Language of document : ECLI:EU:T:2013:479

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

16 settembre 2013 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Personale della BEI – Valutazione – Promozione – Esercizio di valutazione e di promozione 2008 – Decisione del comitato per i ricorsi – Portata del controllo – Rapporto informativo – Eccezione di illegittimità – Termine ragionevole – Domanda di annullamento – Domanda di risarcimento – Litispendenza»

Nella causa T‑618/11 P,

avente ad oggetto l’impugnazione volta all’annullamento della sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) del 28 settembre 2011, De Nicola/BEI (F‑13/10, non ancora pubblicata nella Raccolta),

Carlo De Nicola, residente in Strassen (Lussemburgo), rappresentato da L. Isola, avvocato,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è

Banca europea per gli investimenti (BEI), rappresentata inizialmente da T. Gilliams e F. Martin, successivamente da T. Gilliams e G. Nuvoli, in qualità di agenti, assistiti da A. Dal Ferro, avvocato,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni),

composto da M. Jaeger, presidente, J. Azizi (relatore) e S. Papasavvas, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 marzo 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione proposta ai sensi dell’articolo 9 dell’allegato I allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il ricorrente, sig. Carlo de Nicola, chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) del 28 settembre 2011, De Nicola/BEI (F‑13/10, non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso volto: in primo luogo, all’annullamento della decisione del comitato per i ricorsi della Banca europea per gli investimenti (BEI) del 23 settembre 2009, recante il rigetto della sua domanda di riesame del suo rapporto informativo per l’anno 2008 (in prosieguo: il «rapporto controverso»); in secondo luogo, all’annullamento del rapporto controverso; in terzo luogo, all’annullamento di tutti gli atti connessi, conseguenti e presupposti e, in ogni caso, della guida sulla procedura di valutazione per il 2008, delle decisioni di promozione e della decisione recante il diniego della sua promozione a titolo dell’esercizio del 2008; in quarto luogo, alla condanna della BEI a risarcire i danni morali e materiali che il ricorrente sostiene di aver subito, e, in quinto luogo, all’adozione di talune misure di organizzazione del procedimento e di taluni mezzi istruttori.

 Fatti, procedimento di primo grado e sentenza impugnata

2        I fatti all’origine della controversia sono esposti ai punti da 16 a 36 della sentenza impugnata.

3        Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 12 febbraio 2010, il ricorrente ha chiesto: in primo luogo, l’annullamento della decisione del comitato per i ricorsi recante il rigetto della sua domanda di riesame del rapporto controverso; in secondo luogo, l’annullamento di detto rapporto; in terzo luogo, l’annullamento, in particolare, della guida sulla procedura di valutazione per il 2008, delle decisioni di promozione e della decisione recante il diniego della sua promozione a titolo dell’esercizio del 2008; in quarto luogo, la condanna della BEI a risarcire i danni morali e materiali che egli sostiene di aver subito, e, in quinto luogo, l’adozione di talune misure di organizzazione del procedimento e di taluni mezzi istruttori.

4        Con la sentenza impugnata il Tribunale della funzione pubblica ha respinto integralmente il ricorso del ricorrente e l’ha condannato a sopportare le proprie spese e la metà di quelle sostenute dalla BEI.

5        Nell’ambito delle osservazioni sulla portata delle conclusioni volte all’annullamento della decisione del comitato per i ricorsi, il Tribunale della funzione pubblica ha considerato quanto segue (punti 44 e 45 della sentenza impugnata):

«44      Come già deciso dal Tribunale, le conclusioni avverso la presa di posizione del comitato per i ricorsi istituito dalla Banca in ambito di valutazione dei membri del personale non hanno contenuto autonomo e producono l’effetto di investire il giudice del rapporto informativo avverso il quale tale ricorso amministrativo è stato proposto (sentenza 8 marzo 2011, punto 131 e giurisprudenza ivi citata). Più in generale, la decisione del comitato per i ricorsi non ha contenuto autonomo rispetto all’insieme delle decisioni contestate dinanzi a tale comitato.

45      Nel caso di specie, il ricorrente chiede l’annullamento della decisione del comitato per i ricorsi nella parte in cui essa respinge la contestazione diretta avverso il rapporto informativo 2008. Conclusioni siffatte vanno esaminate considerando che esse hanno ad oggetto tale rapporto. Inoltre si desume tanto dalle conclusioni contenute nell’atto di impugnazione del ricorrente del 7 maggio 2009 dinanzi al comitato per i ricorsi quanto dal suo ricorso che il ricorrente chiede altresì l’annullamento della decisione di diniego di promozione. Di conseguenza, le conclusioni formulate avverso la decisione di tale comitato vanno esaminate come dirette all’annullamento non soltanto del rapporto informativo 2008, bensì anche della decisione di diniego di promozione».

6        Per quanto riguarda la ricevibilità delle conclusioni volte all’annullamento della guida sulla procedura di valutazione 2008, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato quanto segue (punti da 52 a 59 della sentenza impugnata):

«52      Nelle sue memorie, il ricorrente non ha eccepito l’illegittimità della guida sulla procedura di valutazione 2008, ma ne ha espressamente e direttamente chiesto l’annullamento, mediante azione, sul fondamento dell’art. 41 del regolamento del personale.

53      Le controversie meramente interne tra la Banca e i suoi dipendenti sono soggette ad un regime particolare, stabilito segnatamente dall’art. 41 del regolamento del personale. Tali controversie, che vengono equiparate, per loro natura, alle controversie tra le istituzioni dell’Unione e i loro funzionari o agenti, sono soggette al sindacato giurisdizionale ai sensi dell’art. 270 TFUE (sentenza del Tribunale di primo grado 23 febbraio 2001, cause riunite T‑7/98, T‑208/98 e T‑109/99, De Nicola/BEI, punti 98‑101).

54      Orbene, l’art. 41 del regolamento del personale permette soltanto ai membri del personale di investire le giurisdizioni dell’Unione delle controversie di carattere individuale. Pur se i membri del personale possono, a certe condizioni, nel contesto di una controversia di carattere individuale, eccepire l’illegittimità di misure di portata generale, essi non sono tuttavia legittimati a chiederne direttamente l’annullamento. Occorre rilevare, sul punto, una certa analogia con le disposizioni dell’art. 90 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo “Statuto”), le quali prevedono che, per poter essere qualificato come atto che arreca pregiudizio, un atto deve segnatamente contenere una presa di posizione definitiva dell’amministrazione nei confronti della singola situazione del funzionario (sentenza del Tribunale di primo grado 29 novembre 2006, cause riunite T‑35/05, T‑61/05, T‑107/05, T‑108/05 e T‑139/05, Agne-Dapper e a./Commissione, punto 56).

55      Nel caso di specie, la guida sulla procedura di valutazione 2008 mira a produrre effetti giuridici nei riguardi di una categoria di persone, ossia i dipendenti della Banca, considerata in modo generale e astratto. Si tratta di una misura di portata generale. Ciò posto, le conclusioni dirette al suo annullamento non possono essere considerate come relative a controversie di carattere individuale ai sensi delle citate disposizioni dell’art. 41 del regolamento del personale. Tale guida, di conseguenza, non può costituire oggetto di un ricorso diretto presentato dal ricorrente (v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 16 luglio 1981, causa 153/79, Bowden e a./Commissione, punto 13; sentenze del Tribunale di primo grado 6 marzo 2001, causa T‑192/99, Dunnett e a./BEI, punti 61 e 62 e giurisprudenza ivi citata, nonché 16 dicembre 2004, cause riunite T‑120/01 e T‑300/01, De Nicola/BEI, punto 132). Le suddette conclusioni sono, pertanto, irricevibili.

56      In ogni caso, supponendo che la suddetta domanda di annullamento possa comunque essere considerata quale eccezione di illegittimità, detta eccezione sarebbe irricevibile oltre che infondata.

57      Invero, in forza dei punti 10 e 11.1 della guida sulla procedura di valutazione 2008, la Banca deve assicurare che il giudizio sia “conforme alla curva di ripartizione raccomandata (10% dei giudizi A, 30% dei giudizi B+)”.

58      Orbene, da un lato, non sembra che la decisione di attribuire il giudizio B al ricorrente sia stata adottata in applicazione diretta della regola la cui illegittimità è sollevata dal ricorrente. Infatti, il ricorrente non fornisce alcuna precisazione atta a verificare se il suo giudizio sia stato peggiorato al fine di rispettare i limiti controversi del 10% e del 30%. Inoltre, non si evince dagli atti di causa che le persone incaricate della valutazione del ricorrente si siano impegnate a rispettare tali limiti a livello dell’unità da cui dipendeva quest’ultimo. Peraltro, un’eventuale dichiarazione d’illegittimità della regola di cui trattasi non produrrebbe assolutamente l’effetto di indurre la Banca a riconoscere al ricorrente il beneficio dell’attribuzione del giudizio A o del giudizio B+ da egli rivendicato. Di conseguenza, anche supponendo che sia stata sollevata, l’eccezione di illegittimità diretta avverso i punti 10 e 11.1 della guida sulla procedura di valutazione 2008 sarebbe irricevibile.

59      In ogni caso, tale eccezione non sarebbe fondata. Infatti, la Banca non ha fatto un uso manifestamente inappropriato del suo potere discrezionale in materia di valutazione e di promozione inquadrando come ha fatto la libertà di valutazione dei valutatori. La regola che stabilisce i limiti del 10% e del 30% è infatti oggettiva, trasparente, conforme al principio della promozione fondata sul merito professionale sancito dall’art. 23 del regolamento del personale e attenta al rispetto dei vincoli di bilancio che incombono sulle istituzioni e sugli organi dell’Unione (v., in tal senso, relativamente a disposizioni assimilabili, sentenza 30 novembre 2009, punto 176)».

7        Per quanto riguarda la ricevibilità delle conclusioni volte all’annullamento delle decisioni di promozione, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato quanto segue (punti da 61 a 65 della sentenza impugnata):

«61      È stato deciso che la procedura di conciliazione di cui all’art. 41 del regolamento del personale e la procedura di appello specifica in materia di valutazione annuale prevista da una comunicazione amministrativa della Banca perseguono lo stesso obiettivo del procedimento precontenzioso obbligatorio introdotto dall’art. 90 dello Statuto. Tali procedure mirano parimenti a permettere una composizione amichevole delle controversie, dando alla Banca la possibilità di modificare l’atto contestato e al dipendente interessato la facoltà di accettare la motivazione alla base di tale atto e di rinunciare eventualmente alla presentazione di un ricorso. Peraltro, la normativa della Banca non prevede le modalità del coordinamento di tali due procedure. In materia di rapporti informativi, la decisione di ricorrere all’una o all’altra delle procedure, o ad entrambe parallelamente o successivamente, è in tal modo lasciata alla valutazione del dipendente interessato, salva l’osservanza del termine indicativo fissato dalle comunicazioni amministrative rilevanti per la domanda di ricorso al comitato d’appello (sentenza 8 marzo 2011, punto 136 e giurisprudenza ivi citata).

62      Pertanto, un termine di tre mesi a decorrere dal giorno della notifica al dipendente interessato dell’atto che gli arreca pregiudizio o, eventualmente, dell’esito negativo della procedura d’appello o dell’insuccesso della procedura di conciliazione dev’essere considerato in linea di principio ragionevole, a condizione tuttavia, da un lato, che l’eventuale procedura d’appello si sia svolta entro un termine ragionevole e, dall’altro, che l’interessato abbia presentato la sua eventuale domanda di conciliazione entro un termine ragionevole dopo aver ricevuto notifica dell’atto che gli arreca pregiudizio. Più precisamente, l’istituzione di queste due procedure facoltative, rispettivamente tramite l’art. 41 del regolamento del personale e le summenzionate comunicazioni al personale, che vincolano la Banca, porta necessariamente alla conclusione che, nel caso in cui un dipendente chieda nell’ordine l’avvio di una procedura d’appello e poi di una procedura di conciliazione, il termine per la presentazione di un ricorso dinanzi al Tribunale inizia a decorrere solo a partire dal momento in cui tale ultima procedura sia terminata, a condizione tuttavia che il dipendente abbia formulato la sua domanda di conciliazione entro un termine ragionevole dopo il compimento della procedura d’appello (sentenza 8 marzo 2011, punto 137, e giurisprudenza ivi citata).

63      Orbene, nella presente controversia, da un lato, è pacifico che il ricorrente sia venuto a conoscenza delle decisioni di promozione al più tardi il 7 maggio 2009, dal momento che egli produce con la sua domanda volta ad adire il comitato per i ricorsi, datata 7 maggio 2009, un elenco delle promozioni a titolo dell’anno 2008.

64      Dall’altro lato, è altresì indubbio che, a partire dal momento in cui è venuto a conoscenza delle decisioni di promozione, il ricorrente non ha adito entro il termine ragionevole di tre mesi la commissione di conciliazione prevista dalle disposizioni dell’art. 41 del regolamento del personale né il comitato per i ricorsi. È vero che il ricorrente ha adito il comitato per i ricorsi il 7 maggio 2009. Tuttavia, nel suo ricorso dinanzi a tale comitato, egli non ha espressamente contestato le decisioni di promozione. Per quanto riguarda la domanda volta ad adire la commissione di conciliazione, essa è stata formulata soltanto il 14 ottobre 2009, vale a dire più di cinque mesi dopo che il ricorrente è venuto a conoscenza delle decisioni di promozione.

65      Ne consegue che le conclusioni volte all’annullamento delle decisioni di promozione devono essere respinte in quanto tardive».

8        Per quanto riguarda la ricevibilità delle conclusioni dirette contro il rapporto controverso e contro la decisione recante diniego di promozione, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato quanto segue (punti da 70 a 80 della sentenza impugnata):

«70      Ai sensi dell’art. 42 del regolamento di procedura “[l]e parti possono ancora proporre nuovi mezzi di prova a sostegno delle loro argomentazioni sino alla fine dell’udienza, purché il ritardo nella presentazione di questi ultimi sia debitamente giustificato”.

