Language of document : ECLI:EU:T:2022:217

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

6 aprile 2022 (*)

«Aiuti di Stato – Regime di aiuti concernente l’imposta sul reddito delle società al quale il governo di Gibilterra ha dato esecuzione – Esenzione fiscale degli interessi da prestiti infragruppo e del reddito derivante da royalties – Ruling fiscali a favore di imprese multinazionali – Decisione della Commissione che dichiara gli aiuti incompatibili con il mercato interno – Obbligo di motivazione – Errore manifesto di valutazione – Vantaggio selettivo – Diritto di presentare osservazioni»

Nella causa T‑508/19,

Mead Johnson Nutrition (Asia Pacific) Pte Ltd, con sede in Singapore (Singapore),

MJN Global Holdings BV, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi),

Mead Johnson BV, con sede in Nimega (Paesi Bassi),

Mead Johnson Nutrition Co., con sede in Chicago, Illinois (Stati Uniti),

rappresentati da C. Quigley, barrister, M. Whitehouse e P. Halford, solicitors,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Flynn, B. Stromsky e P. Němečková, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento parziale della decisione (UE) 2019/700 della Commissione, del 19 dicembre 2018, relativa all’aiuto di stato SA.34914 (2013/C) attuato dal Regno Unito in relazione al regime di tassazione delle imprese a Gibilterra (GU 2019, L 119, pag. 151),

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata),

composto da V. Tomljenović (relatrice), presidente, F. Schalin, P. Škvařilová-Pelzl, I. Nõmm e G. Steinfatt, giudici,

cancelliere: I. Pollalis, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

A.      Adozione dell’Income Tax Act del 2010 e concessione del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012

1        Il 1° gennaio 2011, l’Income Tax Act del 2010 (legge di Gibilterra sulla tassazione del reddito delle società del 2010; in prosieguo: l’«ITA 2010») è entrato in vigore e ha abrogato l’Income Tax Act del 1952 (legge di Gibilterra sulla tassazione del reddito delle società del 1952; in prosieguo: l’«ITA 1952»). L’ITA 2010 ha introdotto un’aliquota del 10% per l’imposta generale sul reddito delle società. Fino alla modifica dell’ITA 2010, entrata in vigore il 30 giugno 2013 in relazione ai redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo, e successivamente il 31 dicembre dello stesso anno in relazione ai redditi derivanti da royalties (redditi percepiti a titolo di proprietà intellettuale) (in prosieguo: la «modifica del 2013 dell’ITA 2010»), tali redditi non erano inclusi nelle categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010.

2        Fino al suo scioglimento, il 16 ottobre 2018, la MJN Holdings (Gibraltar) Ltd (in prosieguo: la «MJN GibCo») era una società con sede a Gibilterra, appartenente al gruppo internazionale Mead Johnson Nutrition (in prosieguo: il «gruppo MJN»), operante nella produzione di prodotti per l’alimentazione di neonati e bambini. La MJN GibCo aveva per attività, in qualità di socio accomandante, la detenzione di una partecipazione nel capitale della Mead Johnson Three CV (in prosieguo: la «MJT CV»), una società in accomandita semplice di diritto dei Paesi Bassi (commanditaire vennootschap; in prosieguo: la «CV neerlandese»), stabilita nei Paesi Bassi fino al suo scioglimento, il 15 dicembre 2017.

3        La MJT CV era titolare di licenze su diritti di proprietà intellettuale (segnatamente brevetti, marchi e informazioni tecniche) sulle quali essa concedeva, dietro il versamento di royalties, sottolicenze alla Mead Johnson BV (in prosieguo: la «MJ BV»), una società di diritto dei Paesi Bassi.

4        Gli azionisti della MJT CV erano, da un lato, la MJN GibCo (al 99,99%) e, dall’altro, la MJN Asia Pacific Holding LLC (allo 0,01%), una società a responsabilità limitata di diritto americano. La partecipazione della MJN GibCo nel capitale della MJT CV le dava diritto al 99,99% degli utili di quest’ultima.

5        Fino al giugno del 2017, la società madre del gruppo MJN era la Mead Johnson Nutrition Co. (in prosieguo: la «MJN US»), una società con sede nel Delaware (Stati Uniti). La Mead Johnson Nutrition (Asia Pacific) Pte Ltd, con sede a Singapore (Singapore) e avente come attività la produzione di prodotti per l’alimentazione di neonati, era, da parte sua, la società madre al 100% della MJN GibCo, fino allo scioglimento di quest’ultima.

6        L’11 settembre 2012, a seguito di una domanda presentata lo stesso giorno dagli avvocati della MJN US, società madre del gruppo MJN (in prosieguo: la «domanda di ruling fiscale»), le autorità fiscali di Gibilterra hanno accordato alla MJN GibCo un ruling fiscale che confermava la non imposizione, nei confronti della MJN GibCo, dei redditi della MJT CV derivanti da royalties (in prosieguo: il «ruling fiscale della MJN GibCo del 2012»).

7        La domanda di ruling fiscale precisava che la MJT CV era considerata una società in accomandita con riferimento al diritto tributario di Gibilterra. Secondo gli autori della domanda di ruling fiscale, poiché una siffatta società era trasparente per quanto riguarda la tassazione di Gibilterra, qualsiasi reddito derivante da una royalty percepita dalla MJT CV doveva essere considerato come percepito direttamente dalla MJN GibCo. Veniva cionondimeno indicato che, a loro avviso, qualsiasi reddito derivante da royalties che avesse potuto essere percepito non sarebbe rientrato nelle categorie di redditi imponibili ai sensi dell’ITA 2010 («heads of charge taxable under the ITA 2010»). Pertanto, veniva chiesto alle autorità di Gibilterra di confermare tale interpretazione dell’ITA 2010 nonché il fatto che qualsiasi reddito derivante da royalties percepito dalla MJN GibCo, a causa della sua partecipazione nella MJT CV, non avrebbe dato luogo ad alcun assoggettamento all’imposta.

8        Con il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, l’Ufficio delle entrate (Income Tax Office) ha risposto che, «sulla base dei fatti e delle circostanze presentati nella [domanda di ruling fiscale], [era] confermato, in nome del commissario [dell’imposta sul reddito di Gibilterra], che (…) i redditi futuri derivanti da royalties percepiti dalla [MNJ GibCo] non [sarebbero] stati assoggettati ad imposta in forza delle disposizioni de[l’ITA 2010]».

B.      Procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

9        Il 1° giugno 2012, il Regno di Spagna ha depositato una denuncia presso la Commissione europea in merito all’aiuto di Stato asseritamente ricevuto dalle società offshore di Gibilterra nell’ambito del regime fiscale istituito dall’ITA 2010.

10      Il 16 ottobre 2013, la Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale (in prosieguo: la «decisione di avvio del procedimento») al fine di verificare se la non imposizione («esenzione fiscale» nel testo di detta decisione) dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e dalle royalties, prevista dall’ITA 2010, favorisse in maniera selettiva talune imprese, in violazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato.

11      Il 1° ottobre 2014, la Commissione ha informato il Regno Unito della sua decisione di estendere la procedura di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE al fine di includervi la prassi dei ruling fiscali a Gibilterra e, in particolare, l’adozione di 165 ruling fiscali (nel prosieguo: la «decisione di estendere il procedimento»).

C.      Decisione impugnata

12      Il 19 dicembre 2018, la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2019/700, del 19 dicembre 2018, relativa all’aiuto di stato SA.34914 (2013/C) attuato dal Regno Unito in relazione al regime di tassazione delle imprese a Gibilterra (GU 2019, L 119, pag. 151; in prosieguo: la «decisione impugnata»). In sostanza, la Commissione ha constatato, da un lato, che l’«esenzione» dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties, applicabile a Gibilterra tra il 2011 e il 2013 ai sensi dell’ITA 2010, costituiva un regime di aiuti di Stato attuato illegittimamente e incompatibile con il mercato interno e, dall’altro, che il trattamento fiscale concesso dal governo di Gibilterra sulla base di ruling fiscali concessi a cinque società con sede a Gibilterra aventi partecipazioni in CV neerlandesi e che hanno percepito redditi derivanti da royalties e da interessi da prestiti infragruppo (in prosieguo: i «cinque ruling fiscali»), si configurava come misure di aiuto di Stato, illegittime e incompatibili con il mercato interno.

1.      «Esenzione» dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties (regime di aiuti)

13      Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione aveva concluso, in via preliminare, che l’«esenzione» dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo (in prosieguo: la «non imposizione redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo») e l’«esenzione» dei redditi derivanti da royalties (in prosieguo: la «non imposizione dei redditi derivanti da royalties») costituivano ciascuna un regime di aiuti. Al fine di tenere conto della modifica del 2013 dell’ITA 2010 ai sensi della quale i redditi derivanti da royalties e da interessi da prestiti infragruppo sono stati introdotti fra le categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, intervenuta successivamente alla decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha limitato l’ambito di applicazione della decisione impugnata ai redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties ricevuti o da ricevere fra l’entrata in vigore dell’ITA 2010 (il 1° gennaio 2010) e il 30 giugno 2013 (per i redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo) o il 31 dicembre 2013 (per i redditi derivanti da royalties).

14      Per quanto riguarda l’analisi del criterio del vantaggio, la Commissione ha constatato, in sostanza, che i redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties percepiti da un’impresa a Gibilterra erano di norma considerati come maturati o aventi la propria origine a Gibilterra e, dunque, normalmente soggetti ad imposta a Gibilterra in forza del principio di territorialità. Di conseguenza, essa ha concluso che tale «esenzione» introduceva un alleggerimento dell’imposta che le imprese che ne beneficiano avrebbero altrimenti dovuto sostenere (considerando da 81 a 83 della decisione impugnata).

15      Per quanto riguarda l’analisi della selettività, in applicazione della giurisprudenza relativa alla selettività materiale di misure fiscali, la Commissione ha ritenuto, anzitutto, che l’ambito di riferimento da prendere in considerazione per esaminare la non imposizione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties fosse l’ITA 2010, il cui obiettivo era riscuotere entrate da contribuenti percettori di redditi maturati o aventi origine a Gibilterra. Inoltre, essa ha precisato che l’«esenzione» dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties non derivava da una deroga formale al regime di tassazione, bensì dalla mancata inclusione di tali redditi nelle categorie di reddito imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, in altre parole da un’«esenzione implicita» (considerando da 89 a 93 della decisione impugnata).

16      La Commissione ha poi verificato se la non imposizione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties desse luogo ad un trattamento fiscale diverso di imprese che si trovano in situazioni analoghe. Essa ha rilevato che, in assenza dell’«esenzione» dei redditi derivanti da royalties e da interessi da prestiti infragruppo, questi ultimi avrebbero dovuto essere soggetti ad imposta a Gibilterra in applicazione del principio di territorialità.

17      Inoltre, dopo aver illustrato che, poiché la misura esaminata non derivava da una deroga formale al regime fiscale, occorreva prendere in considerazione gli effetti della stessa, al fine di valutare se essa favorisse in maniera significativa un determinato gruppo di imprese, la Commissione ha ritenuto, supportata da dati numerici, che la non imposizione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties favorisse imprese appartenenti a gruppi multinazionali esercenti attività come la concessione di prestiti infragruppo o di diritti di utilizzare beni immateriali. Dal momento che tali imprese si trovano, alla luce dell’obiettivo dell’ITA 2010, nella stessa situazione giuridica e fattuale delle altre imprese che percepiscono redditi maturati o aventi origine a Gibilterra, la Commissione ne ha concluso che tali misure erano prima facie selettive (considerando da 94 a 104 della decisione impugnata).

18      Infine, la Commissione ha considerato che la non imposizione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties non fosse giustificata dalla logica intrinseca del regime fiscale dell’ITA 2010. Essa ha segnatamente respinto le giustificazioni invocate dalle autorità del Regno Unito come la buona gestione amministrativa (considerando da 105 a 109 della decisione impugnata). Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto che tali misure costituissero ciascuna un regime di aiuti illegittimo ed incompatibile con il mercato interno.

2.      Cinque ruling fiscali (misure di aiuto individuali)

19      Nella decisione di estendere il procedimento, la Commissione aveva identificato 165 ruling fiscali concessi dalle autorità fiscali di Gibilterra, in relazione ai quali la stessa aveva concluso, in via preliminare, che essi erano materialmente selettivi e costituivano potenzialmente aiuti di Stato.

20      Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che 160 dei 165 ruling fiscali analizzati riflettessero una normale applicazione del regime di tassazione ordinario di Gibilterra, senza comportare alcuna altra indicazione dell’esistenza di aiuti di Stato (considerando da 132 a 150 della decisione impugnata). Per contro, essa ha ritenuto che i cinque ruling fiscali, fra cui quello della MJN GibCo del 2012, che restavano da esaminare costituissero misure di aiuto individuali. Con i cinque ruling fiscali, i quali erano rimasti in vigore dopo la modifica del 2013 dell’ITA 2010, anche a seguito delle verifiche svolte nel 2015, le autorità fiscali di Gibilterra avevano confermato ai loro destinatari che i redditi derivanti da royalties a livello di CV neerlandesi di cui essi detenevano delle quote non erano imponibili ai sensi dell’ITA 2010.

21      Anzitutto, la Commissione ha indicato, al considerando 153 della decisione impugnata, che i cinque ruling fiscali vertevano in genere sulla struttura di gruppo di seguito indicata:

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22      La Commissione ha precisato che dalle osservazioni delle autorità del Regno Unito emerge che le autorità fiscali di Gibilterra ritenevano che i redditi percepiti da CV neerlandesi fossero direttamente percepiti dalle imprese di Gibilterra aventi una partecipazione in dette CV. Essa ha aggiunto che, nella misura in cui, a seguito delle modifiche dell’ITA 2010, i redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties sono stati inclusi nelle categorie di redditi elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010 e sarebbero divenuti imponibili a Gibilterra, indipendentemente dalla loro origine, siffatti redditi sarebbero divenuti imponibili a livello dei soci aventi sede a Gibilterra. La Commissione ha poi identificato, ai considerando 161 e 162 della decisione impugnata, le quote di utili ricavate da redditi passivi o da royalties che avrebbero dovuto essere inclusi nella base imponibile delle cinque imprese beneficiarie di tali decisioni, aventi sede a Gibilterra, e tassate conformemente alle norme tributarie «normali (…) di Gibilterra». Per quanto riguarda la MJN GibCo, essa ha indicato che quest’ultima deteneva il 99,99% delle quote e che i suoi utili imponibili a Gibilterra erano pari a 330 785 918,10 dollari statunitensi (USD) per il 2014, a USD 254 328 564,60 per il 2015, e a USD 232 375 224,15 per il 2016. Tali quote avrebbero dovuto essere incluse, a suo avviso, nella base imponibile della MJN GibCo ed essere tassate conformemente alle norme tributarie di Gibilterra.

23      Per quanto riguarda il vantaggio selettivo, la Commissione ha considerato, anzitutto, che il quadro di riferimento rilevante per l’esame della selettività fosse l’ITA 2010 e ha rinviato, a tal riguardo, alle considerazioni svolte alla sezione 7.1.3.1 della decisione impugnata, relativa all’esame della selettività dei regimi di aiuto consistenti nella non imposizione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties. Essa ha aggiunto che sarebbe stato necessario, in conformità con le norme di common law, considerare la quota di utili o di guadagni di una CV, quale impresa socia, come se tale quota costituisse gli utili o i guadagni dell’impresa avente sede a Gibilterra.

24      La Commissione ha poi constatato, relativamente al periodo precedente la modifica del 2013, che i ruling fiscali applicavano regimi di aiuti che prevedevano l’esenzione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties, i quali erano stati esaminati nella sezione 7 della decisione impugnata. Per il periodo successivo a tale modifica, essa ha rilevato che i cinque ruling fiscali consentivano ai loro beneficiari di continuare a godere dei regimi di esenzione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties e ne ha concluso che le autorità fiscali di Gibilterra avevano prorogato l’esistenza di tale regime in cinque casi specifici, il che costituiva una deroga al regime di tassazione ordinario.

25      Infine, la Commissione ha ritenuto che le cinque società di Gibilterra che avevano beneficiato dei cinque ruling fiscali si trovassero in una situazione giuridica e fattuale analoga a quella di tutte le società contribuenti, con reddito maturato o avente origine a Gibilterra, soggette all’imposta a Gibilterra, e che tale deroga non potesse essere giustificata dalla natura e dalla logica del sistema.

26      Per quanto riguarda i beneficiari delle misure di aiuto individuate, la Commissione ha ritenuto che le società madri, proprietarie dei soci aventi sede a Gibilterra, fossero, in definitiva, beneficiarie di tali misure. Essa ha rilevato che le cinque società di Gibilterra che beneficiavano dei cinque ruling fiscali, inclusa la MJN GibCo, appartenevano a grandi gruppi internazionali e che la struttura dei gruppi che comprendeva una CV neerlandese favoriva le società madri, consentendo loro di generare utili dallo sfruttamento di diritti di proprietà intellettuale senza che questi ultimi venissero tassati. La Commissione ha aggiunto che la struttura del gruppo di imprese che coinvolge una società a responsabilità limitata dei Paesi Bassi, una CV neerlandese, soci aziendali di Gibilterra e una società madre costituiva una singola unità economica, ai sensi della giurisprudenza, cosicché queste diverse società dovevano essere considerate tutte congiuntamente come le beneficiarie della misura di aiuto di cui tale impresa aveva goduto.

D.      Dispositivo della decisione impugnata

27      Il dispositivo della decisione impugnata così recita:

«Articolo 1

1. Il regime di aiuti di Stato sotto forma di esenzione fiscale del reddito da interessi da prestiti infragruppo applicabile a Gibilterra ai sensi dell’[ITA] 2010 tra il 1° gennaio 2011 e il 30 giugno 2013 e attuato illegittimamente da Gibilterra in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, è incompatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

2. Il regime di aiuti di Stato sotto forma di esenzione fiscale del reddito derivante da royalties applicabile a Gibilterra ai sensi dell’[ITA] 2010 tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013 e attuato illegittimamente da Gibilterra in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, è incompatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

Articolo 2

Gli aiuti di Stato individuali concessi dal governo di Gibilterra, in base ai ruling fiscali (…) concessi a favore di cinque imprese di Gibilterra aventi partecipazioni in [CV] neerlandesi (…) che hanno ricevuto reddito derivante da royalties e da interessi da prestiti infragruppo, attuati illegittimamente dal Regno Unito in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, sono incompatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

(…)

Articolo 5

1. Il Regno Unito procede al recupero di tutti gli aiuti incompatibili concessi sulla base dei regimi di aiuti di cui all’articolo 1 o dei [cinque] ruling fiscali di cui all’articolo 2, presso i beneficiari degli stessi.

2. Qualsiasi aiuto individuale concesso sulla base dei [cinque] ruling fiscali di cui all’articolo 2 che non possa essere recuperato dall’impresa di Gibilterra in questione è recuperato da altre entità costituenti una singola unità economica con tale società di Gibilterra, ossia la BV neerlandese, la CV neerlandese o la società madre pertinenti dell’impresa di Gibilterra.

(…)».

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

28      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 luglio 2019, le ricorrenti, Mead Johnson Nutrition (Asia Pacific), MJN Global Holdings BV, MJ BV e MJN US, hanno proposto il presente ricorso.

29      Ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, il 27 marzo 2020 le ricorrenti hanno presentato una richiesta motivata di udienza.

30      Su proposta della Seconda Sezione, il Tribunale, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, ha deciso di rinviare la causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

31      Il 12 maggio 2021, tramite una misura di organizzazione del procedimento, prevista all’articolo 89, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale ha posto taluni quesiti scritti alle parti. Le parti hanno ottemperato alla richiesta del Tribunale nel termine impartito.

32      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 28 giugno 2021.

33      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 1, paragrafo 2, l’articolo 2 e l’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della decisione impugnata nella parte in cui si applicano alle medesime;

–        condannare la Commissione alle spese.

34      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile o infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

35      In via preliminare, occorre rilevare che la Commissione ha rinunciato, nella sua controreplica, a far valere l’irricevibilità del ricorso in quanto tardivo.

A.      Sulla struttura del ricorso

36      Come emerge dal dispositivo della decisione impugnata e dai punti da 13 a 26 supra, la decisione impugnata verte, in primo luogo, su due regimi di aiuti, ossia, da un lato, la non imposizione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, di detta decisione, e, dall’altro, la non imposizione dei redditi derivanti da royalties, di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della stessa decisione, e, in secondo luogo, su cinque misure individuali concesse sulla base dei cinque ruling fiscali, di cui all’articolo 2 di questa stessa decisione.

37      La qualificazione come misure di aiuto individuali dei cinque ruling fiscali, per il periodo successivo al 31 dicembre 2013 (data a partire dalla quale è stato posto fine al regime di aiuti), è totalmente indipendente dalla qualificazione della non imposizione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties come regime di aiuto. La decisione impugnata contiene pertanto due sezioni distinte nelle quali vengono esaminati separatamente i diversi criteri di esistenza di un aiuto di Stato.

38      Inoltre, l’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della decisione impugnata verte sul recupero delle misure di aiuto di cui agli articoli 1 e 2 di questa stessa decisione.

39      Con i loro ricorsi, le ricorrenti chiedono l’annullamento parziale della decisione impugnata e, più in particolare, l’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, dell’articolo 2, nonché dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2, di detta decisione nella parte in cui si applicano alle medesime.

40      L’atto introduttivo si suddivide in tre parti distinte. La prima parte del ricorso è volta all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, nella parte in cui la Commissione ha qualificato come regime di aiuti la non imposizione dei redditi derivanti da royalties nonché l’ordine di recupero connesso a tale misura. La seconda parte del ricorso è diretta all’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata, nella parte in cui la Commissione ha concluso che la MJN GibCo aveva beneficiato di misure di aiuto, per il periodo fino al 31 dicembre 2013, e, per il periodo successivo a tale data, sulla base del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, nonché dell’ordine di recupero connesso a tali misure. La terza parte del ricorso è intesa, da parte sua, all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 2, della decisione impugnata, nella parte in cui la Commissione ha disposto il recupero delle misure di aiuto presso la MJN GibCo e, in mancanza, presso le ricorrenti.

41      Occorrerà dunque esaminare in via successiva ciascuna di tali parti.

42      A tal riguardo, la Commissione fa valere che, affinché il presente ricorso venga accolto, le ricorrenti devono contestare efficacemente sia l’articolo 1, paragrafo 2, sia l’articolo 2 della decisione impugnata. Inoltre, essa sottolinea che, anche qualora il ricorso venisse parzialmente accolto, la contestazione dell’ordine di recupero formulato all’articolo 5 della decisione impugnata può essere accolta soltanto in relazione alla parte degli aiuti per la quale il ricorso è stato accolto e unicamente nella misura in cui le ricorrenti siano interessate. Le ricorrenti sostengono, per parte loro, che, poiché il ricorso contiene parti distinte intese a contestare articoli diversi del dispositivo della decisione impugnata, le stesse potrebbero risultare vittoriose in relazione ad uno dei due o ad entrambi gli articoli oggetto del ricorso.

43      Secondo la giurisprudenza, il solo fatto che il Tribunale ritenga fondato un motivo invocato dalla parte ricorrente a sostegno del proprio ricorso di annullamento non consente al medesimo di annullare automaticamente l’atto impugnato in toto. Un annullamento integrale, infatti, non può essere disposto quando risulta del tutto evidente che tale motivo, avendo ad oggetto unicamente un aspetto specifico dell’atto contestato, è tale da fondare solo un annullamento parziale (sentenza dell’11 dicembre 2008, Commissione/Département du Loiret, C‑295/07 P, EU:C:2008:707, punto 104).

44      Tuttavia, l’annullamento parziale di un atto dell’Unione è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto. Tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (v. sentenza dell’11 dicembre 2008, Commissione/Département du Loiret, C‑295/07 P, EU:C:2008:707, punti 105 e 106 e giurisprudenza ivi citata).

