVR e al fine di verificare la solidità della valutazione rischio/beneficio, si sarebbe fondato su un uno scenario conservativo supplementare («worst case scenario»), sulla base del quale esso ha concluso che non aveva dubbi da sollevare che avrebbero portato a modificare la validità della conclusione delle richiedenti secondo cui i vantaggi globali del proseguimento dell’utilizzo del triossido di cromo prevalevano sul rischio per la salute umana. La Commissione avrebbe esaminato minuziosamente i pareri del CVR e del CASE e li avrebbe giudicati completi, coerenti e pertinenti.

59.      Contrariamente a quanto afferma il Parlamento, i requisiti in materia di sorveglianza enunciati all’articolo 2, paragrafo 2, della decisione impugnata non sarebbero destinati a rimediare a carenze della domanda. L’articolo 2, paragrafo 2, della decisione impugnata avrebbe lo scopo di esigere la produzione di informazioni supplementari sull’esposizione e sulle emissioni, conformemente alle raccomandazioni formulate nei pareri dell’ECHA. Ciò, da un lato, consentirebbe di fornire una rappresentazione più dettagliata dei processi in questione, delle condizioni operative e delle misure di gestione dei rischi per compiti individuali provenienti dai titolari di un’autorizzazione in cooperazione con i loro utilizzatori situati a valle. Dall’altro, tale esigenza si inserirebbe nella logica generale del regolamento REACH, che si baserebbe su un principio volto al continuo miglioramento e sarebbe specificamente diretta a migliorare la qualità della normativa in materia di prodotti chimici nel tempo grazie alla produzione e al miglioramento continuativo dei dati sulle sostanze ai fini del regolamento.

60.      Nel suo intervento a sostegno della Commissione, l’ECHA fa, in primo luogo, valere che i dati forniti dai richiedenti erano rappresentativi dell’esposizione dei lavoratori. Innanzitutto, sebbene l’ECHA ammetta che il CVR ha ritenuto che non si potesse concludere che i dati rilevati di esposizione dei lavoratori forniti dai richiedenti fossero rappresentativi di tutti gli utilizzatori a valle, detta agenzia sottolinea che tale comitato non si è basato unicamente sui dati di misurazione presentati dai richiedenti. Esso avrebbe altresì esaminato dati tratti dalla dottrina e dagli studi accessibili al pubblico, raccolti sia dal relatore sia dai richiedenti, nonché i dati modellizzati di esposizione forniti da questi ultimi.

61.      Il CVR avrebbe evidenziato, nei suoi pareri, riguardo agli usi 2, 4 e 5, un certo numero di incertezze derivanti dai dati forniti. Tuttavia, il CVR avrebbe ritenuto che il livello di esposizione combinato di 2 μg Cr (VI)/m³ calcolato dai richiedenti come valore di esposizione combinata massimo su 8 ore costituisse un’ipotesi ragionevole come scenario più sfavorevole. Questo sarebbe il motivo per cui tale comitato avrebbe potuto concludere la sua valutazione dell’esposizione dei lavoratori collegata alle categorie di utilizzazioni 2, 4 e 5 basandosi sui dati forniti e ritenere che il livello di esposizione di 2 μg Cr (VI)/m³ calcolato dai richiedenti costituisse un punto di partenza adeguato per l’analisi socioeconomica effettuata dal CASE.

62.      In secondo luogo, l’ECHA sostiene che, nei limiti in cui si fonda sulla valutazione del CVR relativa all’esposizione della popolazione generale, la decisione impugnata sarebbe fondata su dati che riflettono sufficientemente l’esposizione alla quale la popolazione generale può essere sottoposta a causa del proseguimento dell’utilizzo del triossido di cromo.

63.      In terzo luogo, l’ECHA sostiene che la Commissione disponeva effettivamente, sulla base della valutazione effettuata dal CVR e dal CASE, di informazioni sufficienti per decidere se i vantaggi della concessione dell’autorizzazione prevalessero sui costi connessi ai rischi derivanti dagli usi autorizzati. Più precisamente, nella sua valutazione, il CASE avrebbe condiviso il parere del CVR secondo il quale i calcoli basati sulla stima delle popolazioni esposte e sulla durata dell’esposizione, forniti dai richiedenti, potevano essere utilizzati per quantificare le stime statistiche di casi di cancro e quindi i costi del proseguimento dell’utilizzo della sostanza. Tuttavia, a causa delle incertezze che sussistevano, il CASE avrebbe deciso, in sede di valutazione dei costi del proseguimento dell’uso della sostanza, di optare per lo scenario più sfavorevole. Per il calcolo degli effetti sulla salute umana nel caso dei lavoratori, ciò si sarebbe risolto con un aumento dell’incidenza monetizzata sulla salute dei lavoratori rispetto all’incidenza sulla salute umana calcolata dai richiedenti. Anche basando la presa a carico dei costi connessi al proseguimento dell’uso della sostanza su un approccio così pessimista, il CASE avrebbe, in ogni caso, confermato la valutazione dei richiedenti secondo cui i vantaggi della continuazione dell’uso prevarrebbero sui rischi che ne deriverebbero per la salute umana.

2.      Sulla seconda parte del motivo unico relativa al mancato accertamento dellassenza di idonee sostanze o tecnologie alternative per gli usi 2, 4 e 5 

64.      Nella seconda parte del suo motivo unico il Parlamento sostiene che la decisione impugnata è stata adottata in violazione dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH in quanto la Commissione avrebbe omesso di accertare, come richiesto da tale disposizione, che non esistevano idonee sostanze o tecnologie alternative per gli usi 2, 4 e 5 oggetto della richiesta di autorizzazione. Il Parlamento contesta in particolare l’approccio della Commissione la quale nella decisione impugnata, ai considerando 18, 19, 20 e all’articolo 1, avrebbe inserito un riferimento alle «funzionalità essenziali necessarie per l’uso previsto», al fine di restringere la portata dell’autorizzazione, in presenza di incertezze riguardo all’esistenza di alternative idonee.

65.      L’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH farebbe gravare su colui che richiede l’autorizzazione l’onere della prova quanto all’esistenza di alternative idonee. Da ciò deriverebbe che sono i richiedenti che devono sostenere il rischio dell’eventuale impossibilità di determinare l’esistenza di tali alternative. Di conseguenza, la valutazione volta a determinare l’esistenza di alternative dovrebbe permettere alla Commissione di pervenire ad un risultato conclusivo al riguardo prima che essa possa adottare una decisione di autorizzazione. Al contrario, una situazione di incertezza circa l’esistenza o meno di alternative idonee impedirebbe alla Commissione di concedere l’autorizzazione. La possibilità di subordinare un’autorizzazione a talune condizioni non consentirebbe alla Commissione di rimediare alle carenze dell’analisi delle alternative presentata dai richiedenti o alle carenze o lacune della sua valutazione.

66.      Nella presente fattispecie, benché, al considerando 19 della decisione impugnata, la Commissione abbia affermato che i richiedenti avevano assolto l’onere della prova dimostrando l’assenza di soluzioni alternative idonee per le categorie di usi 2, 4 e 5, essa stessa avrebbe considerato che ciò era il caso solo «per quanto riguarda la portata limitata di tali usi», ossia nell’ambito della portata ristretta di tali usi quale definita dalla Commissione stessa. La decisione impugnata porrebbe pertanto condizioni all’autorizzazione intese a rimediare alle manchevolezze della domanda nell’analisi delle soluzioni alternative presentate dai richiedenti (ossia la presentazione di dati troppo generali e limitati, alla luce di descrizioni molto ampie degli usi).

67.      Inoltre, il riferimento alle «funzionalità essenziali necessarie per l’uso previsto» non sarebbe conclusivo riguardo all’assenza di alternative idonee, la quale deve essere determinata prima della concessione dell’autorizzazione. In altre parole, autorizzando il triossido di cromo per un determinato uso qualora una qualsiasi delle «funzionalità essenziali» elencate nella decisione impugnata sia necessaria per tale uso, la Commissione non avrebbe determinato se una di tali funzionalità fosse effettivamente necessaria per l’uso in questione, vale a dire se fosse impossibile realizzarla mediante una tecnologia o una sostanza alternativa, o comunque senza la sostanza per la quale è richiesta l’autorizzazione.

68.      L’insufficienza dell’analisi quanto all’esistenza di alternative idonee sarebbe confermata dal considerando 27 e dall’articolo 5 della decisione impugnata. L’obbligo di informazione a carico degli utilizzatori a valle dimostrerebbe che, anche nei limiti della loro portata asseritamente limitata definita dalla Commissione mediante la nozione di «funzionalità essenziali», sussistevano ancora incertezze quanto all’inesistenza di alternative idonee per quanto riguarda gli usi 2, 4 e 5. L’articolo 1, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 5 della decisione impugnata, lascerebbe agli utilizzatori a valle il compito di spiegare le funzionalità essenziali elencate nella decisione e di giustificare che una di tali funzionalità sia effettivamente necessaria per gli usi previsti. In altri termini, gli utilizzatori a valle dovrebbero mostrare, quando utilizzano il triossido di cromo, che tale uso richiede una delle funzionalità essenziali per le quali non esiste una soluzione alternativa secondo la decisione di autorizzazione. Ciò dimostrerebbe che l’analisi condotta a monte nella decisione impugnata riguardante l’inesistenza di soluzioni alternative per gli usi delle categorie 2, 4 e 5 non era stata in realtà decisiva, e che l’onere di dimostrare che il triossido di cromo è effettivamente «necessario» per tali usi, vale a dire che non è disponibile alcuna alternativa idonea, è stato lasciato agli utilizzatori a valle. Le informazioni supplementari richieste agli utilizzatori a valle dalla decisione impugnata dovrebbero consentire di valutare se sia soddisfatta la condizione dell’inesistenza di soluzioni alternative per gli usi previsti, ma ex post, solo dopo che tali usi sono stati autorizzati dalla Commissione.

69.      Inoltre, l’inserimento del riferimento alle «funzionalità essenziali» non costituirebbe una vera e propria restrizione dell’ambito di applicazione dell’autorizzazione concessa. Infatti, poiché la Commissione non avrebbe dimostrato nella decisione impugnata quando e in quali circostanze tali «funzionalità essenziali» sono necessarie per gli usi in questione, tale riferimento sarebbe solo una tautologia, in quanto esso si limiterebbe a ricordare i requisiti generali di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, vale a dire che la sostanza può essere autorizzata solo se è necessaria per l’utilizzo previsto. Ciò sarebbe tanto più vero in quanto le «funzionalità essenziali» elencate nella decisione impugnata, sarebbero in realtà tutte le funzionalità del triossido di cromo per gli usi delle categorie 2, 4 e 5, che sarebbero state identificate dal CASE nei suoi pareri. In nessun punto della decisione impugnata verrebbe specificato in quali circostanze tali funzionalità sono necessarie, ossia che alternative idonee non siano disponibili, con la conseguenza che l’uso in uno specifico impiego sarebbe consentito. Tale valutazione sarebbe rimessa interamente agli utilizzatori a valle.

70.      Risulterebbe da tutto ciò che la Commissione avrebbe omesso di accertare che non esistevano alternative idonee prima di concedere l’autorizzazione, come richiesto dall’articolo 60, paragrafo 4 del regolamento REACH, e che, pertanto, la decisione impugnata è stata adottata in violazione di tale disposizione.

71.      Il Parlamento aggiunge che, secondo fonti accessibili pubblicamente sin dal momento della domanda di autorizzazione, sostanze o tecnologie alternative per diverse applicazioni individuali comprese negli usi 2, 4 e 5 erano in realtà presenti sul mercato. Conformemente all’obbligo di procedere a un esame, anche d’ufficio, delle condizioni previste all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, la Commissione avrebbe dovuto, prima di concedere l’autorizzazione, esaminare tali possibilità e stabilire se esse fossero o meno «appropriate». La decisione impugnata, tuttavia, non conterrebbe alcun riferimento ad un esame di tal genere.

72.      La Commissione ritiene di non essere venuta meno al suo obbligo di verificare che non esistessero alternative idonee per gli usi autorizzati, come richiesto dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH.

