Language of document : ECLI:EU:C:2016:473

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 22 giugno 2016 (1)

Causa C‑41/15

Gerard Dowling

Padraig McManus

Piotr Skoczylas

Scotchstone Capital Fund Limited

contro

Minister for Finance


Intervenienti: Permanent TSB Group Holdings plc e Permanent TSB plc

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Alta Corte, Irlanda)]

«Diritto delle società – Direttiva 77/91/CEE – Protezione degli interessi degli azionisti in relazione al capitale di una società per azioni – Decisione 2011/77/UE – Assistenza finanziaria fornita all’Irlanda – Ricapitalizzazione della Irish Life and Permanent plc – Direttiva 2001/24/CE – Provvedimenti di risanamento»





1.        La questione che si pone è se il governo irlandese abbia violato disposizioni fondamentali di diritto societario dell’Unione quando, nell’estate del 2011, ha acquisito il controllo dell’Irish Life and Permanent Group Holdings plc (successivamente Permanent TSB Group Holdings plc; in prosieguo: l’«ILPGH» o la «società») e, nella stessa occasione, della controllata di questa, l’Irish Life and Permanent plc (successivamente Permanent TSB plc; in prosieguo: l’«ILP» o la «banca»). È questo, in sostanza, l’oggetto della controversia per la quale è stata adita la High Court (Alta Corte, Irlanda).

2.        In linea con la mia posizione nelle conclusioni del 18 febbraio 2016 nella causa Kotnik e a. (2), ritengo, per le ragioni espresse nel prosieguo, che i diritti conferiti agli azionisti dalla direttiva 77/91/CEE (in prosieguo: la «seconda direttiva») (3) non precludano a uno Stato membro la ricapitalizzazione urgente di un ente creditizio in difficoltà che sia fondamentale nella sua economia, in mancanza della quale tale economia potrebbe essere gravemente compromessa e potrebbe, a sua volta, creare un rischio per l’economia di altri Stati membri.

3.        Sono pertanto dell’idea che la misura di cui trattasi nella controversia in esame sia stata adottata nel rispetto del diritto dell’Unione. Tuttavia, in ultima analisi, si tratta di una questione che spetta alla High Court verificare.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      La seconda direttiva

4.        Ai sensi dell’articolo 8 della seconda direttiva, le azioni non possono essere emesse per un importo inferiore al loro valore nominale o, in mancanza di questo, al valore contabile.

5.        Ai sensi dell’articolo 25 della seconda direttiva, gli aumenti di capitale sono decisi dall’assemblea, a meno che non siano precedentemente autorizzati dallo statuto, dall’atto costitutivo o dall’assemblea alle condizioni previste in tale disposizione.

6.        L’articolo 29, paragrafo 1, della seconda direttiva dispone che nel caso di aumento di capitale sottoscritto mediante conferimenti in denaro, le azioni devono essere offerte in opzione agli azionisti in proporzione della quota di capitale rappresentata dalle loro azioni. Inoltre, ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 4, il diritto di opzione non può essere escluso o limitato dallo statuto o dall’atto costitutivo, ma solo tramite delibera dell’assemblea alle condizioni previste in tale paragrafo.

2.      Direttiva 2001/24/CE (4)

7.        L’articolo 2 della direttiva 2001/24 («Definizioni») definisce i «provvedimenti di risanamento» come «i provvedimenti destinati a salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio e che possono incidere sui diritti preesistenti dei terzi, compresi i provvedimenti che comportano la possibilità di una sospensione dei pagamenti, di una sospensione delle procedure di esecuzione o di una riduzione dei crediti».

8.        L’articolo 3 della direttiva 2001/24 («Adozione dei provvedimenti di risanamento – Legge applicabile») dispone che le autorità amministrative o giudiziarie dello Stato membro d’origine sono le sole competenti a decidere sull’applicazione ad un ente creditizio, incluse le succursali stabilite in altri Stati membri, di uno o più provvedimenti di risanamento. Tali provvedimenti devono essere applicati secondo le leggi, i regolamenti e le procedure applicabili nello Stato membro d’origine, salvo che sia altrimenti disposto. Una volta divenuti efficaci nello Stato membro in cui sono stati adottati, tali provvedimenti producono tutti i loro effetti secondo la legge di tale Stato membro in tutta l’Unione europea, senza ulteriori formalità, ivi compreso nei confronti dei terzi negli altri Stati membri, anche se la legislazione applicabile dello Stato membro ospitante non prevede siffatti provvedimenti o ne subordina l’applicazione a condizioni che non ricorrono.

9.        L’articolo 9 della direttiva 2001/24 («Apertura della procedura di liquidazione – Informazione delle altre autorità competenti») fissa norme sostanzialmente analoghe all’articolo 3 con riferimento alle decisioni di apertura di una procedura di liquidazione.

3.      Decisione 2011/77/UE (in prosieguo: la «decisione di esecuzione») (5)

10.      La decisione di esecuzione è stata adottata sulla base del regolamento (UE) n. 407/2010 (6), in particolare dell’articolo 3, paragrafo 3, dello stesso. I considerando da 1 a 3 della decisione hanno il seguente tenore:

«(1)      L’Irlanda è stata di recente sempre più oggetto di pressioni sui mercati finanziari a causa delle crescenti preoccupazioni circa la sostenibilità delle sue finanze pubbliche e della necessità di vaste misure di sostegno pubblico al settore finanziario indebolito. A seguito del collasso del settore immobiliare e delle opere di costruzione, il sistema bancario nazionale ha subito grosse perdite a causa della sua eccessiva esposizione a tali settori. L’attuale crisi del settore economico e bancario ha avuto conseguenze drammatiche anche sulle finanze pubbliche irlandesi, aggravando l’impatto della recessione. Il calo delle entrate fiscali e un incremento della spesa ciclica, dovuti in particolare all’aumento della disoccupazione, hanno contribuito a un elevato disavanzo pubblico e a un’impennata del debito, rispetto alle posizioni favorevoli prima della crisi e nonostante l’attuazione di cinque importanti pacchetti di consolidamento di bilancio a partire dalla metà del 2008. Le misure di sostegno al settore bancario, comprese significative iniezioni di capitale, hanno molto contribuito al deterioramento delle finanze pubbliche. Le attuali preoccupazioni del mercato riflettono principalmente la stretta interconnessione, apparsa durante la crisi, tra la solvibilità dello Stato e quella del sistema bancario irlandese, che ha condotto ad un forte aumento del rendimento delle obbligazioni sovrane irlandesi, mentre il sistema bancario nazionale è di fatto tagliato fuori dai finanziamenti dei mercati internazionali.

(2)      In considerazione delle gravi perturbazioni economiche e finanziarie causate da circostanze eccezionali che sfuggono al controllo del governo, il 21 novembre 2010 le autorità irlandesi hanno ufficialmente chiesto sostegno finanziario all’Unione europea, agli Stati membri la cui moneta è l’euro e al Fondo monetario internazionale [in prosieguo: il “FMI”], al fine di sostenere il ritorno dell’economia verso la crescita sostenibile, assicurare il corretto funzionamento del sistema bancario e salvaguardare la stabilità finanziaria nell’Unione e nella zona dell’euro. Il 28 novembre 2010 è stato raggiunto un accordo a livello tecnico su un ampio pacchetto di misure per il periodo 2010-2013.

(3)      Il progetto di programma di risanamento economico e finanziario ([in prosieguo:] il “programma”) presentato al Consiglio e alla Commissione mira a ripristinare la fiducia dei mercati finanziari nell’Irlanda e nel suo settore bancario, consentendo all’economia di tornare ad una crescita sostenibile. Al fine di raggiungere tali obiettivi, il programma si compone di tre parti principali: innanzitutto, una strategia nel settore finanziario che prevede un intervento in profondità di ridimensionamento, riorganizzazione e riduzione della leva finanziaria del settore bancario, completata da un’adeguata ricapitalizzazione nella misura necessaria; (…). A sostegno di tale ambizioso pacchetto di misure le autorità irlandesi chiedono assistenza finanziaria all’Unione e agli Stati membri la cui moneta è l’euro, nonché prestiti bilaterali al Regno Unito, alla Svezia, alla Danimarca e all’FMI».

11.      L’articolo 1 della decisione di esecuzione così dispone:

«1.      L’Unione mette a disposizione dell’Irlanda un prestito per un importo massimo di 22,5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di 7,5 anni.

(…)

4.      La prima rata è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa. I pagamenti successivi dipendono da una valutazione trimestrale favorevole, effettuata dalla Commissione in consultazione con la [Banca centrale europea; in prosieguo: la “BCE”], del soddisfacimento da parte dell’Irlanda delle condizioni di politica economica generale definite dalla presente decisione e dal memorandum d’intesa.

(…)

8.      La Commissione decide del volume e dell’erogazione delle rate successive. La Commissione decide del volume delle tranche».