71      Nel caso di specie, il ricorrente non dimostra come i documenti che produce, relativi all’anno 2010 e peraltro ad un momento successivo all’introduzione del ricorso, non avrebbero potuto essere comunicati contestualmente alla sua risposta del 12 febbraio 2011 alla lettera del Tribunale del 20 dicembre 2010 e a quella della Banca del 10 gennaio 2011, entrambe riguardanti la ricevibilità del ricorso. Poiché il ricorrente non ha motivato il suo ritardo nella proposizione di questa nuova deduzione di prove, quest’ultima deve essere respinta.

72      In ogni caso, anche senza tenere conto di tali documenti, il Tribunale è in grado di ammettere la ricevibilità delle conclusioni summenzionate.

73      Invero, occorre rammentare in via preliminare che l’art. 41 del regolamento del personale prevede che le controversie che non abbiano per oggetto le misure disciplinari sono sottoposte ad un procedimento di amichevole composizione dinanzi alla commissione di conciliazione della Banca. La stessa disposizione precisa che, “[q]uando la commissione deve riunirsi, uno dei membri è designato dal presidente della Banca, il secondo dall’interessato – queste due designazioni vanno effettuate entro una settimana a decorrere dalla richiesta rivolta da una delle parti all’altra”.

74      Non vi è alcuna norma interna della Banca che stabilisca il termine entro il quale il personale della Banca dovrebbe agire in giudizio nel caso in cui quest’ultima non dia avvio alla procedura di conciliazione omettendo, come nel caso di specie, di nominare uno dei membri della commissione di conciliazione. La situazione attuale differisce da quella dell’insuccesso della procedura di conciliazione, in cui il termine per la presentazione di un ricorso comincia invece a decorrere dalla data di tale esito negativo (sentenza 8 marzo 2011, punto 137 e giurisprudenza ivi citata).

75      Dalle citate disposizioni dell’art. 41 del regolamento del personale risulta che, allorquando, come nel caso di specie, un dipendente della Banca investa la commissione di conciliazione di una controversia che non abbia per oggetto misure disciplinari, la Banca deve designare uno dei membri di tale commissione. In tale ipotesi, la Banca non potrebbe legittimamente negare l’avvio della procedura di conciliazione.

76      In queste particolari circostanze, l’inerzia del presidente della Banca, che omette di designare un membro della commissione di conciliazione entro il termine di una settimana prescritto dall’art. 41 del regolamento del personale, è idonea a pregiudicare la certezza del dipendente con riguardo alle sorti della sua domanda di conciliazione. Pertanto, non si potrebbe considerare che tale inerzia, allo spirare di detto termine di una settimana, comporti una decisione implicita di rigetto idonea a far decorrere i termini per il ricorso contenzioso.

77      Quindi, pregiudicherebbe l’esigenza di certezza del diritto la circostanza che, in assenza di disposizioni a tale proposito, il termine entro il quale gli atti della Banca devono essere contestati vari in funzione della natura delle procedure di cui trattasi e, in particolare, del loro minore o maggiore grado di similitudine con la procedura di reclamo prevista, per i funzionari e gli altri agenti dell’Unione, dall’art. 90, n. 2, dello Statuto (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 28 giugno 2011, causa F‑49/10, De Nicola/BEI, punto 71), o il fatto che nessun termine sia fissato per adire l’autorità giurisdizionale competente.

78      Occorre dunque rilevare, con riferimento all’art. 90 dello Statuto, che, nel caso in cui un dipendente della Banca chieda di investire la commissione di conciliazione di controversie che non abbiano per oggetto misure disciplinari e la Banca ometta di designare il suo rappresentante in seno a tale commissione, tale inerzia fa intervenire una decisione implicita di rigetto della domanda di conciliazione decorsi quattro mesi dal ricevimento, da parte della Banca, della domanda del suo dipendente. Quest’ultimo dispone allora di un termine ragionevole di tre mesi, decorrente dal perfezionarsi di tale implicita decisione, per adire il Tribunale.

79      Nel caso di specie, il ricorrente ha chiesto di adire la commissione di conciliazione il 14 ottobre 2009 ed è pacifico che tale domanda è stata ricevuta dalla Banca il medesimo giorno. Giacché la Banca ha omesso di designare il suo rappresentante, il ricorrente disponeva di un termine di sette mesi, ovvero fino al 14 maggio 2010, per presentare il suo ricorso. Orbene, quest’ultimo è stato iscritto presso la cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 2010. Il fatto che il ricorso sia stato presentato prima dello spirare del termine decorso il quale si è perfezionata una decisione implicita di rigetto della domanda di conciliazione non comporta che le presenti conclusioni siano respinte in quanto premature. Invero, l’applicazione per analogia dell’art. 90 dello Statuto ha come unico obiettivo quello di determinare, in assenza di indicazioni nel regolamento del personale della Banca, il termine per il ricorso e non quello di perfezionare un atto arrecante pregiudizio che permetta al giudice di esercitare il suo controllo.

80      La Banca non può quindi sostenere che le domande volte all’annullamento del rapporto informativo 2008 e della decisione recante diniego di promozione, presentate il 12 febbraio 2010, siano tardive».

9        Quanto alla ricevibilità delle richieste risarcitorie, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato in particolare quanto segue (punti da 97 a 103 della sentenza impugnata):

«Sull’eccezione di irricevibilità tratta dal carattere definitivo degli atti che hanno causato il pregiudizio lamentato

97      Un funzionario che abbia omesso di impugnare tempestivamente una decisione dell’APN che gli arreca pregiudizio non può eludere tale preclusione introducendo un ricorso per responsabilità basato sull’asserita illegittimità di tale decisione. Valendosi della domanda di risarcimento, un ricorrente non può quindi cercare di ottenere un risultato identico a quello che avrebbe raggiunto in caso di accoglimento del ricorso d’annullamento che egli ha omesso di proporre tempestivamente (sentenze della Corte 15 dicembre 1966, causa 59/65, Schreckenberg/Commissione, e 14 febbraio 1989, causa 346/87, Bossi/Commissione). Peraltro, se un funzionario è legittimato, senza chiedere l’annullamento di un atto che arreca pregiudizio, ad intentare, sulla base di una pretesa illegittimità di tale atto, un’azione diretta unicamente ad ottenere il risarcimento del danno che tale atto gli ha causato, tali domande di risarcimento sono ricevibili solo se sono state introdotte entro i termini per il ricorso contenzioso applicabili all’atto di cui trattasi (sentenza del Tribunale 21 febbraio 2008, causa F‑4/07, Skoulidi/Commissione, punti 50 e 70). Infine, il ricorrente non potrebbe utilmente avvalersi delle regole di prescrizione applicabili nell’ordinamento italiano, giacché la Banca non vi sarebbe soggetta.

98      Nel caso di specie, chiedendo la riparazione del pregiudizio materiale che avrebbe subito per non essere stato promosso già da diversi anni, il ricorrente cerca di ottenere un risultato identico a quello che avrebbe raggiunto in caso di accoglimento di un ricorso d’annullamento avverso le decisioni recanti diniego di promozione adottate dalla Banca nei suoi confronti.

99      Orbene, i ricorsi introdotti avverso le decisioni recanti diniego di promozione opposte al ricorrente relativamente agli anni 1996 e 1997 sono stati definitivamente respinti dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (sentenza 23 febbraio 2001, De Nicola/BEI, cit.). Il ricorso che censurava la reintegrazione del ricorrente nella funzione E a far data dal 23 febbraio 2001 è stat[o] parimenti definitivamente respint[o] dal Tribunale di primo grado (sentenza 16 dicembre 2004, De Nicola/BEI, cit.). Se è vero che il ricorrente ha presentato taluni ricorsi avverso le decisioni recanti diniego di promozione che gli sono state opposte relativamente agli anni 2006 e 2007 e che il presente ricorso contiene conclusioni dirette avverso una nuova decisione recante diniego relativamente all’anno 2008, è pur vero che l’interessato non ha proposto ricorsi avverso altre decisioni recanti diniego di promozione. Segnatamente il ricorrente non ha contestato la decisione del 9 marzo 2005, mediante la quale il direttore delle risorse umane, nell’informarlo che avrebbe ripreso le sue mansioni a far data dal 16 aprile 2005, lo manteneva alla funzione E.

100      Giacché le decisioni recanti diniego di promozione diverse da quelle pronunciate relativamente agli anni 2006, 2007 e 2008 sono divenute definitive, le conclusioni volte ad ottenere la riparazione del pregiudizio materiale causato da tali decisioni di diniego sono, pertanto, irricevibili.

Sull’eccezione di irricevibilità tratta dall’applicazione dell’eccezione di litispendenza

101      Con ricorso iscritto a ruolo con il numero F‑55/08, il ricorrente chiedeva al Tribunale, in particolare, di riparare il pregiudizio morale e materiale che la Banca gli avrebbe causato. In tale procedimento il ricorrente sosteneva, come nel presente ricorso, che tale pregiudizio sarebbe stato provocato segnatamente dalle molestie psicologiche che egli avrebbe subito e dall’arresto nell’avanzamento della sua carriera conseguente alle decisioni recanti diniego di promozione prese nei suoi confronti da diversi anni. Il Tribunale respingeva tali conclusioni ai punti 252‑269 della sua sentenza 30 novembre 2009. Il ricorrente impugnava tale sentenza dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, mediante ricorso iscritto a ruolo con il numero T‑37/10 P.

102      Conseguentemente, e benché tale controversia sia pendente dinanzi al Tribunale dell’Unione europea e non a questo Tribunale, la Banca sostiene a buon diritto che, riguardando un pregiudizio lamentato dal ricorrente sino all’esercizio di promozione 2007, quest’ultimo incluso, le conclusioni contenute nel presente ricorso soggiacciono quindi all’eccezione di litispendenza e sono pertanto irricevibili (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 dicembre 2010, causa F‑1/10, Marcuccio/Commissione, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

103      Ne consegue che le domande di risarcimento sono ricevibili unicamente ove siano dirette alla riparazione del pregiudizio che il ricorrente avrebbe subito nel corso dell’anno 2008».

10      Nel merito, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto le conclusioni volte all’annullamento del rapporto controverso, compresa la guida sulla procedura di valutazione 2008 (punti da 108 a 111 e da 114 a 116 della sentenza impugnata), le conclusioni volte all’annullamento della decisione recante diniego di promozione (punto 117 della sentenza impugnata), le conclusioni dirette avverso la decisione del comitato per i ricorsi (punto 118 della sentenza impugnata), nonché le altre richieste risarcitorie, riguardanti il pregiudizio dedotto relativamente all’anno 2008 (punti da 119 a 121 della sentenza impugnata).

11      Per quanto riguarda il motivo relativo alla violazione della guida sulla procedura di valutazione 2008, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato quanto segue (punti da 108 a 111 della sentenza impugnata):

«108      Conformemente a quanto già deciso dal Tribunale, non spetta al medesimo sostituire il suo giudizio a quello delle persone incaricate della valutazione. Infatti, la Banca, allo stesso modo delle altre istituzioni e organi dell’Unione, dispone di un ampio potere discrezionale per valutare il lavoro dei membri del suo personale. Il controllo di legittimità effettuato dal Tribunale sui giudizi contenuti nel rapporto informativo annuale di un membro del personale della Banca ha ad oggetto solo eventuali irregolarità formali, errori di fatto manifesti che vizino questi giudizi nonché un eventuale sviamento di potere. In forza della guida sulla procedura di valutazione 2008, la fissazione degli obiettivi è parte integrante della valutazione annuale. Le scelte effettuate dalla Banca in materia rientrano nello stesso margine discrezionale, particolarmente ampio, di cui essa dispone nella valutazione propriamente detta del rendimento di un membro del suo personale. Esse possono dunque essere soggette unicamente ad un controllo giurisdizionale limitato, nel merito, alla censura di un eventuale errore manifesto di valutazione o di un eventuale sviamento di potere (sentenza 30 novembre 2009, punto 126).

109      Nel caso di specie, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, non è evidente che gli obiettivi prefissatigli per il 2008 violino il punto 9.1 della guida sulla procedura di valutazione 2008, il quale impone, per il contenuto di tale rubrica, che gli obiettivi siano “specifici, realistici, misurabili, definiti nei tempi e accettati dall’interessato” (“SMART”).

110      Innanzitutto, la guida sulla procedura di valutazione 2008 precisa che gli obiettivi debbono essere “SMART” unicamente “nella misura del possibile”. Inoltre, così come sostenuto dalla Banca senza essere contraddetta sul punto, gli obiettivi di cui trattasi erano stati attribuiti all’insieme dell’unità di appartenenza del ricorrente e tali obiettivi erano stati accettati da tutti i colleghi di quest’ultimo. Peraltro, nei commenti che ha incluso nel suo rapporto informativo, il ricorrente medesimo ha indicato, in dettaglio, come sarebbe riuscito a raggiungere gli obiettivi che gli erano stati fissati, ciò che contraddice, almeno parzialmente, la sua tesi a tenore della quale essi non consentirebbero di essere misurati. Infine e soprattutto, se è vero che la formulazione degli obiettivi per il 2008 è alquanto generica, è anche vero che gli obiettivi enunciati si situano essenzialmente nella continuità delle missioni già conferite al ricorrente nel settore dell’analisi del rischio e nell’assistenza all’attuazione del progetto “Basilea II”.

111      Ne consegue che il ricorrente non ha dimostrato come, assegnandogli gli obiettivi summenzionati per l’anno 2008, la Banca avrebbe violato le disposizioni della guida sulla procedura di valutazione 2008».

12      Per quanto riguarda il «motivo» vertente sul fatto che il ricorrente ha conseguito i suoi obiettivi, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato quanto segue (punti da 114 a 116 della sentenza impugnata):

«114      Il ricorrente ha riportato il giudizio B, che corrisponde ad un “rendimento che soddisfa le aspettative”, ai sensi del punto 11.1 della guida sulla procedura di valutazione 2008.

115      Se è vero che il ricorrente sostiene di aver evitato ad un collega di commettere un grave errore e di aver svolto per due mesi un lavoro non compreso tra gli obiettivi iniziali, tuttavia tali asserzioni sono fortemente contestate dalla Banca. In ogni caso, tali affermazioni, anche a ritenerle dimostrate, non sono, da sole, sufficienti per concludere che il ricorrente avrebbe dimostrato meriti eccezionali o particolarmente eccellenti tali da considerare che, attribuendogli il giudizio B, la Banca avrebbe viziato il suo rapporto informativo con un errore manifesto nella valutazione dei suoi meriti.

