Language of document : ECLI:EU:T:2010:403

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

15 settembre 2010 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Termine ragionevole per presentare una domanda di risarcimento danni – Tardività – Impugnazione in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondata»

Nel procedimento T‑157/09 P,

avente ad oggetto un ricorso di impugnazione diretto all’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 18 febbraio 2009, causa F‑42/08, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta),

Luigi Marcuccio, ex funzionario della Commissione europea, residente in Tricase, rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è

Commissione europea, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis-Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni),

composto dai sigg. M. Jaeger (relatore), presidente, J. Azizi e dalla sig.ra I. Pelikánová, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con la presente impugnazione, proposta a norma dell’art. 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia, il sig. Luigi Marcuccio, ricorrente, chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 18 febbraio 2009, causa F‑42/08, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), mediante la quale il Tribunale ha dichiarato manifestamente irricevibile, perché tardivo, il ricorso diretto principalmente ad ottenere un risarcimento del danno derivante, per il ricorrente, dal fatto che la Commissione delle Comunità europee gli avrebbe inviato una nota ad un numero di telefax che non avrebbe dovuto utilizzare.

 Fatti e procedimento in primo grado

2        I fatti sono esposti ai punti da 2 a 10 dell’ordinanza impugnata.

3        Il ricorrente, funzionario di grado A 7 presso la Direzione Generale (DG) «Sviluppo» della Commissione, è stato assegnato a Luanda in seno alla delegazione della Commissione in Angola (in prosieguo: la «delegazione») come funzionario in prova a decorrere dal 16 giugno 2000 e, successivamente, come funzionario di ruolo a decorrere dal 16 marzo 2001.

4        A decorrere dal 4 gennaio 2002, il ricorrente veniva collocato in congedo per malattia presso la sua abitazione in Tricase (Italia).

5        Con lettera del 20 gennaio 2002, indirizzata alla delegazione, il ricorrente chiedeva chiarimenti circa le azioni da intraprendere in ragione della prossima scadenza del suo visto di ingresso in Angola e chiedeva a detta delegazione di inviargli ogni informazione utile in merito a tale questione per telefax indirizzato, alla sua attenzione, su un numero telefonico riservato che egli comunicava a titolo eccezionale. In tale lettera il ricorrente formulava il seguente rilievo:

«Tengo tuttavia a precisare che tale apparecchio per telecopia non è né sotto il mio controllo, né sotto quello di una persona di fiducia, e che pertanto, per evidenti ragioni di riservatezza, esso non può essere usato per altri tipi di comunicazione. Per ogni altro argomento (...) Vi prego di indirizzare qualsiasi documento all’indirizzo ove io attualmente risiedo: Via Palestrina, 4 – 73039 Tricase (Le) – Italia».

6        Con decisione del 18 marzo 2002, l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») assegnava il ricorrente presso la sede della DG «Sviluppo» a Bruxelles.

7        Con telefax del 18 marzo 2002 indirizzato al numero di cui trattasi al precedente punto 5, il facente funzione di capodelegazione inviava al ricorrente una lettera avente per oggetto il «Suo alloggio» e redatta in lingua francese nei seguenti termini:

«All’amministrazione della delegazione è stato riferito che il Suo alloggio è occasionalmente frequentato da una persona sconosciuta ai servizi della delegazione e alla quale Lei ha affidato le chiavi.

Non rientra nei compiti dell’amministrazione verificare la frequenza di tali visite, né la loro durata o natura. Tuttavia, al fine di tutelare i Suoi interessi, mi trovo a doverLe rammentare il testo dell’art. 6 “Cessione – Subaffitto” dell’accordo sull’alloggio che è stato firmato tra Lei e la Commissione.

Tale articolo, tra l’altro, dispone che “al dipendente è fatto divieto di cedere, a titolo gratuito o oneroso, parte del suo alloggio”.

Pertanto, nella – poco probabile – eventualità che tale persona disponga di effetti personali nell’alloggio messo a Sua disposizione, La prego di adottare ogni utile iniziativa affinché sia posto immediatamente termine a tale situazione.

Stante peraltro la Sua protratta assenza, nonché per ragioni di sicurezza, saranno date istruzioni al servizio di vigilanza di non autorizzare più l’accesso a tale alloggio a partire dal 21 [marzo] 2002, fatta eccezione per le persone espressamente autorizzate dalla delegazione.

Anche per motivi di sicurezza, l’amministrazione della delegazione desidera visitare i beni messi a Sua disposizione. Tenuto conto della Sua prossima assegnazione presso la sede, tale visita si rende ugualmente necessaria al fine di prendere conoscenza di vari elementi necessari nell’ambito di un’eventuale ridistribuzione degli alloggi e del mobilio.

Salvo contraria indicazione da parte Sua, una prima visita avrà luogo il 21 [marzo] 2002.

Le sarei grato se vorrà adottare, nella misura del possibile, ogni iniziativa utile al fine di consentirci l’accesso in ogni parte della casa».

8        Il ricorrente fa presente di aver preso conoscenza della lettera del 18 marzo 2002 il successivo 20 marzo.

9        Con lettera dell’8 marzo 2007 il ricorrente presentava all’APN una domanda intesa a ottenere il risarcimento del danno, stimato in EUR 30 000, che egli avrebbe subìto in conseguenza dell’invio, mediante telefax, della lettera del 18 marzo 2002 ad un numero che la Commissione non avrebbe dovuto usare a tal fine (in prosieguo: la «domanda dell’8 marzo 2007»).

10      Poiché il silenzio serbato dall’APN sulla domanda dell’8 marzo 2007 ha prodotto, allo scadere di un periodo di quattro mesi dalla presentazione di tale domanda, una decisione di rigetto (in prosieguo: la «decisione di rigetto della domanda»), il ricorrente, con lettera del 10 settembre 2007, ha proposto reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto dei funzionari»).

11      Con decisione del 9 gennaio 2008, l’APN respingeva il reclamo.

12      Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 31 marzo 2008, il ricorrente ha proposto ricorso, registrato con numero di ruolo F‑42/08.

