Language of document : ECLI:EU:T:2021:640

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

29 settembre 2021 (*)

«Relazioni esterne – Accordi internazionali – Accordo euromediterraneo di associazione CE-Marocco – Accordo di partenariato nel settore della pesca sostenibile tra l’Unione e il Marocco – Protocollo di attuazione dell’accordo di partenariato – Scambio di lettere che accompagna l’accordo di partenariato – Decisione di conclusione – Regolamento relativo alla ripartizione delle possibilità di pesca tra gli Stati membri – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Capacità di stare in giudizio – Incidenza diretta – Incidenza individuale – Ambito di applicazione territoriale – Competenza – Interpretazione del diritto internazionale adottata dalla Corte – Principio di autodeterminazione – Principio dell’effetto relativo dei trattati – Invocabilità – Nozione di consenso – Attuazione – Potere discrezionale – Limiti – Mantenimento degli effetti della decisione impugnata»

Nelle cause riunite T‑344/19 e T‑356/19,

Fronte popolare per la liberazione del Saguia-el-Hamra e del Rio de Oro (Fronte Polisario), rappresentato da G. Devers, avvocato,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da F. Naert, P. Plaza García e V. Piessevaux, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Regno di Spagna, rappresentato da S. Centeno Huerta, in qualità di agente,

interveniente nelle cause T‑344/19 e T‑356/19

da

Repubblica francese, rappresentata da A.-L. Desjonquères, C. Mosser, J.-L. Carré e T. Stéhelin, in qualità di agenti,

interveniente nelle cause T‑344/19 e T‑356/19

da

Commissione europea, rappresentata da F. Castillo de la Torre, A. Bouquet e A. Stobiecka-Kuik, in qualità di agenti,

interveniente nelle cause T‑344/19 e T‑356/19

e da

Chambre des pêches maritimes de la Méditerranée, con sede in Tangeri (Marocco),

Chambre des pêches maritimes de l’Atlantique Nord, con sede in Casablanca (Marocco),

Chambre des pêches maritimes de l’Atlantique Centre, con sede in Agadir (Marocco),

Chambre des pêches maritimes de l’Atlantique Sud, con sede in Dakhla (Sahara occidentale),

rappresentate da G. Forwood, N. Colin e A. Hublet, avvocati,

intervenienti nella causa T‑344/19

avente ad oggetto, nella causa T‑344/19, la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento della decisione (UE) 2019/441 del Consiglio, del 4 marzo 2019, relativa alla conclusione dell’accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l’Unione europea e il Regno del Marocco, del relativo protocollo di attuazione e dello scambio di lettere che accompagna l’accordo (GU 2019, L 77, pag. 4), e, nella causa T‑356/19, la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento del regolamento (UE) 2019/440 del Consiglio, del 29 novembre 2018, relativo alla ripartizione delle possibilità di pesca a norma dell’accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l’Unione europea e il Regno del Marocco e del relativo protocollo di attuazione (GU 2019, L 77, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composta da M.J. Costeira, presidente, D. Gratsias (relatore), M. Kancheva, B. Berke e T. Perišin, giudici,

cancelliere: M. Marescaux, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 marzo 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

A.      Contesto internazionale

1        Gli sviluppi del contesto internazionale relativo alla questione del Sahara occidentale possono essere riassunti come segue.

2        Il 14 dicembre 1960 l’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni unite (ONU) ha adottato la risoluzione 1514 (XV), intitolata «Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali», che enuncia, in particolare, che «[t]utti i popoli hanno il diritto di libera determinazione[,] in base [al quale] essi decidono liberamente del proprio statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale», che «[n]ei territori di amministrazione fiduciaria, nei territori non autonomi e in tutti gli altri territori non ancora acceduti all’indipendenza, saranno adottate misure immediate per trasferire tutti i poteri alle popolazioni dei territori stessi, senza condizione o riserva alcuna, in conformità alla loro volontà e ai loro voti liberamente espressi», e che «[t]utti gli Stati sono tenuti a osservare fedelmente e strettamente le disposizioni della Carta delle Nazioni Unite (…) sulla base dell’uguaglianza, della non ingerenza negli affari interni degli Stati e del rispetto dei diritti sovrani e dell’integrità territoriale di tutti i popoli».

3        Il Sahara occidentale è un territorio dell’Africa nord-occidentale, che è stato colonizzato dal Regno di Spagna alla fine del XIX secolo e che, alla data della risoluzione 1514 (XV), era divenuto una provincia spagnola. Nel 1963 esso è stato inserito dall’ONU nell’«elenco preliminare dei territori ai quali si applica la Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali [risoluzione 1514 (XV) dell’Assemblea generale]», quale territorio non autonomo amministrato dal Regno di Spagna, ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco il 26 giugno 1945. Esso figura tuttora nell’elenco dei territori non autonomi redatto dal segretario generale dell’ONU sulla base delle informazioni trasmesse in applicazione dell’articolo 73, lettera e), di tale Carta.

4        Il 20 dicembre 1966 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 2229 (XXI) sulla questione dell’Ifni e del Sahara spagnolo, nella quale essa ha «[r]ibadi[to] il diritto inalienabile de[l] popol[o] (…) del Sahara spagnolo all’autodeterminazione in conformità alla risoluzione 1514 (XV) dell’Assemblea generale» e ha chiesto al Regno di Spagna, nella sua veste di potenza amministratrice, di «definire quanto prima (…) le modalità dell’organizzazione di un referendum da svolgersi sotto l’egida dell’[ONU] per consentire alla popolazione autoctona del territorio di esercitare liberamente il proprio diritto all’autodeterminazione».

5        Il 24 ottobre 1970 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 2625 (XXV), con la quale essa ha approvato la «Dichiarazione relativa ai principi del diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione tra gli Stati conformemente alla Carta delle Nazioni Unite», il cui testo è allegato a detta risoluzione. Tale dichiarazione «proclama solennemente», in particolare, il «principio dell’eguaglianza dei diritti dei popoli e del loro diritto all’autodeterminazione». Per quanto riguarda tale principio, essa enuncia, segnatamente, quanto segue:

«In base al principio dell’uguaglianza di diritti dei popoli e del loro diritto all’autodeterminazione, principio consacrato nella Carta delle Nazioni Unite, tutti i popoli hanno il diritto di determinare il proprio assetto politico, in piena libertà e senza ingerenze esterne e di perseguire il proprio sviluppo economico, sociale e culturale, ed ogni Stato ha il dovere di rispettare tale diritto in conformità con le disposizioni della Carta.

(…)

La creazione di uno Stato sovrano e indipendente, la libera associazione o integrazione con uno Stato indipendente o l’acquisto di ogni altro status politico liberamente deciso da un popolo costituiscono per tale popolo modi di esercitare il suo diritto all’autodeterminazione.

(…)

Il territorio di una colonia o di un altro territorio non autonomo ha, in virtù della Carta, uno status separato e distinto da quello dello Stato che l’amministra; questo status separato e distinto in virtù della Carta sussiste finché il popolo della colonia o del territorio non autonomo non eserciti il suo diritto all’autodeterminazione conformemente alla Carta e, più in particolare, ai suoi scopi e principi».

6        Il Fronte popolare per la liberazione del Saguia-el-Hamra e del Rio de Oro (Fronte Polisario) è un’organizzazione costituita il 10 maggio 1973 nel Sahara occidentale. Esso si definisce all’articolo 1 del suo statuto come un «movimento di liberazione nazionale» i cui membri «combatt[ono] per l’indipendenza totale e per il recupero della sovranità del popolo saharawi sulla totalità del territorio della Repubblica araba saharawi democratica».

7        Il 20 agosto 1974 il Regno di Spagna ha informato l’ONU del proprio intento di organizzare, sotto l’egida di tale organizzazione, un referendum nel Sahara occidentale.

8        Il 13 dicembre 1974 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 3292 (XXIX), con la quale essa, in particolare, ha deciso di chiedere alla Corte internazionale di giustizia (CIG) un parere consultivo sulle seguenti questioni:

«I. Se il Sahara occidentale (Rio de Oro e Sakiet El Hamra), al momento della sua colonizzazione da parte della Spagna, fosse un territorio di nessuno (terra nullius).

In caso di risposta negativa alla prima questione,

II. Se vi fossero vincoli giuridici di tale territorio con il Regno del Marocco e con l’insieme mauritano».

9        Il 16 ottobre 1975 la CIG ha rilasciato il parere consultivo (v. Sahara occidentale, parere consultivo, CIG, Raccolta 1975, pag. 12; in prosieguo: il «parere consultivo sul Sahara occidentale»). Al paragrafo 162 di tale parere, essa ha considerato quanto segue:

«Gli elementi e le informazioni a conoscenza della Corte mostrano l’esistenza, al momento della colonizzazione spagnola, di vincoli giuridici di fedeltà fra il Sultano del Marocco e alcune tribù che vivevano nel territorio del Sahara occidentale. Essi mostrano parimenti l’esistenza di diritti, inclusi taluni diritti relativi alla terra, che costituivano vincoli giuridici fra l’insieme mauritano, nel senso inteso dalla Corte, e il territorio del Sahara occidentale. Per contro, la Corte conclude che gli elementi e le informazioni portati a sua conoscenza non dimostrano l’esistenza di alcun vincolo di sovranità territoriale tra il territorio del Sahara occidentale, da un lato, e il Regno del Marocco o l’insieme mauritano, dall’altro. La Corte non ha pertanto rilevato l’esistenza di vincoli giuridici tali da modificare l’applicazione della risoluzione 1514 (XV) [dell’Assemblea generale dell’ONU] con riferimento alla decolonizzazione del Sahara occidentale e, in particolare, all’applicazione del principio di autodeterminazione mediante la libera e autentica espressione della volontà delle popolazioni del territorio».

10      Al paragrafo 163 del parere consultivo sul Sahara occidentale, la CIG ha dichiarato in particolare quanto segue:

«[La Corte è del parere], [p]er quanto riguarda la questione I, (…) che il Sahara occidentale (Rio de Oro e Sakiet el Hamra) non fosse un territorio di nessuno (terra nullius) al momento della colonizzazione da parte della Spagna; (…) per quanto riguarda la questione II, (…) che il territorio avesse, con il Regno del Marocco, taluni vincoli giuridici aventi i caratteri indicati al paragrafo 162 del presente parere [e] che il territorio avesse, con l’insieme mauritano, taluni vincoli giuridici aventi i caratteri indicati al paragrafo 162 del presente parere».

11      In un discorso pronunciato il giorno della pubblicazione del parere consultivo sul Sahara occidentale, il re del Marocco ha dichiarato che «tutti [avevano] riconosciuto che il Sahara [occidentale] era [in] possesso» del Regno del Marocco e che ad esso «incomb[eva] recuperare pacificamente tale territorio», facendo appello, a tal fine, all’organizzazione di una marcia.

12      Il 22 ottobre 1975 il Consiglio di sicurezza dell’ONU, adito dal Regno di Spagna, ha adottato la risoluzione 377 (1975), nella quale esso ha «invit[ato] il [s]egretario generale [dell’ONU] ad avviare consultazioni immediate con le parti coinvolte e interessate» e ha «[e]sort[ato] [queste ultime] a dar prova di cautela e moderazione». Il 2 novembre 1975 esso ha adottato la risoluzione 379 (1975), con la quale ha «[e]sort[ato] tutte le parti coinvolte e interessate ad evitare qualsiasi azione unilaterale o altro che potrebbe aggravare ulteriormente la tensione nella regione» e ha «[i]nvit[ato] il [s]egretario generale a proseguire ed intensificare le sue consultazioni». Il 6 novembre 1975, a seguito dell’avvio della marcia annunciata dal re del Marocco, cui hanno partecipato 350 000 persone, e dell’attraversamento della frontiera fra il Regno del Marocco e il Sahara occidentale da parte di queste ultime, esso ha adottato la risoluzione 380 (1975), con la quale ha, in particolare, ««[d]eplor[ato] lo svolgimento [di tale] marcia» e ha «[c]hie[sto] al [Regno del] Marocco l’immediato ritiro dal territorio del Sahara occidentale di tutti i partecipanti a [detta] marcia».

13      Il 26 febbraio 1976 il Regno di Spagna ha comunicato al segretario generale dell’ONU che, a partire da tale data, esso poneva fine alla propria presenza nel Sahara occidentale e si riteneva svincolato da qualsiasi responsabilità di carattere internazionale relativa all’amministrazione di tale territorio. L’elenco dei territori non autonomi di cui al precedente punto 3 si riferisce, per quanto riguarda il Sahara occidentale, a tale dichiarazione che è riprodotta in una nota a piè di pagina.

14      Nel frattempo, in tale regione è esploso un conflitto armato tra il Regno del Marocco, la Repubblica islamica di Mauritania e il Fronte Polisario. Una parte della popolazione del Sahara occidentale è fuggita da tale conflitto e ha trovato rifugio in campi situati nel territorio algerino, nelle vicinanze del confine con il Sahara occidentale.

15      Il 14 aprile 1976 il Regno del Marocco ha concluso con la Repubblica islamica di Mauritania un trattato di ripartizione del territorio del Sahara occidentale e ha annesso la parte di tale territorio che gli era stata assegnata da tale trattato. Il 10 agosto 1979 la Repubblica islamica di Mauritania ha concluso un accordo di pace con il Fronte Polisario, in forza del quale essa ha rinunciato a qualsiasi rivendicazione territoriale sul Sahara occidentale. Il Regno del Marocco ha assunto il controllo del territorio evacuato dalle forze mauritane e ha provveduto alla sua annessione.

16      Il 21 novembre 1979 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 34/37 sulla questione del Sahara occidentale, nella quale essa ha «[r]iafferm[ato] il diritto inalienabile del popolo del Sahara occidentale all’autodeterminazione e all’indipendenza, conformemente alla Carta dell’[ONU] (…) e agli obiettivi della [sua] risoluzione 1514 (XV)», ha «[d]eplor[ato] vivamente l’aggravarsi della situazione derivante dalla persistenza dell’occupazione del Sahara occidentale da parte del Marocco», ha «[e]sorta[to] il Marocco ad impegnarsi a sua volta nel processo di pace e a porre fine all’occupazione del territorio del Sahara occidentale» e ha «[r]accomand[ato] a tal fine che il [Fronte Polisario], rappresentante del popolo del Sahara occidentale, partecip[asse] pienamente ad ogni ricerca di una soluzione politica equa, duratura e definitiva della questione del Sahara occidentale, conformemente alle risoluzioni e dichiarazioni dell’[ONU]». Tale risoluzione è stata seguita dalla risoluzione 35/19, dell’11 novembre 1980, al punto 10 della quale l’Assemblea generale ha «[e]sort[ato] (…) il Marocco e il [Fronte Polisario], rappresentante del popolo del Sahara occidentale, ad avviare negoziati diretti al fine di giungere ad una composizione definitiva della questione del Sahara occidentale».

17      Il conflitto tra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario è proseguito fino a che, il 30 agosto 1988, le parti hanno accettato, in via di principio, talune proposte di accordo formulate, segnatamente, dal Segretario generale dell’ONU e che prevedevano, in particolare, la proclamazione di un cessate il fuoco, nonché l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione sotto il controllo dell’ONU.

18      Il 27 giugno 1990 il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha adottato la risoluzione 658 (1990), nella quale esso ha «[a]pprov[ato] la relazione del [s]egretario generale [dell’ONU] contenente (…) le proposte di accordo [di cui al precedente punto 17] nonché l’esposizione del piano [della loro attuazione]» e ha «[c]hie[sto] alle due parti di cooperare pienamente con il [s]egretario generale [dell’ONU] e il [p]residente in carica della Conferenza dei capi di Stato e di governo dell’Organizzazione dell’Unità africana nell’ambito degli sforzi che essi dispiega[va]no per pervenire ad una composizione rapida della questione del Sahara occidentale». Il 29 aprile 1991 il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 690 (1991) che istituisce la missione delle Nazioni Unite per l’organizzazione di un referendum nel Sahara occidentale (Minurso).

19      Il 6 dicembre 1995 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 50/33, intitolata «Attività degli interessi stranieri, economici e altri, che ostano all’applicazione della Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali nei territori che si trovano sotto il dominio coloniale», nella quale, segnatamente, essa ha «[r]iafferm[ato] il diritto inalienabile dei popoli dei territori coloniali o non autonomi all’autodeterminazione, all’indipendenza e al godimento delle risorse naturali dei loro territori, nonché il loro diritto di disporre ai propri fini di tali risorse», ha «[a]fferm[ato] il valore degli investimenti economici stranieri intrapresi in collaborazione con le popolazioni dei territori non autonomi e in conformità ai loro auspici al fine di apportare un contributo valido allo sviluppo socioeconomico dei territori», ha «[d]ichiar[ato] ancora una volta che lo sfruttamento dannoso e il saccheggio delle risorse marine e di altre risorse naturali dei territori coloniali o non autonomi da parte di interessi economici stranieri, in violazione delle risoluzioni pertinenti dell’[ONU], compromett[eva]no l’integrità e la prosperità di tali territori» e ha «invit[ato] tutti i governi e tutti gli organismi delle Nazioni Unite ad assicurare che la sovranità permanente delle popolazioni dei territori coloniali o non autonomi sulle loro risorse naturali sia pienamente rispettata e salvaguardata».

20      Ad oggi, nonostante le consultazioni e gli scambi organizzati sotto l’egida dell’ONU, le parti non sono pervenute a risolvere la situazione nel Sahara occidentale. Il Regno del Marocco controlla la maggior parte del territorio del Sahara occidentale, mentre il Fronte Polisario ne controlla l’altra parte; queste due zone sono separate da un muro di sabbia costruito e sorvegliato dall’esercito marocchino. Un numero considerevole di profughi originari di tale territorio vive tutt’ora nei campi amministrati dal Fronte Polisario, nel territorio algerino.

