Language of document : ECLI:EU:T:2014:896

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

16 ottobre 2014 (*) (1)

«Aiuti di Stato – Elettricità – Tariffa agevolata – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato interno – Nozione di aiuto di Stato – Aiuto nuovo – Parità di trattamento – Durata ragionevole»

Nella causa T‑291/11,

Portovesme Srl, con sede in Roma (Italia), rappresentata da F. Ciulli, G. Dore, M. Liberati e A. Vinci, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci ed É. Gippini Fournier, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento totale, o parziale «per la parte ritenuta di ragione», della decisione 2011/746/UE della Commissione, del 23 febbraio 2011, relativa agli aiuti di Stato C 38/B/04 (ex NN 58/04) e C 13/06 (ex N 587/05) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Portovesme Srl, ILA SpA, Eurallumina SpA e Syndial SpA (GU L 309, pag. 1), e, in via subordinata, una domanda di annullamento di detta decisione nella parte in cui essa dispone la restituzione degli aiuti in questione,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da D. Gratsias, presidente, M. Kancheva e C. Wetter (relatore), giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 dicembre 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Portovesme Srl, ricorrente, è un produttore di metalli non ferrosi, tra i quali compaiono, per quanto riguarda i suoi stabilimenti di Portoscuso (Italia) e San Gavino (Italia), lo zinco, l’argento e il piombo.

2        Ai sensi dell’articolo 1° del decreto del presidente del Consiglio dei Ministri del 6 febbraio 2004 (GURI n. 93, del 21 aprile 2004, pag. 5; in prosieguo: il «decreto del 2004»), «il trattamento [tariffario] di cui al punto 2 del decreto del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato del 19 dicembre 1995 [è esteso] alle forniture di energia destinate alle produzioni e lavorazioni di alluminio, piombo, argento e zinco nei limiti degli impianti esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto situati in territori insulari caratterizzati da collegamenti assenti o insufficienti alle reti nazionali dell’energia elettrica e del gas».

3        Il decreto del 2004 ha permesso pertanto a nuovi beneficiari, tra cui la ricorrente, di godere dell’applicazione della tariffa agevolata già concessa sino al 31 dicembre 2005 all’Alcoa Trasformazioni Srl, produttrice di alluminio stabilita in Sardegna (Italia), mediante il decreto ministeriale del 19 dicembre 1995 (GURI n. 39, del 16 febbraio 1996, pag. 8; in prosieguo: il «decreto del 1995»). Questa estensione doveva rivestire carattere temporaneo e concludersi con l’installazione o il potenziamento dei suddetti collegamenti o, al più tardi, il 30 giugno 2007.

4        È importante precisare che il decreto del 1995 si inseriva nel quadro della privatizzazione dell’Alumix SpA. Questa privatizzazione ha portato alla comunicazione della Commissione a norma dell’articolo [88], paragrafo 2, (…) [CE] agli altri Stati membri e ai terzi interessati in merito all’aiuto di Stato concesso dall’Italia ad Alumix, notificata alla Repubblica italiana e pubblicata il 1° ottobre 1996 (GU C 288, pag. 4; in prosieguo: la «decisione Alumix»).

5        Il decreto del 2004 dispone, nel suo articolo 1°, primo comma, che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (in prosieguo: l’«AEEG») «estende (…) il trattamento [tariffario] di cui al punto 2» del decreto del 1995. Quest’ultimo contiene cinque punti, dei quali i primi due sono rilevanti nell’ambito della presente controversia. Il punto 1 di detto decreto dispone che «la tariffa relativa alle forniture di energia elettrica per la produzione di alluminio primario prevista alla tabella A‑9 allegata al provvedimento (…) numero 15 del 14 dicembre 1993 è abolita a partire dal 1° gennaio 1996» e che «in sua sostituzione si applicano le tariffe multiorarie previste alla tabella A‑6 dello stesso provvedimento». Il punto 2 del decreto del 1995 enuncia che «il trattamento dei sovrapprezzi previsto dalla delibera del CIP numero 13 del 24 luglio 1992 e successive modifiche, da applicarsi a tutte le forniture destinate alle produzioni di alluminio primario nei limiti degli impianti esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, è abolito a decorrere dal 31 dicembre 2005».

6        A questo proposito occorre ricordare che, in Italia, spetta al Comitato interministeriale dei prezzi (in prosieguo: il «CIP») stabilire i livelli di prezzo e le condizioni relative alla fornitura di elettricità. La tariffa dell’energia elettrica comprende una quota fissa «proporzionata alla potenza impegnata o prelevata» e una quota variabile, «in funzione dell’energia consumata» (punto 2.5.1 della decisione Alumix). Questa quota variabile comprende a sua volta due parti, il «prezzo dell’energia» e il «sovrapprezzo termico». Analogamente alla quota fissa, il «prezzo dell’energia» serve «a coprire (…) i costi finanziari e di gestione degli impianti» (stesso punto della decisione Alumix), mentre il «sovrapprezzo termico» «è rapportat[o] ai costi del combustibile utilizzato per la produzione di elettricità e ai costi di acquisto di energia elettrica di produzione nazionale ed estera» (stesso punto della decisione Alumix).

7        La quota fissa e il «prezzo dell’energia» erano stati determinati, al momento dell’adozione della decisione Alumix, con delibera n. 45/1990 del CIP, mentre il «sovrapprezzo termico» lo era stato con la sua delibera n. 26/1989. Con la delibera n. 13/1992 del CIP, il «sovrapprezzo termico» per la produzione di alluminio di prima fusione nello smelter ubicato nel territorio del comune di Portovesme, in Sardegna, è stato ridotto di due terzi, passando da 26,6 lire italiane (ITL) per kilowatt/ora a ITL 8,8. Questa tariffa (in prosieguo: la «tariffa pre‑Alumix») è anteriore alle decisioni adottate dalle autorità italiane, nell’ambito della privatizzazione dell’Alumix, in merito alle tariffe dell’energia elettrica applicabili agli smelter di alluminio ubicati nel territorio dei comuni di Portovesme e di Fusina, in Veneto (Italia).

8        A questo proposito, la Commissione delle Comunità europee aveva rilevato che, «[per quanto concerne] le precedenti condizioni tariffarie praticate a favore dello smelter di alluminio di Portovesme a norma del provvedimento CIP [n.] 3/[1992], che [aveva] ridotto il sovrapprezzo termico, si [doveva] concludere che esse costituis[sero] aiuto di Stato», dato che detta decisione «unilaterale dello Stato italiano (…) [aveva] diminuito i costi a carico dello smelter in questione e di [essa] non potevano beneficiare altre industrie nel resto d’Italia» (punto 4.2 della decisione Alumix).

9        La tariffa pre‑Alumix è stata poi esaminata «alla luce del perseguimento dell’obiettivo di favorire lo sviluppo regionale a lungo termine ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, lettera a), [CE]» (punto 4.2 della decisione Alumix) e tenendo conto del fatto che queste tariffe agevolate erano state soppresse a decorrere dal 1° gennaio 1996. La Commissione ha concluso che le «iniezioni di capitale e il pagamento dei debiti congelati nonché [‘la tariffa pre‑Alumix’ erano di conseguenza] coperti dalla deroga di cui all’articolo 92, paragrafo 3, lettere a) e c), [CE]» (punto 5 della decisione Alumix).

10      La privatizzazione dell’Alumix (che ha condotto alla cessione della maggior parte del patrimonio del gruppo Alumix all’Alcoa Italia SpA, divenuta, in esito a tale processo, Alcoa Trasformazioni) aveva condotto il legislatore italiano ad adottare una serie di misure, alcune delle quali riguardavano la riduzione delle tariffe dell’energia elettrica applicabili a tale società. A questo titolo erano state adottate tre diverse tariffe, una concernente lo stabilimento sito in Portovesme, le altre due riguardanti lo stabilimento sito in Fusina. Per questi due stabilimenti, la tariffa comprendeva il costo marginale di produzione di energia elettrica nella regione in questione, pari a ITL 36 per kilowatt/ora per lo stabilimento di Portovesme e a ITL 39 per kilowatt/ora per lo stabilimento di Fusina, base a cui era aggiunta una partecipazione ai costi fissi.

11      La tabella riprodotta dopo il quarto capoverso del punto 2.5.2 della decisione Alumix illustra la tariffa applicabile allo smelter situato in Portovesme negli anni dal 1996 al 2005. Per quanto concerne lo smelter di Fusina, il suo approvvigionamento costituiva oggetto di due distinti contratti, uno concluso tra l’Ente nazionale per l’energia elettrica (ENEL) e la SAVA, un’impresa riacquistata dall’Alumix, l’altro che stabiliva una tariffa calcolata a partire dal costo marginale medio dell’energia elettrica prodotta, ossia ITL 39 per kilowatt/ora. Queste sono la prima e la terza tariffa che costituivano, alla data d’adozione della decisione Alumix, l’ultimo sviluppo delle tariffe agevolate per l’energia elettrica (in prosieguo: la «tariffa Alumix»).

12      Nel primo caso, riguardante lo stabilimento di Portovesme, la Commissione ha considerato quanto segue:

«(…) [N]elle circostanze suddette, l’ENEL si comporta come un normale operatore commerciale e (…) la tariffa [che esso applica] non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 1, [CE]» (punto 4.2 della decisione Alumix).

13      Nel secondo caso, concernente lo stabilimento di Fusina, essa ha adottato un ragionamento analogo per quanto concerne la terza tariffa, calcolata a partire dal costo marginale medio dell’elettricità prodotta.