116      Emerge dalle considerazioni suesposte che le conclusioni volte all’annullamento del rapporto informativo 2008 devono essere respinte».

13      Inoltre, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto le conclusioni volte all’annullamento della decisione recante diniego di promozione e quelle dirette avverso la decisione del comitato per i ricorsi (punti 117 e 118 della sentenza impugnata). Secondo il Tribunale della funzione pubblica, da un lato, poiché le conclusioni volte all’annullamento del rapporto controverso sono state respinte e il ricorrente non ha sollevato alcun motivo specifico avverso la decisione recante diniego di promozione, le conclusioni aventi ad oggetto quest’ultima decisione devono essere egualmente respinte (punto 117). Dall’altro lato, atteso che le conclusioni dirette avverso la decisione del comitato per i ricorsi si confondono con quelle relative alle decisioni contestate dinanzi a tale comitato, esse devono essere respinte come conseguenza del rigetto di queste ultime conclusioni (punto 118).

14      Il Tribunale della funzione pubblica ha respinto anche le altre conclusioni risarcitorie, riguardanti il pregiudizio dedotto relativamente all’anno 2008, basandosi sulla seguente motivazione (punti da 119 a 122 della sentenza impugnata):

«Sul danno materiale

119      Il ricorrente sostiene di aver subito un danno materiale, dal momento che non è stato promosso da diversi anni. Tuttavia, atteso che le conclusioni dirette all’annullamento del diniego di promozione relativo all’esercizio 2008 sono respinte, le conclusioni risarcitorie direttamente connesse a tale diniego, le sole ricevibili, debbono, di conseguenza, essere parimenti respinte.

Sul danno morale

120      Nella sua sentenza 30 novembre 2009, il Tribunale ha considerato, quanto ai diversi danni morali sollevati, relativi alla perdita di prestigio, ai disagi nelle condizioni di esistenza del ricorrente e della sua famiglia, o al danno morale in senso stretto, che l’interessato non forniva alcun elemento a sostegno delle sue affermazioni (punto 268). Nel contesto della presente controversia, occorre stabilire se il ricorrente ha subito un danno morale a decorrere dall’anno 2008.

121      Sebbene il ricorrente sostenga di essere stato “quotidianamente deriso” dai suoi colleghi e costretto “all’isolamento”, egli non apporta alcun elemento probatorio a sostegno di tale asserzione. In particolare, non emerge dalla nutrita corrispondenza elettronica prodotta al riguardo dal ricorrente e dalla Banca che l’interessato sia stato vittima di canzonature continue da parte dei suoi colleghi o che sia stato isolato dal suo normale ambiente di lavoro. Peraltro, anche se il ricorrente sostiene che la Banca lo avrebbe sospeso dalle funzioni, non risulta da alcun documento che alcune mansioni gli sarebbero state precluse nel corso dell’anno 2008. Infine, l’interessato non apporta alcun principio di prova a sostegno delle sue asserzioni neanche quando sostiene che la Banca avrebbe divulgato affermazioni calunniose nei suoi confronti e coinvolgenti la sua famiglia. Il ricorrente non dimostra pertanto come avrebbe subito un danno morale dovuto alle asserite molestie psicologiche da parte della Banca. Occorre peraltro rilevare, a riguardo, che la Banca ha accordato al ricorrente alcune agevolazioni, quando nessun testo o principio la obbligava a consentirvi. Invero, il ricorrente beneficia, dal 1° ottobre 2007, della possibilità di lavorare nella propria residenza italiana nella giornata di lunedì, il che gli consente di rimanere a Roma in tale giorno, dopo aver trascorso il fine settimana in questa città. La Banca lo autorizza altresì a viaggiare il martedì mattina tra Roma e Lussemburgo, suo luogo di lavoro.

122      Ne consegue che le altre conclusioni risarcitorie del ricorso debbono essere respinte».

15      Inoltre, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto le domande di misure d’organizzazione del procedimento e istruttorie, dato che, «[i]n considerazione, da un lato, degli elementi del fascicolo e, dall’altro, della motivazione della presente sentenza, tali misure non sono utili ai fini della soluzione della controversia» (punto 125 della sentenza impugnata).

16      Infine, il Tribunale della funzione pubblica ha deciso, in forza dell’articolo 87, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, di condannare il ricorrente a sopportare, oltre alle proprie spese, soltanto la metà delle spese sostenute dalla BEI, atteso che quest’ultima aveva illegittimamente rifiutato di avviare la procedura di conciliazione (punto 128 della sentenza impugnata).

 Sull’impugnazione

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 6 dicembre 2011, il ricorrente ha proposto la presente impugnazione.

18      Il 24 febbraio 2012 la BEI ha depositato la propria comparsa di risposta.

19      Con lettera motivata depositata nella cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2012, il ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’articolo 146 del regolamento di procedura del Tribunale, di essere sentito nell’ambito della fase orale del procedimento.

20      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Sezione delle impugnazioni) ha accolto tale domanda e ha avviato la fase orale del procedimento.

21      Con lettera del 26 novembre 2012, a titolo di misure di organizzazione del procedimento ai sensi dell’articolo 64 del regolamento di procedura, il Tribunale ha invitato le parti a esporre, in udienza, le proprie osservazioni sulle conseguenze che occorreva trarre, ai fini della soluzione della presente controversia, dalla sentenza del Tribunale del 27 aprile 2012, De Nicola/BEI, T‑37/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta (in prosieguo: la «sentenza del 27 aprile 2012»).

22      Le parti hanno esposto le rispettive difese orali e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 12 marzo 2013.

23      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        procedere alla «totale riforma» della sentenza impugnata;

–        accogliere le conclusioni formulate nell’atto introduttivo del ricorso di primo grado;

–        condannare la BEI alle spese dei due gradi di giudizio.

24      La BEI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere l’impugnazione in quanto irricevibile e/o infondata;

–        condannare il ricorrente alle spese del presente grado di giudizio.

 In diritto

 Sintesi dei motivi di impugnazione

25      Il ricorrente fa sostanzialmente valere sei motivi.

26      In primo luogo, il ricorrente contesta al Tribunale della funzione pubblica di aver omesso di pronunciarsi in modo sufficiente sulla legittimità della decisione del comitato per i ricorsi e, in particolare, di aver erroneamente inteso la portata del potere di controllo del citato comitato quando è investito del ricorso di un membro del personale della BEI volto a contestare la fondatezza della valutazione contenuta nel suo rapporto informativo.

27      In secondo luogo, il ricorrente fa valere, in sostanza, che l’esame della legittimità del rapporto controverso da parte del Tribunale della funzione pubblica è viziato da parecchi errori, omissioni e carenze di motivazione.

28      In terzo luogo, il ricorrente lamenta che il Tribunale della funzione pubblica ha respinto la sua domanda di annullamento delle decisioni di promozione in quanto tardiva e irricevibile.

29      In quarto luogo, il ricorrente si duole che il Tribunale della funzione pubblica abbia ingiustamente dichiarato irricevibile la sua eccezione di illegittimità della guida sulla procedura di valutazione 2008, nella parte in cui impone limiti quantitativi al numero dei membri del personale della BEI che possono ottenere giudizi A e B+.

30      In quinto luogo, il ricorrente sostiene che il Tribunale della funzione pubblica ha erroneamente respinto la sua domanda risarcitoria per incompetenza del giudice di primo grado ed in quanto irricevibile, in particolare a causa di litispendenza.

31      In sesto luogo, il ricorrente contesta al Tribunale della funzione pubblica di non aver adeguatamente esaminato e risposto alla sua domanda di «misure di organizzazione del procedimento».

 Sul primo motivo, relativo all’omissione di una pronuncia sufficiente sulla legittimità della decisione del comitato per i ricorsi

32      Nell’ambito del primo motivo, il ricorrente censura la legittimità dei punti 44, 45 e 118 della sentenza impugnata e in sostanza contesta al Tribunale della funzione pubblica di aver omesso di pronunciarsi in modo sufficiente sulla legittimità della decisione del comitato per i ricorsi e, in particolare, di avere erroneamente interpretato la portata del potere di controllo di detto comitato quando esso è chiamato a esaminare il ricorso di un membro del personale della BEI, volto a contestare la fondatezza della valutazione contenuta nel suo rapporto informativo.

33      Sebbene nei suoi scritti difensivi la BEI abbia affermato essenzialmente che le conclusioni volte a contestare decisioni del comitato per i ricorsi non hanno contenuto autonomo e, pertanto, devono essere intese come volte a contestare il rapporto controverso (v. punto 44 della sentenza impugnata e giurisprudenza ivi citata), nel corso dell’udienza essa ha ammesso che la sua argomentazione difensiva contrastava con le considerazioni sviluppate dal Tribunale nella sua sentenza del 27 aprile 2012 (cit. al precedente punto 21, punti da 38 a 57) e che la sentenza impugnata doveva essere annullata su tale punto.

34      Al riguardo, il Tribunale osserva preliminarmente che, sebbene la formulazione del punto 7 dell’allegato A alla comunicazione relativa all’esercizio di valutazione 2008 non coincida integralmente con quella del punto 6 della decisione della BEI del 27 giugno 2006, che era oggetto della causa T‑37/10 P, le modifiche minori apportate non sono tali da rimettere in discussione l’interpretazione fornita dal Tribunale nella sentenza del 27 aprile 2012, citata al precedente punto 21, in merito ai poteri di controllo del suddetto comitato per i ricorsi. Infatti, da un lato, il passaggio testuale «annullare la procedura di valutazione e ogni affermazione contenuta nella scheda di valutazione e/o (...) modificare i giudizi individuali (…) e il voto che risulta dalla valutazione globale del rendimento dell’interessato» (punto 6 della decisione della BEI del 27 giugno 2006) corrisponde ampiamente alla formulazione «annullare il rapporto informativo del membro del personale o talune affermazioni contenute nel rapporto informativo e/o (...) modificare il voto che esprime il merito finale e che risulta dalla valutazione globale del rendimento dell’interessato» (punto 7 dell’allegato A alla comunicazione relativa all’esercizio di valutazione 2008). Dall’altro, la suddetta comunicazione contiene disposizioni relative al contenuto del ricorso amministrativo ‒ in particolare sulla deduzione di «fatti precisi» e sulla richiesta di ascoltare testimoni, sull’espletamento di un’udienza, se del caso invitando testimoni a comparire, nonché sulla possibilità per il comitato per i ricorsi di chiedere, in seguito all’annullamento del rapporto informativo, una nuova valutazione da parte del valutatore ‒ analoghe a quelle contenute nella decisione del 27 giugno 2006.

35      Ne consegue che, come riconosciuto dalla BEI in sede di udienza (v. precedente punto 33), la valutazione effettuata dal Tribunale ai punti da 40 a 42 della sentenza del 27 aprile 2012, citata al precedente punto 21, è applicabile per analogia al caso di specie.

36      Si deve pertanto rilevare, in primo luogo, che il punto 7 dell’allegato A alla comunicazione relativa all’esercizio di valutazione 2008 stabilisce una norma interna di portata generale, debitamente pubblicata e applicata, che, a prescindere dal suo carattere giuridicamente vincolante in senso stretto, o meno, limita l’esercizio del potere discrezionale della BEI in materia di organizzazione delle sue strutture e di gestione del suo personale, e di cui detto personale può avvalersi dinanzi al giudice dell’Unione [europea] (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 10 settembre 2003, McAuley/Consiglio, T‑165/01, Racc. PI pagg. I‑A‑193 e II‑963, punto 44, e del 1° marzo 2005, Mausolf/Europol, T‑258/03, Racc. PI pagg. I‑A‑45 e II‑189, punto 25 e giurisprudenza ivi citata), affinché quest’ultimo ne garantisca il rispetto in relazione ai principi generali del diritto, quali il principio della parità di trattamento e quello della tutela del legittimo affidamento (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 211, e sentenza del Tribunale del 20 settembre 2007, Fachvereinigung Mineralfaserindustrie/Commissione, T‑375/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 141).

37      In secondo luogo, la possibilità di «annullare talune affermazioni contenute nel rapporto informativo» implica che il comitato per i ricorsi è competente a riesaminare la fondatezza di ciascuna di tali affermazioni prima di censurarla. La portata di tale competenza eccede quindi chiaramente il mero potere di controllo di legittimità e di annullamento del dispositivo di un atto, poiché essa include la possibilità di annullare anche i motivi che giustificano l’adozione del suo dispositivo, quale che sia la loro importanza nell’economia della motivazione dell’atto in questione. Tale potere di controllo completo del comitato per i ricorsi è confermato dalla competenza, ad esso espressamente riconosciuta, di «modificare il voto che esprime il merito finale e che risulta dalla valutazione globale del rendimento dell’interessato». Infatti, una modifica del giudizio dell’interessato comporta che tale comitato controlli in modo dettagliato tutte le valutazioni di merito che compaiono nel rapporto contestato relativamente all’esistenza di eventuali errori di valutazione, di fatto o di diritto, e che esso possa, se necessario, sostituirsi al valutatore per procedere ad una valutazione ex novo di tali meriti (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 aprile 2012, cit. al precedente punto 21, punto 41).

38      In terzo luogo, siffatto giudizio è avvalorato dalle norme procedurali previste ai punti da 12 a 17 dell’allegato A alla comunicazione relativa all’esercizio di valutazione 2008, le quali prevedono, da un lato, che il ricorso amministrativo contenga, in particolare, i «fatti precisi» sui quali il comitato per i ricorsi deve giungere a una conclusione o a una raccomandazione e quelli sui quali, se necessario, saranno previste testimonianze e, dall’altro, lo svolgimento di un’udienza. Tali norme procedurali consentono, quindi, un riesame completo dei fatti rilevanti all’origine della valutazione dei meriti del ricorrente, in particolare a seguito di un’udienza e mediante l’intervento di testimoni. Infine, se è vero che il punto 8 dell’allegato A alla comunicazione relativa all’esercizio di valutazione 2008 autorizza il comitato per i ricorsi ad annullare la «procedura di valutazione annuale» e a chiedere un «nuovo esercizio di valutazione» da parte del valutatore, è pur vero che si tratta di una mera facoltà, che completa il potere di tale comitato di procedere esso stesso ad una siffatta valutazione dei meriti dell’interessato (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 aprile 2012, cit. al precedente punto 21, punto 42).