45      Occorre constatare, anzitutto, che le diverse parti del ricorso sono intese ciascuna all’annullamento parziale della decisione impugnata e vertono su diverse parti del dispositivo di tale decisione che riguardano ciascuna misure di aiuto del tutto distinte e indipendenti, cosicché, qualora taluni dei motivi dedotti a sostegno di tali parti dovessero essere accolti, essi potrebbero dare luogo ad un annullamento soltanto parziale della decisione impugnata. Inoltre, come confermato dalle ricorrenti all’udienza dibattimentale, il loro ricorso è diretto unicamente all’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata nella parte in cui riguarda l’aiuto concesso alla MJN GibCo e non gli aiuti individuali concessi ai beneficiari degli altri quattro ruling fiscali, cosicché, qualora i motivi volti all’annullamento di tale articolo dovessero essere accolti, ciò darebbe luogo unicamente all’annullamento di detto articolo nella parte in cui esso riguarda la misura di aiuto a favore della MJN GibCo e delle ricorrenti. Inoltre, se le censure dirette all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata o dell’articolo 2 di detta decisione, nella parte in cui quest’ultimo si applica alle ricorrenti, dovessero essere accolte, ciò comporterebbe l’annullamento dell’articolo 5 della decisione impugnata nella parte in cui è inteso al recupero delle somme versate a titolo delle misure di aiuto di cui a tali diverse parti del dispositivo.

B.      Sulla prima parte del ricorso, intesa all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata concernente la non imposizione dei redditi derivanti da royalties, nonché dell’ordine di recupero connesso a tale misura

46      A sostegno della prima parte del loro ricorso, intesa all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, nonché dell’articolo 5, paragrafo 1, della decisione impugnata, nella parte in cui tali disposizioni si applicano alle ricorrenti, queste ultime deducono, in sostanza, tre serie di motivi.

47      Il primo motivo verte su manifesti errori di valutazione, sulla violazione del principio di attribuzione delle competenze, sancito all’articolo 5 TUE, sulla violazione del principio dell’autonomia fiscale e della sovranità fiscale degli Stati membri, nonché su un eccesso di potere della Commissione [sezione b) della prima parte dell’atto introduttivo].

48      Il secondo, il terzo e il quarto motivo vertono su manifesti errori di valutazione e sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, per il fatto che la Commissione non avrebbe dimostrato l’esistenza di un vantaggio né il carattere selettivo del medesimo [sezioni c), d) ed e) della prima parte dell’atto introduttivo].

49      Il quinto motivo verte su manifesti errori di valutazione e sulla violazione dell’articolo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 1999, L 83, pag. 1), per il fatto che la Commissione avrebbe considerato che il regime di esenzione costituisse un aiuto esistente [sezione f) della prima parte dell’atto introduttivo].

50      Inoltre, nella sezione a) della prima parte dell’atto introduttivo, le ricorrenti individuano diversi errori manifesti di valutazione per quanto riguarda l’interpretazione delle disposizioni dell’ITA 2010 e dell’ITA 1952, alle quali si rimanda nei diversi motivi diretti all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata.

51      Il Tribunale esaminerà in ordine successivo i diversi motivi individuati ai punti da 47 a 49 supra, e prenderà in considerazione, in tale contesto, i diversi errori individuati nella sezione a) della prima parte del ricorso.

1.      Sul motivo vertente su un manifesto errore di valutazione, sulla violazione dellarticolo 5 TUE, sulla violazione del principio della sovranità fiscale e su un eccesso di potere (primo motivo, inteso allannullamento dellarticolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

52      Nell’ambito del loro primo motivo, inteso all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la Commissione ha violato il principio di attribuzione delle competenze previsto all’articolo 5 TUE, in applicazione del quale il settore della fiscalità diretta rientra nella sovranità e nella competenza degli Stati membri, ed è incorsa in un eccesso di potere, alla luce dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, facendo uso dei propri poteri in materia di aiuti di Stato per lottare contro una duplice esenzione apparente. La Commissione avrebbe eluso in tal modo la procedura prevista all’articolo 116 TFUE, che le consente di agire qualora constati che una disparità esistente tra le disposizioni legislative degli Stati membri falsa le condizioni di concorrenza sul mercato interno.

53      Le ricorrenti sottolineano che il controllo degli aiuti di Stato lascia impregiudicato il potere degli Stati membri di scegliere il regime fiscale che essi reputano il più adeguato e, in tale ambito, di determinare in maniera sovrana le categorie e la modalità di calcolo dei redditi e degli utili imponibili (la base imponibile). Dalla giurisprudenza emergerebbe chiaramente che l’esistenza di un vantaggio deve essere dimostrata rispetto all’imposizione cosiddetta «normale», come definita dalle norme tributarie nazionali, fermo restando che la Commissione non è munita di una competenza che le consente di definire in maniera autonoma l’imposizione cosiddetta «normale». Pertanto, mentre gli Stati membri devono esercitare la loro competenza in materia fiscale nel rispetto del diritto dell’Unione, ciò non conferirebbe alla Commissione il potere di estendere l’ambito di applicazione delle regole normali di imposizione che costituiscono l’ambito di riferimento rilevante né di interferire con le decisioni sovrane di uno Stato membro al di là della soppressione delle deroghe alle norme che costituiscono detto quadro.

54      Orbene, da un lato, le ricorrenti fanno valere che la Commissione è incorsa in un manifesto errore di valutazione nell’assumere che l’obiettivo dell’ITA 2010 consisterebbe nel tassare l’intero ammontare degli utili o dei guadagni delle società e nel ritenere che la non imposizione dei redditi (passivi) derivanti da royalties costituisca una deroga all’ITA 2010. Dall’altro, esse sostengono che la Commissione avrebbe effettuato un’applicazione eccessivamente estensiva dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e del principio secondo il quale un aiuto di Stato è determinato in funzione dei suoi effetti e che il caso di specie si distinguerebbe da quelli sfociati nelle sentenze del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981), invocati nella decisione impugnata.

55      La Commissione contesta tali argomenti.

56      In primo luogo, per quanto riguarda l’affermazione di una violazione dell’articolo 5 TUE, occorre ricordare che, al di fuori dei settori in cui il diritto tributario dell’Unione è oggetto di armonizzazione, la determinazione delle caratteristiche costitutive di ogni imposta rientra nel potere discrezionale degli Stati membri, nel rispetto della loro autonomia fiscale, dovendo tale potere, in ogni caso, essere esercitato nel rispetto del diritto dell’Unione. Ciò vale, in particolare, per la scelta dell’aliquota dell’imposta, che può essere proporzionale o progressiva, ma anche per la determinazione della sua base imponibile e del suo fatto generatore (sentenza del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia, C‑562/19 P, EU:C:2021:201, punto 38).

57      Tuttavia, per giurisprudenza costante, anche se la materia delle imposte dirette rientra, allo stato attuale dello sviluppo del diritto dell’Unione, nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono però esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v. sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C‑269/09, EU:C:2012:439, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, gli interventi degli Stati membri, nei settori che non sono stati oggetto di armonizzazione nell’Unione, come la fiscalità diretta, non sono esclusi dall’ambito di applicazione della normativa riguardante il controllo degli aiuti di Stato.

58      Infatti, gli Stati membri devono esercitare la loro competenza in materia fiscale in conformità al diritto dell’Unione e, in tale contesto, astenersi da qualsivoglia misura idonea a costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 3 giugno 2010, Commissione/Spagna, C‑487/08, EU:C:2010:310, punto 37).

59      Pertanto, la Commissione può qualificare una misura fiscale come aiuto di Stato purché sussistano le condizioni di tale qualificazione (v., in tal senso, sentenze del 2 luglio 1974, Italia/Commissione, 173/73, EU:C:1974:71, punto 28; del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 81, e del 25 marzo 2015, Belgio/Commissione, T‑538/11, EU:T:2015:188, punti 65 e 66).

60      Orbene, per quanto riguarda la condizione secondo la quale la misura in questione deve concedere un vantaggio economico, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, vengono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese o che devono ritenersi un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (v. sentenza del 2 settembre 2010, Commissione/Deutsche Post, C‑399/08 P, EU:C:2010:481, punto 40 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia, C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 21).

61      Più precisamente, un provvedimento mediante il quale le pubbliche autorità accordino a determinate imprese un trattamento fiscale vantaggioso che, pur non implicando un trasferimento di risorse da parte dello Stato, collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri soggetti tributari passivi costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España, C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 14; v., parimenti, sentenza dell’8 settembre 2011, Paint Graphos e a., da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, nel caso delle misure fiscali, l’esistenza stessa di un vantaggio può essere accertata solo rispetto a un livello di tassazione definito «normale» (sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 56), ossia rispetto alle norme tributarie definite dallo Stato membro in forza della sua autonomia fiscale.

62      Di conseguenza, l’autonomia fiscale degli Stati membri non implica che ogni misura fiscale, che incida segnatamente sulla base imponibile presa in considerazione dalle autorità fiscali, sfugga all’applicazione dell’articolo 107 TFUE. Infatti, se una misura fiscale opera, di fatto, una discriminazione fra società che si trovano in una situazione comparabile alla luce dell’obiettivo perseguito dal regime fiscale normale, che costituisce l’ambito di riferimento da prendere in considerazione e, per questo motivo, conferisce ai beneficiari della misura vantaggi selettivi che favoriscono «talune» imprese o «talune produzioni, essa potrà essere considerata un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 104).

63      Da quanto suesposto discende che, poiché la Commissione è garante del rispetto dell’articolo 107 TFUE, essa non è incorsa in un eccesso di potere per avere esaminato la non imposizione dei redditi derivanti da royalties al fine di verificare se tale misura costituisse un regime di aiuti e, in caso affermativo, se fosse compatibile con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

64      Nessuno degli argomenti delle ricorrenti è idoneo a rimettere in discussione tale constatazione.

65      Innanzitutto, dalla giurisprudenza illustrata al punto 57 supra risulta che la Commissione non dispone, in tale fase dello sviluppo del diritto dell’Unione, della competenza che le consente di definire in maniera autonoma l’imposizione cosiddetta «normale» di un’impresa prescindendo dalle norme tributarie nazionali. Tuttavia, occorre rilevare che, nell’ambito dell’analisi dei criteri del vantaggio e della selettività, la Commissione ha fatto riferimento alle disposizioni del diritto fiscale applicabili a Gibilterra, ossia alle disposizioni dell’ITA 2010 e, in particolare, agli articoli 11, 16 e 74 di detta legge e al suo allegato 1, nonché alle osservazioni del Regno Unito e delle autorità di Gibilterra dirette a chiarire il contenuto e i principi di base del regime impositivo attuato dall’ITA 2010. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non ha definito in maniera autonoma l’imposizione cosiddetta «normale» e non può avere violato, nella specie, il principio di attribuzione delle competenze.

66      Inoltre, la Commissione non può violare la competenza riservata agli Stati membri in materia di fiscalità diretta procedendo ad un’interpretazione delle disposizioni fiscali applicabili a Gibilterra. Infatti, la Commissione è in grado, nell’ambito del controllo delle misure fiscali in materia di aiuti di Stato, di valutare autonomamente le disposizioni fiscali nazionali, valutazione che può essere eventualmente contestata dallo Stato membro interessato o da eventuali parti interessate nell’ambito di un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale.

67      Occorre sottolineare, a tal riguardo, che la Commissione ha fondato la sua valutazione delle disposizioni fiscali applicabili a Gibilterra sulle informazioni comunicate dalle autorità del Regno Unito e di Gibilterra. In particolare, come risulta dal considerando 93 della decisione impugnata e dalla nota a piè di pagina 46 della decisione impugnata, la Commissione ha definito l’ambito di riferimento, inclusivo dei principi di base di una tassazione normale, nonché l’obiettivo di tale ambito sulla base delle informazioni che le sono state comunicate dalle autorità del Regno Unito nell’ambito del procedimento amministrativo.

68      Ancora, come rilevato dalla Commissione al punto 75 del suo controricorso, il suo potere consistente nel controllare l’esistenza di un aiuto di Stato in materia fiscale non è limitato al caso in cui esista una deroga formale alla norma tributaria nazionale. Infatti, la tecnica normativa non rileva ai fini della valutazione degli effetti di una misura nazionale alla luce dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 79). Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non ha ecceduto i suoi poteri esaminando la non imposizione di una categoria di redditi, ossia la loro mancata inclusione nelle categorie di redditi imponibili, alla luce dei principi di base del regime di tassazione attuato dall’ITA 2010.

69      Infine, gli errori di valutazione e le violazioni addotti dalle ricorrenti, segnatamente per quanto concerne l’individuazione dell’obiettivo e dei principi di base dell’ITA 2010, l’omessa dimostrazione di un’eventuale discriminazione, nonché l’applicazione, al caso di specie, delle sentenze del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732) e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981), sono inoperanti al fine di dimostrare l’eventuale incompetenza della Commissione. Argomenti del genere sono intesi, al contrario, ad attestare vuoi manifesti errori di valutazione nonché una violazione, da parte della Commissione, dell’articolo 107 TFUE, vuoi errori e una violazione commessi nell’ambito dell’esercizio stesso della sua competenza.

70      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre constatare che la Commissione non ha violato l’articolo 5 TUE quando ha adottato la decisione impugnata.

71      In secondo luogo, per quanto riguarda l’addebito di uno sviamento di potere, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base a indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato (v., in tal senso, sentenze del 16 aprile 2013, Spagna e Italia/Consiglio, C‑274/11 e C‑295/11, EU:C:2013:240, punto 33, e del 12 luglio 2018, PA/Parlamento, T‑608/16, non pubblicata, EU:T:2018:440, punto 42).

72      Orbene, nella specie, non può essere addebitato alla Commissione di essere incorsa in uno sviamento di potere adottando la decisione impugnata, la quale, al termine di una fase d’indagine formale, è intesa a constatare che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno.

73      Inoltre, la mera affermazione secondo la quale la Commissione avrebbe fatto uso dei suoi poteri in materia di aiuti di Stato per lottare contro una duplice esenzione apparente non costituisce un insieme di indizi oggettivi, pertinenti e concordanti che consentono di constatare che essa avrebbe tentato di eludere la procedura prevista all’articolo 116 TFUE. A parte il fatto che la decisione impugnata non è intesa a rimettere in discussione l’applicazione del principio di territorialità, occorre constatare, da un lato, che l’analisi secondo la quale la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituirebbe una misura di aiuto non tiene conto della questione se tali redditi siano tassati o meno in altre giurisdizioni fiscali e si basa unicamente sulle norme tributarie applicabili a Gibilterra. Dall’altro, dalla decisione impugnata non risulta che la Commissione avrebbe tentato di allineare il diritto tributario applicabile a Gibilterra ai diritti applicabili nei diversi Stati membri.

74      In tali circostanze, occorre constatare che la Commissione non è incorsa in uno sviamento di potere.

75      Alla luce delle considerazioni che precedono, il primo motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, deve essere respinto.

2.      Sui motivi vertenti su manifesti errori di valutazione e sulla violazione dellarticolo 107, paragrafo 1, TFUE (secondo, terzo e quarto motivo, diretti allannullamento dellarticolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

76      In sostanza, il secondo, il terzo e il quarto motivo, diretti all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, sono relativi a manifesti errori di valutazione e alla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, nella misura in cui la Commissione ha ritenuto che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties conferisse un vantaggio selettivo ai suoi beneficiari. Le ricorrenti contestano, in primo luogo, l’analisi del vantaggio (secondo motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata); in secondo luogo, le conclusioni relative alla selettività (terzo motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata) e, in terzo luogo, la portata del vantaggio selettivo constatato dalla Commissione (terzo motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata). I diversi motivi sollevati dalle ricorrenti rimandano ai manifesti errori di valutazione relativi al contenuto e alla portata del diritto tributario di Gibilterra, identificati nella sezione a) della prima parte del ricorso.

a)      Considerazioni preliminari

1)      Sulla misura di aiuto oggetto dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata

77      In via preliminare, occorre ricordare che, come risulta dai considerando 28, 33, 82 della decisione impugnata, la misura oggetto dell’articolo 1, paragrafo 2, di detta decisione è la non imposizione dei redditi derivanti da royalties, qualificata dalla Commissione come «esenzione fiscale del [reddito derivante da] royalties». Come rilevato dalla Commissione ai considerando 28, 33 e 93 della decisione impugnata, tale non imposizione risulta dalla mancata inclusione dei redditi derivanti da royalties nelle categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, il quale indica in maniera esaustiva le categorie di redditi imponibili a Gibilterra.

78      A tal riguardo, occorre rilevare, da un lato, che dalla decisione di avvio del procedimento (v., segnatamente, il considerando 34 di detta decisione), alla luce della quale deve essere letta la decisione impugnata, risulta che la misura oggetto dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata è, più precisamente, la non imposizione dei redditi derivanti da royalties in quanto redditi passivi («passive income»). Una siffatta lettura si evince parimenti dal considerando 76 della decisione impugnata, in combinato disposto con la nota a piè di pagina 25 di detta decisione, in cui la Commissione ha spiegato che la valutazione contenuta nella decisione impugnata verteva unicamente sui redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties e non riguardava altre categorie di redditi passivi. Dall’altro, come è stato precisato al considerando 76 della decisione impugnata, l’esame della non imposizione dei redditi derivanti da royalties interessava unicamente il periodo compreso fra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2013.

79      Orbene, in primo luogo, nella misura in cui le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha erroneamente qualificato la non imposizione dei redditi derivanti da royalties come «esenzione implicita» e ha omesso di prendere in considerazione il fatto che, ai sensi dell’articolo 11 dell’ITA 2010, solo i redditi rientranti in una delle categorie elencate all’allegato 1 erano soggetti ad imposta a Gibilterra, occorre rilevare che, al considerando 93 della decisione impugnata, la Commissione ha effettivamente tenuto conto del fatto che, ai sensi dell’articolo 11 de l’ITA 2010, solo i redditi rientranti in una delle categorie elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010 erano soggetti ad imposta a Gibilterra. Infatti, essa ha chiarito, nella decisione impugnata, che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituiva un’«esenzione implicita», nella misura in cui i redditi derivanti da royalties non erano inclusi nelle categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 e rientranti nell’ambito di applicazione del regime fiscale dell’ITA 2010. Dai considerando 28, 32 e 33, nonché dalla nota a piè di pagina 17 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha effettivamente tenuto conto del fatto che, tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013, i redditi derivanti da royalties non erano inclusi nelle categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010 e non erano soggetti ad imposta.

80      Inoltre, occorre ricordare, a tal riguardo, la giurisprudenza costante a termini della quale l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non distingue gli interventi statali secondo le cause o gli obiettivi, bensì li definisce in funzione dei loro effetti e, quindi, indipendentemente dalle tecniche impiegate (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

81      Pertanto, la circostanza che i redditi derivanti da royalties non fossero soggetti all’imposta sui redditi a Gibilterra, a causa della loro mancata inclusione nelle categorie di redditi elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, produceva gli stessi effetti che si sarebbero prodotti se tale categoria di redditi fosse stata elencata in detto allegato, ma avesse beneficiato formalmente di un’esenzione d’imposta. Infatti, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nelle sue conclusioni nella causa Wereldhave Belgium e a. (C‑448/15, EU:C:2016:808, paragrafi 40 e 42), nei casi di non assoggettamento, il fatto generatore non si produce, mentre, nei casi di esenzione, esso si produce. In questi ultimi casi, l’obbligo fiscale principale è sorto, in teoria, ma il soggetto passivo è esentato dalla legge in tutto o in parte dal pagamento, il quale, in definitiva, non può essere preteso a carico del medesimo. In tal senso, il «non assoggettamento» e l’«esenzione» producono gli stessi effetti, ossia la non imposizione. Ne deriva che la Commissione non è incorsa in alcun errore là dove ha qualificato la non imposizione dei redditi derivanti da royalties come «esenzione implicita».

82      In secondo luogo, nella misura in cui le ricorrenti contestano l’affermazione contenuta al considerando 33 della decisione impugnata, secondo la quale i redditi derivanti da royalties non erano mai imponibili ai sensi dell’ITA 2010, e fanno valere che siffatti redditi rientravano, anche prima della modifica del 2013 dell’ITA 2010, nella categoria A di redditi elencata all’allegato 1 dell’ITA 2010, ossia degli utili «da attività commerciale, economica e professionale», occorre rilevare quanto segue.

83      Come risulta dai punti 77 e 78 supra, la misura oggetto dell’articolo 1, paragrafo 2, di detta decisione è la non imposizione dei redditi derivanti da royalties, qualificata dalla Commissione come «esenzione fiscale del [reddito derivante da] royalties», quale essa risulta dalla mancata inclusione dei redditi derivanti da royalties nelle categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010. Tale misura riguarda specificamente i redditi derivanti da royalties, in quanto essi costituiscono redditi passivi. Orbene, le ricorrenti ammettono esse stesse che i redditi da royalties «meramente passivi», non risultanti da un’attività imprenditoriale, non rientravano in nessuna categoria di redditi elencata all’allegato 1 dell’ITA 2010 sino all’entrata in vigore, il 1° gennaio 2014, delle modifiche del 2013 dell’ITA 2010 e non erano, per questo motivo, imponibili a Gibilterra.

84      Ne discende che gli errori addotti dalle ricorrenti non sono idonei a rimettere in discussione la constatazione secondo la quale i redditi derivanti da royalties, i quali costituiscono redditi passivi, non erano inclusi, in linea di principio, nelle categorie di redditi elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, nella sua versione anteriore al 1° gennaio 2014, e non erano, di conseguenza, imponibili a Gibilterra. Di conseguenza, tali argomenti non sono idonei a rimettere in discussione la legittimità dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata e devono essere respinti in quanto inoperanti.

85      In ogni caso, la Commissione non è incorsa in errore nell’affermare che i redditi derivanti da royalties non erano imponibili a Gibilterra, senza verificare se tali redditi potevano essere tassati nell’ambito della categoria A dei redditi elencati all’allegato 1 dell’ITA 2010.

86      Infatti, le autorità del Regno Unito e di Gibilterra hanno costantemente confermato, nelle loro diverse osservazioni sottoposte nell’ambito del procedimento amministrativo, che i redditi derivanti da royalties non erano imponibili a Gibilterra in applicazione dell’ITA 2010, nella sua versione in vigore tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013. Inoltre, il Regno Unito ha chiaramente spiegato, nella presentazione dell’ITA 2010 allegata alle sue osservazioni del 14 settembre 2012, che i redditi derivanti da siffatte royalties non erano inclusi nelle categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010 e, in particolare, che essi non potevano essere considerati come utili da attività commerciale o economica rientranti nella categoria A di redditi elencata a detto allegato.

87      Inoltre, occorre rilevare che l’interpretazione dell’ITA 2010 secondo la quale i redditi derivanti da royalties non erano mai imponibili a Gibilterra è compatibile con il contenuto della domanda di ruling fiscale, datata 11 settembre 2012, sulla base della quale è stato concesso il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012. Infatti, in tale documento, le ricorrenti avevano indicato esse stesse che, a loro avviso, qualsiasi reddito derivante da royalties percepito dalla MJN GibCo non rientrava in nessuna delle categorie d redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010.

88      Ne discende che la Commissione non è incorsa in errore nel ritenere che i redditi derivanti da royalties non fossero imponibili a Gibilterra tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013, e neppure nel verificare se una siffatta misura di non imposizione fosse idonea a conferire un vantaggio selettivo ai suoi beneficiari e, pertanto, a costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

2)      Sull’esame dei criteri del vantaggio e della selettività

89      Secondo la giurisprudenza, la qualificazione come aiuto di Stato richiede che tutte le condizioni di cui all’articolo 107 TFUE siano soddisfatte. È in tal senso stabilito che, affinché una misura possa essere qualificata come aiuto di Stato ai sensi di tale disposizione, in primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali; in secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri; in terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario e, in quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (v. sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck, C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

90      Occorre rilevare, a tal riguardo, che, nell’ambito dell’analisi delle misure fiscali nell’ottica dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, l’esame tanto del criterio del vantaggio quanto della selettività implica, in via preliminare, la determinazione delle regole normali di imposizione che formano il contesto di riferimento rilevante per tale esame.