B.      Accordo di associazione e accordo di pesca del 2006

1.      Accordo di associazione

21      Il 1° marzo 2000 è entrato in vigore l’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra, firmato a Bruxelles il 26 febbraio 1996 (GU 2000, L 70, pag. 2; in prosieguo: l’«accordo di associazione»).

22      L’articolo 1, paragrafo 1, dell’accordo di associazione prevede quanto segue:

«È istituita un’associazione tra la Comunità e i suoi Stati membri, da una parte, e il Marocco, dall’altra».

23      L’articolo 94 dell’accordo di associazione prevede quanto segue:

«Il presente accordo si applica ai territori in cui si applicano i trattati che istituiscono la Comunità europea e la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, alle condizioni in essi indicate, da una parte, e al territorio del Regno del Marocco, dall’altra»».

24      Nell’ambito dell’accordo di associazione e in applicazione del suo articolo 16, l’Unione europea e il Regno del Marocco hanno firmato il 13 dicembre 2010 a Bruxelles (Belgio) l’accordo in forma di scambio di lettere in merito a misure di liberalizzazione reciproche per i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, il pesce e i prodotti della pesca, alla sostituzione dei protocolli nn. 1, 2 e 3 e dei relativi allegati e a modifiche dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (GU 2012, L 241, pag. 4; in prosieguo: l’«accordo di liberalizzazione»). L’8 marzo 2012 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2012/497/UE, relativa alla conclusione dell’accordo di liberalizzazione (GU 2012, L 241, pag. 2).

2.      Accordo sulla pesca del 2006

25      Il 22 maggio 2006 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 764/2006, relativo alla conclusione di un accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e il Regno del Marocco (GU 2006, L 141, pag. 1). L’articolo 1 di tale regolamento così disponeva: «È approvato, a nome della Comunità, l’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e il Regno del Marocco».

26      Come risultava dal suo preambolo e dai suoi articoli 1 e 3, l’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e il Regno del Marocco (in prosieguo: l’«accordo di pesca del 2006») mirava a rafforzare le relazioni di cooperazione instaurate fra la Comunità e il Regno del Marocco, in particolare nell’ambito dell’accordo di associazione, istituendo, nel settore della pesca, un partenariato volto a promuovere una pesca responsabile nelle zone di pesca marocchine e ad attuare in maniera efficace la politica della pesca marocchina. A tal fine, siffatto accordo introduceva, in particolare, norme relative alla cooperazione economica, finanziaria, tecnica e scientifica fra le parti, alle condizioni per l’accesso dei pescherecci battenti bandiera degli Stati membri alle zone di pesca marocchina, nonché alle modalità di controllo delle attività di pesca in tali zone.

27      L’articolo 11 dell’accordo di pesca del 2006 prevedeva che esso si applicava, per quanto riguardava il Regno del Marocco, «al territorio del Marocco e alle acque soggette alla giurisdizione marocchina». Inoltre, l’articolo 2, lettera a), di tale accordo precisava che la nozione di «zona di pesca marocchina» doveva essere intesa, ai fini di tale accordo, del protocollo che l’accompagnava, nonché del suo allegato, come riferita alle «acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco».

28      In conformità al suo articolo 17, l’accordo di pesca del 2006 è entrato in vigore il 28 febbraio 2007 (GU 2007, L 78, pag. 31).

29      Il protocollo che ha accompagnato inizialmente l’accordo di pesca del 2006 è stato sostituito da un altro protocollo al quale è subentrato, a sua volta, nel 2013, un nuovo protocollo, firmato a Bruxelles il 18 novembre 2013, che è stato approvato, a nome dell’Unione, dalla decisione 2013/785/UE del Consiglio, del 16 dicembre 2013, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall’accordo di partenariato nel settore della pesca fra l’Unione europea e il Regno del Marocco (GU 2013, L 349, pag. 1), e che è entrato in vigore il 15 luglio 2014 (GU 2014, L 228, pag. 1; in prosieguo: il «protocollo del 2013»).

30      Ai sensi dell’articolo 1 del protocollo del 2013, quest’ultimo «contribui[va] alla realizzazione degli obiettivi generali dell’accordo di associazione ed [era] volto a garantire la sostenibilità della risorsa alieutica sul piano ecologico, economico e sociale».

C.      Controversie connesse all’accordo di associazione

1.      Cause T512/12 e C104/16 P

31      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 novembre 2012 e registrato con il numero di ruolo T‑512/12, il Fronte Polisario, ricorrente, ha proposto un ricorso volto all’annullamento della decisione 2012/497 (sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Fronte Polisario, C‑104/16 P, EU:C:2016:973, punto 38; in prosieguo: la «sentenza Consiglio/Fronte Polisario»).

32      A sostegno del suo ricorso in tale causa, il ricorrente aveva addotto, segnatamente, un certo numero di violazioni, da parte del Consiglio, dei suoi obblighi alla luce del diritto internazionale, sulla base del rilievo che esso aveva approvato, con la decisione 2012/497, l’applicazione dell’accordo di liberalizzazione al territorio del Sahara occidentale (sentenza Consiglio/Fronte Polisario, punto 44).

33      Con sentenza del 10 dicembre 2015, Fronte Polisario/Consiglio (T‑512/12, EU:T:2015:953), il Tribunale ha annullato la decisione 2012/497 nella parte in cui approvava l’applicazione al Sahara occidentale dell’accordo di liberalizzazione, con la motivazione che il Consiglio era venuto meno al proprio obbligo di esaminare tutti gli elementi del caso di specie preliminarmente all’adozione della decisione 2012/497, non verificando se lo sfruttamento dei prodotti originari di tale territorio esportati verso l’Unione europea non avvenisse a danno della popolazione di detto territorio e non implicasse la violazione dei diritti fondamentali delle persone interessate (sentenza Consiglio/Fronte Polisario, punti 47 e 48).

34      Il 19 febbraio 2016 il Consiglio ha impugnato la sentenza del 10 dicembre 2015, Fronte Polisario/Consiglio (T‑512/12, EU:T:2015:953).

35      Con la sentenza Consiglio/Fronte Polisario, che statuisce sull’impugnazione del Consiglio, la Corte ha annullato la sentenza del 10 dicembre 2015, Fronte Polisario/Consiglio (T‑512/12, EU:T:2015:953), e ha respinto il ricorso del ricorrente dinanzi al Tribunale in quanto irricevibile.

36      A tal riguardo, da un lato, la Corte ha accolto il secondo motivo di impugnazione, vertente sull’errore di diritto in cui era incorso il Tribunale nell’analisi della legittimazione ad agire del ricorrente e, più specificamente, la censura relativa al fatto che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che l’accordo di liberalizzazione si applicasse al Sahara occidentale (sentenza Consiglio/Fronte Polisario, punto 126).

37      Infatti, in primo luogo, la Corte ha considerato che, in conformità al principio di autodeterminazione, applicabile nelle relazioni fra l’Unione e il Regno del Marocco, il Sahara occidentale, territorio non autonomo ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, godeva di uno status separato e distinto rispetto a quello di qualsiasi Stato, compreso il Regno del Marocco. La Corte ne ha concluso che i termini «territorio del Regno del Marocco» figuranti all’articolo 94 dell’accordo di associazione non potevano essere interpretati in modo da includere il Sahara occidentale nell’ambito di applicazione territoriale di tale accordo (sentenza Consiglio/Fronte Polisario, punti da 86 a 93).

38      In secondo luogo, la Corte ha ritenuto che occorresse parimenti prendere in considerazione la norma consuetudinaria codificata all’articolo 29 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331; in prosieguo: la «convenzione di Vienna»), secondo la quale, a meno che un’intenzione diversa non si ricavi da un trattato o non risulti per altra via, tale trattato vincola ciascuna delle parti rispetto all’intero suo territorio. Essa ha concluso che anche tale norma consuetudinaria ostava a che il Sahara occidentale fosse considerato come rientrante nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione. Cionondimeno, essa ha constatato che da detta norma consuetudinaria discendeva altresì che un trattato poteva, in deroga, vincolare uno Stato rispetto a un altro territorio se una siffatta intenzione si ricavava da tale trattato o risultava per altra via (sentenza Consiglio/Fronte Polisario, punti da 94 a 98).

39      In terzo luogo, la Corte ha ritenuto che il principio di diritto internazionale generale dell’effetto relativo dei trattati dovesse parimenti essere preso in considerazione, dal momento che, in quanto «terzo» all’accordo di associazione, ai sensi di tale principio, il popolo del Sahara occidentale poteva essere interessato dall’attuazione di tale accordo in caso di inclusione del territorio del Sahara occidentale nel suo ambito di applicazione e doveva acconsentire ad una siffatta attuazione. Orbene, in assenza di qualsivoglia manifestazione di un siffatto consenso, la Corte ne ha concluso che ritenere che il territorio del Sahara occidentale rientrasse nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione era contrario al principio dell’effetto relativo dei trattati (sentenza Consiglio/Fronte Polisario, punti da 100 a 107).

40      In quarto luogo, constatando che l’accordo di liberalizzazione doveva essere considerato come un trattato subordinato all’accordo di associazione, la Corte ne ha desunto che l’accordo di liberalizzazione non poteva essere inteso nel senso che si applicava al territorio del Sahara occidentale, cosicché non era necessario farvi figurare una clausola che escludesse tale applicazione. Secondo la Corte, la prassi del Consiglio e della Commissione europea successiva alla conclusione dell’accordo di associazione non poteva rimettere in discussione tale analisi, dal momento che ciò equivaleva a ritenere che l’Unione intendesse eseguire l’accordo di associazione e l’accordo di liberalizzazione in modo incompatibile con i principi di autodeterminazione e dell’effetto relativo dei trattati, e dunque in maniera inconciliabile con il principio di buona fede nell’esecuzione dei trattati (sentenza Consiglio/Fronte Polisario, punti da 110 a 125).

41      Dall’altro lato, la Corte ha statuito definitivamente sulla controversia. A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che, dal momento che l’accordo di liberalizzazione doveva essere interpretato conformemente alle regole pertinenti di diritto internazionale applicabili nei rapporti tra l’Unione e il Regno del Marocco, nel senso che esso non si applicava al territorio del Sahara occidentale, il ricorrente doveva essere considerato, in ogni caso, tenuto conto degli argomenti da esso invocati, come non avente la legittimazione ad agire per l’annullamento della decisione 2012/497, senza che fosse necessario esaminare le altre eccezioni di irricevibilità del Consiglio e della Commissione (sentenza Consiglio/Fronte Polisario, punti da 128 a 134).

2.      Causa C266/16

42      Con decisione del 27 aprile 2016, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench (sezione amministrativa), Regno Unito], ha investito la Corte di questioni pregiudiziali concernenti la validità dell’accordo di pesca del 2006, come approvato e attuato dal regolamento n. 764/2006, dalla decisione 2013/785 e dal regolamento (UE) n. 1270/2013 del Consiglio, del 15 novembre 2013, relativo alla ripartizione delle possibilità di pesca a norma del protocollo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall’accordo di partenariato nel settore della pesca fra l’Unione europea e il Regno del Marocco (GU 2013, L 328, pag. 40) (sentenza del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punti 1; in prosieguo: la «sentenza Western Sahara Campaign UK»).

43      Con la sua prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiedeva, in sostanza, se la circostanza che lo sfruttamento delle risorse originarie delle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale fosse consentito dall’accordo di pesca del 2006 e dal protocollo del 2013 rendesse invalido il regolamento n. 764/2006, la decisione 2013/785 e il regolamento n. 1270/2013 alla luce dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE. Con la sua seconda questione pregiudiziale il medesimo giudice chiedeva, in sostanza, se un soggetto dell’ordinamento munito della legittimazione ad agire in forza del diritto nazionale, come la parte ricorrente nel procedimento principale, potesse contestare la validità degli atti di conclusione e di attuazione di tale accordo e di tale protocollo, sulla base del rilievo che l’Unione aveva violato il diritto internazionale (sentenza Western Sahara Campaign UK, punti 41, 54 e 86).

44      A tal riguardo, in primo luogo, al punto 59 della sentenza Western Sahara Campaign UK, la Corte ha rilevato che dal primo comma del preambolo dell’accordo di pesca del 2006 derivava che quest’ultimo concretizzava il desiderio comune dell’Unione e del Regno del Marocco di rafforzare le strette relazioni di cooperazione tra loro esistenti, in particolare, nell’ambito dell’accordo di associazione, e che, in tal senso, l’accordo di pesca del 2006 faceva parte di un insieme di norme pattizie avente come fulcro l’accordo di associazione. Tenuto conto dell’esistenza di tale insieme di norme pattizie, la Corte ha ritenuto che occorresse intendere la nozione di «territorio del Marocco», di cui all’articolo 11 dell’accordo di pesca del 2016, come corrispondente alla nozione di «territorio del Regno del Marocco», contenuta all’articolo 94 dell’accordo di associazione (sentenza Western Sahara Campaign UK, punto 61).

45      Orbene, la Corte ha ricordato che, come già da essa rilevato nella sentenza Consiglio/Fronte Polisario, la nozione di «territorio del Regno del Marocco» doveva essere intesa come riferimento allo spazio geografico sul quale il Regno del Marocco esercita la pienezza delle competenze riconosciute alle entità sovrane dal diritto internazionale, a esclusione di ogni altro territorio, come quello del Sahara occidentale, e che l’inclusione di quest’ultimo nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione violerebbe il principio di autodeterminazione e il principio dell’effetto relativo dei trattati, applicabili nei rapporti fra l’Unione e il Regno del Marocco. Essa ne ha tratto la conclusione che il territorio del Sahara occidentale non rientrava nella nozione di «territorio del Marocco», ai sensi dell’articolo 11 dell’accordo di pesca del 2006 (sentenza Western Sahara Campaign UK, punti da 62 a 64).

46      In secondo luogo, al fine di interpretare l’espressione «acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco», la Corte ha dichiarato che dall’articolo 2, paragrafo 1, e dagli articoli 55 e 56 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, conclusa a Montego Bay il 10 dicembre 1982 (in prosieguo: la «convenzione sul diritto del mare») risultava che le acque sulle quali lo Stato costiero aveva il diritto di esercitare una sovranità o una giurisdizione si limitavano alle sole acque adiacenti al suo territorio e rientranti nel suo mare territoriale o nella sua zona economica esclusiva (ZEE). Di conseguenza, e in considerazione del fatto che il territorio del Sahara occidentale non faceva parte del territorio del Regno del Marocco, la Corte ne ha concluso che le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale non rientravano nella zona di pesca marocchina di cui all’articolo 2, lettera a), dell’accordo di pesca del 2006 (sentenza Western Sahara Campaign UK, punti da 65 a 69).

47      In terzo luogo, la Corte ha precisato che sarebbe contrario al principio di autodeterminazione e al principio dell’effetto relativo dei trattati includere, a titolo di «acque soggette alla sovranità (…) del Regno del Marocco» di cui all’articolo 2, lettera a), dell’accordo di pesca del 2006, le acque direttamente adiacenti alla costa del territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione di detto accordo (sentenza Western Sahara Campaign UK, punto 71).

48      In quarto luogo, per quanto riguarda l’espressione «acque soggette (…) alla giurisdizione del Regno del Marocco» di cui all’articolo 2, lettera a), dell’accordo di pesca del 2006, la Corte ha rilevato che il Consiglio e la Commissione avevano ritenuto, segnatamente, che il Regno del Marocco potesse essere considerato una «potenza amministratrice de facto» o una potenza occupante del territorio del Sahara occidentale e che una tale qualifica potesse risultare pertinente al fine di determinare l’ambito di applicazione dell’accordo di pesca del 2006. Orbene, la Corte ha osservato che, senza che fosse neppure necessario stabilire se un eventuale intento comune delle parti dell’accordo di pesca del 2006 di dare a tale espressione un senso particolare, al fine di tenere conto di tali circostanze, fosse stato conforme alle norme di diritto internazionale che vincolavano l’Unione, un tale intento comune non poteva, in ogni caso, essere constatato nel caso di specie, giacché il Regno del Marocco aveva categoricamente escluso di essere una potenza occupante o una potenza amministratrice del territorio del Sahara occidentale (sentenza Western Sahara Campaign UK, punto 72).

49      In quinto luogo, per quanto riguarda l’ambito di applicazione territoriale del protocollo del 2013, la Corte ha dichiarato che l’espressione «zona di pesca marocchina» era impiegata sia nell’accordo di pesca del 2006 sia nel protocollo del 2013, di cui essa determinava l’ambito di applicazione territoriale. Essa ha ritenuto che tale espressione dovesse essere intesa come riferimento alle acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco e che, di conseguenza, la stessa non includesse le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale (sentenza Western Sahara Campaign UK, punti da 75 a 79).

50      In sesto luogo, la Corte ha rilevato che la comunicazione delle coordinate geografiche delle linee di base e della zona di pesca del Regno del Marocco, di cui alle disposizioni del protocollo del 2013, era avvenuta solo il 16 luglio 2014. Atteso che il protocollo del 2013 era entrato in vigore il 15 luglio 2014, essa ne ha desunto che tali coordinate geografiche non facevano parte del suo testo, quale convenuto dalle parti. In ogni caso, secondo la Corte, anche se le suddette coordinate geografiche fossero state comunicate precedentemente all’entrata in vigore del protocollo del 2013, esse non avrebbero in alcun modo potuto mettere in discussione l’interpretazione dell’espressione «zona di pesca marocchina» da essa adottata al punto 79 della sua sentenza né estendere l’ambito di applicazione di tale protocollo includendovi le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale (sentenza Western Sahara Campaign UK, punti da 80 a 82).

51      In tali circostanze, la Corte ha risposto alla prima questione pregiudiziale dichiarando che, poiché né l’accordo di pesca del 2016 né il protocollo del 2013 erano applicabili alle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale, l’esame della medesima non aveva rivelato alcun elemento tale da inficiare la validità degli atti di conclusione di tali accordi alla luce dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE. Tenuto conto di tale soluzione alla prima questione, essa ha ritenuto che non occorresse rispondere alla seconda questione pregiudiziale (sentenza Western Sahara Campaign UK, punti 85 e 87).