39      In considerazione di quanto precede, occorre accertare se, nel caso di specie, il Tribunale della funzione pubblica abbia erroneamente inteso i principi riguardanti la portata del potere di controllo del comitato per i ricorsi.

40      Al riguardo, si deve ricordare che, al punto 44 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha osservato, in sostanza, da un lato, che «le conclusioni avverso la presa di posizione del comitato per i ricorsi (...) non [avevano] contenuto autonomo e produc[evano] l’effetto di investire il giudice del rapporto informativo avverso il quale tale ricorso amministrativo è stato proposto» e, dall’altro, che «la decisione del comitato per i ricorsi non [aveva] contenuto autonomo rispetto all’insieme delle decisioni contestate dinanzi a tale comitato». Al punto 45 della sentenza impugnata, in particolare, si legge che le conclusioni volte «[al]l’annullamento della decisione del comitato per i ricorsi nella parte in cui essa respinge la contestazione diretta avverso il rapporto informativo 2008 (...) [dovevano essere] esaminate considerando che esse hanno ad oggetto tale rapporto». Sulla base di tale premessa, al punto 118 della sentenza impugnata il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato che «le conclusioni dirette avverso la decisione del comitato per i ricorsi si confond[evano] con quelle relative alle decisioni contestate dinanzi a tale comitato», cosicché esse «d[ovevano] essere respinte come conseguenza del rigetto di queste ultime conclusioni».

41      Orbene, come il Tribunale ha già dichiarato ai punti da 43 a 50 della sua sentenza del 27 aprile 2012, citata al precedente punto 21, siffatte affermazioni di principio del Tribunale della funzione pubblica, sebbene non vertano esplicitamente sulla portata del controllo che il comitato per i ricorsi ha il dovere di esercitare, contrastano sia con il potere di controllo completo in capo a detto comitato, sia con il principio secondo il quale le decisioni di quest’ultimo devono essere sottoposte a un controllo di legittimità effettivo da parte del giudice dell’Unione. Inoltre, il Tribunale della funzione pubblica ha commesso lo stesso errore contenuto nella sua sentenza del 30 novembre 2009, De Nicola/BEI (F‑55/08, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑469 e II‑A‑1‑2529), poiché ha invertito l’ordine di esame dei motivi diretti, innanzitutto, contro la decisione del comitato per i ricorsi e, poi, contro il rapporto controverso (v. sentenza del 27 aprile 2012, cit. al precedente punto 21, punti da 51 a 56).

42      Pertanto, riguardo al primo aspetto, anche supponendo che le conclusioni avverso la decisione del comitato per i ricorsi producano l’effetto di investire il giudice dell’Unione del rapporto informativo contro il quale è stato proposto un ricorso amministrativo (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 23 febbraio 2001, De Nicola/BEI, T‑7/98, T‑208/98 e T‑109/99, Racc. PI pagg. I‑A‑49 e II‑185, punto 132), tale circostanza non giustifica, di per sé, che il giudice dell’Unione si limiti all’esame delle conclusioni dirette contro il rapporto controverso, ovvero rinunci completamente al controllo della fondatezza della decisione del comitato per i ricorsi, dato che tale comitato detiene un potere di controllo completo che lo autorizza a sostituire le proprie valutazioni a quelle previste nel citato rapporto, potere che il Tribunale della funzione pubblica non può, da parte sua, vantare. Infatti, l’eventuale, errata rinuncia da parte del comitato per i ricorsi ad un siffatto controllo completo equivale a privare l’interessato di un grado di controllo previsto dalla normativa interna della BEI e gli arreca quindi pregiudizio, sicché deve poter essere soggetta al controllo del giudice di primo grado (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2012, cit. al precedente punto 21, punti 46 e 49).

43      Riguardo al secondo aspetto, vale a dire l’inversione dell’ordine di esame dei motivi, occorre ricordare che, mentre il ricorrente aveva chiesto, in via principale, l’annullamento della decisione del comitato per i ricorsi, il Tribunale della funzione pubblica, sulla falsariga dell’approccio da esso adottato nella causa decisa con la sentenza del 30 novembre 2009, citata al precedente punto 41, ha respinto le censure dirette contro tale decisione solo dopo aver valutato quelle dirette contro il rapporto controverso, basandosi esclusivamente sulle valutazioni che confermavano la legittimità nel merito del suddetto rapporto e senza esaminare le censure che rimettevano in discussione specificamente la legittimità della decisione del comitato per i ricorsi (punto 118 della sentenza impugnata). Orbene, in considerazione del potere di controllo completo del comitato per i ricorsi ai sensi del punto 7 dell’allegato A alla comunicazione relativa all’esercizio di valutazione 2008, è impossibile, da un punto di vista logico, concludere che, in assenza di un siffatto esame dei motivi di rigetto indicati dal comitato per i ricorsi, le conclusioni formulate avverso la decisione di quest’ultimo debbano essere respinte in conseguenza del mancato accoglimento delle conclusioni dirette contro il rapporto informativo. Infatti, in considerazione di detto potere di controllo completo, che come tale è più ampio di quello del giudice per quanto riguarda le valutazioni contenute e i voti attribuiti nel rapporto controverso, era indispensabile che il giudice di primo grado verificasse ‒ ovviamente nei limiti del suo controllo ristretto (v., per analogia, sentenza del Tribunale del 22 ottobre 2002, Pflugradt/BCE, T‑178/00 e T‑341/00, Racc. pag. II‑4035, punto 69) ‒ se, e in quale misura, il predetto comitato avesse esercitato tale obbligo di controllo completo conformemente alle norme applicabili. È proprio a motivo di tale controllo completo che gli effetti giuridici di una decisione del comitato per i ricorsi non coincidono necessariamente con quelli di un rapporto informativo sottoposto al suo controllo e possono, pertanto, arrecare altrimenti pregiudizio, la legittimità del quale deve essere valutata dal giudice che ne è investito (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2012, cit. al precedente punto 21, punti da 52 a 54).

44      Di conseguenza, si deve dichiarare che, come riconosciuto in udienza dalla BEI, il Tribunale della funzione pubblica ha commesso un errore di diritto e che occorre accogliere il motivo in esame.

 Sul secondo motivo, vertente su errori, omissioni e carenze di motivazione in sede di esame della legittimità del rapporto controverso

45      Nel secondo motivo, il ricorrente ricorda di avere chiesto l’annullamento del rapporto controverso, sia nella parte riguardante gli obiettivi che in quella relativa alla valutazione, soltanto in via subordinata rispetto alla sua domanda di annullamento della decisione del comitato per i ricorsi. Egli ribadisce gli argomenti formulati in primo grado secondo i quali la «valutazione» espressa nel rapporto controverso sarebbe stata espressa da superiori in «mala fede» e, comunque, senza tener conto delle difficili condizioni che gli stessi superiori gli avevano creato e in cui egli era costretto a lavorare. Alla luce di tali difficoltà quotidiane, dimostrate da una «lunga serie di episodi», il giudizio attribuito al ricorrente sarebbe viziato. Infatti, se fosse stato valutato in modo imparziale, alla luce di obiettivi «più consoni» e avesse fruito delle medesime «opportunità, attenzioni e direttive» offerte ai suoi colleghi, egli avrebbe meritato un giudizio superiore, addirittura una A. Inoltre, il ricorrente ricorda di aver fatto valere una «violazione delle norme di autoregolamentazione» stabilite dalla BEI, che sarebbe «sintomatica dell’illegittimità del comportamento» di quest’ultima, dato che i suoi superiori non avrebbero rispettato le disposizioni che disciplinano la valutazione dei membri del personale della BEI.

46      In particolare, il ricorrente contesta alla BEI di non aver preso in considerazione taluni aspetti del suo lavoro. Orbene, il Tribunale della funzione pubblica si sarebbe limitato a tener conto dei soli passaggi nelle parti «In punto di fatto» del ricorso di primo grado che il ricorrente ha espressamente richiamato a sostegno di un suo motivo nella parte «In punto di diritto» di tale ricorso, e ciò ai fini dell’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del suo regolamento di procedura. Siffatto modo di procedere sarebbe viziato da un «eccesso di potere, perché [è] inconferente il riferimento a [questa disposizione] e perché [la sentenza impugnata] è ambigua al punto da non consentire di individuare esattamente e con certezza quali siano i motivi di fatto non ammessi», il che avrebbe, in particolare, impedito al ricorrente di esercitare i suoi diritti della difesa. Invece, secondo il ricorrente, l’oggetto della controversia è rappresentato da «tutti gli atti» delle parti, di modo che, ove il giudice non avesse ben compreso la rilevanza di taluni fatti e prima di escluderli, «avrebbe dovuto esaminare la comparsa della BEI e vedere se (…) quella non avesse esattamente compreso il perché di quella narrazione e la sua rilevanza». Pertanto, la sentenza dovrebbe essere totalmente «riformata» sul punto.

47      In tal modo, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe omesso di pronunciarsi su tutta una serie di fatti determinanti per la valutazione delle prestazioni del ricorrente, compresa l’inadeguatezza degli obiettivi ed i suoi effetti sulla sua valutazione, nonché la malafede dei valutatori e la sua incidenza sull’obiettività di tale valutazione, il che costituirebbe un motivo sufficiente per annullare la sentenza impugnata. In particolare, il ricorrente sottolinea che il Tribunale della funzione pubblica avrebbe dovuto esprimersi sul «perché il rendimento del [ricorrente] non avrebbe potuto essere “molto buono”». In tale contesto, il giudice di primo grado avrebbe dimenticato che doveva limitarsi ad esaminare soltanto la legittimità dell’atto ai fini del suo annullamento e che non può statuire «nel merito» né «affermare o negare che, mancando il vizio denunciato, la valutazione sarebbe stata o non sarebbe stata molto buona o eccezionale». Il ricorrente ne deduce che il rapporto controverso deve essere annullato anche nella parte in cui non gli attribuisce la nota A o la nota B+ e non lo propone per la promozione al livello D.

48      Per quanto riguarda gli obiettivi che gli sono stati affidati, il ricorrente ricorda di aver chiesto, conformemente alle istruzioni interne pertinenti, obiettivi specifici, realistici, misurabili, definiti nei tempi e accettati dall’interessato (in prosieguo: i «criteri SMART»). Dunque, tali obiettivi non dovrebbero essere vaghi e dovrebbero riferirsi al comportamento dell’interessato, affinché le sue prestazioni possano essere valutate concretamente ed obiettivamente. Orbene, gli obiettivi assegnati al ricorrente – contro la sua volontà – non soddisferebbero tali requisiti, essendo vaghi e non misurabili, non specifici e non tenendo conto del suo sviluppo futuro e dei suoi bisogni di formazione. Il ricorrente precisa di aver dimostrato i suoi tentativi continui di avviare un dialogo al riguardo e il rifiuto costante dei suoi superiori e colleghi. Nessuna di queste censure sarebbe stata presa in considerazione dal Tribunale della funzione pubblica (punti 106 e 107 della sentenza impugnata). Inoltre, il punto 108 della sentenza impugnata sarebbe viziato da «una motivazione illogica, contraddittoria e, quindi, solo apparente». Analogamente, secondo il ricorrente, in sostanza, la motivazione espressa ai punti 109 e 110 della sentenza impugnata sarebbe inconsistente e mirerebbe a invertire l’onere della prova a vantaggio della BEI, competente per la corretta definizione degli obiettivi SMART, ciò che essa avrebbe tuttavia omesso di fare nel caso di specie. D’altro canto, la circostanza che gli obiettivi enunciati si collochino nella continuità dei compiti attribuiti al ricorrente non consentirebbe di considerarli privi di una «qualità essenziale». Infine, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe omesso di prendere in considerazione le altre censure del ricorrente, e cioè che gli obiettivi devono anche vertere sul comportamento dell’interessato, che occorre privilegiare gli obiettivi di sviluppo, prendere in considerazione lo sviluppo futuro della carriera e identificare i bisogni di formazione, che tali obiettivi non devono essere del tipo «support» e che il valutatore deve tenere conto delle responsabilità assunte dal dipendente, laddove gli obiettivi affidati al ricorrente non avrebbero compreso siffatte responsabilità.

49      La BEI contesta gli argomenti del ricorrente e conclude chiedendo il rigetto del presente motivo.

50      In via preliminare, il Tribunale ricorda, da un lato, che dall’articolo 11 dell’allegato I allo Statuto della Corte di giustizia risulta che l’impugnazione proposta dinanzi al Tribunale deve limitarsi ai motivi di diritto e deve fondarsi su motivi concernenti l’incompetenza del Tribunale della funzione pubblica, vizi di procedura dinanzi ad esso recanti pregiudizio agli interessi della parte ricorrente o la violazione del diritto dell’Unione da parte di quest’ultimo (v., per analogia, sentenza della Corte del 16 marzo 2000, Parlamento/Bieber, C‑284/98 P, Racc. pag. I‑1527, punto 30; ordinanze della Corte del 10 maggio 2001, FNAB e a./Consiglio, C‑345/00 P, Racc. pag. I‑3811, punto 28, e del 9 novembre 2007, Lavagnoli/Commissione, C‑74/07 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 20). Dall’altro, tale disposizione nonché l’articolo 138, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura prevedono che l’atto di impugnazione deve indicare in modo preciso quali sono gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento ed altresì gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda, pena l’irricevibilità dell’impugnazione o del motivo in questione (v., per analogia, sentenze della Corte del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, Racc. pag. I‑5291, punto 34, del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, Racc. pag. I‑2125, punto 15, e ordinanza Lavagnoli/Commissione, cit., punto 21).