91      Da un lato, nel caso delle misure fiscali, l’esistenza stessa di un vantaggio può essere accertata solo rispetto a un livello di tassazione definito «normale» (sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 56). Infatti, una siffatta misura conferisce un vantaggio economico al suo beneficiario allorché allevia gli oneri che di regola gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, pur senza costituire sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti (sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia, C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 22). Pertanto, è esattamente il livello di tassazione definito «normale» ad essere fissato dall’ambito di riferimento.

92      Dall’altro, la qualificazione di una misura fiscale nazionale come selettiva presuppone, in un primo momento, l’identificazione e il previo esame del regime tributario comune o «normale» applicabile nello Stato membro interessato (sentenza dell’8 settembre 2011, Paint Graphos e a., da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 49).

93      Inoltre, la Commissione ha precisato la sua interpretazione della nozione di ambito di riferimento nella sua comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (GU 2016, C 262, pag. 1). Tale comunicazione, pur se non è idonea a vincolare il Tribunale, può tuttavia costituire una fonte di ispirazione utile (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 26 luglio 2017, Repubblica ceca/Commissione, C‑696/15 P, EU:C:2017:595, punto 53).

94      Al punto 133 della comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato viene indicato segnatamente che il sistema di riferimento si compone di un insieme coerente di norme che generalmente si applicano, sulla base di criteri oggettivi, a tutte le imprese che rientrano nel campo di applicazione definito dal suo obiettivo. A detto punto della comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato viene precisato che, di solito, queste norme definiscono non solo il campo di applicazione del sistema ma anche le condizioni alle quali viene applicato, i diritti e gli obblighi delle imprese ad esso assoggettate e le modalità tecniche di funzionamento del sistema stesso.

95      Nella specie, sebbene le ricorrenti non neghino che la Commissione ha correttamente considerato che l’ITA 2010 costituiva le regole normali di imposizione che formano l’ambito di riferimento pertinente per esaminare la non imposizione dei redditi derivanti da royalties, esse contestano, a sostegno dei motivi dal secondo al quarto, diretti all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, l’interpretazione adottata dalla Commissione in relazione al contenuto e all’obiettivo dell’ITA 2010.

96      Di conseguenza, occorre esaminare, in un primo momento, gli argomenti delle ricorrenti diretti a contestare l’interpretazione, da parte della Commissione, del contenuto e dell’obiettivo delle regole normali di imposizione dei redditi delle società a Gibilterra che costituiscono l’ambito di riferimento prima di, in un secondo momento, i diversi motivi intesi a contestare l’analisi del vantaggio selettivo effettuata dalla Commissione.

b)      Sulle valutazioni della Commissione relative allambito di riferimento e alle regole normali di imposizione a Gibilterra

97      Come risulta dai considerando da 28 a 30 della decisione impugnata, le disposizioni rilevanti dell’ITA 2010 per quanto riguardava il regime di tassazione dei redditi delle società a Gibilterra erano, principalmente, gli articoli 11, 16 e 74.

98      La parte II dell’ITA 2010, intitolata «Assoggettamento all’imposta» («Charge to Tax»), includeva segnatamente l’articolo 11 dell’ITA 2010, intitolato «L’assoggettamento all’imposta» («The Charge to Taxation»), il quale disponeva quanto segue:

«1. Ai sensi delle disposizioni [dell’ITA 2010] e delle norme, l’imposta sarà dovuta all’aliquota fissata periodicamente per ciascun anno fiscale o per ciascun periodo contabile sui redditi di ogni persona specificata nelle tabelle da A a C (…) dell’allegato 1 e maturati o aventi origine a Gibilterra.

(…)».

99      Nella versione applicabile tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013, l’allegato 1, intitolato «Head of charges», al quale rimanda direttamente l’articolo 11, paragrafo 1, dell’ITA 2010, individuava tre categorie di redditi imponibili a Gibilterra, ossia:

–        la categoria A, che comprendeva, da un lato, gli utili e i guadagni di un’impresa o di un trust risultanti da qualsiasi attività commerciale, economica o professionale (trade, business, profession or vocation) e, dall’altro, i redditi da proprietà immobiliare (real property);

–        la categoria B, che riguardava i redditi dei lavoratori dipendenti e autonomi;

–        la categoria C, che riguardava gli «Altri redditi» (other income), fra i quali figuravano, segnatamente, i dividendi e i redditi da fondi e pensioni.

100    Inoltre, l’articolo 74 dell’ITA 2010 definiva la nozione di «maturato o avente origine a Gibilterra», impiegata all’articolo 11 dell’ITA 2010, nei seguenti termini:

«a)      Fatta salva la lettera b), essere definito tramite riferimento al luogo in cui vengono svolte le attività (o la parte preponderante delle attività) all’origine degli utili.

b)      ai fini della lettera a), [si ritiene che] la parte preponderante delle attività che danno luogo agli utili dell’impresa abbia avuto luogo a Gibilterra nel caso di:

i)      un’impresa la cui attività sottesa che genera il reddito è soggetta a licenza e ad una normativa nella vigenza della legge di Gibilterra oppure di;

ii)      un’impresa che può effettuare legalmente transazioni a Gibilterra, tramite una succursale o una qualsivoglia forma di organizzazione permanente, per il fatto di essere titolare di una licenza in una altra giurisdizione che gode di diritti di passaggio a Gibilterra e che, altrimenti, esigerebbe una siffatta licenza e sarebbe disciplinata a Gibilterra;

c)      la lettera b) non si applica ad alcuna succursale o organizzazione stabile di una società di Gibilterra che esercita attività al di fuori di Gibilterra a concorrenza delle attività così esercitate al di fuori di Gibilterra».

101    La parte III dell’ITA 2010, intitolata «Calcolo dell’imposta» («computation of assessment»), includeva l’articolo 16, paragrafo 1, intitolato «Base imponibile» («basis of assessment»), a termini del quale:

«1. Salvo disposizione contraria, gli utili o i guadagni imponibili di un’impresa sono costituiti dall’intero ammontare degli utili o guadagni registrati da tale impresa per un periodo contabile».

102    Da un lato, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha erroneamente ritenuto, in violazione del carattere «cedolare» del regime di tassazione dei redditi delle società a Gibilterra, che l’obiettivo dell’ITA 2010 consistesse nel tassare l’utile contabile e quindi tutti i redditi delle società contribuenti. Dall’altro, esse fanno valere che la Commissione avrebbe erroneamente concluso che, in forza del principio di territorialità, i redditi derivanti da royalties percepite da società di Gibilterra erano considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra.

103    Nella misura in cui le parti sono in disaccordo sull’onere della prova nonché sulla portata del controllo che il Tribunale deve effettuare sulle valutazioni della Commissione per quanto concerne il contenuto e la portata del diritto tributario di Gibilterra, occorre rilevare che, nell’ambito dell’adozione di una decisione in materia di aiuti di Stato, l’accertamento del diritto nazionale è una questione di fatto (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, A2A/Commissione, C‑318/09 P, non pubblicata, EU:C:2011:856, punto 125 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, la questione se e in quale misura la Commissione abbia correttamente interpretato il contenuto e la portata di una norma di diritto nazionale rientra in una valutazione di merito del giudice dell’Unione ed è soggetta alle regole sulla produzione delle prove e sulla ripartizione dell’onere della prova (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2015, Comunidad Autónoma del País Vasco e Itelazpi/Commissione, T‑462/13, EU:T:2015:902, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

104    Occorre ricordare, a tal riguardo, che, nell’ambito del controllo degli aiuti di Stato, spetta, in linea di principio, alla Commissione fornire, nella decisione impugnata, la prova dell’esistenza di un siffatto aiuto (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2007, Olympiaki Aeroporia Ypiresies/Commissione, T‑68/03, EU:T:2007:253, punto 34, e del 25 giugno 2015, SACE e Sace BT/Commissione, T‑305/13, EU:T:2015:435, punto 95). In tale contesto, essa è tenuta a condurre in modo diligente e imparziale il procedimento di indagine sulle misure in esame, in modo da poter disporre, all’atto dell’adozione della decisione finale sull’esistenza e, se del caso, sull’incompatibilità o sull’illegittimità dell’aiuto, di elementi il più possibile completi e affidabili (v., in tal senso, sentenze del 2 settembre 2010, Commissione/Scott, C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punto 90, e del 3 aprile 2014, Francia/Commissione, C‑559/12 P, EU:C:2014:217, punto 63).

105    Inoltre, in materia di aiuti di Stato, la ripartizione dell’onere della prova è subordinata al rispetto dei rispettivi obblighi procedurali gravanti sulla Commissione e sullo Stato membro interessato, nell’ambito dell’esercizio, da parte di tale istituzione, del potere di cui essa dispone per indurre lo Stato membro a fornirle tutte le informazioni necessarie (v. sentenza del 28 novembre 2008, Hotel Cipriani e a./Commissione, T‑254/00, T‑270/00 e T‑277/00, EU:T:2008:537, punto 232 e giurisprudenza ivi citata). In particolare, spetta allo Stato membro interessato, in forza del dovere di collaborazione con la Commissione ad esso incombente, e alle parti interessate debitamente invitate a presentare le loro osservazioni in osservanza dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, illustrare i loro argomenti e fornire alla Commissione tutte le informazioni che possano far luce sul complesso dei dati del caso (v., in tal senso, sentenza del 28 novembre 2008, Hotel Cipriani e a./Commissione, T‑254/00, T‑270/00 e T‑277/00, EU:T:2008:537, punto 233).

106    Infatti, la Commissione non è obbligata ad esaminare d’ufficio e per congetture quali siano gli elementi di fatto o di diritto che avrebbero potuto esserle presentati nel corso del procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 60, e del 14 gennaio 2004, Fleuren Compost/Commissione, T‑109/01, EU:T:2004:4, punto 49).

107    Infine, occorre rilevare che, nell’ambito di un ricorso di annullamento fondato sull’articolo 263 TFUE, la legittimità di una decisione in materia di aiuti di Stato deve essere valutata alla luce delle informazioni, segnatamente per quanto riguarda il contesto normativo nazionale, di cui la Commissione poteva disporre quando l’ha adottata (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2014, Zweckverband Tierkörperbeseitigung/Commissione, T‑309/12, non pubblicata, EU:T:2014:676, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

108    È alla luce di tali principi che occorre esaminare i diversi errori fatti valere dalle ricorrenti con riferimento alla valutazione, da parte della Commissione, del contenuto e della portata dell’ITA del 2010.

1)      Sull’obiettivo dell’ITA 2010 e sull’individuazione dei redditi imponibili in forza di tale legge

109    Con una prima serie di argomenti, le ricorrenti mirano, in sostanza, a contestare le valutazioni della Commissione secondo le quali l’ITA 2010 era intesa a tassare la totalità dell’utile contabile e dunque tutti i redditi maturati o aventi origine a Gibilterra. Esse addebitano, in particolare, alla Commissione, di non avere tenuto conto del fatto che solo talune categorie di redditi, elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, erano imponibili a Gibilterra.

110    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha erroneamente ritenuto, segnatamente al considerando 90 della decisione impugnata, che l’utile contabile costituisse la base imponibile delle società con sede a Gibilterra e che l’obiettivo dell’ITA 2010 fosse quello di tassare la totalità dell’«utile contabile» di dette società, cosicché tutti i loro redditi sarebbero rientrati nell’ambito di applicazione dell’ITA 2010. Infatti, i redditi delle società sarebbero stati imponibili a Gibilterra soltanto alla duplice condizione che rientrassero nelle «categorie di redditi soggetti a tassazione» elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010 (articolo 11 dell’ITA 2010) e che fossero maturati o avessero origine a Gibilterra (articoli 11 e 74 dell’ITA 2010). A tal riguardo, le ricorrenti sostengono che il regime di tassazione a Gibilterra era un regime «cedolare», poiché consisteva nell’assoggettare ad imposta soltanto talune categorie di redditi definite in maniera precisa dalla legge. Infatti, non esisterebbe alcuna norma generale in forza della quale i redditi di una società avente sede a Gibilterra sarebbero stati generalmente ivi tassati. Inoltre, la Commissione non avrebbe tenuto conto in maniera sufficiente dell’articolo 11 dell’ITA 2010, che sarebbe stata la disposizione fondamentale per determinare i redditi che sarebbero stati imponibili a Gibilterra, e alla luce della quale le altre disposizioni dell’ITA 2010, tra cui l’articolo 16, avrebbero dovuto essere lette.

111    In particolare, le ricorrenti insistono sul fatto che i redditi passivi derivanti da royalties non erano inclusi nella base imponibile e non rientravano dunque nell’ambito di applicazione dell’ITA 2010. L’obiettivo dell’ITA 2010 non sarebbe consistito nel tassare le società sull’integralità del loro utile contabile, ma soltanto sulle categorie di redditi elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010.

112    Inoltre, le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe erroneamente affermato, segnatamente al punto 28 della decisione impugnata, che le società abitualmente residenti a Gibilterra erano, in linea di principio, imponibili a Gibilterra. Il regime di tassazione a Gibilterra sarebbe stato «fondato sull’origine» o «sulla fonte» dei redditi percepiti e non «sulla residenza» della società che li percepiva e l’imposta sarebbe stata dovuta a Gibilterra solo per i redditi «maturati o aventi origine a Gibilterra».

113    La Commissione contesta tali argomenti.

114    In via preliminare, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non ha affermato, al considerando 28 della decisione impugnata, che le società abitualmente residenti a Gibilterra erano ivi, in linea di principio, imponibili, né che il regime di tassazione a Gibilterra era fondato sull’origine del soggetto passivo. Infatti, essa si è limitata ad affermare che le società abitualmente residenti a Gibilterra «po[teva]no» essere un contribuente a Gibilterra. La Commissione ha peraltro spiegato, ai considerando 28 e 30 della decisione impugnata, che le categorie di redditi imponibili a Gibilterra erano elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010 e che tali redditi potevano essere assoggettati ad imposta a Gibilterra solo se fossero maturati o avessero origine in tale paese.

115    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione ha effettivamente tenuto conto del fatto che l’articolo 11 dell’ITA 2010 prevedeva che solo i redditi inclusi nelle categorie di reddito elencate all’allegato 1 di detta legge fossero imponibili. Una siffatta constatazione risulta in particolare dal considerando 28 della decisione impugnata, nel quale la Commissione ha riprodotto le tre categorie di reddito elencate nelle tabelle A, B e C dell’allegato 1 dell’ITA 2010, nonché dal considerando 93 di questa stessa decisione, in cui essa ha concluso, sulla base della constatazione che le royalties non erano incluse nelle categorie di reddito imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, che esse erano implicitamente esentate dall’imposta.

116    Analogamente, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non ha ritenuto, nella decisione impugnata, che l’obiettivo dell’ITA 2010 fosse tassare i contribuenti sulla totalità del loro utile contabile. Infatti, al punto 93 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che l’obiettivo dell’ITA 2010 era quello di «riscuotere entrate da contribuenti tassabili a Gibilterra (ad esempio, i contribuenti che percepiscono redditi maturati o aventi origine a Gibilterra)». Inoltre, dal punto 82 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha fondato la propria analisi della non imposizione dei redditi derivanti da royalties sulla constatazione che l’ITA 2010 si basava sul «principio generale secondo il quale l’imposta sul reddito delle società v[eniva] riscossa da tutti i soggetti passivi che percepi[va]no un reddito avente origine o maturato a Gibilterra».

117    Alla luce di tali elementi e nella misura in cui le ricorrenti addebitano alla Commissione di non avere tenuto conto del fatto che il regime fiscale di Gibilterra sarebbe stato un regime cedolare con l’obiettivo di tassare unicamente le società sulle categorie di reddito elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, occorre analizzare se la Commissione fosse legittimata a ritenere che l’obiettivo dell’ITA 2010 era quello di tassare i redditi maturati o aventi origine a Gibilterra.

118    Al riguardo, si deve ricordare che la nozione di obiettivo o di natura del regime normale di tassazione che forma l’ambito di riferimento si riferisce ai principi informatori o basilari di tale regime e non si riferisce né alle politiche che possono, se del caso, essere finanziate con le risorse che esso procura, né agli obiettivi che potrebbero essere perseguiti mediante l’introduzione di deroghe a tale regime (sentenza del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione, T‑836/16 e T‑624/17, EU:T:2019:338, punto 62).

119    In primo luogo, è pacifico che dall’articolo 11 dell’ITA 2010, intitolato «Assoggettamento ad imposta», come riprodotto al punto 98 supra, risulta che il regime di tassazione di Gibilterra si basa sul principio di territorialità, ai sensi del quale sono imponibili i redditi maturati o aventi origine a Gibilterra. Inoltre, le autorità del Regno Unito hanno specificato a più riprese, segnatamente nelle loro osservazioni del 14 settembre 2012, che la base territoriale di imposizione costituiva la caratteristica centrale o ancora la regola generale («general norm») del regime di tassazione di Gibilterra.

120    In secondo luogo, occorre sottolineare che l’articolo 16 dell’ITA 2010, intitolato «Base imponibile», dispone che i redditi imponibili di una società sono costituiti dall’ammontare totale degli utili contabili su un periodo contabile. Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, e come fatto valere correttamente dalla Commissione, dal titolo e dal testo dell’articolo 16 dell’ITA 2010 (v. punto 101 supra) risulta che esso verte sull’individuazione, in quanto tale, della base imponibile e non soltanto sul periodo di riferimento da prendere in considerazione per determinare siffatta base.

121    Da tale disposizione risulta che la totalità dei redditi contabili percepiti dal contribuente viene presa in considerazione ai fini dell’imposizione a Gibilterra. Occorre cionondimeno rilevare, come emerge dai considerando 30, 90 e 91 della decisione impugnata, che il calcolo della base imponibile delle società viene effettuato su base territoriale, come è indicato all’articolo 11 dell’ITA 2010, cosicché i redditi contabili possono essere tassati solo se «maturati o aventi origine a Gibilterra».

122    In tale contesto, occorre rilevare che, nelle loro osservazioni del 3 dicembre 2012, le autorità del Regno Unito hanno precisato che tutte le società che percepivano redditi maturati o aventi origine a Gibilterra erano soggette ad imposta in applicazione dell’ITA 2010. Esse hanno aggiunto che il principio di territorialità si applicava di norma a tutte le società e a tutti i tipi di reddito di queste ultime. Analogamente, nelle loro osservazioni del 18 aprile 2013, le autorità del Regno Unito hanno specificato ancora una volta che il regime territoriale di tassazione previsto dall’ITA 2010 si applicava a tutte le imprese di tutti i settori dell’industria, della finanza e del commercio e che un siffatto principio era universale nella sua applicazione.

123    Risulta dunque dalla lettura degli articoli 11 e 16 dell’ITA 2010, come citati ai punti da 98 a 101 supra, nonché dalle osservazioni presentate dalle autorità del Regno Unito in occasione del procedimento amministrativo, che tali disposizioni dovevano essere interpretate nel senso che il regime di tassazione istituito dall’ITA 2010 si basava su due principi di base, ossia il principio di territorialità, ai sensi del quale i redditi maturati o aventi origine a Gibilterra erano soggetti ad imposta, e il principio secondo il quale la totalità dei redditi contabili dei contribuenti era imponibile. Ne discende che la Commissione ha correttamente ritenuto che il regime di tassazione di Gibilterra, come introdotto dall’ITA 2010, si basasse sull’obiettivo di tassare tutti i soggetti passivi sui loro redditi maturati o aventi origine a Gibilterra.

124    In aggiunta, si deve rilevare che né le autorità del Regno Unito né le autorità di Gibilterra hanno contestato, nelle loro rispettive osservazioni sulla decisione di avvio del procedimento, la lettura della Commissione secondo cui l’obiettivo dell’ITA 2010 consisteva nel tassare tutti i soggetti passivi sui loro redditi maturati o aventi origine a Gibilterra. Infatti, le autorità del Regno Unito e di Gibilterra si sono limitate a far valere che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties non costituiva una misura selettiva, poiché si trattava di una misura generale, applicabile a tutti i settori dell’industria, del commercio e delle finanze, e a disposizione di tutte le imprese. Esse non hanno formulato alcuna osservazione sul considerando 32 della decisione di avvio del procedimento, nel quale la Commissione ha espressamente affermato che il principio di base del regime impositivo di Gibilterra consisteva nella tassazione di tutte le società che percepiscono redditi maturati o aventi origine a Gibilterra, evitando in tal modo la doppia imposizione e consentendo una semplificazione. Analogamente, le autorità del Regno Unito e di Gibilterra non hanno contestato il contenuto del considerando 35 della decisione di avvio del procedimento, nel quale la Commissione ha chiaramente affermato che l’obiettivo del regime di tassazione di Gibilterra consisteva nel tassare tutte le società che percepiscono redditi maturati o aventi origine a Gibilterra.

125    A tal riguardo, nella misura in cui le ricorrenti rimettono in discussione la rilevanza delle osservazioni del Regno Unito e adducono che il fatto che né le autorità del Regno Unito né quelle di Gibilterra abbiano contestato l’interpretazione delle disposizioni dell’ITA 2010, operata dalla Commissione durante il procedimento d’indagine formale, non osterebbe a che esse rimettano in discussione tale interpretazione, occorre rilevare che, come risulta dai punti da 103 a 107 supra, nell’ambito dell’esame di una misura fiscale ai sensi dell’articolo 107 TFUE, il controllo dell’interpretazione del diritto nazionale adottata dalla Commissione, la quale costituisce una questione di fatto, deve essere effettuato alla luce degli elementi disponibili alla data dell’adozione della decisione impugnata e tenendo conto delle informazioni comunicate dallo Stato membro di cui trattasi e dalle parti interessate. In tale contesto, si deve sottolineare, in particolare, che, nell’ambito del procedimento d’indagine formale, spetta allo Stato membro e al potenziale beneficiario della misura oggetto di detto procedimento informare la Commissione su tutti gli elementi del caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2004, Ferriere Nord/Commissione, T‑176/01, EU:T:2004:336, punto 93).

126    Orbene, dato che gli elementi di informazione sui quali la Commissione si è fondata per interpretare il diritto nazionale promanavano direttamente dalle autorità dello Stato membro e del territorio interessati dal procedimento ed erano stati reiterati in diversi scambi e che la comprensione da parte della Commissione delle informazioni comunicate da tali autorità era stata implicitamente confermata al termine della decisione di avvio del procedimento, alla Commissione non può essere addebitato di avere ritenuto che tali informazioni fossero sufficientemente attendibili e credibili. Inoltre, nella misura in cui le osservazioni formulate dalle autorità del Regno Unito e di Gibilterra non contraddicevano il contenuto delle disposizioni rilevanti dell’ITA 2010 e la Commissione non disponeva di informazioni idonee a rimettere in discussione tali osservazioni, essa poteva, alla data dell’adozione della decisione impugnata, fondarsi sulle medesime per interpretare il diritto tributario di Gibilterra.

127    Occorre peraltro rilevare che le ricorrenti, benché fossero state messe nelle condizioni di formulare osservazioni sulla decisione di avvio del procedimento e benché da quest’ultima emergesse chiaramente che l’oggetto del procedimento verteva sui redditi, derivanti da royalties, percepiti dalle società di Gibilterra tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013, non hanno reputato necessario farlo. Né la perizia prodotta dalle ricorrenti in allegato alla replica (in prosieguo: la «perizia»), né le informazioni che essa conteneva in relazione al carattere asseritamente cedolare del regime di tassazione di Gibilterra erano state comunicate alla Commissione dalle parti prima dell’adozione della decisione impugnata. Orbene, come risulta dal punto 106 supra, in assenza di informazioni idonee a rimettere in discussione l’interpretazione del diritto tributario nazionale adottata nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione non poteva esaminare per congetture tutti gli argomenti che avrebbero potuto rimettere potenzialmente in discussione la sua interpretazione del diritto nazionale, la quale, del resto, era stata confermata dalle autorità dello Stato membro e del territorio interessati. Si aggiunga che, come emerge dall’insieme delle considerazioni che precedono, le ricorrenti non sono riuscite a dimostrare che le informazioni sulla base delle quali la Commissione si è fondata erano erronee o difettavano di attendibilità e di credibilità.