3.      Ordinanze nelle cause T180/14, T275/18, T376/18

52      Con ordinanze del 19 luglio 2018, Fronte Polisario/Consiglio (T‑180/14, non pubblicata, EU:T:2018:496), del 30 novembre 2018, Fronte Polisario/Consiglio (T‑275/18, non pubblicata, EU:T:2018:869), e dell’8 febbraio 2019, Fronte Polisario/Consiglio (T‑376/18, non pubblicata, EU:T:2019:77), il Tribunale ha respinto in quanto irricevibili i ricorsi del ricorrente diretti avverso taluni atti del Consiglio relativi alla conclusione o alla modifica di diversi accordi internazionali fra l’Unione e il Regno del Marocco.

53      In particolare, nelle prime due ordinanze citate al precedente punto 52, il Tribunale si è fondato sulle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK per dichiarare il difetto di legittimazione ad agire del ricorrente, a causa dell’inapplicabilità degli accordi controversi al Sahara occidentale o alle acque adiacenti (ordinanze del 19 luglio 2018, Fronte Polisario/Consiglio, T‑180/14, non pubblicata, EU:T:2018:496, punti da 69 a 71, e del 30 novembre 2018, Fronte Polisario/Consiglio, T‑275/18, non pubblicata, EU:T:2018:869, punti 41 e 42).

54      Nella terza delle ordinanze citate al precedente punto 52, il Tribunale ha ritenuto che, in conformità all’articolo 218, paragrafi 3 e 4, TFUE, la decisione del Consiglio del 16 aprile 2018, che autorizza l’apertura di negoziati con il Regno del Marocco per la modifica dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e il Regno del Marocco e per la conclusione di un protocollo che attua detto accordo, aveva unicamente come oggetto quello di designare il negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell’Unione e di impartire loro direttive. Si trattava dunque di un atto che produceva effetti giuridici soltanto nei rapporti fra l’Unione e i suoi Stati membri, nonché fra le istituzioni dell’Unione. Il Tribunale ne ha concluso che tale decisione non produceva effetti sulla situazione giuridica del ricorrente e che quest’ultimo non poteva dunque essere considerato direttamente interessato da detta decisione (ordinanza dell’8 febbraio 2019, Fronte Polisario/Consiglio, T‑376/18, non pubblicata, EU:T:2019:77, punti 28 e 29).

D.      Decisione impugnata e accordo controverso

55      A seguito della sentenza Western Sahara Campaign UK, il Consiglio, con decisione del 16 aprile 2018, ha autorizzato la Commissione ad avviare negoziati con il Regno del Marocco, al fine di modificare l’accordo di pesca del 2006 e, segnatamente, di includere nell’ambito di applicazione di tale accordo le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale.

56      Il 24 luglio 2018, a seguito di tali negoziati, sono stati siglati un nuovo accordo di partenariato nel settore della pesca sostenibile fra l’Unione e il Regno del Marocco, un nuovo protocollo di attuazione di tale accordo, inclusi l’allegato e le appendici di detto protocollo, nonché lo scambio di lettere che accompagna l’accordo in questione.

57      Il 14 gennaio 2019 l’Unione e il Regno del Marocco hanno firmato, a Bruxelles, l’accordo di partenariato per una pesca sostenibile fra l’Unione europea e il Regno del Marocco (in prosieguo: l’«accordo di pesca»), il suo protocollo di attuazione (in prosieguo: il «protocollo di attuazione»), nonché lo scambio di lettere che accompagna tale accordo (in prosieguo: lo «scambio di lettere») (in prosieguo, congiuntamente: l’«accordo controverso»).

58      Il 4 marzo 2019 il Consiglio ha adottato la decisione (UE) 2019/441, relativa alla conclusione dell’accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l’Unione europea e il Regno del Marocco, del relativo protocollo di attuazione e dello scambio di lettere che accompagna l’accordo (GU 2019, L 77, pag. 4; in prosieguo: la «decisione impugnata»). L’articolo 1, primo comma, di tale decisione dispone quanto segue: «L’accordo [di pesca], il (…) protocollo di attuazione e lo scambio di lettere (…) sono approvati a nome dell’Unione».

59      In conformità all’articolo 17 dell’accordo di pesca, tale accordo, il protocollo di attuazione e lo scambio di lettere sono entrati in vigore il 18 luglio 2019 (GU 2019, L 195, pag. 1).

60      Ai considerando da 3 a 5 e da 7 a 12 della decisione impugnata, il Consiglio indica quanto segue:

«(3)      Nella sentenza della causa C‑266/16 in risposta a una questione pregiudiziale sulla validità e sull’interpretazione dell’accordo e del relativo protocollo di attuazione, la Corte ha dichiarato che né l’accordo né il protocollo di attuazione si applicano alle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale.

(4)      L’Unione non pregiudica l’esito del processo politico sullo status definitivo del Sahara occidentale che ha luogo sotto l’egida delle Nazioni Unite e ha costantemente ribadito il proprio impegno a favore della risoluzione della controversia relativa al Sahara occidentale, attualmente iscritto dalle Nazioni Unite nell’elenco dei territori non autonomi, oggi in gran parte amministrato dal Regno del Marocco. Essa sostiene pienamente gli sforzi compiuti dal segretario generale delle Nazioni Unite e dal suo inviato personale per aiutare le parti a giungere a una soluzione politica equa, duratura e reciprocamente accettabile che consenta l’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale nell’ambito di accordi conformi ai fini e ai principi enunciati nella Carta delle Nazioni Unite e sanciti nelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (…).

(5)      Dovrebbe essere possibile per le flotte dell’Unione proseguire le attività di pesca esercitate dall’entrata in vigore dell’accordo e che l’ambito di applicazione dell’accordo sia definito in modo da includervi le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale. Il proseguimento del partenariato in materia di pesca è peraltro essenziale affinché tale territorio possa continuare a beneficiare del sostegno settoriale fornito dall’accordo in conformità del diritto dell’Unione e del diritto internazionale, inclusi i diritti umani, e a beneficio del popolo interessato.

(…)

(7)      L’obiettivo dell’accordo di pesca è consentire all’Unione e al Regno del Marocco di collaborare più strettamente per promuovere una politica della pesca sostenibile e lo sfruttamento responsabile delle risorse alieutiche nella zona di pesca definita nell’accordo di pesca e sostenere gli sforzi compiuti dal Regno del Marocco per lo sviluppo del settore alieutico e di un’economia blu. Esso contribuisce in tal modo al conseguimento degli obiettivi perseguiti dall’Unione nell’ambito dell’articolo 21 del trattato sull’Unione europea.

(8)      La Commissione ha valutato le potenziali ripercussioni dell’accordo di pesca sullo sviluppo sostenibile, in particolare per quanto riguarda i vantaggi per il popolo interessato e lo sfruttamento delle risorse naturali dei territori interessati.

(9)      In linea con tale valutazione, si giudica che il popolo interessato debba trarre grande beneficio dall’accordo di pesca a motivo della ricaduta socioeconomica positiva che esso comporta per tale popolo, specialmente in termini di occupazione e investimenti, e del suo impatto sullo sviluppo dei settori della pesca e della trasformazione dei prodotti della pesca.

(10)      Analogamente, si giudica che l’accordo di pesca rappresenti la migliore garanzia per lo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali delle acque adiacenti al Sahara occidentale, in quanto le attività di pesca si fondano sul rispetto delle migliori raccomandazioni e dei migliori pareri scientifici in materia e sono soggette a misure di sorveglianza e di controllo appropriate.

(11)      Viste le considerazioni formulate nella sentenza della Corte di giustizia, la Commissione, di concerto con il Servizio europeo per l’azione esterna, ha adottato tutte le misure ragionevoli e possibili nel contesto attuale per garantire un adeguato coinvolgimento del popolo interessato al fine di accertarne il consenso. Sono state condotte ampie consultazioni nel Sahara occidentale e nel Regno del Marocco e gli attori socioeconomici e politici che vi hanno preso parte si sono espressi chiaramente a favore della conclusione dell’accordo di pesca. Il Fronte Polisario e altri attori non hanno tuttavia accettato di partecipare al processo di consultazione.

(12)      Coloro che non hanno accettato di partecipare a detto processo hanno respinto l’applicazione dell’accordo di pesca e del suo protocollo di attuazione alle acque adiacenti al Sahara occidentale ritenendo in sostanza che tali atti ratificherebbero la posizione del Regno del Marocco sul territorio del Sahara occidentale. Tuttavia, nessun elemento dell’accordo di pesca o del suo protocollo di attuazione implica che quest’ultimo riconosca la sovranità o i diritti sovrani del Regno del Marocco sul Sahara occidentale e sulle acque adiacenti. Peraltro, l’Unione continuerà ad adoperarsi con impegno ancora maggiore per sostenere il processo di risoluzione pacifica della controversia avviato e condotto sotto l’egida delle Nazioni Unite».

61      Ai sensi dell’articolo 1, lettera h) dell’accordo di pesca, ai fini di tale accordo si intende per «zona di pesca», «le acque dell’Atlantico centro-orientale situate tra i paralleli 35° 47′ 18″ nord e 20° 46′ 13″ nord, comprese le acque adiacenti [al] Sahara occidentale, che coprono l’insieme delle zone di gestione». Viene altresì precisato che «questa definizione non pregiudica eventuali negoziati relativi alla delimitazione delle zone marine degli Stati costieri confinanti con la zona di pesca e, in generale, i diritti degli Stati terzi».

62      L’articolo 6, paragrafo 1, dell’accordo di pesca prevede quanto segue: «Al fine di garantire un quadro normativo per una pesca sostenibile, le navi dell’Unione operanti nella zona di pesca rispettano le disposizioni legislative e regolamentari del Marocco che disciplinano le attività di pesca nella zona, salvo altrimenti disposto dal presente accordo (…)».

63      L’articolo 12, paragrafi da 1 a 4, dell’accordo di pesca così dispone:

«1.      La contropartita finanziaria è definita nel protocollo.

2.      La contropartita finanziaria di cui al paragrafo 1 comprende:

a)      una compensazione finanziaria concessa dall’Unione per l’accesso delle navi dell’Unione alla zona di pesca;

b)      i canoni pagati dagli armatori delle navi dell’Unione;

c)      un sostegno settoriale concesso dall’Unione per l’attuazione di una politica della pesca sostenibile e la governanza degli oceani, che forma oggetto di una programmazione annuale e pluriennale.

3.      La contropartita finanziaria concessa dall’Unione è versata ogni anno in conformità del protocollo.

4.      Le parti vigilano sull’equa ripartizione geografica e sociale dei vantaggi socioeconomici derivanti dal presente accordo, in particolare in termini di infrastrutture, servizi sociali di base, creazione di imprese, formazione professionale, progetti di sviluppo e modernizzazione del settore della pesca, al fine di garantire che le popolazioni interessate ne beneficino in proporzione alle attività di pesca».

64      L’articolo 13, paragrafo 1, dell’accordo di pesca così recita: «È istituita una commissione mista formata da rappresentanti delle parti. Essa è responsabile della sorveglianza dell’applicazione del presente accordo e può adottare modifiche del protocollo».

65      L’articolo 14 dell’accordo di pesca prevede quanto segue: «Il presente accordo si applica ai territori in cui si applicano, da una parte, il trattato sull’Unione europea e il trattato sul funzionamento dell’Unione europea e, dall’altra, le disposizioni legislative e regolamentari di cui all’articolo 6, paragrafo 1, del presente accordo».

66      L’articolo 16 dell’accordo di pesca così dispone: «Il protocollo [di attuazione] e lo [scambio di lettere] costituiscono parte integrante del presente accordo (…)».

67      L’articolo 6, paragrafi 1 e 2, del protocollo di attuazione così recita:

«1.      La compensazione finanziaria di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera a) dell’accordo di pesca, e i canoni di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera b), dell’accordo di pesca sono oggetto di un’equa ripartizione geografica e sociale dei vantaggi socioeconomici al fine di garantire che ne beneficino le popolazioni interessate, conformemente all’articolo 12, paragrafo 4, dell’accordo di pesca.

2.      Entro tre mesi dalla data di applicazione del presente protocollo, le autorità del Regno del Marocco presentano il metodo applicato ai fini della ripartizione geografica e sociale di cui al paragrafo 1, nonché il criterio di ripartizione degli importi stanziati, che deve essere esaminato dalla commissione mista».

68      L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del protocollo di attuazione così recita:

«1.      Il sostegno settoriale di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), dell’accordo di pesca contribuisce allo sviluppo e all’attuazione della politica settoriale nel quadro della strategia nazionale di sviluppo del settore della pesca.

2.      Entro tre mesi dalla data di applicazione del presente protocollo, la commissione mista adotta un programma settoriale pluriennale e le relative modalità di attuazione riguardanti in particolare:

a)      gli orientamenti annuali e pluriennali per l’utilizzo dell’importo specifico del sostegno settoriale conformemente all’articolo 12, paragrafo 4, dell’accordo di pesca;

(…)».

69      Le schede tecniche di pesca numeri da 3 a 6 figuranti all’appendice 2 del protocollo di attuazione menzionano, in quanto limite meridionale della corrispondente zona di gestione, il parallelo 20°46’13’’. La scheda tecnica di pesca n. 6, relativa alla pesca pelagica industriale con reti da traino pelagiche o semipelagiche e ciancioli, fa riferimento alle navi operanti con sistema «fresco» (pescherecci da traino e pescherecci con sciabiche) che sbarcano nel porto di Dakhla.

70      Lo scambio di lettere indica quanto segue al suo secondo paragrafo:

«In esito ai negoziati, l’Unione europea e il Regno del Marocco hanno convenuto quanto segue:

1.      Per quanto riguarda la questione del Sahara occidentale, le parti riaffermano il loro sostegno al processo delle Nazioni Unite e agli sforzi del segretario generale volti a pervenire a una soluzione politica definitiva, conformemente ai principi e agli obiettivi della Carta delle Nazioni Unite e sulla base delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.

2.      L’accordo di pesca è concluso, fatte salve le rispettive posizioni:

–        per l’Unione europea, per quanto riguarda lo status del territorio non autonomo del Sahara occidentale, le cui acque adiacenti sono coperte dalla zona di pesca quale definita all’articolo 1, lettera h), dell’accordo di pesca, e il suo diritto all’autodeterminazione, il riferimento nell’accordo di pesca alle disposizioni legislative e regolamentari del Marocco non pregiudica la sua posizione;

–        per il Regno del Marocco, la regione del Sahara è una parte integrante del territorio nazionale, sulla quale esso esercita pienamente i suoi attributi di sovranità come sul resto del territorio nazionale. Il Marocco ritiene che qualsiasi soluzione di tale controversia regionale dovrebbe basarsi sulla sua iniziativa di autonomia».

E.      Regolamento impugnato

71      Il 29 novembre 2018 il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) 2019/440, relativo alla ripartizione delle possibilità di pesca a norma dell’accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l’Unione europea e il Regno del Marocco e del relativo protocollo di attuazione (GU 2019, L 77, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»). In conformità al suo articolo 2, tale regolamento è entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta, in concomitanza con la pubblicazione della decisione impugnata, il 20 marzo 2019.

72      L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento impugnato ripartisce come segue le possibilità di pesca stabilite ai sensi del protocollo di attuazione:

Categoria di pesca

Tipo di nave

Stato membro

Licenze o contingente

Pesca artigianale a nord, specie pelagiche

Pescherecci con sciabiche < 150 tonnellaggio lordo (GT)

Spagna

22

Pesca artigianale a nord

Pescherecci con palangari di fondo < 40 GT

Spagna

25



Portogallo

7


Pescherecci con palangari di fondo ≥ 40 GT < 150 GT

Portogallo

3

Pesca artigianale a sud

Pescherecci con lenze e canne < 150 GT per nave

Totale ≤ 800 GT

Spagna

10

Pesca demersale

Pescherecci con palangari di fondo ≤ 150 GT

Spagna

7



Portogallo

4


Pescherecci da traino ≤ 750 GT

Totale ≤ 3 000 GT

Spagna

5



Italia

0

Pesca del tonno

Pescherecci con lenze e canne

Spagna

23



Francia

4

Pesca pelagica industriale

85 000 tonnellate (t) nel primo anno

90 000 t nel secondo anno

100 000 t nel terzo e nel quarto anno

Ripartizione delle navi autorizzate a pescare:

10 navi ≥ 3 000 GT e < 7 765 GT

4 navi ≥ 150 e < 3 000 GT

4 navi < 150 GT

Primo anno: 85 000 t




Germania

6 871,2 t



Lituania

21 986,3 t



Lettonia

12 367,5 t



Paesi Bassi

26 102,4 t



Irlanda

3 099,3 t



Polonia

4 807,8 t



Regno Unito

4 807,8 t



Spagna

496,2 t



Portogallo

1 652,2 t



Francia

2 809,3 t



Secondo anno: 90 000 t




Germania

7 275,4 t



Lituania

23 279,6 t



Lettonia

13 095,0 t



Paesi Bassi

27 637,9 t



Irlanda

3 281,6 t



Polonia

5 090,6 t



Regno Unito

5 090,6 t



Spagna

525,4 t



Portogallo

1 749,4 t



Francia

2 974,5 t



Terzo e quarto anno: 100 000 t




Germania

8 083,8 t



Lituania

25 866,3 t



Lettonia

14 550,0 t



Paesi Bassi

30 708,8 t



Irlanda

3 646,3 t



Polonia

5 656,3 t



Regno Unito

5 656,3 t



Spagna

583,8 t



Portogallo

1 943,8 t



Francia

3 305,0 t


II.    Procedimento e conclusioni delle parti

73      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 10 e il 12 giugno 2019, il ricorrente ha proposto i ricorsi in esame registrati, da un lato, con il numero di ruolo T‑344/19 e, dall’altro, con il numero di ruolo T‑356/19.