13      Il ricorrente ha concluso, in primo grado, che il Tribunale della funzione pubblica voglia:

–        annullare la decisione di rigetto della domanda nonché, per quanto necessario, la decisione del 9 gennaio 2008 recante rigetto del suo reclamo del 10 settembre 2007;

–        accertare l’esistenza e l’illiceità del fatto generatore del danno di cui trattasi e dichiarare l’illegittimità di tale fatto generatore;

–        condannare la Commissione ad elargire al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno de quo, la somma di EUR 100 000, ovvero quella somma maggiore o minore che il Tribunale della funzione pubblica riterrà giusta ed equa, maggiorata degli interessi nella misura del 10% all’anno, e con capitalizzazione annuale, a decorrere dalla data della domanda dell’8 marzo 2007;

–        condannare la Commissione alla rifusione, in suo favore, di tutte le spese, ivi incluse quelle relative alla redazione di una perizia di parte redatta a sue spese.

14      La Commissione conclude che il Tribunale della funzione pubblica voglia dichiarare il ricorso irricevibile o infondato e condannare il ricorrente alle spese ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica.

 Sull’ordinanza impugnata

15      Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica dichiarava il ricorso proposto dal ricorrente manifestamente irricevibile, facendo applicazione dell’art. 76 del proprio regolamento di procedura, per i seguenti motivi:

«19      Si deve in limine ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, i dipendenti o gli agenti che intendono ottenere dalla Comunità un risarcimento in ragione di un danno ad essa imputabile devono fare ciò entro un termine ragionevole a decorrere dal momento in cui sono venuti a conoscenza della situazione che essi lamentano (sentenza del Tribunale di primo grado 5 ottobre 2004, causa T‑144/02, Eagle e a./Commissione, Racc. pag. II‑3381, punti 65 e 66).

20      Il carattere ragionevole del termine deve essere valutato in funzione delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità del caso e del comportamento delle parti coinvolte (sentenza Eagle e a./Commissione, cit., punto 66).

21      Si deve a questo proposito altresì tener conto del termine di confronto offerto dal termine di prescrizione di cinque anni previsto in materia di azioni per responsabilità extracontrattuale dall’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia, per quanto tale termine non trovi applicazione in controversie tra la Comunità e i suoi agenti (v., in tal senso, sentenza della Corte 22 ottobre 1975, causa 9/75, Meyer-Burckhardt/Commissione, Racc. pag. 1171, punti 7, 10 e 11). Il Tribunale di primo grado ha da ciò concluso, al punto 71 della citata sentenza Eagle e a./Commissione, che gli interessati, dal momento che ritenevano di essere oggetto di un trattamento discriminatorio illecito, avrebbero dovuto presentare all’istituzione comunitaria una domanda diretta ad ottenere l’adozione da parte sua delle misure idonee a rimediare a tale situazione e a porvi termine, entro un termine ragionevole che non avrebbe potuto eccedere i cinque anni a decorrere dal momento in cui essi erano venuti a conoscenza della situazione di cui si lamentavano (v., altresì, sentenza del Tribunale 1° febbraio 2007, causa F‑125/05, Tsarnavas/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 71).

22      Tuttavia, il termine di cinque anni non può costituire un limite rigido e intangibile entro il quale ogni domanda sarebbe ricevibile, qualunque siano il tempo fatto trascorrere dal ricorrente per presentare all’amministrazione la sua domanda e le circostanze del caso di specie (v., in tal senso, sentenza Tsarnavas/Commissione, cit., punti 76 e 77).

23      Si deve nella fattispecie constatare che tra la data in cui il ricorrente ha avuto conoscenza della situazione di cui si lamenta nel presente ricorso, cioè il 20 marzo 2002, e la domanda di risarcimento che ha indirizzato alla Commissione con la lettera dell’8 marzo 2007 sono trascorsi quasi cinque anni.

24      La rilevanza della controversia non pare essere notevole per il ricorrente, in quanto questi ha comunicato i suoi problemi alla Commissione solo dopo un periodo di quasi cinque anni.

25      Inoltre, il caso non è complesso. Infatti, il pregiudizio asserito deriva soltanto dalle conseguenze dell’invio, mediante telecopia, della lettera del 18 marzo 2002 a un numero che, a parere del ricorrente, la Commissione non avrebbe dovuto usare.

26      Del resto, il ricorrente non deduce alcun elemento idoneo a dimostrare che il considerevole lasso di tempo al termine del quale ha presentato alla Commissione la domanda di risarcimento si spiegherebbe con il comportamento di quest’ultima ovvero per altro motivo.

27      Ciò considerato, tenuto conto in particolare della limitata rilevanza della controversia, del carattere circoscritto delle questioni sollevate dal ricorrente e della lunga durata, senza alcuna giustificazione, della sua inazione, si deve concludere che la domanda di risarcimento dell’interessato non è stata presentata alla Commissione entro un termine ragionevole. Di conseguenza, la domanda di risarcimento del presente ricorso deve considerarsi manifestamente irricevibile».

16      Peraltro, per quanto riguarda la ricevibilità della domanda intesa all’accertamento, da parte del Tribunale della funzione pubblica, dell’esistenza e dell’illiceità del fatto generatore del danno de quo ed alla dichiarazione dell’illiceità di tale fatto generatore, il Tribunale della funzione pubblica ha indicato, al punto 18 dell’ordinanza impugnata, quanto segue:

«Si deve rilevare che le conclusioni sopra menzionate mirano in realtà a far sì che il Tribunale dichiari fondati alcuni dei motivi addotti a sostegno della domanda di risarcimento. Tuttavia, dal momento che non compete al Tribunale fare dichiarazioni in diritto (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 luglio 1989, causa 108/88, Jaenicke Cendoya/Commissione, Racc. pag. 2711, punti 8 e 9), tali domande vanno respinte in quanto manifestamente irricevibili».

 Sull’impugnazione

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 aprile 2009, il ricorrente ha presentato il presente ricorso. L’8 luglio 2009, la Commissione ha depositato il proprio controricorso.