51      Di conseguenza, non è conforme ai suddetti requisiti l’impugnazione che si limiti a ripetere o a riprodurre pedissequamente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, compresi quelli basati su fatti espressamente disattesi da tale giudice. Infatti, un ricorso di questo tipo costituisce in realtà una domanda volta ad ottenere un mero riesame dell’atto introduttivo del ricorso presentato in primo grado, il che esula dalla competenza del Tribunale (v., per analogia, sentenze della Corte del 30 settembre 2003, Eurocoton e a./Consiglio, C‑76/01 P, Racc. pag. I‑10091, punto 47; del 12 settembre 2006, Reynolds Tobacco e a./Commissione, C‑131/03 P, Racc. pag. I‑7795, punto 50, e ordinanza della Corte del 20 marzo 2007, Kallianos/Commissione, C‑323/06 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 12).

52      Del resto, atteso che, in forza dell’articolo 11 dell’allegato I allo Statuto della Corte, l’impugnazione dinanzi al Tribunale è limitata ai motivi di diritto, il Tribunale della funzione pubblica è il solo competente ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti del fascicolo sottoposti al suo giudizio, e a valutare tali fatti. Pertanto, salvo il caso di travisamento degli elementi di prova dedotti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, l’accertamento dei fatti non costituisce una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato del giudice dell’impugnazione (v., per analogia, sentenze della Corte del 2 ottobre 2001, BEI/Hautem, C‑449/99 P, Racc. pag. I‑6733, punto 44; del 5 giugno 2003, O’Hannrachain/Parlamento, C‑121/01 P, Racc. pag. I‑5539, punto 35, e ordinanza della Corte del 27 aprile 2006, L/Commissione, C‑230/05 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 45).

53      È alla luce dei principi giurisprudenziali in precedenza ricordati che occorre esaminare le varie censure dedotte dal ricorrente nell’ambito del presente motivo.

54      In primo luogo, il Tribunale rileva che il ricorrente addebita al Tribunale della funzione pubblica, in particolare, di non aver tenuto conto della totalità dei fatti rilevanti dallo stesso dedotti a sostegno della sua contestazione del rapporto controverso, a causa di un’applicazione errata dell’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del suo regolamento di procedura (punto 105 della sentenza impugnata).

55      Al riguardo, occorre ricordare che, in effetti, nella parte «A. In punto di fatto» del suo ricorso di primo grado, il ricorrente ha lungamente esposto gli elementi di fatto relativi al rapporto controverso, a suo avviso rilevanti. In concreto, si tratta di una narrazione dettagliata della difficile relazione di lavoro che il ricorrente aveva con i suoi colleghi e superiori, nonché dello svolgimento di taluni lavori nel 2008, nel corso dei quali sarebbe stato esposto, da parte di tali persone, a comportamenti iniqui, ingiusti, discriminatori e volti a emarginarlo, e che pertanto costituivano molestie psicologiche. Questa narrazione è preceduta dall’affermazione che, da un lato, il ricorrente ha conseguito gli obiettivi che gli erano stati assegnati e, dall’altro, «[t]uttavia, questo risultato è stato valutato ex se, e non considerando le condizioni del tutto anormali in cui egli è stato costretto a lavorare durante tutto l’anno 2008 sicché, valutandolo alla luce delle difficoltà che la stessa [BEI] gli ha creato, il suo risultato era quindi superiore a quello riconosciutogli, e di molto». In tale ambito, il ricorrente ha altresì contestato gli obiettivi che gli erano stati assegnati e ha narrato i suoi tentativi reiterati, ma vani, di avviare con i suoi superiori un dialogo al riguardo. Inoltre, nella parte «In punto di diritto» del ricorso di primo grado, in particolare sotto la rubrica «Sull’annullamento del rapporto informativo», il ricorrente, da un lato, ha messo in discussione la legittimità degli obiettivi che gli erano stati assegnati per l’anno 2008 e, dall’altro, riguardo al «giudizio e alla valutazione», si è sostanzialmente limitato ad affermare, in modo vago, che egli aveva «raggiunto tutti [que]gli obiettivi (...) e che nessuno appunto gli [era] stato mai mosso dai suoi superiori», che egli «[aveva] mostrato spirito di iniziativa» senza che ciò venisse tenuto in considerazione, che la sua valutazione «sarebbe stata notevolmente diversa» se gli fossero stati assegnati obiettivi più consoni e le medesime opportunità offerte agli altri membri del personale e che la sua partecipazione a taluni lavori non sarebbe stata presa in considerazione ai fini della sua valutazione.

56      In considerazione di quanto precede, il Tribunale della funzione pubblica ha giustamente ritenuto che la censura principale del ricorrente, alla quale detto giudice ha risposto ai punti da 108 a 111 della sentenza impugnata, era volta a contestare la legittimità degli obiettivi che gli erano stati assegnati per il 2008 e che costituivano parte integrante del rapporto controverso. Inoltre, riguardo alla fondatezza della valutazione del ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica l’ha valutata ai punti 114 e 115 della sentenza impugnata, certamente tenendo conto soltanto dell’argomento con il quale «il ricorrente sostiene di aver evitato ad un collega di commettere un grave errore e di aver svolto per due mesi un lavoro non compreso tra gli obiettivi iniziali».

57      Si deve constatare che, avendo limitato la propria valutazione agli aspetti menzionati, il Tribunale della funzione pubblica non ha erroneamente interpretato la portata dell’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del suo regolamento di procedura, ai sensi del quale l’atto introduttivo del ricorso deve contenere i motivi e gli argomenti di fatto e di diritto dedotti. Infatti, per costante giurisprudenza relativa all’articolo 21 dello Statuto della Corte, applicabile al Tribunale della funzione pubblica ai sensi dell’articolo 7 dell’allegato I al medesimo Statuto, ogni atto introduttivo di ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi invocati. Più in particolare, in relazione all’articolo 21 dello Statuto della Corte, che l’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica è volto ad attuare, da una costante giurisprudenza risulta che la mera enunciazione astratta dei motivi nell’atto introduttivo del ricorso non risponde alle prescrizioni dello Statuto della Corte e che l’espressione «esposizione sommaria dei motivi» usata in detto testo significa che l’atto introduttivo deve rendere manifesto in cosa consista il motivo sul quale il ricorso si basa (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale del 12 marzo 2008, Giannini/Commissione, T‑100/04, Racc. PI pagg. I‑A‑2‑9 e II‑A‑2‑37, punti 61 e 62 e giurisprudenza ivi citata).

58      Tale giurisprudenza esige quindi che l’atto introduttivo del ricorso esponga le censure e gli elementi di fatto a sostegno dei motivi in modo sufficientemente coerente e chiaro al fine di non ostacolare o impedire l’esercizio del controllo di legittimità da parte del giudice dell’Unione. Inoltre, l’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica detta al riguardo una prescrizione ancora più precisa rispetto a quella stabilita dagli articoli 21 dello Statuto della Corte e 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, in quanto richiede che l’atto introduttivo del ricorso contenga «i motivi e gli argomenti di fatto e di diritto dedotti».

59      Orbene, occorre osservare che, nel caso di specie, gli argomenti del ricorrente difettano di struttura, chiarezza e precisione, il che rende particolarmente difficile il compito di esaminare nel dettaglio gli elementi essenziali in fatto e in diritto sui quali si fondano i suoi motivi e le sue censure. Di conseguenza, giustamente nella sentenza impugnata il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto necessario, in sostanza, che il ricorrente deducesse le sue censure, nonché i fatti a loro sostegno, nell’ambito della presentazione di un motivo, in relazione al quale sussisteva in capo a quest’ultimo un dovere di precisione ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del regolamento di procedura di detto Tribunale, o che egli effettuasse, per lo meno, rinvii precisi agli elementi di fatto identificati in certi punti dell’esposizione in fatto che si riteneva che il giudice di primo grado dovesse prendere in considerazione ai fini della valutazione di un siffatto motivo (punto 105 della sentenza impugnata).

60      Si deve pertanto respingere la censura riguardante la violazione dell’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica.

61      In secondo luogo, per quanto riguarda le censure circa la correttezza dell’esame compiuto dal Tribunale della funzione pubblica sulla legittimità degli obiettivi assegnati al ricorrente per l’anno 2008, occorre ricordare che, come riconosciuto da una giurisprudenza consolidata (sentenza Pflugradt/BCE, cit. al precedente punto 43, punto 69), detto esame fa parte di un controllo di legittimità in senso stretto dell’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui la BEI dispone per valutare il lavoro dei membri del suo personale, limitato alla ricerca da parte del giudice dell’Unione di un manifesto errore di valutazione. Inoltre, ai sensi del punto 9, primo comma, della guida sulla procedura di valutazione per il 2008 e di quanto il Tribunale della funzione pubblica ha rilevato, in sostanza, al punto 108 della sentenza impugnata, si deve affermare che la legittimità degli obiettivi inseriti nella scheda di valutazione a inizio anno può essere valutata solo congiuntamente alla valutazione definitiva relativa ai suddetti obiettivi contenuta nel rapporto informativo redatto a fine anno.

62      Orbene, nel caso di specie il Tribunale della funzione pubblica ha rispettato le prescrizioni derivanti dal principio del controllo di legittimità in senso stretto, dato che in sostanza ha considerato, da un lato, che gli obiettivi in questione non violavano in modo evidente i criteri SMART (v. precedente punto 48), come previsti dal punto 9.1 della guida sulla procedura di valutazione per il 2008, tanto più che non dovevano essere rispettati in modo assoluto, ma unicamente «nella misura del possibile», e, dall’altro, che «gli obiettivi di cui trattasi erano stati attribuiti all’insieme dell’unità di appartenenza del ricorrente e tali obiettivi erano stati accettati da tutti i colleghi di quest’ultimo» (punti 109 e 110 della sentenza impugnata), il che è conforme alla facoltà «di fissare gli obiettivi a livello di unità» ai sensi della medesima disposizione.

63      Nella misura in cui il ricorrente contesta tale valutazione dei fatti, senza dedurre un travisamento dei fatti o degli elementi di prova, egli viola la competenza del giudice dell’impugnazione (v. precedente punto 52). Ciò vale anche riguardo all’affermazione del Tribunale della funzione pubblica secondo cui «gli obiettivi enunciati si situano essenzialmente nella continuità delle missioni già conferite al ricorrente nel settore dell’analisi del rischio e nell’assistenza all’attuazione del progetto “Basilea II”» (punto 110 della sentenza impugnata), nonché alla sua asserita omissione di condanna della BEI per avere assegnato al ricorrente obiettivi privi di vere responsabilità, meno consoni e che gli offrivano meno opportunità rispetto a quelli assegnati ad altri membri del personale. Inoltre, è manifestamente scevra di errori di diritto l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica, al medesimo punto della sentenza impugnata, secondo cui il ricorrente stesso aveva indicato in dettaglio, nelle sue osservazioni inserite nel rapporto controverso, «come sarebbe riuscito a raggiungere gli obiettivi che gli erano stati fissati, ciò che contraddice, almeno parzialmente, la sua tesi a tenore della quale essi non consentirebbero di essere misurati».

64      Peraltro, in tale contesto, il ricorrente non può rimproverare al Tribunale della funzione pubblica di non avere preso in considerazione le sue contestazioni e i suoi tentativi di dialogo, asseritamente vani, rivolti ai superiori in merito ai suoi obiettivi. Difatti, tale aspetto era menzionato soltanto nell’esposizione dei fatti del ricorso di primo grado, che il Tribunale della funzione pubblica non era obbligato a prendere in considerazione nell’ambito del proprio esame, stante la violazione da parte del ricorrente delle prescrizioni derivanti dall’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del suo regolamento di procedura (v. precedenti punti da 55 a 60).

65      Riguardo alla contestazione mossa dal ricorrente al giudice di primo grado circa l’omessa pronuncia sulle sue censure che contestavano la legittimità degli obiettivi che gli erano stati assegnati in quanto, nell’ambito della sua valutazione, i suoi superiori non hanno considerato lo sviluppo futuro della sua carriera e i suoi bisogni di formazione, è sufficiente rilevare che questi ultimi elementi non costituiscono parte integrante dei criteri che disciplinano la fissazione degli obiettivi in senso stretto, ai sensi del punto 9.1 della guida sulla procedura di valutazione per il 2008. Infatti, detti elementi sono connessi alla fissazione di tali obiettivi solo in modo indiretto, ai sensi del punto 13, primo comma, della medesima guida, il quale recita che «[l]a procedura di valutazione offre al membro del personale e al suo superiore un’eccellente occasione per discutere le necessità di sviluppo e le aspirazioni in materia di evoluzione della carriera». Nello stesso senso, il secondo comma di tale punto 13 dispone che «[i]l membro del personale e il suo superiorie identificano insieme i bisogni di formazione, sia a breve termine, nell’ambito delle responsabilità già esercitate e degli obiettivi fissati, sia a lungo termine, al fine di migliorare le prospettive di carriera[; n]ella analisi di tali bisogni, occorrerà prendere in considerazione le conclusioni del colloquio di valutazione, in particolare riguardo ai settori nei quali le prestazioni e le competenze professionali in rapporto al ruolo ricoperto possono essere consolidate e migliorate, nonché riguardo alle conoscenze e ai metodi di lavoro necessari per raggiungere gli obiettivi stabiliti».

66      Inoltre, il ricorrente non ha contestato né in primo grado né durante il presente procedimento l’assenza di osservazioni sotto le rubriche «Sviluppo futuro» e «Programma di miglioramento della prestazione» nel rapporto controverso. Orbene, anche volendo assumere che tale assenza di osservazioni dipenda dall’inosservanza delle richiamate disposizioni della guida sulla procedura di valutazione per il 2008 per quanto riguarda il ricorrente e che la stessa confermi che, all’atto della valutazione di quest’ultimo, non si è tenuto alcun colloquio con i suoi superiori in merito al suo avvenire professionale e ai suoi bisogni di formazione, una omissione di questo tipo non sarebbe tale da inficiare la sentenza impugnata su questo punto. Infatti, in primo grado, il ricorrente ha fatto solo una vaghissima allusione ‒ peraltro essenzialmente nell’ambito delle osservazioni preliminari che precedevano le censure relative al rapporto controverso – alle prescrizioni dettate dal punto 13 della medesima guida, senza citarla espressamente, e ha omesso di dedurre dinanzi al Tribunale della funzione pubblica una censura distinta sufficientemente chiara e precisa al riguardo, con la conseguenza che una censura di questo tipo non può più essere presa in considerazione o accolta in sede di impugnazione.