128    Da quanto suesposto deriva che la Commissione ha correttamente ritenuto che il regime di tassazione di Gibilterra fosse un regime territoriale di tassazione, ai sensi del quale tutti i redditi maturati o aventi origine a Gibilterra dovevano essere ivi tassati.

129    Siffatta constatazione non viene rimessa in discussione dagli altri argomenti delle ricorrenti.

130    In particolare, nella misura in cui le ricorrenti fanno valere che il regime di tassazione di Gibilterra era un regime cedolare il cui obiettivo consisteva nel tassare le categorie di redditi elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, occorre effettivamente rilevare che, come sostenuto dalle ricorrenti, l’articolo 11 dell’ITA 2010 implica che, per essere imponibili, i redditi delle società devono rientrare in una delle categorie di redditi elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010. Pertanto, in assenza di una siffatta inclusione, come nel caso dei redditi derivanti da royalties, alcuni tipi di redditi potevano sottrarsi tecnicamente a qualsivoglia imposizione ai sensi dell’ITA 2010.

131    Tuttavia, occorre anzitutto sottolineare che né le autorità di Gibilterra né quelle del Regno Unito hanno mai affermato che il regime di tassazione di Gibilterra era un regime cedolare. Al contrario, esse hanno precisato, nelle loro osservazioni del 14 novembre 2013, che l’ITA 2010 prevedeva un unico regime di tassazione, a prescindere dalle categorie di redditi imponibili enunciate nelle tabelle da A a C dell’allegato 1 dell’ITA 2010. Inoltre, nelle diverse osservazioni presentate in occasione del procedimento amministrativo, le autorità del Regno Unito si sono limitate a definire il regime di tassazione di Gibilterra come un regime territoriale di tassazione.

132    Si deve poi rilevare che le regole normali di imposizione o, in altre parole, le regole che costituiscono il contesto di riferimento, devono essere esaminate globalmente e alla luce dei principi di base del regime nazionale di tassazione. Infatti, una misura fiscale non può essere giustamente valutata in base ad alcune disposizioni estrapolate artificiosamente da un quadro normativo più ampio [v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2018, Andres (fallimento Heitkamp BauHolding)/Commissione, C‑203/16 P, EU:C:2018:505, punto 103].

133    Orbene, ritenere, come fatto valere dalle ricorrenti, che il regime di tassazione di Gibilterra attuato dall’ITA 2010 sia un regime cedolare il cui obiettivo consiste nel tassare le categorie di redditi elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010 equivarrebbe a trascurare le altre disposizioni dell’ITA 2010 e, dunque, la logica dei principi di base di tale regime di tassazione. Infatti, come è stato osservato al punto 121 supra, l’ITA 2010 si fonda non solo sul principio di territorialità, come sancito al suo articolo 11, ma anche sul principio secondo il quale la totalità dei redditi contabili dei contribuenti è soggetta ad imposta, come risulta dal suo articolo 16. Sono questi due principi a dover essere presi in considerazione ai fini dell’esame dell’obiettivo perseguito dall’ITA 2010.

134    Infine, in conformità alla giurisprudenza, il ricorso a una determinata tecnica regolamentare non può consentire a norme tributarie nazionali di sfuggire immediatamente al controllo previsto dal Trattato FUE in materia di aiuti di Stato. Analogamente, salvo anteporre in modo decisivo la forma degli interventi statali ai loro effetti, la tecnica regolamentare utilizzata non può essere un elemento decisivo ai fini dell’esame del contenuto e della portata delle norme che costituiscono il quadro di riferimento [v., per analogia, sentenza del 28 giugno 2018, Andres (fallimento Heitkamp BauHolding)/Commissione, C‑203/16 P, EU:C:2018:505, punto 92].

135    Orbene, nella specie, la circostanza che l’articolo 11 dell’ITA 2010, in combinato disposto con l’allegato 1 dell’ITA 2010, prevede che l’assoggettamento ad imposta venga definito positivamente, così che solo le categorie di redditi espressamente elencate a detto allegato 1 sono assoggettate a imposta, esplica, nella prassi, gli stessi effetti di un’esenzione espressa d’imposta oppure di una situazione in cui il non assoggettamento ad imposta venga definito negativamente, così che tutti i redditi siano assoggettati a imposta e solo determinate categorie di redditi vengano escluse dall’ambito di applicazione dell’ITA 2010. Infatti, come è stato illustrato al punto 81 supra, il «non assoggettamento» e l’«esenzione» producono gli stessi effetti, ossia la non imposizione. Pertanto, ciò che le ricorrenti qualificano come «regime cedolare» costituiva, in realtà, soltanto la scelta di una tecnica regolamentare e non di una norma di tassazione decisiva ai fini dell’analisi del regime di tassazione di Gibilterra.

136    Occorre rilevare, al riguardo, che, come sottolineato dalla Commissione al considerando 27 della decisione impugnata, l’ITA 2010 ha introdotto un’aliquota del 10% per l’imposta generale sul reddito che si applica alle imprese dell’intera economia di Gibilterra, ad eccezione di taluni prestatori di servizi. Ne discende che le diverse categorie di redditi imponibili erano assoggettate a un’aliquota unica del 10% e ad esse non si applicava un regime di tassazione distinto. Una simile analisi emerge peraltro dalle osservazioni del 14 novembre 2013, nelle quali le autorità del Regno Unito hanno spiegato che la legislazione di Gibilterra non prevedeva che l’imposta non venisse applicata in relazione ad una categoria di redditi. Esse hanno precisato che il regime di tassazione di Gibilterra non esigeva di determinare, in via preliminare, la categoria della quale facevano parte i redditi percepiti, per poter applicare loro un’imposta che sarebbe stata specifica di una categoria di redditi particolare, ma che tale regime di tassazione si limitava a prevedere un regime di tassazione generale dei redditi maturati o aventi origine a Gibilterra.

137    Dalle considerazioni che precedono deriva pertanto che l’articolo 11 e l’allegato 1 dell’ITA 2010, nella misura in cui prevedono categorie di redditi imponibili, costituiscono semplici modalità di tassazione, e che tali disposizioni non possono essere estrapolate artificiosamente dal loro contesto, ai fini della definizione dell’obiettivo dell’ITA 2010. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, dall’articolo 11 dell’ITA 2010 non può desumersi che l’obiettivo del regime di tassazione di Gibilterra sia stato quello di tassare le categorie di redditi elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010.

138    In considerazione di quanto precede, devono essere respinte le censure delle ricorrenti relative al fatto che la Commissione sarebbe incorsa in un errore nell’individuazione dell’obiettivo dell’ITA 2010.

2)      Sull’applicazione del principio di territorialità alle royalties

139    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione nell’affermare, ai considerando 42, 82, 94 e 106 della decisione impugnata, che l’applicazione del principio di territorialità significava che i redditi derivanti da royalties erano maturati o avevano origine a Gibilterra per il semplice fatto che erano stati percepiti da una società di Gibilterra. Le ricorrenti sostengono che la dichiarazione contenuta nella comunicazione del Regno Unito del 14 settembre 2012, sulla quale la Commissione si è fondata per formulare le predette valutazioni, è incoerente ed erronea. Secondo le ricorrenti, i redditi che una società di Gibilterra ricava da attività esercitate al di fuori di tale territorio, anche quando si tratta di redditi derivanti da royalties, non sarebbero imponibili a Gibilterra. Nella situazione in cui nessuno dei diritti di proprietà intellettuale è gestito a Gibilterra, in cui né tali diritti né il licenziatario sono situati a Gibilterra e in cui le royalties non vengono versate a Gibilterra, i redditi derivanti da queste ultime non potrebbero essere considerati maturati o aventi origine a Gibilterra.

140    La Commissione contesta tali argomenti.

141    Come è stato constatato al punto 125 supra, nell’ambito dell’esame di una misura fiscale ai sensi dell’articolo 107 TFUE, il controllo dell’interpretazione del diritto nazionale adottata dalla Commissione, la quale costituisce una questione di fatto, deve essere effettuato alla luce degli elementi disponibili alla data dell’adozione della decisione in questione, e tenuto conto delle informazioni comunicate dallo Stato membro di cui trattasi e dalle parti interessate.

142    Nella specie, è vero che l’ITA 2010, nella sua versione applicabile tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2013, non conteneva alcuna disposizione che prevedesse espressamente che i redditi derivanti da royalties, percepiti da società di Gibilterra, fossero considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra. In effetti, una simile norma è stata espressamente incorporata nell’ITA 2010 solo a seguito della modifica del 2013 dell’ITA 2010, entrata in vigore il 1° gennaio 2014.

143    Tuttavia, come è stato indicato nella nota a piè di pagina 49 della decisione impugnata, l’affermazione secondo la quale i redditi derivanti da royalties percepiti da società di Gibilterra erano necessariamente considerati come redditi maturati o aventi origine in tale territorio si basa su un’informazione promanante direttamente dallo Stato membro interessato. Infatti, nelle loro osservazioni del 14 settembre 2012, le autorità del Regno Unito hanno espressamente affermato che il principio di territorialità implicava che «ogni reddito derivante da royalties percepito da una società di Gibilterra [fosse] maturato o [avesse] origine a Gibilterra».

144    A tal riguardo, occorre constatare, in primo luogo, che l’affermazione secondo la quale i redditi derivanti da royalties percepiti da società di Gibilterra erano maturati o avevano origine a Gibilterra era compatibile con il contenuto dell’articolo 74 dell’ITA 2010 e che essa poteva dunque risultare da una mera applicazione del principio di territorialità e della regola ai sensi della quale occorreva prendere in considerazione il luogo dell’attività all’origine dei redditi.

145    Infatti, l’articolo 74 dell’ITA 2010 definiva la nozione di «maturati o aventi origine a Gibilterra» facendo riferimento all’«ubicazione delle attività (…) che [hanno dato] origine agli utili».

146    Orbene, nella misura in cui la non imposizione dei redditi derivanti da royalties riguardava redditi passivi, ossia, in altre parole, redditi percepiti da entità che si limitavano a detenere i diritti di proprietà intellettuale, era coerente ritenere che «l’attività all’origine dei redditi», ai sensi dell’articolo 74 dell’ITA 2010, fosse situata presso il luogo di residenza delle società che detenevano diritti di proprietà intellettuale che davano diritto a tali royalties. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, l’affermazione secondo la quale i redditi derivanti da royalties percepiti da una società di Gibilterra erano considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra implicava effettivamente l’esistenza di un elemento che consentisse di collegare detti redditi al territorio di Gibilterra.

147    Inoltre, l’affermazione delle autorità del Regno Unito non è neanche incompatibile con la giurisprudenza del Judicial Committee of the Privy Council (Comitato giudiziario del Consiglio privato, Regno Unito; in prosieguo: il «JCPC») invocata in occasione del procedimento amministrativo, la quale, benché non vincolante, era rilevante ai fini dell’interpretazione dell’articolo 74 dell’ITA 2010. Infatti, nella decisione adottata dal JCPC, per quanto riguardava Hong Kong, nella causa Commissioner of Inland Revenue v HK-TVB International Ltd [1992] 2 AC 397, il JCPC aveva indicato che erano maturati e avevano origine ad Hong Kong i redditi percepiti da una società di Hong Kong che concedeva in sublicenza film a società aventi sede all’estero e che li sfruttava all’estero. Occorre certamente osservare, al pari delle ricorrenti, che, in tale causa, il JCPC aveva preso in considerazione un certo numero di elementi specifici del caso di specie, tra cui la circostanza che i contratti di sublicenza erano stati preparati ad Hong Kong e che taluni servizi supplementari venivano talvolta forniti a partire da Hong Kong. Tuttavia, occorre rilevare che il JCPC ha parimenti preso in considerazione il fatto che al contribuente situato ad Hong Kong veniva versata una royalty fissa. Inoltre, come sottolineato dalle autorità del Regno Unito nelle loro osservazioni del 14 novembre 2013, detta decisione adottata dal JCPC confermava chiaramente che redditi derivanti da royalties percepiti da una società di Gibilterra potevano essere maturati o avere origine in tale territorio, anche se i diritti di proprietà intellettuale erano sfruttati unicamente al di fuori del medesimo.

148    In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, l’affermazione contenuta nelle osservazioni del 14 settembre 2012 non era né isolata né incompatibile con le altre informazioni contenute in tale documento.

149    Infatti, tale affermazione era confortata da un grafico, figurante a pagina 22 delle osservazioni del 14 settembre 2012, inteso ad illustrare l’impatto della non imposizione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties in applicazione dell’ITA 2010. Detto grafico metteva in evidenza gli importi rappresentati dai redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties percepiti dai contribuenti per il periodo successivo al 1° gennaio 2010, operando al contempo una distinzione tra i redditi maturati o aventi origine a Gibilterra e quelli maturati o aventi origine al di fuori di tale territorio. Orbene, il fatto che tutti i redditi derivanti da royalties fossero stati indicati come maturati o aventi origine a Gibilterra confermava effettivamente che essi erano di norma considerati redditi aventi origine a Gibilterra.

150    Inoltre, nella misura in cui le ricorrenti fanno valere che l’affermazione delle autorità del Regno Unito, di cui al punto 143 supra, era in contraddizione con l’affermazione, figurante a pagina 10 delle osservazioni del 14 settembre 2012, secondo la quale «[l]e 785 vecchie “exempt companies” (società esenti) che [aveva]no redditi imponibili non maturati o aventi origine a Gibilterra [era]no generalmente o proprietarie di beni immobili commerciali al di fuori di Gibilterra (ed [era]no dunque assoggettate all’imposta sui redditi da locazione nel paese in cui il bene [era] situato), o percepi[va]no [redditi derivanti da] dividendi, interessi o royalties», occorre rilevare che, effettivamente, tale estratto potrebbe far pensare che, secondo le autorità del Regno Unito, i redditi derivanti da royalties costituivano redditi imponibili non aventi origine a Gibilterra.

151    Tuttavia, si deve constatare che detto estratto contiene un lapsus calami. Infatti, come rilevato dalle ricorrenti, tale frase riguardava la situazione ai sensi dell’ITA 2010, come era in vigore fino al 31 dicembre 2013. Orbene, le autorità del Regno Unito hanno spiegato a più riprese, nel documento in questione, che i redditi derivanti da royalties non costituivano all’epoca redditi imponibili. In particolare, dalla pagina 10 delle osservazioni del 14 settembre 2012 risulta che le autorità del Regno Unito distinguevano effettivamente, nell’ambito delle imprese che non erano soggette ad imposta a Gibilterra, fra le imprese che non avevano un reddito imponibile (ossia quelle che percepi[va]no redditi passivi) e quelle i cui redditi non erano maturati né avevano origine a Gibilterra.

152    Pertanto, la contraddizione rilevata dalle ricorrenti non è idonea a rimettere in discussione la credibilità dell’affermazione delle autorità del Regno Unito secondo la quale i redditi derivanti da royalties sono considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra.

153    In terzo luogo, al punto 45 della decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha espressamente precisato che le autorità del Regno Unito le avevano indicato che il principio di territorialità implicava che ogni reddito derivante da royalties, percepito da una società di Gibilterra, era maturato o aveva origine a Gibilterra. Orbene, il fatto che le autorità del Regno Unito e di Gibilterra non abbiano contestato tale affermazione nelle loro osservazioni sulla decisione di avvio del procedimento conferma effettivamente la corretta comprensione, da parte della Commissione, delle informazioni che le erano state comunicate in occasione del procedimento amministrativo nonché dell’applicazione del principio di territorialità per quanto riguardava i redditi derivanti da royalties.

154    Inoltre, occorre rilevare che, nelle loro osservazioni sulla decisione di avvio del procedimento, le autorità del Regno Unito e di Gibilterra hanno distinto fra, da un lato, gli interessi aventi origine all’estero (foreign-source interest) e, dall’altro, i redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo aventi origine a Gibilterra e da royalties. Il fatto che le autorità del Regno Unito e di Gibilterra non avessero operato una distinzione, per i redditi derivanti da royalties, fra quelli aventi origine a Gibilterra e quelli aventi origine all’estero, avvalorava l’affermazione secondo la quale tali redditi erano considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra.

155    In quarto luogo, occorre sottolineare che né la perizia né alcuna informazione intesa a rimettere in discussione l’affermazione del Regno Unito in merito all’applicazione del principio di territorialità alle royalties sono state comunicate alla Commissione in occasione del procedimento amministrativo. Peraltro, si deve rilevare che le ricorrenti non hanno reputato utile formulare osservazioni sulla decisione di avvio del procedimento, sebbene fossero state invitate a farlo, ed erano in grado di comprendere, alla luce del contenuto della decisione di avvio del procedimento, che la MJN GibCo era un potenziale beneficiario del regime di aiuti quale identificato dalla Commissione in detta decisione. Orbene, come risulta dal punto 106 supra, la Commissione non poteva esaminare per congetture tutti gli argomenti che avrebbero potuto rimettere potenzialmente in discussione l’interpretazione del diritto tributario nazionale operata nella decisione di avvio del procedimento, la quale era stata confermata, del resto, dallo Stato membro interessato.

156    Dalle considerazioni svolte ai punti da 141 a 155 supra consegue che l’affermazione del Regno Unito concernente l’applicazione del principio di territorialità ai redditi derivanti da royalties, la quale promana direttamente dallo Stato membro interessato, poteva essere considerata dalla Commissione un’informazione sufficientemente attendibile e credibile. Pertanto, la Commissione non ha commesso alcun errore di valutazione nel riprendere l’interpretazione del diritto tributario di Gibilterra fornita dalle autorità del Regno Unito.

157    Inoltre, nessuno degli altri argomenti sollevati dalle ricorrenti è idoneo a dimostrare che l’affermazione delle autorità del Regno Unito concernente l’applicazione del principio di territorialità alle royalties era erronea.

158    Anzitutto, il mero fatto che nella perizia venga sostenuto che l’affermazione delle autorità del Regno Unito è estremamente strana e che l’autore di detta perizia spieghi, in quanto professionista esperto di diritto tributario di Gibilterra, che egli non è mai stato a conoscenza dell’esistenza, prima dell’entrata in vigore della modifica del 2013, di una presunzione concernente l’applicazione del principio di territorialità alle royalties non è sufficiente a dimostrare che l’affermazione in tal senso promanante direttamente dallo Stato membro interessato e relativa all’applicazione del proprio diritto fosse inesatta.

159    Nella misura, poi, in cui le ricorrenti sottolineano che non era logico che esistesse, tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013, una presunzione secondo la quale i redditi derivanti da royalties percepiti da società di Gibilterra sarebbero stati ivi generati, sebbene tale categoria di redditi non fosse imponibile a Gibilterra, è sufficiente constatare che dall’affermazione delle autorità del Regno Unito non emerge che esse avrebbero sostenuto che esisteva una regola scritta che prevedeva un regime specifico per l’applicazione del principio di territorialità ai redditi derivanti da royalties. Infatti, come risulta dai punti da 144 a 146 supra, l’affermazione delle autorità del Regno Unito rifletteva una mera applicazione del principio di territorialità, quale essa discendeva dagli articoli 11 e 74 dell’ITA 2010.

160    Inoltre, nella misura in cui le ricorrenti rimandano, nelle loro memorie, alla comunicazione del commissario dell’imposta sul reddito di Gibilterra intitolata «Guida 2018 concernente i redditi maturati o aventi origine», pubblicata il 25 ottobre 2018, occorre rilevare che tale comunicazione, successiva alla modifica dell’ITA 2010 intervenuta nel 2013, non era rilevante per interpretare l’ITA 2010, nella sua versione applicabile tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013.

161    Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, il fatto di ritenere che i redditi passivi fossero maturati nel luogo in cui si situava la società che li percepiva, benché ciò implicasse la considerazione del luogo in cui detta società era stabilita o registrata, rappresentava comunque un’applicazione del principio di territorialità e non poteva essere assimilato ad un assoggettamento fondato sul criterio della residenza. Infatti, come è stato illustrato al punto 146 supra, nel caso delle royalties, le quali costituiscono redditi passivi, ossia, in altre parole, redditi percepiti da entità che si limitavano a detenere i diritti di proprietà intellettuale, era coerente ritenere che «l’attività all’origine dei redditi», ai sensi dell’articolo 74 dell’ITA 2010, si collocasse nel luogo di residenza delle società che detenevano i diritti di proprietà intellettuale che davano diritto a tali royalties.

162    Discende pertanto dall’insieme delle considerazioni che precedono che la Commissione ha correttamente constatato che i redditi derivanti da royalties percepiti da società di Gibilterra erano considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra.

c)      Sullesame del criterio del vantaggio (secondo motivo, diretto allannullamento dellarticolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

163    Con il loro secondo motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha commesso manifesti errori di valutazione e ha violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, nella misura in cui essa non è pervenuta a dimostrare l’esistenza di un vantaggio economico.

164    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha confuso, al punto 82 della decisione impugnata, la nozione di vantaggio economico con quella di selettività. Da un lato, essa non avrebbe spiegato in che modo la non imposizione di redditi derivanti da royalties avrebbe conferito un vantaggio economico, quando invece, secondo la giurisprudenza della Corte, essa sarebbe stata tenuta ad individuare, anzitutto, l’esistenza di un vantaggio economico e a procedere poi all’analisi della selettività. Dall’altro, l’analisi effettuata dalla Commissione sarebbe rientrata nella valutazione delle selettività e non in quella del vantaggio economico.

165    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione è incorsa in un errore di diritto nell’affermare, al punto 83 della decisione impugnata, che l’«esenzione» d’imposta dei redditi derivanti da royalties aveva introdotto un alleggerimento dell’imposta e conferito pertanto un vantaggio ai suoi beneficiari. Infatti, dato che i redditi derivanti da royalties non rientravano nell’ambito di applicazione dell’ITA 2010, il fatto di non tassarli non poteva consistere in un’esenzione né in una rinuncia delle autorità fiscali di Gibilterra ad entrate che esse avrebbero potuto riscuotere. In tale contesto, esse fanno valere che la Commissione ha commesso diversi errori di valutazione per quanto riguarda il contenuto e l’obiettivo dell’ITA 2010 e, segnatamente, la valutazione secondo la quale i redditi derivanti da royalties percepiti da società di Gibilterra erano considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra.

166    Inoltre, le ricorrenti fanno valere che il trattamento fiscale trasparente degli utili di una CV era previsto unicamente dall’articolo 18 dell’ITA 2010 e a condizione che un’attività commerciale, economica o professionale fosse esercitata tramite tale CV. Esse aggiungono che, nella specie, sebbene i redditi della MJT CV potessero rientrare nella categoria degli utili commerciali ed essere attribuiti alla MJN GibCo, in applicazione dell’articolo 18 dell’ITA 2010 essi non sarebbero stati imponibili a Gibilterra, poiché essi non erano maturati né avevano origine in tale territorio.

167    La Commissione contesta tali argomenti.

1)      Sulla prima censura del secondo motivo, relativa a una confusione fra i criteri del vantaggio e della selettività

168    Con la loro prima censura, le ricorrenti addebitano alla Commissione di avere confuso il criterio del vantaggio con quello della selettività. Occorre ricordare al riguardo che, in linea di principio, la selettività e il vantaggio costituiscono due criteri distinti. Per quanto riguarda il vantaggio, la Commissione deve dimostrare che la misura migliora la situazione finanziaria del beneficiario (v., in tal senso, sentenza del 2 luglio 1974, Italia/Commissione, 173/73, EU:C:1974:71, punto 33). Per contro, relativamente alla selettività, la Commissione deve dimostrare che il vantaggio non va a beneficio di altre imprese che si trovano in una situazione giuridica e fattuale analoga a quella del beneficiario sotto il profilo dell’ambito di riferimento (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2011, Paint Graphos e a., da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 49).