14      Infine, sempre per quanto concerne tale stabilimento, ma relativamente al contratto concluso tra l’ENEL e la SAVA (seconda tariffa), essa ha rilevato che si trattava di una normale operazione commerciale e che, invece di essere corrisposto in un’unica soluzione, il pagamento di cinque centrali idroelettriche e della rete corrispondente era stato scaglionato su diversi anni ed era stato effettuato sotto forma di fornitura di energia elettrica.

15      La Commissione ha affermato pertanto, riguardo a queste tre tariffe – tra cui la tariffa Alumix – che «non si riscontra[va] (…) la presenza di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 1, [CE]» (ultimo capoverso del punto 4.2 della decisione Alumix).

16      L’applicazione della tariffa agevolata derivante dal decreto del 2004, di cui si è parlato nei precedenti punti 2 e seguenti, presupponeva che l’AEEG adottasse una decisione in tal senso.

17      Quest’ultima ha adottato la decisione n. 110/04, del 5 luglio 2004, che subordinava la concessione della tariffa agevolata all’esito positivo della procedura di notificazione, ai sensi delle norme in materia di aiuti di Stato.

18      Tuttavia è risultato che le autorità italiane non avevano effettuato detta notificazione, ma che è in seguito alla comunicazione fattale di articoli di stampa che la Commissione aveva chiesto alla Repubblica italiana, con lettere datate 22 gennaio e 19 marzo 2004, alcuni chiarimenti concernenti le misure in questione. Con missive datate 9 febbraio, 9 giugno e 20 settembre 2004, tale Stato membro ha fornito talune precisazioni alla Commissione, segnatamente in merito al decreto del 2004, ha informato l’AEEG in merito al contesto nel quale questi elementi erano stati forniti e gli ha dato istruzione di porre in esecuzione detto decreto, cosa che è stata fatta mediante la decisione n. 148/04, del 9 agosto 2004.

19      Con decisione notificata alla Repubblica italiana con lettera datata 16 novembre 2004, la Commissione ha avviato il procedimento previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE, concernente l’aiuto di Stato C 38/2004 (ex NN 58/04) – Aiuti a favore della società Portovesme Srl (sintesi in GU 2005, C 30, pag. 7).

20      Il 17 dicembre 2004, l’AEEG ha informato il Ministro italiano delle Attività produttive del fatto che, tenuto conto di detta decisione, essa interrompeva anticipatamente l’applicazione del regime derivante dal decreto del 2004.

21      Dalle informazioni comunicate nel corso del procedimento amministrativo dalla Repubblica italiana risulta che, in applicazione di detto regime, per l’elettricità consumata tra l’aprile e l’ottobre 2004, la ricorrente ha percepito dall’ente pubblico Cassa Conguaglio per il settore elettrico una serie di versamenti per un importo totale pari a EUR 12 845 892,82, rappresentanti l’indennizzo ottenuto effettuando la differenza tra il prezzo praticato dal fornitore di elettricità della ricorrente e la tariffa agevolata stabilita dallo Stato, moltiplicata per il quantitativo di energia elettrica consumato.

22      Tuttavia, il 14 marzo 2005 le autorità italiane hanno adottato il decreto legge n. 35 (GURI n. 111, del 14 maggio 2005, pag. 4), convertito, con modifiche, nella legge del 14 maggio 2005, n. 80 (Supplemento ordinario alla GURI n. 91, del 14 maggio 2005; in prosieguo: la «legge del 2005»).

23      Ai sensi dell’articolo 11, comma 12, della legge del 2005, la tariffa agevolata concessa alla ricorrente è stata prorogata sino al 31 dicembre 2010. Tuttavia, mentre il decreto del 2004 non era stato oggetto di notificazione alla Commissione, al pari dell’articolo 11, comma 11, della legge del 2005, concernente la tariffa agevolata applicata all’Alcoa Trasformazioni, l’articolo 11, comma 12, di questa stessa legge è stato notificato alla Commissione in osservanza dell’articolo 88, paragrafo 3, CE il 23 novembre 2005, mentre il 28 novembre successivo ha fatto seguito una missiva supplementare.

24      Con lettera datata 22 dicembre 2005, la Commissione ha chiesto alcune informazioni supplementari alla Repubblica italiana, che gliele ha fornite con missiva del 3 marzo 2006.

25      Con decisione notificata alla Repubblica italiana con lettera datata 26 aprile 2006, la Commissione ha avviato il procedimento previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE, concernente l’aiuto di Stato C 13/06 (ex N 587/05) – Tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica alle imprese ad alta intensità energetica localizzate in Sardegna (sintesi in GU C 145, pag. 8).

26      Il 22 agosto 2006, la Commissione ha chiesto alcune precisazioni supplementari, che la Repubblica italiana ha fornito con lettera del 28 settembre 2006.

27      Poiché l’applicazione del regime derivante dall’articolo 11, comma 12, della legge del 2005 era subordinata all’autorizzazione della Commissione, tenuto conto dell’avvenuta notificazione, detto regime non è stato posto in esecuzione.

28      Il 29 ottobre 2008, la Commissione ha deciso di esaminare separatamente la tariffa agevolata risultante dal decreto del 2004 secondo che essa riguardasse, da un lato, l’Alcoa Trasformazioni e, dall’altro, i nuovi beneficiari di detta tariffa, tra cui la ricorrente.

29      Dopo diversi scambi di comunicazioni tra la Commissione e la Repubblica italiana, è risultato che la tariffa agevolata di cui godeva l’Alcoa Trasformazioni non era stata effettivamente prorogata dal decreto del 2004, e che quest’ultima era rimasta soggetta al decreto del 1995 sino all’entrata in vigore dell’articolo 11, comma 11, della legge del 2005.

30      Con la decisione 2011/746/UE, del 23 febbraio 2011, relativa agli aiuti di Stato C 38/B/04 (ex NN 58/04) e C 13/06 (ex N 587/05) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Portovesme Srl, ILA SpA, Eurallumina SpA e Syndial SpA (GU L 309, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»), la Commissione, da un lato, per quanto riguarda l’aiuto derivante, a suo parere, dall’articolo 11, comma 12, della legge del 2005, ha giudicato quest’ultimo incompatibile con il mercato interno e, di conseguenza, ha proibito alla Repubblica italiana di dare esecuzione ad esso e, dall’altro, per quanto riguarda l’aiuto derivante, a suo parere, dal decreto del 2004, lo ha parimenti considerato incompatibile con il mercato interno e, di conseguenza, ha ordinato alla Repubblica italiana di procedere al suo recupero presso i suoi beneficiari.

31      La decisione controversa è stata notificata alla ricorrente il 31 marzo 2011.

 Procedimento e conclusioni delle parti

32      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 giugno 2011, la ricorrente ha introdotto il presente ricorso.

33      Il 27 ottobre 2011, la Commissione ha fatto pervenire alla cancelleria del Tribunale il controricorso.

34      Il 17 novembre 2011 e il 9 gennaio 2012 sono state rispettivamente depositate presso la cancelleria del Tribunale la replica e la controreplica.

35      In seguito alla modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata riattribuita la causa. In seguito, la presente causa è stata assegnata a un nuovo giudice relatore, componente della medesima sezione.

36      In seguito al rinnovo parziale del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato all’Ottava Sezione, alla quale la presente causa è stata pertanto riattribuita.

37      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

38      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza svoltasi il 13 dicembre 2013.

39      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare totalmente, o parzialmente «per la parte ritenuta di ragione», la decisione controversa;

–        in subordine, annullare detta decisione nella parte in cui si ordina la restituzione degli aiuti in questione;

–        condannare la Commissione alle spese.

40      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

41      Nell’ambito delle sue domande formulate in via principale, la ricorrente chiede al Tribunale di procedere, anzitutto, all’annullamento totale della decisione controversa e, poi, in mancanza di ciò, all’annullamento parziale di quest’ultima «per la parte ritenuta di ragione». Nell’ambito delle sue domande presentate in via subordinata, essa chiede al Tribunale di procedere all’annullamento della decisione controversa «nella disposizione che ordina la restituzione degli aiuti».

42      Tuttavia, invitata dal Tribunale, in udienza, a precisare la portata delle sue domande, la ricorrente ha dichiarato che i suoi capi di domanda dovevano essere intesi come limitati a una domanda di annullamento della decisione controversa nella parte in cui detta decisione la riguardava, circostanza di cui si è dato atto nel verbale d’udienza.

43      Dette precisazioni inducono a dichiarare ricevibile il ricorso nei limiti in cui la ricorrente chiede, in via principale, l’annullamento della decisione controversa nella parte che la concerne e, in via subordinata, l’annullamento di questa stessa decisione nella parte in cui essa l’obbliga a restituire l’aiuto che le era stato accordato.

44      Tuttavia, per quanto riguarda la domanda di annullamento parziale della decisione controversa «per la parte ritenuta di ragione», è importante ricordare che, quando il giudice dell’Unione europea è investito di una domanda di annullamento di un atto previsto dall’articolo 263 TFUE, la sua competenza è limitata al controllo della legittimità dell’atto impugnato (sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, DSM/Commissione, C‑5/93 P, Racc. pag. I‑4695, punto 36, e sentenza del Tribunale del 9 giugno 2009, NDSHT/Commissione, T‑152/06, Racc. pag. II‑1517, punto 73).

45      L’accertamento di un’illegittimità, per una delle cause enunciate dall’articolo 263, secondo comma, TFUE, deve pertanto condurlo ad annullare, secondo i casi, in tutto o in parte, detto atto, in funzione segnatamente della natura e della portata di detta illegittimità, senza che esso possa decidere in merito a detto annullamento o modularne l’ampiezza in base a considerazioni di equità od opportunità (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale del 25 ottobre 2005, Micha/Commissione, T‑50/04, Racc. PI pagg. I‑A‑339 e II‑1499, punto 46), considerazioni alle quali sembra fare richiamo la ricorrente con l’uso dell’espressione «per la parte ritenuta di ragione».