73.      La Commissione ricorda che, ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 3, del regolamento REACH, le domande possono essere presentate per «uno o più usi». Il titolo VII del regolamento REACH non conterrebbe alcuna disposizione che stabilisce regole sulla maniera con cui l’uso deve essere descritto nella domanda di autorizzazione, né sul livello di dettaglio richiesto. Spetterebbe ai richiedenti definire l’uso o gli usi per i quali chiedono l’autorizzazione. La possibilità per gli operatori a monte (generalmente fabbricanti o importatori di sostanza) di presentare una domanda per tutta la catena di approvvigionamento (c.d. «upstream applications») consentirebbe di razionalizzare il sistema di autorizzazione.

74.      La Commissione ritiene che, in tale contesto, si ponga la seguente questione chiave: è sufficiente che il richiedente provi che nessuna sostanza o tecnologia alternativa è idonea a soddisfare le esigenze di tutti gli utilizzatori a valle, oppure la Commissione deve verificare che nessuna sostanza o tecnologia alternativa è idonea a soddisfare ogni utilizzatore specifico in diversi settori, considerate le loro specificità? Dopo aver seguito il primo approccio nelle decisioni di autorizzazione adottate inizialmente, la Commissione adotterebbe attualmente un approccio intermedio.

75.      Nel caso di specie, la Commissione, basandosi su tutte le informazioni disponibili, avrebbe ritenuto che esistessero prove affidabili che dimostravano in modo generale ed orizzontale che non esistevano soluzioni alternative idonee per gli usi 2, 4 e 5 come definite nella domanda di autorizzazione rispetto a tutti i settori identificati. Tuttavia, la Commissione avrebbe altresì considerato che le richiedenti non avevano dimostrato che non esistessero alternative idonee per ciascun possibile uso a valle che poteva eventualmente esistere in tali diversi settori. In particolare, l’ECHA e la Commissione avrebbero verificato che la sostanza possedeva determinate funzioni e caratteristiche tecniche specifiche che non potevano effettivamente essere esercitate da alcuna alternativa nell’ambito degli usi 2, 4 e 5. Tuttavia, l’ECHA e la Commissione non sarebbero state in grado di verificare pienamente e in modo affidabile che ogni utilizzatore a valle e ciascun utilizzo a valle esistente che sarebbe rientrato nell’ambito dell’autorizzazione necessitava tecnicamente tali funzioni e tali caratteristiche tecniche. La Commissione avrebbe valutato e constatato che tali caratteristiche tecniche erano essenziali per i requisiti relativi ai prodotti, per la sicurezza e la conformità normativa delle attrezzature e che l’accettazione di una qualità nettamente inferiore non sarebbe stata tecnicamente fattibile nell’ambito degli usi 2, 4 e 5, tenendo pienamente conto dei settori diversi o dei diversi tipi di usi a valle. La Commissione avrebbe inoltre preso in considerazione il fatto che in catene di approvvigionamento e processi di produzione complessi è essenziale che la sostanza soddisfi tutti i requisiti in quanto le varie fasi di produzione sono interconnesse e non possono essere suddivise in segmenti diversi.

76.      La Commissione avrebbe quindi valutato in modo completo le potenziali alternative all’uso della sostanza e avrebbe condotto un esame dettagliato dell’intero ambito di applicazione degli usi 2, 4 e 5 compresi i diversi settori e tipologie di utilizzo a valle inclusi negli usi per cui l’autorizzazione era stata richiesta. La Commissione avrebbe adottato una decisione che, per ogni specifico uso, elencava le funzionalità essenziali della sostanza che nessuna alternativa attuabile avrebbe potuto offrire che considerava necessaria per tale uso e avrebbe autorizzato solo gli usi per i quali tali funzionalità essenziali erano necessarie.

77.      La decisione impugnata costituirebbe quindi solo un’autorizzazione parziale (e, allo stesso tempo, un rigetto parziale) della domanda di autorizzazione, come risulterebbe chiaramente dall’articolo 1, paragrafi da 2 a 4, di tale decisione. Tutti gli utilizzatori a valle che pretendono di utilizzare la sostanza oggetto dell’autorizzazione dovrebbero dichiarare all’ECHA gli usi che essi fanno in base a tale autorizzazione, e indicare la o le funzionalità essenziali della sostanza che sono tecnicamente necessarie per le loro attività, spiegandone la ragione. Le autorità competenti degli Stati membri, che hanno accesso al registro degli utilizzatori a valle dell’ECHA, sarebbero tenute dal regolamento REACH a garantire che quest’ultimo sia attuato e applicato in modo appropriato. Per contro, la Commissione non avrebbe effettuato una valutazione distinta delle soluzioni alternative per ciascun utilizzatore a valle o prodotto (il che avrebbe richiesto migliaia, o addirittura milioni, di valutazioni distinte, a seconda del grado di specificità), cosa che il regolamento REACH non richiederebbe affatto. Il ruolo delle autorità competenti, conformemente alle disposizioni del regolamento REACH stesso, consisterebbe nel verificare che gli utilizzatori a valle facciano realmente un uso della sostanza rientrante nell’ambito dell’autorizzazione e che non ne facciano alcun altro uso non autorizzato. Non vi sarebbe alcuna considerazione o analisi quanto all’esistenza di alternative in tale notifica all’ECHA.

78.      Contrariamente a quanto sostenuto dal Parlamento, la condizione contenuta all’articolo 5 della decisione impugnata non imporrebbe in nessun modo agli utilizzatori a valle di fornire dati sull’idoneità di alternative. Essa richiederebbe loro piuttosto di mostrare alle autorità competenti che tali funzionalità essenziali del triossido di cromo sono effettivamente necessarie per il loro utilizzo. Gli utilizzatori a valle dovrebbero notificare lo specifico utilizzo da esso effettuato e dichiarare all’ECHA quale processo industriale, chimico o di altro tipo essi utilizzano nelle loro attività che necessiti (normativamente o tecnicamente) una funzionalità essenziale enumerata. La Commissione sostiene poi che il Parlamento non potrebbe trarre argomenti dalla succitata sentenza Commissione/Svezia. La suddetta sentenza non osterebbe a che la Commissione limiti l’ambito di applicazione delle sue autorizzazioni mediante criteri oggettivi.

79.      La Commissione sostiene poi che, se la Corte dovesse esigere una valutazione degli usi a valle rientranti nell’ambito di una domanda di autorizzazione che sia più dettagliata e specifica di quella attualmente effettuata, l’intero processo di autorizzazione diventerebbe molto più complesso di quanto non lo sia già. Ciò, da un lato, sarebbe in contrasto con l’obiettivo del regolamento REACH di promuovere la competitività dell’industria dell’Unione, tenendo conto in particolare del potenziale impatto sulle piccole e medie imprese. Dall’altro, una concezione più esigente della valutazione delle alternative idonee eccederebbe le capacità amministrative dell’ECHA, la quale è presa in conto esplicitamente nel regolamento REACH (17) e obbligherebbe a limitare il numero di sostanze soggette ad autorizzazione. La moltiplicazione delle valutazioni delle alternative avrebbe l’effetto di bloccare la designazione di nuove sostanze estremamente problematiche. Conformemente al principio di gradualità, la valutazione discrezionale della Commissione dovrebbe diventare più esigente nel tempo. L’approccio della valutazione delle richieste di autorizzazione attuata dalla Commissione e dall’ECHA sarebbe frutto di numerosi anni di esperienza e si fonderebbe su un equilibrio molto delicato tra le considerazioni di ordine scientifico e socioeconomico, nonché sui molteplici obiettivi perseguiti dal regolamento REACH.

80.      Infine, il riferimento del Parlamento a fonti accessibili pubblicamente che menzionano soluzioni sostitutive al triossido di cromo riguarderebbe uno studio realizzato dall’Istituto federale tedesco per la sicurezza e la salute durante il lavoro pubblicato nel 2020, ossia 5 anni dopo il deposito della domanda di autorizzazione. La Commissione contesta la lettura fatta dal Parlamento di tale studio.

81.      Nel suo intervento a sostegno della Commissione, l’ECHA fa valere, in primo luogo, che il CASE avrebbe ritenuto nel suo parere che i richiedenti avessero effettuato una valutazione approfondita delle alternative, in particolare per quanto riguarda l’aspetto della fattibilità tecnica. Sarebbe vero che il CASE avrebbe ritenuto che l’approccio dei richiedenti per quanto riguarda gli usi 2, 4 e 5 non fosse pienamente soddisfacente. Tuttavia, tale comitato avrebbe approvato la conclusione dei richiedenti relativa ai tre impieghi secondo cui, nel complesso, soluzioni alternative e tecnicamente realizzabili non sembravano esistere prima della data di scadenza.

82.      In secondo luogo, l’ECHA ritiene che i richiedenti abbiano sufficientemente dimostrato che non esistevano alternative idonee per gli usi quali delimitati mediante il riferimento alle funzionalità essenziali. Al fine di ridurre l’incertezza per quanto riguarda i casi in cui potessero già esistere alternative, la Commissione avrebbe limitato l’autorizzazione agli usi che richiedono funzionalità tecniche che non possono essere sostituite dalle soluzioni alternative esistenti. Tali funzionalità essenziali costituirebbero dei criteri oggettivi. L’utilizzatore a valle dovrebbe quindi unicamente fornire alle autorità di controllo informazioni che dimostrino che, in ragione di requisiti tecnici oggettivi o di norme regolamentari, la funzionalità essenziale è necessaria. Non sarebbe necessaria alcuna valutazione soggettiva dell’esistenza o meno di una soluzione alternativa da parte dell’utilizzatore a valle o da parte delle autorità repressive.

83.      Tali funzionalità essenziali sarebbero state determinate dai richiedenti, quando hanno definito l’utilizzo nella loro domanda di autorizzazione e nell’analisi delle alternative disponibili. Sarebbero altresì tali richiedenti che avrebbero dimostrato che non esistevano soluzioni alternative per gli usi richiesti quando tali funzionalità essenziali erano necessarie.

3.      Sulla terza parte del motivo unico relativa allerronea concessione dellautorizzazione nonostante le mancanze nella domanda di autorizzazione

84.      Con la terza parte del suo motivo unico, il Parlamento sostiene che, la decisione impugnata è stata adottata anche in violazione dell’articolo 60, paragrafo 7, del regolamento REACH, il quale dispone che un’autorizzazione venga concessa solo se la domanda è presentata conformemente alle prescrizioni dell’articolo 62, paragrafo 4, del regolamento REACH. Nel caso di specie, considerate le informazioni lacunose e le imprecisioni contenute nella domanda di autorizzazione, l’autorizzazione sarebbe stata concessa in violazione di tale disposizione.

85.      Da un lato, risulterebbe dalle considerazioni effettuate nella seconda parte del motivo unico di ricorso, che la domanda iniziale d’autorizzazione non avrebbe descritto gli usi previsti in modo sufficientemente preciso e non avrebbe, di conseguenza, incluso tutte le informazioni pertinenti ai fini dell’analisi delle alternative e che quindi tale domanda non era conforme alla disposizione di cui alla lettera e) dell’articolo 62, paragrafo 4, del regolamento REACH. Dall’altro lato, risulterebbe dalle considerazioni effettuate nella prima parte del motivo unico che, la domanda iniziale d’autorizzazione non avrebbe incluso tutte le informazioni pertinenti per valutare i rischi per la salute umana e per l’ambiente derivanti dall’uso della sostanza in questione e che quindi essa non era conforme alle disposizioni di cui alla lettera d) dello stesso articolo.

86.      La Commissione sostiene, al contrario, che la domanda di autorizzazione introdotta dai richiedenti fosse conforme all’articolo 60, paragrafo 7, del regolamento REACH circostanza che sarebbe confermata dal fatto che sia il CVR che il CASE avrebbero essi stessi considerato che, nonostante alcune lacune, la domanda rispondesse ai criteri enunciati in tale articolo.

B.      Analisi giuridica

1.      Osservazioni preliminari

87.      Con il suo ricorso il Parlamento chiede l’annullamento parziale della decisione impugnata nella parte in cui essa riguarda le autorizzazioni relative agli usi 2, 4 e 5 e all’uso 1, per quanto riguarda la formulazione di miscele per gli usi 2, 4 e 5, del triossido di cromo. In subordine, nel caso in cui la Corte dovesse ritenere che l’autorizzazione riguardo all’uso 6 concessa in tale decisione, sia inestricabilmente connessa alle autorizzazioni per gli altri usi, il Parlamento chiede l’annullamento integrale della decisione impugnata.