169    Occorre cionondimeno precisare che, in materia fiscale, l’esame del vantaggio e quello della selettività coincidono, nella misura in cui questi due criteri implicano la dimostrazione che la misura fiscale contestata dà luogo a una riduzione dell’importo dell’imposta che il beneficiario della misura avrebbe dovuto normalmente versare ai sensi del regime normale di tassazione e, quindi, del regime applicabile agli altri contribuenti nella stessa situazione. Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulta che questi due criteri possono essere esaminati insieme, come una «terza condizione» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, relativa all’esistenza di un «vantaggio selettivo» (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2016, Belgio/Commissione, C‑270/15 P, EU:C:2016:489, punto 32).

170    Nella specie, occorre rilevare, per quanto riguarda la non imposizione dei redditi derivanti da royalties, che la Commissione ha esaminato separatamente il criterio del vantaggio e quello della selettività in due sezioni distinte della decisione impugnata, ossia la sezione 7.1.2, intitolata «Vantaggio», e la sezione 7.1.3, intitolata «Selettività».

171    Per quanto riguarda l’esame del criterio del vantaggio, dal considerando 83 della decisione impugnata, che si colloca nella sezione 7.1.2 di detta decisione, risulta che la Commissione ha effettivamente esaminato l’effetto della misura in questione sulla situazione dei beneficiari. Infatti, essa ha esposto, in tale considerando, che l’esenzione introduceva un alleggerimento dell’imposta che le imprese beneficiarie della non imposizione dei redditi derivanti da royalties avrebbero altrimenti dovuto sostenere. Ne discende che, in ogni caso, la Commissione non ha fatto confusione tra il criterio del vantaggio e quello della selettività, ma ha tentato di dimostrare che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties migliorava la posizione finanziaria dei beneficiari di tale misura ai sensi della giurisprudenza citata al punto 168 supra.

172    Il fatto che la Commissione abbia precisato, al considerando 83 della decisione impugnata, che i beneficiari della non imposizione erano dunque collocati in una posizione finanziaria più favorevole rispetto agli altri contribuenti non è idoneo a rimettere in discussione tale constatazione. Invero, la circostanza che la Commissione abbia parimenti fatto riferimento a valutazioni rientranti più nell’esame del criterio della selettività che in quello del criterio del vantaggio non ha alcuna incidenza sul fatto che essa ha effettivamente verificato se la misura in questione conferiva un vantaggio ai suoi beneficiari.

173    Di conseguenza, la prima censura del secondo motivo, intesa ad ottenere l’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, deve essere respinta.

2)      Sulla seconda censura del secondo motivo, diretta a contestare l’esistenza di una agevolazione fiscale

174    Con la loro seconda censura, le ricorrenti fanno valere che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituiva un vantaggio economico ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

175    Secondo una giurisprudenza costante, vengono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese o che devono ritenersi un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (v. sentenza del 2 settembre 2010, Commissione/Deutsche Post, C‑399/08 P, EU:C:2010:481, punto 40 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia, C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 21).

176    Come è stato esposto al punto 91 supra, l’esistenza stessa di un vantaggio può essere accertata solo rispetto a un livello di tassazione definito «normale» (sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 56). Pertanto, una siffatta misura conferisce un vantaggio economico al suo beneficiario allorché allevia gli oneri che di regola gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, pur senza costituire sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti (sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia, C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 22). In tal senso, un provvedimento mediante il quale le pubbliche autorità accordino a determinate imprese un trattamento fiscale vantaggioso che, pur non implicando un trasferimento di risorse da parte dello Stato, collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri soggetti tributari passivi costituisce aiuto statale ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España, C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 14, e dell’8 settembre 2011, Paint Graphos e a., da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

177    Di conseguenza, per stabilire se sussista un vantaggio fiscale, occorre confrontare la situazione del beneficiario derivante dall’applicazione della misura in questione con quella dello stesso beneficiario in mancanza della misura stessa e in applicazione delle regole ordinarie in materia di imposizione fiscale (v. sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 147 e giurisprudenza ivi citata).

178    Nella specie, la Commissione ha ritenuto, al considerando 82 della decisione impugnata, che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituisse un vantaggio, in quanto tale misura era in contraddizione con il principio secondo il quale l’imposta sul reddito doveva essere riscossa da tutti i soggetti passivi che percepivano redditi aventi origine o maturati a Gibilterra. Essa ha aggiunto che i redditi derivanti da royalties percepiti da una società a Gibilterra sarebbero di norma dovuti rientrare nell’ambito di applicazione della tassazione, in forza del principio di territorialità, poiché essi si considerano come maturati o aventi origine in tale territorio. Al considerando 83 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che l’«esenzione» dei redditi derivanti da royalties introduceva un alleggerimento dell’imposta che le imprese avrebbero altrimenti dovuto sostenere. A tal riguardo, occorre rilevare che il ragionamento della Commissione, contenuto ai considerando da 81 a 83 della decisione impugnata, deve essere letto alla luce di tale decisione considerata nel suo insieme e, in particolare, della constatazione, menzionata al considerando 93 di detta decisione, secondo cui la non imposizione dei redditi derivanti da royalties era il risultato della non inclusione di tali categorie di redditi all’allegato 1 dell’ITA 2010.

179    Da un lato, come risulta dai punti da 116 a 128 supra, la Commissione ha correttamente ritenuto, al considerando 82 della decisione impugnata, che esistesse un principio secondo il quale l’imposta sul reddito doveva essere riscossa nei confronti di tutti i soggetti passivi che percepivano un reddito avente origine o maturato a Gibilterra, e che un simile principio faceva parte delle regole normali di tassazione alla luce delle quali essa doveva esaminare la non imposizione dei redditi derivanti da royalties. Infatti, come è stato constatato al punto 123 supra, il regime di tassazione introdotto dall’ITA 2010 si fondava su due principi di base, ossia il principio di territorialità, ai sensi del quale i redditi maturati o aventi origine a Gibilterra erano soggetti ad imposta, e il principio secondo cui la totalità dei redditi contabili dei contribuenti doveva essere assoggettata ad imposta.

180    Analogamente, come risulta dai punti da 141 a 156 supra, in forza del principio di territorialità, i redditi derivanti da royalties riscosse da una società a Gibilterra erano considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra.

181    Da tali constatazioni discende che la non inclusione dei redditi derivanti da royalties fra le categorie di redditi elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010 consentiva a tali redditi di sottrarsi all’imposta sui redditi a Gibilterra, mentre, in conformità ai principi individuati dalla Commissione al punto 82 della decisione impugnata, siffatti redditi, i quali erano maturati o avevano origine a Gibilterra, avrebbero di norma dovuto esservi soggetti.

182    Pertanto, la Commissione ha giustamente constatato che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties introduceva una riduzione dell’imposta che le imprese che percepivano tali redditi avrebbero altrimenti dovuto sostenere in applicazione delle regole normali di imposizione e ha concluso per l’esistenza di un vantaggio economico a favore di tali imprese.

183    Nessuno degli altri argomenti delle ricorrenti è idoneo a rimettere in discussione tale constatazione.

184    In primo luogo, nella misura in cui le ricorrenti fanno valere che la misura non poteva costituire un vantaggio, in quanto le autorità fiscali, non beneficando di una base che le autorizzasse a tassare tali redditi, non avevano potuto rinunciare a tassare i redditi derivanti da royalties, è sufficiente constatare che la non inclusione di tale categoria di redditi all’allegato 1 dell’ITA 2010 costituisce una rinuncia del legislatore di Gibilterra e, dunque, delle autorità competenti del territorio interessato. Inoltre, alla Commissione non può essere addebitato di non avere rispettato la sovranità fiscale degli Stati membri nella determinazione della base imponibile ai fini della tassazione del reddito, dato che, come emerge dai punti 178 e 181 supra, essa ha effettivamente esaminato detta misura alla luce del contenuto e dell’obiettivo dell’ITA 2010 e, pertanto, delle regole normali di imposizione.

185    In secondo luogo, nella misura in cui le ricorrenti fanno valere che non esisteva alcuna norma esplicita che prevedesse la tassazione di royalties, cosicché tale categoria di redditi non rientrava nell’ambito di applicazione dell’ITA 2010, occorre ricordare che il fatto che una misura fiscale sia concepita secondo una determinata tecnica regolamentare è irrilevante ai fini dell’analisi di detta misura sotto il profilo dell’articolo 107 TFUE, con il rischio che talune norme tributarie nazionali sfuggono automaticamente al controllo in materia di aiuti di Stato per il solo fatto di rientrare in un’altra tecnica regolamentare benché producano, in diritto e/o di fatto, mediante l’adeguamento e la combinazione di diverse norme tributarie, i medesimi effetti. Ogni altra interpretazione sarebbe incompatibile con la giurisprudenza costante secondo cui l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non distingue gli interventi statali secondo le cause o gli obiettivi, bensì li definisce in funzione dei loro effetti e, quindi, indipendentemente dalle tecniche impiegate [v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2018, Andres (fallimento Heitkamp BauHolding)/Commissione, C‑203/16 P, EU:C:2018:505, punto 91 e giurisprudenza ivi citata].

186    Orbene, come è stato illustrato al punto 81 supra, la mancata inclusione di una categoria di redditi nella base imponibile e l’esenzione formale da imposta di una categoria di redditi facenti di norma parte della base imponibile producono gli stessi effetti. Pertanto, l’assenza, nell’ITA 2010, di una norma esplicita che prevedesse la tassazione dei redditi derivanti da royalties non ostava a che una siffatta misura conferisse un vantaggio ai sensi dell’articolo 107 TFUE.

187    In terzo luogo, nella misura in cui le ricorrenti fanno valere che la Commissione non ha dimostrato che i potenziali beneficiari dell’aiuto – ossia le dieci imprese menzionate al punto 98 della decisione impugnata – avevano effettivamente beneficiato della non imposizione dei redditi derivanti da royalties, è sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito di una decisione concernente un regime di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiare le caratteristiche del regime di cui trattasi per valutare nella motivazione della sua decisione se, in base alle modalità previste da tale regime, esso assicuri un vantaggio sensibile ai beneficiari rispetto ai loro concorrenti e sia tale da giovare essenzialmente a imprese che partecipano agli scambi tra Stati membri. Dunque la Commissione non è tenuta a compiere un’analisi degli aiuti concessi in ogni singolo caso sulla base di un regime siffatto. È solo allo stadio del recupero degli aiuti che si renderebbe necessario verificare la situazione individuale di ciascuna impresa interessatala (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

188    Ne consegue che la Commissione non era tenuta a dimostrare che i dieci beneficiari potenziali avevano effettivamente beneficiato della misura fiscale. Simili argomenti non sono idonei a comportare l’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata e devono essere respinti in quanto inoperanti.

189    Per le stesse ragioni, occorre respingere in quanto inoperanti gli argomenti relativi alla specifica situazione della MJN GibCo ai fini dell’analisi della legittimità dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata. In particolare, per quanto riguarda gli argomenti relativi alla trasparenza fiscale delle CV, occorre rilevare che, poiché la Commissione non ha in alcun modo fondato la sua valutazione del regime di aiuti risultante dalla non imposizione dei redditi derivanti da royalties sulla questione della trasparenza fiscale, essi sono privi di qualsivoglia rilevanza al fine di esaminare se la Commissione abbia correttamente ritenuto che tale misura conferisse un vantaggio fiscale ai suoi beneficiari.

190    Alla luce di quanto suesposto, occorre respingere la seconda censura del secondo motivo, diretta ad ottenere l’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata e, pertanto, tale motivo in toto.

d)      Sullesame della selettività (terzo motivo diretto allannullamento dellarticolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

191    Con il loro terzo motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la Commissione è incorsa in manifesti errori di valutazione e ha violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE nel ritenere che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties fosse una misura selettiva.

192    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha commesso un errore nella determinazione del contesto di riferimento. Esse precisano che, in materia fiscale, la valutazione del criterio di selettività può essere effettuata solo in relazione all’imposizione cosiddetta «normale», la cui definizione, al pari della scelta della base imponibile, rientra nella sovranità degli Stati membri. Pur confermando che l’ITA 2010 costituisce il contesto di riferimento adeguato, le ricorrenti fanno valere che la Commissione è incorsa in diversi errori quanto al contenuto e all’obiettivo di tale legge.

193    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha erroneamente identificato una deroga al contesto di riferimento.

194    Anzitutto, la non imposizione dei redditi derivanti da royalties non costituirebbe un’esenzione, una deroga o una «deroga implicita», ma risulterebbe unicamente dal fatto che tali redditi non ricadono nell’ambito di applicazione dell’ITA 2010.

195    Inoltre, la Commissione avrebbe erroneamente interpretato la portata del principio secondo il quale una misura costitutiva di un aiuto di Stato dovrebbe essere definita in funzione dei suoi effetti. È vero che, nelle sentenze del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981), la Corte avrebbe ritenuto che una misura potrebbe essere selettiva qualora abbia come effetto quello di escludere talune imprese dalla base imponibile. Tuttavia, tali cause avrebbero riguardato circostanze eccezionali e non avrebbero giustificato che la nozione di aiuto di Stato definita in funzione dei suoi effetti fosse dilatata in maniera eccessiva. Il Tribunale avrebbe peraltro chiarito, nella sentenza del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione (T‑836/16 e T‑624/17, EU:T:2019:338), che una misura fiscale può prevedere differenze di trattamento senza tuttavia essere qualificata come selettiva, sempreché tal differenze non siano arbitrarie, vengano applicate in modo non discriminatorio e restino conformi all’obiettivo dell’imposta interessata.

196    Infine, le ricorrenti fanno valere che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties non introduceva una differenziazione fra operatori economici che si trovino in una situazione giuridica e fattuale analoga. Esse sostengono, al riguardo, che nessuna condizione della non imposizione era applicabile alle sole imprese multinazionali e che il fatto che tale misura offrisse benefici essenzialmente ai gruppi multinazionali era puramente casuale e non un «effetto della [stessa]».

197    La Commissione contesta tali argomenti.

198    Dalla giurisprudenza della Corte risulta che la valutazione della selettività richiede di stabilire se, nell’ambito di un dato regime giuridico, la misura nazionale in discussione sia tale da favorire «talune imprese o talune produzioni» rispetto ad altre che, tenuto conto dell’obiettivo perseguito da detto regime, si trovino in una situazione fattuale e giuridica analoga e che siano quindi oggetto di un trattamento differenziato idoneo, in sostanza, ad essere qualificato come discriminatorio (v. sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

199    Quando la misura di cui trattasi è considerata un regime di aiuti e non un aiuto individuale, incombe alla Commissione dimostrare che tale misura, sebbene preveda un vantaggio di portata generale, ne attribuisce il beneficio esclusivo a talune imprese o a taluni settori di attività (v. sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 55 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, una misura generale applicabile senza distinzione a tutti gli operatori economici non costituisce una misura di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2000, Germania/Commissione, C‑156/98, EU:C:2000:467, punto 22).

200    In materia fiscale, tipicamente, la giurisprudenza richiede un’analisi della selettività in tre fasi. Tale analisi implica, in un primo tempo, di identificare il regime tributario comune o «normale» applicabile nello Stato membro interessato, il quale costituisce l’ambito di riferimento, e di dimostrare, in un secondo tempo, che la misura fiscale considerata deroga a tale ambito di riferimento, in quanto introduce differenziazioni tra operatori che si trovano, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito da detto ambito di riferimento, in una situazione fattuale e giuridica analoga (sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 57). In un terzo tempo, spetta allo Stato membro dimostrare che la differenziazione introdotta dalla misura in questione, la quale è «a priori selettiva», è giustificata allorché risulta dalla natura o dalla struttura nel cui ambito tale misura si inserisce (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 58).

201    Il requisito di selettività è dunque soddisfatto quando la Commissione giunge a dimostrare che la misura deroga al regime tributario comune o «normale» applicabile nello Stato membro interessato, introducendo in tal modo, tramite i suoi effetti concreti, un trattamento differenziato fra operatori, laddove gli operatori che beneficiano del vantaggio fiscale e quelli che ne sono esclusi si trovano, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dal sistema tributario di tale Stato membro, in una situazione fattuale e giuridica analoga (sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 67).

202    Nella sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 74), la Corte, in sostanza, ha operato una distinzione tra, da un lato, il caso in cui la misura si presentava sotto forma di un vantaggio fiscale derogatorio a un regime tributario comune, e, dall’altro, quello in cui la misura si presentava sotto forma dell’applicazione di un regime tributario «generale», basato su criteri, di per sé, parimenti di natura generale, ma operanti, di fatto, una discriminazione fra talune imprese, implicando così una «selettività de facto». Una simile distinzione si fonda direttamente sulla sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732), nella quale le misure oggetto dell’esame ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE erano le norme relative alla determinazione della base imponibile ai fini dell’imposta sulle società. In tale causa, la Corte aveva considerato che un sistema di tassazione consistente in un’imposta sul monte salari e in un’imposta sulle dimensioni degli immobili aveva come effetto, per come era concepito, di escludere a priori qualsivoglia imposizione delle società «offshore», poiché esse non avevano lavoratori alle loro dipendenze e neppure immobili ad uso commerciale.

203    In un caso di questo tipo, la misura può avere un carattere selettivo, benché sia di natura generale e non costituisca una deroga al regime fiscale comune, ma ne faccia parte integrante (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punti 91 e 92). Spetta pertanto alla Commissione dimostrare che il regime fiscale sia, di per sé, manifestamente discriminatorio alla luce dell’obiettivo che è reputato perseguire e, quindi, che le misure in questione, facenti parte integrante del regime fiscale, sono contrarie all’obiettivo da esso perseguito, nella misura in cui esse svuotano della sua sostanza l’obiettivo dell’imposta (v., in tal senso, sentenze del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia, C‑562/19 P, punti 42 e 43, e del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione, T‑836/16 e T‑624/17, EU:T:2019:338, punti 70, 79 e 94). Ciò avviene qualora la Commissione dimostri che il regime, con i suoi effetti, favorisce talune imprese grazie alle loro caratteristiche peculiari e specifiche (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punti 87 e 88, e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti da 74 a 76).

204    Nella specie, occorre constatare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha esaminato la non imposizione dei redditi derivanti da royalties non solo in relazione all’analisi in tre fasi della selettività di misure fiscali che presentano un carattere derogatorio, ma anche facendo applicazione dell’analisi adottata dalla Corte nella sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732).

205    Infatti, da un lato, dai considerando 87, da 90 a 94, 100, 103 e da 105 a 110 della decisione impugnata nonché dal titolo delle sezioni 7.1.3.1, 7.1.3.2 e 7.1.3.3 di questa stessa decisione emerge chiaramente che la Commissione ha ritenuto che non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituisse una misura derogatoria e ha applicato l’analisi in tre fasi della selettività.

206    Più precisamente, la Commissione ha anzitutto ritenuto che il contesto di riferimento fosse l’ITA 2010, il cui obiettivo consisteva nel riscuotere entrate dai contribuenti che percepiscono redditi maturati o aventi origine a Gibilterra (considerando da 90 a 93 e 100 della decisione impugnata) e ha considerato che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituisse un’«esenzione implicita» dalla tassazione dei redditi. La Commissione ha poi considerato, alla luce dell’obiettivo dell’ITA 2010, che le imprese beneficianti della non imposizione dei redditi derivanti da royalties, ossia società facenti parte di gruppi multinazionali che concedevano in licenza diritti di proprietà intellettuale, si trovassero in una situazione giuridica e fattuale analoga a tutte le altre imprese di Gibilterra che percepiscono un reddito maturato o avente origine a Gibilterra (considerando 100 e 103 della decisione impugnata). Al fine di dimostrare che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties dava luogo all’applicazione a tali imprese di un trattamento fiscale diverso, sebbene esse si trovassero in una situazione analoga, la Commissione ha rilevato che, in assenza dell’«esenzione» dei redditi derivanti da royalties, il regime territoriale di tassazione considererebbe i redditi derivanti da royalties percepiti da un’impresa di Gibilterra come aventi origine a Gibilterra (considerando 94 della decisione impugnata). Infine, la Commissione ha respinto le giustificazioni addotte dalle autorità del Regno Unito (considerando da 105 a 108 della decisione impugnata).

207    Dall’altro, la Commissione ha parimenti precisato che, «in un caso (…) in cui la misura non deriva[va] da una deroga formale al regime di tassazione, [era] particolarmente importante considerare gli effetti della misura al fine di valutare se essa favoris[se] in maniera significativa un determinato gruppo di imprese» (considerando 97 della decisione impugnata). Essa ha poi spiegato che soltanto dieci imprese, facenti tutte parte di gruppi multinazionali, avevano beneficiato della non imposizione dei redditi derivanti da royalties e che nessuna impresa autonoma era risultata percepire reddito derivante da royalties a Gibilterra (considerando 98 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione ha affermato, al considerando 104 della decisione impugnata, che la circostanza secondo cui l’«esenzione» dei redditi derivanti da royalties offrisse benefici principalmente a gruppi multinazionali non era una conseguenza casuale del regime e che tale regola era stata concepita per attrarre o favorire le imprese appartenenti a gruppi e, più in particolare, i gruppi multinazionali incaricati di svolgere determinate attività (concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale), riprendendo in tal modo la terminologia utilizzata nella sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732).

208    Dai considerando da 90 a 104 della decisione impugnata risulta dunque che la Commissione, come da essa confermato in risposta a un quesito del Tribunale all’udienza dibattimentale, ha ritenuto, in via principale, che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituisse una misura derogatoria che era selettiva, nella misura in cui conferiva un vantaggio alle imprese che percepivano redditi derivanti da royalties rispetto a tutte le altre imprese che percepivano redditi maturati o aventi origine a Gibilterra e che, in subordine, essa ha parimenti esaminato la selettività «de facto» della non imposizione dei redditi derivanti da royalties.

209    Occorre dunque esaminare, in un primo tempo, se la Commissione, al fine di dimostrare il carattere selettivo della non imposizione dei redditi derivanti da royalties, era legittimata a considerare, in via principale, che quest’ultima costituisse una deroga rispetto all’ITA 2010, nella misura in cui aveva come conseguenza l’applicazione alle imprese di Gibilterra che percepivano redditi derivanti da royalties di un trattamento fiscale distinto da quello applicato alle imprese imponibili a Gibilterra che percepivano redditi maturati o aventi origine a Gibilterra, sebbene queste due categorie di imprese si trovassero in situazioni comparabili, alla luce dell’obiettivo perseguito dall’ITA 2010.

210     A tal riguardo, occorre rilevare che, come risulta dai punti da 118 a 128 supra, la Commissione ha correttamente constatato che l’obiettivo dell’ITA2010 consisteva nel riscuotere entrate dai contribuenti che percepiscono redditi maturati o aventi origine a Gibilterra. Analogamente, come risulta dai punti da 141 a 156 supra, essa ha ritenuto, giustamente, che i redditi derivanti da royalties percepiti da società a Gibilterra fossero considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra. In tale contesto, la Commissione ha correttamente considerato che le imprese di Gibilterra che percepivano redditi derivanti da royalties avrebbero normalmente dovuto essere soggette ad imposta a Gibilterra e che fossero in una situazione giuridica e fattuale analoga alle altre imprese che percepiscono redditi maturati o aventi origine a Gibilterra.

211    Pertanto, la Commissione non è incorsa in errore nel dichiarare che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties avvantaggiava le imprese che percepivano redditi derivanti da royalties rispetto alle altre imprese che percepivano redditi maturati o aventi origine a Gibilterra. Ne consegue che la stessa ha correttamente ritenuto che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties presentasse un carattere derogatorio all’ITA 2010 e al suo obiettivo.