46      Pertanto, il ricorso è ricevibile, fatta eccezione per la seconda parte del capo di domanda presentato in via principale dalla ricorrente, diretto all’annullamento parziale della decisione controversa «per la parte ritenuta di ragione».

 Nel merito

47      A sostegno della sua impugnazione la ricorrente deduce undici motivi.

48      Il primo motivo è relativo alla violazione del principio della certezza del diritto, del principio della tutela del legittimo affidamento e degli articoli 4, 7, 10 e 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU L 83, pag. 1); il secondo motivo è ricavato dall’esposizione errata e incompleta del contesto normativo applicabile alla presente causa, e dalla conseguente violazione del dovere di diligenza e di imparzialità della Commissione; il terzo motivo verte sulla violazione del principio della parità di trattamento tra l’Alcoa Trasformazioni e la ricorrente; il quarto motivo si basa sulla mancanza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE; il quinto motivo è fondato sul fatto che la Commissione ha adottato premesse inesatte per emanare la decisione controversa; il sesto motivo è ricavato dal carattere esistente dell’aiuto in questione; il settimo motivo è basato sulla sua compatibilità «con il mercato comune»; l’ottavo motivo poggia sulla violazione degli articoli 2 CE, 3 CE, 5 CE e 12 CE nonché dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità; il nono motivo verte sulla violazione dell’articolo 174 TFUE e della dichiarazione n. 30, sulle regioni insulari, allegata all’atto finale del Trattato di Amsterdam, che modifica il Trattato sull’Unione europea, i Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi (GU 1997, C 340, pag. 136; in prosieguo: la «dichiarazione sulle regioni insulari»); il decimo motivo riguarda la violazione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettere da a) a c), TFUE, degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (GU 1998, C 74, pag. 9) e la mancata considerazione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2007‑2013 (GU 2006, C 54, pag. 13), e l’undicesimo motivo, analogamente al primo, riguarda la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

49      Il Tribunale giudica opportuno statuire in primo luogo sull’ottavo motivo.

 Sull’ottavo motivo, relativo alla violazione degli articoli 2 CE, 3 CE, 5 CE e 12 CE nonché dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità

50      Ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Quest’obbligo presuppone che le indicazioni in questione devono essere sufficientemente chiare e precise per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, se del caso senza altra informazione a sostegno. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, è necessario che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, anche solo sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall’atto introduttivo stesso (sentenze del Tribunale del 7 dicembre 2010, Frucona Košice/Commissione, T‑11/07, Racc. pag. II‑5453, punto 59, e del 27 settembre 2012, Italia/Commissione, T‑257/10, non pubblicata nella Raccolta, punto 28).

51      Ciò significa che il ricorso deve chiarire in cosa consistano il motivo o i motivi sui quali si fonda, di modo che la loro semplice enunciazione astratta non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura (sentenze del Tribunale del 14 maggio 1998, Mo och Domsjö/Commissione, T‑352/94, Racc. pag. II‑1989, punto 333, e del 14 gennaio 2009, Kronoply/Commissione, T‑162/06, Racc. pag. II‑1, punto 54). Orbene, è giocoforza rilevare che la ricorrente si limita, nel quadro del suo ottavo motivo, senza fornire il minimo argomento a sostegno delle sue affermazioni (sentenze Kronoply/Commissione, cit., punto 56, e Italia/Commissione, cit., punto 28), a lamentare la violazione di disposizioni di diritto primario, per di più abrogate, poiché essa fa riferimento al Trattato CE e non al Trattato FUE, applicabile alla data della decisione controversa, in quanto rappresentano illustrazioni (formulate in termini molto generici, come per quanto concerne l’obiettivo di un elevato livello di occupazione e di un alto grado di competitività, menzionato dall’articolo 2 CE) dei principi generali di parità di trattamento e di proporzionalità. La violazione di questi ultimi è parimenti lamentata come tale, in modo altrettanto impreciso. Di conseguenza, non specificando in che modo la Commissione, nella decisione controversa, ha violato detti principi, la ricorrente sottopone al Tribunale un motivo che occorre respingere come irricevibile, conformemente all’eccezione d’irricevibilità sollevata a tal proposito dalla Commissione.

52      In secondo luogo, occorre analizzare il tenore della seconda parte del quarto motivo della ricorrente, nell’ambito del quale quest’ultima lamenta la violazione dell’obbligo di motivazione, che costituisce una violazione delle forme sostanziali, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, e il cui esame dev’essere conseguentemente distinto da quello del resto di detto motivo (v., in tal senso, sentenza della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punti da 66 a 68, e sentenza del Tribunale del 13 gennaio 2004, Thermenhotel Stoiser Franz e a./Commissione, T‑158/99, Racc. pag. II‑1, punto 97).

 Sul quarto motivo, limitatamente alla sua seconda parte, per quanto concerne la seconda censura di quest’ultima, riguardante la violazione dell’obbligo di motivazione in merito al carattere selettivo delle misure in questione

53      La ricorrente sostiene che il carattere incompleto dell’argomentazione della Commissione, nella decisione controversa, in merito al carattere selettivo dell’aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non le ha consentito di determinare quale fosse il ragionamento giuridico che aveva condotto detta istituzione a concludere, nel caso di specie, nel senso della selettività dell’aiuto.

54      Questa censura relativa a un vizio di motivazione, che non viene ripresa in sede di replica, non regge a fronte dell’esame della decisione controversa. Infatti la Commissione, certo in modo succinto, ha in essa enunciato, nel punto 117, sotto il titolo «Selettività» (punto 5.1.2 della decisione controversa), quanto segue:

«Poiché le tariffe elettriche agevolate in Italia sono concesse esclusivamente alle imprese aventi degli impianti esistenti, ubicati in Sardegna e inseriti in un elenco chiuso di settori individuati da atti legislativi e regolamentari che costituiscono la base giuridica di tali misure, il vantaggio che conferiscono è di tipo selettivo».

55      Tenuto conto del fatto che, peraltro, tali atti e i settori in questione sono definiti con precisione nei punti da 21 a 37 della decisione controversa, questa motivazione ha ben consentito alla ricorrente di comprendere per quale motivo la Commissione avesse ritenuto selettiva la misura in questione ((selettività da un punto di vista sia geografico («territori insulari caratterizzati da collegamenti assenti o insufficienti alle reti nazionali dell’energia elettrica e del gas», secondo il decreto del 2004 citato nel punto 21 della decisione controversa, mentre la legge del 2005 riguarda, per quanto la concerne, espressamente la Sardegna, come ricordano i punti 31 e 117 di questa stessa decisione) sia materiale (settori della produzione e della trasformazione dell’alluminio, del piombo, dell’argento e dello zinco, sempre secondo il punto 21 di detta decisione che cita il decreto del 2004, ai quali occorre aggiungere, in forza della legge del 2005 citata nel ricordato punto 31, il ciclo cloro‑soda)). Pertanto, lo stesso Tribunale è posto in condizione di esercitare il suo controllo sulla decisione controversa per quanto riguarda la selettività dell’aiuto.

56      Poiché queste due condizioni (permettere, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni della misura adottata al fine di difendere i loro diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo) sono richieste, in base a una giurisprudenza consolidata, affinché sia rispettato l’obbligo di motivazione (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 febbraio 1990, Delacre e a./Commissione, C‑350/88, Racc. pag. I‑395, punto 15 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, T‑198/01, Racc. pag. II‑2717, punto 59 e giurisprudenza ivi citata), occorre dedurne che la Commissione, nel caso di specie, a prescindere dalla fondatezza della motivazione accolta, che la ricorrente peraltro critica, ha soddisfatto detto obbligo.

57      Occorre pertanto respingere la censura relativa a un vizio di motivazione della decisione controversa.

58      È importante, in terzo luogo, esaminare congiuntamente i motivi primo e undicesimo, entrambi relativi alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione del principio della certezza del diritto, del principio della tutela del legittimo affidamento e degli articoli 4, 7, 10 e 14 del regolamento n. 659/1999, e sull’undicesimo motivo, relativo alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

59      I motivi primo e undicesimo contengono due serie di argomenti, una vertente sulla violazione di diverse disposizioni del regolamento n. 659/1999 e l’altra su quella dei principi generali del diritto costituiti dalla certezza del diritto e dalla tutela del legittimo affidamento.

60      Per quanto concerne la prima serie di argomenti, la ricorrente lamenta anzitutto, riguardo al decreto del 2004, la violazione dell’articolo 7, paragrafo 6, del regolamento n. 659/1999, nella parte in cui tale disposizione statuisce che, «per quanto possibile, la Commissione si adopera per adottare una decisione entro 18 mesi dall’avvio della procedura». Tale disposizione prevede anche la possibilità di prorogare detto termine di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato. La ricorrente afferma che la decisione di avviare la procedura di indagine formale è stata adottata il 16 novembre 2004, mentre la decisione è di quasi sette anni dopo, essendo datata 23 febbraio 2011, e che nessun accordo è stato concluso tra la Commissione e la Repubblica italiana nel caso di specie. Tuttavia, come giustamente asserito dalla Commissione, l’articolo 7 del regolamento n. 659/1999 presuppone, in base al suo stesso dettato, che la misura sia stata notificata, ciò che non è avvenuto per il decreto del 2004. Inoltre, tanto dal dettato di tale disposizione quanto dalla sua interpretazione da parte del giudice dell’Unione risulta che detto termine è solo indicativo (sentenza del Tribunale del 15 giugno 2005, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, T‑171/02, Racc. pag. II‑2123, punto 57). Di conseguenza, questo primo argomento dev’essere respinto.