74      Il Consiglio ha depositato i controricorsi, rispettivamente, il 19 (causa T‑344/19) e il 20 settembre 2019 (causa T‑356/19).

75      Con decisione del 16 ottobre 2019, in seguito alla modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Nona Sezione, alla quale sono state di conseguenza attribuite le cause in esame.

76      L’8 novembre 2019 il ricorrente ha depositato la replica nella causa T‑344/19. Esso non ha depositato la replica nei termini impartiti nella causa T‑356/19.

77      Con decisioni del 13 novembre 2019, la presidente della Nona Sezione del Tribunale ha accolto le domande di intervento a sostegno del Consiglio presentate dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese e dalla Commissione nelle due cause.

78      Con ordinanza del 10 dicembre 2019, Fronte Polisario/Consiglio (T‑344/19, non pubblicata, EU:T:2019:862), la presidente della Nona Sezione ha accolto la domanda di intervento a sostegno del Consiglio depositata nella causa T‑344/19 dalle camere della pesca marittima marocchine, ossia la Chambre des pêches maritimes de la Méditerranée, la Chambre des pêches maritimes de l’Atlantique Nord, la Chambre des pêches maritimes de l’Atlantique Centre e la Chambre des pêches maritimes de l’Atlantique Sud (in prosieguo, congiuntamente: le «CPMM»).

79      L’8 gennaio 2020 la Commissione ha depositato le sue memorie di intervento. Il Regno di Spagna e la Repubblica francese hanno depositato le loro memorie di intervento il 9 gennaio 2020.

80      Il 9 gennaio 2020 il Consiglio ha depositato la controreplica nella causa T‑344/19.

81      Il 4 marzo 2020 le CPMM hanno depositato le loro memorie di intervento nella causa T‑344/19.

82      Il 9 marzo 2020 il ricorrente ha presentato le proprie osservazioni, da un lato, sulle memorie di intervento del Regno di Spagna, della Repubblica francese e della Commissione nella causa T‑344/19 e, dall’altro, su quelle del Regno di Spagna e della Repubblica francese nella causa T‑356/19. Il 20 giugno 2020 esso ha presentato le sue osservazioni sulla memoria di intervento delle CPMM nella causa T‑344/19.

83      Non è stata presentata alcuna domanda di organizzazione di un’udienza di discussione nei termini impartiti nella causa T‑356/19. Il 22 settembre 2020 il ricorrente ha chiesto l’organizzazione di un’udienza nella causa T‑344/19.

84      Il 23 novembre 2020, su proposta della Nona Sezione, il Tribunale, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento di procedura, ha deciso di rinviare la causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

85      Il 9 dicembre 2020, sulla base dell’articolo 106, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Tribunale ha deciso di avviare la fase orale del procedimento. Inoltre, esso ha invitato le parti a prendere posizione sulla riunione delle cause ai fini della fase orale e della decisione che definisce il giudizio.

86      Tramite due misure di organizzazione del procedimento nella causa T‑344/19, disposte il 18 dicembre 2020, il Tribunale, da un lato, ha rivolto alle parti alcuni quesiti ai fini di una risposta scritta e ha invitato il ricorrente, il Consiglio e la Commissione a fornirgli informazioni complementari e, dall’altro, ha invitato le parti a precisare, in udienza, la loro posizione su talune questioni di principio rilevanti ai fini della controversia in tale causa.

87      Il 25 gennaio 2021 il ricorrente, il Consiglio e la Commissione hanno presentato le loro risposte scritte ai quesiti del Tribunale e hanno fornito le informazioni richieste. Le parti principali hanno presentato le loro osservazioni sulla riunione delle cause il 25 gennaio 2021.

88      Con decisione del 28 gennaio 2021, la presidente della Nona Sezione ampliata del Tribunale ha riunito le cause ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che definisce il giudizio.

89      Il 25 febbraio 2021, sulla base dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il ricorrente ha depositato nuove offerte di prove. La Commissione ha presentato le sue osservazioni in merito a queste ultime il 12 marzo 2021, mentre il Consiglio e le CPMM hanno presentato le loro osservazioni il 15 marzo 2021.

90      L’udienza di discussione si è svolta il 3 marzo 2021. In udienza, il Tribunale ha invitato il Regno di Spagna e la Commissione a fornire talune precisazioni fattuali per iscritto.

91      Il 9 marzo 2021 la Commissione ha presentato una domanda volta a che il Tribunale, sul fondamento dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, mantenesse gli effetti della decisione impugnata, in caso di annullamento della medesima, sino ad una data successiva oppure, in caso di impugnazione, sino alla pronuncia della decisione della Corte che statuisce sulla stessa.

92      Il Regno di Spagna e la Commissione hanno risposto, rispettivamente il 10 e il 12 marzo 2021, alle domande di precisazioni fattuali del Tribunale. Da parte sua, il ricorrente ha presentato spontaneamente nuovi elementi in risposta a tale domanda il 12 marzo 2021. Il Regno di Spagna e la Commissione hanno presentato osservazioni in merito a tali elementi il 25 marzo 2021, mentre il Consiglio e le CPMM hanno presentato le loro osservazioni al riguardo, rispettivamente il 29 marzo e il 2 aprile 2021. Inoltre, il Regno di Spagna e il Consiglio hanno presentato, rispettivamente il 25 e il 29 marzo 2021, osservazioni sulla domanda della Commissione di cui al precedente punto 91, mentre il ricorrente e la Repubblica francese hanno presentato le proprie osservazioni su tale domanda il 2 aprile 2021. La chiusura della fase orale è stata pronunciata il 9 aprile 2021 e le cause sono passate in decisione.

93      A seguito del decesso del giudice Berke, avvenuto il 1° agosto 2021, i tre giudici firmatari della presente sentenza hanno proseguito le deliberazioni, conformemente all’articolo 22 e all’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

94      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        nella causa T‑344/19, annullare la decisione impugnata;

–        nella causa T‑356/19, nell’ipotesi in cui il Tribunale dovesse ritenere che il regolamento impugnato costituisce una misura intermedia che osta all’incidenza diretta nei suoi confronti da parte della decisione impugnata, annullare tale regolamento;

–        condannare il Consiglio e gli intervenienti alle spese.

95      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare il ricorrente alle spese.

96      Il Regno di Spagna chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        statuire sulle spese.

97      La Repubblica francese chiede che il Tribunale voglia respingere i ricorsi.

98      La Commissione afferma di sostenere le conclusioni del Consiglio. Inoltre, nella causa T‑344/19, essa chiede al Tribunale di mantenere gli effetti della decisione impugnata, in caso di annullamento della medesima, sino ad una data successiva oppure, in caso di impugnazione, sino alla pronuncia della decisione della Corte che statuisce sulla stessa.

99      Nella causa T‑344/19, le CPMM chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

III. In diritto

A.      Sul ricorso nella causa T344/19

100    Con il suo ricorso nella causa T‑344/19, il ricorrente, che afferma di agire «in nome del popolo saharawi», chiede l’annullamento della decisione impugnata, con la motivazione, in sostanza, che, approvando l’accordo controverso senza il consenso di tale popolo, il Consiglio ha violato gli obblighi incombenti all’Unione nell’ambito dei suoi rapporti con il Regno del Marocco, ai sensi del diritto dell’Unione e del diritto internazionale. Infatti, il ricorrente sostiene che tale accordo si applica al Sahara occidentale e alle acque adiacenti, prevede lo sfruttamento delle sue risorse naturali da parte dei pescherecci dell’Unione e favorisce la politica di annessione di tale territorio da parte di detto Stato terzo. In particolare, il ricorrente sostiene che la conclusione di detto accordo non è conforme alla giurisprudenza della Corte di cui alle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK, la quale avrebbe escluso una tale applicazione territoriale.

101    Senza presentare formalmente un’eccezione di irricevibilità, il Consiglio, sostenuto dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dalla Commissione e dalle CPMM, sostiene, in via principale, l’irricevibilità del ricorso in esame per due motivi relativi l’uno, al difetto di capacità del ricorrente di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione e, l’altro, al suo difetto di legittimazione ad agire nei confronti della decisione impugnata. In particolare, nell’ambito di tali censure di irricevibilità, il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica francese, dalla Commissione e dalle CPMM, rimette in discussione la portata e l’esclusività del ruolo rivendicato dal ricorrente nei confronti del popolo del Sahara occidentale. Inoltre, le CPMM, da parte loro, rimettono in questione la validità del mandato che il ricorrente ha conferito al suo avvocato. In subordine, il Consiglio, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Commissione e le CPMM chiedono il rigetto dell’argomento del ricorrente nel merito. In particolare, il Consiglio, sostenuto dal Regno di Spagna e dalla Repubblica francese, fa valere in sostanza che, approvando l’accordo di pesca, esso si è conformato alla giurisprudenza della Corte. Da parte loro, la Commissione e le CPMM, pur approvando tale argomento, ritengono in ogni caso che detta giurisprudenza non sia rilevante ai fini dell’esame del ricorso, segnatamente in quanto essa riguarderebbe l’interpretazione degli accordi conclusi dall’Unione con il Regno del Marocco e non la loro validità. Inoltre, il Consiglio, la Repubblica francese, la Commissione e le CPMM ritengono che i principi del diritto internazionale, sui quali il ricorrente fonda il suo argomento, non possano essere invocati.

102    In via preliminare, da un lato, si deve rilevare che il ricorso in esame è inteso all’annullamento della decisione impugnata, nella misura in cui quest’ultima ha determinato la stipulazione dell’accordo di pesca, del protocollo di attuazione e dello scambio di lettere, fermo restando che questi due ultimi strumenti fanno parte integrante di detto accordo di pesca, in conformità all’articolo 16 dello stesso.

103    Dall’altro, con sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio (T‑279/19), il Tribunale statuisce su un ricorso del ricorrente volto all’annullamento della decisione (UE) 2019/217 del Consiglio, del 28 gennaio 2019, relativa alla conclusione dell’accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno del Marocco relativo alla modifica dei protocolli n. 1 e n. 4 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (GU 2019, L 34, pag. 1). Come risulta dalla motivazione di tale sentenza, nella causa T‑279/19 i motivi di ricorso e le censure di irricevibilità del Consiglio, parte convenuta che è sostenuta, segnatamente, dalla Repubblica francese e dalla Commissione, si basano in buona sostanza sugli stessi fondamenti normativi e sui medesimi argomenti dei motivi e delle censure di irricevibilità sollevati nel caso di specie. Di conseguenza, il Tribunale esaminerà, ove necessario, questi ultimi alla luce delle considerazioni di detta sentenza.

1.      Sulla ricevibilità di taluni allegati alla replica

104    Nella controreplica il Consiglio contesta, sul fondamento dell’articolo 85 del regolamento di procedura, la ricevibilità degli allegati da C.1 a C.3, C.5, C.6, C.8, C.9, C.12, C.14, C.15, C.17, C.21, C.22, da C.24 a C.40 e da C.42 a C.53, sulla base del rilievo che la produzione tardiva di tali prove non sarebbe giustificata. A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento di procedura, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova a sostegno delle loro argomentazioni in sede di replica e di controreplica, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato. Tuttavia, tali disposizioni devono essere lette alla luce dell’articolo 92, paragrafo 7, di detto regolamento, che prevede espressamente che sono riservati la prova contraria e l’ampliamento dei mezzi di prova. Di conseguenza, come risulta da una giurisprudenza costante, la prova contraria e l’ampliamento delle offerte di prova fornite a seguito di una prova contraria della controparte non sono colpite dalla decadenza prevista dal summenzionato articolo 85, paragrafo 2 (v. sentenza del 18 settembre 2017, Uganda Commercial Impex/Consiglio, T‑107/15 e T‑347/15, non pubblicata, EU:T:2017:628, punto 72 e giurisprudenza citata).

105    Nel caso di specie è sufficiente rilevare che, come risulta dalle parti della replica ad essi riferiti, gli elementi di prova contenuti negli allegati contestati dal Consiglio consentono di rispondere agli argomenti con i quali quest’ultimo, nel controricorso, fa valere, da un lato, la validità delle consultazioni condotte dalla Commissione e dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) al fine di ottenere il consenso del popolo del Sahara occidentale e, dall’altro, il difetto di capacità di stare in giudizio e di legittimazione ad agire del ricorrente. Pertanto, la norma sulla decadenza prevista all’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento di procedura non è applicabile a tali elementi di prova, che sono dunque ricevibili. Ne consegue che l’eccezione di irricevibilità del Consiglio nei loro confronti deve essere respinta.

2.      Sulla ricevibilità del ricorso

106    Prima di esaminare le eccezioni di irricevibilità del Consiglio e i dubbi espressi dalle CPMM, occorre rilevare che l’oggetto del ricorso in esame solleva altre questioni di ricevibilità, sulle quali spetta al Tribunale pronunciarsi d’ufficio. Tali questioni riguardano, da un lato, la premessa sulla quale il ricorrente fonda la sua legittimazione ad agire, ossia la circostanza che l’ambito di applicazione territoriale dell’accordo controverso include il Sahara occidentale e le acque ad esso adiacenti e, dall’altro, la portata delle conclusioni intese all’annullamento della decisione impugnata.

a)      Sullambito di applicazione territoriale dellaccordo controverso 

107    Dai motivi e dagli argomenti presentati nell’atto introduttivo di ricorso risulta che il ricorso in esame è fondato sulla premessa in base alla quale l’accordo controverso si applica al Sahara occidentale e alle acque adiacenti. In particolare, sotto il profilo della ricevibilità del ricorso, il ricorrente si fonda sull’asserita circostanza che esso, in quanto rappresentante del popolo del Sahara occidentale, è interessato direttamente e individualmente dalla decisione impugnata per effetto di tale applicazione territoriale di detto accordo.

108    Occorre dunque verificare, in via preliminare, se la premessa sulla quale il ricorrente fonda la sua legittimazione ad agire nei confronti della decisione impugnata sia corretta.

109    A tal riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che, secondo il dettato dell’articolo 1, lettera h), dell’accordo di pesca, la zona di pesca, ai fini di tale accordo, interessa le ««acque dell’Atlantico centro-orientale situate tra i paralleli 35° 47’ 18’’ nord e 20° 46’ 13’’ nord, comprese le acque adiacenti [al] Sahara occidentale», senza pregiudizio dei diritti degli Stati terzi, segnatamente degli Stati costieri confinanti con detta zona di pesca (v. precedente punto 61).

110    Inoltre, come è stato rilevato al precedente punto 69, le schede tecniche numeri da 3 a 6, che figurano all’appendice 2 del protocollo di attuazione, menzionano, in quanto limite meridionale della zona di gestione interessata da tali schede, il parallelo 20°46’13’’, e la scheda tecnica di pesca n. 6 fa riferimento alle navi che sbarcano nel porto di Dakhla, situato nel Sahara occidentale.

111    Dal testo di tali pattuizioni si desume che le coordinate geografiche ivi contemplate includono tanto le acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco quanto le acque adiacenti al Sahara occidentale, come illustrano, inoltre, le carte riprodotte al paragrafo 66 delle conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Western Sahara Campaign UK (C‑266/16, EU:C:2018:1), nonché i paragrafi da 66 a 69 di tali conclusioni. Nell’ambito di una risposta scritta ad un quesito del Tribunale, la Commissione ha confermato che la delimitazione delle zone di pesca menzionate in tali carte corrispondeva, sostanzialmente, ai limiti delle zone di gestione di cui alle schede tecniche menzionate al precedente punto 110.

112    In secondo luogo, occorre rilevare che l’articolo 12 dell’accordo di pesca, da un lato, prevede il versamento di una «contropartita finanziaria», che include, segnatamente, ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo, «un sostegno settoriale concesso dall’Unione», e dall’altro, impone alle parti di tale accordo, in forza del suo paragrafo 4, di vigilare sull’«equa ripartizione geografica e sociale dei vantaggi socioeconomici derivanti [da tale] accordo», «al fine di garantire che le popolazioni interessate ne beneficino in proporzione alle attività di pesca» (v. precedente punto 63).

113    Le pattuizioni richiamate al precedente punto 112 vengono precisate, in particolare, dagli articoli 6 e 7 del protocollo di attuazione. L’articolo 6, paragrafo 2, di tale protocollo prevede, segnatamente, che le autorità del Regno del Marocco presentino il metodo applicato ai fini della ripartizione geografica e sociale dei vantaggi socioeconomici in questione, nonché il criterio di ripartizione degli importi stanziati, che deve essere esaminato dalla commissione mista istituita dall’articolo 13 dell’accordo di pesca. Inoltre, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del protocollo, entro tre mesi dalla data di applicazione di tale protocollo, detta commissione mista adotta un programma settoriale pluriennale e le relative modalità di attuazione.

114    In terzo luogo, ai sensi dell’articolo 14 dell’accordo di pesca, intitolato «Zona di applicazione», l’accordo di pesca si applica ai territori in cui si applicano, da una parte, il Trattato UE e il Trattato FUE e, dall’altra, «le disposizioni legislative e regolamentari di cui all’articolo 6, paragrafo 1, [di tale] accordo», ossia, conformemente alla formulazione di quest’ultimo articolo, le disposizioni legislative e regolamentari applicabili alle attività di pesca (v. precedenti punti 62 e 65).

115    In quarto luogo, il secondo comma, paragrafo 1, dello scambio di lettere precisa che, «[p]er quanto riguarda la questione del Sahara occidentale», l’Unione e il Regno del Marocco «riaffermano il loro sostegno al processo delle Nazioni Unite». Il secondo comma, paragrafo 2, dello scambio di lettere precisa che «[l]’accordo di pesca è concluso, fatte salve le rispettive posizioni», «per l’Unione (…), per quanto riguarda lo status del territorio non autonomo del Sahara occidentale» e, «per il regno del Marocco, [sulla] regione del Sahara [in quanto] parte integrante del territorio nazionale, sulla quale esso esercita pienamente i suoi attributi di sovranità» (v. precedente punto 70).