18      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 27 luglio 2009, il ricorrente ha chiesto, conformemente all’art. 143, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, di poter presentare una replica. Con decisione del 10 agosto 2009, il presidente della Sezione delle impugnazioni ha accolto tale domanda. Il ricorrente ha depositato la propria replica il 30 novembre 2009. La Commissione ha depositato la propria controreplica il 19 gennaio 2010.

19      Con lettera del 3 febbraio 2010, il ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’art. 146 del regolamento di procedura, di essere sentito nell’ambito della fase orale del procedimento.

20      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        da una parte, annullare integralmente l’ordinanza impugnata e, dall’altra, dichiarare il suo ricorso ricevibile;

–        in via principale, accogliere in toto le conclusioni che egli ha formulato in primo grado e condannare la Commissione alle spese relative sia al primo grado di giudizio sia alla presente impugnazione;

–        in subordine, rimettere gli atti al Tribunale della funzione pubblica, riunito in un collegio di composizione diversa, affinché si pronunci nuovamente sul ricorso.

21      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile e/o infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese relative sia al primo grado di giudizio sia alla presente impugnazione;

–        in subordine, dichiarare in ogni caso il ricorso in primo grado irricevibile e/o infondato.

 In diritto

 Considerazioni introduttive

22      In forza dell’art. 145 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, il Tribunale può respingerla in qualsiasi momento con ordinanza motivata, anche qualora una parte abbia chiesto al Tribunale di tenere udienza (ordinanze 24 settembre 2008, causa T‑105/08 P, Van Neyghem/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21, e 26 giugno 2009, causa T‑114/08 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 10).

23      Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide, ai sensi di tale disposizione, di statuire senza proseguire il procedimento.

24      Il ricorrente solleva sei motivi a sostegno del suo ricorso. Il primo motivo attiene, in sostanza, a errori di diritto relativi alla declaratoria di irricevibilità della domanda di indennizzo (punti 19‑27 dell’ordinanza impugnata). Il secondo motivo attiene al difetto di motivazione della declaratoria di irricevibilità della domanda intesa a che il Tribunale della funzione pubblica accerti l’esistenza e l’illiceità del fatto generatore del danno de quo e ne dichiari l’illiceità (punto 18 dell’ordinanza impugnata). Il terzo motivo attiene all’illegittimità della declaratoria di irricevibilità manifesta del ricorso in primo grado complessivamente inteso (segnatamente, punto 28 dell’ordinanza impugnata). Il quarto motivo attiene al difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata, alla carenza di provvedimenti istruttori in relazione alla data di deposito del controricorso nonché a un vizio procedurale lesivo degli interessi del ricorrente. Il quinto motivo attiene al difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata, al difetto di provvedimenti istruttori e ad errori di diritto quanto alla condanna del ricorrente alle spese (punti 29 e 30 dell’ordinanza impugnata). Infine, il sesto motivo attiene alla violazione, da parte del Tribunale della funzione pubblica, delle norme relative al diritto ad un equo processo, dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1) (punti 18‑30 dell’ordinanza impugnata).

25      Il Tribunale ritiene utile esaminare, anzitutto, il sesto motivo sollevato dal ricorrente, prima di procedere all’esame degli altri cinque.

26      Infatti, a sostegno del suo sesto motivo, vertente sulla violazione, commessa dal Tribunale della funzione pubblica, delle norme relative al diritto ad un equo processo, dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il ricorrente indica esclusivamente che «[q]uesto motivo di gravame deriva in modo ineluttabile da quelli che precedono».

27      Orbene, in forza dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in conformità all’art. 53, primo comma, del medesimo Statuto e all’art. 138, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve, in particolare, contenere un’esposizione sommaria dei motivi invocati. Esso deve pertanto chiarire in cosa consiste il motivo su cui il ricorso è fondato in modo tale che la sua sola enunciazione astratta non risponde alle esigenze dello Statuto della Corte e del regolamento di procedura del Tribunale. Inoltre, tale esposizione, per quanto sommaria, deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, all’occorrenza, senza altre informazioni a sostegno. La certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia esigono, affinché un ricorso o, più specificamente, un motivo di ricorso siano ricevibili, che gli elementi essenziali in fatto e in diritto su cui esso si basa risultino in modo coerente e comprensibile dal testo stesso del ricorso. Al riguardo, non spetta al Tribunale esaminare, nel complesso degli elementi invocati a sostegno di un primo motivo, se tali elementi possono essere utilizzati anche a sostegno di un secondo motivo (v. ordinanza 23 marzo 2010, causa T‑16/09 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 15, e la giurisprudenza citata).

28      Dal momento che la menzione secondo cui il «motivo di gravame deriva in modo ineluttabile da quelli che precedono» non consente di comprendere le asserite violazioni delle norme relative all’equo processo, dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il sesto motivo di ricorso deve essere dichiarato manifestamente irricevibile.

 Sul primo motivo, attinente a errori di diritto relativi alla declaratoria di irricevibilità della domanda di indennizzo

–       Argomenti delle parti

29      Il ricorrente ritiene che il Tribunale della funzione pubblica sia incorso in errori di diritto consistenti nel difetto di motivazione della declaratoria di irricevibilità della sua domanda di risarcimento, nel difetto di provvedimenti istruttori, nella manifesta incoerenza, nel carattere di «irragionevolezza irrazionalità illogicità arbitrarietà apoditticità tautologia», nella violazione, nell’erronea interpretazione e nell’erronea applicazione dell’art. 236 CE e dell’art. 90 dello Statuto dei funzionari, nonché nella violazione dei principi della certezza del diritto, del diritto alla tutela giurisdizionale, della gerarchia delle norme, della separazione dei poteri e della «subordinazione del giudice alla legge», in quanto ha dichiarato irricevibile la sua domanda di risarcimento per il fatto che era stata presentata oltre il termine ragionevole decorrente dal momento in cui ha avuto conoscenza della situazione lamentata.