12.      L’articolo 2 della decisione di esecuzione specifica che la Commissione gestisce l’assistenza fornita all’Irlanda in modo coerente con gli impegni assunti dall’Irlanda e con le raccomandazioni del Consiglio e stabilisce le modalità che disciplinano l’esercizio di tale supervisione. L’articolo 3 della decisione di esecuzione approva il programma elaborato dalle autorità irlandesi e dispone che il pagamento delle rate successive deve avvenire sulla base di un’attuazione soddisfacente del programma, che deve comprendere, fra l’altro, le seguenti misure:

«5.      Al fine di ripristinare la fiducia nel settore finanziario, l’Irlanda ricapitalizza adeguatamente, riduce rapidamente la leva finanziaria e ristruttura a fondo il sistema bancario come disposto nel memorandum d’intesa. (…) In particolare, l’Irlanda:

a)      prende provvedimenti per garantire che le banche nazionali siano, se necessario, adeguatamente ricapitalizzate sotto forma di equity, in modo da assicurare il rispetto del requisito patrimoniale minimo di base di classe 1 del 10,5% per tutta la durata del programma di assistenza finanziaria dell’Unione e riducano al contempo la loro leva finanziaria allo scopo di raggiungere l’obiettivo di un rapporto prestiti/depositi del 122,5% entro fine 2013;

(…)

7.      Nel corso del 2011 l’Irlanda adotta le seguenti misure, in linea con le precisazioni del memorandum d’intesa:

(…)

g)      la ricapitalizzazione delle banche nazionali entro fine luglio 2011 (salvi adeguati aggiustamenti legati alla prevista vendita di attivi nel caso di Irish Life & Permanent), in linea con le conclusioni [della valutazione della liquidità prudenziale (PLAR) e della valutazione del capitale prudenziale (PCAR)] del 2011, come annunciato dalla Banca centrale d’Irlanda il 31 marzo 2011;

(…)».

B –    Diritto irlandese

13.      La legge del 2010 di stabilizzazione degli istituti creditizi [Credit Institutions (Stabilisation) Act 2010; in prosieguo: la «legge»], come modificata, si applica agli enti creditizi che hanno beneficiato di sostegno finanziario. Essa è stata adottata il 21 dicembre 2010.

14.      Le finalità della legge sono stabilite all’articolo 4. Esse comprendono: la risposta alla perturbazione nel funzionamento dell’economia e del sistema finanziario nonché alla minaccia alla stabilità di determinati enti creditizi in Irlanda e nel sistema finanziario in generale; l’attuazione della riorganizzazione degli enti creditizi in Irlanda, in particolare nell’ambito del programma; la preservazione o il ripristino della posizione finanziaria di un «istituto pertinente».

15.      L’articolo 2 della legge definisce talune nozioni in essa utilizzate, quale quella di «ente creditizio» (un soggetto autorizzato nel territorio nazionale ad accettare depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e a concedere crediti per proprio conto) e di «ente interessato». Quest’ultimo termine indica, ai sensi del paragrafo a), un organo con sede in Irlanda che è, o che era alla data in cui la legge è entrata in vigore, una banca dotata di licenza bancaria a cui era stata fornita, o doveva essere fornita, assistenza finanziaria da parte del Minister for Finance (in prosieguo: il «Minister»); e, ai sensi del paragrafo f), una holding di un siffatto organismo.

16.      L’articolo 7 della legge conferisce al Minister il potere di proporre le cosiddette «direction orders» (ordinanze) alla High Court, in forza delle quali l’ente interessato riceve l’ordine di intraprendere (entro un termine specificato) o di astenersi dall’intraprendere (per un periodo specificato) una determinata azione. Di conseguenza, l’articolo 9 della legge disciplina la procedura di emissione di tali ordinanze. Esso è così formulato:

«1)      Non appena possibile dopo l’espletamento, in relazione ad una proposta di ordinanza, delle procedure di cui all’articolo 7, il Minister chiede alla [High] Court, inaudita altera parte, di emettere un’[ordinanza] secondo i termini della relativa proposta.

2)      La [High] Court, nel pronunciarsi su un’istanza inaudita altera parte ai sensi del paragrafo 1), se ritiene che i requisiti di cui all’articolo 7 siano stati rispettati e che il parere del Minister di cui al medesimo articolo sia ragionevole e non sia viziato da errori di diritto, emette un’ordinanza secondo i termini della proposta di ordinanza [o secondo termini modificati (…)].

3)      Se in una proposta di ordinanza il Minister ha dichiarato l’intenzione di preservare o ripristinare la posizione finanziaria di un ente creditizio e la [High] Court ritiene che il Minister abbia presentato la proposta di ordinanza o parte di essa con la suddetta intenzione, essa dichiara nell’ordinanza corrispondente che la stessa, o una sua parte pertinente, rappresenta un provvedimento di risanamento ai sensi della [direttiva 2001/24/CE].

(…)».

17.      L’articolo 11, paragrafo 1 della legge stabilisce che l’ente interessato in questione, o uno dei suoi membri, possa adire la High Court per ottenere l’annullamento di un’ordinanza. Ai sensi del paragrafo 3, la High Court «può annullare un’ordinanza solo qualora ritenga che non sia stato rispettato uno dei requisiti di cui all’articolo 7 o che il parere del Minister di cui all’articolo 7, paragrafo 2, sia irragionevole o viziato da un errore di diritto». In alternativa, ai sensi del paragrafo 4, la High Court può, nel caso in cui sia accertato uno dei suddetti vizi, modificare un’ordinanza invece di annullarla.

18.      L’articolo 47 della legge prevede la possibilità di inserire nell’ordinanza una disposizione finalizzata a far sì che qualsiasi potere esercitabile dai soci dell’ente interessato possa essere esercitato in loro vece dal Minister nell’assemblea.

19.      Ai sensi dell’articolo 52 della legge, «qualsiasi ordinanza adottata ai sensi della presente legge (…) che dichiari di essere stata emessa con la finalità di preservare o ripristinare la posizione finanziaria di un ente creditizio si intende produttiva di effetti ai sensi della [direttiva 2001/24/CE] e di qualsiasi altra normativa di attuazione della stessa».

20.      Infine, l’articolo 53 della legge prevede che le disposizioni della stessa e di qualsiasi ordinanza adottata ai sensi della stessa producano effetti nonostante la vigenza di una serie di altre disposizioni contenute in varie altre normative elencate in tale disposizione, tra cui le leggi irlandesi sulle società (Companies Acts), salvo che la presente legge disponga diversamente. Inoltre, l’articolo 61 dispone, in sostanza, che l’emissione di un’ordinanza non può essere interpretata come produttiva di una fattispecie di inadempimento contrattuale.

II – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

21.      L’ordinanza di rinvio dichiara che l’ILP è un ente creditizio stabilito in Irlanda. All’epoca dei fatti, l’ILP era proprietaria dell’Irish Life Group (in prosieguo: l’«Irish Life»), che comprendeva l’Irish Life Assurance plc e l’Irish Life Investment Managers Ltd.

22.      L’ILPGH è una società a responsabilità limitata di diritto irlandese, creata a seguito di un accordo di ristrutturazione approvato dalla High Court nel gennaio 2010 (7). Durante tutto il periodo pertinente per i fatti di causa essa era una holding che possedeva la totalità del capitale dell’ILP. L’ILPGH non deteneva altre attività e non è un ente creditizio, né lo era all’epoca dei fatti.

23.      I ricorrenti nel procedimento principale (in prosieguo, congiuntamente: i «ricorrenti») sono membri e azionisti dell’ILPGH. I sig.ri Gerard Dowling, Padraig McManus e Piotr Skoczylas sono azionisti individuali. Il sig. Skoczylas è stato anche amministratore dell’ILPGH per un certo periodo, essendo stato eletto da un’assemblea straordinaria della medesima società tenutasi il 20 luglio 2011 (in prosieguo: l’«assemblea straordinaria»). La Scotchstone Capital Fund Limited è una società di proprietà del sig. Skoczylas ed è inoltre azionista dell’ILPGH.

24.      A partire dal 2008, l’ILP e altre banche irlandesi hanno cominciato a dipendere in misura crescente dal sostegno finanziario dello Stato e dell’Unione europea. Col passare del tempo la crisi finanziaria di quegli anni non è stata pienamente risolta, e gli sforzi del governo irlandese per sostenere le banche non sono stati sufficienti a convincere i mercati della solvibilità delle banche e della capacità dello Stato di continuare a sostenerle. Verso la fine del 2010 è divenuta palese l’esistenza di una grave minaccia alla stabilità finanziaria dello Stato, dovuta in gran parte agli impegni di quest’ultimo nei confronti delle banche. Lo Stato aveva garantito i depositi riguardanti l’Irish Life per un importo pari a circa EUR 26 miliardi.

25.      Nel novembre 2010, lo Stato irlandese ha contratto impegni giuridicamente vincolanti con la Commissione europea, la BCE e il FMI, compreso l’impegno di ricapitalizzare le banche irlandesi solvibili, nell’ambito del programma. Nell’ambito di tale programma, la Banca centrale d’Irlanda si è impegnata a effettuare il PCAR e il PLAR, nonché a stabilire i fabbisogni di capitale delle banche sulla base dei risultati. I risultati sono stati pubblicati il 31 marzo 2011. L’Irlanda si è giuridicamente impegnata a garantire la ricapitalizzazione sulla scorta di tali valutazioni entro il 31 luglio 2011.