88.      Al riguardo, occorre rilevare, a titolo preliminare, che risulta dalla giurisprudenza costante che l’annullamento parziale di un atto dell’Unione è possibile solo quando gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto. A tale proposito, la Corte ha ripetutamente dichiarato che il requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto avrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (18).

89.      Nella presente fattispecie, la decisione impugnata appare configurarsi come un fascio di autorizzazioni individuali per usi specifici. Ne consegue che, a parte per l’uso 1, per cui l’autorizzazione appare essere connessa agli altri usi (19), l’eventuale annullamento dell’autorizzazione per un uso specifico non inciderebbe sull’autorizzazione concessa per un altro uso e non modificherebbe pertanto la sostanza dell’atto medesimo.

90.      Ne consegue che, a mio avviso, il ricorso del Parlamento deve essere considerato come ricevibile in quanto chieda l’annullamento parziale della decisione impugnata in relazione solo agli usi 2, 4 e 5 e all’uso 1, per quanto riguarda la formulazione di miscele per gli usi 2, 4 e 5 del triossido di cromo.

91.      Ciò osservato, prima di analizzare nel dettaglio gli argomenti sollevati dal Parlamento nelle tre parti in cui si suddivide il suo motivo unico, ritengo opportuno ricordare alcuni principi espressi dalla giurisprudenza riguardo all’analisi che deve essere svolta nell’ambito della c.d. procedura d’autorizzazione c.d. «socioeconomica» di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH. Tali principi giurisprudenziali forniscono indicazioni importanti alla luce delle quali analizzerò poi i suddetti argomenti sollevati nel ricorso.

2.      Principi giurisprudenziali riguardo allanalisi dei requisiti previsti allarticolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH

92.      Innanzitutto, occorre rilevare che i giudici dell’Unione hanno avuto modo di chiarire che, dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, letto in combinato disposto con il suo considerando 69 (20), risulta che nell’ambito della procedura di autorizzazione c.d. «socioeconomica», incombe al richiedente l’autorizzazione dimostrare la sussistenza delle due condizioni previste da tale disposizione per il rilascio dell’autorizzazione (21).

93.      Tale configurazione dell’onere della prova a carico del richiedente l’autorizzazione, implica che esso assume il rischio dell’eventuale impossibilità di determinare se occorra concludere nel senso della sussistenza di una o entrambe le condizioni previste dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH (22).

94.      In tale contesto, l’articolo 62, paragrafo 4, del regolamento REACH precisa le informazioni che il richiedente l’autorizzazione deve fornire al momento della presentazione della sua domanda di autorizzazione. In particolare, in base a tale disposizione, le domande di autorizzazione devono essere accompagnate, segnatamente, da una relazione sulla sicurezza chimica (23). Tale relazione deve essere elaborata a norma dell’allegato I dello stesso regolamento ed è relativa ai rischi che comporta per la salute umana e/o per l’ambiente l’uso della sostanza in questione a motivo delle proprietà intrinseche di cui all’allegato XIV.

95.      Risulta, in particolare, dal punto 5.2.4 del suddetto allegato I, che la stima dei livelli di esposizione per tutte le popolazioni umane (lavoratori, consumatori e persone soggette ad un’esposizione indiretta attraverso l’ambiente), effettuata nella relazione sulla sicurezza chimica, deve tenere conto di una serie di elementi indicati in tale punto, tra i quali, il primo elemento indicato riguarda «dati sull’esposizione rappresentativi e rilevati in modo adeguato».

96.      Risulta poi altresì dalla giurisprudenza che nel contesto dell’esame delle condizioni previste dall’articolo 60, paragrafi 4 e 5, del regolamento REACH, incombe alla Commissione stabilire se l’insieme dei fatti rilevanti e delle relative valutazioni tecniche ed economiche consentano di concludere che le condizioni previste da questa disposizione sono effettivamente soddisfatte (24). In tale contesto, la Commissione deve esaminare d’ufficio le informazioni rilevanti, dal momento che il suo ruolo non è quello di arbitro, la cui competenza sia limitata a decidere unicamente alla luce delle informazioni e degli elementi di prova forniti dalle parti coinvolte nella procedura di autorizzazione. Nel rispetto dell’obbligo di procedere a un esame d’ufficio delle condizioni previste dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, la Commissione deve, nell’interesse di una sana amministrazione, e in considerazione dell’obbligo di diligenza che le incombe, concorrere con i propri mezzi all’accertamento dei fatti e delle circostanze rilevanti (25).

97.      Al riguardo, risulta dalla giurisprudenza che i pareri del CVR e del CASE hanno valore di pareri scientifici e che la Commissione non è vincolata da tali pareri. Alla Commissione, tuttavia, non è precluso di far proprie, del tutto o in parte, le valutazioni espresse in un parere di uno dei comitati dell’ECHA, e questo, inoltre, senza doverle riprodurre o sostituire ogni volta alla propria motivazione (26).

98.      In tale contesto, tuttavia, la Commissione non può adottare una decisione di autorizzazione sulla base di semplici ipotesi non confermate né confutate dalle informazioni di cui essa dispone (27).

99.      Per contro, per poter giungere ad una conclusione definitiva sulla sussistenza dei due requisiti di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH la Commissione deve previamente aver verificato un numero sufficiente di informazioni sostanziali e affidabili che permettano di concludere o che il requisito non è soddisfatto o che, pur permanendo talune incertezze, alla data di adozione della decisione tali incertezze potevano essere considerate come trascurabili (28).

100. Se, in esito all’esame concernente le condizioni previste dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH per il rilascio dell’autorizzazione, sussistono ancora incertezze legate alla valutazione scientifica che non è stato possibile dissipare né con gli elementi depositati dal richiedente l’autorizzazione su domanda vuoi della Commissione vuoi di uno dei comitati dell’ECHA, né con gli elementi raccolti dalla Commissione o da detti comitati o ancora da terzi o da Stati membri, si deve concludere, che, in linea di principio, detta condizione non è soddisfatta e che la Commissione, pertanto, non è legittimata a concedere un’autorizzazione, ancorché condizionata (29).

101. Per ciò che riguarda le condizioni a cui la Commissione può subordinare il rilascio di un’autorizzazione, risulta dalla giurisprudenza che in linea di principio, indipendentemente dal loro contenuto, le condizioni imposte a norma dell’articolo 60, paragrafo 8, e paragrafo 9, lettere d) ed e), del regolamento REACH non possono tentare di sanare eventuali carenze di una domanda di autorizzazione o dell’analisi delle alternative presentate da un richiedente l’autorizzazione o ancora eventuali carenze dell’esame, da parte della Commissione, delle condizioni di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH (30).

102. In altre parole, la possibilità di corredare un’autorizzazione di talune condizioni non può essere interpretata nel senso che la Commissione sia legittimata a lasciare aperta la questione di stabilire se siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 60 del regolamento REACH e a reagire a tale situazione corredando l’autorizzazione di condizioni volte a rimediare ad eventuali carenze o lacune nella valutazione ad essa incombente ai sensi di quest’ultima disposizione (31).

103. Infatti, nell’ambito dell’esame delle condizioni previste dall’articolo 60 del regolamento REACH, la Commissione deve stabilire se tutti i fatti pertinenti e le valutazioni tecniche ed economiche correlate consentano di concludere che le condizioni stabilite da tale norma siano effettivamente soddisfatte. Se questo non è il caso, la Commissione non è legittimata a concedere un’autorizzazione, anche se condizionata (32).

104. È alla luce dei principi giurisprudenziali menzionati ai paragrafi precedenti che occorre analizzare gli argomenti sviluppati dalle parti.

3.      Sulla prima parte del motivo unico relativa alla mancata valutazione conclusiva riguardo ai rischi per la salute umana e per lambiente

105. Nella prima parte del suo motivo unico il Parlamento sostiene, in sostanza, che la valutazione della sussistenza della prima condizione prevista dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH – ossia «che i vantaggi socioeconomici prevalg[a]no sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente», – contenuta nella decisione impugnata sarebbe necessariamente viziata in ragione dell’esistenza di incertezze significative riguardo alla valutazione dei rischi per i lavoratori e per la popolazione in generale attraverso l’ambiente le quali sarebbero esplicitamente riconosciute nella decisione impugnata stessa e che deriverebbero dal carattere poco rappresentativo e incompleto delle informazioni fornite al riguardo dai richiedenti nella loro domanda di autorizzazione. La Commissione avrebbe quindi omesso di giungere ad una valutazione conclusiva sui rischi per la salute umana e per l’ambiente del triossido di cromo, avrebbe errato a considerare che i richiedenti avevano assolto l’onere della prova loro incombente, e avrebbe cercato di sopperire a tali carenze nella domanda di autorizzazione e nella valutazione effettuata sulla base di tale domanda mediante le condizioni imposte.

106. Per rispondere a tali censure occorre analizzare nel dettaglio la decisione impugnata alla luce dei relativi pareri dei comitati consultivi dell’ECHA.

a)      Analisi della decisione impugnata 

107. Per quanto concerne, in primo luogo, la valutazione dei rischi degli usi del triossido di cromo per i lavoratori risulta da una lettura del considerando 10 della decisione impugnata che la Commissione stessa ha esplicitamente rilevato che per quanto riguarda gli usi 1, 2, 4 e 5, il CVR aveva concluso, nel suo parere, che vi erano «incertezze significative» riguardo all’esposizione dei lavoratori a causa della disponibilità limitata di dati sull’esposizione misurata, ossia fondata su dati reali, forniti dai richiedenti.

108. Al suddetto considerando 10, la Commissione ha anche esplicitamente rilevato che il CVR aveva inoltre concluso che una «diffusa mancanza di informazioni contestuali» aveva reso difficile stabilire un collegamento tra le condizioni operative e le misure di gestione del rischio descritte nella domanda e i livelli di esposizione dichiarati per compiti e siti specifici, impedendo in tal modo al CVR un’ulteriore valutazione.

109. Sempre al suddetto considerando 10 la Commissione ha altresì rilevato che tali incertezze riguardavano «l’affidabilità e la rappresentatività dei dati sull’esposizione e il modo in cui si riferiscono alle specifiche misure di gestione del rischio in atto», in particolare per l’uso 4 dove, oltre all’immersione nella vasca, diverse attività, tra cui la spruzzatura, la laminazione, la spazzolatura e le operazioni di lavorazione, sono interessate dalla domanda e i richiedenti non sono stati in grado di valutare appieno l’esposizione combinata relativa a tutti questi compiti.

110. Un’analisi dei pareri del CVR relativa agli usi 1, 2, 4 e 5, permette di comprendere più nel dettaglio le considerazioni contenute al considerando 10 della decisione impugnata.

111. Così per ciò che riguarda l’uso 1, risulta dal pertinente parere del CVR che tale comitato ha concluso l’analisi relativa all’esposizione considerando che esistessero «incertezze significative nella valutazione dell’esposizione dei lavoratori che copre circa 30 siti a causa dei dati di esposizione limitati (8 misurazioni) e variabili e della prevalente mancanza di informazioni contestuali». Il CVR ha altresì rilevato che tali incertezze «avrebbero potuto essere ridotte attraverso dati modellizzati, che non sono stati, tuttavia, forniti dai richiedenti benché fossero stati richiesti dal CVR» (33).

112. Nello stesso parere il CVR ha altresì rilevato che non era stato dimostrato dai richiedenti un collegamento tra, da un lato, le condizioni operative e le misure di gestione del rischio e, dall’altro, i livelli di esposizione dichiarati dai richiedenti, a causa della mancanza di informazioni contestuali sulle misurazioni, il che aveva impedito un’ulteriore valutazione da parte del CVR (34). Ciò ha avuto altresì un impatto sull’analisi dell’appropriatezza e dell’effettività delle condizioni operative e delle misure di gestione del rischio descritte nella richiesta di autorizzazione, portando il CVR a concludere che esistessero «significative incertezze» relative alla descrizione di tali condizioni e misure e alla loro capacità di limitare adeguatamente il rischio per i lavoratori (35).

113. Per ciò che riguarda gli usi 2, 4 e 5 risulta dai rispettivi pareri del CVR che tale comitato ha rilevato la discrepanza per ciascun uso richiesto tra, da un lato, il numero totale dei siti potenziali che i richiedenti ritenevano poter essere ricompresi nella domanda d’autorizzazione (ossia, fino a 1 590 siti) e il numero dei membri del consorzio di imprese che ha richiesto l’autorizzazione (Chromium Trioxide REACH Authorization Consortium), pari a più di 150 imprese, e dall’altro, i dati di esposizione misurati forniti (da 6 a 23 siti per gli usi da 1 a 5) (36).