67      Pertanto, si deve respingere anche la censura vertente sull’omesso riconoscimento da parte del Tribunale della funzione pubblica dell’illegittimità della fissazione degli obiettivi assegnati al ricorrente per l’anno 2008.

68      In terzo luogo, riguardo agli asseriti errori ed omissioni commessi dal Tribunale della funzione pubblica in sede di controllo della valutazione e del giudizio contenuti nel rapporto controverso, occorre rilevare che il ricorrente chiede al Tribunale di procedere a un nuovo apprezzamento dei fatti e degli elementi di prova che hanno costituito oggetto dell’esame del giudice di primo grado (v. precedente punto 45), il che esula dalla competenza del giudice dell’impugnazione (v. precedente punto 51). Al riguardo, è sufficiente ricordare, da un lato, che correttamente il Tribunale della funzione pubblica non ha considerato taluni fatti dedotti dal ricorrente, avendo egli violato le prescrizioni di cui all’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del suo regolamento di procedura (v. precedenti punti da 55 a 58), e, dall’altro, che detto Tribunale ha respinto ulteriori deduzioni come infondate (punto 115 della sentenza impugnata), senza che il ricorrente abbia invocato nella sua impugnazione uno sviamento dei fatti o degli elementi di prova a tale riguardo. Infine, ed in ogni caso, il ricorrente non ha individuato alcun errore di diritto tale da inficiare la valutazione espressa, in via subordinata, al punto 115 della sentenza impugnata, per respingere la sua censura relativa al fatto che la sua partecipazione a taluni lavori non era stata presa in considerazione ai fini della sua valutazione.

69      Di conseguenza, dev’essere respinta anche la terza censura e, per effetto, il secondo motivo nella sua interezza.

 Sul terzo motivo, vertente sull’illegittimo rigetto della domanda di annullamento delle decisioni di promozione in quanto tardiva ed irricevibile

70      Con il terzo motivo il ricorrente contesta la legittimità del rigetto, da parte del Tribunale della funzione pubblica, della sua domanda di annullamento delle decisioni di promozione in quanto tardiva e irricevibile (punti 65 e 117 della sentenza impugnata). Secondo il ricorrente, anche questa parte della sentenza impugnata dev’essere «riformata», dato che, ai sensi della normativa applicabile, sono promuovibili solo i membri del personale della BEI che abbiano ottenuto il giudizio A o B+. Dunque, il ricorrente non avrebbe «un interesse concreto ed attuale ad impugnare delle promozioni per le quali non è stato nemmeno scrutinato», ma unicamente, «semmai [lo avrà] nel momento in cui, a seguito della revisione del suo rapporto informativo, gli sarà attribuita una A o B+». Alla luce di ciò, il suo ricorso non potrebbe essere tardivo, poiché «nessuno può perdere un diritto prima ancora di averlo acquisito».

71      In subordine, il ricorrente contesta la valutazione esposta ai punti da 61 a 64 della sentenza impugnata. In primo luogo, le norme che disciplinano i ricorsi dinanzi al comitato per i ricorsi e l’articolo 41 del regolamento del personale della BEI non prevederebbero termini di decadenza o preclusioni. In secondo luogo, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe interpretato in maniera restrittiva il ricorso amministrativo presentato dinanzi al comitato per i ricorsi, sebbene esso provenisse direttamente da un dipendente senza alcuna preparazione in materia giuridica. In terzo luogo, il suddetto Tribunale non avrebbe indicato il criterio seguito per interpretare tale ricorso e non avrebbe addotto alcuna giustificazione per non ritenere che il ricorso del ricorrente contro il diniego della sua promozione riguardasse anche, implicitamente, le decisioni di promozione. In quarto luogo, il preteso termine di decadenza inizierebbe a decorrere dalla data della comunicazione dell’atto recante pregiudizio. Ne risulterebbe che, nella fattispecie, per i membri del personale della BEI valutati con una B e non promovibili, il termine di ricorso contro le decisioni di promozione non sarebbe ancora iniziato a decorrere. Secondo il ricorrente, ciò potrà avvenire soltanto dopo che la BEI avrà modificato il suo rapporto informativo e il suo giudizio finale e che il suo interesse sarà concreto ed attuale. Sino a quel momento, il ricorrente non potrebbe subire un pregiudizio da un atto che non lo riguarda.

72      La BEI contesta gli argomenti del ricorrente e conclude per il rigetto del presente motivo.

73      Il Tribunale osserva che il ricorrente non ha negato che, all’atto del deposito del suo ricorso amministrativo dinanzi al comitato per i ricorsi, il 7 maggio 2009, egli era a conoscenza delle decisioni di promozione, che erano state emesse il 18 marzo 2009, e aveva persino allegato al suddetto ricorso l’«elenco delle promozioni a titolo dell’anno 2008», senza peraltro contestare, in quella sede, tali promozioni (punti 63 e 64 della sentenza impugnata). In effetti, in quella occasione, il ricorrente si è limitato a dolersi in modo vago del diniego della sua promozione. Infatti, al punto 64 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha considerato, in particolare, che fra il 7 maggio 2009, data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza delle decisioni di promozione, e il 14 ottobre 2009, data della sua domanda volta ad adire la commissione di conciliazione, erano passati più di cinque mesi. Esso ne ha tratto la conclusione, al punto 65 della sentenza impugnata, che le conclusioni volte all’annullamento delle decisioni di promozione dovevano essere respinte «in quanto tardive», vale a dire, in quanto depositate oltre un termine ragionevole.

74      Orbene, riguardo al principio del termine ragionevole, occorre ricordare che, nella sua sentenza del 28 febbraio 2013, Réexamen Arango Jaramillo e a./BEI (C‑334/12 RX-II, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti da 25 a 46), in merito alla quale le parti potevano formulare osservazioni nel corso dell’udienza, la Corte ha giudicato, in sostanza, che, qualora la durata di un procedimento non fosse stabilita da una disposizione del diritto dell’Unione, il carattere «ragionevole» del termine assunto dall’istituzione per adottare l’atto in questione doveva essere valutato in funzione dell’insieme delle circostanze proprie di ciascuna causa e, segnatamente, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità della causa e del comportamento delle parti in causa. Quindi, il carattere ragionevole di un termine non può essere determinato facendo riferimento a un limite massimo preciso, determinato astrattamente, ma deve essere valutato di volta in volta alla luce delle circostanze del caso di specie. Peraltro, riguardo al dovere di coerenza, occorre applicare la nozione di «termine ragionevole» nello stesso modo allorché essa riguarda un ricorso o una domanda per i quali nessuna disposizione del diritto dell’Unione ha previsto un termine entro il quale tale ricorso o tale domanda devono essere proposti. In entrambi i casi, il giudice dell’Unione è tenuto a prendere in considerazione le circostanze proprie del caso di specie.

75      Per quanto riguarda più specificamente l’applicazione dell’articolo 41 del regolamento del personale della BEI, al punto 39 della suddetta sentenza la Corte ha considerato che tale disposizione non fissava un termine di ricorso, ma si limitava ad enunciare la competenza del giudice dell’Unione a statuire sulle controversie tra la BEI e i suoi agenti, di modo che quest’ultimo è obbligato, nel silenzio di detto regolamento, ad applicare la nozione di termine ragionevole. La Corte ha precisato che tale nozione, che presuppone il vaglio di tutte le circostanze del caso di specie, non può dunque essere intesa come un termine di decadenza specifico e che, pertanto, il termine di tre mesi previsto dall’articolo 91, paragrafo 3, dello Statuto dei funzionari non poteva essere applicato per analogia ai membri del personale della BEI come termine di decadenza quando essi proponevano un ricorso di annullamento avverso un atto adottato da quest’ultima che recava loro pregiudizio.

76      Inoltre, riguardo al principio della tutela giurisdizionale effettiva, in quanto principio generale del diritto dell’Unione oggi esplicitato dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 389), ai punti da 40 a 45 di tale sentenza la Corte ha giudicato, in sostanza, che, nel caso in cui il termine di ricorso degli agenti della BEI contro gli atti che li danneggiano non fosse fissato previamente da una norma giuridica dell’Unione, né limitato conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, era pacifico che gli agenti interessati avevano il diritto, alla luce della giurisprudenza della Corte relativa all’applicazione della nozione di «termine ragionevole», di aspettarsi non tanto che il giudice dell’Unione opponesse un termine prefissato di decadenza al loro ricorso, quanto che esso si limitasse ad applicare i criteri riconosciuti da tale giurisprudenza per giudicare la ricevibilità di quest’ultimo. Orbene, secondo la Corte, uno snaturamento della nozione di termine ragionevole mediante l’imposizione di un termine prefissato avrebbe posto i suddetti agenti nell’impossibilità di difendere i loro diritti mediante un ricorso effettivo dinanzi a un tribunale, nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali.

77      Occorre quindi verificare se il Tribunale della funzione pubblica abbia correttamente dichiarato che, in considerazione di tutte le circostanze del caso di specie, il ricorrente non aveva rispettato un termine ragionevole per contestare le decisioni di promozione dinanzi alla commissione di conciliazione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento del personale della BEI, o dinanzi al comitato per i ricorsi. A tal proposito, si deve sottolineare che il giudice dell’impugnazione è competente a verificare la qualificazione giuridica corretta dei fatti rilevanti, così come accertati dal giudice di primo grado, alla luce del principio del termine ragionevole, dato che il rispetto di tale termine costituisce una questione di diritto (v., in tal senso e per analogia, ordinanza del Tribunale del 18 luglio 2011, Marcuccio/Commissione, T‑450/10 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 31).

78      Tuttavia, nel caso di specie, non occorre rimettere in discussione, alla luce del principio del termine ragionevole, la legittimità della valutazione esposta al punto 64 della sentenza impugnata, né la conclusione cui il Tribunale della funzione pubblica è pervenuto al punto 65 della stessa sentenza. Dal fascicolo di primo grado risulta chiaramente che ‒ come il ricorso amministrativo presentato al comitato per i ricorsi ‒ anche la domanda del 14 ottobre 2009 volta ad adire la commissione di conciliazione non recava contestazioni esplicite delle decisioni di promozione, ma si limitava a rinviare, in modo generale, alle controversie fra il ricorrente e la BEI in merito alla sua valutazione per l’anno 2008. Di conseguenza, è stato per la prima volta nel suo atto introduttivo del ricorso di primo grado, depositato il 12 febbraio 2010, che il ricorrente ha contestato le decisioni di promozione, sicché erano trascorsi più di nove mesi da quando il ricorrente ne era venuto a conoscenza.

79      Orbene, in considerazione di tutte le circostanze del caso di specie, quali sottoposte al vaglio del Tribunale della funzione pubblica, in particolare della rilevanza della controversia per il ricorrente, della complessità della controversia e della reciproca condotta delle parti, un termine siffatto deve essere considerato irragionevole. Infatti, anche volendo qualificare il rilievo della presente controversia come particolarmente importante per il ricorrente a motivo del lunghissimo periodo durante il quale egli ha atteso una promozione, è inevitabile constatare che quest’ultimo ha riconosciuto di essere stato debitamente informato delle decisioni di promozione degli altri membri del personale della BEI e che, pertanto, era in grado di contestare le suddette decisioni in un termine molto più breve di nove mesi, anche senza formazione giuridica e senza l’iniziale assistenza di un legale. Di conseguenza, anche volendo ritenere che, al punto 64 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica abbia erroneamente determinato il termine trascorso, qualificabile come irragionevole, nel caso di specie un errore di questo tipo non può essere idoneo ad invalidare la sua dichiarazione di irricevibilità, né il dispositivo della sentenza impugnata, che appare fondato in base ad altri motivi di diritto (v., in tal senso, sentenza della Corte del 30 settembre 2003, Biret e Cie/Consiglio, C‑94/02 P, Racc. pag. I‑10565, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

80      Inoltre, a torto il ricorrente contesta al Tribunale della funzione pubblica di avere proceduto a un’interpretazione troppo restrittiva della portata del suo ricorso amministrativo dinanzi alla commissione per i ricorsi, il quale concerneva in modo molto vago il rifiuto della sua promozione (v. precedente punto 73). Da ultimo, nel descritto contesto, è contraddittorio e inconferente l’argomento del ricorrente secondo cui il termine di impugnazione delle decisioni di promozione inizierebbe a decorrere solo dopo che la BEI avrà adeguato e finalizzato il suo rapporto informativo per l’anno 2008 e quando «il suo interesse sarà concreto e attuale» (v. precedenti punti 70 e 71), poiché tale argomento dimostra, al contrario, che il ricorrente ritiene di non aver avuto, sino a quel momento, alcun interesse all’annullamento delle decisioni di promozione.

81      Di conseguenza, il terzo motivo deve essere respinto.

 Sul quarto motivo, relativo all’illegittimo rigetto dell’eccezione di illegittimità della guida sulla procedura di valutazione 2008 in quanto irricevibile nella parte in cui impone limiti quantitativi al numero dei membri del personale della BEI che possono ottenere i giudizi A e B+

82      A sostegno del suo quarto motivo, il ricorrente ricorda che, all’udienza di primo grado, egli ha precisato le sue conclusioni nel senso che esse miravano ad eccepire l’illegittimità della guida sulla procedura di valutazione 2008 nella sola parte in cui imponeva limiti quantitativi al numero dei membri del personale della BEI che potevano ottenere i giudizi A e B+. Nondimeno, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe dichiarato l’irricevibilità delle suddette conclusioni in quanto avevano ad oggetto una misura di portata generale (punto 55 della sentenza impugnata). Inoltre, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe ingiustamente respinto l’eccezione di illegittimità, quale precisata dal ricorrente (punto 56 della sentenza impugnata), benché le regole di condotta della BEI, come la guida sulla procedura di valutazione 2008, debbano essere soggette al sindacato giurisdizionale alla luce dei principi superiori del diritto. A questo proposito, il ricorrente reitera, in sostanza, le censure dedotte in primo grado contro i criteri di valutazione previsti da tale guida, che, stante il loro carattere vago, darebbero luogo ad abusi, alla violazione dei diritti e a favoritismi, censure che il Tribunale della funzione pubblica non avrebbe esaminato.