26.      Successivamente, la Banca centrale d’Irlanda, nel suo ruolo di autorità di regolamentazione indipendente, ha ordinato all’ILP di aumentare il capitale regolamentare per un impoto pari a EUR 4 miliardi. Questa indicazione era vincolante per l’ILP e non è stata oggetto di nessuna impugnazione.

27.      Il giudice del rinvio spiega di aver considerato che, sulla base di una ponderazione delle probabilità, a) il capitale richiesto non avrebbe potuto essere raccolto presso investitori privati; b) il capitale richiesto non avrebbe potuto essere raccolto presso gli azionisti esistenti; e c) la mancata ricapitalizzazione entro il termine avrebbe comportato il dissesto dell’ILP, sia perché i depositanti avrebbero ritirato in massa i propri depositi, sia per la revoca della licenza, per la richiesta di rimborso dei vari titoli, la cessazione del finanziamento proveniente dal piano di sostegno di emergenza in caso di crisi di liquidità o per una combinazione di alcune o di tutte queste eventualità. Tale dissesto d) avrebbe inoltre probabilmente comportato la completa perdita di valore delle azioni per gli azionisti.

28.      Inoltre, ad avviso della High Court, e) il dissesto dell’ILP avrebbe probabilmente avuto conseguenze estreme e gravissime per lo Stato irlandese, sia per il ritiro in massa dei depositi e le conseguenti escussioni della garanzia statale per circa EUR 26 miliardi, sia per gli effetti di contagio per le altre banche, il ritiro totale o parziale del finanziamento da parte dello Stato in base al programma di sostegno a seguito del mancato rispetto delle sue condizioni, le sanzioni imposte in base al Trattato FUE o una combinazione di alcune o di tutte queste eventualità. Le conseguenze nefaste per lo Stato avrebbero probabilmente f) aggravato la minaccia per la stabilità finanziaria di altri Stati membri e dell’Unione europea. Le decisioni dello Stato di investire nella ricapitalizzazione sono state adottate in ottemperanza ai propri obblighi giuridici e nell’interesse del sistema finanziario dello Stato, dei suoi cittadini e dei cittadini dell’Unione europea.

29.      Lo Stato ha deciso di ricapitalizzare l’ILP attraverso una sottoscrizione di azioni ordinarie da parte del Minister per una somma pari a EUR 2,3 miliardi, capitale contingente pari a EUR 0,4 miliardi, e un investimento «stand by» di EUR 1,1 miliardi. Il prezzo unitario delle azioni era pari a EUR 0,06345, il 10% in meno rispetto al prezzo medio di mercato al 23 giugno 2011. Il calcolo del numero di azioni che dovevano essere emesse in cambio di EUR 2,3 miliardi ha comportato l’acquisizione da parte del Minister del 99,2% della società. Secondo la High Court, g) il corso delle azioni a quella data non era il risultato di un mercato falsato, come sostenuto dai ricorrenti. Esso era andato diminuendo negli anni precedenti, e ha subito un brusco calo con la pubblicazione dei risultati del PLAR e del PCAR. Ciò si è verificato probabilmente per il fatto che il mercato dubitava della capacità dell’ILP di effettuare la ricapitalizzazione richiesta con modalità interessanti per gli investitori.

30.      La Commissione ha autorizzato, ai sensi della normativa sugli aiuti di Stato, il salvataggio e la ricapitalizzazione dell’ILP attraverso l’investimento dello Stato (8). L’operazione è stata altresì approvata dall’autorità nazionale competente ai sensi della direttiva 2004/25/CE (9).

31.      La proposta del Minister è stata sostenuta dal consiglio di amministrazione dell’ILP, che ha ritenuto che l’ILP non avesse alcuna altra opzione praticabile per conseguire la capitalizzazione richiesta. L’assemblea straordinaria è stata convocata al fine di adottare le decisioni necessarie. Tuttavia, la proposta non è stata accettata dagli azionisti che hanno votato all’assemblea straordinaria, i quali desideravano valutare percorsi alternativi per raccogliere il capitale richiesto e hanno dato mandato al consiglio d’amministrazione di chiedere una proroga del termine per la ricapitalizzazione.

32.      Né il Minister né la Banca centrale d’Irlanda erano favorevoli a tale proroga che, in considerazione dell’origine del termine, avrebbe richiesto il consenso del Consiglio, della Commissione, della BCE e del FMI. Pertanto, il 25 luglio 2011, il Minister ha redatto una proposta di ordinanza in base alle disposizioni della legge. Il governatore della Banca centrale d’Irlanda ha comunicato il proprio parere favorevole alla proposta di ordinanza, in quanto potenzialmente in grado di perseguire le finalità stabilite dalla legge. Il presidente del consiglio di amministrazione della società ha invitato il Minister a prendere visione della lettera che aveva scritto dopo l’assemblea straordinaria, nella quale erano espresse le opinioni degli azionisti dissenzienti.

33.      L’istanza volta a ottenere il «direction order» (in prosieguo: l’«ordinanza») è stata presentata e accolta dalla High Court of Ireland il 26 luglio 2011. Con tale ordinanza il Minister ha ottenuto il 99,2% delle azioni emesse dall’ILPGH. Si è reso dunque necessario ritirare le azioni della società dalle quotazioni ufficiali in Irlanda e nel Regno Unito. Con ricorso del 3 agosto 2011, i ricorrenti hanno chiesto alla High Court di annullare l’ordinanza, ai sensi dell’articolo 11 della legge. Nutrendo dubbi quanto alla circostanza se le misure proposte dal Minister fossero necessarie, irragionevoli o viziate da errori di diritto, il 2 dicembre 2014 la High Court ha deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di pronunciarsi sulle seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la [seconda direttiva] osti, in qualsiasi circostanza, comprese le circostanze del caso di specie, all’emissione di un’ordinanza ai sensi dell’articolo 9 [della legge], sulla base del parere del Minister secondo cui la predetta ordinanza è necessaria, laddove la stessa abbia l’effetto di aumentare il capitale di una società senza il consenso dell’assemblea, di assegnare nuove azioni senza offrirle in opzione ai soci esistenti senza il consenso dell’assemblea, di ridurre il valore nominale delle azioni della società senza il consenso dell’assemblea e, a tale scopo, di modificare l’atto costitutivo e lo statuto della società senza il consenso dell’assemblea.

2)      Se l’ordinanza emessa dalla High Court ai sensi dell’articolo 9 [della legge] con riferimento [alla società] e [alla banca] sia stata adottata in violazione del diritto dell’Unione».

34.      Hanno presentato osservazioni scritte i ricorrenti, l’ILP, l’ILPGH, i governi irlandese, italiano e cipriota, nonché la Commissione. All’udienza del 19 aprile 2016, i ricorrenti, l’ILP, l’ILPGH, l’Irlanda e la Commissione hanno presentato osservazioni orali.

III – Analisi

A –    Osservazioni introduttive

35.      La crisi finanziaria non solo ha dato origine a una serie di pronunce fondamentali della Corte (10). Essa ha anche favorito il contenzioso relativo all’adozione di misure di salvataggio di enti creditizi in difficoltà (11). Di norma, tali misure hanno imposto la «condivisione degli oneri» al fine, in primo luogo, di ridurre il sostegno finanziario pubblico e, in secondo luogo, di disincentivare la speculazione in imprese che svolgono un’attività rischiosa (ossia un comportamento moralmente pericoloso). Si afferma che tali misure siano oggetto del procedimento principale.

36.      Nella questione in esame non si contesta, in primo luogo, il fatto che la seconda direttiva si applichi in linea di principio a società quali l’ILP e l’ILPGH e, in secondo luogo, il fatto che l’ILP si trovasse in difficoltà economiche e fosse tenuta a seguire le direttive fornite dalla Banca centrale d’Irlanda. I ricorrenti mettono invece in discussione la legittimità delle misure adottate dal Minister. Il loro punto di vista è sostanzialmente che fossero concepibili altre misure meno onerose che non comportassero la rinuncia all’approvazione dell’assemblea dell’ILPGH, in violazione, a loro avviso, degli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva.

37.      Invero, l’argomento principale dei ricorrenti è che l’ILP è l’ente creditizio, e non l’ILPGH. Essi affermano che, ai fini di mantenere la stabilità finanziaria dell’economia irlandese, il Minister avrebbe potuto e dovuto limitare la portata del suo intervento all’ILP, invece di richiedere alla High Court di rendere l’ILPGH l’obiettivo della maggior parte delle misure controverse. A loro avviso, l’ILPGH è semplicemente una holding con un capitale sociale distinto da quello dell’ILP che non era vincolata dalle direttive fornite dalla Banca centrale d’Irlanda né era, del resto, responsabile per le azioni e le omissioni dell’ILP.