30      In tal senso, il ricorrente ritiene che sia illegittima l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica secondo cui i funzionari o gli agenti che desiderano ottenere dalle istituzioni europee il risarcimento di un danno che sarebbe ascrivibile ad esse devono formulare la relativa domanda in un termine ragionevole a partire dal momento in cui hanno avuto conoscenza dell’illegalità della situazione lamentata. Infatti, la giurisprudenza su cui si fonda il Tribunale della funzione pubblica, al punto 19 dell’ordinanza impugnata, contravverrebbe all’art. 236 CE e all’art. 90 dello Statuto dei funzionari, che costituiscono norme gerarchicamente superiori e non prevedono alcun termine per la proposizione di tale domanda. La sua domanda ai sensi dell’art. 90 dello Statuto dei funzionari, a suo avviso, sarebbe stata introdotta tempestivamente e sarebbe, pertanto, perfettamente ricevibile, al pari del suo ricorso in primo grado.

31      Tuttavia, in subordine, nell’ipotesi in cui sia accolta l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica di cui al punto 19 dell’ordinanza impugnata, il ricorrente formula le osservazioni che seguono.

32      Anzitutto, se è pur vero che, secondo la giurisprudenza, il termine ragionevole decorre dal momento in cui il danno si verifica, occorrerebbe tener conto del fatto che, quando il danno si verifica giorno dopo giorno e presenta carattere continuo, il termine ragionevole inizia a decorrere dal momento in cui il danno cessa di verificarsi. Orbene, nel caso di specie, il danno subìto dal ricorrente sarebbe iniziato il 18 marzo 2002 e continuerebbe a prodursi «ad infinitum». Ciò premesso, il ricorrente si richiama alla giurisprudenza secondo la quale, quando il danno si dipana nel tempo, la vittima decade dal diritto di essere risarcita di quella parte del danno prodottasi anteriormente al termine ragionevole, ma certamente non di quella prodottasi successivamente. In tal senso, l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica, al punto 23 dell’ordinanza impugnata, secondo la quale sono trascorsi quasi cinque anni tra la data in cui il ricorrente ha avuto conoscenza della situazione di cui si lamenta e l’introduzione della sua domanda di risarcimento indirizzata alla Commissione sarebbe inoperante, atteso che occorrerebbe tener conto, ai fini dell’esame del carattere ragionevole del termine per introdurre una domanda di risarcimento danni, non della data in cui si è verificato il fatto generatore del danno o di quella in cui il ricorrente ne è venuto a conoscenza, bensì del momento in cui si è prodotto il danno stesso.

33      Il ricorrente ritiene poi che il termine ragionevole, in assenza di una disposizione regolamentare specifica al riguardo, non può essere inferiore al termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte. Il ricorrente considera che la mancata applicazione o il mancato rispetto del criterio della prescrizione quinquennale in un senso che risulti sfavorevole nei suoi confronti comporterebbe una violazione del diritto alla tutela giurisdizionale ed una violazione dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, in quanto gli verrebbe negato il diritto a conoscere anticipatamente e con certezza il termine che consente di ottenere il risarcimento del danno ad esso inflitto da un’istituzione. Orbene, nella fattispecie, il ricorrente considera che, poiché egli aveva introdotto la sua domanda di risarcimento del danno entro un termine inferiore a cinque anni dal momento in cui ha avuto conoscenza della situazione lamentata, tale domanda è stata introdotta in tempo utile.

34      Peraltro, anche ammettendo che il criterio della prescrizione quinquennale sia soltanto un elemento di paragone pertinente nella valutazione della ragionevolezza del termine per proporre una domanda di risarcimento a norma dell’art. 90 dello Statuto dei funzionari, il ricorrente ritiene che il Tribunale della funzione pubblica avrebbe dovuto esporre le ragioni precise per le quali si discosta, nella fattispecie, dal criterio della prescrizione quinquennale. Il ricorrente reputa che l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica, al punto 22 dell’ordinanza impugnata, secondo la quale il termine di cinque anni non può costituire un limite rigido e intangibile entro il quale ogni domanda sarebbe ricevibile, qualunque siano il tempo fatto trascorrere dal ricorrente per presentare all’amministrazione la sua domanda e le circostanze del caso di specie, sia apodittica e immotivata.

35      Infine, comunque, anche ammettendo che la ragionevolezza del termine debba essere valutata in funzione delle circostanze proprie a ciascun caso di specie e, in particolare, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità della causa e del comportamento delle parti coinvolte, il ricorrente è dell’avviso che il Tribunale della funzione pubblica abbia erroneamente applicato tali criteri nella fattispecie.

36      Pertanto, in primo luogo, l’argomento secondo cui la rilevanza della controversia per il ricorrente non sarebbe notevole, in quanto egli ha comunicato i suoi problemi alla Commissione soltanto dopo un periodo di quasi cinque anni, sarebbe tautologico. Esisterebbe, inoltre, una moltitudine di ragioni che giustificano l’asserita esitazione del ricorrente, che il Tribunale della funzione pubblica non avrebbe né menzionato né esaminato, mancando al suo dovere di svolgere un’istruttoria corretta. Il ricorrente invoca, a titolo di esempio ed in modo non esauriente, il suo stato di salute e la sua esitazione ad aggravare il suo rapporto difficile con la Commissione alla luce della sua evidente situazione di debolezza rispetto a quest’ultima.

37      In secondo luogo, il ricorrente considera che il Tribunale della funzione pubblica non abbia esaminato la complessità della controversia e che quindi l’affermazione secondo la quale il caso non è complesso, al punto 25 dell’ordinanza impugnata, non sia motivata.

38      In terzo luogo, per quanto riguarda l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica, enunciata al punto 26 dell’ordinanza impugnata, secondo la quale il ricorrente non deduce alcun elemento idoneo a dimostrare che il considerevole lasso di tempo al termine del quale ha presentato alla Commissione la domanda di risarcimento si spiegherebbe con il comportamento di quest’ultima ovvero per altro motivo, il ricorrente ritiene che chi agisce in tempo utile non sia tenuto a spiegare la ragione per cui non ha agito prima e che il comportamento della parte avversa non possa essere preso in considerazione per accertare l’esistenza di un ritardo.