83      Per quanto riguarda i limiti quantitativi imposti per l’attribuzione dei giudizi A o B+, il ricorrente considera che un numero massimo di tali valutazioni si tradurrebbe nell’illegittima trasformazione «del giudizio annuale da assoluto in relativo» e nel permettere alla BEI di giustificare soprusi, affermando che non è possibile superare detti limiti quantitativi. La BEI si sarebbe mostrata sensibile a tali censure, avendo successivamente eliminato i limiti quantitativi contestati, implicitamente confermando che essi non servivano per lo scopo dichiarato, vale a dire la necessità di promuovere i migliori membri del personale e di rispettare i vincoli di bilancio. Di conseguenza, la valutazione del Tribunale della funzione pubblica esposta ai punti da 57 a 59 della sentenza impugnata a sostegno del rigetto della domanda del ricorrente sarebbe «solo apparente e smentita dai fatti». Inoltre, il punto 55 della sentenza impugnata sarebbe inconsistente, in particolare perché non obbedirebbe alla regola matematica secondo la quale ogni limite quantitativo altera la «distribuzione naturale», sicché il ricorrente non aveva l’onere di dimostrare che il suo giudizio era stato peggiorato al fine di rispettare i limiti del 10% e del 30%.

84      La BEI contesta le argomentazioni del ricorrente e conclude per il rigetto del presente motivo.

85      Il Tribunale rileva che, nell’ambito del presente motivo, il ricorrente contesta al Tribunale della funzione pubblica, essenzialmente, da un lato, di avere erroneamente interpretato la sua domanda volta ad eccepire l’illegittimità della norma della guida sulla procedura di valutazione per il 2008, che impone limiti quantitativi al numero dei membri del personale della BEI, i quali possono beneficiare dei giudizi A e B+, e, dall’altro, di non avere dato seguito a tale domanda. Al riguardo, occorre peraltro ricordare che, nell’ambito della causa F‑55/08, il ricorrente aveva già sollevato un’eccezione di illegittimità contro una norma analoga, che era stata respinta dal Tribunale della funzione pubblica in quanto irricevibile, giudizio che è stato definitivamente confermato dal Tribunale nella sua sentenza del 27 aprile 2012, citata al precedente punto 21 (punti 67 e 68).

86      Orbene, la prima censura deve essere respinta in quanto inconferente, posto che il Tribunale della funzione pubblica ha in concreto esaminato le contestazioni del ricorrente, nonostante la loro scarsa chiarezza, considerandole come una domanda di annullamento, o come un’eccezione di illegittimità, alle quali il Tribunale ha fornito, rispettivamente, una risposta completa (punti da 53 a 55 e punti da 56 a 59 della sentenza impugnata).

87      La seconda censura è volta essenzialmente a contestare la valutazione dei fatti e degli elementi di prova da parte del giudice di primo grado relativamente alla questione se la norma che impone limiti quantitativi al numero dei membri del personale della BEI, i quali possono beneficiare dei giudizi A et B+, abbia potuto incidere sulla valutazione del ricorrente, ciò che il giudice ha escluso alla luce della documentazione presente nel fascicolo di causa (punto 58 della sentenza impugnata). Tuttavia, tale valutazione esula dalla competenza del giudice dell’impugnazione e, per di più, non è inficiata da errori di diritto (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2012, cit. al precedente punto 21, punto 69). Inoltre, il ricorrente ha omesso di contestare l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica, esposta al punto 58 della sentenza impugnata, secondo cui «un’eventuale dichiarazione d’illegittimità della regola di cui trattasi non produrrebbe assolutamente l’effetto di indurre la B[EI] a riconoscere al ricorrente il beneficio dell’attribuzione del giudizio A o del giudizio B+ da egli rivendicato», affermazione analoga a quella la cui legittimità, del resto, è stata riconosciuta anche dal Tribunale nella sua sentenza del 27 aprile 2012, citata al precedente punto 21 (punto 69).

88      Infine, dato che il Tribunale della funzione pubblica ha respinto, in via ultronea, tale eccezione di illegittimità nel merito (punto 59 della sentenza impugnata), è sufficiente constatare che la relativa censura del ricorrente è ininfluente, dato che, pur ammettendola fondata, non sarebbe idonea a rimettere in discussione il rigetto, in via principale, di detta eccezione in quanto irricevibile, né il dispositivo della sentenza impugnata, che appare fondato in base ad altri motivi di diritto (v., in tal senso, sentenza Biret e Cie/Consiglio, cit. al precedente punto 79, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

89      Di conseguenza, il quarto motivo dev’essere integralmente respinto.

 Sul quinto motivo, relativo all’illegittimo rigetto della domanda risarcitoria per incompetenza del giudice di primo grado e in quanto irricevibile, in particolare a causa di litispendenza

90      Nell’ambito del quinto motivo, il ricorrente richiama il contenuto della sua domanda di risarcimento dei danni materiali e morali, quale sollevata in primo grado e contestata dalla BEI. A questo proposito, il ricorrente contesta i punti da 97 a 99 della sentenza impugnata, nei quali la domanda risarcitoria è stata dichiarata irricevibile in relazione alla mancata promozione definitiva prima del 9 marzo 2005. Così statuendo, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe illegittimamente sollevato d’ufficio un’eccezione di irricevibilità e avrebbe, in sostanza, snaturato la domanda del ricorrente, atteso che solo il primo dei danni lamentati è direttamente collegato alla mancata progressione della sua carriera. Tuttavia, così non sarebbe né per il danno materiale conseguente alla perdita della professionalità acquisita e alla dequalificazione professionale, né per i danni morali. In ogni caso, le norme procedurali pertinenti non imporrebbero al ricorrente di chiedere il risarcimento dei danni nello stesso giudizio in cui chiede l’annullamento di un atto o l’accertamento di un comportamento illecito da parte del datore di lavoro.

91      Per quanto riguarda l’eccezione di litispendenza derivante dall’asserita identità della domanda risarcitoria con quella avanzata nelle cause F‑55/08 e F‑59/09, il ricorrente sostiene essenzialmente che il Tribunale della funzione pubblica ha accolto tale eccezione senza disporre a tal fine di un fondamento giuridico appropriato nel suo regolamento di procedura e facendo un uso illegittimo della sua scienza privata (punto 101 della sentenza impugnata). Inoltre, la BEI non avrebbe fornito la prova dell’identità delle suddette domande risarcitorie. In ogni caso, anche ammettendo tale identità, queste domande sarebbero pendenti dinanzi a organi giurisdizionali diversi.

92      Per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno materiale, il ricorrente sostiene che il Tribunale della funzione pubblica ha omesso di considerare la perdita della professionalità acquisita e la dequalificazione professionale e di esaminarle, benché esse non fossero collegate alla mancata promozione. Relativamente al rigetto della domanda di risarcimento dei danni morali, in particolare per il motivo che il ricorrente non aveva soddisfatto l’onere della prova ad esso incombente, il ricorrente ribatte essenzialmente che ciò che è sottoposto al sindacato di legittimità del giudice è il comportamento del datore di lavoro, il quale «è ex se fonte di responsabilità, come fatto illecito». Tuttavia, contrariamente a questo principio, riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa italiana, il giudice di primo grado avrebbe, nella fattispecie, omesso di esaminare la liceità del comportamento della BEI e di pronunciarsi sulla sua responsabilità.

93      La BEI contesta gli argomenti del ricorrente e conclude per il rigetto del presente motivo.

94      Il Tribunale ricorda che, con il presente motivo, il ricorrente contesta la legittimità dei punti da 97 a 99, 101 e 102 nonché da 119 a 121 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale della funzione pubblica ha esposto le ragioni per le quali ha respinto le domande risarcitorie in quanto o irricevibili o infondate.

95      Riguardo al rigetto delle domande risarcitorie del ricorrente in quanto irricevibili perché quest’ultimo non avrebbe tempestivamente impugnato i dinieghi di promozione che sarebbero all’origine dei danni subiti, il Tribunale della funzione pubblica si è fondato, pur senza menzionarla direttamente, sulla giurisprudenza secondo la quale, in sostanza, un funzionario non può, con una domanda di risarcimento danni, eludere l’irricevibilità di una domanda volta a far dichiarare l’illegittimità dello stesso atto e ad ottenere lo stesso risultato pecuniario, con la conseguenza che l’irricevibilità di una domanda di annullamento, in particolare perché presentata tardivamente, comporta quella della domanda di risarcimento ad essa strettamente collegata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 settembre 2007, Combescot/Commissione, T‑250/04, Racc. FP pagg. I‑A‑2‑191 e II‑A‑2‑1251, punti 38 e 39).

96      Nel caso di specie, come constatato dal Tribunale della funzione pubblica ai punti da 97 a 100 della sentenza impugnata, tutte le decisioni recanti diniego di promozione del ricorrente diverse da quelle pronunciate relativamente agli anni 2006 (oggetto della causa F‑55/08, pendente dinanzi al Tribunale della funzione pubblica a seguito di un rinvio disposto dal Tribunale nella sua sentenza del 27 aprile 2012, cit. al precedente punto 21), 2007 (oggetto delle cause F‑59/09 e T‑264/11 P) e 2008 (oggetto del presente procedimento), sono divenute definitive e, quindi, inoppugnabili. Di conseguenza, il ricorrente non può rimettere in questione la loro legittimità mediante una domanda risarcitoria, il cui accoglimento presuppone che il ricorrente ottenga una dichiarazione di illegittimità da parte del giudice; diversamente, sarebbe eluso il carattere definitivo delle suddette decisioni e dei termini di impugnazione ad esse afferenti.

97      Pertanto, le censure dedotte contro i punti da 97 a 99 della sentenza impugnata non possono trovare accoglimento.

98      Riguardo all’eccezione di litispendenza, occorre ricordare che un ricorso proposto successivamente ad un altro, che vede contrapposte le stesse parti, che è fondato sugli stessi motivi ed è volto all’annullamento dello stesso atto giuridico, dev’essere dichiarato irricevibile per litispendenza (sentenze della Corte del 24 novembre 2005, Italia/Commissione, C‑138/03, C‑324/03 e C‑431/03, Racc. pag. I‑10043, punto 64, e del 9 giugno 2011, Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, da C‑465/09 P a C‑470/09 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 58), senza che sia necessario che detta eccezione sia prevista da una norma giuridica esplicita. Orbene, nel caso di specie, considerata l’identità delle parti, dei motivi e delle domande, vale a dire la riproposizione della domanda risarcitoria che aveva già costituito oggetto delle cause F‑55/08 e T‑37/10 P, e, pertanto, l’identità dell’oggetto della controversia, il Tribunale della funzione pubblica era obbligato a tenere conto dell’eccezione di litispendenza e a respingere la nuova domanda in quanto irricevibile. A tale proposito, la distinzione effettuata dal ricorrente fra i diversi organi giurisdizionali non può essere accolta, poiché la sostanza dell’oggetto della controversia è rimasta la stessa dinanzi a tutti questi organi.

99      Di conseguenza, occorre dichiarare che anche i punti da 101 a 103 della sentenza impugnata sono scevri di errori di diritto.

100    Riguardo alla censura relativa al fatto che, nell’ambito della valutazione del danno materiale di cui al punto 119 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe omesso di prendere in considerazione e di esaminare la perdita della professionalità e la dequalificazione professionale del ricorrente, dato che tali aspetti non erano collegati al diniego della sua promozione nel 2008, si deve constatare che, nell’atto introduttivo del ricorso di primo grado così come nel corso del presente giudizio, il ricorrente non ha né sollevato né contestato in modo sufficientemente chiaro e preciso un carattere eventualmente lacunoso del rapporto controverso circa detti aspetti (v. precedente punto 66). Orbene, anche volendo assumere che, in sede di esercizio di valutazione 2008, la BEI abbia erroneamente interpretato, a scapito del ricorrente, le prescrizioni derivanti dal punto 13 della guida sulla procedura di valutazione per il 2008, in quanto non avrebbe imposto di discutere o di tenere conto dello «sviluppo futuro» del ricorrente, né di definire per lui un «programma di miglioramento della prestazione», il ricorrente non può essere legittimato a contestare tale omissione, non valutata dal Tribunale della funzione pubblica nella sentenza impugnata, soltanto in sede di impugnazione. Infatti, da una parte, l’esame e l’accertamento dell’eventuale omessa discussione o considerazione dello sviluppo professionale del ricorrente rientrano nell’ambito di una valutazione dei fatti e delle prove, che compete unicamente al giudice di primo grado ed esula dal controllo del giudice dell’impugnazione, salvo in caso di travisamento, che il ricorrente non ha fatto valere nel caso di specie (v. la giurisprudenza citata ai precedenti punti 50 e 52). Dall’altro, il ricorrente ha compiuto solo una vaghissima allusione ‒ per di più soltanto nell’ambito delle osservazioni preliminari che precedevano le censure relative al rapporto controverso ‒ alle prescrizioni dettate dal punto 13 della guida sulla procedura di valutazione per il 2008, senza citarla espressamente, e ha omesso di formulare dinanzi al Tribunale della funzione pubblica una censura distinta sufficientemente chiara e precisa al riguardo (v. precedente punto 66), con la conseguenza che una censura siffatta non può più essere presa in considerazione o accolta in sede di impugnazione. Analogamente, a sostegno della sua domanda risarcitoria, in primo grado, il ricorrente si è limitato a far valere, in modo altrettanto vago, «la perdita della professionalità acquisita e la dequalificazione professionale» e una «violazione [de]l dovere di accrescere la [sua] capacità professionale»; pertanto neppure tale censura può più essere accolta nel presente grado.