38.      Non è necessario replicare a tale argomentazione al fine di rispondere alla prima questione sottoposta dalla High Court. Tuttavia, poiché sembra essere utile al fine di consentire alla High Court di prendere posizione nel procedimento principale, prenderò nuovamente in considerazione tale argomento nella risposta alla seconda questione, che a mio avviso integra la risposta da fornire alla prima questione. Concluderò pertanto le presenti conclusioni fornendo una risposta congiunta ad entrambe le questioni.

B –    La prima questione

1.      Osservazioni preliminari

39.      La prima questione è formulata in termini generali e non fa specifico riferimento soltanto alle circostanze del procedimento principale. Ne deduco che la High Court cerca anzitutto una risposta di principio da parte della Corte. Di conseguenza, a mio avviso, con la prima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva debbano essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale, al fine di affrontare la perturbazione dell’economia e dei sistemi finanziari e la minaccia alla stabilità di determinati enti creditizi in tale Stato membro e nel sistema finanziario in generale, nonché di ridurre al minimo il rischio di contagio di altri Stati membri, un giudice può ordinare a una società per azioni a cui la direttiva si applica, che ha un’importanza sistemica per l’economia di tale Stato membro e che non può, di sua spontanea volontà, soddisfare i requisiti normativi imposti da tale Stato membro in relazione alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi, di essere acquisita dal governo senza l’approvazione dell’assemblea.

40.      Di conseguenza, il leitmotiv della tematica in esame, ancora una volta, è la questione dei limiti ai poteri del governo di acquisire, in tempi di crisi, un ente creditizio in difficoltà che costituisce uno dei pilastri dell’economia. Nel caso di specie, il limite di cui trattasi deriva dai diritti attribuiti agli azionisti, riuniti in assemblea, dal diritto dell’Unione – nella fattispecie gli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva – di opporre un veto a tale acquisizione.

2.      L’approccio generale insito alla decisione della Corte

41.      Come ho affermato nella parte introduttiva delle presenti conclusioni, ritengo che la Corte debba seguire l’approccio da me proposto nella causa Kotnik e a. (12). Anche tale causa riguardava, tra l’altro, i limiti all’intervento dello Stato nel settore finanziario in difficoltà stabiliti dalle norme di diritto societario dell’Unione, sebbene tramite lo strumento degli aiuti di Stato. Ai successivi paragrafi da 44 a 51 spiegherò i fatti di tale causa e le ragioni per cui essa è simile alla causa in esame.

42.      Tuttavia, vorrei anzitutto iniziare richiamando un principio basilare: la personalità giuridica distinta delle società per azioni, che costituisce la pietra angolare del mercato interno e, in particolare, la libertà di stabilimento come specificata nel secondo paragrafo degli articoli 49 e 54 TFUE (13). Il fatto che una società per azioni stia attraversando difficoltà finanziarie non giustifica, di per sé, la negazione dei diritti degli azionisti ai sensi della seconda direttiva (14). Ciò priverebbe di ogni scopo l’articolo 17 della seconda direttiva (15).

43.      Per tale ragione, il rilievo formulato dall’ILP, dall’ILPGH e dall’Irlanda, secondo il quale l’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE giustificherebbe una deroga alla seconda direttiva per ragioni di vigilanza prudenziale degli enti creditizi e che la Corte avrebbe peraltro riconosciuto dichiarando che la reputazione del mercato del settore finanziario nazionale può, in linea di principio, giustificare restrizioni alla libertà di movimento (16) deve essere immediatamente respinto. Invero, un provvedimento nazionale in un settore che è stato oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello dell’Unione dev’essere valutato in rapporto alle disposizioni di tale misura di armonizzazione e non a quelle del diritto primario (17). Inoltre, la Corte sembra aver già esaminato e respinto un argomento analogo (18).

44.      Ciò premesso, come ho già essenzialmente illustrato ai paragrafi da 93 a 121 delle mie conclusioni nella causa Kotnik e a. (19) e alle quali faccio riferimento in extenso, non concordo con l’opinione dei ricorrenti secondo la quale la seconda direttiva impedisce a uno Stato membro di adottare misure urgenti per tutelare la stabilità finanziaria all’interno del suo territorio nonché per ridurre il rischio di contagio. In particolare, condivido i dubbi espressi dalla High Court (20) secondo cui la giurisprudenza che chiamerò giurisprudenza Pafitis (21) consente di interpretare la seconda direttiva nel senso voluto dai ricorrenti, per le ragioni indicate nelle summenzionate conclusioni.

45.      In primo luogo, come nella causa Kotnik e a., sarebbe un eufemismo affermare che, da un punto di vista fattuale, le circostanze che hanno dato origine alla giurisprudenza Pafitis sono notevolmente diverse da quelle delle cause attualmente pendenti dinanzi alla Corte. Invero, come detto in udienza, pur riconoscendo, al punto 57 della sentenza Pafitis e a. (22), che la seconda direttiva continua ad applicarsi alla «semplice disciplina di risanamento» – come nelle circostanze di tale causa – la Corte non ha preso posizione quanto ai provvedimenti di risanamento che devono essere qualificati come straordinari.

46.      In secondo luogo, lo scopo sostanziale della seconda direttiva e, in particolare, dell’articolo 25 della stessa, è, di fatto, mantenere l’equilibrio dei poteri tra i vari organi di una società per azioni (nonché tra i singoli azionisti), in particolare in caso di conflitti tra di essi (23), e non impedire agli Stati membri di intervenire nei confronti di tale società al fine di affrontare una grave perturbazione della sua economia di natura potenzialmente contagiosa. Invero, la stessa direttiva riconosce che potrebbe essere necessario che uno Stato membro attui una normativa che sia in conflitto con i poteri dell’assemblea qualora sia necessario evitare un danno grave e imminente (24).

47.      Infine, per quanto riguarda quest’ultimo, lo stato della cooperazione e dell’integrazione europea in questioni finanziarie e monetarie, come correttamente rilevato dall’Irlanda, si è fortemente evoluto dai tempi in cui tali sentenze sono state emesse – tanto a livello di diritto primario (25) quanto di diritto derivato (26). Queste sono le ragioni principali per cui la Corte non dovrebbe aderire rigidamente alla giurisprudenza Pafitis.

48.      Inoltre, a mio avviso, la tematica in esame non solleva questioni sostanzialmente diverse rispetto a quelle della causa Kotnick e a.

49.      È evidente che i fatti della causa Kotnik e a. non sono identici a quelli del procedimento principale. Mentre la causa Kotnik e a. riguardava l’imposizione di misure «bail-in» con riferimento al capitale sociale, agli strumenti finanziari ibridi e al debito subordinato, nella causa in esame l’ordinanza riguarda, tra l’altro, un aumento del capitale sociale. Cionondimeno, l’effetto combinato, nel procedimento principale, dell’imponente aumento del capitale sociale dell’ILPGH e dell’incapacità degli azionisti di esercitare i diritti di opzione è stato quello di privare gli azionisti originari, che attualmente detengono meno dell’1% delle azioni, dell’influenza che le loro azioni avrebbero altrimenti loro conferito – in altri termini, di diluire i loro diritti. Pertanto, l’ordinanza di fatto comporta anche una misura di condivisione degli oneri (27).

50.      Inoltre, è altresì vero che la causa Kotnik e a. riguarda principalmente il diritto degli aiuti di Stato piuttosto che il diritto societario dell’Unione. Tuttavia, con la quinta questione sollevata in tale causa, l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale, Slovenia) intendeva accertare se taluni punti di una comunicazione della Commissione in materia di aiuti di Stato nel settore bancario (28) violassero la versione rifusa della seconda direttiva, vale a dire la direttiva 2012/30/UE (29) (a mio avviso tale violazione non sussiste). Al fine di fornire una risposta utile, ho ritenuto che un’interpretazione più ampia di tale questione comporti l’ulteriore analisi della questione se disposizioni nazionali che affidano alla banca centrale nazionale l’adozione di misure di condivisione degli oneri, come previsto in tale comunicazione, siano compatibili con tale direttiva. Nelle summenzionate conclusioni sono giunto alla conclusione che la risposta alla questione posta in maniera più ampia doveva essere che, nelle circostanze che hanno dato origine a tale causa, tali disposizioni non sono incompatibili con la direttiva 2012/30.

51.      Pertanto, a mio avviso, i problemi sollevati dalla quinta questione posta nella causa Kotnik e a. e quelli sollevati nella causa in esame sono in larga misura gli stessi. Di conseguenza, si deve seguire il medesimo approccio in entrambe le cause.