114. Risulta da tale considerazione contenuta nei suddetti pareri del CVR che i dati forniti dai richiedenti riguardo alla misurazione dell’esposizione dei lavoratori nella domanda di autorizzazione hanno riguardato un numero di siti compreso tra lo 0,3% e l’1,44% dei siti in cui gli usi del triossido di cromo per cui l’autorizzazione era richiesta venivano effettuati.

115. Più specificamente, per ciò che riguarda l’uso 2, risulta dal relativo parere del CVR che il numero di potenziali luoghi di lavoro nell’UE in cui viene effettuata cromatura funzionale era stimato dai richiedenti fino a 1 590, ma che essi avevano fondato la loro valutazione sull’esposizione sulla base di dati misurati da 23 società di sette Stati diversi, rappresentanti meno del 2% delle società che effettuano tale uso (37).

116. Per ciò che riguarda gli usi 4 e 5, risulta dai relativi pareri del CVR che il numero di potenziali siti nell’UE che eseguono tali usi era stimato dai richiedenti, rispettivamente fino a 374 e a 515, ma che i richiedenti avevano fondato la loro valutazione dell’esposizione riguardo alle attività di trattamento superficiale su dati misurati da 11 aziende (che rappresentavano quasi il 3% di società ritenute dai richiedenti incaricate di eseguire tali usi) e su dati derivanti da studi principalmente da paesi dell’Europa occidentale) (38).

117. Per tutti e tre i suddetti usi il CVR nei suoi pareri ha considerato che, sebbene in generale i dati derivanti da studi più recenti (e nel caso dell’uso 2 i dati modellizzati forniti dai richiedenti), potessero essere considerati supportare la stima di questi su un valore massimo di esposizione individuale pari 2 μg Cr(VI)/m³, sia i dati disponibili in detti studi, sia i dati presentati dai richiedenti mostravano una variazione dei livelli di esposizione che includeva anche livelli di esposizione superiori al limite proposto di 2 μg Cr(VI)/m³. Tale constatazione ha portato il CVR a concludere che esistevano chiare prove di esposizioni maggiori al limite proposto (39).

118. Riguardo agli usi 4 e 5 il CVR ha concluso altresì che per alcune attività incluse negli usi (40) erano stati forniti solo i dati di modellazione e che i richiedenti non erano stati in grado di valutare appieno l’esposizione combinata relativa a tutte tali attività e che il CVR considerava che dati misurati, ossia reali, fossero invece necessari per una valutazione affidabile dell’esposizione dei lavoratori (41).

119. Per tutti e quattro i summenzionati usi (usi 1, 2, 4, e 5), il CVR ha altresì concluso che la maggiore incertezza derivava dalla mancanza di un chiaro legame tra le condizioni operative, le misure di gestione del rischio e i valori di esposizione riportati per compiti e siti specifici e che esso considerava esplicitamente tale mancanza come una debolezza sostanziale della domanda (42).

120. Per quanto concerne, in secondo luogo, la valutazione dei rischi derivanti dall’esposizione indiretta per gli essere umani attraverso i rilasci di triossido di cromo nell’ambiente, risulta dal considerando 11 della decisione impugnata che la Commissione, seguendo le conclusioni del CVR ha considerato che esistessero incertezze anche nella valutazione dell’esposizione della popolazione generale alla sostanza, attraverso l’ambiente, su scala locale, in particolare per quanto riguarda l’emissione di cromo (VI) tramite acque reflue e che ciò era particolarmente rilevante per quanto riguarda l’esposizione orale attraverso l’acqua potabile.

121. Per tutti i quattro usi in causa (ossia gli usi 1, 2, 4, e 5), risulta dai rispettivi pareri che il CVR ha concluso che i richiedenti non avevano fornito una valutazione riguardo al rilascio in acque reflue e che ciò aveva aggiunto incertezza all’analisi del CVR. In detti pareri il CVR ha considerato esplicitamente che questa questione avrebbe dovuto essere affrontata in modo più completo nell’analisi dei richiedenti e che pertanto restavano incertezze riguardo alla loro affermazione secondo cui tale rilascio fosse insignificante. Risulta, inoltre, da tali pareri che il CVR ha altresì considerato incerta la rappresentatività dei dati forniti riguardo all’esposizione della popolazione in generale attraverso inalazione  – anche se tale comitato ha considerato che l’approccio seguito dai richiedenti sovrastimasse «probabilmente» l’esposizione della «maggior parte» della popolazione  –, in quanto i dati forniti al riguardo dai richiedenti rappresentavano approssimativamente l’1% delle aziende attive nell’uso 2, meno del 2% per gli usi 4 e 5 (43).

b)      Valutazione 

122. Dall’analisi della decisione impugnata e dei pareri del CVR effettuata ai paragrafi precedenti risulta, innanzitutto, che, come del resto ammesso dalla Commissione stessa nelle sue memorie, in seguito all’analisi dell’insieme delle informazioni rilevanti disponibili restavano una serie di incertezze qualificate dalla Commissione stessa nella decisione impugnata come «significative» quanto all’esposizione, in particolare dei lavoratori, al triossido di cromo nell’ambito degli usi per cui l’autorizzazione era stata richiesta.

123. Al riguardo, la Commissione fa valere che per definizione ogni valutazione scientifica comporterebbe incertezze e che ciò non vizierebbe di per sé stesso una valutazione scientifica. Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza ricordata al precedente paragrafo 99, la Corte ha determinato in modo inequivocabile il grado di incertezza accettabile nell’ambito dell’analisi delle condizioni di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, specificando che esso deve essere «trascurabile».

124. Risulta, tuttavia, dalla suddetta analisi effettuata ai punti precedenti che nella presente fattispecie le incertezze rimanenti quanto all’esposizione al triossido di cromo, essendo, almeno per ciò che riguarda i lavoratori, «significative» non potevano essere considerate come meramente «trascurabili» ai termini di tale giurisprudenza. Inoltre, né nella decisione impugnata, né nei pareri del CVR le incertezze relative sia all’esposizione dei lavoratori sia all’esposizione indiretta per gli essere umani attraverso i rilasci di triossido di cromo nell’ambiente, sono state qualificate come «trascurabili».

125. Risulta poi dalla succitata analisi che dette incertezze riguardavano uno degli elementi fondamentali che deve essere considerato nell’analisi per determinare la sussistenza della prima condizione di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, ossia il rischio che presentano gli usi della sostanza in questione e l’adeguatezza e l’efficacia delle misure di gestione dei rischi. Al riguardo occorre osservare che la lettera a) di tale disposizione prevede esplicitamente che tale elemento sia preso in considerazione nell’analisi da svolgere nell’ambito della procedura di autorizzazione c.d. «socioeconomica».

126. Risulta poi dai suddetti pareri del CVR – ed è ammesso, peraltro, dalla Commissione stessa nelle sue memorie – che alcune delle incertezze sostanziali riguardanti l’esposizione al triossido di cromo, e, quindi, riguardanti il rischio derivante dagli usi di tale sostanza, era dovuto non alla natura della domanda stessa, ma piuttosto all’approccio scelto dai richiedenti riguardo alla portata molto ampia della domanda e alla metodologia da questi scelta, la quale aveva avuto per conseguenza una notevole riduzione dei dati disponibili per l’analisi (44).

127. A tale proposito, tuttavia, come è stato rilevato ai paragrafi 92 e 93, risulta dalla giurisprudenza che l’onere di provare la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH grava sul richiedente l’autorizzazione e che è su di esso che incombe il rischio dell’eventuale impossibilità di determinare se occorra concludere nel senso della sussistenza di una di tali condizioni. Tale principio deve applicarsi a maggior ragione qualora le incertezze significative concernenti dati necessari per effettuare una valutazione scientifica appropriata rimanenti alla fine dell’analisi delle condizioni previste da tale disposizione siano la conseguenza di scelte effettuate dal richiedente stesso.

128. A tale riguardo occorre inoltre rilevare che dall’analisi della decisione impugnata e dei pareri del CVR effettuata ai precedenti paragrafi da 107 a 121, risulta altresì che la valutazione sull’esposizione dei lavoratori si è fondata su dati misurati riguardanti una quantità di siti in cui gli usi del triossido di cromo per cui l’autorizzazione era richiesta venivano effettuati o di imprese effettuanti tali usi che erano in ogni caso inferiori al 3% del totale. Un’analisi fondata su una quantità talmente limitata di dati reali non può, a mio avviso, essere considerata come fondata su un numero sufficiente di informazioni sostanziali, ai sensi della giurisprudenza menzionata al precedete paragrafo 99. Come si desume dal precedente paragrafo 121 anche i dati forniti dai richiedenti riguardo all’esposizione della «maggior parte» della popolazione alla sostanza attraverso inalazione avevano una rappresentatività assai limitata.

129. Inoltre una quantità talmente limitata di dati riguardo all’esposizione reale non può, a mio avviso, essere considerata come soddisfare il requisito derivante dalla lettura congiunta dell’articolo 62, paragrafo 4, e del punto 5.2.4 dell’allegato I, del regolamento REACH secondo cui il richiedente l’autorizzazione deve fornire «dati sull’esposizione rappresentativi e rilevati in modo adeguato», al fine di permettere la stima dei livelli di esposizione per tutte le popolazioni umane (lavoratori, consumatori e persone soggette ad un’esposizione indiretta attraverso l’ambiente).

130. Del resto, come si desume dal precedente paragrafo 109, la Commissione stessa nella decisione impugnata, proprio come il CVR, ha messo in risalto il carattere non rappresentativo dei dati forniti riguardo all’esposizione, in particolare dei lavoratori, al triossido di cromo.

131. Al riguardo, quanto all’argomento sollevato dalla Commissione e dall’ECHA secondo cui l’analisi svolta dal CVR si sarebbe però basata anche su altri dati, quali quelli derivanti da studi recenti o dai dati modellizzati forniti riguardo all’uso 2, rilevo che risulta dai succitati pareri stessi del CVR, nonché dalla decisione impugnata, che tali dati supplementari non erano tali da eliminare la sussistenza di incertezze significative riguardo all’esposizione alla sostanza in questione, in particolare per quanto concerne i lavoratori.

132. A tale riguardo occorre ricordare che come risulta dal considerando 69 del regolamento REACH, per garantire «un grado di protezione sufficientemente elevato della salute umana (…) le sostanze estremamente preoccupanti dovrebbero essere oggetto di particolare attenzione conformemente al principio precauzionale». Inoltre, come risulta dai lavori preparatori al regolamento REACH, il regime di autorizzazione per le sostanze estremamente preoccupanti aveva, tra l’altro, l’obiettivo di risolvere i problemi della mancanza di dati sull’esposizione a tali sostanze, in particolare riguardo agli utilizzatori a valle, ciò che contribuisce a spiegare perché l’onere della prova di fornire tali dati sia stato posto a carico del richiedente l’autorizzazione (45).

133. In tale contesto, un approccio che permette di autorizzare gli usi di una sostanza estremamente preoccupante basandosi su un numero limitatissimo di dati reali e specifici che sarebbero confermati da dati di carattere generico, i quali non sono in grado di dissipare le significative incertezze rimanenti appare, ai miei occhi, manifestamente contrario all’esigenza di trattare tali tipi di sostanze con particolare attenzione. Accettare che un soggetto possa richiedere un’autorizzazione per l’uso di una sostanza di tal genere fornendo solo un numero limitatissimo di dati reali e specifici sulla situazione nei siti in cui tale sostanza viene utilizzata va a mio avviso apertamente contro la logica del sistema creato dal regolamento REACH.

134. Del resto, le esigenze connesse all’onere della prova non possono dipendere dalla portata della domanda di autorizzazione, nel senso che esse possano essere considerate come meno stringenti nel caso in cui la domanda riguardi un numero rilevante di usi e pertanto di siti e imprese potenzialmente interessati da tali usi. È per tale ragione che deve essere, a mio avviso, rigettato l’argomento della Commissione secondo cui non sarebbe stato proporzionato esigere dai richiedenti che essi forniscano dati misurati provenienti da più di 1 500 siti di utilizzatori a valle per tutti gli usi interessati dalla domanda. Non era necessario che i richiedenti fornissero dati concernenti tutti i siti degli utilizzatori a valle, ma era necessario fornire dati rappresentativi e un numero sufficiente di informazioni sostanziali tali da permettere di fondare l’analisi scientifica su dati reali che rappresentassero in modo adeguato, e non in modo astratto, la realtà dell’esposizione, in particolare dei lavoratori, alla sostanza estremamente preoccupante.