116    In quinto luogo, dai considerando 3 e 5 della decisione impugnata risulta esplicitamente (v. precedente punto 60) che, in seguito alla pronuncia della sentenza Western Sahara Campaign UK, con la quale «la Corte ha dichiarato che né l’accordo [di pesca del 2006] né il protocollo [del 2013] si applica[va]no alle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale», la conclusione dell’accordo controverso mira a consentire alle «flotte dell’Unione» di «proseguire le attività di pesca esercitate», a «includer[e] [nell’ambito di applicazione territoriale dell’accordo]» dette acque e a consentire, tramite il «proseguimento del partenariato in materia di pesca», a «tale territorio» di «continuare a beneficiare del sostegno settoriale fornito dall’accordo in conformità del diritto dell’Unione e del diritto internazionale, inclusi i diritti umani, e a beneficio del popolo interessato».

117    Di conseguenza, da un lato, dalle pattuizioni dell’accordo controverso nel suo complesso, nonché dai considerando della decisione impugnata risulta espressamente che l’oggetto di tale accordo, confermato dall’intenzione delle parti dello stesso, consiste nel consentire alle flotte da pesca dell’Unione di esercitare le loro attività di pesca all’interno di un perimetro che include sia le acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco sia le acque adiacenti al Sahara occidentale. Dall’altro, ne risulta parimenti che tale accordo si applica tanto nel territorio del Regno del Marocco quanto in quello del Sahara occidentale, quantomeno nella parte di tale territorio controllata da tale Stato terzo, nella quale, secondo quanto disposto dall’articolo 6, paragrafo 1, dell’accordo di pesca, sono «applicabili» le «disposizioni legislative e regolamentari» marocchine. In particolare, lo stesso vale per le sue pattuizioni relative alla compensazione finanziaria, la quale include il sostegno settoriale e di cui le «popolazioni» di tale territorio possono fruire proporzionalmente alle attività di pesca nelle acque adiacenti.

118    Tale analisi non è rimessa in discussione dall’interpretazione adottata dalla Corte dell’ambito di applicazione, da un lato, dell’accordo di associazione e dell’accordo di liberalizzazione ai punti da 86 a 126 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario e, dall’altro, dell’accordo di pesca del 2006 e del protocollo del 2013 ai punti da 59 a 82 della sentenza Western Sahara Campaign UK (v. precedenti punti da 36 a 40 e da 44 a 51).

119    Infatti, dai punti da 86 a 126 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario e dai punti da 59 a 82 della sentenza Western Sahara Campaign UK si evince che un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco concluso nell’ambito di un insieme di norme pattizie costituito dall’accordo di associazione non può essere interpretato nel senso che esso include implicitamente, nel suo ambito di applicazione territoriale, come definito all’articolo 94 di quest’ultimo accordo, il territorio del Sahara occidentale (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 187). Inoltre, dai punti 73 e 79 della sentenza Western Sahara Campaign UK risulta che un accordo di pesca stipulato fra tali due parti e il suo protocollo di attuazione concluso in tale ambito, i quali fanno riferimento alla «zona di pesca marocchina», definita rinviando alle acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco, non possono essere interpretati nel senso che esse includono in detta zona di pesca marocchina le acque adiacenti al Sahara occidentale.

120    Per contro, nelle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK, la Corte non si è pronunciata sulle conseguenze che occorrerebbe trarre da una pattuizione contenuta in un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco che preveda espressamente che il suo ambito di applicazione si estende al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti. In particolare, come rilevato dalla Commissione e dalla Repubblica francese, la Corte non ha escluso, in linea di principio, che una siffatta inclusione esplicita di tale territorio e di tali acque in detto ambito di applicazione sia valida (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 187 e 188).

121    Inoltre, il requisito risultante, segnatamente, dall’articolo 31, paragrafo 3, lettera c), della convenzione di Vienna, secondo il quale gli accordi di un trattato devono essere interpretati tenendo conto di qualsiasi regola di diritto internazionale applicabile fra le parti, non può servire da fondamento ad un’interpretazione di siffatti accordi che sia contraria al loro testo, qualora il senso di questi ultimi sia chiaro e sia inoltre accertato che esso corrisponda a quello che le parti del trattato avevano inteso conferire loro. Infatti, a parte la circostanza che l’attuazione di tale requisito deve essere compatibile con il principio sancito all’articolo 31, paragrafo 1 di detta convenzione, ai sensi del quale un trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo, tale attuazione non può avere come effetto di alterare la sostanza dei diritti e degli obblighi ai quali l’Unione e il Regno del Marocco hanno reciprocamente acconsentito nell’ambito dell’accordo controverso (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 190 a 192).

122    Orbene, nella misura in cui l’accordo controverso è inteso, in particolare, a fornire un contesto normativo all’inclusione delle acque adiacenti al Sahara occidentale nella zona di pesca accessibile alle navi dell’Unione e, in via di corollario, all’applicazione al territorio di quest’ultimo della contropartita finanziaria concessa dall’Unione proporzionalmente alle attività di tali navi, si deve necessariamente concludere che, tramite tale accordo, le parti hanno inteso derogare all’articolo 94 dell’accordo di associazione nella misura in cui è interessato l’ambito di applicazione territoriale del regime giuridico applicabile a tali attività e a tale contropartita. Infatti, tale accordo limita, per quanto riguarda il Regno del Marocco, l’ambito di applicazione dell’accordo di associazione al territorio di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 189).

123    La premessa sulla quale il ricorrente fonda la sua legittimazione ad agire nei confronti della decisione impugnata, ossia che la decisione impugnata approva un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco che si applica esplicitamente al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti, è dunque corretta.

b)      Sulla portata delle conclusioni volte allannullamento

124    Il Tribunale rileva che, nell’ambito del ricorso in esame, il ricorrente contesta, con i suoi motivi e i suoi argomenti, la legittimità della decisione impugnata unicamente sulla base del rilievo che essa approva l’applicazione dell’accordo controverso al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti, circostanza confermata dal ricorrente, in sostanza, in udienza rispondendo ad un quesito del Tribunale a tal riguardo. Pertanto, con i detti motivi e argomenti il ricorrente non intende contestare la legittimità dell’applicazione di tali strumenti al territorio del Regno del Marocco o alle acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione di tale Stato terzo, applicazione che non è dunque rimessa in discussione nell’ambito della presente controversia.

125    Tuttavia, dall’atto introduttivo di ricorso, segnatamente dalle sue parti introduttiva e conclusiva, risulta che, nelle sue conclusioni, il ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata, senza limitare esplicitamente la portata di tale annullamento all’approvazione, da parte di tale decisione, dell’applicazione dell’accordo controverso al Sahara occidentale e alle acque adiacenti.

126    Orbene, interpellato in udienza sulla questione della portata delle sue conclusioni, il ricorrente ha affermato che il suo ricorso era inteso, in via principale, ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui approvava l’applicazione dell’accordo controverso al Sahara occidentale e alle acque adiacenti e, in subordine, nel caso in cui il Tribunale avesse considerato che tale applicazione territoriale non era separabile dall’insieme di detto accordo, ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata nella sua interezza.

127    A tal riguardo, si deve rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento parziale di un atto dell’Unione è possibile solo quando gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto. A tal riguardo, è stato ripetutamente dichiarato che il menzionato requisito non era soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto avrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo. Inoltre, la verifica della separabilità di parti di un atto dell’Unione presuppone l’esame della portata delle stesse, al fine di poter valutare se il loro annullamento modificherebbe lo spirito e la sostanza di detto atto (v. sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punti 36 e 37 e giurisprudenza citata).

128    Orbene, come risulta dai precedenti punti da 109 a 117, con la decisione impugnata il Consiglio, a nome dell’Unione, ha espresso il consenso di quest’ultima ad un accordo con il Regno del Marocco le cui pattuizioni si applicano indifferentemente, da un lato, al territorio di tale paese terzo e alle acque soggette alla sua sovranità e alla sua giurisdizione e, dall’altro, al Sahara occidentale e alle acque adiacenti. In particolare, si deve rilevare che, sebbene l’accordo di pesca includa in modo esplicito queste ultime acque nella zona di pesca, la definizione della stessa nonché quelle delle zone di gestione di cui alle schede tecniche figuranti all’appendice 2 del protocollo di attuazione non implicano una delimitazione delle attività di pesca in funzione del fatto che esse si svolgano in tali acque o nelle acque marocchine. Analogamente, le pattuizioni di tale accordo e del protocollo di attuazione relative alla contropartita finanziaria, segnatamente al sostegno settoriale, non instaurano alcuna differenziazione fra la parte della stessa versata a beneficio di attività situate nel territorio del Marocco e la parte versata a beneficio di attività situate nel summenzionato territorio non autonomo.

129    Di conseguenza, deve esserne desunto che il consenso dato, a nome dell’Unione, dalla decisione impugnata a che l’accordo controverso si applichi al Sahara occidentale e alle acque adiacenti non è separabile dal consenso dato, tramite tale decisione, a detto accordo nel suo insieme. Pertanto, un annullamento di tale decisione soltanto nei limiti in cui essa ha approvato l’applicazione di detto accordo a tale territorio non autonomo e a dette acque modificherebbe lo spirito e la sostanza di tale atto.

130    Inoltre, si deve ricordare che il ricorrente non è legittimato, in linea di principio, a modificare l’oggetto iniziale del ricorso sostituendo alle conclusioni presentate nello stesso conclusioni presentate per la prima volta in udienza [v., in tal senso e per analogia, sentenze del 27 gennaio 2000, Mulder e a./Consiglio e Commissione, C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:2000:38, punto 47 e giurisprudenza citata, e del 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione, T‑28/03, EU:T:2005:139, punto 45 e giurisprudenza citata]. Orbene, nel caso di specie, si deve rilevare che solo il capo delle conclusioni presentato in udienza in subordine, inteso all’annullamento in toto della decisione impugnata, corrisponde alla formulazione delle conclusioni del ricorso.

131    Di conseguenza, deve essere respinto in quanto irricevibile il capo delle conclusioni del ricorrente presentato in via principale, in udienza, diretto all’annullamento parziale della decisione impugnata nei limiti in cui approva l’applicazione dell’accordo controverso al Sahara occidentale e alle acque adiacenti. Occorre dunque esaminare unicamente le conclusioni del ricorrente come enunciate nel ricorso e riprese, in subordine, in udienza, le quali sono dirette all’annullamento in toto della decisione impugnata.

c)      Sulla prima censura di irricevibilità del Consiglio, relativa al difetto di capacità di stare in giudizio del ricorrente

132    A sostegno della prima censura di irricevibilità, il Consiglio fa valere che il ricorrente non è una persona giuridica, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, munita della capacità di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione. In primo luogo, esso sostiene che il ricorrente non è dotato di personalità giuridica in forza del diritto interno di uno Stato membro. In secondo luogo, esso afferma che il ricorrente non è un soggetto di diritto internazionale. In terzo luogo, esso fa valere che il ricorrente non soddisfa i criteri stabiliti dai giudici dell’Unione ai fini del riconoscimento della capacità di stare in giudizio ad un’entità priva di personalità giuridica e, in particolare, la condizione concernente il fatto che l’entità in questione deve essere trattata dall’Unione come un soggetto distinto dotato di diritti e di obblighi.

133    La Repubblica francese, la Commissione e le CPMM elaborano, in sostanza, lo stesso argomento del Consiglio. Le CPMM sostengono inoltre che il ricorrente non dispone dell’autonomia necessaria per agire come un’entità responsabile nei rapporti giuridici, alla luce dei suoi rapporti con la Repubblica araba saharawi democratica (RASD), non riconosciuta dall’ONU e dall’Unione.

134    A sostegno della sua capacità di stare in giudizio, il ricorrente fa valere di essere un movimento di liberazione nazionale, il quale trae direttamente i propri diritti e i propri obblighi dal diritto internazionale, a causa dello status separato e distinto del Sahara occidentale e del diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi. Tale status sarebbe confermato, segnatamente, dalla sua capacità di concludere accordi e dal suo riconoscimento come unico rappresentante di tale popolo da parte dell’Assemblea generale dell’ONU. In quanto soggetto di diritto internazionale, esso soddisferebbe, a maggior ragione, i criteri fissati dalla giurisprudenza per verificare che un’entità priva di personalità giuridica possa essere considerata una persona giuridica, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

135    In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo comma di tale articolo, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

136    Inoltre, secondo la giurisprudenza, anche se la nozione di persona giuridica che figura all’articolo 263, paragrafo 4, TFUE, comporta, in linea di principio, la sussistenza della personalità giuridica, la quale deve essere verificata alla luce del diritto nazionale ai sensi del quale la persona giuridica in questione è stata costituita, essa non coincide necessariamente con quelle proprie dei vari ordinamenti giuridici degli Stati membri. Pertanto, la giurisprudenza ha già riconosciuto la capacità di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione ad entità indipendentemente dalla questione della loro costituzione come persona giuridica di diritto interno (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 83 e giurisprudenza citata).

137    Ciò è avvenuto, segnatamente, allorché, da un lato, l’entità in questione disponeva di una rappresentatività sufficiente rispetto alle persone delle quali essa sosteneva di difendere i diritti tratti dal diritto dell’Unione, nonché dell’autonomia e della responsabilità necessarie per agire nell’ambito di rapporti giuridici determinati da questo stesso diritto e, dall’altro, essa era stata riconosciuta dalle istituzioni come interlocutrice nel corso delle trattative concernenti tali diritti (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 84 e giurisprudenza citata).

138    Lo stesso dicasi per il caso in cui le istituzioni dell’Unione avevano trattato tale entità come un soggetto distinto, dotato di diritti ed obblighi propri. Infatti, la coerenza e la giustizia impongono di riconoscere la capacità di stare in giudizio di una siffatta entità per contestare le misure restrittive dei suoi diritti o le decisioni sfavorevoli adottate nei suoi confronti dalle istituzioni (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 85 e giurisprudenza citata).

139    Occorre aggiungere che la giurisprudenza non esclude che, in contesti diversi da quelli delle sentenze menzionate ai precedenti punti 137 e 138, la capacità di stare in giudizio dinanzi al giudice dell’Unione sia riconosciuta ad un’entità indipendentemente dalla sua personalità giuridica di diritto interno, segnatamente qualora i requisiti della tutela giurisdizionale effettiva lo impongano, dovendo essere esclusa un’interpretazione restrittiva della nozione di persona giuridica (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 86 e giurisprudenza citata).

140    Infine, dalla giurisprudenza risulta parimenti che soggetti di diritto internazionale pubblico, come Stati terzi, costituiscono persone giuridiche ai sensi del diritto dell’Unione (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 87 e giurisprudenza citata).

141    Nel caso di specie, come nella causa che si è conclusa con la pronuncia della sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio (T‑279/19), mentre le parti concordano sul fatto che il ricorrente non è munito di personalità giuridica di diritto interno, esse divergono sulla questione dell’esistenza della personalità giuridica del ricorrente sotto il profilo del diritto internazionale pubblico, in particolare sugli effetti su tale personalità del ruolo del ricorrente nell’ambito del processo di autodeterminazione del Sahara occidentale e sul carattere limitato o meno della sua rappresentatività nei confronti del popolo di tale territorio (sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 88 e 89).

142    Occorre dunque verificare, alla luce della giurisprudenza relativa alla nozione di persona giuridica, richiamata ai precedenti punti da 136 a 140, se il ruolo e la rappresentatività del ricorrente siano idonei a conferirgli la capacità di stare in giudizio dinanzi al giudice dell’Unione (sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 90).

143    A tal riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che, al punto 89 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, sul quale il ricorrente si fonda nell’ambito del ricorso in esame, la Corte ha dichiarato che il principio consuetudinario di autodeterminazione faceva parte delle norme di diritto internazionale applicabili nelle relazioni tra l’Unione e il Regno del Marocco, di cui si imponeva al Tribunale la presa in considerazione. Più specificamente, al punto 105 di detta sentenza, la Corte ha ricordato che la CIG aveva sottolineato, nel suo parere consultivo sul Sahara occidentale, che la popolazione di tale territorio godeva, in forza del diritto internazionale generale, del diritto all’autodeterminazione, come esposto ai punti 90 e 91 della stessa sentenza. Inoltre, essa ha precisato che, da parte sua, l’Assemblea generale dell’ONU, al punto 7 della sua risoluzione 34/37 sulla questione del Sahara occidentale, aveva raccomandato che il ricorrente, «rappresentante del popolo del Sahara occidentale, partecip[asse] pienamente ad ogni ricerca di una soluzione politica equa, duratura e definitiva della questione del Sahara occidentale».

144    Da tali considerazioni risulta dunque che il diritto internazionale riconosce al popolo del Sahara occidentale un diritto all’autodeterminazione, circostanza della quale spetta ai giudici dell’Unione tenere conto, e che, sul fondamento di tale diritto, il ricorrente, in quanto rappresentante di detto popolo, si è visto riconoscere dall’Assemblea generale dell’ONU il diritto di partecipare «pienamente» alla ricerca di una soluzione politica della questione dello status definitivo di tale territorio. Inoltre, si deve ricordare che tale diritto è stato confermato dalla risoluzione 35/19 (v. precedente punto 16) e che il ricorrente l’ha esercitato nell’ambito delle trattative condotte sotto l’egida dell’ONU, delle quali il Regno del Marocco e lo stesso sono parti dal 1988 (v. precedenti punti 17, 18 e 20) (sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 92).

145    Orbene, nell’ambito della censura di irricevibilità in esame, il Consiglio, la Repubblica francese, la Commissione e le CPMM non contestano l’esercizio, da parte del ricorrente, del suo diritto di partecipare al processo di autodeterminazione del Sahara occidentale, in quanto rappresentante del popolo di tale territorio, riconosciutogli dagli organi dell’ONU (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 93).