212    Queste sole considerazioni sono sufficienti a dimostrare il carattere a priori selettivo della non imposizione dei redditi derivanti da royalties, senza che sia necessario verificare se la Commissione abbia correttamente ritenuto che la misura avvantaggiasse specificamente le imprese multinazionali incaricate di svolgere determinate attività, come la concessione di licenze su diritti di proprietà intellettuale. Infatti, non è necessario, ai fini della dimostrazione della selettività di una misura fiscale derogatoria, che la Commissione identifichi talune caratteristiche peculiari e specifiche, condivise dalle imprese beneficiarie del vantaggio fiscale, che consentano di distinguerle da quelle che ne sono escluse (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 71, 76 e 78). Difatti, se per dimostrare la selettività di una misura fiscale non è sempre necessario che quest’ultima abbia un carattere derogatorio rispetto un regime tributario comune, la circostanza che sia dotata di siffatto carattere è pertinente a tal fine quando ne discende che si distinguono due categorie di operatori che sono a priori oggetto di un trattamento differenziato, ossia quelli a cui si applica la misura derogatoria e quelli a cui continua ad applicarsi il regime tributario comune, laddove le due categorie in parola si trovano in una situazione analoga sotto il profilo dell’obiettivo perseguito da detto regime (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 77 e 78).

213    Inoltre, occorre constatare che le ricorrenti non contestano le conclusioni della Commissione secondo le quali la non imposizione dei redditi derivanti da royalties non era giustificata dalla natura o dalla struttura generale del regime di tassazione di Gibilterra. Pertanto, la Commissione ha correttamente concluso nel senso del carattere selettivo della non imposizione dei redditi derivanti da royalties e ha ritenuto che tale non imposizione, a causa della mancata inclusione, fra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2013, dei redditi derivanti da royalties nelle categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, costituisse un regime di aiuti. Nella misura in cui l’analisi in tre fasi della selettività è sufficiente ad avvalorare tale conclusione, non è necessario esaminare gli argomenti delle ricorrenti volti a contestare il ragionamento in subordine della Commissione, secondo il quale la non imposizione dei redditi derivanti da royalties era «de facto» selettiva. Infatti, quando alcuni punti della motivazione sono, di per sé, idonei a giustificare adeguatamente una decisione, i vizi da cui potrebbero essere inficiati altri punti della motivazione dell’atto sono comunque ininfluenti sul suo dispositivo. Inoltre, quando il dispositivo di una decisione della Commissione si basa su diversi punti della motivazione ognuno dei quali sarebbe sufficiente di per sé a costituire il fondamento del dispositivo, tale atto può essere annullato, in linea di principio, soltanto se ognuno dei suddetti punti è affetto da illegittimità. In tal caso, un errore o un’altra illegittimità che infici solo uno dei pilastri del ragionamento non può essere sufficiente a giustificare l’annullamento della decisione controversa perché tale errore non ha potuto avere un’influenza determinante sul dispositivo adottato dall’istituzione che ha emanato tale decisione (v. sentenza del 1° marzo 2018, Polonia/Commissione, T‑316/15, non pubblicata, EU:T:2018:106, punto 91 e giurisprudenza ivi citata).

214    In particolare, occorre rilevare che gli argomenti delle ricorrenti relativi alle conseguenze da trarre, nella specie, dalle sentenze del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia (C‑562/19 P, EU:C:2021:201), e del 16 marzo 2021, Commissione/Ungheria (C‑596/19 P, EU:C:2021:202), nonché dalle sentenze del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione (T‑836/16 e T‑624/17, EU:T:2019:338), e del 27 giugno 2019, Ungheria/Commissione (T‑20/17, EU:T:2019:448), sono inoperanti, nella misura in cui vertono sull’analisi della selettività de facto e non sull’analisi in tre fasi della selettività.

215    Inoltre, nella misura in cui le ricorrenti contestano, nell’ambito dei loro argomenti relativi all’analisi della selettività, l’affermazione della Commissione, al punto 95 del controricorso, secondo la quale essa non sarebbe stata tenuta ad illustrare in dettaglio le ragioni che l’avevano indotta a concludere, nella decisione impugnata, che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituiva un regime di aiuti semplicemente in quanto essa avrebbe già esaminato tali elementi, in dettaglio, nella decisione di avvio del procedimento, si deve rilevare, da un lato, che il Tribunale ha già dichiarato che la decisione di avvio della procedura formale fa parte del contesto della decisione che conclude il procedimento e che la prima può essere presa in considerazione nell’ambito dell’esame della motivazione della seconda (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2018, Austria/Commissione, T‑356/15, EU:T:2018:439, punto 535). Dall’altro, e in ogni caso, come risulta dai punti da 204 a 208 supra, la decisione impugnata illustrava in dettaglio gli elementi che avevano indotto la Commissione a ritenere che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituisse una misura selettiva.

216    Alla luce di quanto suesposto, il terzo motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, deve essere respinto.

e)      Sulla portata del vantaggio selettivo (quarto motivo, diretto allannullamento dellarticolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

217    Con il loro quarto motivo, le ricorrenti fanno valere che, in ogni caso e anche ammesso che la non imposizione dei redditi derivati da royalties abbia effettivamente conferito un vantaggio selettivo, la Commissione è incorsa in un manifesto errore di valutazione e in un errore di diritto nel ritenere che tale vantaggio selettivo si estendesse alle royalties generate da attività e da diritti di proprietà intellettuale non situati a Gibilterra, dal momento che tali redditi non rientrano nell’ambito di applicazione territoriale dell’ITA 2010.

218    Secondo le ricorrenti, i redditi che una società di Gibilterra ricavava da attività esercitate al di fuori di tale territorio, anche quando si trattava di redditi derivanti da royalties, non erano imponibili a Gibilterra. Esse fanno valere che, nella loro situazione, in cui nessuno dei diritti di proprietà intellettuale è sorto a Gibilterra, in cui tali diritti non sono situati a Gibilterra, in cui i licenziatari non si trovano a Gibilterra e in cui i redditi derivanti da royalties non vengono versati a Gibilterra, questi ultimi non sarebbero maturati né avrebbero origine a Gibilterra. Pertanto, le ricorrenti sostengono che, nella specie, nonostante la trasparenza fiscale, la quota della MJN GibCo nei redditi della MJT CV non era imponibile in quanto tali redditi non erano maturati o non avevano origine a Gibilterra.

219    La Commissione contesta tali argomenti.

220    Nella misura in cui, come è stato constatato ai punti da 141 a 162 supra, la Commissione non è incorsa in errore nel dichiarare che i redditi derivanti da royalties percepiti da società di Gibilterra erano considerati come maturati o aventi origine a Gibilterra, devono essere respinti gli argomenti delle ricorrenti secondo i quali i redditi derivanti da royalties concernenti attività e diritti di proprietà intellettuale non situati a Gibilterra non rientravano nell’ambito di applicazione territoriale dell’ITA 2010, e secondo i quali la Commissione avrebbe pertanto commesso un errore nel ritenere che il vantaggio selettivo conferito dalla non imposizione dei redditi derivanti da royalties si estendesse alle summenzionate royalties.

221    Inoltre, nella misura in cui le ricorrenti sostengono che, nel caso della MJN GibCo, i redditi derivanti da royalties non erano maturati né avevano origine a Gibilterra, un simile argomento non è idoneo a rimettere in discussione né l’analisi della Commissione secondo la quale la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituiva un regime di aiuti, né la legittimità dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, e deve essere respinto in quanto inoperante. Infatti, anche ammesso che sia fondato, tale argomento consentirebbe, tutt’al più, di rimettere in discussione la qualità di beneficiario dell’aiuto della MJN GibCo. Orbene, l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata si limita a constatare che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituisce un regime di aiuti, senza individuare i potenziali beneficiari di detto regime. Inoltre, come risulta dalla giurisprudenza illustrata al punto 187 supra, in una decisione che verte su un regime di aiuti, la Commissione non è tenuta ad effettuare un’analisi dell’aiuto concesso, in ogni singolo caso, sulla base di un regime siffatto.

222    Alla luce delle considerazioni che precedono, il quarto motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, deve essere respinto.

3.      Sul motivo vertente su manifesti errori di valutazione e su una violazione dellarticolo 1, lettera c), del regolamento n. 659/1999 (quinto motivo, diretto allannullamento dellarticolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

223    Con il loro quinto motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, le ricorrenti contestano la conclusione risultante dalla sezione 7.2 della decisione impugnata, secondo la quale la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituiva un aiuto nuovo ai sensi dell’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 659/1999.

224    Da un lato, le ricorrenti affermano che la decisione impugnata non contiene un’analisi della qualificazione come nuovo aiuto della misura consistente nella non imposizione dei redditi derivanti da royalties. Esse fanno valere che, sebbene la Commissione avesse effettivamente affermato, nella decisione di avvio del procedimento, che i redditi derivanti da royalties erano stati esclusi dall’ambito di applicazione della tassazione dei redditi per la prima volta nell’ITA 2010, la decisione impugnata non conteneva una siffatta constatazione.

225    Dall’altro, esse fanno valere che, quand’anche la non imposizione dei redditi derivanti da royalties avesse costituito un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, esso avrebbe dovuto essere considerato come un aiuto esistente, dato che i redditi passivi derivanti da royalties non erano assoggettati a imposta a Gibilterra nella vigenza dell’ITA 1952, in vigore prima dell’adozione dell’ITA 2010, cosicché tale norma era già applicabile al 1° gennaio 1973, data in cui il Regno Unito era divenuto uno Stato membro. In particolare, le ricorrenti sostengono che, seppure l’articolo 6, paragrafo 1, dell’ITA 1952 elencasse, fra le sei categorie di redditi imponibili, la categoria «Canoni di locazione, royalties, premi e altri profitti derivanti da diritti di proprietà», una siffatta categoria riguardava, in realtà, soltanto i diritti di proprietà immobiliare. Il termine «royalties» sarebbe stato riferito unicamente alle royalties derivanti dallo sfruttamento minerario.

226    La Commissione contesta tali argomenti.

227    In sostanza, le ricorrenti sollevano due censure, relative, da un lato, ad un difetto di motivazione, in violazione dell’articolo 296 TFUE, nella misura in cui la Commissione non avrebbe spiegato, nella decisione impugnata, in che modo la non imposizione dei redditi derivanti da royalties avrebbe costituito un aiuto nuovo, e, dall’altro, ad una violazione dell’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 659/1999, nella misura in cui la Commissione ha erroneamente ritenuto che detta misura costituisse una misura di aiuto esistente.

228    In conformità ad una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE costituisce una formalità sostanziale che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 146 e giurisprudenza ivi citata, e del 14 maggio 2014, Donau Chemie/Commissione, T‑406/09, EU:T:2014:254, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). Occorre pertanto esaminare, in primo luogo, la censura relativa, in sostanza, alla violazione dell’obbligo di motivazione, previsto all’articolo 296 TFUE, e poi, in secondo luogo, la censura relativa alla violazione dell’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 659/1999.

a)      Sulla prima censura, relativa ad un difetto di motivazione ai sensi dellarticolo 296 TFUE

229    Ai sensi dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, gli atti giuridici sono motivati. Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Per quanto riguarda, in particolare, la motivazione delle decisioni individuali, l’obbligo di motivare tali decisioni ha quindi lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione è eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (v. sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punti da 146 a 148 e giurisprudenza ivi citata; sentenze dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punti 114 e 115, e del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione, T‑95/15, EU:T:2016:722, punto 44).

230    La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 150; dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 116, e del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione, T‑95/15, EU:T:2016:722, punto 45).

231    Nella specie, occorre constatare che, pur se la Commissione ha ritenuto che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituisse un aiuto illegale (considerando 216 e 217 della decisione impugnata), la decisione impugnata non contiene alcun elemento, neanche nella sezione intitolata «Carattere di “nuovo aiuto” della misura» (considerando da 118 a 121 della decisione impugnata), volto a spiegare perché detta misura costituisse un aiuto nuovo. Infatti, gli elementi contenuti in tale sezione vertono unicamente sul regime di aiuti relativo alla non imposizione dei redditi da interessi da prestiti infragruppo.

232    Tuttavia, come risulta dal punto 230 supra, il rispetto dell’obbligo di motivazione deve essere esaminato alla luce del contenuto dell’atto, ma anche del suo contesto e delle norme di diritto applicabili. Inoltre, nell’ambito del procedimento di controllo degli aiuti di Stato, la decisione finale, presa al termine del procedimento di indagine formale, costituisce un atto la cui elaborazione viene effettuata in più fasi. Il Tribunale ha già dichiarato, in tal senso, che la decisione di avvio della procedura formale faceva parte del contesto della decisione che conclude il procedimento e che la prima poteva essere presa in considerazione nell’ambito dell’esame della motivazione della seconda (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2018, Austria/Commissione, T‑356/15, EU:T:2018:439, punto 535).

233    Orbene, da un lato, dai considerando 217 e 221 della decisione impugnata risulta che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties era una misura di aiuto illegittima che doveva essere recuperata, cosicché la Commissione aveva necessariamente ritenuto, nella decisione impugnata, che detta misura fosse una misura di aiuto nuova. Infatti, come discende dall’articolo 108, paragrafi 1 e 3, TFUE nonché dall’articolo 1, lettera f), del regolamento n. 659/1999, solo una misura di aiuto nuova, alla quale è stata data esecuzione senza autorizzazione della Commissione, può essere qualificata come misura di aiuto illegittima. Le misure di aiuto esistenti sono oggetto, da parte loro, di un esame costante, nell’ambito del quale la Commissione propone le misure utili richieste dallo sviluppo progressivo o dal funzionamento del mercato interno.

234    Dall’altro, dai considerando 45, 66 e 67 della decisione di avvio del procedimento risulta che la Commissione aveva qualificato la non imposizione dei redditi derivanti da royalties come aiuto nuovo con la motivazione che i redditi derivanti da royalties erano tassati a Gibilterra ai sensi dell’ITA 1952, e ciò fino all’entrata in vigore dell’ITA 2010.

235    Pertanto, nella misura in cui la constatazione, effettuata nella decisione impugnata, secondo cui la misura in questione era una misura di aiuto illegittima, era compatibile con l’analisi contenuta nella decisione di avvio del procedimento e tale decisione e la decisione impugnata non contenevano elementi che potevano far pensare che la Commissione avrebbe modificato la sua posizione su tale punto specifico, si deve considerare che, nel caso di specie, la decisione di avvio del procedimento faceva parte del contesto nel quale la decisione impugnata era stata adottata e doveva essere presa in considerazione ai fini dell’analisi della motivazione di quest’ultima, per quanto riguardava la qualificazione della non imposizione dei redditi derivanti da royalties come misura di aiuto nuovo.

236    Inoltre, occorre rilevare che le ricorrenti contestano l’analisi secondo la quale la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituiva un aiuto nuovo e, in particolare, il fatto che tali redditi erano soggetti all’imposta sul reddito in forza dell’ITA 1952. Ciò effettivamente dimostra che esse erano in grado di conoscere i motivi per i quali la Commissione aveva ritenuto che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituisse una misura di aiuto nuova illegittima.

237    Alla luce di quanto suesposto, la censura relativa ad un difetto di motivazione della decisione impugnata deve essere respinta.

b)      Sulla seconda censura, relativa alla violazione dellarticolo 1, lettera c), del regolamento n. 659/1999

238    Ai sensi dell’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 659/1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 TFUE, i nuovi aiuti sono costituiti da tutti gli aiuti, ossia dai regimi di aiuti e da aiuti individuali, che non siano aiuti esistenti, comprese le modifiche degli aiuti esistenti.

239    Orbene, in conformità all’articolo 1, lettera b), i), ii) e v), del regolamento n. 659/1999, costituiscono aiuti esistenti tutti gli aiuti autorizzati, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio dell’Unione europea, tutti i regimi di aiuti esistenti prima dell’entrata in vigore del Trattato in uno Stato membro, ossia tutti i regimi di aiuti e gli aiuti individuali ai quali è stata data esecuzione prima dell’entrata in vigore del Trattato e che sono ancora applicabili dopo tale entrata in vigore, nonché gli aiuti considerati aiuti esistenti in quanto può essere dimostrato che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma lo sono diventati successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro.

240    Devono dunque essere considerate come aiuti nuovi le misure adottate dopo l’entrata in vigore del Trattato nello Stato membro e dirette ad istituire o a modificare aiuti (v. sentenza del 20 maggio 2010, Todaro Nunziatina & C., C‑138/09, EU:C:2010:291, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

241    Un aiuto può essere qualificato come nuovo aiuto o modifica del regime esistente con riferimento alle disposizioni che lo prevedono, alle loro modalità e ai loro limiti (v. sentenza del 16 dicembre 2010, Paesi Bassi e NOS/Commissione, T‑231/06 e T‑237/06, EU:T:2010:525, punto 180 e giurisprudenza ivi citata).

242    Nella specie, le ricorrenti si limitano a contestare la constatazione della Commissione secondo la quale i redditi derivanti da royalties erano tassati in applicazione dell’ITA 1952 ed erano stati esclusi dall’ambito di applicazione dell’imposta sul reddito a Gibilterra solo con l’adozione dell’ITA 2010.

243    Orbene, a tal riguardo, occorre rilevare che, come osservato dalla Commissione nella decisione di avvio del procedimento, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), dell’ITA 1952, il quale è stato abrogato dall’ITA 2010, elencava espressamente i redditi derivanti da royalties fra le categorie di redditi imponibili a Gibilterra. Siffatti redditi erano dunque assoggettati all’imposta sul reddito a Gibilterra fino all’entrata in vigore dell’ITA 2010, il 1° gennaio 2011.

244    Gli argomenti delle ricorrenti secondo i quali il termine «royalties», di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), dell’ITA 1952, copriva esclusivamente i redditi derivanti da royalties percepiti in relazione a beni immobili e designava le royalties risultanti dallo sfruttamento minerario non possono essere accolti.

245    Da un lato, l’analisi delle ricorrenti è in contraddizione con le informazioni comunicate dalle autorità del Regno Unito in occasione del procedimento amministrativo. Infatti, esse hanno espressamente affermato, a più riprese e, segnatamente, nelle loro osservazioni del 14 settembre e del 3 dicembre 2012, che, «prima dell’adozione del[l’ITA 2010], i [redditi derivanti da royalties] erano tassati e non davano luogo ad un gettito fiscale significativo» e che per tale ragione essi erano stati esentati dalla tassazione dalla legge del 2010. Dal contesto di tali osservazioni si evince che le autorità del Regno Unito facevano effettivamente riferimento alle royalties sulla proprietà intellettuale e non alle royalties connesse allo sfruttamento minerario.

246    Inoltre, come sostenuto dalla Commissione, le autorità del Regno Unito e di Gibilterra non hanno contestato la sua analisi dell’ITA 1952 contenuta nella decisione di avvio del procedimento. Orbene, come risulta dal punto 106 supra, in assenza di informazioni idonee a rimettere in discussione l’interpretazione del diritto tributario nazionale effettuata nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione non poteva esaminare per congetture tutti gli argomenti che avrebbero potuto rimettere potenzialmente in discussione detta interpretazione, la quale, del resto, si basava direttamente su informazioni promananti dallo Stato membro interessato, le quali potevano essere considerate sufficientemente attendibili e credibili.

247    Dall’altro, gli argomenti contenuti nella perizia, comunicata in allegato alla replica, non consentono di rimettere in discussione la constatazione secondo cui i redditi derivanti da royalties erano soggetti all’imposta sul reddito in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), dell’ITA 1952. Infatti, pur se il termine «royalties» era inserito, all’interno dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), dell’ITA 1952, fra i termini «canoni di locazione» (rents), «premi» (premium) e «altri profitti derivanti da proprietà», dal testo di tale articolo non risultava che la totalità di tali categorie di redditi era riferita a beni immobili. Infatti, il termine «proprietà» (property) poteva fare riferimento tanto a proprietà immobiliari quanto a qualsiasi altra forma di proprietà, anche intellettuale.

248    Inoltre, nella misura in cui la perizia si fonda sulla giurisprudenza del JCPC relativa all’interpretazione del diritto applicabile in ex colonie che si contraddistinguono per la loro ricchezza mineraria, occorre rilevare, al pari della Commissione, che è incoerente applicare una siffatta giurisprudenza, per analogia, alla situazione di Gibilterra, il cui territorio è privo di tali caratteristiche, al fine di concludere che il termine «royalty», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), dell’ITA 1952 riguardi unicamente le royalties minerarie.

249    Risulta dunque dalle considerazioni che precedono che la Commissione ha correttamente ritenuto che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties fosse stata introdotta con l’adozione dell’ITA 2010. Pertanto, la Commissione non è incorsa in errore nel qualificare tale non imposizione come misura di aiuto nuovo e illegittimo.

250    Occorre pertanto respingere la seconda censura e, per l’effetto, il quinto motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata.

251    Si deve, dunque, respingere il ricorso nella parte in cui è diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, concernente la non imposizione dei redditi derivanti da royalties, nonché dell’ordine di recupero connesso a tale misura.

C.      Sulla seconda parte del ricorso, diretta all’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata nella parte in cui riguarda l’aiuto di Stato individuale concesso alla MJN GibCo, nonché dell’ordine di recupero connesso a tale misura

252    La seconda parte del ricorso è diretta ad ottenere l’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata, ai sensi del quale la Commissione ha constatato che gli aiuti di Stato individuali concessi sulla base di cinque ruling fiscali, accordati a cinque società aventi sede a Gibilterra, che detengono una partecipazione in CV neerlandesi e che percepiscono redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties, erano illegittimi e incompatibili con il mercato interno. Il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 fa parte dei cinque ruling fiscali di cui all’articolo 2 della decisione impugnata.

253    Come risulta dal punto 40 supra, il presente ricorso è diretto ad ottenere l’annullamento degli articoli 2 e 5 della decisione impugnata unicamente nella parte in cui essi riguardano la situazione della MJN GibCo.

254    A sostegno delle loro conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 2 nonché dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della decisione impugnata, le ricorrenti deducono quattro motivi:

–        il primo motivo verte sulla violazione dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 6 del regolamento n. 659/1999, nella misura in cui la Commissione si è astenuta dal fornire, nella decisione di estensione del procedimento d’indagine formale, sufficienti informazioni sull’oggetto di tale procedimento [sezione a) della seconda parte del ricorso];

–        il secondo e il terzo motivo vertono sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e su manifesti errori di valutazione con riferimento al significato e agli effetti del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, nonché sulla sua qualificazione come misura di aiuto individuale [sezioni b) e c) della seconda parte del ricorso];

–        il quarto motivo verte su uno sviamento di potere, nella misura in cui la Commissione si sarebbe avvalsa del procedimento di controllo degli aiuti di Stato al fine di contestare il ricorso a una CV nelle strutture dei gruppi multinazionali, in combinato con il principio territoriale di tassazione [sezione d) della quarta parte del ricorso].

1.      Considerazioni preliminari sulla portata dellarticolo 2 della decisione impugnata 

255    L’articolo 2 della decisione impugnata dispone che «[g]li aiuti di Stato individuali concessi dal governo di Gibilterra, in base ai [cinque] ruling fiscali (…) concessi a favore di cinque imprese di Gibilterra aventi partecipazioni in [CV] neerlandesi (…) che hanno ricevuto reddito derivante da royalties e da interessi da prestiti infragruppo, attuati illegittimamente dal Regno Unito in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, sono incompatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato». A tal riguardo, occorre ricordare che il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 è uno dei cinque ruling fiscali in questione.

256    Con i loro ricorsi, le ricorrenti chiedono l’annullamento della decisione impugnata, nella parte in cui essa ha dichiarato che il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 costituiva un aiuto individuale concesso alla MJN GibCo, sia per il periodo fino al 31 dicembre 2013 sia per il periodo successivo a tale data. In particolare, dalle risposte delle ricorrenti ai quesiti scritti del Tribunale emerge che esse hanno ritenuto che l’articolo 2 della decisione impugnata disponesse che, per il periodo fino al 31 dicembre 2013, un aiuto individuale era stato concesso loro sulla base del regime di aiuti individuato all’articolo 1, paragrafo 2, di detta decisione. La Commissione, da parte sua, ha precisato, in risposta a un quesito del Tribunale all’udienza dibattimentale, che l’articolo 2 della decisione impugnata verteva unicamente sul periodo successivo al 31 dicembre 2013.