61      Essa lamenta, poi, la violazione dell’articolo 4 del regolamento n. 659/1999, il cui paragrafo 5 dispone che, tranne che in caso di proroga in forza di un mutuo accordo tra la Commissione e lo Stato membro, le decisioni adottate in seguito alla notifica della misura lo sono entro un termine di due mesi. Anche in questo caso, riguardo al decreto del 2004, un siffatto argomento non può essere accolto, dato che questo testo non è stato debitamente notificato. Per quanto concerne la legge del 2005, detto termine è stato effettivamente rispettato, poiché, in base all’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 659/1999, «[l]a notifica è ritenuta completa se entro 2 mesi dalla sua ricezione, o dalla ricezione di ogni informazione supplementare richiesta, la Commissione non richiede ulteriori informazioni». Ebbene, nel caso di specie, come ricordato nei precedenti punti da 10 a 12, la Repubblica italiana ha notificato l’articolo 11, comma 12, della legge del 2005 con lettere datate 23 e 28 novembre 2005, la Commissione le ha chiesto informazioni supplementari con lettera del 29 dicembre 2005 (entro il termine iniziale di due mesi), fornite dalla Repubblica italiana con lettera del 3 marzo 2006, e la Commissione ha adottato una decisione entro un termine di due mesi a decorrere da detta risposta, il 26 aprile 2006, avviando la procedura di indagine formale. Pertanto, l’argomento relativo alla violazione dell’articolo 4 del regolamento n. 659/1999 è infondato.

62      La ricorrente sostiene, infine, che l’articolo 10 di tale regolamento è stato violato. L’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 prevede che la Commissione, in possesso di informazioni riguardanti un aiuto asseritamente illegittimo (come nel caso del decreto del 2004), esamini queste ultime «senza indugio». Tuttavia, è importante sottolineare che ciò implica soltanto, da parte della Commissione, un trattamento immediato che, per esempio, può tradursi in una domanda di informazioni rivolta allo Stato membro interessato, e non nell’adozione immediata di una decisione. Come si evince dal tenore stesso di questa disposizione, è unicamente l’esame che deve avvenire senza indugio. Ebbene, dalla documentazione agli atti si ricava che, ancor prima dell’adozione del decreto del 2004, con lettera del 22 gennaio 2004, e subito dopo, con lettera del 19 marzo 2004, la Commissione ha chiesto informazioni alla Repubblica italiana. Pertanto, l’argomento è privo di fondamento.

63      Poiché la violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 659/1999 è lamentata solo in quanto tale disposizione vieta alla Commissione, quando essa prevede di disporre il recupero di un aiuto, di agire in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione, essa sarà valutata al termine dell’esame della seconda serie di argomenti, qualora un principio siffatto risultasse violato.

64      Da ciò consegue che la prima serie di argomenti non può essere accolta.

65      Per quanto concerne la seconda serie di argomenti, occorre anzitutto esaminare la questione del legittimo affidamento che la ricorrente poteva nutrire sulla permanenza della compatibilità della tariffa agevolata con il mercato interno, essendo trascorsi quindici anni tra la decisione Alumix e la decisione controversa, e poi quella della violazione della durata ragionevole derivante dai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.

66      In via preliminare, occorre ricordare che il principio della tutela del legittimo affidamento è un principio fondamentale del diritto dell’Unione ((sentenza della Corte del 14 ottobre 1999, Atlanta/Comunità europea, C‑104/97 P, Racc. pag. I‑6983, punto 52), che consente a qualsiasi operatore economico, in capo al quale un’istituzione abbia fatto sorgere speranze fondate, di fare affidamento su di esse ((sentenze della Corte dell’11 marzo 1987, Van den Bergh en Jurgens e Van Dijk Foods Products (Lopik)/CEE, 265/85, Racc. pag. 1155, punto 44, e del 24 marzo 2011, ISD Polska e a./Commissione, C‑369/09 P, Racc. pag. I‑2011, punto 123; sentenza del Tribunale del 27 settembre 2012, Producteurs de légumes de France/Commissione, T‑328/09, non pubblicata nella Raccolta, punto 18)). Tuttavia, quando un operatore economico prudente ed accorto è in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento comunitario idoneo a ledere i suoi interessi, egli non può invocare detto principio nel caso in cui il provvedimento venga adottato (sentenza della Corte del 1° febbraio 1978, Lührs, 78/77, Racc. pag. 169, punto 6, e sentenza del Tribunale del 25 marzo 2009, Alcoa Trasformazioni/Commissione, T‑332/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 102). Il diritto di avvalersi del legittimo affidamento presuppone la presenza di tre condizioni cumulative. In primo luogo, rassicurazioni precise, categoriche e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, devono essere state fornite all’interessato dall’amministrazione dell’Unione. In secondo luogo, tali rassicurazioni devono essere idonee a generare fondate aspettative nel soggetto cui si rivolgono. In terzo luogo, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili (v. sentenza Producteurs de légumes de France/Commissione, cit., punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

67      Per quanto riguarda in particolare l’applicabilità di questo principio in materia di aiuti di Stato, è importante precisare che, tenuto conto del ruolo fondamentale svolto dall’obbligo di notificazione per consentire l’effettiva esecuzione del controllo degli aiuti di Stato da parte della Commissione, che riveste carattere imperativo, le imprese beneficiarie di un aiuto possono nutrire, in linea di principio, un legittimo affidamento sulla regolarità di detto aiuto solo se quest’ultimo è stato concesso nel rispetto della procedura prevista dall’articolo 108 TFUE e un operatore economico diligente dev’essere normalmente in grado di assicurarsi che detta procedura sia stata osservata. In particolare, quando un aiuto è posto in esecuzione senza preventiva notifica alla Commissione, di modo che esso è illegittimo conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, il beneficiario dell’aiuto non può nutrire in nessun momento un legittimo affidamento nella regolarità della concessione di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza Producteurs de légumes de France/Commissione, cit., punti 20 e 21 nonché giurisprudenza ivi citata), a meno che non sussistano circostanze eccezionali (sentenza del Tribunale del 30 novembre 2009, Francia e France Télécom/Commissione, T‑427/04 e T‑17/05, Racc. pag. II‑4315, punto 263).

68      Parimenti, nel caso di aiuti non notificati, la mancanza di certezza del diritto in capo ai beneficiari deriva dalla mancanza di notificazione degli aiuti in questione (sentenza della Corte del 28 luglio 2011, Diputación Foral de Vizcaya e a./Commissione, da C‑474/09 P a C‑476/09 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 127).

69      È alla luce di tali principi che devono essere esaminati gli argomenti della ricorrente.

70      Anzitutto, per quanto concerne l’argomento relativo al trascorrere del tempo tra la decisione Alumix e la decisione controversa, è importante ricordare che la decisione Alumix non riguardava la ricorrente, ma unicamente l’Alcoa Trasformazioni. È solo con il decreto del 2004 che un certo numero di altre società, tra cui la ricorrente, sono state ammesse a godere della tariffa agevolata – nella forma in cui essa si era evoluta sino a quel momento. Ebbene, il decreto del 2004, come ricordato nei precedenti punti 5, 10, 47 e 48, non è stato notificato alla Commissione, ma, nondimeno, dopo alcuni rinvii, è stato posto in esecuzione, donde l’obbligo di restituzione dell’aiuto stabilito dalla Commissione nella decisione controversa. Di conseguenza, la ricorrente non poteva basare nessun legittimo affidamento su una decisione concernente una società diversa da essa, riguardo a una tariffa che era essa stessa molto cambiata, come indicato nella citata sentenza Alcoa Trasformazioni/Commissione, laddove soprattutto la tariffa agevolata, prevista per la durata di dieci anni e in relazione alla quale nulla consentiva di essere sicuri di una sua proroga e, a fortiori, di una sua estensione, non era stata notificata alla Commissione. Per la stessa ragione, l’eventuale mancanza di certezza del diritto di cui ha potuto soffrire la ricorrente derivava, conformemente alla giurisprudenza, da questa stessa assenza di notificazione. E ancora, immediatamente dopo l’adozione del decreto del 2004, la Commissione ha avviato, il 16 novembre 2004, la procedura di indagine formale riguardante detto decreto e, per quanto concerne l’articolo 11, comma 12, della legge del 2005, regolarmente notificato, ha fatto lo stesso il 26 aprile 2006. Di conseguenza, sin dall’aprile del 2006, ossia circa due anni dopo l’adozione della prima misura che la riguardava, la ricorrente sapeva che la Commissione nutriva «dubbi», circostanza che costituisce la ragione stessa dell’avvio di questo tipo di procedura, quanto alla sua compatibilità con il mercato comune (divenuto mercato interno alla data d’adozione della decisione controversa).

71      Per quanto riguarda, poi, l’argomento relativo alla violazione della durata ragionevole da parte della Commissione, è importante ricordare che questo principio si applica in materia di aiuti di Stato (sentenze della Corte dell’11 dicembre 1973, Lorenz, 120/73, Racc. pag. 1471, punto 4, e del 24 novembre 1987, RSV/Commissione, 223/85, Racc. pag. 4617, punti da 12 a 17).