101    Di conseguenza, la censura riguardante l’erronea valutazione del danno materiale deve essere respinta, senza che occorra stabilire se il Tribunale della funzione pubblica abbia giustamente deciso di dichiarare la domanda di risarcimento di tale danno irricevibile in quanto essa era collegata al diniego di promozione del ricorrente nel 2008 (punto 119 della sentenza impugnata).

102    Riguardo alla domanda di risarcimento dei danni morali (punto 121 della sentenza impugnata), è sufficiente rilevare che il ricorrente chiede una nuova valutazione dei fatti e delle prove da parte del giudice dell’impugnazione, che esula dalla competenza di quest’ultimo (v. precedenti punti 50 e 52), e che dal ragionamento del Tribunale della funzione pubblica non risulta che esso abbia violato le norme del diritto amministrativo o quelle relative alla ripartizione dell’onere della prova, ciò che del resto il ricorrente non fa valere.

103    Il quinto motivo dev’essere pertanto integralmente respinto.

 Sul sesto motivo, relativo all’illegittima omissione di esaminare la domanda di misure istruttorie e di rispondervi in modo sufficiente

104    A sostegno del presente motivo, il ricorrente si limita a reiterare le sue conclusioni di primo grado, che il Tribunale della funzione pubblica non avrebbe ritenuto utile esaminare al fine di decidere (punto 125 della sentenza impugnata). La BEI conclude chiedendo il rigetto di questo motivo.

105    Al riguardo, il Tribunale ricorda che, in relazione a un motivo analogo dedotto dal ricorrente, esso ha già dichiarato ‒ ai punti da 97 a 101 della sentenza del 27 aprile 2012, citata al precedente punto 21 ‒ che dall’articolo 11 dell’allegato I allo Statuto della Corte discende che l’impugnazione dinanzi al Tribunale deve limitarsi ai motivi di diritto e deve essere fondata su motivi relativi all’incompetenza del Tribunale della funzione pubblica, a vizi della procedura dinanzi a quest’ultimo recanti pregiudizio agli interessi della parte ricorrente o alla violazione del diritto dell’Unione da parte di quest’ultimo. Inoltre, il Tribunale della funzione pubblica è il solo competente ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti del fascicolo sottoposti al suo giudizio, e a valutarli. La valutazione dei fatti, salvo in caso di travisamento degli elementi di prova prodotti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, non costituisce dunque una questione di diritto soggetta, come tale, al sindacato del giudice dell’impugnazione (v. giurisprudenza citata ai precedenti punti 50 e 52).

106    A maggior ragione, ai fini di tale valutazione dei fatti e delle prove, spetta solo al giudice di primo grado decidere se, e in quale misura, sia necessario adottare misure di organizzazione del procedimento o mezzi istruttori. Quindi, il Tribunale della funzione pubblica è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito e di scegliere le misure di organizzazione del procedimento o i mezzi istruttori adeguati a tal fine (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 319, e ordinanza della Corte del 10 giugno 2010, Thomson Sales Europe/Commissione, C‑498/09 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 138).

107    Nel caso di specie, il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto di non dovere dare seguito alle richieste di misure di organizzazione del procedimento e istruttorie presentate dal ricorrente, dato che tali misure non presentavano alcuna utilità ai fini della soluzione della controversia, considerati, da un lato, gli elementi risultanti dal fascicolo di causa, e, dall’altro, la motivazione della sentenza impugnata (punto 125 della sentenza impugnata). Siffatta valutazione esula dalla competenza del giudice dell’impugnazione. Del resto, il ricorrente non deduce alcun argomento idoneo a dimostrare che, a tale riguardo, il Tribunale della funzione pubblica abbia commesso un errore di diritto.

108    Di conseguenza, il presente motivo dev’essere respinto in quanto irricevibile.

109    In considerazione di quanto precede, si deve accogliere parzialmente l’impugnazione e annullare la sentenza impugnata nella parte in cui è inficiata dall’errore di diritto rilevato ai precedenti punti da 34 a 44.

 Sul ricorso proposto in primo grado

110    In conformità all’articolo 13, paragrafo 1, dell’allegato I allo Statuto della Corte, quando l’impugnazione è accolta, il Tribunale annulla la decisione del Tribunale della funzione pubblica e statuisce sulla controversia. Tuttavia, qualora la controversia non sia matura per la decisione, esso rinvia la causa dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, affinché sia decisa da quest’ultimo.

111    Nella fattispecie, il Tribunale dispone degli elementi necessari al fine di statuire sul ricorso di primo grado.

112    Dato che il ricorrente è risultato soccombente riguardo al secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo di impugnazione, la sentenza impugnata è divenuta definitiva nella parte in cui ha respinto i capi secondo, terzo, quarto e quinto delle conclusioni del ricorso di primo grado (v. precedente punto 3), ad eccezione del primo capo di tali conclusioni, volto all’annullamento della decisione del comitato per i ricorsi (v. precedenti punti da 34 a 44).

113    Pertanto, il Tribunale deve esaminare soltanto il primo capo delle conclusioni del ricorso di primo grado (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale del 18 giugno 2009, Commissione/Traore, T‑572/08 P, Racc. FP pagg. I‑B‑1‑39 e II‑B‑1‑223, punti da 53 a 56).

114    Al riguardo, occorre valutare se l’errore di diritto commesso dal Tribunale della funzione pubblica, quale constatato ai precedenti punti da 34 a 44, fosse tale da inficiare anche la sua qualificazione dei fatti, nonché la conclusione definitiva alla quale è pervenuto nell’ambito della valutazione del primo capo delle conclusioni.

115    Come risulta chiaramente dagli accertamenti di fatto del Tribunale della funzione pubblica e dagli elementi del fascicolo di primo grado, diversamente dalla fattispecie oggetto della sentenza del 27 aprile 2012, citata al precedente punto 21, nella sua decisione impugnata dinanzi al Tribunale della funzione pubblica nel presente caso, il comitato per i ricorsi non ha considerato che il suo controllo fosse limitato alla ricerca di un errore manifesto di valutazione, tale da inficiare il giudizio reso nel rapporto controverso. Infatti, nell’ambito dell’esame della fondatezza di tale valutazione, il comitato per i ricorsi si è limitato a constatare «da un lato, che i[l ricorrente] non [aveva]contesta[to] alcuna delle valutazioni compiute dal valutatore nell’ambito delle varie rubriche del suo modulo di valutazione e, dall’altro, che il valutatore [aveva considerato] che le prestazioni d[el ricorrente erano] migliorate rispetto all’anno 2007 e che egli [aveva] soddisfatto le attese relative agli obiettivi ed [alle] responsabilità prestabiliti». Il comitato per i ricorsi ne ha tratto la conclusione «che non vi [era] alcuna contraddizione tra il giudizio B che i[l ricorrente aveva] ricevuto, e che [era] definito come “meets all expectations”, e l’insieme di tali valutazioni» (punto 12 della decisione del comitato per i ricorsi). Il suddetto comitato ha aggiunto che, «[p]er quanto riguarda la raccomandazione fatta dal [d]irettore generale [al ricorrente] di interagire in maniera più immediata con i suoi colleghi anziché farlo attraverso la posta elettronica, [il comitato] [riteneva] che una raccomandazione di questo tipo non [era] affatto anormale, abusiva o illegitima» e che quest’ultima «rientra[va] nell’ambito delle competenze attribuite ai responsabili di un servizio con riguardo al personale che si trova sotto la loro responsabilità».

116    Al riguardo, occorre sottolineare che, in effetti, nel suo ricorso amministrativo del 7 maggio 2009, il cui contenuto è stato oggetto di un confronto in contraddittorio durante l’udienza di impugnazione, come constatato dal comitato per i ricorsi, il ricorrente non aveva formulato contestazioni chiare e precise in merito alle valutazioni contenute nel rapporto controverso; tali contestazioni determinavano, nondimeno, la portata della controversia avviata dinanzi al suddetto comitato e costituivano il metro in base al quale quest’ultimo doveva verificare la legittimità di tale rapporto. Pertanto, il ricorrente non aveva contestato la valutazione dei suoi valutatori in base alla quale, al fine di motivare l’attribuzione del giudizio B «meets all expectations», in particolare (v. punto 32 della sentenza impugnata):

«Nel corso del 2008, il rendimento d[el ricorrente] è migliorato rispetto a quello ottenuto l’anno precedente. [Egli] ha soddisfatto le attese relative agli obiettivi prestabiliti (...). Principalmente, egli ha partecipato più assiduamente a progetti comuni e i suoi contributi sono stati più visibili e apprezzati. Tuttavia, egli dovrebbe comunque sforzarsi ad interagire in maniera più immediata con i colleghi ed impegnarsi in un dialogo diretto piuttosto che basarsi quasi esclusivamente sugli scambi di e-mail».

117    Orbene, nel suo ricorso amministrativo del 7 maggio 2009, invece di contestare tali elementi di valutazione, come avrebbe potuto fare anche senza formazione giuridica e senza l’assistenza di un legale, il ricorrente si è limitato, in primo luogo, a dolersi delle difficili condizioni di lavoro e delle asserite molestie psicologiche che egli ritiene di avere subito da parte dei propri colleghi, in secondo luogo, a sintetizzare le responsabilità e gli obiettivi che gli erano stati assegnati nel corso dell’anno 2008 per sostenere di averli raggiunti, senza però contestarli realmente, e, in terzo luogo, a richiamare brevemente i suoi principali contributi durante il suddetto periodo.

118    Tuttavia, in tale contesto e, soprattutto, in assenza di censure sufficientemente chiare e precise dirette contro la valutazione in quanto tale delle prestazioni e dei meriti del ricorrente, il comitato per i ricorsi non era chiamato ad effettuare, ai sensi del punto 7 dell’allegato A della comunicazione relativa all’esercizio di valutazione 2008, un esame più approfondito della fondatezza del rapporto controverso. Di conseguenza, il ricorrente non può, nell’atto introduttivo del suo ricorso di primo grado, censurare il comitato per i ricorsi per essersi «dichiarato incompetente ad entrare nel merito della valutazione», per aver «rifiutato di prendere in considerazione [taluni] argomenti dedotti dal ricorrente», nonché per avere «travisato la [sua] domanda» e aver «omesso il riesame dell’impugnata valutazione» e degli «obiettivi imposti al ricorrente».

119    Più in particolare, per quanto riguarda la censura del ricorrente secondo la quale il comitato per i ricorsi avrebbe dovuto tenere conto delle condizioni difficili nelle quali egli lavorava e delle asserite molestie psicologiche esercitate dai suoi colleghi, è sufficiente rilevare che il ricorrente non aveva chiaramente dedotto se, e in quale misura, a suo avviso, tale censura fosse tale da influire sulla sua valutazione e/o sul giudizio attribuitogli. Infatti, su tale aspetto, egli si era limitato a chiedere al comitato per i ricorsi, in modo molto generico e vago, di «valutare i fatti sopra esposti, ivi inclusi quelli esposti negli allegati (...), nonché ogni altro elemento di fatto disponibile che possa eventualmente essere utile, anche con riferimento a ogni chiarimento che codesto comitato chiederà durante l’audizione, al fine di raccomandare l’adozione di modifiche alla sua valutazione, al giudizio B, al bonus che [gli] è stato pagato in ragione di tale giudizio, al diniego di promozione (...), nonché di determinare l’importo dei danni per le continue molestie psicologiche e per il blocco della sua carriera».

120    Ne deriva che il primo capo delle conclusioni del ricorso di primo grado e, di conseguenza, detto ricorso nella sua interezza devono essere respinti.

 Sulle spese

121    Ai sensi dell’articolo 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene decisa dal Tribunale, quest’ultimo statuisce sulle spese.

122    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, primo comma, del regolamento di procedura, reso applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 144 dello stesso regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

123    Nel caso di specie, poiché la BEI è risultata soccombente riguardo al primo motivo di impugnazione e il ricorrente è risultato soccombente riguardo al secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo di impugnazione, nonché al primo capo delle conclusioni del ricorso di primo grado, occorre dichiarare che la BEI sopporterà la metà delle proprie spese e il ricorrente la metà delle spese sostenute dalla BEI oltre alle proprie spese, relative sia al giudizio dinanzi al Tribunale della funzione pubblica che al presente giudizio.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) del 28 settembre 2011, De Nicola/BEI (F‑13/10), è annullata nella parte in cui respinge le conclusioni del sig. Carlo De Nicola volte all’annullamento della decisione del comitato per i ricorsi della Banca europea per gli investimenti (BEI).

2)      Per il resto, l’impugnazione è respinta.

3)      Il ricorso proposto dal sig. De Nicola dinanzi al Tribunale della funzione pubblica nella causa F‑13/10 è respinto.

4)      Il sig. De Nicola sopporterà le proprie spese nonché la metà delle spese sostenute dalla BEI, relative sia al giudizio dinanzi al Tribunale della funzione pubblica che al presente giudizio.

5)      La BEI sopporterà la metà delle proprie spese relative sia al giudizio dinanzi al Tribunale della funzione pubblica che al presente giudizio.

Jaeger

Azizi

Papasavvas

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 settembre 2013.

Firme

Indice


Fatti, procedimento di primo grado e sentenza impugnata

Sull’impugnazione

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sintesi dei motivi di impugnazione

Sul primo motivo, relativo all’omissione di una pronuncia sufficiente sulla legittimità della decisione del comitato per i ricorsi

Sul secondo motivo, vertente su errori, omissioni e carenze di motivazione in sede di esame della legittimità del rapporto controverso

Sul terzo motivo, vertente sull’illegittimo rigetto della domanda di annullamento delle decisioni di promozione in quanto tardiva ed irricevibile

Sul quarto motivo, relativo all’illegittimo rigetto dell’eccezione di illegittimità della guida sulla procedura di valutazione 2008 in quanto irricevibile nella parte in cui impone limiti quantitativi al numero dei membri del personale della BEI che possono ottenere i giudizi A e B+

Sul quinto motivo, relativo all’illegittimo rigetto della domanda risarcitoria per incompetenza del giudice di primo grado e in quanto irricevibile, in particolare a causa di litispendenza

Sul sesto motivo, relativo all’illegittima omissione di esaminare la domanda di misure istruttorie e di rispondervi in modo sufficiente

Sul ricorso proposto in primo grado

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.