3.      Caratteristiche specifiche del procedimento principale

52.      Al precedente paragrafo 44 ho esposto l’approccio generale che dovrebbe orientare la Corte nella decisione della causa in esame. A questo punto, vorrei sottolineare talune caratteristiche ad essa specifiche.

a)      Contesto finanziario ed economico della ricapitalizzazione

53.      Quanto ai contesti finanziario ed economico in cui la ricapitalizzazione ha avuto luogo, difficilmente vi possono essere dubbi sul fatto che fossero eccezionali, e non solo da un punto di vista interno. Di fatto, essi erano talmente eccezionali che il Consiglio, nella decisione di esecuzione (v. in particolare il considerando 2 della stessa), ha ammesso il fatto che giustificassero l’adozione del programma. La Commissione si è allineata a tale posizione, approvando, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, le misure di aiuti di Stato comportanti il salvataggio e la ristrutturazione dell’ILP al fine di rimediare ad una grave perturbazione dell’economia irlandese (v. supra, paragrafo 30). Nessuna di tali decisioni è stata impugnata, e le valutazioni di politica in esse effettuate sono pertanto definitive.

54.      In tale contesto, è vero che la Corte ha – giustamente – statuito, nella giurisprudenza Pafitis, che il fatto che le normative nazionali siano internamente definite «speciali» o «eccezionali» non giustifica di per sé una deroga alle norme della seconda direttiva (30). Tuttavia, tale affermazione non deve essere fraintesa nel senso della sua applicabilità a una situazione di portata internazionale quale quella che ha dato origine al procedimento principale.

55.      Ciò posto, devo ammettere di esitare maggiormente con riferimento all’argomento secondo il quale il diritto dell’Unione obbliga l’Irlanda a ricapitalizzare come ha fatto. Tale argomento è stato presentato dall’ILP, dall’ILPGH e dall’Irlanda per distinguere ulteriormente la causa in esame dalla giurisprudenza Pafitis. A onor del vero, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, lettera a), della decisione di esecuzione era pacifico che l’Irlanda dovesse prendere provvedimenti per garantire che le proprie banche nazionali fossero, se necessario, adeguatamente ricapitalizzate sotto forma di fondi propri, in modo da assicurare che rispettassero i requisiti normativi minimi per l’intera durata del programma di assistenza finanziaria dell’Unione, riducendo nel contempo la propria leva finanziaria verso l’obiettivo del rapporto prestiti/depositi. Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, lettera g), l’Irlanda doveva ricapitalizzare le banche nazionali entro la fine di luglio 2011, a condizione di un adeguato aggiustamento relativo alle vendite previste dei beni dell’ILP, in linea con i risultati del PCAR e del PLAR. Tuttavia, la decisione di esecuzione non ha imposto all’Irlanda di ricapitalizzare secondo le modalità previste dall’ordinanza. Questa era una decisione che spettava solo all’Irlanda. In altri termini, il diritto dell’Unione non ha imposto alla High Court di emettere l’ordinanza.

56.      Inoltre, l’«obbligo» di ricapitalizzare era parte del corrispettivo dato a fronte dell’assistenza finanziaria ai sensi del programma di sostegno che l’Irlanda ha ricevuto su sua richiesta. Invero, ai sensi degli articoli 1, paragrafo 4 e 3, paragrafo 2, della decisione di esecuzione, la ricapitalizzazione delle banche nazionali, compresa l’ILP, era una mera condizione per l’aiuto. In proposito, come ha correttamente rilevato la Commissione in udienza, la decisione di esecuzione è in definitiva basata sull’articolo 122, paragrafo 2, TFUE, una disposizione che prevede la concessione di «assistenza finanziaria» soggetta a «condizioni» piuttosto che conferire all’Unione europea il potere di stabilire obiettivi di politica economica vincolanti (31).

57.      Pertanto, non è evidente che l’Unione europea avesse unilateralmente imposto un obbligo. Per la stessa ragione, non è necessario esaminare se, come afferma il governo italiano, il regolamento n. 407/2010 e, analogamente, la decisione di esecuzione, costituiscano una lex specialis rispetto alla seconda direttiva.

b)      Natura della misura controversa

58.      Un altro elemento che vorrei rilevare è la natura dell’ordinanza. Essa è stata emessa, ai sensi della procedura stabilita dalla legge, dalla High Court, vale a dire da un organo imparziale e indipendente. È una decisione giudiziaria. Anche questo distingue la causa in esame dalla giurisprudenza Pafitis. In tale giurisprudenza, il ministro competente ha deciso autonomamente, ai sensi della normativa applicabile, se inserire imprese che si trovavano in gravi difficoltà finanziarie nel programma attuato da tale normativa. Il ministro aveva altresì il potere di trasferire le imprese interessate a una società incaricata di ristrutturarle, il cui capitale era interamente sottoscritto dallo Stato, e di approvare decisioni di tale società relative all’aumento del capitale delle imprese interessate. Tali cause erano pertanto sintomatiche di un’interferenza governativa illimitata nell’autonomia di una società per azioni.

59.      Il fatto che tale ordinanza sia stata emessa da un organo giurisdizionale giustifica ulteriori osservazioni. Di fatto, la seconda direttiva riconosce l’importanza e l’autorità delle decisioni giudiziarie, facendovi riferimento in svariate occasioni (32). In particolare, ai sensi dell’articolo 30 della seconda direttiva, una riduzione del capitale non deve essere subordinata a una decisione dell’assemblea qualora sia disposta con decisione giudiziaria. A tal proposito, si potrebbe affermare che l’indipendenza del potere giudiziario lo distingue in misura ancora maggiore dall’indipendenza di taluni altri organi di regolamentazione, i quali, sebbene non rispondano dinanzi ai governi nazionali, non sono evidentemente immuni da considerazioni politiche (33).

60.      Orbene, invocando una serie di sentenze dei giudici irlandesi (34), i ricorrenti ritengono che l’ordinanza non sia una decisione giudiziaria, ma che sia, in realtà, una decisione amministrativa di natura provvisoria.

61.      Non sono d’accordo.

62.      In primo luogo, le decisioni citate dai ricorrenti sono state rese, tra l’altro, nell’ambito della determinazione, ai sensi del diritto irlandese, del criterio applicabile al controllo giurisdizionale in relazione a una domanda di annullamento di un’ordinanza ai sensi dell’articolo 11 della legge. Poiché l’ordinanza è stata emessa da un organo giurisdizionale e non da un organo amministrativo, sembra esclusa l’applicazione del criterio generalmente utilizzato nel controllo giurisdizionale di atti amministrativi. Tuttavia, tale questione di diritto nazionale non cambia il fatto che, ai fini della seconda direttiva, sussiste una decisione giudiziaria.

63.      In secondo luogo, il fatto che l’ordinanza sia stata emessa inaudita altera parte, o che possa essere annullata sulla base di una procedura ai sensi dell’articolo 11 della legge, è una questione di diritto procedurale irlandese che non ha alcun impatto sull’interpretazione della seconda direttiva. Dovrei aggiungere che il giudice del rinvio ha rilevato che il Minister non aveva omesso di presentare in modo trasparente alla High Court l’opinione della maggioranza degli azionisti dell’assemblea straordinaria.

64.      Da ultimo, il punto di vista dei ricorrenti implica che i giudici irlandesi abbiano approvato in modo pedestre la proposta di ordinanza del Minister senza esaminarla in alcun modo nel merito. Tale opinione non può essere condivisa.

65.      Pertanto, ai fini della seconda direttiva, l’ordinanza è una decisione giudiziaria e non un mero provvedimento amministrativo.

c)      La pertinenza della direttiva 2001/24

66.      L’Irlanda, poi, sostenuta dall’ILP e dall’ILPGH, afferma che l’ordinanza è un «provvedimento di risanamento» ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2001/24. Ritenendo che la direttiva 2001/24 sia una lex posterior et specialis rispetto alla seconda direttiva, il governo irlandese afferma che un siffatto provvedimento ha l’effetto di neutralizzare i diritti degli azionisti ai sensi della seconda direttiva.

67.      Nelle mie conclusioni nella causa Kotnik e a. (35) ho affermato che un «provvedimento di risanamento» possiede tre requisiti cumulativi: esso deve i) essere adottato dalle autorità amministrative o giudiziarie competenti di uno Stato membro; ii) avere il fine di salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio; e iii) potenzialmente incidere sui diritti dei terzi. Tali requisiti sembrano essere soddisfatti per quanto attiene all’ordinanza (36).

68.      Tuttavia, non vedo la necessità di prendere una posizione ufficiale quanto alla questione se la direttiva 2001/24 prevalga sulle disposizioni della seconda direttiva. Poiché la prima è stata adottata diversi anni prima della seconda, è giusto chiedersi perché la direttiva 2001/24 non contenga una disposizione che ne preveda espressamente la prevalenza sulla seconda direttiva (37).

69.      Inoltre, le due direttive hanno una diversa base giuridica (38) e ambiti di applicazione ratione personae diversi (la seconda direttiva si applica alle società per azioni e la direttiva 2001/24 agli enti creditizi). Anche i loro scopi sono diversi: mentre lo scopo della seconda direttiva è «assicurare l’equivalenza minima della protezione degli azionisti e dei creditori delle società» (39), la direttiva 2001/24 si limita a predisporre, come ha sostenuto la Commissione, un sistema di reciproco riconoscimento dei provvedimenti nazionali di risanamento e di liquidazione, senza puntare ad armonizzare la normativa nazionale in materia, come emerge dal suo considerando 6 (40). Dubito quindi che i due atti normativi possano essere in contrasto tra loro.