72      Benché certamente il tempo trascorso tra la data della prima decisione di avvio di una procedura di indagine formale e la decisione controversa sia rilevante (quasi sette anni), occorre nondimeno sottolineare che il carattere ragionevole della durata della procedura dev’essere valutato in funzione delle circostanze specifiche di ciascun caso, quali la complessità di quest’ultimo e il comportamento delle parti (sentenze della Corte del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, Racc. pag. I‑729, punto 116, e del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C‑630/11 P a C‑633/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 82; sentenza del Tribunale del 27 novembre 2003, Regione Siciliana/Commissione, T‑190/00, Racc. pag. II‑5015, punto 136).

73      Inoltre, dalla giurisprudenza sviluppatasi in materia di diritto della concorrenza, applicabile per analogia in materia di aiuti di Stato (sentenza del Tribunale del 18 gennaio 2012, Djebel – SGPS/Commissione, T‑422/07, non pubblicata nella Raccolta, punto 175), si ricava che, «[q]uando non è dimostrato che la durata eccessiva abbia leso la capacità delle imprese interessate di difendersi effettivamente, l’inosservanza del principio della durata ragionevole è ininfluente sulla validità del procedimento amministrativo e può quindi essere analizzata solo come una causa di danno che può essere invocata dinanzi al giudice dell’Unione» (sentenza Djebel – SGPS/Commissione, cit., stesso punto).

74      Il giudice dell’Unione ha già dichiarato che un tempo di quasi dieci anni decorso tra il deposito di una denuncia e l’adozione della decisione di rigetto della medesima, e di sette anni tra detto deposito e l’informazione orale dell’ulteriore rigetto di questa stessa denuncia, non costituiva, nelle circostanze del caso di specie, una violazione della durata ragionevole a causa della complessità del caso e della necessità di esaminare, in un contesto mondiale, numerosi fatti e documenti (sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, Haladjian Frères/Commissione, T‑204/03, Racc. pag. II‑3779, punti da 192 a 196). Parimenti, sempre a causa delle circostanze (ossia un ritardo in parte imputabile alle autorità spagnole) e della difficoltà del caso (nell’ipotesi specifica, la complessità della normativa spagnola, dovuta a una successione rapida di diversi regimi tributari), un tempo di più di sei anni e mezzo decorso tra il momento in cui la Commissione aveva avuto conoscenza dei regimi di aiuto in questione e quello dell’avvio della procedura di indagine formale riguardante questi ultimi non è stato considerato irragionevole (sentenza del Tribunale del 9 settembre 2009, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, da T‑30/01 a T‑32/01 e da T‑86/02 a T‑88/02, Racc. pag. II‑2919, punti da 259 a 277).

75      Orbene, occorre rilevare che, nella presente fattispecie, numerose circostanze hanno reso assai complessa la conduzione del procedimento amministrativo. Anzitutto, la Commissione è stata investita contemporaneamente di due problemi distinti, aventi ciascuno di loro caratteri specifici, concernenti, da una parte, la proroga della tariffa agevolata − quale evolutasi − a beneficio dell’Alcoa Trasformazioni e, dall’altra, l’estensione di detta tariffa ad altri beneficiari. In più, queste proroghe ed estensioni sono avvenute in due tempi, anzitutto mediante il decreto del 2004 – che la Commissione aveva inizialmente considerato come recante proroga della tariffa agevolata a vantaggio dell’Alcoa Trasformazioni ((punto 2 della decisione 2010/460/CE della Commissione, del 19 novembre 2009, relativa agli aiuti di Stato C 38/A/04 (ex NN 58/04) e C 36/B/06 (ex NN 38/06), cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni (GU 2010, L 227, pag. 62)), prima di considerarlo come costituente solo la parte «estensione» di detta tariffa ad altri beneficiari (punto 23 della decisione controversa) – e poi mediante la legge del 2005. Per di più, dei tre atti in questione (decreto del 2004, articolo 11, comma 11, della legge del 2005 e articolo 11, comma 12, di questa stessa legge), solo l’ultimo ha costituito oggetto di una notificazione regolare. Inoltre, dalla documentazione agli atti risulta, come ammesso anche dalla ricorrente nel punto 51 del ricorso, che gli scambi fra la Repubblica italiana e la Commissione sono durati sino al 2007, a proposito della legge del 2005. Pertanto, ciò riduce a quattro anni il tempo trascorso tra questi ultimi scambi e la decisione controversa. Infine, l’ultimo fattore è collegato all’impugnazione in giudizio della decisione notificata alla Repubblica italiana con lettera del 19 luglio 2006, relativa all’aiuto di Stato C 36/06 (ex NN 38/06) − Regime tariffario speciale per l’energia elettrica consumata da imprese ad alta intensità energetica in Italia (sintesi in GU C 214, pag. 5), che ha segnato l’avvio della procedura di indagine formale relativa alla proroga della tariffa agevolata concessa all’Alcoa Trasformazioni. Non si può biasimare la Commissione per aver atteso la sentenza del Tribunale, emessa il 25 marzo 2009, prima di adottare la decisione 2010/460 e, esaurito questo aspetto del caso, proseguire l’istruzione concernente i nuovi beneficiari della tariffa agevolata.

76      Pertanto, occorre giudicare che le circostanze specifiche della fattispecie consentono di spiegare la lunghezza del procedimento amministrativo in questione e, pertanto, di respingere l’argomento relativo alla violazione della durata ragionevole da parte della Commissione.

77      Da ciò discende che la seconda serie di argomenti dev’essere parimenti respinta.

78      Di conseguenza, i motivi primo e undicesimo devono essere respinti.

79      Gli altri motivi del ricorso saranno esaminati nell’ordine in cui sono stati presentati dalla ricorrente.

 Sul secondo motivo, tratto dall’esposizione errata e incompleta del contesto normativo applicabile al presente caso e alla conseguente violazione del dovere di diligenza e di imparzialità della Commissione

80      La ricorrente asserisce che la determinazione, mediante il decreto del 2004 e le relative decisioni di esecuzione, della tariffa agevolata porta a una tariffa identica alla tariffa pre‑Alumix, considerata dalla Commissione compatibile con il mercato comune nella decisione Alumix. Essa ritiene di avere il diritto di avvalersi di questo precedente affinché l’aiuto sia considerato compatibile con il mercato interno. Se tale fosse il caso, la ricorrente non sarebbe obbligata a restituire gli importi riscossi a titolo di detta misura. Ciò presuppone tuttavia che la prassi decisionale in questione sia legale e invocabile (perché la Commissione non è vincolata dalla sua precedente prassi decisionale, ma lo è, viceversa, dal principio della parità di trattamento per quanto concerne gli stessi aiuti).

81      La ricorrente basa la sua analisi sul seguente ragionamento: l’articolo 1°, primo comma, del decreto del 2004 fa riferimento al punto 2 del decreto del 1995, il quale a sua volta fa rinvio alla delibera n. 13/92 del CIP. Ebbene, questa decisione strutturava, soprattutto per quanto concerne il «sovrapprezzo termico», la tariffa pre‑Alumix. È proprio questa tariffa, riconosciuta, nel 1996, come compatibile con il mercato comune, che le è stata applicata nel 2004, ciò che naturalmente implica, a suo parere, l’illegittimità della decisione controversa su tale questione.

82      Il secondo motivo della ricorrente non può essere accolto.

83      Occorre anzitutto sottolineare che, in occasione della privatizzazione dell’Alumix, la Repubblica italiana si era impegnata nei confronti dell’Alcoa Italia a rispettare la tariffa Alumix ((quest’ultima aveva addirittura il diritto, in base al contratto, di sospendere l’attività dei suddetti stabilimenti qualora «le tariffe elettriche [avessero ecceduto] quelle concordate di almeno il 5% per un periodo di almeno tre mesi per semestre» (punto 2.7 della decisione Alumix)), di modo che, quando il decreto del 1995 è stato adottato, esso ha ripreso le caratteristiche della tariffa Alumix, come confermato dalla Commissione in udienza. La decisione Alumix, adottata nel 1996, la convalida pertanto implicitamente.

84      Come ricordato nei precedenti punti da 6 a 15, la tariffa agevolata approvata dalla Commissione nella decisione Alumix copriva una realtà multiforme ossia, anzitutto, la tariffa di origine, concessa dall’ENEL all’Alumix in forza, segnatamente, della delibera n. 13/1992 del CIP (la tariffa pre‑Alumix) e, poi, le tariffe concesse all’Alumix nell’ottica della sua privatizzazione e stabilmente prorogate con il decreto del 1995 a favore del principale acquirente del gruppo Alumix, l’Alcoa Italia, divenuta Alcoa Trasformazioni (la tariffa Alumix).

85      Occorre poi rilevare che, benché, da un punto di vista formale, sia esatto che il decreto del 2004 effettua un rinvio al punto 2 del decreto del 1995, ciò nondimeno, come sottolinea giustamente la Commissione, quest’ultimo non può essere letto isolatamente dal punto 1. Ai sensi di quest’ultimo, come ricordato nel precedente punto 5, lo specifico regime dei prezzi per l’alluminio primario contenuto nella tabella A‑9 allegata alla delibera n. 15/93 del CIP era abrogato a partire dal 1° gennaio 1996 a vantaggio di un regime comprendente tariffe per fasce orarie, riportate nella tabella A‑6 allegata a detta decisione, senza che ciò comportasse modifiche riguardo al «sovrapprezzo termico» definito conformemente alla delibera n. 13/92 del CIP.

86      Di conseguenza, sia la tariffa pre‑Alumix sia la tariffa Alumix contenevano, tra gli elementi che consentivano la loro determinazione, il «sovrapprezzo termico» ridotto, unico elemento rientrante nella determinazione del prezzo finale dell’energia elettrica definito con la delibera n. 13/92 del CIP.