39      La Commissione ritiene che il primo motivo del ricorrente sia privo di fondamento.

–       Giudizio del Tribunale

40      Occorre ricordare preliminarmente che una controversia tra un funzionario e l’istituzione da cui dipende o dipendeva, intesa al risarcimento di un danno, rientra, quando trova la sua origine nel rapporto di impiego che lega l’interessato all’istituzione, nell’ambito di applicazione dell’art. 236 CE (il cui disposto corrisponde a quello dell’art. 270 TFUE) e degli artt. 90 e 91 dello Statuto dei funzionari (v. ordinanza 26 giugno 2009, Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 22, punto 12 e giurisprudenza ivi citata).

41      Contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, poi, la circostanza che l’art. 236 CE e l’art. 90 dello Statuto dei funzionari non fissino alcun termine per la proposizione di una domanda di risarcimento danni non rende illegittimo il requisito del termine ragionevole per la proposizione di tale domanda. Infatti, l’applicazione di tali disposizioni, in particolare a una domanda per il risarcimento di un danno, deve essere fatta nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, che sono i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.

42      Orbene, detti principi generali, nel silenzio dei testi, ostano a che le istituzioni e le persone fisiche o giuridiche possano agire senza alcun limite di tempo, rischiando così, segnatamente, di compromettere la stabilità delle situazioni giuridiche consolidate, e richiedono il rispetto di un termine ragionevole (v. ordinanza 23 marzo 2010, Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 27, punto 34, e la giurisprudenza citata).

43      Nel caso di specie, il fatto di mettere in discussione, oltre un termine ragionevole, il fatto generatore del danno causato da un’istituzione europea nel contesto dei suoi rapporti con i suoi agenti compromette la certezza dei rapporti giuridici tra detta istituzione e i suoi agenti ed espone il bilancio dell’Unione europea a spese collegate ad un fatto generatore troppo lontano nel tempo (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 5 ottobre 2004, causa T‑144/02, Eagle e a./Commissione, Racc. pag. II‑3381, punto 62). Il principio della certezza del diritto richiede pertanto che gli agenti presentino entro un termine ragionevole le loro domande di risarcimento in seguito a un danno che sarebbe stato loro provocato da un’istituzione europea nel contesto dei loro rapporti con essa.

44      Pertanto, il Tribunale della funzione pubblica ha giustamente ritenuto, al punto 19 dell’ordinanza impugnata, che i funzionari e gli agenti che intendono ottenere dall’Unione europea un risarcimento in ragione di un danno ad essa imputabile avrebbero dovuto agire entro un termine ragionevole decorrente dal momento in cui hanno avuto conoscenza della situazione che essi lamentano.

45      Poiché il ricorrente considera che il suo ricorso è stato proposto entro un termine ragionevole in quanto è stato presentato entro un termine inferiore a quello previsto dall’art. 46, n. 1, dello Statuto della Corte, occorre ricordare che la controversia di cui trattasi rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 236 CE e degli artt. 90 e 91 dello Statuto dei funzionari, sicché esula dall’ambito di applicazione dell’art. 46 dello Statuto della Corte. La prescrizione quinquennale prevista da quest’ultima disposizione non costituisce pertanto il criterio di valutazione della ragionevolezza del termine di ricorso di cui trattasi, ma tutt’al più un elemento di raffronto pertinente all’atto di tale valutazione, dato che il termine di prescrizione suddetto è anche inteso a garantire la certezza del diritto nel contesto del ricorso per risarcimento danni proposto contro l’Unione europea (v. ordinanza 23 marzo 2010, Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 27, punto 37, e la giurisprudenza citata). Pertanto, come il Tribunale della funzione pubblica indica al punto 22 dell’ordinanza impugnata, la circostanza che una domanda sia stata proposta entro i cinque anni a partire dalla presa di conoscenza da parte degli interessati della situazione di cui si lamentano non è sufficiente per ritenere che tale domanda sia stata proposta in un termine ragionevole.

46      Poiché il ricorrente deduce il difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata quanto alle ragioni per cui il Tribunale della funzione pubblica si è discostato dal criterio della prescrizione quinquennale, occorre osservare che dai precedenti punti 44 e 45 risulta che tale censura si fonda su una comprensione manifestamente errata della pertinenza della prescrizione quinquennale ai fini della valutazione del termine ragionevole nella fattispecie. Inoltre, e comunque, l’obbligo di motivazione incombente al Tribunale della funzione pubblica deve essere considerato soddisfatto in quanto l’ordinanza impugnata lascia apparire il ragionamento svolto da quest’ultimo in modo che il Tribunale sia in grado di esercitare il suo controllo giurisdizionale (v. ordinanza 23 marzo 2010, Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 27, punto 38, e la giurisprudenza citata). Orbene, il Tribunale della funzione pubblica ha chiaramente esposto, al punto 21 dell’ordinanza impugnata, che, per valutare il termine ragionevole, occorreva anche tenere conto dell’elemento di paragone offerto dal termine di prescrizione di cinque anni previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte, benché tale termine non trovi applicazione nelle controversie tra l’Unione europea e i suoi agenti. Inoltre, al punto 22 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha esposto che era stato già statuito che tale termine di cinque anni non può costituire un limite rigido e intangibile entro il quale qualsiasi domanda sarebbe ricevibile a prescindere dal termine entro il quale il ricorrente ha presentato all’amministrazione la sua domanda e dalle circostanze della fattispecie. Pertanto, la censura del ricorrente vertente sul difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata è manifestamente infondata.