146    Peraltro, come esposto dal ricorrente, esso ha assunto un certo numero di impegni in forza del diritto internazionale nella sua qualità di rappresentante del popolo del Sahara occidentale, in particolare in forza dell’accordo di pace concluso con la Repubblica islamica di Mauritania (v. precedente punto 15), degli accordi ai quali il Regno del Marocco e il medesimo sono pervenuti in relazione a talune questioni relative all’applicazione delle proposte di accordo del Segretario generale dell’ONU e delle quattro convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 e del protocollo aggiuntivo alle convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali (Protocollo I), firmato l’8 giugno 1977, ai quali esso ha aderito il 23 giugno 2015 (v. in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 94).

147    Inoltre, il Consiglio, la Repubblica francese, la Commissione e le CPMM non contestano che, come fatto valere dal ricorrente, esso partecipa ai lavori del comitato speciale incaricato di studiare la situazione riguardo all’applicazione della Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali, istituita dall’Assemblea generale dell’ONU, relativi alla questione del Sahara occidentale, nonché ai lavori congiunti della Commissione economica per l’Africa (CEA), istituita in seno al Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, e del Comitato tecnico specializzato dell’Unione africana su finanza, questioni monetarie, pianificazione economica e integrazione (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 95).

148    Il ricorrente è dunque riconosciuto sul piano internazionale quale rappresentante del popolo del Sahara occidentale, anche supponendo che, come sostenuto dal Consiglio, dalla Repubblica francese, dalla Commissione e dalle CPMM, tale riconoscimento si iscriva nell’ambito limitato del processo di autodeterminazione di tale territorio. Inoltre, la sua partecipazione a tale processo implica che esso dispone dell’autonomia e della responsabilità necessarie per agire in tale ambito, come peraltro confermato dal suo statuto versato nel fascicolo. La circostanza che, come fatto valere dal Consiglio, dalla Repubblica francese, dalla Commissione e dalle CPMM, i diritti e gli obblighi del ricorrente non siano equivalenti a quelli degli Stati o delle organizzazioni internazionali, circostanza, del resto, non contestata, non è rilevante al riguardo (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 96 e 97).

149    In secondo luogo, il ricorrente fa valere, giustamente, che le istituzioni hanno preso atto del suo ruolo e della sua rappresentatività. Da un lato, al punto 105 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, la stessa Corte ha preso atto del riconoscimento, da parte dell’Assemblea generale dell’ONU, di tale rappresentatività (v. precedente punto 143). Dall’altro, il ricorrente fornisce elementi che indicano che lo stesso intrattiene regolarmente scambi con la Commissione in relazione alle questioni concernenti la situazione del Sahara occidentale. Inoltre, nell’ambito delle consultazioni di cui al considerando 11 della decisione impugnata (v. precedente punto 60), il SEAE ha proposto al ricorrente di procedere ad uno scambio di opinioni con il medesimo in merito all’accordo controverso, come risulta dalla relazione di valutazione della Commissione sui benefici per la popolazione del Sahara occidentale dell’accordo per una pesca sostenibile fra l’Unione e il Regno del Marocco e il suo protocollo di attuazione, nonché sulla consultazione di tale popolazione, da parte della Commissione, che accompagna la proposta di decisione del Consiglio, dell’8 ottobre 2018, relativa alla firma, a nome dell’Unione, dell’accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l’Unione europea e il Regno del Marocco, del relativo protocollo di attuazione e di uno scambio di lettere che accompagna l’accordo [SWD(2018) 433 final; in prosieguo: la «relazione dell’8 ottobre 2018»]. Il ricorrente può dunque legittimamente sostenere di essere considerato come un interlocutore legittimo dalle istituzioni dell’Unione per quanto riguarda le questioni che possono concernere tale territorio, inclusa la possibilità di esprimere la sua posizione nei confronti della conclusione dell’accordo controverso (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 98).

150    In terzo luogo, occorre ricordare che, al punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, la Corte ha ritenuto che, tenuto conto degli elementi richiamati al punto 105 della stessa sentenza (v. precedente punto 143), il popolo del Sahara occidentale dovesse essere considerato come un «terzo» ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati, sul quale, in quanto tale, poteva incidere l’attuazione dell’accordo di associazione in caso di inclusione del territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione di detto accordo, cosicché detta attuazione doveva, in ogni caso, avere il suo consenso (sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 99).

151    Inoltre, ai punti 63 e 64 della sentenza Western Sahara Campaign UK, la Corte si è fondata sulle considerazioni della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, segnatamente su quelle di cui ai punti 105 e 106 della stessa, per dichiarare che l’ambito di applicazione dell’accordo di pesca del 2006 non poteva essere interpretato nel senso che esso includeva il territorio del Sahara occidentale, salvo violare il principio di autodeterminazione e il principio dell’effetto relativo dei trattati. Analogamente, ai punti da 69 a 73 della medesima sentenza, fondandosi sulle pattuizioni della convenzione sul diritto del mare, la Corte ha dedotto da tale conclusione che sarebbe contrario ai medesimi principi ritenere che le acque adiacenti a tale territorio non autonomo siano soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco ai sensi di detto accordo di pesca.

152    Orbene, tramite il ricorso in esame, il ricorrente intende difendere il diritto all’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, facendo valere, in sostanza, che la decisione impugnata, approvando la stipulazione di un accordo con il Regno del Marocco applicabile a tale territorio e alle acque adiacenti, senza il suo consenso, contrariamente a quanto avrebbe statuito la Corte (v. precedente punto 100), non rispetterebbe tale diritto. Di conseguenza, si deve ritenere che, in tale situazione particolare, i requisiti della tutela giurisdizionale effettiva impongano, in ogni caso, di riconoscere al ricorrente la capacità di proporre un ricorso dinanzi al Tribunale per difendere tale diritto (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 100).

153    Alla luce dell’insieme di tali circostanze, il ricorrente deve essere qualificato come persona giuridica, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, munita della capacità di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione ai fini della proposizione del ricorso in esame, lasciando impregiudicato l’obbligo ad esso incombente di dimostrare che tale ricorso soddisfa gli altri requisiti di ricevibilità e, in particolare, che esso è legittimato ad agire (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 101).

154    Gli argomenti del Consiglio, della Repubblica francese, della Commissione e delle CPMM non rimettono in discussione tale conclusione.

155    In primo luogo, le circostanze addotte relative al fatto che il ricorrente non sarebbe l’unico rappresentante del popolo del Sahara occidentale e che la sua rappresentatività sarebbe limitata al processo di autodeterminazione non sono, in ogni caso, determinanti alla luce delle circostanze richiamate ai precedenti punti da 143 a 149. Lo stesso vale per quanto riguarda il fatto che gli organi dell’ONU non l’abbiano definito esplicitamente come un movimento di liberazione nazionale e che non gli abbiano riconosciuto lo status di osservatore, nonché con riferimento all’argomento secondo il quale la sua personalità giuridica sarebbe, tutt’al più «funzionale» o «transitoria» (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 103).

156    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle CPMM relativo all’asserita assenza di indipendenza del ricorrente rispetto alla RASD, alla luce del fatto che il ricorrente è parte del processo di autodeterminazione in quanto organizzazione politica autonoma e non per rappresentare la RASD e che, in ogni caso, il testo citato dalle CPMM a sostegno del loro argomento gli riconosce siffatta autonomia, quest’ultimo non può che essere respinto (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 104).

157    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale non esisterebbe fra il ricorrente e l’Unione, o fra il ricorrente e gli Stati membri, alcun tipo di rapporto giuridico, dal quale discenderebbero, per lo stesso, diritti e obblighi e che costituirebbe, da parte dell’Unione o degli Stati membri, una forma di «riconoscimento internazionale», è sufficiente rilevare che, nel caso di specie, il Tribunale è chiamato a pronunciarsi su un ricorso di annullamento avverso un atto dell’Unione, sul quale lo stesso è competente a statuire; che il ricorrente sostiene di essere interessato direttamente e individualmente, in quanto rappresentante del popolo del Sahara occidentale, e che, con il ricorso in esame, esso intende difendere il diritto di autodeterminazione di tale popolo, che le istituzioni sono tenute a rispettare. Di conseguenza, l’esistenza di un rapporto giuridico fra l’Unione e il ricorrente, che occorrerà verificare nell’ambito dell’esame dell’incidenza diretta e individuale nei confronti di quest’ultimo, non può, in tale fase, essere esclusa. In ogni caso, poiché le istituzioni hanno preso atto della rappresentatività del ricorrente e lo trattano come un interlocutore legittimo per quanto riguarda la questione del Sahara occidentale, il fatto che esso non sia destinatario di alcun atto dell’Unione munito di effetti giuridici non è determinante (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 105 a 108 e giurisprudenza citata).

158    In quarto luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il riconoscimento della capacità di stare in giudizio del ricorrente dinanzi al Tribunale non trasforma quest’ultimo in un organo giurisdizionale «quasi internazionale». Infatti, anzitutto, la presente controversia non verte sulla «controversia» internazionale della quale il ricorrente è parte, bensì su un ricorso di annullamento di un atto dell’Unione. Inoltre, nella misura in cui spetta unicamente al Tribunale verificare se il ricorrente soddisfi le condizioni di ricevibilità proprie del diritto dell’Unione, e in particolare quelle risultanti dalla nozione di persona giuridica, l’ammissione del suo ricorso viene effettuata nell’ambito ristretto dell’esercizio delle competenze conferite al Tribunale dal diritto dell’Unione. Infine, considerato che l’esercizio delle competenze devolute alle istituzioni dell’Unione nel campo internazionale non può essere sottratto, tuttavia, al controllo giurisdizionale, il riconoscimento della capacità di stare in giudizio nei confronti del ricorrente non può avere come conseguenza la sostituzione del Tribunale alle istituzioni che gestiscono le relazioni esterne dell’Unione e l’adozione da parte di quest’ultimo di una decisione «politica». Del resto, il Tribunale non può far prevalere considerazioni di politica internazionale e di opportunità sulle norme in materia di ricevibilità di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 109 a 113 e giurisprudenza citata).

159    Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che la censura di irricevibilità del Consiglio vertente sul difetto di capacità di stare in giudizio del ricorrente deve essere respinta.

d)      Sulla validità del mandato rilasciato dal ricorrente al suo avvocato

160    Le CPMM esprimono dubbi sulla validità del mandato conferito dal ricorrente al suo avvocato. Infatti, esse si chiedono se tale mandato possa essere validamente firmato dal «segretario politico» del ricorrente, come nel caso di specie. Esse chiedono al Tribunale di verificare la regolarità di tale mandato. Esse sostengono che, in ipotesi di mancata regolarità, il ricorso deve essere dichiarato irricevibile sul fondamento dell’articolo 51, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

161    Interrogato al riguardo nell’ambito della misura di organizzazione del 18 dicembre 2020, in primo luogo, il ricorrente afferma di non essere una «persona giuridica di diritto privato» ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 3, del regolamento di procedura. In secondo luogo, esso fa valere che tutti i ricorsi presentati da esso dal 2012 lo sono stati sulla base di mandati firmati dal suo «segretario politico», senza che la validità di tali mandati sia mai stata messa in dubbio. In terzo luogo, il «segretariato dell’organizzazione politica», a capo del quale si troverebbe il firmatario del mandato, farebbe parte delle «strutture principali del Fronte» e sarebbe oggetto degli articoli da 119 a 130 del suo statuto. In quarto luogo, tale firmatario e le sue funzioni sarebbero perfettamente identificate da documenti disponibili online. Da tutti i siffatti elementi risulterebbe che, in conformità alla giurisprudenza, non sussisterebbe alcun dubbio sull’intenzione del ricorrente di presentare il ricorso in esame. A sostegno di tali argomenti, il ricorrente fornisce il testo integrale del suo statuto, approvato in occasione del suo quattordicesimo congresso, tenutosi dal 16 al 23 dicembre 2015, nonché i documenti disponibili online ai quali esso si riferisce.

162    Nel caso di specie, occorre rilevare che, così come il mandato prodotto dal ricorrente nell’ambito della causa che si è conclusa con la pronuncia della sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio (T‑279/19), il documento del 20 maggio 2019 da esso prodotto nel caso di specie e al quale le CPMM fanno riferimento si presenta come un mandato conferito al suo avvocato affinché quest’ultimo proponga a suo nome un ricorso di annullamento, rilasciato a suo nome e firmato da A, designato come «segretario politico» di tale organizzazione. Inoltre, le CPMM esprimono dubbi in merito alla validità di tale mandato negli stessi termini della Confédération marocaine de l’agriculture et du développement rural (Comader), parte interveniente nella causa che si è conclusa con la pronuncia di detta sentenza, e il ricorrente, nel caso di specie, ha presentato a tal riguardo osservazioni di tenore identico a quelle sottoposte nella presente causa (sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 115, 116 e 123).

163    A tal riguardo, anzitutto, occorre rilevare che, indipendentemente dalle condizioni previste dall’articolo 51, paragrafo 3, del regolamento di procedura, ogni entità deve dimostrare non solo la propria capacità di agire, ma anche il fatto di avere effettivamente preso la decisione di presentare il ricorso e che gli avvocati che sostengono di rappresentarla hanno effettivamente ricevuto un mandato a tal fine (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 120 a 122 e giurisprudenza citata).

164    Nel caso di specie, dai precedenti punti da 143 a 159 risulta che il ricorrente è dotato della capacità di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione. Occorre cionondimeno verificare se sia pacifico il fatto che esso abbia effettivamente deciso di presentare il ricorso, fermo restando che tale questione è idonea, in ogni caso, ad essere esaminata d’ufficio dal Tribunale (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 117 e 119).

165    Da un lato, come risulta dalle spiegazioni del ricorrente e dai documenti forniti a sostegno, il cui contenuto non è contestato, l’espressione «segretario politico» deve essere intesa come riferita alla persona a capo dell’organo denominato, nel suo statuto, «Segretariato dell’organizzazione politica». Inoltre, da detti documenti risulta in modo esplicito che la persona che ha firmato il mandato conferito dal ricorrente all’avvocato svolgeva effettivamente le funzioni di «segretario politico» del ricorrente alla data di proposizione del ricorso, circostanza del pari non contestata (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 125).

166    Dall’altro, ai sensi dell’articolo 92, punto 7, dello statuto del ricorrente, il segretariato nazionale, che, in base all’articolo 76 dello stesso statuto, costituisce l’«organo supremo» del ricorrente «nel periodo tra i due Congressi», ha le funzioni, segnatamente, di «[r]appresentare il Fronte nei suoi rapporti con i partiti politici, i governi, i movimenti di liberazione, nonché le altre organizzazioni». Ai sensi dell’articolo 120 del medesimo statuto, «il Segretariato dell’Organizzazione politica assicura l’attuazione e il monitoraggio delle decisioni e dei programmi del Segretariato nazionale e del suo Ufficio connessi alla natura e alle funzioni dell’Organizzazione politica» (sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 126).

167    Da tali articoli dello statuto del ricorrente si può quindi dedurre, come confermato da quest’ultimo in udienza, che l’attuazione delle decisioni del segretariato nazionale nei suoi rapporti con i governi e le altre organizzazioni, segnatamente con l’Unione, può rientrare nella competenza del segretariato dell’organizzazione politica e che, a tale titolo, A era abilitato a firmare il mandato dell’avvocato del ricorrente (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 127).

168    Occorre aggiungere che, anche se il ruolo del «segretario politico» di rappresentanza presso organizzazioni internazionali, come l’Unione, o organi giurisdizionali, come il Tribunale, non risulta dall’elenco dei compiti del segretariato dell’organizzazione politica, di cui agli articoli 122 e 131 dello statuto del ricorrente, l’articolo 120 di quest’ultimo conferisce a tale organo la competenza ad attuare e monitorare le decisioni e i programmi del segretariato nazionale e da detti articoli 122 e 131 non risulta che l’elenco dei suoi compiti sia esaustivo (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 128 e 129 e giurisprudenza citata).

169    Da tali considerazioni si deve quindi dedurre che, nel caso di specie, A, «segretario politico» del ricorrente, era abilitato ad attuare la decisione dell’«organo supremo» di quest’ultimo, ossia il segretariato nazionale, di proporre il ricorso in esame. Inoltre, nella risposta ai quesiti del Tribunale del 25 gennaio 2021, l’avvocato del ricorrente, membro dell’ordine forense di uno Stato membro e sottoposto, in quanto tale, ad un codice di deontologia professionale, ha dichiarato che il ricorrente aveva «effettivamente avuto l’intenzione di proporre il [ricorso]» e che «la sua determinazione ad ottenere il rispetto effettivo delle sentenze della Corte [era] totale» (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 130 e 131 e giurisprudenza citata).

170    Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che i dubbi delle CPMM concernenti la validità del mandato conferito dal ricorrente al suo avvocato devono essere respinti.

e)      Sulla seconda censura di irricevibilità del Consiglio, relativa al difetto di legittimazione ad agire del ricorrente

171    Nell’ambito della seconda censura di irricevibilità, il Consiglio, sostenuto dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dalla Commissione e dalle CPMM, fa valere che il ricorrente, il quale non è destinatario della decisione impugnata, non è interessato direttamente e individualmente dalla stessa.

172    Il ricorrente, da parte sua, sostiene di essere interessato direttamente e individualmente dalla decisione impugnata, nella misura in cui l’accordo controverso si applica al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti e interessa, per tale ragione, il popolo di detto territorio.

173    In via preliminare, da un lato, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, un atto come la decisione impugnata, che approva un accordo internazionale concluso dall’Unione, è impugnabile. Dall’altro, si deve ricordare che l’articolo 263 TFUE opera una netta distinzione tra il diritto di ricorso delle istituzioni dell’Unione e degli Stati membri e quello delle persone fisiche e giuridiche, disponendo il quarto comma di tale articolo che queste ultime possono proporre un ricorso contro gli atti adottati nei loro confronti o che li riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che li riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione (sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 135 e 136 e giurisprudenza citata).