87      Pertanto, alla ricorrente non è stata applicata né la tariffa pre‑Alumix né la tariffa Alumix, bensì il regime derivato dal decreto del 1995 quale sviluppatosi fino all’inizio del 2004. Pertanto, nel 2004, l’estensione ad altri beneficiari di detta tariffa con il decreto del 2004 non aveva più lo stesso oggetto che nel 1996, alla data d’adozione della decisione Alumix.

88      Ciò porta a respingere il secondo motivo, ivi compreso quanto riguarda il dovere d’imparzialità della Commissione, poiché essa ha trattato allo stesso modo la ricorrente e l’Alcoa Trasformazioni a partire dall’adozione delle nuove misure (ossia il decreto del 2004 e la legge del 2005), ciò che sarà più ampiamente illustrato dal Tribunale nell’ambito della sua risposta al terzo motivo.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione del principio della parità di trattamento tra l’Alcoa Trasformazioni e la ricorrente

89      La ricorrente asserisce, nell’ambito del suo terzo motivo, che la Commissione, nella decisione 2010/460, ha ritenuto che la tariffa agevolata concessa all’Alcoa Trasformazioni fosse illegittima solo per il periodo successivo al 31 dicembre 2005, data di scadenza, secondo detta istituzione, della decisione Alumix. Ebbene, la ricorrente reputa che, poiché la tariffa applicata all’Alcoa Trasformazioni e quella che le è stata applicata a partire dalla data di entrata in vigore della decisione n. 148/04 dell’AEEG erano identiche (in forza del decreto del 1995 e poi, a suo dire, del decreto del 2004, per l’Alcoa Trasformazioni, e del solo decreto del 2004, per essa), la disparità di trattamento non appare giustificata né per quanto concerne la constatazione dell’illegittimità dell’aiuto né, di conseguenza, per quanto riguarda la domanda di restituzione degli indennizzi riscossi in base al decreto del 2004.

90      È giocoforza constatare che un siffatto motivo non può essere accolto. Come si ricava dalla giurisprudenza, il rispetto del principio della parità di trattamento impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza della Corte del 26 ottobre 2006, Koninklijke Coöperatie Cosun, C‑248/04, Racc. pag. I‑10211, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

91      Nel caso di specie, l’Alcoa Trasformazioni e la ricorrente non erano, in origine, in una posizione giuridica paragonabile: l’Alcoa Trasformazioni godeva di una tariffa agevolata, convalidata dalla Commissione nella decisione Alumix, e detta tariffa le è stata prorogata, mentre la ricorrente è una nuova beneficiaria di detta tariffa in forza del decreto del 2004, il quale, in pratica, non è stato applicato all’Alcoa Trasformazioni. Per di più, la legge del 2005 comprende due disposizioni diverse, una, l’articolo 11, comma 11, non notificata alla Commissione, che riguardava l’Alcoa Trasformazioni, e l’altra, l’articolo 11, comma 12, che riguardava i nuovi beneficiari della tariffa agevolata, che è stata regolarmente notificata alla Commissione. Questi elementi divergenti bastano, allo stato degli atti, a giustificare la scelta della Commissione di scindere l’esame dei casi secondo che essi riguardassero il beneficiario iniziale della tariffa agevolata o nuovi beneficiari della medesima.

92      Viceversa, riguardo alla tariffa agevolata, per come si era sviluppata, le due società si trovavano in una stessa situazione e sono state trattate in modo identico dalla Commissione la quale, in un caso come nell’altro, ha considerato detta tariffa come un aiuto di Stato incompatibile e, di conseguenza, ha ordinato il rimborso dell’aiuto.

93      È certamente vero che, poiché la tariffa agevolata successiva al 31 dicembre 2005 è considerata illegittima nella decisione controversa ed è identica a quella subito precedente a tale data, la ricorrente sostiene correttamente che la Commissione era legittimata ad intervenire in una fase più precoce, a causa di un mutamento sostanziale nella natura dell’aiuto inizialmente convalidato. Del resto, occorre rilevare che la Commissione riconosce che l’Alcoa Trasformazioni ha potuto percepire, a causa delle modifiche avvenute in merito alla determinazione e al versamento della tariffa agevolata a quest’ultima, alla fine del periodo iniziale (1995-2005), in particolare nel 2004 e nel 2005, un aiuto di Stato illegittimo (ciò che, del resto, è pienamente conforme alla decisione 2010/460 e al fatto che la proroga della tariffa agevolata è stata considerata costitutiva di un aiuto siffatto).

94      Tuttavia, per giurisprudenza consolidata il principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto della legalità, il che presuppone che nessuno può invocare, a suo vantaggio, un’illegalità commessa a favore di altri (v., in tal senso, sentenze della Corte del 9 ottobre 1984, Witte/Parlamento, 188/83, Racc. pag. 3465, punto 15; del 4 luglio 1985, Williams/Corte dei conti, 134/84, Racc. pag. 2225, punto 14, e del 10 novembre 2011, The Rank Group, C‑259/10 e C‑260/10, Racc. pag. I‑10947, punto 62).

95      Pertanto, il terzo motivo dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo, fondato sulla mancanza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE

96      Occorre ricordare anzitutto che una parte del quarto motivo è stata trattata preliminarmente, in quanto relativa all’obbligo di motivazione. Va poi sottolineato che quattro criteri consentono di stabilire l’esistenza di un aiuto di Stato, ossia che sussista un intervento dello Stato o tramite risorse dello Stato, che quest’intervento possa incidere sugli scambi tra gli Stati membri, che esso conceda un vantaggio selettivo al suo beneficiario e che esso falsi o minacci di falsare la concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte del 17 marzo 1993, Sloman Neptun, C‑72/91 e C‑73/91, Racc. pag. I‑887, punto 18; del 30 maggio 2013, Doux Élevage e Coopérative agricole UKL-ARREE, C‑677/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25, e del Tribunale dell’11 giugno 2009, Italia/Commissione, T‑222/04, Racc. pag. II‑1877, punto 39). La ricorrente critica questi quattro punti, mentre la Commissione ne conferma la fondatezza.

97      Per quanto concerne il terzo criterio, tenuto conto, per l’esattezza, dell’altissimo consumo di energia elettrica richiesto dall’attività della ricorrente, è indubbio che la tariffa agevolata va a suo vantaggio.

98      Ciò nondimeno, il problema è accertare se tale tariffa superi quella che essa avrebbe potuto ottenere proprio in qualità di grande consumatrice sul mercato in questione. Dall’analisi della decisione controversa risulta che la Commissione ha rilevato la differenza tra la tariffa agevolata concessa in forza del decreto del 2004, compresa tra EUR 26 ed EUR 35 per megawatt/ora (punto 26 e nota in calce n. 33 della decisione controversa) e la tariffa normale (punti 106 e 107 della decisione controversa), che avrebbe portato la ricorrente a pagare EUR 63 per megawatt/ora. Anche tenendo conto delle specificità della situazione sarda, è pertanto dimostrato che la ricorrente ha goduto di un vantaggio, senza che si possano considerare rilevanti i suoi vari argomenti relativi alla funzione di perequazione dell’aiuto in questione, destinato a compensare lo svantaggio strutturale sardo. Riguardo a detti argomenti, occorre infatti ricordare che lo scopo di una determinata misura non dev’essere tenuto in considerazione per determinare se essa costituisca o meno un aiuto di Stato (v., in tal senso, sentenza della Corte del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, C‑372/97, Racc. pag. I‑3679, punto 67 e giurisprudenza ivi citata) e che, viceversa, questo scopo può comportare che essa sia autorizzata a titolo di un programma specifico, come è il caso per gli aiuti di Stato a finalità regionale, esaminati nell’ambito del decimo motivo.

99      Tenuto conto del fatto che, contrariamente a quanto deduce la ricorrente, il decreto del 2004 e, ancor più espressamente, la legge del 2005 hanno ad oggetto uno specifico territorio insulare, la Sardegna, e un numero limitato di società attive nel settore dei metalli pesanti, il beneficio in questione deriva chiaramente da una misura selettiva.

100    Per quanto riguarda il primo criterio, relativo all’uso di risorse pubbliche, è importante rilevare che, poiché la misura in questione è finanziata mediante un prelievo parafiscale, gestito da un ente pubblico, la Cassa Conguaglio per il settore elettrico, in base a tariffe stabilite da un altro ente pubblico, l’AEEG, essa lo soddisfa pienamente.

101    Per suffragare la sua affermazione secondo la quale il secondo e il quarto criterio non sono soddisfatti, la ricorrente sostiene che la misura in questione è priva di incidenza sugli scambi di zinco tra Stati membri, in mancanza di flussi commerciali in seno all’Unione concernenti tale metallo. Essa sostiene parimenti che non si può prefigurare una distorsione della concorrenza, dato che i produttori europei non sono in grado di influire sul prezzo di detto metallo. La Commissione replica a ciò affermando che, a causa di questo vantaggio competitivo, le imprese rivali della ricorrente vedono diminuire le loro opportunità di esportare i loro prodotti in Italia a causa della tariffa agevolata.

102    La ricorrente non ha titolo per addebitare alla Commissione di non aver effettuato un’analisi economica della situazione reale del mercato interessato o dei flussi di scambio in questione tra Stati membri, o tra l’Unione e il resto del mondo, né di avere dimostrato l’effetto concreto delle misure in questione. Tutti gli argomenti della ricorrente che si ricollegano a ciò devono essere pertanto respinti in blocco. Infatti, in base a una giurisprudenza consolidata, per qualificare una misura nazionale come aiuto di Stato è necessario non dimostrare un’incidenza effettiva dell’aiuto di cui trattasi sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma solo esaminare se tale aiuto sia idoneo a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (sentenze della Corte del 15 dicembre 2005, Unicredito Italiano, C‑148/04, Racc. pag. I‑11137, punto 54, e del 10 gennaio 2006, Cassa di Risparmio di Firenze e a., C‑222/04, Racc. pag. I‑289, punto 140).