257    Occorre dunque verificare se l’articolo 2 della decisione impugnata riguardi unicamente la misura di aiuto individuale ad hoc concessa sulla base del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 per il periodo successivo al 31 dicembre 2013 oppure se tale parte del dispositivo debba essere interpretata nel senso che essa constata parimenti che, per il periodo fino al 31 dicembre 2013, la MJN GibCo ha beneficiato di una misura di aiuto individuale, in applicazione del regime di aiuti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata.

258    In primo luogo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 1, lettera e), del regolamento n. 659/1999, costituiscono «aiuti individuali» gli aiuti non concessi nel quadro di un regime di aiuti e gli aiuti soggetti a notifica concessi nel quadro di un regime.

259    In tal senso, dalla giurisprudenza della Corte risulta che una decisione della Commissione che constata l’esistenza di un aiuto di Stato non può essere interpretata nel senso che essa verte al contempo su un regime di aiuti e sulle decisioni individuali che attuano tale regime, e ciò persino nonostante il fatto che la Commissione si sia pronunciata, nei motivi e nel dispositivo di detta decisione, sugli aiuti individualmente concessi a taluni beneficiari, designati nominativamente, indicando che tali aiuti erano da considerarsi illegali e incompatibili con il mercato (v., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona, C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punti da 70 a 77).

260    Nella specie, da un lato, dai considerando 183 e 196 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha precisato che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties concessa ai beneficiari del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 costituiva, per il periodo fino al 31 dicembre 2013, un aiuto di Stato concesso sulla base di un regime di aiuti che era stato esaminato nella sezione 7 della decisione impugnata. Infatti, il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 riguardava un «regime di aiuti», ai sensi dell’articolo 1, lettera d), del regolamento n. 659/1999, e non una misura individuale, dato che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties poteva andare a vantaggio, a causa della sola mancata inclusione di tali redditi fra le categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, di ciascuna delle imprese di Gibilterra che percepivano siffatti redditi, definite in maniera generale ed astratta, per un periodo ed un importo indeterminati, senza che fosse necessario prendere misure di applicazione supplementari e, ciò, senza che tali disposizioni fossero connesse alla realizzazione di un progetto specifico. Occorre osservare, inoltre, che le disposizioni fiscali che consentono alle società che percepiscono redditi derivanti da royalties di beneficiare della non imposizione di tali redditi figuravano in una misura di portata generale, ossia l’ITA 2010, nella sua versione in vigore fino al 31 dicembre 2013.

261    Dall’altro, al punto 183 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che, riguardo al periodo che andava, rispettivamente, fino al 30 giugno 2013 e fino al 31 dicembre 2013, la parte dei cinque ruling fiscali vertente sull’esenzione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties si limitava a confermare l’applicazione delle disposizioni fiscali applicabili all’epoca, ossia il fatto che tali redditi non erano imponibili a Gibilterra. Orbene, a tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte si desume che misure individuali di esecuzione di un regime di aiuti che, in quanto tale, avrebbe dovuto essere notificato alla Commissione dallo Stato membro interessato costituiscono mere misure di esecuzione del regime generale, le quali, in linea di principio, non devono essere notificate a tale istituzione. Una simile misura non costituisce pertanto un «aiut[o] individual[e]», ai sensi dell’articolo 1, lettera e), del regolamento n. 659/1999.

262    In secondo luogo, occorre ricordare che, nel caso di un regime di aiuti, va operata una distinzione tra, da un lato, l’adozione di tale regime e, dall’altro, la concessione di aiuti sulla base di detto regime (v. sentenza del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona, C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

263    Infatti, nel caso specifico di un regime di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiare le caratteristiche del regime di cui trattasi per valutare nella motivazione della sua decisione se, in base alle modalità previste da tale regime, esso assicuri un vantaggio ai beneficiari rispetto ai loro concorrenti e sia tale da giovare essenzialmente a imprese che partecipano agli scambi tra Stati membri. Dunque la Commissione, in una decisione riguardante un simile regime, non è tenuta a compiere un’analisi degli aiuti concessi in ogni singolo caso sulla base di un regime siffatto. È solo allo stadio del recupero degli aiuti che si renderebbe necessario verificare la situazione individuale di ciascuna impresa interessata (sentenze del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 63; del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C‑630/11 P a C‑633/11 P, EU:C:2013:387, punto 114, e del 29 luglio 2019, Azienda Napoletana Mobilità, C‑659/17, EU:C:2019:633, punto 27).

264    Ne consegue che, al fine di determinare l’esistenza del vantaggio, la Commissione doveva esclusivamente esaminare, nella decisione impugnata, il «regime di aiuti», ai sensi dell’articolo 1, lettera d), del regolamento n. 659/1999, come individuato all’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, e non gli aiuti concessi sulla base e in applicazione automatica di tale regime. In siffatto contesto, è stato dichiarato che era irrilevante il fatto che i motivi e il dispositivo della decisione impugnata avessero identificato direttamente potenziali destinatari della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona, C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punti 70, 71, 74, 75 e 86).

265    Occorre peraltro rilevare che la decisione impugnata non conteneva un’analisi dettagliata della situazione della MJN GibCo, al fine di verificare se quest’ultima avesse effettivamente beneficiato di un vantaggio in applicazione del regime di aiuti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, ma si limitava, ai suoi considerando 183 e 196, a rinviare all’analisi del regime di aiuti che era stata effettuata nella sua sezione 7.

266    Dalle considerazioni che precedono risulta che, avendo la Commissione constatato, nella decisione impugnata, che la non imposizione dei redditi derivanti da royalties costituiva un regime di aiuti incompatibile e illegittimo, il suo articolo 2 non può essere interpretato nel senso che esso constata, per il periodo sino al 31 dicembre 2013, che una misura di aiuto individuale era stata concessa alla MJN GibCo in applicazione di tale regime, e ciò indipendentemente dal fatto che i motivi della decisione impugnata identificavano la MJN GibCo come un beneficiario potenziale del regime di aiuti in questione. Infatti, la questione dell’identificazione della MJN GibCo e delle ricorrenti quali beneficiari effettivi del regime di aiuti riguardava unicamente la fase del recupero dell’aiuto.

267    Di conseguenza, si deve considerare che l’articolo 2 della decisione impugnata si riferiva unicamente alle misure di aiuto concesse sulla base dei cinque ruling fiscali, e non agli aiuti attuati sulla base del regime di aiuti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, e riguardava dunque esclusivamente il periodo successivo al 31 dicembre 2013.

268    Devono essere pertanto respinti in quanto inoperanti gli argomenti delle ricorrenti diretti a contestare l’articolo 2 della decisione impugnata, nella parte in cui esso avrebbe riguardato misure di aiuto individuali che sarebbero stati concessi sulla base del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, per il periodo sino al 31 dicembre 2013.

2.      Sul primo motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 108, paragrafo 2, TFUE e dellarticolo 6 del regolamento n. 659/1999 (primo motivo diretto allannullamento dellarticolo 2 della decisione impugnata)

269    Con il loro primo motivo diretto all’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata, le ricorrenti addebitano alla Commissione di non avere soddisfatto, nella decisione di estendere il procedimento, il requisito risultante dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dall’articolo 6 del regolamento n. 659/1999, consistente nell’esporre sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, nel contenere una valutazione preliminare relativa al carattere di aiuto della misura esaminata in detta decisione e nell’esporre i dubbi attinenti alla sua compatibilità con il mercato interno. Esse ricordano che una decisione di avviare, o estendere, il procedimento d’indagine formale deve consentire agli interessati di partecipare utilmente al procedimento e di rispondere alle conclusioni preliminari della Commissione. Di conseguenza, la Commissione sarebbe tenuta a definire in maniera sufficiente l’ambito del suo esame affinché il diritto degli interessati di presentare le loro osservazioni non venga privato del suo contenuto e non potrebbe adottare una decisione finale su questioni non trattate nella decisione di avvio del procedimento. Orbene, nella specie, la decisione di estendere il procedimento non avrebbe contenuto elementi che consentivano loro di anticipare le valutazioni, contenute nella decisione impugnata, secondo le quali il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 costituiva un aiuto di Stato individuale per il periodo successivo al 31 dicembre 2013.

270    In primo luogo, le ricorrenti fanno valere che il ragionamento adottato dalla Commissione, nella decisione impugnata, concernente i cinque ruling fiscali, fra cui il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, si fondava su una base totalmente diversa da quella individuata nella decisione di estendere il procedimento. A loro avviso, la Commissione avrebbe affrontato la problematica del pagamento dei redditi derivanti da royalties tramite strutture fondate su gruppi di società comprendenti CV, come la struttura del gruppo MJN, per la prima volta nella decisione impugnata, e nulla consentiva loro di prevedere, da una lettura della decisione di estendere il procedimento, che la Commissione avrebbe esaminato tali questioni. L’unica preoccupazione connessa alla tassazione dei redditi derivanti da royalties, individuata dalla Commissione nella decisione di estendere il procedimento, sarebbe risieduta nel fatto che i ruling fiscali sarebbero stati concessi a società di Gibilterra senza che le autorità fiscali di tale territorio avessero verificato il luogo in cui si trovava l’utente dei diritti di proprietà intellettuale. Orbene, poiché dalla loro domanda di ruling fiscale sarebbe emerso chiaramente che l’utente dei diritti di proprietà intellettuale si trovava al di fuori di Gibilterra, le ricorrenti non avrebbero reputato utile presentare osservazioni alla Commissione, e ciò sebbene il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 fosse allegato alla decisione di estendere il procedimento.

271    In secondo luogo, ad avviso delle ricorrenti, dalla decisione di estendere il procedimento non emergeva chiaramente che l’esame della Commissione verteva non solo sulla prassi dei ruling fiscali, quali regimi di aiuti, ma anche su ruling fiscali considerati individualmente, al di fuori dell’applicazione di tale regime. La circostanza che la Commissione avrebbe individuato, nella decisione di estendere il procedimento, taluni aspetti della prassi dei ruling fiscali, non le avrebbe dato il diritto di esaminare tutti gli aspetti della totalità dei 165 ruling fiscali al fine di verificare la loro conformità al diritto tributario di Gibilterra. Le ricorrenti aggiungono che dalla lettura della decisione di estendere il procedimento si evince che il solo motivo per il quale la Commissione avrebbe potuto esaminare la questione della tassazione dei redditi derivanti da royalties nell’ambito di strutture di CV era la questione del luogo di stabilimento degli utenti dei diritti di proprietà intellettuale.

272    In terzo luogo, le ricorrenti addebitano alla Commissione di non aver indicato che avrebbe esteso il suo esame ad aiuti individuali che erano stati potenzialmente concessi successivamente al 31 dicembre 2013. A tal riguardo, le ricorrenti sottolineano che il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 aveva cessato di essere in vigore dopo tale data, nella misura in cui esso era stato sostituito dal ruling fiscale del 2014.

273    In quarto luogo, le ricorrenti addebitano alla Commissione di avere modificato la sua analisi della selettività fra l’adozione della decisione di estendere il procedimento e quella della decisione impugnata. Nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe paragonato i beneficiari dei cinque ruling fiscali non solo alle imprese multinazionali, ma anche a tutte le altre società contribuenti a Gibilterra, incluse le società appartenenti a gruppi multinazionali, i beneficiari degli altri ruling fiscali e le società nazionali.

274    Secondo le ricorrenti, tali carenze le avrebbero private della possibilità di presentare utilmente le loro osservazioni nel corso del procedimento d’indagine formale, segnatamente per quanto riguardava l’esistenza del ruling fiscale del 2014 che avrebbe sostituito quello del 2012.

275    La Commissione contesta tali argomenti.

276    In sostanza, essa fa valere che la decisione di estendere il procedimento conteneva elementi sufficienti riguardo all’oggetto del procedimento d’indagine e definiva in maniera sufficiente la misura di aiuto individuale risultante dal ruling fiscale della MJN GibCo del 2012.

277    In primo luogo, la Commissione indica che la decisione di estendere il procedimento faceva espressamente riferimento al ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, il quale conteneva una descrizione della struttura del gruppo e faceva espressamente riferimento alla MJN US, MJ BV e alla Mead Johnson Nutrition (Asia Pacific). La MJN GibCo e le ricorrenti avrebbero dunque dovuto essere necessariamente informate del fatto che essa aveva avviato un procedimento d’indagine formale concernente il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 e che tale procedimento riguardava entità del gruppo MJN diverse dalla MJN GibCo. Inoltre, per quanto riguarda il ruling fiscale della MJN GibCo del 2014, la Commissione sottolinea che esso non le era stato sottoposto dalle autorità del Regno Unito e che, in ogni caso, tale ruling fiscale non contraddiceva il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, né prevaleva su quest’ultimo, poiché esso si occupava della situazione fiscale di un’entità diversa, ossia della MJT CV. La Commissione aggiunge che la relazione di verifica del 16 dicembre 2015, redatta dall’Ufficio delle entrate di Gibilterra al termine di un controllo esaustivo del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, confermava in concreto che detto ruling continuava ad essere applicabile nel 2015.

278    In secondo luogo, la Commissione ritiene che la decisione di estendere il procedimento fosse chiara e precisa per quanto riguarda la natura e la fonte dell’aiuto potenziale, ossia l’ampio potere discrezionale delle autorità fiscali di Gibilterra e l’eventuale erronea applicazione delle disposizioni fiscali da parte delle medesime. Essa precisa che la portata dei suoi dubbi e l’ambito di applicazione del procedimento d’indagine emergevano chiaramente dal considerando 52 della decisione di estendere il procedimento. L’ambito di applicazione di tale procedimento non sarebbe stato limitato agli esempi individuati ai considerando 32 e 53 di quest’ultima decisione. La Commissione sottolinea che, alla luce dell’oggetto del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, le ricorrenti non dovevano avere alcun dubbio quanto al fatto che la sua attenzione fosse rivolta ai redditi derivanti da royalties e percepiti dalla MJN GibCo in forza della sua partecipazione nella MJT CV.

279    In terzo luogo, la Commissione fa valere che nulla nella decisione impugnata indicava che l’oggetto del procedimento d’indagine formale si limitava al periodo anteriore all’entrata in vigore delle modifiche del 2013.

280    In quarto luogo, essa ritiene che dal punto 68 della decisione di estendere il procedimento emergesse chiaramente che il procedimento d’indagine formale non verteva unicamente sull’eventuale regime di aiuti risultante da una prassi ricorrente, bensì anche sui 165 casi individuali di ruling fiscali.

281    In quinto luogo, in risposta agli argomenti secondo i quali essa avrebbe modificato la sua valutazione della selettività tra l’adozione della decisione di estendere il procedimento e quella della decisione impugnata, la Commissione afferma di essere libera di modificare la propria valutazione fra la decisione di avvio del procedimento e la decisione finale.

282    In sostanza, con il primo motivo, diretto ad ottenere l’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata, le ricorrenti sostengono che la Commissione, avendo adottato, nella decisione impugnata, un’analisi del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 diversa da quella contenuta nella decisione di estendere il procedimento, ha violato l’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 6 del regolamento n. 659/1999, nonché il loro diritto di essere coinvolte nel procedimento d’indagine formale. Esse non sarebbero dunque state in grado di far valere utilmente le loro osservazioni nel corso del procedimento d’indagine formale.

283    A tal riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, primo comma, TFUE, quando la Commissione decide di avviare un procedimento d’indagine formale, essa è tenuta ad intimare agli interessati di presentare le loro osservazioni.

284    Come risulta dalla giurisprudenza, l’articolo 108, paragrafo 2, primo comma, TFUE mira, da un lato, ad obbligare la Commissione a far sì che tutte le persone potenzialmente interessate siano informate e abbiano la possibilità di far valere il loro punto di vista e, dall’altro, a consentire alla Commissione d’essere pienamente edotta su tutti i dati del problema prima di adottare la propria decisione (sentenza del 25 giugno 1998, British Airways e a./Commissione, T‑371/94 e T‑394/94, EU:T:1998:140, punto 58).

285    L’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, intitolato «Procedimento d’indagine formale», prevede che la decisione di avvio del procedimento d’indagine formale esponga sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, contenga una valutazione preliminare della Commissione relativa al carattere di aiuto della misura prevista, esponga i dubbi attinenti alla sua compatibilità con il mercato interno e inviti lo Stato membro e tutti gli altri interessati a formulare le loro osservazioni entro un termine stabilito.

286    In tale contesto, occorre ricordare che la giurisprudenza attribuisce agli interessati essenzialmente il ruolo di fonti d’informazione per la Commissione nell’ambito del procedimento amministrativo iniziato ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE. Ne consegue che gli interessati, lungi dal potersi avvalere dei diritti della difesa spettanti a coloro nei cui confronti è aperto un procedimento, dispongono soltanto del diritto di essere associati al procedimento amministrativo in misura adeguata, tenuto conto delle circostanze del caso di specie (sentenze del 25 giugno 1998, British Airways e a./Commissione, T‑371/94 e T‑394/94, EU:T:1998:140, punti 59 e 60, e del 30 novembre 2009, Francia e France Télécom/Commissione, T‑427/04 e T‑17/05, EU:T:2009:474, punto 147). In particolare, il diritto degli interessati ad essere informati non può estendersi al generale diritto di esprimersi in merito a tutti i punti potenzialmente importanti sollevati nel corso del procedimento d’indagine formale (sentenza del 30 novembre 2009, Francia e France Télécom/Commissione, T‑427/04 e T‑17/05, EU:T:2009:474, punto 149).

287    Se pure la Commissione non può essere tenuta a presentare un’analisi completa dell’aiuto controverso nella sua comunicazione relativa all’avvio del procedimento d’indagine formale, è necessario che essa definisca sufficientemente il quadro del suo esame al fine di non svuotare di significato il diritto degli interessati di presentare le loro osservazioni (v. sentenza del 12 luglio 2018, Austria/Commissione, T‑356/15, EU:T:2018:439, punto 703 e giurisprudenza ivi citata).

288    La decisione di avvio del procedimento d’indagine formale deve, pertanto, mettere le parti interessate in condizione di partecipare in modo efficace a detto procedimento nel corso del quale esse avranno la possibilità di far valere i loro argomenti. A tal fine, è sufficiente che le parti interessate conoscano l’iter logico che ha portato la Commissione a ritenere provvisoriamente che la misura controversa potesse costituire un nuovo aiuto incompatibile con il mercato interno (v. sentenza del 13 dicembre 2018, Ryanair e Airport Marketing Services/Commissione, T‑165/15, EU:T:2018:953, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

289    Inoltre, si deve ricordare che un’eventuale divergenza tra la decisione di avvio del procedimento d’indagine formale e la decisione finale non può essere considerata di per sé integrante gli estremi di un vizio che pregiudichi la legittimità di quest’ultima. Solo una modifica che incida sulla natura delle misure contestate potrebbe generare un obbligo per la Commissione di informare nuovamente le parti interessate (sentenza del 12 luglio 2018, Austria/Commissione, T‑356/15, EU:T:2018:439, punto 727). Pertanto, ove la Commissione modifichi il proprio ragionamento, a seguito della decisione di avviare il procedimento d’indagine formale, su fatti o su una qualificazione giuridica di tali fatti che risultano determinanti per la sua valutazione dell’esistenza di un aiuto o della sua compatibilità con il mercato interno, essa è tenuta a rettificare la decisione di avvio o ad estenderla, al fine di consentire alle parti interessate di presentare utilmente le loro osservazioni (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2019, UPF/Commissione, T‑747/17, EU:T:2019:271, punto 77).

290    In tale contesto, occorre rilevare che l’obbligo a carico della Commissione di mettere gli interessati, nella fase della decisione di avvio del procedimento, in condizione di presentare le loro osservazioni costituisce una formalità sostanziale (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2008, Commissione/Freistaat Sachsen, C‑334/07, EU:C:2008:709, punto 55). Pertanto, la violazione di una siffatta formalità comporta l’annullamento dell’atto viziato, indipendentemente dal fatto che tale violazione abbia causato un danno alla persona che la invoca o che il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare ad un risultato diverso (v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2006, Le Levant 001 e a./Commissione, T‑34/02, EU:T:2006:59, punti da 95 a 99).

291    Di conseguenza, l’obbligo di rettificare o di estendere il procedimento d’indagine formale, al fine di mettere gli interessati in condizione di presentare le loro osservazioni, deve costituire parimenti una formalità sostanziale qualora la Commissione abbia modificato il proprio ragionamento, tra la decisione di avvio del procedimento e la decisione finale, fondandosi su fatti o su una qualificazione giuridica dei fatti che risultano determinanti nella sua valutazione dell’esistenza di un aiuto e che incidono sulla natura stessa della misura in questione.

292    Infatti, in una simile circostanza, la modifica della posizione della Commissione è tale da modificare l’oggetto e la portata del procedimento d’indagine formale. Orbene, se si lasciasse alla Commissione la possibilità di modificare, successivamente alla decisione di avvio del procedimento d’indagine formale o, come nella specie, alla decisione di estensione di detta decisione di avvio del procedimento, l’oggetto di detto procedimento nonché gli elementi più sostanziali sulla base dei quali essa ha ritenuto che la misura esaminata costituisse potenzialmente una misura di aiuto, senza adottare una decisione di rettifica, le parti interessate verrebbero private della loro possibilità di formulare le loro osservazioni sull’oggetto modificato del procedimento d’indagine formale. Ciò priverebbe di effetto l’obbligo incombente alla Commissione di definire in maniera sufficientemente precisa l’ambito del suo esame per consentire alle parti interessate di partecipare in modo efficace a detto procedimento, allorché esse faranno valere le loro osservazioni, e di definire così in maniera sufficiente l’ambito del suo esame. Come è stato illustrato al punto 290 supra, detto obbligo costituisce una formalità sostanziale.

293    Tale valutazione non viene rimessa in discussione dalla sentenza dell’11 marzo 2020, Commissione/Gmina Miasto Gdynia e Port Lotniczy Gdynia Kosakowo (C‑56/18 P, EU:C:2020:192, punti da 76 a 82), nella quale la Corte ha addebitato al Tribunale di avere commesso un errore di diritto nel constatare che il diritto delle parti interessate di presentare osservazioni costituiva una formalità sostanziale senza dimostrare che il procedimento amministrativo avrebbe potuto concludersi con un risultato diverso. Infatti, dai punti da 78 a 82 di detta sentenza risulta che la constatazione di tale errore era giustificata dalle circostanze proprie del caso di specie, ossia che, anche se le parti interessate non erano state invitate a presentare le loro osservazioni sull’incidenza di un cambiamento di regime giuridico intervenuto dopo l’adozione della decisione di avvio del procedimento, una siffatta circostanza non costituiva una formalità sostanziale, nella misura in cui detto cambiamento non poteva modificare il senso di tale decisione.

294    Inoltre, come risulta dal punto 85 della sentenza dell’11 marzo 2020, Commissione/Gmina Miasto Gdynia e Port Lotniczy Gdynia Kosakowo (C‑56/18 P, EU:C:2020:192), sebbene, in linea di principio, le modifiche sostanziali di una base giuridica sulla quale si fonda una decisione della Commissione possano influire su tale decisione, ciò non avveniva nel caso di specie nella misura in cui la decisione in questione era fondata, inoltre, su una base giuridica autonoma, che non aveva subito modifiche, e che era sufficiente a fondare detta decisione. Ne discende che la giurisprudenza citata al punto 290 supra, secondo la quale la Commissione deve mettere gli interessati in condizione di presentare le loro osservazioni quando decide di avviare il procedimento d’indagine formale e secondo la quale tale obbligo costituisce una formalità sostanziale, non viene rimessa in discussione.