174    Nel caso di specie, il ricorrente non è il destinatario della decisione impugnata né dell’accordo controverso. Orbene, tenuto conto della posizione degli accordi internazionali nell’ordinamento giuridico dell’Unione e del fondamento normativo della decisione impugnata, ossia l’articolo 218, paragrafo 6, lettera a), i), TFUE, il quale richiede, per l’adozione di una siffatta decisione, l’approvazione del Parlamento europeo, il ricorso del ricorrente avverso la decisione impugnata non può essere assoggettato a condizioni di ricevibilità meno restrittive di quelle applicabili ad un ricorso contro gli atti legislativi. Incombe dunque al medesimo dimostrare di essere direttamente ed individualmente interessato dalla decisione impugnata, circostanza che, del resto, esso non contesta (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 137 a 140 e giurisprudenza citata).

175    Occorre pronunciarsi sulla presente censura di irricevibilità iniziando con l’esame dell’incidenza diretta nei confronti del ricorrente.

1)      Sull’incidenza diretta nei confronti del ricorrente

176    Il Consiglio sostiene che il ricorrente non soddisfa i criteri fissati dalla giurisprudenza per stabilire se una persona fisica o giuridica sia direttamente interessata dall’atto impugnato. A tal riguardo, da un lato, per quanto riguarda il primo di tali criteri, esso sostiene che il ricorrente non è destinatario dell’atto impugnato e che quest’ultimo non produce, nei suoi confronti, effetti giuridici. Infatti, in primo luogo, a suo avviso, la decisione impugnata produce effetti giuridici soltanto nei confronti dell’Unione o delle sue istituzioni, e non nei confronti di terzi. In secondo luogo, esso ritiene che la decisione impugnata non produca effetti al di fuori del territorio di applicazione dei Trattati. In terzo luogo, esso sostiene che, fondandosi sugli effetti dell’accordo controverso su un territorio al di fuori dell’Unione per determinare l’incidenza diretta nei confronti del ricorrente, il Tribunale sarebbe indotto a pronunciarsi sulla legittimità dei diritti e degli obblighi del Regno del Marocco risultanti da detto accordo, al quale tale paese terzo ha liberamente e sovranamente acconsentito, il che eccederebbe le sue competenze. Dall’altro, per quanto riguarda il secondo di tali criteri, esso afferma che tale accordo e lo scambio di lettere non producono essi stessi effetti giuridici nei confronti dei terzi e necessitano di essere attuati dal protocollo di attuazione, che, da parte sua, richiede misure di attuazione supplementari. Nella controreplica, il Consiglio aggiunge che, anche ammettendo che la decisione impugnata produca effetti al di fuori del territorio dell’Unione, l’accordo controverso può unicamente riguardare gli operatori attivi nei settori economici interessati.

177    Da parte sua, il ricorrente fa valere di essere direttamente interessato dalla decisione impugnata. Esso sostiene di soddisfare i due criteri che devono entrambi sussistere ai fini del soddisfacimento della condizione dell’incidenza diretta. Infatti, da un lato, esso deduce dalla sentenza Consiglio/Fronte Polisario che, poiché la decisione impugnata reca conclusione di un accordo che include esplicitamente nel suo ambito di applicazione il territorio del Sahara occidentale e le acque adiacenti, nonché le loro risorse naturali, senza il consenso del popolo di tale territorio, detto accordo interessa direttamente quest’ultimo, in quanto soggetto terzo rispetto all’accordo. Solo per tale fatto, detto accordo produrrebbe effetti sulla sua situazione giuridica, in quanto solo ed unico rappresentante di tale popolo. Dall’altro, esso afferma che il regolamento impugnato, che è stato adottato anteriormente alla decisione impugnata e che si limita a ripartire le possibilità di pesca previste dall’articolo 3, paragrafo 1, del protocollo di attuazione, non può essere considerato come una misura intermedia che osta all’incidenza diretta nei suoi confronti.

178    Il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Commissione e le CPMM elaborano, in sostanza, il medesimo argomento del Consiglio.

179    In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la condizione secondo la quale una persona fisica o giuridica deve essere direttamente interessata dalla decisione oggetto del ricorso, come prevista all’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi. In primo luogo, il provvedimento dell’Unione contestato deve produrre effetti direttamente sulla situazione giuridica del singolo. In secondo luogo, esso non deve riconoscere alcun potere discrezionale ai propri destinatari, che sono incaricati della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 144 e giurisprudenza citata).

180    Occorre dunque esaminare, in maniera distinta, se il ricorrente soddisfi ciascuno di tali due criteri.

i)      Sul rispetto, da parte del ricorrente, del primo criterio dell’incidenza diretta, in base al quale il provvedimento contestato deve produrre effetti direttamente sulla sua situazione giuridica

181    Per quanto riguarda il rispetto del primo dei criteri dell’incidenza diretta, dall’argomento del Consiglio, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Commissione e delle CPMM risulta che la loro contestazione dell’esistenza di effetti diretti della decisione impugnata sulla situazione giuridica del ricorrente consta, in sostanza, di tre parti. La prima è fondata sugli effetti giuridici intrinseci di una decisione di conclusione, a nome dell’Unione, di un accordo internazionale. La seconda è relativa agli effetti giuridici specifici della decisione impugnata, alla luce della sua applicazione territoriale. La terza riguarda l’assenza di modifica della situazione giuridica del ricorrente, considerato il suo ruolo limitato alla partecipazione al processo di autodeterminazione del Sahara occidentale (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 146).

–       Sulla prima parte dall’argomento del Consiglio, relativa agli effetti giuridici intrinseci di una decisione di conclusione, a nome dell’Unione, di un accordo internazionale

182    Da un lato, il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica francese, fa valere, in sostanza, che una decisione di conclusione, a nome dell’Unione, di un accordo internazionale non produce effetti nei confronti dei terzi e che gli asseriti effetti dell’accordo controverso sul ricorrente non possono essere invocati per dimostrare che la sua situazione giuridica è interessata da tale decisione. Dall’altro, il Consiglio, sostenuto, in sostanza, dalla Repubblica francese e dalla Commissione, afferma che una decisione di tale natura non può produrre effetti giuridici in un paese non membro dell’Unione.

183    Da parte sua, il ricorrente fa valere che la decisione impugnata, in quanto reca conclusione dell’accordo controverso, è indissociabile da quest’ultimo, salvo sottrarre un simile atto, il quale è impugnabile, al controllo di legittimità effettuato dal giudice. Inoltre, il ricorrente fa valere che, in ogni caso, è pacifico che l’ambito di applicazione territoriale dell’accordo controverso, approvato dalla decisione impugnata, include il territorio del Sahara occidentale e le acque adiacenti, nonché le loro risorse naturali. Secondo il ricorrente, il riferimento del Consiglio al consenso libero e sovrano del Regno del Marocco rimetterebbe in discussione la competenza del giudice dell’Unione a controllare la decisione impugnata.

184    In primo luogo, occorre rilevare che una decisione di conclusione di un accordo internazionale, la quale è fondata sull’articolo 218, paragrafo 6, TFUE, non può essere confusa con le decisioni adottate sul fondamento dell’articolo 218, paragrafi 3 e 4, TFUE, che riguardano lo svolgimento di negoziati internazionali e producono dunque, in linea di principio, effetti giuridici soltanto nei rapporti fra l’Unione e i suoi Stati membri, nonché fra le istituzioni dell’Unione. Al contrario, tale decisione materializza il consenso dell’Unione ad essere vincolata da tale accordo. Essa è dunque un elemento costitutivo di detto accordo e produce effetti giuridici nei confronti delle altre parti dello stesso, nella misura in cui formalizza l’accettazione, da parte dell’Unione, degli impegni da essa sottoscritti verso le medesime (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 149 e 150 e giurisprudenza citata).

185    Inoltre, se l’accordo internazionale concluso con una siffatta decisione vincola le parti rispetto ad un territorio diverso dal proprio alle condizioni definite dal diritto internazionale, tale accordo può riguardare un terzo, ai sensi del principio di diritto internazionale generale dell’effetto relativo dei trattati. Di conseguenza, gli effetti dell’attuazione di tale accordo sulla situazione giuridica di tale terzo sono rilevanti al fine di valutare l’incidenza diretta nei confronti di quest’ultimo da parte della decisione di conclusione di detto accordo, adottata a nome dell’Unione (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 151 e 152 e giurisprudenza citata).

186    Ne consegue che erroneamente il Consiglio afferma che, per sua natura, la decisione impugnata produrrebbe effetti soltanto nei confronti dell’Unione e delle sue istituzioni. Per le stesse ragioni, deve essere respinto l’argomento della Repubblica francese secondo il quale la decisione impugnata non produrrebbe, da sola, effetti giuridici nei confronti del ricorrente, poiché essa non sarebbe sufficiente, da sola, a far entrare in vigore l’accordo controverso (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 153 e giurisprudenza citata).

187    In secondo luogo, occorre rilevare che un accordo internazionale concluso dall’Unione vincola non solo le istituzioni dell’Unione, ma anche gli Stati terzi parti di tale accordi. Per questo motivo, come ricordato dalla stessa Repubblica francese, un ricorso di annullamento proposto avverso un accordo internazionale deve essere inteso come rivolto contro la decisione che lo ha concluso a nome dell’Unione. Analogamente, la Corte ha dichiarato che occorreva ritenere che una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sulla validità di un accordo internazionale concluso dall’Unione dovesse essere intesa come riferita all’atto con il quale l’Unione aveva concluso un tale accordo internazionale (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 154 e giurisprudenza citata).

188    Tuttavia, alla luce della competenza della Corte, sia nell’ambito di un ricorso di annullamento sia in quello di una domanda di pronuncia pregiudiziale, per valutare se un accordo internazionale concluso dall’Unione sia compatibile con i trattati e con le norme di diritto internazionale che vincolano quest’ultima, è stato dichiarato che il controllo di validità di una decisione di conclusione di un accordo internazionale da parte della Corte, nel contesto di una questione pregiudiziale, poteva vertere sulla legittimità di tale atto alla luce del contenuto stesso dell’accordo internazionale in questione (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 155 e giurisprudenza citata).

189    Tali considerazioni sono applicabili all’ipotesi di un ricorso di annullamento avverso una decisione di tale natura, proposta dinanzi al Tribunale da una persona giuridica, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, come il presente ricorso. Ogni altra interpretazione porterebbe, come rilevato in sostanza dal ricorrente, a sottrarre, in larga misura, la decisione impugnata al controllo della sua legittimità nel merito, il che sarebbe incompatibile con il principio della tutela giurisdizionale effettiva (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 156 e 157 e giurisprudenza citata).

190    Di conseguenza, l’esame dell’incidenza diretta e individuale nei confronti di tale persona giuridica da parte di una siffatta decisione deve prendere in considerazione, se del caso, gli effetti prodotti sulla sua situazione giuridica dall’accordo internazionale concluso in forza di tale decisione (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 158 e giurisprudenza citata).

191    Nel caso di specie, è stato constatato che il ricorrente, alla luce del suo ruolo di rappresentante del popolo del Sahara occidentale, era dotato della capacità di stare in giudizio nei confronti della decisione impugnata, capacità che gli consentiva di difendere i diritti che tale popolo traeva dalle norme di diritto internazionale che vincolano l’Unione (v. precedente punto 152 supra). Di conseguenza, come fatto valere in sostanza dal ricorrente, quest’ultimo deve poter far valere, al fine di dimostrare l’incidenza diretta e individuale nei suoi confronti, gli effetti dell’accordo controverso su tali diritti, salvo privare la tutela giurisdizionale effettiva degli stessi di una parte significativa del suo effetto utile (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 160 e giurisprudenza citata).

192    In terzo luogo, per quanto riguarda l’ambito di applicazione territoriale della decisione impugnata, occorre rilevare, da un lato, che essa è destinata a produrre effetti giuridici nell’ambito dei rapporti fra l’Unione e il Regno del Marocco, in quanto elemento costitutivo dell’espressione di un concorso di volontà di tali due soggetti di diritto internazionale, e, di conseguenza, produce necessariamente effetti nell’ordinamento giuridico internazionale. Dall’altro, come si deduce dalla giurisprudenza, gli effetti giuridici di tale accordo sul territorio dell’altra parte dell’accordo oppure in un territorio terzo possono essere rilevanti al fine di dimostrare l’incidenza diretta e individuale nei confronti di una persona fisica o giuridica da parte della decisione impugnata, nella misura in cui essa esprime il consenso dell’Unione a che l’accordo produca effetti di tal genere (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 161 a 165 e giurisprudenza citata).

193    Orbene, nel caso specie, il ricorrente, facendo valere le sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK, si fonda sull’applicazione dell’accordo controverso nel territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti e sulla qualità di terzo all’accordo, ai sensi dell’effetto relativo dei trattati, del popolo di tale territorio, per sostenere di essere direttamente interessato dalla decisione impugnata, in qualità di rappresentante di tale popolo (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 166).

194    Il fatto che, come sottolineato dal Consiglio e della Repubblica francese, gli effetti dell’accordo e la sua attuazione nel territorio del Regno del Marocco rientrino nella competenza sovrana di quest’ultimo non è rilevante.

195    Infatti, da un lato, nel caso di specie, il ricorrente non fa valere gli effetti dell’accordo controverso sul territorio del Marocco o sulle acque sulle quali il Regno del Marocco esercita la sua sovranità o la sua giurisdizione, ai sensi della sentenza Western Sahara Campaign UK (v. precedenti punti da 44 a 50), bensì gli effetti che esso produce su un territorio terzo e sulle acque adiacenti allo stesso. Inoltre, in conformità alla giurisprudenza, il Tribunale non si pronuncia sulla legittimità del consenso del Regno del Marocco ai diritti e agli obblighi risultanti da detto accordo, ma soltanto sulla legittimità del consenso dell’Unione agli stessi (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 168 e 169 e giurisprudenza citata).

196    Dalle suesposte considerazioni risulta che, alla luce della natura di una decisione di conclusione di un accordo internazionale e dei suoi effetti giuridici propri, l’esistenza di effetti diretti della decisione impugnata sulla situazione giuridica del ricorrente, in ragione del contenuto dell’accordo controverso, non può essere esclusa a priori. La prima parte della linea argomentativa del Consiglio deve pertanto essere respinta.

–       Sulla seconda parte dell’argomento del Consiglio, relativa agli effetti giuridici specifici dell’accordo controverso, alla luce della sua applicazione territoriale al Sahara occidentale e alle acque adiacenti

197    Il Consiglio, la Commissione e le CPMM contestano, in sostanza, il fatto che la decisione impugnata e l’accordo controverso producano effetti giuridici nei confronti del ricorrente, a causa dell’applicazione di tale accordo al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti. Da un lato, l’accordo di pesca richiederebbe l’adozione del suo protocollo di attuazione e di altre misure supplementari per produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi. Dall’altro, gli effetti di tali atti su detto territorio sarebbero meramente economici e non giuridici. Essi non creerebbero pertanto diritti o obblighi nei confronti del popolo di tale territorio e non sarebbero opponibili al medesimo.

198    Da parte sua, il ricorrente sostiene che, a causa dell’inclusione esplicita del territorio del Sahara occidentale e delle acque adiacenti, nonché delle loro risorse naturali nell’ambito di applicazione dell’accordo controverso, quest’ultimo e dunque la decisione impugnata riguardano il popolo di tale territorio, alla luce del suo diritto all’autodeterminazione. Inoltre, esso sostiene che le misure di esecuzione di tale accordo sono irrilevanti, dal momento che detta inclusione è, di per sé, contraria al principio di autodeterminazione e al principio dell’effetto relativo dei trattati e produce effetti giuridici nei confronti di tale popolo, circostanza che lo riguarda direttamente, in quanto rappresentante di quest’ultimo.

199    A tal proposito, occorre ricordare, in via preliminare, che, come rilevato ai precedenti punti da 109 a 123, la premessa sulla quale il ricorrente fonda la sua legittimità ad agire, ossia che la decisione impugnata approva un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco che si applica esplicitamente al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti, è corretta.

200    Occorre dunque soltanto verificare se, a causa dell’applicazione dell’accordo controverso al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti, si possa ritenere che la decisione impugnata riguardi il popolo di tale territorio.

201    A tal riguardo, in primo luogo, è giocoforza constatare che, come ricordato al precedente punto 150, al punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario la Corte ha ritenuto che il popolo del Sahara occidentale dovesse essere considerato come un «terzo», ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati, nei confronti del quale può incidere l’attuazione dell’accordo di associazione in ipotesi di inclusione del territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione di detto accordo. In secondo luogo, al medesimo punto di detta sentenza la Corte ne ha dedotto che una siffatta inclusione doveva, in ogni caso, avere il suo consenso, sia qualora una siffatta attuazione fosse idonea a nuocergli sia qualora essa fosse idonea ad operare a suo vantaggio. In terzo luogo, al punto 63 della sentenza Western Sahara Campaign UK, la Corte ha fatto riferimento, segnatamente, al punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario per ritenere che l’accordo di pesca del 2006 non potesse essere applicato al territorio del Sahara occidentale, salvo violare il principio di autodeterminazione e il principio dell’effetto relativo dei trattati. In quarto luogo, al punto 69 della sentenza Western Sahara Campaign UK, essa ha dedotto dall’interpretazione della nozione di «acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione», di cui a detto accordo di pesca, alla luce della convenzione sul diritto del mare, che, in considerazione del fatto che il territorio del Sahara occidentale non faceva parte del territorio del Regno del Marocco, com’è stato ricordato ai punti da 62 a 64 della stessa sentenza, le sue acque adiacenti non rientravano nella zona di pesca definita dal medesimo accordo.