70.      Per contro, mi sembra che le due direttive tendano a completarsi a vicenda. Da una parte, la sentenza Pafitis e a. (41) ha chiarito che la seconda direttiva, in linea di principio, trova applicazione a una società per azioni, indipendentemente dalla sua qualità di ente creditizio. Dall’altra, la direttiva 2001/24 non riguarda i diritti degli azionisti. Invero, ai sensi del considerando 8 della direttiva 2001/24, «alcuni provvedimenti, in particolare quelli che incidono (…) sui diritti (…) degli azionisti, non hanno bisogno della presente direttiva per produrre i loro effetti negli Stati membri, nella misura in cui, secondo le norme di diritto internazionale privato, la legge applicabile è quella dello Stato d’origine». Di conseguenza, il considerando 10 specifica che «gli azionisti (…) non dovrebbero (…) essere considerati come terzi per l’applicazione della [direttiva 2001/24]».

71.      Ciò mi porta a convenire con il governo cipriota quando afferma sostanzialmente che entrambe le direttive devono essere interpretate in maniera armonica al fine di preservare l’unità e la coerenza del diritto dell’Unione.

72.      In proposito, mi pare che l’interpretazione più coerente sia quella secondo la quale, in primo luogo, i provvedimenti di risanamento che incidono sui diritti degli azionisti non sono disciplinati dalla direttiva 2001/24 ma dal diritto dello Stato d’origine – nel caso di specie, il diritto irlandese e, nello specifico, la legge – e, in secondo luogo, come ho affermato ai precedenti paragrafi 58 e 59, la seconda direttiva riconosce intrinsecamente l’autorità delle decisioni giudiziarie.

4.      Osservazioni conclusive

73.      Sulla base di quanto precede, sono dell’avviso che la questione in esame sollevi essenzialmente gli stessi problemi della causa Kotnik e a. e debba di conseguenza essere trattata in ampia misura nello stesso modo. Le circostanze del procedimento principale lo confermano.

74.      In tale ipotesi, i ricorrenti sostengono che ciò comporterebbe un discostamento retroattivo, da parte della Corte, dalla propria giurisprudenza, in violazione del principio di certezza del diritto.

75.      Una tale critica è completamente priva di fondamento.

76.      In primo luogo, un siffatto punto di vista non tiene conto della differenza tra chiarire o sfumare la giurisprudenza, da una parte, e invertirla, dall’altra (la Corte indica specificamente quando intende discostarsi dalla propria giurisprudenza) (42). La questione in esame non implica un discostamento dalla giurisprudenza Pafitis – al contrario, tende a confermarla in via di principio. È un semplice esempio di distinzione tra situazioni diverse a cui si applica la giurisprudenza pertinente.

77.      In secondo luogo, quanto alla questione dell’applicazione retroattiva, è sufficiente osservare che i ricorrenti hanno ragione a tal proposito. Tuttavia, si tratta di una caratteristica intrinseca del meccanismo del rinvio pregiudiziale stabilito ai sensi dei trattati che non comporta una violazione del principio di certezza del diritto (43). In ogni caso, non è stata presentata nessuna richiesta di limitazione dell’efficacia temporale di una sentenza, né è probabile che la Corte la conceda (44).

78.      Quanto alla questione di principio, pertanto, propongo che la Corte risponda alla prima questione pregiudiziale dichiarando che gli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva devono essere interpretati nel senso che non ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale, al fine di affrontare la perturbazione dell’economia e del sistema finanziario e la minaccia alla stabilità di determinati enti creditizi in tale Stato membro e del sistema finanziario in generale, e per ridurre il rischio di contagio agli altri Stati membri, un giudice può ordinare a una società per azioni alla quale la direttiva si applica, società di importanza sistemica per l’economia di tale Stato membro e che non può, di sua spontanea volontà, soddisfare i requisiti normativi imposti da tale Stato membro in relazione alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi, di essere acquisita dal governo senza l’approvazione dell’assemblea.

79.      Tuttavia, devo ancora procedere all’esame dei dettagli di questa causa. Lo farò rispondendo alla seconda questione pregiudiziale.

C –    La seconda questione

80.      Con la seconda questione la High Court desidera sapere se l’ordinanza sia stata adottata «in violazione del diritto dell’Unione».

81.      Tale succinta questione è diretta e va dritta al punto. Tuttavia, solleva una serie di questioni di forma.

1.      Competenza della Corte e ricevibilità della questione

82.      Il governo cipriota ritiene che la seconda questione sia irricevibile, in quanto il suo testo non individua le disposizioni di diritto dell’Unione da esaminare.

83.      È vero che il testo della seconda questione opera un mero riferimento al «diritto dell’Unione».

84.      Vorrei rammentare che non spetta alla Corte individuare d’ufficio quali disposizioni di diritto dell’Unione potrebbero essere pertinenti nel procedimento principale. Al contrario, quest’obbligo grava sul giudice nazionale ai sensi dell’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura (45).

85.      Ritengo altresì che la seconda questione sia doppiamente problematica dal punto di vista della competenza della Corte.

86.      In primo luogo, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte di applicare il diritto dell’Unione ai fatti del procedimento principale. L’articolo 267 TFUE non conferisce alla Corte tale potere (46).

87.      In secondo luogo, non spetta alla Corte, nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, pronunciarsi sulla conformità di provvedimenti di diritto nazionale con il diritto dell’Unione (47).

88.      Cionondimeno, sebbene l’ordinanza di rinvio non dichiari espressamente sotto quale profilo la seconda questione differisca dalla prima, ritengo che il suo fondamento logico sia sufficientemente chiaro. Mentre la prima questione è formulata in termini generali, in quanto chiede se la seconda direttiva precluda di per sé l’efficacia di qualsiasi misura adottata senza il consenso dell’assemblea che violerebbe i diritti attribuiti agli azionisti da tale direttiva – questione a cui propongo di dare risposta negativa – la seconda questione fa riferimento nello specifico alle circostanze del procedimento principale. In altri termini, il giudice del rinvio sembra voler sapere se il diritto dell’Unione osti alla ricapitalizzazione secondo le modalità oggetto del procedimento principale. La vaghezza del termine «diritto dell’Unione» non dovrebbe impedire di ritenere che esso faccia riferimento, perlomeno, alla seconda direttiva.

89.      In proposito, la Corte ha costantemente statuito che i suoi poteri ai sensi dell’articolo 267 TFUE comprendono anche quello di fornire al giudice nazionale tutti gli elementi di interpretazione di diritto dell’Unione che potrebbero essergli utili ai fini della sua decisione (48).

90.      Pertanto, come suggerito dalla Commissione e come anticipato al precedente punto 38, darò una risposta congiunta alle due questioni.

2.      Merito

91.      A questo punto, ricorderei che, con l’ordinanza, l’Irlanda ha dato effetto alla condizione per l’assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione delle proprie banche, come stabilito dagli articoli 3, paragrafo 5, lettera a), e 7, lettera g), della decisione di esecuzione. A tal proposito, come dichiarato nel considerando 11 della decisione di esecuzione, «[l]e operazioni che l’assistenza finanziaria dell’Unione aiuta a finanziare devono essere compatibili con le politiche dell’Unione e devono rispettarne il diritto». Ciò ricomprende non solo i diritti positivi conferiti agli individui direttamente ai sensi del diritto dell’Unione, ma anche i principi generali di diritto dell’Unione, compresi i diritti fondamentali che gli Stati membri devono osservare nell’attuazione del diritto dell’Unione (49). Tali principi generali ricomprendono non solo il diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta (50), ma anche il principio di proporzionalità (51). Nello specifico, quest’ultimo principio impone agli Stati membri di fare ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dal diritto interno, portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa dell’Unione di cui trattasi (52).

92.      Spetta alla High Court, nell’ambito del riesame dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 11 della legge, valutare se i principi menzionati nel precedente paragrafo siano stati osservati e, in particolare, se l’ordinanza costituisca il provvedimento che porta il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla seconda direttiva.

93.      A tale proposito, la critica principale sollevata dai ricorrenti contro l’ordinanza (v. paragrafo 37 supra) merita attenzione. La loro censura, per come la intendo, non è che non fosse necessario ricapitalizzare l’ILP o che il governo irlandese abbia acquisito il controllo dell’ILP, ma che il Minister abbia acquisito il controllo dell’ILPGH e che, in tal modo, abbia confiscato il presunto capitale che essa deteneva al giorno in cui l’ordinanza è divenuta efficace.

94.      Né l’ordinanza di rinvio né le osservazioni scritte dell’ILP e dell’ILPGH o dell’Irlanda affrontano espressamente il motivo per cui l’ordinanza riguardasse non solo la banca ma anche la società. I ricorrenti affermano che l’ILPGH, in quanto holding, aveva un capitale proprio che apparteneva ai suoi azionisti e che presumibilmente ammontava a EUR 453 milioni prima dell’adozione dell’ordinanza. L’unico passaggio nell’ordinanza di rinvio che affronta tale questione è l’affermazione secondo la quale «il capitale sociale versato della società non è stato considerato parte della ricapitalizzazione e non è stato ritirato dalla società ad opera del Minister».