135. Certamente, come osservato dalla Commissione nei suoi argomenti relativi alla seconda parte del motivo unico (46), la possibilità per gli operatori a monte di presentare una domanda per tutta la catena di approvvigionamento (c.d. «upstream applications») consente di razionalizzare il sistema di autorizzazioni e renderlo più efficiente. Tuttavia, tale razionalizzazione non può essere effettuata a spese della rigorosità dell’analisi degli effetti per la salute umana dell’esposizione alle sostanze estremamente preoccupanti. Anche per tali tipi di domande di autorizzazione, in linea con la giurisprudenza, le informazioni su cui si fonda l’analisi devono essere sostanziali, affidabili e numericamente sufficienti e le incertezze eventualmente restanti devono poter essere considerate come trascurabili affinché l’autorizzazione possa essere rilasciata.

136. Orbene, come risulta esplicitamente dalla decisione impugnata e dal parere del CVR, ciò non è stato manifestamente il caso nella presente fattispecie in ragione della scarsità dei dati riguardanti l’esposizione reale alla sostanza estremamente preoccupante, nonché dell’ampia variabilità dei siti e delle operazioni di trattamento della sostanza e della mancanza di una connessione sufficiente chiara tra condizioni operative, le misure di gestione del rischio e i valori di esposizione per compiti specifici e siti specifici.

137. Quanto, poi all’argomento della Commissione, menzionato al precedente paragrafo 55, secondo cui la decisione impugnata contribuirebbe comunque alla protezione dei lavoratori in quanto ridurrebbe la loro esposizione al triossido di cromo rispetto a quella ammessa secondo la normativa vigente, esso è a mio avviso inconferente. L’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH non prevede, infatti, in alcun modo che l’autorizzazione all’utilizzo di una sostanza estremamente preoccupante dipenda dalla circostanza che la decisione di autorizzazione comporti una riduzione dell’esposizione alla sostanza rispetto alla normativa vigente.

138. Quanto all’argomento secondo cui il Parlamento non avrebbe considerato il parere del CASE, osservo, innanzitutto che la Commissione non ha fornito alcun riferimento preciso per sostanziare la sua affermazione secondo cui il CASE avrebbe spiegato le ragioni per le quali i dati valutati dal CVR sarebbero stati sufficienti. In ogni caso, in presenza delle incertezze significative menzionate ai paragrafi precedenti e riconosciute dalla Commissione e dal CVR, una valutazione del rischio derivante dall’esposizione della sostanza, come quella della presente fattispecie, valutazione che costituisce poi la base per una equilibrata ponderazione tra rischi e benefici come richiesto dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH nell’ambito della procedura di autorizzazione c.d. «socioeconomica», non può essere considerata compatibile con le esigenze espresse dalla giurisprudenza ai precedenti paragrafi 99 e 100.

139. Il Parlamento sostiene ancora che sarebbe proprio al fine di porre rimedio a tali incertezze e carenze, che l’articolo 2, paragrafo 2, della decisione impugnata avrebbe subordinato l’autorizzazione alla condizione che vengano forniti, nella relazione d’esame, dati essenziali che mancherebbero nella valutazione del rischio in questione.

140. Al riguardo occorre rilevare che l’articolo 2 della decisione impugnata prevede una serie di obblighi a carico dei detentori dell’autorizzazione e degli utilizzatori a valle. Ai sensi di tale articolo, i detentori dell’autorizzazione devono sviluppare specifici scenari di esposizione (articolo 2, paragrafo 2), devono metterli a disposizione degli utilizzatori a valle, i quali sono tenuti ad applicarli (articolo 2, paragrafo 3) e devono verificare e convalidare tali scenari sulla base di un’analisi dei dati concernenti l’esposizione reale e le emissioni della sostanza misurate che vengono comunicati a detti detentori dagli utilizzatori a valle (articolo 2, paragrafo 4). I detentori dell’autorizzazione e gli utilizzatori a valle devono poi applicare dei programmi di sorveglianza che siano rappresentativi delle condizioni operative e delle misure di gestione del rischio (articolo 2, paragrafo 6). Gli utilizzatori a valle devono poi rendere disponibili le informazioni raccolte attraverso tali programmi di sorveglianza all’ECHA e ai detentori dell’autorizzazione per la verifica e la convalida degli scenari di esposizione (articolo 2, paragrafo 9).

141. In tale contesto, benché niente si opponga all’imposizione di condizioni che permettano di ottenere nel tempo una rappresentazione più dettagliata dei processi di uso della sostanza estremamente preoccupante mediante dati provenienti dai titolari di un’autorizzazione in cooperazione con i loro utilizzatori situati a valle, risulta però esplicitamente dal considerando 12 della decisione impugnata che nei suoi pareri sugli usi 1, 2, 4 e 5, il CVR aveva raccomandato di imporre condizioni e modalità di monitoraggio supplementari «a causa delle incertezze nella valutazione dei rischi per i lavoratori e per la popolazione in generale attraverso l’ambiente».

142. Tuttavia si desume dalla giurisprudenza, menzionata ai precedenti paragrafi da 100 a 102, che le condizioni imposte a norma dell’articolo 60, paragrafo 8, e paragrafo 9, lettere d) ed e), del regolamento REACH non possono essere imposte al fine di sanare eventuali carenze di una domanda di autorizzazione o incertezze sostanziali esistenti nell’esame delle condizioni di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, ciò che appare invece risultare esplicitamente dalla decisione impugnata nella presente fattispecie.

143. Risulta da tutte le considerazioni che precedono che, a mio avviso, la prima parte del motivo unico di ricorso introdotto dal Parlamento deve essere accolta.

4.      Sulla seconda parte del motivo unico relativa al mancato accertamento dellassenza di idonee sostanze o tecnologie alternative per gli usi 2, 4 e 5

144. Nella seconda parte del suo motivo unico, il Parlamento sostiene che la Commissione avrebbe omesso di accertare che non esistevano idonee sostanze e tecnologie alternative prima di concedere l’autorizzazione per gli usi 2, 4, e 5, per il triossido di cromo come richiesto dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, e che, pertanto, la decisione impugnata sarebbe stata adottata in violazione di tale disposizione.

145. A tale riguardo occorre ricordare che, nell’ambito della c.d. «procedura socioeconomica» la seconda condizione prevista dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH prescrive che l’autorizzazione all’uso della sostanza estremamente preoccupante possa essere rilasciata solo se non esistono idonee sostanze o tecnologie alternative.

146. Al proposito, risulta dal considerando 12, nonché dall’articolo 55 del regolamento REACH che uno dei principali obiettivi del nuovo sistema istituito da tale regolamento è quello di incoraggiare e, in taluni casi, di garantire la sostituzione a termine delle sostanze estremamente preoccupanti con sostanze o tecnologie meno pericolose, quando esistono alternative economicamente e tecnicamente idonee.

147. Inoltre, risulta dalla giurisprudenza che l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH non consente alla Commissione di autorizzare l’uso di una sostanza estremamente preoccupante qualora quest’ultima possa essere sostituita con un’altra sostanza idonea. Di conseguenza, la Commissione non può concedere una siffatta autorizzazione prima di aver debitamente constatato l’assenza di alternative (47).

148. Per poter esaminare gli argomenti dedotti dalle parti al riguardo, occorre a mio avviso, innanzitutto, analizzare nel dettaglio l’approccio adottato dalla Commissione riguardo alla seconda condizione prevista dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, quale risulta dalla decisione impugnata letta alla luce sia del parere del CASE, sia delle spiegazioni fornite dalla Commissione stessa e dall’ECHA nelle loro memorie.

a)      Lapproccio seguito dalla Commissione nella decisione impugnata

149. Risulta dalla decisione impugnata che a seguito dell’analisi da essa svolta, tenendo in considerazione il parere del CASE, la Commissione ha potuto concludere che i richiedenti avevano dimostrato in modo orizzontale e in generale che non esistevano alternative idonee per gli usi 2, 4 e 5 come definite nella domanda di autorizzazione con riguardo a tutti i settori identificati (48).

150. Tuttavia, in considerazione della portata molto ampia degli usi per cui l’autorizzazione era stata richiesta la Commissione, in linea con quanto constatato dal CASE nel suo parere, ha altresì considerato che i richiedenti non avevano dimostrato che non esistessero alternative idonee per ciascun possibile uso a valle che poteva eventualmente esistere in tali diversi settori (49).

151. In tale contesto al fine di garantire che l’autorizzazione coprisse solo gli usi per cui non erano disponibili idonee alternative, la Commissione ha ritenuto «necessario specificare ulteriormente la descrizione degli usi 2, 4 e 5» quale indicata dai richiedenti nella loro domanda. La Commissione ha effettuato tale specificazione della descrizione degli usi in questione riferendosi a determinate «funzionalità essenziali», da essa identificate, che sarebbero necessarie per l’uso previsto.

152. Come spiegato dall’ECHA nel suo intervento, tali funzionalità essenziali, identificate al considerando 20 della decisione impugnata e menzionate alla nota 15 supra, costituiscono dei criteri oggettivi – quali ad esempio la resistenza alla corrosione, la durezza, la resistenza al all’umidità o al calore, la sicurezza alimentare ecc. – finalizzati a delimitare la portata dell’uso autorizzato.

153. Seguendo tale approccio la Commissione, all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione impugnata, ha accordato l’autorizzazione per gli usi 2, 4 e 5 solo ove una delle funzionalità essenziali ivi indicate sia necessaria per l’uso previsto. Ai paragrafi 2, 3 e 4 dello stesso articolo, essa ha invece negato l’autorizzazione ove nessuna delle funzionalità essenziali ivi indicate sia necessaria per l’uso previsto.

154. Sembra pertanto risultare dalla decisione impugnata, letta alla luce delle informazioni presenti nel fascicolo che se, ad esempio, la resistenza alla corrosione (funzionalità essenziale identificata per l’uso 4) è necessaria per un’operazione di trattamento delle superfici per un’applicazione nell’industria aeronautica (uso 4), allora l’impiego del triossido di cromo rientra nell’ambito dell’autorizzazione concessa per tale uso. Nel caso in cui, al contrario, nessuna delle funzionalità essenziali indicate nella decisione impugnata per tale uso 4, risulti necessaria per un’operazione ricompresa in tale uso, allora l’impiego del triossido di cromo non rientra nell’ambito dell’autorizzazione concessa nella decisione impugnata per tale uso.

155. In tale contesto, peraltro, la Commissione ha considerato che, al fine di facilitare l’applicazione della decisione, per quanto riguarda gli usi 2, 4 e 5, fosse necessario richiedere agli utilizzatori a valle dei titolari dell’autorizzazione di includere nella notifica che essi inviano all’ECHA una spiegazione delle funzionalità essenziali elencate nella decisione impugnata che sono necessarie per il loro utilizzo, compresa una giustificazione del motivo per cui esse sono necessarie per tale uso (50). A tal fine l’articolo 5 della decisione impugnata dispone un obbligo per gli utilizzatori a valle di fornire all’ECHA una spiegazione delle funzionalità essenziali del triossido di cromo necessarie per il loro utilizzo, compresa una giustificazione del motivo per cui tali funzionalità essenziali sono necessarie per tale uso.

156. Il Parlamento contesta sia l’analisi svolta dalla Commissione quanto alla conclusione relativa all’assenza di alternative idonee ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, sia l’utilizzazione della nozione di «funzionalità essenziali» per dissipare le incertezze esistenti quanto all’esistenza di idonee sostanze o tecnologie alternative. Tale istituzione considera altresì che la condizione consistente nell’obbligo di informazione a carico degli utilizzatori a valle sarebbe in realtà intesa a rimediare alle manchevolezze dell’analisi quanto all’esistenza di soluzioni alternative. La Commissione e l’ECHA invece difendono l’approccio adottato nella decisione impugnata.