47      Peraltro, per quanto riguarda la contestazione del ricorrente in merito alla valutazione svolta dal Tribunale della funzione pubblica relativamente al rispetto del termine ragionevole per la presentazione del suo ricorso di risarcimento, occorre ricordare che la determinazione del termine di proposizione di un ricorso è una questione di diritto e che, in mancanza di un termine previsto dalla disciplina applicabile per proporre una domanda risarcitoria derivante dal rapporto di impiego tra un funzionario e l’istituzione da cui dipende, tale domanda deve essere proposta in un termine ragionevole che è determinato alla luce delle circostanze della controversia del caso di specie. Al riguardo, il Tribunale della funzione pubblica, se è pur vero che rileva e valuta sovranamente i fatti pertinenti, salvo il caso di snaturamento degli stessi, li qualifica poi giuridicamente alla luce del principio del rispetto del termine ragionevole, con il controllo del Tribunale (v. ordinanza 23 marzo 2010, Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 27, punto 39, e la giurisprudenza citata).

48      Nel caso di specie, per quanto concerne, in primo luogo, il criterio di valutazione del termine ragionevole relativo alla rilevanza della controversia per il ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica non ha commesso errori di diritto né snaturamento dei fatti nell’affermare, al punto 24 dell’ordinanza impugnata, che la rilevanza della controversia non appariva considerevole per il ricorrente dal momento che aveva comunicato i suoi problemi alla Commissione solo dopo un periodo di quasi cinque anni. Infatti, la rilevanza della controversia per il ricorrente si può valutare alla luce del periodo trascorso prima della proposizione della domanda di risarcimento (ordinanza 23 marzo 2010, Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 27, punto 40). Per quanto riguarda, in secondo luogo, il criterio attinente alla complessità della controversia, dal punto 25 dell’ordinanza impugnata risulta che il Tribunale della funzione pubblica ha motivato la mancanza di complessità del caso alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 46. In terzo luogo, quanto al criterio relativo al comportamento delle parti, va osservato che il ricorrente non lamenta nessun errore di diritto né snaturamento dei fatti che possa rimettere in discussione la valutazione del Tribunale della funzione pubblica esposta al punto 26 dell’ordinanza impugnata.

49      Quanto, infine, agli argomenti del ricorrente connessi al carattere continuo del danno, non vi è motivo di ritenere che il danno lamentato risultante dalla violazione del suo diritto alla vita privata, verificatosi con il mero invio, a mezzo telefax, della nota del 18 marzo 2002 a un numero che la Commissione non avrebbe dovuto utilizzare, sia stato subìto in modo continuativo. Infatti, se è pur vero che, secondo costante giurisprudenza, la prescrizione si applica solamente al periodo che precede di oltre cinque anni la data dell’atto interruttivo della prescrizione, senza ledere i diritti sorti durante i periodi successivi (v., in questo senso, sentenze 16 aprile 1997, causa T‑20/94, Hartmann/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑595, punto 132, e 7 febbraio 2002, causa T‑201/94, Kustermann/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑415, punto 64), ciò vale solamente nell’ipotesi eccezionale in cui si dimostri che il danno in questione si è ripetuto quotidianamente in seguito al verificarsi del fatto che ne è all’origine (ordinanze del Tribunale 14 settembre 2005, causa T‑140/04, Ehcon/Commissione, Racc. pag. II‑3287, punto 67, e 10 aprile 2008, causa T‑336/06, 2K‑Teint e a./Commissione e BEI, non pubblicata nella Raccolta, punto 106). Orbene, ciò non ricorre nel caso di specie. Infatti, è giocoforza rilevare che il ricorrente non ha dimostrato che il danno dedotto non è stato provocato istantaneamente con l’invio della nota del 18 marzo 2002, a mezzo telefax, a un numero che la Commissione non avrebbe dovuto utilizzare, ma è stato rinnovato quotidianamente successivamente a detto invio.

50      Alla luce delle suesposte considerazioni, il primo motivo deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul secondo motivo, attinente al difetto di motivazione della declaratoria di irricevibilità della domanda intesa all’accertamento, da parte del Tribunale della funzione pubblica, dell’esistenza e dell’illiceità del fatto generatore del danno de quo ed alla dichiarazione dell’illiceità di tale fatto generatore

–       Argomenti delle parti

51      Il ricorrente contesta la dichiarazione di manifesta irricevibilità, da parte del Tribunale della funzione pubblica, della sua domanda mirante a che detto Tribunale accerti l’esistenza e l’illiceità del fatto generatore del danno de quo e ne dichiari l’illiceità. Né l’accertamento dell’esistenza degli atti, fatti e comportamenti di cui trattasi e dell’illiceità dei medesimi, né la conseguente dichiarazione avrebbero valore di dichiarazione di principio. Essi sarebbero, per contro, strumentali e prodromici alla condanna della Commissione al risarcimento del danno subìto, ed inoltre sarebbero necessari ed ineludibili per motivare congruamente la conclusione del Tribunale della funzione pubblica in tal senso. A fortiori, ciò varrebbe nel caso del mero accertamento, quantomeno in via incidentale, degli atti, fatti e comportamenti di cui trattasi, ove quest’ultimo è immanente alla funzione giurisdizionale. In tal modo, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe violato, segnatamente, il diritto del ricorrente ad agire in giustizia.

52      La Commissione ritiene che il secondo motivo del ricorrente debba essere respinto in quanto infondato e comunque inoperante.

–       Giudizio del Tribunale

53      Anzitutto, va osservato che il Tribunale della funzione pubblica ha chiaramente esposto, al punto 18 dell’ordinanza impugnata, il ragionamento che lo ha condotto a dichiarare manifestamente irricevibile la domanda diretta a far accertare l’esistenza e l’illiceità del fatto generatore del danno de quo e a dichiararne l’illiceità. Infatti, il Tribunale della funzione pubblica espone in tale punto, richiamando la sentenza della Corte 13 luglio 1989, causa 108/88, Jaenicke Cendoya/Commissione (Racc. pag. 2711, punti 8 e 9), che la domanda del ricorrente è irricevibile in quanto ad esso non compete fare dichiarazioni in diritto e in quanto la domanda di cui trattasi è in realtà intesa ad ottenere da esso il riconoscimento della fondatezza di taluni argomenti invocati a sostegno della domanda risarcitoria. Pertanto, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 46, la censura del ricorrente vertente sul difetto di motivazione del rigetto della sua domanda diretta a che il Tribunale della funzione pubblica accerti l’esistenza degli atti, fatti e comportamenti di cui trattasi, nonché la loro illiceità, è manifestamente infondata.