295    Nella specie, al fine di valutare l’esistenza di una violazione dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, dell’articolo 6 del regolamento n. 659/1999 e dell’obbligo, per la Commissione, di mettere gli interessati in condizione di presentare utilmente le loro osservazioni, occorre verificare se l’analisi contenuta nella decisione di estendere il procedimento conteneva gli elementi determinanti sui quali la Commissione ha fondato la propria valutazione, nella decisione impugnata, secondo la quale il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, successivamente al 31 dicembre 2013, costituiva una misura di aiuto di Stato individuale concessa dal governo di Gibilterra e, pertanto, se essa consentiva di individuare la natura della misura oggetto dell’articolo 2 della decisione impugnata.

296    A tal fine, occorre esaminare, anzitutto, gli elementi determinanti del ragionamento che ha indotto la Commissione a ritenere segnatamente, all’articolo 2 della decisione impugnata, che, successivamente al 31 dicembre 2013, gli effetti prodotti dal ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 costituissero un aiuto di Stato individuale.

297    In primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 2 della decisione impugnata riguardava «[g]li aiuti di Stato individuali concessi dal governo di Gibilterra, in base ai [cinque] ruling fiscali (…) concessi a favore di cinque imprese di Gibilterra aventi partecipazioni in [CV] neerlandesi (…) che hanno ricevuto reddito derivante da royalties e da interessi da prestiti infragruppo». Inoltre, nella sezione 12, intitolata «Conclusione», e, più precisamente, al punto 246 di questa stessa decisione, era precisato che «il trattamento fiscale concesso dal governo di Gibilterra sulla base dei [cinque] ruling fiscali a favore di cinque imprese di Gibilterra aventi partecipazioni in [CV] neerlandesi (…) che hanno ricevuto reddito derivante da royalties e da interessi da prestiti infragruppo» si configurava come singole misure di aiuto.

298    In tale contesto, si deve rilevare che la Commissione ha indicato, al punto 152 della decisione impugnata, che i cinque ruling fiscali, fra cui il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, erano «rimasti in vigore e non [era]no stati revocati dalle autorità fiscali a seguito delle modifiche dell’ITA 2010 del 2013 che [avevano] incluso [i redditi derivanti da] interessi [da prestiti infragruppo] e [da] royalties all’interno dell’ambito di applicazione della tassazione o a seguito delle verifiche condotte nel 2015».

299    Analogamente, ai punti 180, 182 e 184 della decisione impugnata, la Commissione ha spiegato che, se era in effetti vero che, al momento della concessione dei cinque ruling fiscali, e, dunque, del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, gli stessi erano coerenti con le disposizioni fiscali applicabili, a decorrere rispettivamente dal 1° luglio 2013 e dal 1° gennaio 2014, i redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties erano ormai inclusi nelle categorie di reddito soggette a tassazione a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010. Pertanto, essa ha constatato che le autorità fiscali di Gibilterra, avendo consentito ai beneficiari dei cinque ruling fiscali, fra cui la MJN GibCo, di beneficiare di tali decisioni in seguito all’entrata in vigore delle modifiche del 2013 dell’ITA 2010, avevano prorogato l’esistenza del regime di non imposizione dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties. Occorre rilevare, al riguardo, che la Commissione ha constatato, nella nota a piè di pagina n92 e al punto 152 della decisione impugnata, che i cinque ruling fiscali erano rimasti in vigore almeno fino al 2015, data alla quale era stata svolta una verifica dalle autorità fiscali di Gibilterra.

300    Da tali elementi risulta che non era il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 in quanto tale, né la sua adozione, bensì il trattamento fiscale concesso alla MJN GibCo dalle autorità fiscali di Gibilterra «sulla base» di tale ruling fiscale che confermava la non imposizione dei redditi derivanti da royalties e, più specificamente, il mantenimento di tale decisione successivamente al 31 dicembre 2013, a costituire un aiuto di Stato individuale, circostanza che la Commissione ha confermato all’udienza dibattimentale, in risposta ad un quesito del Tribunale.

301    In secondo luogo, occorre rilevare che la Commissione ha incentrato la sua analisi dei cinque ruling fiscali e, quindi, del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 sulla struttura, riportata nelle domande di ruling fiscali, caratterizzata dalla presenza di una CV neerlandese che detiene i diritti di proprietà intellettuale e da soci aziendali di Gibilterra, che detengono le quote nella CV, nonché sul carattere trasparente delle CV neerlandesi ai fini dell’applicazione dell’ITA 2010 (considerando da 153 a 159 della decisione impugnata). In particolare, la Commissione ha rilevato che, dalle osservazioni delle autorità del Regno Unito emergeva che, in assenza di norme specifiche nell’ITA 2010, Gibilterra applicava principi della common law e considerava le CV neerlandesi come entità trasparenti, cosicché la quota pertinente di qualsiasi reddito percepito dalle CV doveva essere considerata come percepita direttamente dalle imprese di Gibilterra aventi una partecipazione nella CV (punto 155 della decisione impugnata). Essa ne ha concluso, ai considerando 161 e 162 della decisione impugnata, che le quote di ciascuna delle cinque società aventi sede a Gibilterra che erano beneficiarie dei cinque ruling fiscali, fra cui la MJN GibCo, nell’ammontare degli utili realizzati a livello delle CV neerlandesi avrebbero dovuto essere incluse nella base imponibile di queste cinque imprese ed essere tassate a Gibilterra.

302    Da quanto suesposto risulta che il ragionamento sulla base del quale la Commissione ha ritenuto che il mantenimento del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 costituisse una misura di aiuto individuale si basava essenzialmente sul fatto che tale ruling fiscale verteva su una struttura di gruppo che coinvolgeva una CV neerlandese, ossia la MJT CV, e un socio stabilito a Gibilterra, ossia la MJN GibCo, nonché sulla questione se la MJT CV costituiva un’entità fiscalmente trasparente, cosicché i redditi derivanti da royalties che essa percepiva dovevano essere tassati direttamente nei confronti della MJN GibCo, come se tali redditi fossero stati percepiti direttamente da quest’ultima. Infatti, l’accertamento dell’esistenza di un vantaggio selettivo si basava sulla constatazione che, in applicazione del diritto tributario di Gibilterra, nella sua versione in vigore a partire dal 1° gennaio 2014, i soci aziendali avrebbero normalmente dovuto essere soggetti all’imposta sul reddito a Gibilterra proporzionalmente alla loro quota negli utili della CV neerlandese.

303    Questi diversi elementi erano dunque determinanti nella valutazione della Commissione, sottesa all’articolo 2 della decisione impugnata, secondo la quale, successivamente al 31 dicembre 2013, il mantenimento del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 presentava il carattere di un aiuto di Stato individuale concesso dal governo di Gibilterra.

304    Alla luce delle valutazioni che precedono, occorre verificare se la decisione di estendere il procedimento contenesse sufficienti informazioni, in merito alla natura dell’aiuto di Stato individuale concesso alla MJN GibCo, successivamente al 31 dicembre 2013, dal ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, come contemplato all’articolo 2 della decisione impugnata, affinché la Commissione potesse adottare detta decisione senza violare il diritto delle parti interessate di far valere utilmente le loro osservazioni, in conformità all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e all’articolo 6 del regolamento n. 659/1999.

305    È vero che, come fatto valere dalla Commissione, nella decisione di estendere il procedimento, essa ha individuato il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 come potenzialmente idoneo a costituire una misura di Stato individuale. Analogamente, al contrario di quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non ha circoscritto il procedimento d’indagine formale all’analisi della prassi dei ruling fiscali quale potenziale regime di aiuti.

306    Infatti, dai considerando 62 e 69 della decisione di estendere il procedimento e dalla parte «Conclusione» di tale decisione si evince chiaramente che l’estensione del procedimento d’indagine formale verteva non soltanto sulla prassi dei ruling fiscali, ma anche su 165 ruling fiscali considerati individualmente, ognuno dei quali poteva potenzialmente costituire una misura di aiuto individuale. Poiché il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 figurava nell’elenco dei 165 ruling fiscali, allegato alla decisione di estendere il procedimento, esso faceva parte dell’oggetto del procedimento d’indagine formale, quale potenziale misura di aiuto individuale.

307    Tuttavia, occorre constatare che gli elementi presi in considerazione dalla Commissione, nella decisione impugnata, al fine di concludere che un aiuto individuale era stato concesso sulla base del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, così come individuati ai punti da 297 a 303 supra, differivano dalla valutazione provvisoria degli effetti prodotti dal ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, successivamente al 31 dicembre 2013, contenuta nella decisione di estendere il procedimento.

308    In primo luogo, l’analisi contenuta nella decisione di estendere il procedimento era incentrata principalmente sull’adozione dei ruling fiscali e sull’assenza di verifica che le condizioni descritte nelle domande di ruling fossero state effettivamente soddisfatte.

309    Infatti, ai considerando 31, 32 e 53 della decisione di estendere il procedimento, la Commissione ha spiegato, in relazione ai 165 ruling fiscali esaminati nell’ambito del procedimento d’indagine preliminare, fra cui il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, che diverse domande di ruling fiscali avrebbero dovuto sollevare dubbi, presso le autorità fiscali di Gibilterra, in relazione alla questione se le attività erano realmente esenti da imposta in quanto non erano maturate né avevano avuto origine a Gibilterra. La Commissione ha pertanto fondato la sua analisi preliminare dei ruling fiscali sul fatto che le autorità fiscali di Gibilterra si erano astenute, in generale, dal procedere ad un esame vero e proprio degli obblighi fiscali delle imprese nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali.

310    Una siffatta constatazione è stata reiterata al punto 62 della decisione di estendere il procedimento, in cui la Commissione ha osservato che ricorreva potenzialmente un aiuto di Stato in «tutti i 165 ruling fiscali», nella misura in cui «nessuno di essi [era stato] fondato su informazioni sufficienti a garantire che il livello di tassazione delle attività interessate [fosse] conforme all’imposta pagata da altre imprese in una situazione simile e alle disposizioni fiscali applicabili».

311    In secondo luogo, sebbene la Commissione abbia affermato, nella decisione di estendere il procedimento, che i ruling fiscali esaminati andavano al di là della non imposizione dei redditi passivi, come risultava dalla versione dell’ITA 2010 applicabile al momento della loro adozione, le sole preoccupazioni individuate dalla Commissione concernenti i ruling fiscali relativi a redditi derivanti da royalties, come il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, riguardavano il fatto che 22 ruling fiscali sarebbero stati concessi a società di Gibilterra che percepivano redditi da società che sfruttavano i diritti di proprietà intellettuale e che erano situate al di fuori di Gibilterra, senza verificare dove era situato l’utente della proprietà intellettuale. Secondo la Commissione, l’«esenzione» dei redditi derivanti da royalties, senza procedere ad una siffatta verifica, aveva come conseguenza che tali redditi non venissero assoggettati ad imposta in alcun luogo.

312    Come confermato dalla Commissione in risposta ad un quesito del Tribunale all’udienza dibattimentale, la decisione di estendere il procedimento non conteneva altre osservazioni sui ruling fiscali relativi alla non imposizione dei redditi derivanti da royalties.

313    In terzo luogo, occorre constatare che, sebbene la decisione di estendere il procedimento sia stata adottata il 1° ottobre 2014, ossia successivamente all’entrata in vigore, il 1° gennaio dello stesso anno, delle modifiche del 2013 dell’ITA 2010, e sebbene essa abbia fatto espressamente riferimento a tali modifiche (v., segnatamente, il punto 32 di detta decisione), da tale decisione non risulta che l’analisi della Commissione vertesse sul mantenimento dell’applicazione di ruling fiscali che confermavano la non imposizione dei redditi derivanti da royalties dopo l’entrata in vigore delle modifiche del 2013 dell’ITA 2010. Inoltre, nessun elemento della decisione di estendere il procedimento consentiva di capire che, secondo la Commissione, gli effetti prodotti dal ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 erano stati mantenuti dopo il 31 dicembre 2013.

314    In quarto luogo, la decisione di estendere il procedimento non conteneva alcun elemento per quanto riguarda le norme relative alla trasparenza fiscale, la situazione fattuale dei beneficiari dei cinque ruling fiscali e, più specificamente, il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 oppure il ricorso a strutture di gruppo che includono CV neerlandesi.

315    L’analisi preliminare contenuta nella decisione di estendere il procedimento divergeva dunque, sotto tutti i profili, dal ragionamento adottato dalla Commissione nella decisione impugnata. Da un lato, quest’ultimo verteva su un’applicazione erronea dell’ITA 2010, nella sua versione successiva al 31 dicembre 2013, e non sul fatto che, per il periodo fino al 31 dicembre 2013, i redditi derivanti da royalties non erano soggetti ad imposta in nessuna giurisdizione tributaria. Dall’altro, l’erronea applicazione dell’ITA 2010 da parte delle autorità di Gibilterra, come era stata constatata nella decisione impugnata, verteva sulla questione se i redditi derivanti da royalties, i quali erano adesso inclusi nelle categorie dei redditi imponibili a Gibilterra, elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, fossero maturati o avessero origine in tale territorio, a causa della trasparenza fiscale della società che li aveva percepiti al di fuori di Gibilterra, e non sulla determinazione del luogo in cui era situato l’utente della proprietà intellettuale.

316    Dalle suesposte considerazioni risulta che le valutazioni, fattuali o giuridiche, contenute nella decisione di estendere il procedimento, non erano sufficienti per permettere di capire che il procedimento d’indagine formale verteva non solo sulla concessione dei ruling fiscali, ma anche sul mantenimento degli effetti prodotti da alcune di tali decisioni, fra cui il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, in seguito alla modifica del 2013 dell’ITA 2010, nonostante l’inclusione delle royalties nelle categorie di redditi imponibili a Gibilterra elencate all’allegato 1 dell’ITA 2010, nonché sulla conformità di tali ruling a quest’ultima legge, nella sua versione in vigore al 1° gennaio 2014. Orbene, questi ultimi elementi erano determinanti al fine di individuare la misura oggetto dell’esame della Commissione e per constatare, all’articolo 2 della decisione impugnata, che un aiuto di Stato individuale era stato concesso alla MJN GibCo, sulla base del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, dopo il 31 dicembre 2013.

317    Nessuno degli argomenti della Commissione è idoneo a rimettere in discussione tale constatazione.

318    In primo luogo, il fatto che la decisione di estendere il procedimento abbia individuato il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 come potenzialmente idoneo a costituire una misura di aiuto individuale e la circostanza che sia stato indicato, ai considerando 32 e 53 di detta decisione, che l’analisi delle diverse categorie di ruling fiscali era effettuata a titolo illustrativo oppure in quanto «esempi» del comportamento addebitato alle autorità fiscali di Gibilterra non bastavano a far ritenere che la Commissione avesse rispettato l’obbligo, ad essa incombente ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 659/1999, di mettere gli interessati in condizione di presentare utilmente le loro osservazioni. Infatti, come risulta dalla giurisprudenza illustrata ai punti da 287 a 290 supra, incombeva alla Commissione stabilire con sufficiente precisione il quadro del suo esame e non spettava alle ricorrenti, quali parti interessate, anticipare tutti i motivi per il quali la Commissione avrebbe eventualmente potuto ritenere che un aiuto di Stato individuale avesse origine nel mantenimento degli effetti prodotti dal ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, dopo il 31 dicembre 2013.

319    In secondo luogo, nella misura in cui la Commissione fa valere che dalla decisione di estendere il procedimento si evinceva chiaramente che l’oggetto del suo esame verteva sull’ampio potere discrezionale di cui disponevano le autorità di Gibilterra per quanto riguardava l’applicazione blanda e, eventualmente, erronea dell’ITA 2010, è sufficiente rilevare che tali elementi non consentivano di capire che il procedimento d’indagine formale verteva sul mantenimento degli effetti prodotti da taluni ruling fiscali, fra cui il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, successivamente all’entrata in vigore della modifica del 2013 dell’ITA 2010, e sulle conseguenze da trarre dalla trasparenza fiscale delle CV neerlandesi, come la MJT CV.

320    In terzo luogo, la circostanza, invocata dalla Commissione, secondo cui la domanda di ruling fiscale della MJN, richiamata in allegato alla decisione di estendere il procedimento, descriveva la struttura del gruppo MJN e faceva riferimento alla MJT CV, non bastava a far ritenere che tale questione nonché le conseguenze da trarre dalla trasparenza fiscale delle CV neerlandesi costituissero esattamente l’oggetto del procedimento d’indagine formale. Infatti, nulla indicava, nel corpo della decisione di estendere il procedimento, che la Commissione avrebbe esaminato tale questione nell’ambito del procedimento d’indagine formale. Come è stato illustrato al punto 318 supra, non spettava alle ricorrenti, in quanto parti interessate, anticipare tutti i motivi per i quali la Commissione avrebbe potuto ritenere che un aiuto di Stato individuale avrebbe avuto origine nel mantenimento degli effetti prodotti dal ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 dopo il 31 dicembre 2013.

321    Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che le divergenze fra l’analisi contenuta nella decisione di estendere il procedimento e la decisione impugnata, nella misura in cui riguardano elementi di valutazione determinanti ai fini della qualificazione come aiuto di Stato individuale degli effetti prodotti dal ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 dopo il 31 dicembre 2013, sono tali che la Commissione avrebbe dovuto adottare una decisione di rettifica o una seconda decisione di estendere il procedimento, al fine di mettere le ricorrenti nelle condizioni di partecipare in maniera efficace al procedimento (v. punti 287 e 289 supra).

322    Inoltre, occorre rilevare che la Commissione ha riconosciuto ai considerando da 212 a 215 della decisione impugnata di aver abbandonato la tesi concernente la selettività dei 165 ruling fiscali sostenuta nell’ambito della decisione di estendere il procedimento. Pertanto, le divergenze fra l’analisi contenuta nella decisione di estendere il procedimento e la decisione finale costituiscono modifiche sostanziali idonee a mutare il senso di detta decisione finale.

323    Orbene, come risulta dai punti da 287 a 290 supra, l’esistenza di divergenze, fra la decisione di estendere il procedimento e la decisione impugnata, riguardanti elementi di valutazione determinanti ai fini della qualificazione come aiuto di Stato individuale degli effetti prodotti dal ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, dopo il 31 dicembre 2013, è sufficiente a comportare l’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata, per quanto riguarda il ruling fiscale della MJN GibCo del 2012 nonché dell’ordine di recupero connesso a tale misura.

324    Occorre pertanto accogliere il primo motivo, inteso ad ottenere l’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata, nella parte in cui esso riguarda l’aiuto di Stato individuale concesso alla MJN GibCo e alle ricorrenti sulla base del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012, ed annullare detto articolo, nonché l’articolo 5, paragrafi 1 e 2, di questa stessa decisione, nella parte in cui essi riguardano detto aiuto, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti dalle ricorrenti.

D.      Sulla terza parte del ricorso, intesa all’annullamento dell’articolo 5 della decisione impugnata

325    Nella terza parte del loro ricorso, le ricorrenti sostengono che la Commissione è incorsa in un errore di diritto nel constatare che la CV neerlandese, i soci aziendali e la società madre costituivano una singola unità economica e nel decidere, all’articolo 5, paragrafo 2, della decisione impugnata, che l’aiuto poteva essere recuperato nei confronti delle entità costituenti tale unità economica, nel caso in cui esso non potesse essere recuperato dall’impresa di Gibilterra in questione, ossia, nella specie, dalla MJN GibCo.

326    Esse addebitano alla Commissione di non avere tentato di dimostrare l’esercizio di un controllo effettivo da parte della MJN US o della Mead Johnson Nutrition (Asia Pacific) sulla MJN GibCo, come richiederebbe la giurisprudenza, né il fatto che la MJN Global Holdings e la MJ BV abbiano ricavato un vantaggio, diretto o indiretto, dall’aiuto asseritamente accordato alla MJN GibCo.

327    La Commissione contesta tali argomenti.

328    Alla luce, primo, del rigetto del ricorso nella parte in cui esso è inteso all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, nonché dell’ordine di recupero connesso a tale misura; secondo, dell’annullamento dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della decisione impugnata, nella parte in cui riguarda l’aiuto individuale concesso alla MJN GibCo e alle ricorrenti e, terzo, del fatto che l’articolo 5, paragrafo 2, della decisione impugnata verte unicamente sul recupero della misura di aiuto di cui all’articolo 2 di detta decisione, non occorre più esaminare i presenti motivi, dedotti dalle ricorrenti, diretti ad ottenere l’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 2, di questa stessa decisione, nella parte in cui le riguardano.

IV.    Sulle spese

329    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Poiché le ricorrenti e la Commissione sono rimaste parzialmente soccombenti, ciascuna parte deve essere condannata a sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione (UE) 2019/700 della Commissione, del 19 dicembre 2018, relativa all’aiuto di stato SA.34914 (2013/C) attuato dal Regno Unito in relazione al regime di tassazione delle imprese a Gibilterra è annullata nella parte in cui essa constata, all’articolo 2, che l’aiuto individuale concesso dal governo di Gibilterra sulla base del mantenimento, successivamente al 31 dicembre 2013, del ruling fiscale concesso alla MJN Holdings (Gibraltar) Ltd è illegittimo ed incompatibile con il mercato interno e nella parte in cui essa ordina, all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, il recupero di tale aiuto.

2)      Il ricorso è respinto per la parte restante.

3)      La Mead Johnson Nutrition (Asia Pacific) Pte Ltd, la MJN Global Holdings BV, la Mead Johnson BV, la Mead Johnson Nutrition Co. nonché la Commissione sopporteranno, ciascuno, le proprie spese.

Tomljenović

Schalin

Škvařilová-Pelzl

Nõmm

 

      Steinfatt

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 aprile 2022.

Firme


Indice


I. Fatti

A. Adozione dell’Income Tax Act del 2010 e concessione del ruling fiscale della MJN GibCo del 2012

B. Procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

C. Decisione impugnata

1. «Esenzione» dei redditi derivanti da interessi da prestiti infragruppo e da royalties (regime di aiuti)

2. Cinque ruling fiscali (misure di aiuto individuali)

D. Dispositivo della decisione impugnata

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla struttura del ricorso

B. Sulla prima parte del ricorso, intesa all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata concernente la non imposizione dei redditi derivanti da royalties, nonché dell’ordine di recupero connesso a tale misura

1. Sul motivo vertente su un manifesto errore di valutazione, sulla violazione dell’articolo 5 TUE, sulla violazione del principio della sovranità fiscale e su un eccesso di potere (primo motivo, inteso all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

2. Sui motivi vertenti su manifesti errori di valutazione e sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (secondo, terzo e quarto motivo, diretti all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

a) Considerazioni preliminari

1) Sulla misura di aiuto oggetto dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata

2) Sull’esame dei criteri del vantaggio e della selettività

b) Sulle valutazioni della Commissione relative all’ambito di riferimento e alle regole normali di imposizione a Gibilterra

1) Sull’obiettivo dell’ITA 2010 e sull’individuazione dei redditi imponibili in forza di tale legge

2) Sull’applicazione del principio di territorialità alle royalties

c) Sull’esame del criterio del vantaggio (secondo motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

1) Sulla prima censura del secondo motivo, relativa a una confusione fra i criteri del vantaggio e della selettività

2) Sulla seconda censura del secondo motivo, diretta a contestare l’esistenza di una agevolazione fiscale

d) Sull’esame della selettività (terzo motivo diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

e) Sulla portata del vantaggio selettivo (quarto motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

3. Sul motivo vertente su manifesti errori di valutazione e su una violazione dell’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 659/1999 (quinto motivo, diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata)

a) Sulla prima censura, relativa ad un difetto di motivazione ai sensi dell’articolo 296 TFUE

b) Sulla seconda censura, relativa alla violazione dell’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 659/1999

C. Sulla seconda parte del ricorso, diretta all’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata nella parte in cui riguarda l’aiuto di Stato individuale concesso alla MJN GibCo, nonché dell’ordine di recupero connesso a tale misura

1. Considerazioni preliminari sulla portata dell’articolo 2 della decisione impugnata

2. Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 6 del regolamento n. 659/1999 (primo motivo diretto all’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata)

D. Sulla terza parte del ricorso, intesa all’annullamento dell’articolo 5 della decisione impugnata

IV. Sulle spese



*      Lingua processuale: l’inglese.