95.      Tuttavia, l’udienza ha aiutato a dissipare taluni dubbi in relazione a tale questione. L’Irlanda, sostenuta dall’ILP e dall’ILPGH, ha affermato che l’intervento a livello dell’ILPGH non aveva «comportato nessuna differenza per gli azionisti dell’ILPGH. Se il Minister fosse intervenuto a livello dell’ILP, gli azionisti sarebbero stati i proprietari del 100% dell’ILPGH, che avrebbe detenuto lo 0,8% dell’ILP, piuttosto che essere azionisti allo 0,8% dell’ILPGH» (53). Tali parti hanno poi sostenuto che l’ordinanza era stata diretta all’ILPGH, e non alla banca, per garantire all’Irlanda un ritorno sul suo investimento, nella misura in cui si riteneva che l’ILPGH – che, secondo tale governo, era stata nel frattempo nuovamente quotata in borsa – fosse più interessante per i potenziali acquirenti.

96.      Tali dichiarazioni sono della massima importanza. Esse trovano supporto nel contesto dell’accordo di ristrutturazione menzionato al precedente paragrafo 22 e versato agli atti, dal quale emerge che il capitale iniziale dell’ILPGH era stato raccolto tramite un apporto in natura consistente nell’intero capitale sociale dell’ILP (o qualcosa di simile). Inoltre, come dichiarato dalla High Court, l’ILPGH non deteneva altri attivi oltre all’ILP. Tali dichiarazioni chiarirebbero pertanto la conclusione della High Court secondo la quale «il dissesto dell’ILP avrebbe probabilmente comportato la completa perdita di valore delle azioni per gli azionisti [dell’ILPGH]».

97.      Presumendo che tali dichiarazioni siano corrette, l’affermazione dei ricorrenti secondo la quale l’ordinanza non è giustificata deve essere respinta. Invero, in tale scenario, la banca era ed è l’unico bene della società, nel senso che il dissesto della banca provocherebbe la completa perdita di valora delle azioni della società, come indicato nell’ordinanza di rinvio. Non sono pertanto in grado di vedere come, in tale ipotesi, si sarebbe potuta verificare un’interferenza nel diritto di proprietà dei ricorrenti. Sembrerebbe piuttosto che con la loro azione i ricorrenti tentino di ricevere un «regalo molto consistente», come l’ILP e l’ILPGH hanno affermato nelle loro osservazioni scritte, che non è stato loro offerto dal Minister nel corso dell’assemblea straordinaria o immediatamente dopo.

98.      Ciò mi porterebbe a fortiori a ritenere che non sia necessario esaminare le conseguenze giuridiche derivanti da una eventuale violazione degli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva. In ogni caso, come rileva l’Irlanda, alla Corte non viene chiesto, al momento, di statuire sull’azione correttiva in caso di risposta affermativa alle due questioni pregiudiziali, e io non mi soffermerò oltre su tale aspetto.

99.      In ogni caso spetta alla High Court verificare che le dichiarazioni di cui al precedente paragrafo 95 siano corrette.

100. Alla luce di quanto precede, la risposta congiunta alle due questioni dovrebbe essere quella riportata al precedente paragrafo 78, a condizione che lo Stato membro interessato possa fare ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dalla normativa di emergenza, portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla seconda direttiva. Spetta ai giudici nazionali verificare se ricorra tale ipotesi.

IV – Conclusioni

101. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo che la Corte risponda alle questioni sollevate dalla High Court (Alta Corte, Irlanda) dichiarando che gli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del Trattato [CEE], per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa, come modificata, devono essere interpretati nel senso che non ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale, al fine di affrontare la perturbazione dell’economia e del sistema finanziario e la minaccia alla stabilità di determinati enti creditizi in tale Stato membro e del sistema finanziario in generale, e per ridurre il rischio di contagio agli altri Stati membri, un giudice può ordinare a una società per azioni alla quale la direttiva si applica, società di importanza sistemica per l’economia di tale Stato membro e che non può, di sua spontanea volontà, soddisfare i requisiti normativi imposti da tale Stato membro in relazione alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi, di essere acquisita dal governo senza l’approvazione dell’assemblea. Tuttavia, tale Stato membro deve fare ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dalla summenzionata normativa, portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla direttiva 77/91. La valutazione in ordine a tale profilo spetta ai giudici nazionali.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Conclusioni nella causa Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:102).


3 –      Seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1), come modificata.


4 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi (GU 2001, L 125, pag. 15).


5 –      Decisione di esecuzione del Consiglio, del 7 dicembre 2010, che fornisce all’Irlanda assistenza finanziaria dell’Unione (GU 2011, L 30, pag. 34), come modificata dalla decisione di esecuzione 2011/326/UE del Consiglio, del 30 maggio 2011, che modifica la decisione di esecuzione 2011/77/UE che fornisce all’Irlanda assistenza finanziaria dell’Unione (GU 2011, L 147, pag. 17).


6 –      Regolamento del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU 2010, L 118, pag. 1), adottato sulla base dell’articolo 122, paragrafo 2, TFUE.


7 –      Da una circolare relativa all’accordo, inserita nel fascicolo depositato presso la Corte, emerge che, fino ad allora, l’ILP aveva agito sia come holding del gruppo sia come ente creditizio autorizzato, gestendo l’attività creditizia del gruppo. Il 20 novembre 2009, con l’intenzione di giungere a una migliore struttura del gruppo, il consiglio di amministrazione dell’ILP ha proposto agli azionisti di consentire ad una nuova holding, quotata sulle borse pertinenti, di operare come unica holding per il gruppo. Si è pertanto proposto che la società che sarebbe diventata l’ILPGH fosse proprietaria di tutte le azioni dell’ILP e che gli azionisti dell’ILP esistenti diventassero invece azionisti della futura ILPGH con un rapporto di scambio di 1:1.


8 –      Decisione della Commissione C(2011) 5258 definitivo, del 20 luglio 2011, concernente l’aiuto di Stato SA.33311 (2011/N) – Irlanda – Rescue recapitalisation in favour of ILPGH (pubblicazione sommaria in GU 2011, C 268, pagg. 4 e 5), e decisione della Commissione C(2015) 2353 final, del 9 aprile 2015, concernente l’aiuto di Stato SA.33442 (2011/N) – Irlanda – Restructuring of ILPGH (pubblicazione sommaria in GU C 219, pagg. 1 e 2).


9 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto (GU 2004, L 142, pag. 12). L’approvazione era soggetta, tra l’altro, alla condizione del mancato accoglimento di un eventuale ricorso di annullamento di un’ordinanza emessa dalla High Court.


10 –      V. sentenze del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756), e del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400).


11 –      V., tra le altre, ordinanza del 24 marzo 2011, Abt e a. (C‑194/10, EU:C:2011:182); sentenze del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213); Autorità di vigilanza EFTA c. Islanda (E‑16/11, (2013) EFTA Ct. Rep. 4); del 5 marzo 2015, Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151); ordinanza del 15 ottobre 2015, Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑93/15 P, EU:C:2015:703); sentenze del 12 novembre 2015, HSH Investment Holdings Coinvest-C e HSH Investment Holdings FSO/Commissione (T‑499/12, EU:T:2015:840); e del 28 gennaio 2016, Austria/Commissione (T‑427/12, non pubblicata, EU:T:2016:41). V. anche le cause Fih Holding e Fih Erhvervsbank/Commissione (T‑386/14); Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (C‑8/15 P, C‑9/15 P e C‑10/15 P); e Mallis e Malli/Commissione e BCE (da C‑105/15 P a C‑109/15 P), tutte pendenti.


12 –      C‑526/14, EU:C:2016:102.


13 –      V. anche il primo considerando della seconda direttiva, ai sensi del quale «l’attività [delle società per azioni] è predominante nell’economia degli Stati membri e supera spesso i confini nazionali».


14 –      V., in tal senso, sentenza del 12 maggio 1998, Kefalas e a. (C‑367/96, EU:C:1998:222, punto 25).


15 –      L’articolo 17, paragrafo 1, della seconda direttiva dispone che «in caso di perdita grave del capitale sottoscritto, l’assemblea deve essere convocata nel termine previsto dalla legislazione degli Stati membri, per esaminare se sia necessario sciogliere la società o prendere altri provvedimenti»; v. anche sentenza del 12 maggio 1998, Kefalas e a. (C‑367/96, EU:C:1998:222, punto 25).


16 –      V. sentenza del 10 maggio 1995, Alpine Investments (C‑384/93, EU:C:1995:126, punti da 42 a 44).


17 –      V., tra le altre, sentenza del 9 marzo 2006, Matratzen Concord (C‑421/04, EU:C:2006:164, punto 20 e giurisprudenza citata). V. anche in particolare, per analogia, sentenza del 16 giugno 2015, Rina Services e Rina (C‑593/13, EU:C:2015:399, punti da 37 a 40).