54      Peraltro, nel contesto della censura relativa al fatto che le domande intese ad accertare l’esistenza degli atti, fatti e comportamenti di cui trattasi, nonché la loro illiceità, non avrebbero valore di dichiarazione di principio, ma costituirebbero elementi prodromici alla condanna della Commissione al risarcimento del danno di cui trattasi, il ricorrente ammette espressamente che tali domande sono dirette a far riconoscere la fondatezza dei motivi invocati a sostegno del ricorso di risarcimento. Quindi, anche se il ricorrente le qualifica come «prodromiche», tali domande devono essere considerate come aventi lo scopo di ottenere dal giudice dichiarazioni in diritto ai sensi della giurisprudenza Jaenicke Cendoya/Commissione (punto 16 supra). Pertanto, il Tribunale della funzione pubblica ha giustamente concluso che siffatte domande erano irricevibili. Conseguentemente, tale censura deve essere respinta perché manifestamente infondata.

55      Dalle suesposte considerazioni discende che il secondo motivo deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul terzo motivo, attinente all’illegittimità della declaratoria di irricevibilità manifesta del ricorso in primo grado complessivamente inteso

–       Argomenti delle parti

56      Il ricorrente ritiene che, in considerazione degli errori di diritto contenuti nell’ordinanza impugnata come esposti nei primi due motivi del suo ricorso, il Tribunale della funzione pubblica erroneamente abbia concluso nel senso dell’irricevibilità manifesta del ricorso di primo grado. Inoltre, censura il Tribunale della funzione pubblica per non aver motivato il carattere manifesto dell’irricevibilità del ricorso in primo grado e per aver espresso talune considerazioni che sarebbero oggettivamente inconciliabili con una dichiarazione di irricevibilità manifesta di tale ricorso. Il ricorrente considera sostanzialmente che la circostanza che il Tribunale della funzione pubblica abbia proseguito il procedimento fino allo stadio della notifica del controricorso viola i requisiti di economia processuale ed è incompatibile con la conclusione che il ricorso in primo grado sarebbe manifestamente irricevibile, nonché con i motivi presunti di siffatta conclusione.

57      La Commissione ritiene che il terzo motivo del ricorrente debba essere respinto in quanto infondato.

–       Giudizio del Tribunale

58      Ai sensi dell’art. 76 del regolamento di procedura, quando il Tribunale della funzione pubblica è manifestamente incompetente a conoscere di un ricorso o di alcune sue conclusioni o quando il ricorso è, in tutto o in parte, manifestamente irricevibile o manifestamente infondato in diritto, il Tribunale della funzione pubblica può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

59      Il Tribunale della funzione pubblica, avendo giudicato il ricorso manifestamente irricevibile, ha correttamente adottato l’ordinanza impugnata in base a tale disposizione.

60      Inoltre, la censura del ricorrente, secondo cui il ricorso non era manifestamente irricevibile considerati gli errori di diritto contenuti nell’ordinanza impugnata ed esposti nel contesto dei primi due motivi, è manifestamente priva di qualsiasi fondamento per i motivi svolti ai precedenti punti 29-55.

61      Peraltro, quanto al carattere manifesto dell’irricevibilità del ricorso in primo grado, occorre esaminare se, come asserisce il ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica abbia violato l’obbligo di motivazione che gli incombe, come esposto al precedente punto 46. Al riguardo, ai punti 19‑27 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha chiaramente dimostrato che un ricorso di risarcimento danni come quello del ricorrente doveva essere proposto in un termine ragionevole e che, ai fini della valutazione di tale termine, occorreva tenere conto delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità del caso, del comportamento delle parti presenti, nonché dell’elemento di comparazione offerto dal termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte, sebbene tale termine non si applichi nella fattispecie. Dopo aver precisato la portata di quest’ultimo elemento, il Tribunale della funzione pubblica ha indicato che erano trascorsi quasi cinque anni tra la data in cui il ricorrente aveva avuto conoscenza della situazione lamentata, vale a dire il 20 marzo 2002, e la data della domanda di risarcimento presentata alla Commissione, vale a dire l’8 marzo 2007. Inoltre, il Tribunale della funzione pubblica ha esposto le ragioni per cui esso considerava che la nella rilevanza della controversia fosse di importanza limitata. Esso ha parimenti rilevato l’assenza di motivi presentati dal ricorrente in merito all’importanza del termine di cui trattasi. Alla luce di tutti questi elementi, il Tribunale della funzione pubblica ha concluso che la domanda di risarcimento del ricorrente non era stata presentata in un termine ragionevole e che, conseguentemente, le pretese risarcitorie dovevano essere considerate manifestamente irricevibili. Infine, il Tribunale della funzione pubblica ha esposto, al punto 18 dell’ordinanza impugnata, che le conclusioni intese ad ottenere che accertasse l’esistenza e l’illiceità del fatto generatore del danno di cui trattasi e dichiarasse la sua illegittimità erano in realtà dirette a far riconoscere la fondatezza di taluni argomenti invocati a sostegno delle pretese risarcitorie, il che rendeva dette conclusioni manifestamente irricevibili. Pertanto, il Tribunale della funzione pubblica è stato chiaro nell’esporre il suo ragionamento quanto al carattere manifesto dell’irricevibilità del ricorso, di modo che la censura del ricorrente vertente sul difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata è manifestamente infondata.

62      Peraltro, in merito alla circostanza, dedotta dal ricorrente, che il procedimento si è protratto fino alla fase della notifica del controricorso, è sufficiente ricordare che nessuna disposizione processuale imponeva al Tribunale della funzione pubblica di dichiarare il ricorso irricevibile anche prima del deposito del controricorso (ordinanza 23 marzo 2010, Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 27, punto 53).