157. In tale contesto, ritengo che, essenzialmente, occorra analizzare due questioni in concreto: da un lato, occorre valutare l’analisi effettuata dalla Commissione, alla luce del parere del CASE riguardo, all’esistenza o meno di idonee sostanze o tecnologie alternative ai sensi della summenzionata disposizione; dall’altro, occorre valutare la metodologia usata dalla Commissione per dissipare i dubbi esistenti riguardo all’esistenza di alternative idonee, volta a specificare la portata degli usi per cui l’autorizzazione era stata richiesta dai richiedenti, limitando l’autorizzazione mediante il riferimento alle funzionalità essenziali in connessione con l’obbligo di informazione imposto agli utilizzatori a valle.

b)      Sullanalisi riguardo allesistenza di idonee sostanze o tecnologie alternative

158. Per ciò che riguarda innanzitutto l’analisi svolta dalla Commissione al fine di determinare l’esistenza di alternative idonee, come già detto, al considerando 18 della decisione impugnata la Commissione ha constatato che «[n]ei suoi pareri sugli usi 2, 4 e 5, il CASE ha concluso che non esistono idonee sostanze o tecnologie alternative», ma che «a causa della portata molto ampia degli usi richiesti, il CASE non ha potuto escludere possibili incertezze riguardo alla fattibilità tecnica di alternative per un numero limitato di impieghi specifici che sono inclusi nella descrizione di tali usi».

159. In tale contesto, la prima questione che, a mio avviso, si pone è quella di verificare se, nell’ambito della procedura c.d. socioeconomica, nel caso di una c.d. «upstream application» come quella della presente fattispecie – ossia nel caso di una domanda di autorizzazione presentata da operatori a monte per l’uso di una sostanza estremamente preoccupante per tutta la catena di approvvigionamento, domanda che presuppone, in generale, una descrizione degli usi potenzialmente assai ampia – affinché il secondo requisito previsto dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, possa essere considerato soddisfatto sia sufficiente che i richiedenti dimostrino in modo generale ed orizzontale che non esistono alternative idonee per gli usi come definiti nella domanda di autorizzazione rispetto a tutti i settori identificati, oppure se, per poter concedere l’autorizzazione, sia necessario che la Commissione determini che non esistono alternative idonee per i singoli impieghi della sostanza a valle esistenti in tali diversi settori.

160. Al riguardo ritengo che un’interpretazione indulgente del secondo requisito di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH che, nel caso di una «upstream application», permetta ai richiedenti di soddisfare il loro onere della prova limitandosi a dimostrare, in modo generale e orizzontale, che non esistono alternative idonee per gli usi quali definiti nella domanda di autorizzazione senza richiedere un’analisi rigorosa quanto all’esistenza o meno di alternative per gli impieghi a valle sarebbe incompatibile con lo spirito e gli obiettivi del regolamento REACH.

161. In effetti, da un lato, non richiedendo un’analisi rigorosa dell’esistenza di alternative idonee all’uso della sostanza per i suoi impieghi a valle, tale interpretazione andrebbe contro uno degli obiettivi principali del regolamento REACH, quale menzionato al considerando 12, ripreso al precedente paragrafo 146, e all’articolo 55 di tale regolamento, ossia quello di incoraggiare e, in taluni casi, di garantire la sostituzione delle sostanze estremamente preoccupanti con sostanze o tecnologie meno pericolose, quando esistono alternative economicamente e tecnicamente idonee all’uso della sostanza.

162. Dall’altro lato, come già osservato al precedente paragrafo 135, la, pur auspicabile, razionalizzazione derivante dalle domande di autorizzazione c.d. «upstream application» non può essere effettuata a spese della rigorosità dell’analisi ai fini dell’autorizzazione delle sostanze estremamente preoccupanti. Non è quindi, a mio avviso, possibile interpretare il secondo requisito di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH in modo permissivo, riducendo la rigorosità dell’analisi, in ragione delle eventuali difficoltà pratiche per soddisfare tale requisito derivanti dalla portata molto ampia degli usi per cui l’autorizzazione è richiesta. A tale riguardo occorre ricordare che il regolamento REACH si fonda sul principio di precauzione, il quale presuppone un livello massimo di rigorosità dell’analisi dei rischi per la salute e per l’ambiente derivanti, in particolare, dall’uso delle sostanze estremamente preoccupanti, le quali come risulta dal considerando 69 del regolamento REACH devono «essere oggetto di particolare attenzione conformemente al principio precauzionale».

163. Concordo pertanto con il Parlamento quando sostiene che il fatto che la gamma degli usi figuranti nella domanda sia talmente ampia da richiedere una moltitudine di valutazioni sulla disponibilità di soluzioni alternative in ciascun contesto individuale non può giustificare un approccio meno rigoroso in sede di valutazione della disponibilità delle alternative, dato che ciò contrasterebbe con l’obiettivo principale del regolamento REACH, che è quello di proteggere la salute umana e l’ambiente.

164. Alla luce di tali considerazioni, ritengo che la disposizione di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH debba essere interpretata nel senso che la Commissione è tenuta ad accertare se l’uso per cui è richiesta un’autorizzazione include impieghi differenti, che devono essere definiti in funzione delle prestazioni tecniche richieste ed è tenuta a determinare se esistono alternative per ciascuno di tali impieghi.

165. Pertanto, se nel quadro degli usi quali definiti in modo generale dai richiedenti esistono impieghi della sostanza, eventualmente effettuati da utilizzatori a valle, per i quali esistono alternative idonee, tali utilizzazioni non potranno rientrare nell’ambito dell’autorizzazione concessa per l’uso.

166. Ciò non significa che la Commissione debba, come da essa argomentato, effettuare una valutazione distinta delle soluzioni alternative per ciascun utilizzatore o prodotto a valle, il che potrebbe richiedere un numero irragionevole di valutazioni distinte, a seconda del grado di specificità. Tale istituzione è tenuta però a determinare che non esistano idonee sostanze o tecnologie alternative per l’integralità dell’ambito degli usi per cui è richiesta l’autorizzazione prendendo in considerazione tutti i potenziali impieghi di tale sostanza a valle.

167. Così determinata la portata del secondo requisito previsto dalla disposizione di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, occorre verificare se, nella presente fattispecie, l’analisi effettuata dalla Commissione è conforme a tale disposizione.

168. A tale riguardo per comprendere meglio la portata dei considerando pertinenti della decisione impugnata, ed in particolare del considerando 18, occorre riferirsi ai pareri del CASE relativi agli usi 2, 4 e 5. Risulta da tali pareri che, nella presente fattispecie, il CASE ha constatato quanto segue:

«I richiedenti hanno effettuato un’ampia valutazione delle alternative, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto di fattibilità tecnica.

(…)

Tuttavia, data la portata estremamente ampia dell’uso per cui l’autorizzazione è richiesta, il CASE non può escludere che vi sia effettivamente un numero limitato di impieghi in cui la sostituzione è già possibile o lo diventerà a breve termine. In effetti, non è chiaro al CASE quando saranno eventualmente disponibili alternative per impieghi specifici. Idealmente, al CASE sarebbe stato fornito un elenco esauriente di tutti gli impieghi/componenti rientranti nell’ambito dell’uso [in causa] al fine di valutare l’effettiva fattibilità/non fattibilità delle alternative e garantire che la sostituzione avvenga laddove è già possibile. Tuttavia, il CASE riconosce che ciò è difficilmente fattibile per domande di autorizzazione di una portata così ampia e quindi [comprendenti] un numero così elevato di prodotti. I richiedenti hanno fornito un elenco contenente un quadro generale dei settori interessati, esempi di articoli al riguardo e [l’analisi della questione] se tecnologie alternative o meno ritenute fattibile da terzi potevano essere applicate o meno. A causa della portata ampia dell’uso per cui è richiesta l’autorizzazione e del fatto che numerosi impieghi rientrano nell’ambito di tale uso, detto elenco non può essere considerato esaustivo. Secondo i richiedenti, impieghi in cui la sostituzione è già possibile non rientrano comunque nell’ambito della domanda di autorizzazione. I richiedenti, tuttavia, non specificano tali impieghi, né i relativi requisiti tecnici. Il CASE giudica l’approccio dei richiedenti per risolvere tale questione non del tutto appropriato e sottolinea la necessità che i richiedenti dimostrino in modo più concreto che la sostituzione ha avuto luogo laddove essa sia effettivamente possibile. Ciò avrebbe potuto essere stato fatto intraprendendo una valutazione delle alternative più precisa e specifica riguardo all’uso. In generale, dovrebbe essere chiarito dai richiedenti quali impieghi tecnici rientrano nell’ambito dell’uso richiesto e quali no.

Tuttavia, sulla base delle informazioni disponibili, il CASE concorda con la conclusione dei richiedenti secondo cui nel complesso, alternative tecnicamente fattibili per il triossido di cromo [nel relativo uso] non sembrano esistere prima della data di scadenza. Le incertezze sopra evidenziate sono prese in conto dal CASE nel quadro della raccomandazione relativa al periodo di revisione e alla condizione per il rapporto di revisione» (51).

169. Risulta da tali pareri che il CASE, in ragione della portata molto ampia della domanda di autorizzazione ed in particolare degli usi per cui tale autorizzazione era stata richiesta, ha ritenuto di non essere in grado di determinare se esistevano o meno idonee sostanze o tecnologie alternative che permettevano la sostituzione del triossido di cromo per alcuni impieghi rientranti nell’ambito della domanda di autorizzazione. Risulta altresì da tali pareri che, benché i richiedenti avessero fornito un’ampia valutazione delle alternative, il CASE ha valutato il loro approccio come «non del tutto appropriato» e che sarebbe stato necessario che essi dimostrassero in modo più concreto l’esistenza di una sostituzione del triossido di cromo laddove essa fosse effettivamente possibile.

170. Tali considerazioni evidenziano l’esistenza di incertezze importanti quanto all’esistenza di idonee sostanze o tecnologie alternative per alcuni impieghi rientranti negli usi per cui era stata richiesta l’autorizzazione. Esse evidenziano altresì che i richiedenti non avevano fornito dati sufficienti sull’esistenza di idonee alternative a livello dei singoli impieghi, ciò che era dovuto alla portata estremamente ampia degli usi, quali definiti dai richiedenti stessi, per cui l’autorizzazione veniva richiesta.

171. Ciononostante il CASE ha ritenuto di poter condividere la conclusione secondo cui sembravano non esistere nel complesso, alternative tecnicamente realizzabili per il triossido di cromo nei relativi usi.

172. Si desume dalla decisione impugnata quale spiegata dalla Commissione nelle sue memorie, che il termine «nel complesso», deve essere inteso nel senso che sia stato considerato come dimostrato in modo generale ed orizzontale che non esistevano alternative idonee per gli usi come definiti nella domanda di autorizzazione rispetto a tutti i settori identificati, ma non per ciascun impiego rientrante nell’ambito di tali usi, nei termini indicati al precedente paragrafo 160.

173. Se ne desume che per gli usi in questione non si poteva considerare che il requisito previsto dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH quale interpretato ai precedenti paragrafi 164 e 165 fosse soddisfatto.

174. È proprio per questa ragione che, nella decisione impugnata la Commissione ha deciso di limitare la portata della definizione degli usi in questione autorizzando tali usi esclusivamente ove le summenzionate funzionalità essenziali fossero necessarie per quell’uso, imponendo inoltre la condizione di cui all’articolo 5 della decisione impugnata, ossia l’obbligo di informazione per gli utilizzatori a valle.

c)      Sulla limitazione degli usi mediante il riferimento alle funzionalità essenziali

175. La successiva questione che si pone è quindi, se nonostante le suddette incertezze, la Commissione abbia nondimeno sodisfatto il secondo requisito di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, limitando la portata dell’autorizzazione per l’uso del triossido di cromo solo ove le summenzionate funzionalità essenziali siano necessarie per l’uso in questione e prevedendo, contestualmente, l’obbligo di comunicazione a carico degli utilizzatori a valle di cui all’articolo 5 della decisione impugnata.

176. Dubito però che ciò sia il caso.

177. A tale riguardo, in primo luogo, non mi è chiaro alla lettura della decisione impugnata quale sia la relazione precisa tra la nozione di «funzionalità essenziali» e l’assenza di idonee sostanze o tecnologie alternative che permettano la sostituzione del triossido di cromo.