18 –      Sentenza del 12 marzo 1996, Pafitis e a. (C‑441/93, EU:C:1996:92, punti 49 e 50).


19 –      C‑526/14, EU:C:2016:102.


20 –      V. Dowling & Ors c. The Minister of Finance, (2014) IEHC 595, punto 74 (relativa a una domanda di provvedimenti di ristrutturazione per via giudiziale).


21 –      V. sentenze del 24 marzo 1992, Syndesmos Melon Tis Elefheras Evangelikis Ekklisias e a. (C‑381/89, EU:C:1992:142); del 30 maggio 1991, Karella e Karellas (C‑19/90 e C‑20/90, EU:C:1991:229); del 12 novembre 1992, Kerafina-Keramische und Finanz-Holding e Viotimatiki (C‑134/91 e C‑135/91, EU:C:1992:434); del 12 marzo 1996, Pafitis e a. (C‑441/93, EU:C:1996:92); del 12 maggio 1998, Kefalas e a. (C‑367/96, EU:C:1998:222) e del 23 marzo 2000, Diamantis (C‑373/97, EU:C:2000:150).


22 –      Sentenza del 12 marzo 1996, C‑441/93, EU:C:1996:92, punto 57.


23 –      V., in tal senso, sentenza del 12 maggio 1998, Kefalas e a. (C‑367/96, EU:C:1998:222, punto 28).


24 –      V., ad esempio, l’articolo 19, paragrafo 2, della seconda direttiva, che dispone che «la legislazione di uno Stato membro può derogare al [requisito dell’autorizzazione di acquisizione di azioni proprie da parte di una società accordata dall’assemblea] quando le acquisizioni di azioni proprie sono necessarie per evitare alla società un danno grave e imminente».


25 –      V. titolo VIII della parte III del TFUE sulla politica monetaria ed economica, nonché l’articolo 3.3 del Protocollo (n. 4) dello Statuto del SEBC e della BCE.


26 –      Vista la sentenza del 12 marzo 1996, Pafitis e a. (C‑441/93, EU:C:1996:92, punti 43 e 51), faccio riferimento, in primo luogo, alla direttiva 2001/24 e alla direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 1994, L 135, pag. 5), come modificata dalla direttiva 2009/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, recante modifica della direttiva 94/19/CE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso (GU 2009, L 68, pag. 3). Sebbene non applicabili all’epoca dei fatti, altre direttive confermano tale evoluzione, ad esempio la direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (rifusione) (GU 2014, L 173, pag. 149), e la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190; v. in particolare il suo articolo 123).


27 –      Diversamente forse da esempi più tipici di ricapitalizzazione comportante un’espropriazione (evizione) degli azionisti, o un trasferimento di beni da una vecchia banca «non virtuosa» a una «nuova» banca (spesso seguito dall’avvio di un procedimento d’insolvenza nei confronti della banca «non virtuosa»), la ricapitalizzazione in esame comportava una forma di «coabitazione» tra il Minister e gli altri azionisti dell’ILPGH. Dal fascicolo emerge che è stato preferito un aumento di capitale per ragioni di diritto costituzionale irlandese.


28 –      Comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1o agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (GU 2013, C 216, pag. 1).


29 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (rifusione) (GU 2012, L 315, pag. 74).


30 –      V., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2000, Diamantis (C‑373/97, EU:C:2000:150, punto 32 e giurisprudenza citata).


31 –      V., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 65).


32 –      V. articoli 5, paragrafo 2, 20, paragrafo 1, lettere d) e g), e 32, paragrafo 2, della seconda direttiva.


33 –      V., quanto alla Banca centrale europea e alle banche centrali nazionali, l’articolo 7 del Protocollo (n. 4) relativo allo Statuto del Sistema europeo delle banche centrali e della Banca centrale europea.


34 –      Sentenze della High Court del 2 marzo 2012 nella causa Irish Life and Permanent Group Holdings plc c. Credit Institutions Stabilisation Act 2010 (2012) IECH 89, punto 31; della Supreme Court (Irlanda) del 19 dicembre 2013 nella causa Dowling & Ors c. Minister of Finance (2013) IESC 58, punto 41; e della High Court del 15 agosto 2014 nella causa Dowling & ors c. The Minister of Finance (2014) IEHC 418, punti 38.34 e 38.36.


35 –      C‑526/14, EU:C:2016:102, paragrafi da 131 a 144.


36 –      Quanto al primo requisito, l’ordinanza è un provvedimento adottato dall’autorità giurisdizionale irlandese competente; v. l’articolo 2, paragrafo 1, della legge, che specifica che il termine «giudici», come utilizzato nella legge, indica la High Court. Anche il secondo requisito è quindi soddisfatto. Invero, la High Court, al punto E dell’ordinanza, effettua una dichiarazione in tal senso ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della legge: v. anche articolo 52 della legge. Infine, dal punto E dell’ordinanza consegue che essa ha efficacia in tutti gli ordinamenti pertinenti ai sensi della direttiva 2001/24 e della legge. Essa può pertanto incidere sui diritti dei terzi ai sensi degli articoli 53 e 61 della legge.


37 –      V., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Bavarian Lager (C‑28/08, EU:C:2010:378, punto 56).


38 –      La direttiva 2001/24 è stata adottata ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 2, del Trattato CE (attualmente l’articolo 53, paragrafo 1, TFUE), mentre la seconda direttiva è stata adottata ai sensi dell’articolo53, paragrafo 3, lettera g), del Trattato CEE [attualmente l’articolo 50, paragrafo 2, lettera g), TFUE].


39 –      V. il secondo considerando della seconda direttiva. V. anche sentenza del 12 marzo 1996, Pafitis e a. (C‑441/93, EU:C:1996:92, punto 38).


40 –      Sentenza del 24 ottobre 2013, LBI (C‑85/12, EU:C:2013:697, punto 39).


41 –      Sentenza del 12 marzo 1996, Pafitis e a. (C‑441/93, EU:C:1996:92).


42 –      V., ad esempio, sentenze del 17 ottobre 1990, HAG GF (C‑10/89, EU:C:1990:359, punto 10); del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C‑267/91 e C‑268/91, EU:C:1993:905, punto 16); e del 25 luglio 2008, Metock e a. (C‑127/08, EU:C:2008:449, punto 58).


43 –      V., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2016, DI (C‑441/14, EU:C:2016:278, punti 39 e 40 e giurisprudenza citata).


44 –      V., come esempio dell’elevato grado di necessità da raggiungere, sentenza del 23 novembre 2014, Schulz e Egbringhoff (C‑359/11 e C‑400/11, EU:C:2014:2317, punti da 54 a 64), alla luce delle mie conclusioni in tale causa (EU:C:2014:319, paragrafi da 69 a 77).


45 –      Come chiarito al punto 23 delle raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2012, C 338, pag. 1), «le disposizioni del diritto dell’Unione pertinenti nella fattispecie devono essere indicate con la maggiore precisione possibile nella domanda di pronuncia pregiudiziale».


46 –      V., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello (C‑163/10, EU:C:2011:543, punto 21 e giurisprudenza citata).


47 –      V., in tal senso, sentenza del 1o marzo 2012, Ascafor e Asidac (C‑484/10, EU:C:2012:113, punto 33 e giurisprudenza citata).


48 –      V., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello (C‑163/10, EU:C:2011:543, punto 21 e giurisprudenza citata).


49 –      Sentenza del 13 luglio 1989, Wachauf (5/88, EU:C:1989:321, punto 19) e articolo 51, paragrafo 1, della Carta.


50 –      Non è sfuggito alla mia attenzione il fatto che, in seguito a consultazione, la BCE abbia ritenuto che «poteri di emergenza [ai sensi della legge] interferiscono in modo rilevante con i diritti di proprietà degli azionisti degli enti», v. parere del 17 dicembre 2010 sulla stabilizzazione di emergenza degli enti creditizi (CON/2010/92), punto 2.4. Quanto al diritto degli azionisti al rispetto dei propri beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in relazione all’acquisizione di un ente creditizio da parte dello Stato, faccio riferimento, tra le altre, alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 21 luglio 2015, Cıngıllı Holding A.Ş. and Cıngıllıoğlu c. Turkey, ECLI:CE:ECHR:2015:0721JUD003183306, §§ da 49 a 51 e giurisprudenza citata. V. anche le mie conclusioni nella causa Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:102, note 55 e 57).


51 –      V., tra le altre, sentenza dell’11 gennaio 2000, Kreil (C‑285/98, EU:C:2000:2, punto 23).


52 –      V. sentenza del 18 dicembre 1997, Molenheide e a. (C‑286/94, C‑340/95, C‑401/95 e C‑47/96, EU:C:1997:623, punto 46).


53 –      Aggiungo che in udienza l’avvocato dell’ILP e dell’ILPGH ha precisato che gli EUR 453 milioni erano contabilizzati come riserva da sovrapprezzo di emissione ed erano in eccesso rispetto al valore nominale delle azioni di una precedente emissione. Tuttavia, tale capitale era andato perso e/o era stato utilizzato.