103    Per di più, in un mercato interno liberamente aperto alla concorrenza, composto di Stati membri il territorio di ciascuno dei quali costituisce una parte sostanziale di detto mercato (v., in tal senso, sentenza della Corte del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden‑Industrie‑Michelin/Commissione, 322/81, Racc. pag. 3461, punto 28, e sentenza del Tribunale del 27 luglio 2005, Brasserie nationale e a./Commissione, da T‑49/02 a T‑51/02, Racc. pag. II‑3033, punto 176), gli aiuti che mirano a sollevare un’impresa dai costi che essa avrebbe dovuto normalmente sopportare nell’ambito della sua gestione corrente o delle sue attività normali, com’è il caso nella presente fattispecie, trattandosi del rimborso di una quota del costo della fornitura di energia elettrica, falsano in linea di principio le condizioni della concorrenza (sentenze della Corte del 19 settembre 2000, Germania/Commissione, C‑156/98, Racc. pag. I‑6857, punto 30, e del 3 marzo 2005, Heiser, C‑172/03, Racc. pag. I‑1627, punto 55).

104    Parimenti, quando un aiuto concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti nell’ambito degli scambi in seno all’Unione, questi ultimi devono ritenersi influenzati dall’aiuto (sentenze Unicredito Italiano, cit., punto 56, nonché Cassa di Risparmio di Firenze e a., cit., punto 141). Ebbene, è fuor di dubbio che, nel caso di specie, le misure in questione rafforzano la posizione della ricorrente, alleviandone i costi e, di conseguenza, migliorando la sua redditività rispetto ad altre imprese operanti in condizioni normali di mercato in concorrenza con essa o che non si può escludere che lo siano (sentenze della Corte Heiser, cit., punto 35, e del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, Racc. pag. I‑7115, punto 91).

105    Pertanto occorre concludere che, dato che i suddetti quattro criteri sono soddisfatti, la misura in questione costituisce effettivamente un aiuto di Stato.

106    Infine, occorre conseguentemente respingere l’argomento relativo alla violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione, posto che detto argomento è fondato sull’incompletezza del ragionamento della Commissione. Ebbene, come giudicato in sede di esame della seconda parte del presente motivo, quest’affermazione è inesatta.

107    Ne consegue che il quarto motivo non può essere accolto.

 Sul quinto motivo, basato sul fatto che la Commissione ha adottato premesse inesatte per emanare la decisione controversa

108    La Commissione ritiene il quinto motivo irricevibile, in quanto esso viola l’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura. Tuttavia, quest’eccezione d’irricevibilità dev’essere respinta. Infatti, per quanto succinto nel suo enunciato, detto motivo consente al Tribunale di individuare gli elementi che lo costituiscono.

109    La ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un errore di diritto prendendo come quadro di analisi un mercato errato, ossia il mercato dell’elettricità italiano – e, in particolare, sardo –, anziché il mercato dei metalli pesanti. Secondo la ricorrente, quest’errore comporta che la Commissione ha omesso di prendere in considerazione il carattere energivoro di questo tipo di attività, in particolare in un contesto insulare.

110    Ciò nonostante, è giocoforza giudicare irrilevante la problematica sollevata dalla ricorrente:

–        da un lato, la Commissione ha avuto perfettamente ben presente che la ricorrente svolgeva la sua attività nel settore dei metalli pesanti, poiché questa è proprio la condizione che era richiesta per poter godere del decreto del 2004 (per esempio, punto 31 della decisione controversa);

–        dall’altro, tenendo conto di questo elemento specifico, essa ha esaminato, com’era suo unico compito a titolo del controllo svolto ai sensi degli articoli 107 TFUE e 108 TFUE, se la misura in questione costituisse un aiuto di Stato, segnatamente a causa del vantaggio che ne ricavava la ricorrente.

111    Occorre dunque respingere il quinto motivo.

 Sul sesto motivo, relativo al carattere esistente dell’aiuto in questione

112    Occorre ricordare che devono considerarsi aiuti nuovi, soggetti all’obbligo di notifica previsto dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, i provvedimenti diretti ad istituire o a modificare aiuti, con la precisazione che le modifiche possono vertere vuoi su aiuti esistenti, vuoi su progetti iniziali notificati alla Commissione (sentenze della Corte del 9 ottobre 1984, Heineken Brouwerijen, 91/83 e 127/83, Racc. pag. 3435, punti 17 e 18, e del 9 agosto 1994, Namur-Les assurances du crédit, C‑44/93, Racc. pag. I‑3829, punto 13).

113    Nel caso di specie, il carattere nuovo dell’aiuto è chiaramente dimostrato.

114    Da un lato, le modifiche economiche e giuridiche avvenute dopo l’adozione della tariffa Alumix illustrano il passaggio da un prezzo praticato da un fornitore a una tariffa sovvenzionata dalla Repubblica italiana. Mentre, nel caso della tariffa Alumix, il prezzo accordato equivaleva allo sconto concesso da detto fornitore, certo in posizione di monopolio (ENEL), a uno dei suoi più importanti clienti, le misure oggetto della decisione controversa implicano una riduzione del prezzo stabilita dalle autorità italiane, finanziata mediante un prelievo parafiscale che consentiva un rimborso alla ricorrente della differenza tra la tariffa normalmente fatturata alle imprese e la tariffa agevolata ad essa concessa.

115    Pertanto, occorre giudicare che i mutamenti avvenuti tra le modalità di concessione e di determinazione della tariffa agevolata inizialmente concessa all’Alcoa Trasformazioni in forza del decreto del 1995 e quelle oggetto del decreto del 2004, e poi della legge del 2005, permettono di per sé di considerare che si trattava di un aiuto nuovo.

116    D’altra parte, ciò vale a maggior ragione riguardo all’estensione dell’aiuto così mutato a nuovi beneficiari, che non si inseriscono nel quadro di un regime di aiuti già autorizzato, ma ai quali viene concesso a loro volta un aiuto che sino a quel momento aveva avuto un solo beneficiario.

117    Il sesto motivo dev’essere pertanto respinto.

 Sul settimo motivo, basato sulla compatibilità dell’aiuto in questione «con il mercato comune»

118    Per le ragioni illustrate nell’ambito della risposta al secondo motivo, occorre anzitutto ricordare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, le condizioni di cui essa ha goduto, all’atto dell’entrata in vigore del decreto del 2004, sono enormemente mutate rispetto a quelle prevalenti all’atto dell’adozione della decisione Alumix.

119    Inoltre, i tre argomenti della ricorrente, relativi alla situazione preoccupante della Sardegna sul piano economico, al fatto che la ricorrente, in passato, aveva dovuto chiudere i suoi stabilimenti e licenziare il proprio personale e al fatto che l’aiuto in questione consente di porre rimedio a queste difficoltà strutturali, si inseriscono in realtà nella problematica dell’ammissibilità dell’aiuto a titolo di aiuto di Stato a finalità regionale, che sarà esaminata nell’ambito del decimo motivo.

120    Di conseguenza, il settimo motivo non può essere accolto.

 Sul nono motivo, relativo alla violazione dell’articolo 174 TFUE e della dichiarazione sulle regioni insulari

121    Ai sensi dell’articolo 174 TFUE, che riprende l’articolo 158 CE:

«Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale.

In particolare l’Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite.

Tra le regioni interessate, un’attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna».

122    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’asserita violazione dell’articolo 174 TFUE, occorre ricordare che, nella sentenza del 28 novembre 2008, Hotel Cipriani e a./Commissione (T‑254/00, T‑270/00 e T‑277/00, Racc. pag. II‑3269, punto 299), il Tribunale ha giudicato che l’instaurazione di una concorrenza leale nel mercato interno, da un lato, e il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale, dall’altro, costituiscono due distinte politiche dell’Unione, e che i fondi strutturali sono il principale strumento della seconda di queste politiche, mentre le deroghe regionali previste dall’articolo 107, paragrafo 3, lettere a) e c), TFUE rientrano nella politica della concorrenza dell’Unione e trovano il loro limite nella necessità di evitare qualsiasi distorsione indebita, contraria all’interesse comune.

123    Il Tribunale aveva allora sottolineato che non esisteva nessuna gerarchia tra gli scopi perseguiti da queste due politiche, il che implica che la Commissione, nell’esercizio del suo potere discrezionale, non è tenuta ad applicare le norme che disciplinano gli aiuti di Stato a finalità regionale in maniera più elastica, in modo da far prevalere gli scopi della politica di coesione economica e sociale su quelli della politica della concorrenza (sentenze Hotel Cipriani e a./Commissione, cit., punto 299).

124    Esso aveva precedentemente rilevato che la mera circostanza che un progetto di aiuto nuovo miri a raggiungere gli scopi di una disposizione del Trattato diversa dalla deroga dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE invocata dallo Stato membro interessato non implicava di per sé che tale progetto soddisfacesse i presupposti per l’applicazione di tale deroga (sentenza Regione autonoma della Sardegna/Commissione, cit., punto 175). Dalla medesima sentenza si ricava che non si può nemmeno tener conto di eventuali precedenti più favorevoli, poiché è solo nel quadro dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE che si deve valutare la legittimità di una decisione della Commissione che constata che un aiuto nuovo non soddisfa i presupposti per l’applicazione di tale deroga, e non riguardo a una precedente prassi decisionale della Commissione, anche ammesso che quest’ultima sia dimostrata (sentenza Regione autonoma della Sardegna/Commissione, cit., punto 176).