178. Non risulta dalla decisione impugnata, neanche completata dalla lettura del fascicolo, come limitando l’autorizzazione all’uso del triossido di cromo per gli usi 2, 4 e 5, solo ove una delle funzionalità essenziali identificata in tale decisione sia necessaria per l’uso si possa giungere alla conclusione quanto all’assenza di idonee sostanze o tecnologie alternative che permettano la sostituzione del triossido di cromo per tale uso. Così, non risulta, ad esempio in alcun modo che nell’ambito degli usi, quali limitati e autorizzati, l’utilizzazione del triossido di cromo sarebbe necessaria per garantire una determinata funzionalità essenziale (ad esempio la resistenza alla corrosione o al calore) che non potrebbe essere garantita dall’utilizzo di nessun’altra sostanza o tecnologia alternativa. Al riguardo, ritengo che la decisione impugnata sia, come minimo, viziata da un difetto di motivazione.

179. In secondo luogo, sussistono forti dubbi quanto alla capacità di delimitare realmente l’ambito dell’autorizzazione mediante la specificazione della portata degli usi per cui l’autorizzazione è richiesta, attraverso la nozione di «funzionalità essenziali» quale usata nella decisione impugnata. In effetti, né la Commissione, né l’ECHA hanno risposto all’argomento del Parlamento secondo cui le funzionalità essenziali identificate dalla Commissione al considerando 22 della decisione impugnata corrispondono a tutte le funzionalità del triossido di cromo quali identificate nelle relazioni del CASE.

180. Tuttavia, se l’autorizzazione copre tutte le funzionalità del triossido di cromo nell’ambito degli usi previsti, allora la limitazione dell’autorizzazione mediante il riferimento alle «funzionalità essenziali» costituisce effettivamente, come sostenuto dal Parlamento, una tautologia. In tal caso, tale limitazione costituirebbe quindi una restrizione all’ambito di applicazione dell’autorizzazione solo dal punto di vista formale, ma non sostanziale.

181. In terzo luogo, la nozione di funzionalità essenziali, quale usata nella decisione impugnata appare alquanto vaga e, in assenza delle specificazioni necessarie a determinare precisamente tali funzionalità essenziali, appare non atta a limitare realmente la portata dell’autorizzazione.

182. In effetti per nessuna delle funzionalità essenziali individuate nella decisione impugnata viene determinata, in tale decisione, una chiara specificazione del livello o della gamma di prestazioni richiesta per la funzionalità essenziale in causa. A titolo esemplificativo, come evidenziato dal Parlamento, un riferimento alla «durezza», indicato come funzionalità essenziale per l’uso 2 e per l’uso 4, non appare avere contenuto significativo di per sé stesso se non è specificato il livello di durezza richiesto per soddisfare il requisito. Allo stesso modo, un riferimento generico allo «spessore dello strato» appare ugualmente inadatto a limitare l’uso della sostanza in assenza di qualsiasi indicazione sul livello di spessore richiesto. Lo stesso vale per funzionalità essenziali quali la «resistenza all’usura» o la «resistenza alla corrosione». In mancanza di specificazioni tecniche riguardo al livello di resistenza, tali funzionalità essenziali appaiono come nozioni astratte e quindi non atte a delineare in concreto la portata degli usi e di conseguenza a limitare l’autorizzazione.

183. In tale contesto il fatto di indicare, all’articolo 1, paragrafo 1, nonché ai paragrafi 2, 3 e 4 della decisione impugnata che l’uso del triossido di cromo deve essere limitato ai soli casi in cui una delle funzionalità essenziali ivi indicate è necessaria per tale uso – fatto salvo quanto esposto ai precedenti paragrafi 179 e 180 – può costituire, in principio, una restrizione all’uso della sostanza, in quanto l’uso di questa non viene autorizzato nei casi in cui una di tali funzionalità essenziali non sia necessaria. Tuttavia, da un lato, l’assenza di specificazioni riguardo tale funzionalità essenziali appare rendere tale limitazione vaga e inutilizzabile in concreto e, dall’altro, non risulta dalla decisione impugnata come tale eventuale limitazione all’autorizzazione sia correlata all’assenza di idonee sostanze o tecnologie alternative.

184. Quanto, in quarto luogo, alla condizione imposta all’articolo 5 della decisione impugnata, in connessione con il considerando 27 della stessa, relativa all’obbligo a carico degli utilizzatori a valle di fornire all’ECHA una spiegazione delle funzionalità essenziali del triossido di cromo elencate nella decisione impugnata, compresa una giustificazione del motivo per cui tali funzionalità essenziali sono necessarie per tale uso, la Commissione stessa sostiene che essa non concerne in alcun modo l’esistenza di alternative idonee.

185. Ne consegue che tale condizione non permetteva quindi di dissipare le incertezze menzionate ai precedenti paragrafi 169 e 170 quanto all’esistenza di idonee alternative a livello dei singoli impieghi e non permetteva, di conseguenza, alla Commissione di soddisfare, nonostante le suddette incertezze, il secondo requisito di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH.

186. In ogni caso, come risulta dalla giurisprudenza menzionata ai paragrafi 100 e 147 la determinazione della sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, deve avvenire prima della concessione dell’autorizzazione e l’esistenza di incertezze non trascurabili quanto alla loro sussistenza deve portare al rigetto della domanda di autorizzazione.

187. In conclusione consegue, a mio avviso, da tutte le considerazioni che precedono, in primo luogo, che non risulta dalla decisione impugnata che la seconda condizione di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH possa, nella presente fattispecie, essere considerata come soddisfatta e, in secondo luogo, che, pertanto, l’autorizzazione in causa concessa in tale decisione non è conforme a tale disposizione.

188. In effetti, da un lato, come risulta dal precedente paragrafo 173 all’esito dell’analisi quanto all’esistenza di idonee alternative per gli usi in questione non si poteva considerare che il requisito previsto dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, quale interpretato ai precedenti paragrafi 164 e 165, fosse soddisfatto. Dall’altro, come risulta dai paragrafi che precedono, la Commissione non ha soddisfatto tale requisito, limitando, con le modalità determinate nella decisione impugnata, la portata dell’autorizzazione per l’uso del triossido di cromo solo ove le summenzionate funzionalità essenziali siano necessarie per l’uso in questione e prevedendo, contestualmente, l’obbligo di comunicazione a carico degli utilizzatori a valle di cui all’articolo 5 della decisione impugnata.

189. Gli altri argomenti sollevati dalla Commissione non sono in grado a mio avviso di rimettere in dubbio tale conclusione.

190. In particolare, gli argomenti relativi all’obiettivo del regolamento REACH di promuovere la competitività dell’industria dell’Unione e alle capacità amministrative dell’ECHA menzionati al precedente paragrafo 79 devono essere, a mio avviso respinti.

191. In effetti, al riguardo, da un lato, l’obiettivo di promuovere la competitività dell’industria dell’Unione non può essere richiamato a sostegno di interpretazioni indulgenti dei criteri di autorizzazione delle sostanze estremamente preoccupanti previsti dalle disposizioni del regolamento REACH che possono, potenzialmente, minare l’obiettivo principale di tale regolamento ossia quello di assicurare un livello elevato di protezione della salute umana e dell’ambiente. Dall’altro, l’esigenza di tener conto delle capacità dell’ECHA, menzionata all’articolo 58, paragrafo 3, del regolamento REACH, su cui la Commissione fonda il suo argomento, non implica in alcun modo che la procedura di autorizzazione di una sostanza estremamente preoccupante, e le varie valutazioni che essa comporta, possano essere svolte in modo meno accurato di quanto richiesto dal principio di precauzione.

192. Risulta da tutto ciò che precede che, a mio avviso, anche la seconda parte del motivo unico sollevato dal Parlamento deve essere accolta.

5.      Sulla terza parte del motivo unico

193. Nella terza parte del suo motivo unico, il Parlamento sostiene che in considerazione delle informazioni ampiamente lacunose e delle numerose imprecisioni contenute nella domanda di autorizzazione, tale domanda non sarebbe stata conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 62 del regolamento REACH e pertanto, rilasciando l’autorizzazione la Commissione avrebbe violato l’articolo 60, paragrafo 7, dello stesso regolamento.

194. Quest’ultima disposizione prevede che l’autorizzazione possa essere rilasciata soltanto se la domanda d’autorizzazione è inoltrata conformemente alle prescrizioni dell’articolo 62 del regolamento REACH.

195. Più specificamente, l’articolo 62 del regolamento REACH prevede, al suo paragrafo 4, che la domanda d’autorizzazione deve contenere, inter alia, da un lato, una relazione sulla sicurezza chimica, elaborata a norma dell’allegato I, relativa ai rischi che comporta per la salute umana e/o per l’ambiente l’uso della o delle sostanze a motivo delle proprietà intrinseche di cui all’allegato XIV (lettera d), e dall’altro, un’analisi delle alternative, che prenda in considerazione i rischi che esse comportano e la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione (lettera e).

196. A tale riguardo, risulta, in primo luogo, dalle considerazioni effettuate ai precedenti paragrafi da 111 a 121, quali analizzati ai paragrafi da 128 a 130 e da 133 a 136, che i dati forniti dai richiedenti nella loro domanda di autorizzazione conteneva una quantità assai limitata di dati, in parte qualificati dal CVR e dalla Commissione stessa come non rappresentativi, quanto ad elementi fondamentali che devono essere considerati nell’analisi per determinare la sussistenza della prima condizione di cui all’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, ossia il rischio che presentano gli usi della sostanza in questione e l’adeguatezza e l’efficacia delle misure di gestione dei rischi.

197. In secondo luogo, risulta dai precedenti paragrafi da 168 a 170 che nella domanda di autorizzazione i richiedenti non avevano fornito dati sufficienti sull’esistenza di alternative a livello dei singoli impieghi, ciò che era dovuto alla portata estremamente ampia degli usi, quali definiti dai richiedenti stessi, per cui l’autorizzazione veniva richiesta. Questo ha avuto come conseguenza che il CASE non sia stato in grado di giungere ad una determinazione conclusiva quanto all’esistenza o meno di un numero di impieghi in cui la sostituzione del triossido di cromo fosse effettivamente già possibile o lo diventasse a breve termine.

198. A tale riguardo, osservo che, se è vero, come fa valere la Commissione, che nessuna disposizione del titolo VII prevede regole precise riguardo al modo in cui gli usi per cui si richiede l’autorizzazione deve essere descritta (52), coerentemente con quanto rilevato ai precedenti paragrafi 135 e 162 la circostanza che nel quadro di una c.d. «upstream application» venga richiesta l’autorizzazione per usi definiti in modo molto ampio non esime il richiedente tale autorizzazione dal dover fornire informazioni complete e prive di lacune che siano in conformità con i requisiti previsti dall’articolo 62, paragrafo 4, del regolamento REACH.

199. Risulta da quanto precede che, a mio avviso, anche la terza parte del motivo unico di ricorso sollevato dal Parlamento deve essere accolta.

C.      Conclusione sul ricorso

200. Risulta da tutte le considerazioni che precedono che, a mio avviso, il ricorso proposto dal Parlamento deve essere accolto nella sua integralità.

201. Di conseguenza ritengo che la decisione impugnata debba essere annullata nella parte in cui essa concerne l’autorizzazione all’uso del triossido di cromo per gli usi 2, 4 e 5 e per l’uso 1, per quanto riguarda la formulazione di miscele per gli usi 2, 4 e 5.

VI.    Sulla domanda diretta al mantenimento degli effetti della decisione impugnata

202. Nel caso in cui la Corte dovesse annullare la decisione impugnata, come da me suggerito al paragrafo precedente, la Commissione chiede che gli effetti di tale decisione siano mantenuti fino al momento dell’adozione di una nuova decisione da parte di tale istituzione sulla relativa domanda di autorizzazione.

203. La Commissione fa valere che l’articolo 56, paragrafo 1, lettera d), in combinato disposto con l’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento REACH contengono un meccanismo transitorio, in base al quale un richiedente l’autorizzazione, e i relativi utilizzatori a valle, possono continuare a immettere sul mercato e utilizzare una sostanza, anche al di là della data di scadenza, nella misura in cui l’uso sia oggetto di apposita domanda di autorizzazione, che tale domanda sia stata presentata almeno 18 mesi prima della data di scadenza e una decisione sulla domanda di autorizzazione non è stata ancora accolta dalla Commissione.