63      Conseguentemente, il terzo motivo deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul quarto motivo, attinente al difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata, alla carenza di provvedimenti istruttori in relazione alla data di deposito del controricorso nonché a un vizio procedurale lesivo degli interessi del ricorrente

–       Argomenti delle parti

64      Il ricorrente ritiene sostanzialmente che il Tribunale della funzione pubblica abbia commesso errori in diritto non sollevando d’ufficio l’irricevibilità del controricorso presentato oltre i termini e tenendo conto del contenuto di detto controricorso. I requisiti di chiarezza, di certezza del diritto e di amministrazione della giustizia in tempi ragionevoli nonché i principi «della parità delle armi» e dell’imparzialità del giudice implicherebbero, infatti, che, quando il controricorso viene presentato oltre i termini, il giudice debba sollevare d’ufficio la sua irricevibilità, provvedere a che le parti ne siano informate e non tenere conto dell’atto.

65      Il ricorrente fa osservare, al riguardo, che il controricorso è stato presentato il 2 luglio 2008 e che, dato che il ricorso è stato notificato alla Commissione, secondo lui, entro il 31 marzo 2008, il termine per la presentazione del controricorso scadeva, in applicazione dell’art. 39 del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, letto in combinato disposto con l’art. 100 di tale regolamento, non oltre l’11 giugno 2008. Orbene, il Tribunale della funzione pubblica non avrebbe indicato né nel corso dell’istruzione della causa né nell’ordinanza impugnata che il controricorso era stato presentato oltre i termini. Inoltre, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe riportato, ai punti 16‑28 e 30 dell’ordinanza impugnata, gli argomenti e i quesiti della Commissione che compaiono nel controricorso, sicché avrebbe illegittimamente tenuto conto del contenuto di tale atto. Tale vizio processuale sarebbe pregiudizievole per il ricorrente in quanto non si può escludere che il Tribunale della funzione pubblica avrebbe valutato più favorevolmente la sua domanda agendo diversamente. Tale vizio processuale comporterebbe l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

66      La Commissione contesta che il controricorso sia stato presentato oltre i termini e ritiene che il quarto motivo del ricorrente debba essere respinto in toto in quanto infondato. Ad abundantiam, precisa che, anche se il controricorso fosse stato depositato oltre il termine, il mancato rispetto del termine di presentazione di detto atto è una questione che il giudice rileva d’ufficio, sicché il motivo formulato dal ricorrente è comunque inoperante.

–       Giudizio del Tribunale

67      Nel caso di specie, il ricorrente ha depositato il ricorso presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 31 marzo 2008. Il 22 aprile 2008, la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica ha inviato, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, il ricorso alla Commissione ed essa ne ha accusato il ricevimento il 24 aprile 2008. La Commissione ha depositato il controricorso presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 2 luglio 2008.

68      Orbene, in forza dell’art. 39, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, letto in combinato disposto con l’art. 100, n. 3, di tale regolamento, la parte convenuta presenta il controricorso nei due mesi e dieci giorni che seguono la notifica del ricorso.

69      Inoltre, dagli atti di causa del Tribunale della funzione pubblica risulta che quest’ultimo ha notificato il ricorso alla Commissione mediante plico postale raccomandato con ricevuta di ritorno al suo indirizzo. Occorre osservare che il Tribunale della funzione pubblica non disponeva di nessuna altra possibilità per procedere alla notifica, nei limiti in cui, per quanto riguarda la notifica del primo documento nel contesto della nuova controversia, la Commissione non aveva ancora avuto occasione di eleggere domicilio a Lussemburgo né di accettare di ricevere notifiche mediante fax o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione.

70      Peraltro, in caso di plico postale raccomandato, la data della notifica che fa decorrere i termini è quella in cui il destinatario ha accusato ricevimento del plico postale raccomandato che gli è stato inviato (v. ordinanza 23 marzo 2010, Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 27, punto 64, e la giurisprudenza citata).

71      Conseguentemente, poiché il 24 aprile 2008 la Commissione ha accusato ricevimento della lettera raccomandata del Tribunale della funzione pubblica che contiene il ricorso, il termine di due mesi e dieci giorni per il deposito del controricorso doveva calcolarsi a partire da quest’ultima data e scadeva pertanto il 4 luglio 2008. Poiché la Commissione ha depositato il controricorso il 2 luglio 2008, è manifesto che essa non lo ha depositato oltre i termini. Pertanto, il primo motivo è chiaramente destituito in punto di fatto.

72      Ne consegue che il Tribunale della funzione pubblica poteva tenere conto del controricorso della Commissione.

73      Pertanto, il quarto motivo deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul quinto motivo, attinente al difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata, al difetto di provvedimenti istruttori e ad errori di diritto quanto alla condanna del ricorrente alle spese

–       Argomenti delle parti

74      Il ricorrente deduce che non può essere condannato a rifondere, a favore della Commissione, le spese sostenute per la redazione e la presentazione del controricorso, che egli considera, per le ragioni esposte nel contesto del suo quarto motivo, irricevibile in quanto depositato tardivamente. La Commissione, pertanto, non avrebbe sostenuto spese recuperabili.

75      La Commissione ritiene che anche il quinto motivo dedotto dal ricorrente sia infondato e, in ogni caso, inoperante.

–       Giudizio del Tribunale

76      Ai sensi dell’art. 11, n. 2, dell’allegato allo Statuto della Corte, «l’impugnazione non può avere ad oggetto unicamente l’onere e l’importo delle spese».

77      Poiché tutti gli altri motivi dedotti dal ricorrente sono stati respinti, il motivo inerente le spese deve essere dichiarato irricevibile in applicazione di tale disposizione (v. ordinanza 23 marzo 2010, Marcuccio/Commissione, cit. supra al punto 27, punto 70, e la giurisprudenza citata).

78      Occorre, pertanto, respingere integralmente il ricorso.

 Sulle spese

79      In conformità dell’art. 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, il Tribunale statuisce sulle spese.

80      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, primo comma, dello stesso regolamento, applicabile alle impugnazioni in forza dell’art. 144 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

81      Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato a supportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione nell’ambito del presente grado di giudizio.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Luigi Marcuccio sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea nell’ambito del presente grado di giudizio.

Lussemburgo, 15 settembre 2010

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l’italiano.