125    Pertanto, il nono motivo non può che risultare irrilevante in merito alla soluzione della controversia in quanto vertente sulla violazione dell’articolo 174 TFUE, dato che il giudice dell’Unione deve solo controllare che siano state osservate le norme relative agli aiuti di Stato a finalità regionale.

126    Per quanto concerne, in secondo luogo, l’asserita violazione della dichiarazione sulle regioni insulari, dalla giurisprudenza si ricava che una siffatta affermazione è irrilevante, dato che l’oggetto della controversia è un atto di portata individuale la cui adozione rientra nella responsabilità che incombe alla Commissione di garantire l’osservanza dell’articolo 107 TFUE e l’attuazione dell’articolo 108 TFUE, e non nell’esercizio del potere legislativo dell’Unione che implica «[l’adozione di] misure specifiche (…), se giustificate, a favore [delle] regioni [insulari], per integrarle maggiormente nel mercato interno a condizioni eque», oggetto di tale dichiarazione (sentenza Regione autonoma della Sardegna/Commissione, cit., punto 178). Nella citata sentenza Hotel Cipriani e a./Commissione, un argomento relativo alla violazione di detta dichiarazione era stato parimenti respinto in quanto l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non faceva distinzioni in base alle cause o agli scopi di una misura di alleggerimento degli oneri gravanti normalmente su un’impresa, ma definiva questa misura in funzione dei suoi effetti. Il Tribunale ne aveva concluso che una misura diretta a compensare uno svantaggio strutturale non poteva pertanto sfuggire, solo a motivo della sua finalità, all’applicazione di detto articolo, se essa attribuiva un vantaggio ai suoi beneficiari ai sensi di tale disposizione (sentenza Hotel Cipriani e a./Commissione, cit., punto 195).

127    Da ciò discende che il nono motivo dev’essere respinto.

 Sul decimo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettere da a) a c), TFUE, degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale e alla mancata considerazione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2007‑2013

128    In primo luogo, è importante rilevare che la Commissione giustamente sostiene, in sede di risposta al decimo motivo, che l’aiuto in questione è un aiuto al funzionamento, escluso in linea di principio, come tale, dalla sfera d’applicazione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (punti da 4.15 a 4.17 di detti orientamenti). Infatti, secondo la giurisprudenza, gli aiuti al funzionamento sono aiuti che mirano a sollevare un’impresa dai costi che essa avrebbe dovuto normalmente sostenere nell’ambito della sua gestione corrente o delle sue attività normali (sentenze della Corte Germania/Commissione, cit., punto 30, e del 21 luglio 2011, Freistaat Sachsen e Land Sachsen‑Anhalt/Commissione, C‑459/10 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 34). È giocoforza pertanto giudicare che l’aiuto in questione, che consentiva alla ricorrente di ridurre i costi collegati al suo consumo di energia elettrica, che rientra per definizione nell’ambito della gestione corrente, era indubbiamente un aiuto al funzionamento. Ciò era tanto più esatto in quanto, poiché il processo di produzione di metalli non ferrosi in questione è particolarmente energivoro (punto 23 della decisione controversa), l’acquisto di energia elettrica rivestiva un’importanza essenziale per il funzionamento della ricorrente.

129    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, anche qualora si trattasse di aiuti al funzionamento, era possibile, in via eccezionale, autorizzare gli aiuti destinati alle regioni aventi diritto in base all’articolo 107, paragrafo 3, lettera a), TFUE, a condizione che essi fossero giustificati dal loro contributo allo sviluppo regionale, dalla loro natura, e che il loro livello fosse proporzionale agli svantaggi che essi miravano ad alleviare. Questi aiuti dovevano essere parimenti limitati nel tempo e di importo decrescente. Infatti, una siffatta possibilità era ammessa, ma proprio a titolo eccezionale e a condizione di osservare il complesso delle citate condizioni, aventi carattere cumulativo.

130    La ricorrente ritiene, a tale titolo, che l’aiuto in questione abbia contribuito allo sviluppo regionale, segnatamente in termini di occupazione, e che sia di importo decrescente e proporzionato, ma con riferimento alla media europea e non nazionale, agli svantaggi strutturali sardi.

131    Anzitutto, e si tratta di un aspetto già di per sé sufficiente affinché la Commissione rifiutasse di considerare l’aiuto come autorizzabile a titolo degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale, l’aiuto in questione non era di importo decrescente (punti da 178 a 185 della decisione controversa), malgrado il fatto che l’aumento della tariffa agevolata, che rifletteva l’incremento dei prezzi dell’elettricità nell’Unione, fosse limitato alla soglia massima del 4%. Infatti, occorre sottolineare che l’aumento soggetto a un limite massimo dell’importo nominale della tariffa agevolata non comporta, ipso facto, la diminuzione dell’indennizzo offerto al beneficiario di detta tariffa, poiché il costo effettivo dell’energia elettrica per l’operatore può restare superiore a quello che esso fattura a detto beneficiario in forza della tariffa agevolata, anche se maggiorata del 4%. Di conseguenza, come giustamente rilevato dalla Commissione, senza opposizione al riguardo, la tariffa agevolata era d’importo decrescente solo in caso di diminuzione in termini netti dei prezzi medi in seno all’Unione, ed era progressiva in tutti gli altri casi.

132    Infine, la Commissione ha giustamente ritenuto che l’aiuto al funzionamento in questione non alleviasse i problemi tipici del mercato sardo dell’energia e non contribuisse in modo duraturo allo sviluppo regionale. La ricorrente lamenta la contraddittorietà del ragionamento svolto da detta istituzione. Indubbiamente, la Commissione è partita dalla constatazione che «[la] capacità di produzione eccedentaria nel segmento ad alto costo, [la] relativa inefficienza delle centrali di produzione ormai obsolete, [l’]assenza di accesso all’infrastruttura del gas naturale, [la] carenza di interconnessione [potevano] tradursi in maggiori prezzi dell’elettricità per le utenze finali, incluse quelle più elettrointensive» (punto 170 della decisione controversa). Ciò malgrado, essa ha sottolineato che, anche ammettendo che il mantenimento in Sardegna di determinati stabilimenti industriali possa contribuire all’occupazione e alla salvaguardia di una base industriale, gli effetti in questione «non sarebbero duraturi» (punto 173 della decisione controversa), poiché, dato che i costi elevati dell’energia elettrica costituiscono un problema strutturale sardo, le industrie energivore incontrerebbero la stessa difficoltà a partire dalla scadenza del regime tariffario. Per quanto riguarda i progetti di infrastrutture e, in particolare, del cavo sottomarino, la Commissione ha giustamente ritenuto che, «benché le nuove infrastrutture possano ridurre o livellare le disparità tariffarie fra la Sardegna e la terraferma, è molto improbabile che tali progetti possano dimezzare i prezzi dell’energia elettrica così da portarli ai livelli considerati necessari per rendere tali attività industriali redditizie nel lungo periodo» (punto 174 della decisione controversa). È parimenti a buon diritto che essa ha rilevato che il ricorso a una sovvenzione non incoraggiava i produttori di energia elettrica a diminuire i loro prezzi per evitare di perdere i loro maggiori clienti, bensì li incitava piuttosto a sfruttare la loro potenza di mercato per conservare l’importo della loro sovvenzione.

133    Come si evince dalla giurisprudenza, la circostanza che una regione possa beneficiare dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera a), TFUE non implica che qualsiasi progetto di aiuto realizzabile in detta regione sia considerato d’ufficio necessario per lo sviluppo della medesima (sentenza HGA e a./Commissione, cit., punto 112).

134    Infine, poiché gli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale prescrivono che l’aiuto, per essere autorizzabile, sia proporzionale agli svantaggi che esso cerca di alleviare, la Commissione ha giustamente rilevato che l’aiuto in questione mirava, in realtà, ad allineare i prezzi sardi su quelli dei concorrenti della ricorrente in seno all’Unione e superava di molto quanto richiesto da una mera compensazione. Nella decisione controversa (punti 168 e 176), la Commissione ha confrontato i prezzi sardi non solo con quelli dei concorrenti della ricorrente sul territorio italiano, ciò che era pienamente giustificato, ma anche con quelli praticati nell’Unione, cosa che contraddice l’argomento della ricorrente. In tal modo essa ha potuto dimostrare la mancanza di proporzionalità dell’aiuto in questione. Alla luce di ciò, la ricorrente non può validamente sostenere che l’aiuto in questione fosse proporzionale e, di conseguenza, autorizzabile.

135    Poiché questi criteri non sono soddisfatti, la Commissione ha giustamente ritenuto che ciò ostasse alla possibilità di autorizzare la tariffa agevolata in Sardegna a titolo degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale.

136    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un errore di diritto non applicandole oppure, quanto meno, escludendo senza valido motivo la misura in questione dall’ambito degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2007‑2013, in relazione alle deroghe previste dall’articolo 107, paragrafo 3, lettere b) e c), TFUE.

137    Quest’ultimo argomento dev’essere respinto poiché questi ultimi orientamenti avevano come ambito d’applicazione gli aiuti concessi dopo il 31 dicembre 2006, circostanza che esclude la misura in questione. Per di più, come ammette la stessa ricorrente, la Sardegna non era più una regione avente titolo a partire dal 2007.

138    Da quanto sin qui illustrato risulta che il decimo motivo dev’essere respinto e, insieme ad esso, il ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

139    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, poiché la Commissione ha fatto domanda in tal senso, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Portovesme Srl è condannata alle spese.

Gratsias

Kancheva

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 ottobre 2014.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.


1 La presente sentenza è oggetto di pubblicazione per estratti.