204. La Commissione sostiene che l’annullamento della decisione impugnata avrebbe quindi l’effetto di consentire ai richiedenti e ai loro utilizzatori a valle di continuare a immettere sul mercato e a utilizzare la sostanza per gli usi richiesti fino a quando la Commissione non abbia adottato una nuova decisione, senza peraltro essere oggetto di controllo, vale a dire senza le diverse misure prescritte dalla decisione impugnata le quali sarebbero specificamente incluse per salvaguardare la salute umana.

205. Il Parlamento non si oppone alla domanda della Commissione.

206. Risulta da quanto affermato dalla Commissione che il rigetto della domanda di mantenimento degli effetti della decisione impugnata aumenterebbe il rischio che si verifichi un danno grave per la salute umana. In tali condizioni, nel caso in cui la Corte dovesse annullare la decisione impugnata occorrerebbe disporre il mantenimento degli effetti di tale decisione fino a quando la Commissione non si sia nuovamente pronunciata sulla relativa domanda di autorizzazione presentata dai richiedenti (53).

VII. Sulle spese

207. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

208. Poiché risulta dall’analisi che precede che, alla luce della conclusione che suggerisco alla Corte, la Commissione rimarrebbe soccombente, essa deve, a mio avviso, essere condannata alle spese, conformemente alla domanda del Parlamento.

209. Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 3, del suddetto regolamento di procedura, la Corte può decidere che una parte interveniente diversa da uno Stato membro o da un’istituzione dell’Unione si faccia carico delle proprie spese.

210. Conformemente a tale disposizione, l’ECHA deve, a mio avviso, sopportare le proprie spese.

VIII. Conclusione

211. Alla luce di quanto precede propongo alla Corte di:

1)      Annullare la decisione di esecuzione C (2020) 8797, della Commissione europea del 18 dicembre 2020, che concede un’autorizzazione parziale per taluni usi del triossido di cromo in forza del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (Chemservice GmbH e altri), nella parte in cui essa riguarda le autorizzazioni relative agli usi 2, 4 e 5 e all’uso 1, per quanto riguarda la formulazione di miscele per gli usi 2, 4 e 5, del triossido di cromo.

2)      Mantenere gli effetti della decisione menzionata al punto 1) del presente dispositivo, fino a quando la Commissione non si sia nuovamente pronunciata sulla relativa domanda di autorizzazione.

3)      Condannare la Commissione alle spese.

4)      Dichiarare che l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) sopporterà le proprie spese.


1      Lingua originale: l’italiano.


2      Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1), (in prosieguo: il «regolamento REACH»).


3      Al riguardo v. conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Svezia (C‑389/19 P, EU:C:2020:874, paragrafo 9 e giurisprudenza citata).


4      Al riguardo v. sentenza del 21 gennaio 2021, Germania/Esso Raffinage (C‑471/18 P, EU:C:2021:48, punto 88 e giurisprudenza citata).


5      V. articolo 56 del regolamento REACH.


6      V. regolamento REACH, articolo 56, paragrafo 1, lettere a) ad e) e paragrafo 2, e articolo 62, paragrafi 2 e 3.


7      V. regolamento REACH, articolo 62, paragrafo 1.


8      V. regolamento REACH, articolo 60, paragrafo 1.


9      V. regolamento REACH, articolo 60, paragrafi 8 e 9, e articolo 61; considerando 72.


10      V., in particolare, il regolamento REACH, articolo 76, paragrafo 1, lettere c) e d), articolo 77, paragrafo 3, e articolo 85.


11      V. anche il regolamento REACH, considerando 83.


12      Ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento.


13      In particolare alla sentenza del Tribunale del 7 marzo 2019, Svezia/Commissione, (T‑837/16, EU:T:2019:144, in prosieguo: la «sentenza del Tribunale Svezia/Commissione»), confermata dalla Corte su impugnazione dalla sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Svezia (C‑389/19 P, EU:C:2021:131, in prosieguo: la «sentenza Commissione/Svezia»).


14      Per tale sostanza infatti non è possibile determinare un livello derivato senza effetto (DNEL) per le proprietà cancerogene di modo che non è possibile determinare una soglia ai fini dell’articolo 60, paragrafo 3, lettera a), del regolamento REACH e di conseguenza, l’articolo 60, paragrafo 2, di tale regolamento non si applica (v. considerando 8 della decisione impugnata).


15      La Commissione ha identificato le seguenti funzionalità essenziali: relativamente all’uso 2, resistenza all’usura, durezza, spessore dello strato, resistenza alla corrosione, coefficiente di attrito, o effetto sulla morfologia della superficie; relativamente all’uso 4, resistenza alla corrosione/inibizione della corrosione attiva, resistenza chimica, durezza, miglioramento dell’aderenza (a un successivo strato di rivestimento o vernice), termoresistenza, resistenza all’infragilimento, resistenza all’usura, caratteristiche della superficie che impediscono la deposizione di organismi, spessore dello strato, flessibilità e resistività; relativamente all’uso 5, resistenza alla corrosione/inibizione della corrosione attiva, spessore dello strato, resistenza all’umidità, miglioramento dell’aderenza (a un successivo strato di rivestimento o vernice), resistività, resistenza chimica, resistenza all’usura, conduttività elettrica, compatibilità con il substrato, proprietà (termo) ottiche (aspetto visivo), resistenza al calore, sicurezza alimentare, tensione del rivestimento, isolamento elettrico o velocità di deposizione.


16      Ai sensi di tale disposizione gli utilizzatori a valle che utilizzano una sostanza a norma dell’articolo 56, paragrafo 2, ne danno notifica all’ECHA entro tre mesi dalla prima fornitura della sostanza.


17      Risulta dall’articolo 58, paragrafo 3, del regolamento REACH che il numero di sostanze incluse nell’allegato XIV e le date stabilite a norma del paragrafo 1 tengono altresì conto della capacità dell’ECHA di trattare le domande entro i termini previsti.


18      V., inter alia, sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio (C‑205/16 P EU:C:2017:840, punto 38 e giurisprudenza citata).


19      In effetti come risulta dall’articolo 1, paragrafo 1 della decisione impugnata e dal paragrafo 33 supra, per l’uso 1 l’autorizzazione è stata concessa solo per quanto riguarda la formulazione di miscele per gli usi 2, 4, 5 e 6, quali autorizzati.


20      Ai termini del considerando 69 del regolamento REACH «[s]i dovrebbe rilasciare l’autorizzazione se le persone fisiche o giuridiche che la chiedono comprovano all’autorità che rilascia l’autorizzazione che i rischi per la salute umana e l’ambiente derivanti dall’uso della sostanza sono adeguatamente controllati. Diversamente se ne può autorizzare l’uso se è possibile dimostrare che i vantaggi socioeconomici derivanti dall’uso della sostanza prevalgono sui rischi che il suo uso comporta e che non esistono sostanze o tecnologie alternative idonee, economicamente e tecnicamente valide».


21      V., in tal senso, sentenza del Tribunale Svezia/Commissione punto 77, confermato esplicitamente dalla Corte al punto 33 della sentenza Commissione/Svezia.


22      V., in tal senso, sentenza del Tribunale Svezia/Commissione punto 79, confermato esplicitamente dalla Corte al punto 33 della sentenza Commissione/Svezia.


23      Al riguardo, v. sentenza del Tribunale del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione (T‑108/17, EU:T:2019:215, punto 105).


24      V., in tal senso, sentenza del Tribunale Svezia/Commissione punto 78, confermato esplicitamente dalla Corte al punto 33 della sentenza Commissione/Svezia.


25      V. sentenza del Tribunale Svezia/Commissione, punto 64.


26      V., in tal senso, sentenza del Tribunale Svezia/Commissione, punti 66 e 67.


27      V., in tal senso e per analogia, sentenza del 17 settembre 2009, Commissione/MTU Friedrichshafen, C‑520/07 P, EU:C:2009:557, punti 51 e 52). V. anche sentenza del Tribunale Svezia/Commissione, punto 81.


28      V., in tal senso, sentenza del Tribunale Svezia/Commissione, punto 86, confermato esplicitamente dalla Corte al punto 35 della sentenza Commissione/Svezia.


29      V., in tal senso, sentenza del Tribunale Svezia/Commissione punto 85, confermato esplicitamente dalla Corte al punto 34 della sentenza Commissione/Svezia.


30      Sentenze del Tribunale Svezia/Commissione, punto 82 e del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione (T‑108/17, EU:T:2019:215, punto 142).


31      Sentenze del Tribunale Svezia/Commissione, punto 83 e del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione (T‑108/17, EU:T:2019:215, punto 143).


32      Sentenza del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione (T‑108/17, EU:T:2019:215, punto 144).


33      V. versione consolidata del 16 settembre 2016 dei pareri del CVR e del CASE relativi all’uso 1, (prodotta come Allegato n. A4), pag. 19. L’analisi dettagliata è contenuta nelle pagine da 7 a 13.


34      Ibidem.


35      Ibidem, pag. 22.


36      V. versioni consolidate del 16 settembre 2016 dei pareri del CVR e del CASE relativi agli usi 2, 4 e 5 (prodotte, rispettivamente, come Allegati nn. A5, A6 e A7). V., in particolare, per l’uso 2, pag. 7, per l’uso 4 pag. 8 e per l’uso 5 pagg. 9 e 10.


37      V. versione consolidata del 16 settembre 2016 dei pareri del CVR e del CASE relativi all’uso 2, (prodotta come Allegato n. A5), pag. 12.


38      V. rispettivamente, versione consolidata del 16 settembre 2016 dei pareri del CVR e del CASE relativi all’uso 4, (prodotta come Allegato n. A6), pagg. 26 e 33 e versione consolidata del 16 settembre 2016 dei pareri del CVR e del CASE relativi all’uso 5, (prodotta come Allegato n. A7), pagg. 21 e 35.


39      Ibidem rispettivamente per l’uso 2, pag. 12; per l’uso 4, pag. 34; e per l’uso 5, pag. 35.


40      Incluso il trattamento delle superfici mediante spruzzatura, rullatura, spazzolatura o «penstick» e lavorazioni.


41      V. rispettivamente, versione consolidata del 16 settembre 2016 dei pareri del CVR e del CASE relativi all’uso 4, (prodotta come Allegato n. A6), pag. 34 e versione consolidata del 16 settembre 2016 dei pareri del CVR e del CASE relativi all’uso 5, (prodotta come Allegato n. A7), pag. 35.


42      V. i succitati pareri relativi a ciascun uso, rispettivamente, per l’uso 1, pag. 19 per l’uso 2, pag. 12, per l’uso 4, pag. 34 per l’uso 5, pag. 35.


43      V. i succitati pareri relativi a ciascun uso, rispettivamente, per l’uso 1, pagg. 18 e 19; per l’uso 2, pagg. 11 e 12; per l’uso 4, pagg. 33 e 34; per l’uso 5, pagg. 34 e 35.


44      V. i succitati pareri relativi a ciascun uso, rispettivamente, per l’uso 2, pag. 7; per l’uso 4, pag. 9; per l’uso 5, pag. 10.


45      V. la relazione relativa alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, che istituisce un’agenzia europea delle sostanze chimiche e modifica la direttiva 1999/45/CE e il regolamento (CE) (COM 2003/0644 def.) che evidenziava nel sistema previgente la difficoltà ad ottenere dall’industria informazioni sugli usi delle sostanze e la scarsità delle informazioni sull’esposizione derivante da usi a valle.


46      V. paragrafo 73 supra.


47      V. sentenza Commissione/Svezia, punto 45.


48      V. considerando 18 della decisione impugnata, menzionato al paragrafo 27 precedente.


49      Ibidem.


50      Considerando 27 della decisione impugnata.


51      V. rispettivamente, versione consolidata del 16 settembre 2016 dei pareri del CVR e del CASE relativi all’uso 2 (prodotta come Allegato A5), pagg. 25 e 26. Considerazioni pressoché identiche sono contenute nei corrispondenti pareri relativi all’uso 4 (Allegato A6 pagg. 45 e 46) e all’uso 5 (Allegato A7, pag. 49). Libera traduzione dall’inglese.


52      La nozione di uso è definita all’articolo 3, punto 24 del regolamento REACH come «ogni operazione di trasformazione, formulazione, consumo, immagazzinamento, conservazione, trattamento, riempimento di contenitori, trasferimento da un contenitore ad un altro, miscelazione, produzione di un articolo o ogni altra utilizzazione».


53      V. sentenza Commissione/Svezia, punto 74.