202    Occorre pertanto dedurre dalla giurisprudenza che le considerazioni di cui al punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario sono rilevanti alla luce delle pattuizioni dell’accordo controverso, il quale, iscrivendosi nel medesimo insieme di norme pattizie dell’accordo di associazione, si applica in modo esplicito al territorio e alle acque adiacenti al Sahara occidentale. Di conseguenza, la suddetta applicazione territoriale dell’accordo controverso è tale da riguardare il popolo di detto territorio e richiedere il suo consenso (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 194 e 195).

203    Tale analisi non è rimessa in discussione dagli argomenti del Consiglio, della Commissione e delle CPMM.

204    In primo luogo, per quanto riguarda gli argomenti relativi alla necessità di misure di attuazione affinché l’accordo controverso produca effetti giuridici nei confronti dei terzi, occorre rilevare, anzitutto, che, come rilevato ai precedenti punti 125 e 131, il ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata nella sua integralità. Orbene, tale decisione reca conclusione tanto dell’accordo di pesca quanto del protocollo di attuazione e dello scambio di lettere, fermo restando che questi due ultimi strumenti fanno parte integrante, peraltro, di detto accordo (v. precedente punto 102). Di conseguenza, il fatto, invocato dal Consiglio, che la produzione di effetti giuridici nei confronti dei terzi da parte dell’accordo di pesca richieda l’intervento del protocollo di attuazione è irrilevante.

205    Inoltre, come sottolineato dal ricorrente, l’inclusione, da parte dell’accordo di pesca, del Sahara occidentale e delle acque ad esso adiacenti nell’ambito di applicazione territoriale del medesimo nonché del protocollo di attuazione risulta solo dalle disposizioni di detto accordo e di detto protocollo relative a tale ambito di applicazione, lette alla luce dello scambio di lettere (v. precedenti punti da 109 a 117).

206    È vero che l’esercizio effettivo da parte dell’Unione e del Regno del Marocco dei diritti e degli obblighi reciproci ai quali essi hanno acconsentito tramite l’accordo di pesca e il protocollo di attuazione richiede l’adozione di diverse misure di esecuzione sia per quanto riguarda la concessione dei diritti di pesca alle navi dell’Unione sia per quanto concerne, da un lato, il versamento, nelle sue diverse forme, della contropartita finanziaria di cui all’articolo 12 di detto accordo e, dall’altro, l’incidenza di tale contropartita, segnatamente quella del sostegno settoriale.

207    Tuttavia, da un lato, occorre rilevare che, nel caso di specie, il fatto stesso che l’accordo controverso instauri un regime giuridico di diritti di pesca e di compensazione finanziaria applicabile al Sahara occidentale e alle acque adiacenti riguarda il popolo di detto territorio, in quanto soggetto terzo rispetto a tale accordo, ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati e indipendentemente dalla sua attuazione effettiva. Analogamente, quest’ultimo è interessato per il solo fatto che tale accordo conferisce all’Unione e al Regno del Marocco i diritti e gli obblighi reciproci relativi a tale regime giuridico su detto territorio e su dette acque.

208    Dall’altro lato e in ogni caso, risulta in particolare dalla formulazione dell’articolo 1, lettera h), dell’accordo di pesca che l’inclusione del Sahara occidentale e delle acque ad esso adiacenti nell’ambito di applicazione territoriale di tale accordo e del protocollo di attuazione ha carattere incondizionato. Infatti, l’inclusione di dette acque nella zona di pesca definita da tale accordo non è soggetta ad alcuna limitazione particolare.

209    Infine, è vero che, come risulta dal capo II dell’allegato del protocollo di attuazione e dalle schede tecniche di pesca figuranti all’appendice 2 del medesimo protocollo, l’Unione e il Regno del Marocco hanno distinto, all’interno della zona di pesca, talune zone di gestione soggette a limitazioni particolari. Detto capo conferisce in tal modo al Regno del Marocco il compito di determinare le coordinate esatte di tali zone di gestione, nonché delle eventuali zone vietate alla pesca all’interno delle stesse, fermo restando che le summenzionate schede tecniche di pesca fissano unicamente i limiti massimi di dette zone di gestione.

210    Inoltre, solo le categorie di pesca previste dalle schede tecniche di pesca numeri da 3 a 6 sono interessate da zone di gestione i cui limiti includono le acque adiacenti al Sahara occidentale (v. precedente punto 110).

211    Tuttavia, dalle disposizioni menzionate ai precedenti punti 208 e 209 risulta che il potere discrezionale di cui dispone il Regno del Marocco riguarda la delimitazione esatta delle zone di gestione e delle zone eventualmente vietate alla pesca, ma non della zona di pesca stessa. Orbene, il semplice fatto che tali disposizioni autorizzino il Regno del Marocco a decidere se le zone di gestione delle categorie di pesca summenzionate possano includere le acque adiacenti al Sahara occidentale riguarda il popolo di tale territorio.

212    Del resto, come ricordato dall’avvocato generale Wathelet al paragrafo 69 delle sue conclusioni nella causa Western Sahara Campaign UK (C‑266/16, EU:C:2018:1), la frontiera tra il Sahara occidentale e il Regno del Marocco è situata al parallelo 27°42’N (Pointe Stafford). Alla luce delle coordinate relative ai limiti delle zone di gestione previste dalle schede tecniche di pesca n. 4 e n. 6, se ne deve dedurre, da un lato, che la maggior parte della zona compresa entro i limiti della zona di gestione di cui alla prima di tali schede corrisponde alle acque adiacenti al Sahara occidentale e, dall’altro, che la zona compresa entro i limiti della zona di gestione prevista dalla seconda di tali schede è interamente inclusa in tali acque. Inoltre, tali limiti sono definiti nell’ambito degli strumenti approvati dalla decisione impugnata e non dipendono, dunque, da misure di attuazione successive.

213    Analogamente, in forza del principio di ripartizione proporzionale dei vantaggi derivanti dalle attività di pesca enunciati all’articolo 12, paragrafo 4, dell’accordo di pesca, le parti si impegnano ad assicurare che le popolazioni interessate, incluse quelle del Sahara occidentale, beneficino di tali vantaggi proporzionalmente alle attività di pesca nella zona definita da tale accordo, le quali includono le acque adiacenti a tale territorio, senza prevedere eccezioni a detto principio.

214    A tal riguardo, come risulta dalle spiegazioni e dagli elementi invocati dal ricorrente, le risorse alieutiche sono particolarmente abbondanti nelle acque adiacenti al Sahara occidentale. Inoltre, nella relazione dell’8 ottobre 2018, la Commissione afferma che, nel 2012, tale territorio forniva il 78% del volume totale delle catture di pesca effettuate nelle acque marocchine e nelle acque adiacenti al territorio in questione. Del pari, da tale relazione emerge anche che il 66% dell’importo del sostegno settoriale per il periodo compreso tra il 2014 il 2018 è stato versato a beneficio della parte del Sahara occidentale controllata dal Regno del Marocco. Se ne può quindi dedurre che, in applicazione del principio richiamato al precedente punto 213, la quota del volume totale delle catture di pesca nella zona di pesca definita dall’accordo controverso rappresentata dalle catture effettuate nelle acque adiacenti al Sahara occidentale è tale da giustificare il versamento di una parte significativa dell’importo del sostegno settoriale a beneficio del settore della pesca di tale territorio non autonomo.

215    Orbene, come risulta, segnatamente, dall’articolo 12, paragrafo 4, dell’accordo di pesca, nonché dall’articolo 6, paragrafo 2, e dall’articolo 7, paragrafo 2, del protocollo di attuazione, l’esame dell’equa ripartizione geografica e sociale della contropartita finanziaria, e in particolare del sostegno settoriale, rientra nella competenza congiunta delle parti dell’accordo controverso. Più nello specifico, dagli articoli 4 e da 6 a 8 di detto protocollo, nonché dal capo 1, punto E, del suo allegato risulta che, come rilevato dal ricorrente, i pagamenti corrispondenti a tale contropartita finanziaria vengono versati al Regno del Marocco e che quest’ultimo è responsabile del suo utilizzo sotto il controllo della commissione mista istituita dall’articolo 13 dell’accordo di pesca.

216    Di conseguenza, come fatto valere correttamente dal ricorrente, l’incidenza nei confronti del popolo del Sahara occidentale e l’obbligo di richiedere il suo consenso discendono dalle sole disposizioni dell’accordo controverso e del protocollo di attuazione, indipendentemente da misure di attuazione supplementari. In particolare, si può sottolineare che, come risulta dalla risoluzione 50/33 dell’Assemblea generale dell’ONU (v. precedente punto 19) e come esposto dal ricorrente, tale organo ha più volte ribadito il diritto dei popoli dei territori non autonomi di godere delle risorse naturali dei loro territori, di disporre di tali risorse al meglio dei loro interessi, segnatamente delle loro risorse marine, e la necessità di assicurare che la sovranità permanente delle popolazioni di tali territori su siffatte risorse sia pienamente rispettata e salvaguardata. Inoltre, ai paragrafi da 130 a 134, 145 e 146 delle sue conclusioni nella causa Western Sahara Campaign UK (C‑266/16, EU:C:2018:1), l’avvocato generale Wathelet ha rilevato che tale diritto era pertinente nel contesto di un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco inteso allo sfruttamento delle risorse alieutiche del Sahara occidentale e che la violazione del diritto del suo popolo di disporre liberamente di siffatte risorse naturali costituiva una violazione del suo diritto all’autodeterminazione.

217    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento relativo al carattere meramente economico e non giuridico degli effetti dell’accordo controverso sul territorio del Sahara occidentale, è sufficiente constatare che, per il solo fatto della sua applicazione a tale territorio e alle acque ad esso adiacenti, l’accordo di pesca e il protocollo di attuazione, letti alla luce dello scambio di lettere, producono effetti giuridici nei confronti del popolo di tale territorio, in quanto soggetto terzo rispetto all’accordo, ai sensi dell’effetto relativo dei trattati, in base alla motivazione esposta ai precedenti punti da 201 a 216. Inoltre, da un lato, si può rilevare che le disposizioni di tali strumenti e dei loro allegati enunciano norme precise e incondizionate per quanto riguarda la delimitazione della zona di pesca e delle zone di gestione, nonché per quanto riguarda gli obblighi e le limitazioni che devono essere osservati nell’ambito delle attività di pesca, che sono applicabili alle acque adiacenti a detto territorio. Lo stesso vale per le disposizioni di tali strumenti relative all’importo della compensazione finanziaria, alla sua composizione e all’equa ripartizione geografica e sociale dei vantaggi socioeconomici dell’accordo controverso che definiscono il contesto normativo nel quale una parte di tale compensazione finanziaria sarà stanziata a beneficio di attività economiche situate nel territorio in questione. Tali disposizioni sono dunque idonee a produrre effetti giuridici nei confronti degli operatori beneficiari dei finanziamenti derivanti da tale compensazione, segnatamente del sostegno settoriale, inclusi quelli che esercitano le loro attività in tale territorio (v., in tal senso e per analogia, ordinanza del 10 dicembre 2019, Fronte Polisario/Consiglio, T‑344/19, non pubblicata, EU:T:2019:862, punti da 24 a 35).

218    In terzo luogo, per quanto riguarda l’asserita circostanza che l’accordo controverso non creerebbe diritti o obblighi nei confronti del popolo del Sahara occidentale, è sufficiente rilevare, in questa fase, che, indipendentemente dalla questione se le parti di tale accordo abbiano avuto l’intenzione di accordargli alcuni diritti, detto accordo esprime la volontà delle parti, ossia l’Unione e il Regno del Marocco, di adottare e di attuare un regime giuridico di sfruttamento delle risorse alieutiche delle acque adiacenti a tale territorio e di ripartizione della contropartita finanziaria, segnatamente, a beneficio delle attività su detto territorio. Le norme attuate da tale regime giuridico si impongono dunque nei confronti di detto soggetto terzo rispetto all’accordo in questione, nella misura in cui esse si applicano a tale territorio, segnatamente le norme relative alla competenza delle parti di detto accordo e delle loro autorità pubbliche per quanto riguarda l’attuazione dello stesso. In particolare, tali norme ostano a che detto popolo decida liberamente in merito alle modalità di tale sfruttamento e alla ripartizione dei vantaggi che ne derivano. L’accordo controverso produce dunque l’effetto di creare obblighi nei suoi confronti (v., in tal senso e per analogia, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 322 e giurisprudenza citata).

219    In quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento in base al quale l’accordo controverso non sarebbe, in ogni caso, opponibile nei confronti del popolo del Sahara occidentale, da un lato, è sufficiente rilevare che la ricevibilità di un ricorso di annullamento è determinata unicamente dalle condizioni definite all’articolo 263, quarto comma, TFUE, come interpretate dalla giurisprudenza. Dall’altro, per quanto riguarda il parere del professore di diritto internazionale pubblico sul quale si fondano le CPMM, occorre rilevare che il Tribunale non può fondarsi su simili scritti per rimettere in discussione l’interpretazione del diritto internazionale adottata dalla Corte (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 198 e 199 e giurisprudenza citata).

220    In quinto luogo, l’incidenza nei confronti del popolo del Sahara occidentale delle disposizioni dell’accordo controverso applicabili alle acque adiacenti a tale territorio non autonomo e la necessità di richiedere il suo consenso non sono rimesse in discussione dalle considerazioni preliminari svolte dalla Commissione nella sua memoria di intervento, in base alle quali il rapporto giuridico «esatto» fra un territorio non autonomo e le acque situate al largo delle sue coste non sarebbe disciplinato «chiaramente» dal diritto internazionale, in particolare dalla convenzione sul diritto del mare.

221    Anzitutto, occorre rilevare che, come sottolineato correttamente dal ricorrente, la convenzione sul diritto del mare costituisce l’espressione dello stato attuale del diritto internazionale marittimo consuetudinario, come risulta, in particolare, dalla giurisprudenza della CIG (v., in tal senso, sentenza della CIG del 12 ottobre 1984, Delimitazione della frontiera marittima nella regione del golfo del Maine, CIG, Raccolta 1984, pag. 246, punto 94).

222    A tal riguardo, risulta espressamente dal paragrafo 1, lettera a), della risoluzione III dell’atto finale della terza conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 30 aprile 1982, citata dalla Commissione, che, nel caso di un territorio non autonomo, «le disposizioni relative a diritti e interessi previsti dalla convenzione vengono applicate a beneficio del popolo di quel territorio con l’obiettivo di promuoverne il benessere e lo sviluppo». Se ne deve quindi dedurre che ogni volta che disposizioni della convenzione sul diritto del mare fanno riferimento a diritti o interessi degli Stati parti di tale convenzione, esse sono applicabili per analogia ai diritti e agli interessi dei popoli dei territori non autonomi e devono essere attuate, se non da questi ultimi, almeno a loro vantaggio. Quanto al paragrafo 1, lettera b), di tale risoluzione, parimenti citato dalla Commissione, si deve dichiarare che, come rilevato dal ricorrente nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento di detta istituzione, tale paragrafo non è applicabile al Sahara occidentale, poiché esso riguarda il «caso» di «controversie tra Stati in materia di sovranità su di un territorio [non autonomo]». Orbene, le divergenze in ordine a tale territorio fra il Regno del Marocco e il ricorrente non possono essere considerate, con riguardo allo status di quest’ultimo, come rientranti in «controversie tra Stati».

223    Tuttavia, per quanto riguarda i diritti relativi allo sfruttamento delle risorse naturali situate nelle acque adiacenti a tali territori non autonomi, la risoluzione III dell’atto finale della terza conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare deve essere interpretata alla luce del principio di sovranità permanente su tali risorse e del principio di autodeterminazione dal quale esso muove (v. precedente punto 216), nel senso che l’esercizio di detti diritti a favore di tali popoli da parte di un soggetto terzo, ad esempio la potenza amministratrice, non può avere luogo senza che essi siano messi nelle condizioni di esprimere la loro volontà al riguardo.

224    In particolare, occorre rilevare che, come ricordato dalla Corte ai punti da 6 a 9 della sentenza Western Sahara Campaign UK, la convenzione sul diritto del mare definisce, segnatamente, i diritti dello Stato costiero sul mare territoriale e sulla ZEE. A tal riguardo, da un lato, l’articolo 2, paragrafo 1, di tale convenzione dispone che la sovranità dello Stato costiero si estende, al di là del suo territorio e delle sue acque interne, a una fascia adiacente di mare, denominata «mare territoriale». L’articolo 2, paragrafo 3, di tale convenzione prevede che la sovranità sul mare territoriale si esercita alle condizioni di cui a tale convenzione e alle altre norme del diritto internazionale. Dall’altro, l’articolo 55 della medesima convenzione dispone che «[l]a zona economica esclusiva è la zona al di là del mare territoriale e ad esso adiacente, sottoposta allo specifico regime giuridico stabilito nella presente parte, in virtù del quale i diritti e la giurisdizione dello Stato costiero e i diritti e le libertà degli altri Stati sono disciplinati dalle pertinenti disposizioni della presente convenzione». L’articolo 56, punto 1, lettera a), di tale convenzione prevede, segnatamente, che, «[n]ella zona economica esclusiva lo Stato costiero gode di (…) diritti sovrani (…) ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo».

225    Pertanto, si deduce da quanto precede che i territori non autonomi possono vedersi riconoscere diritti, segnatamente per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali, sulla zona di mare adiacente a tale territorio, definita dalla convenzione sul diritto del mare come il mare territoriale, nonché sulla zona che va al di là di questa prima zona, nel limite dei diritti riconosciuti da tale convenzione agli Stati costieri sulla ZEE e senza pregiudizio della delimitazione delle zone marittime degli Stati terzi confinanti e dei loro diritti.

226    Nel caso di specie, si deve rilevare che l’articolo 1, lettera h), dell’accordo di pesca include nella zona di pesca le «acque adiacenti [al] Sahara occidentale» senza specificare se quest’ultima nozione corrisponda unicamente alla definizione del mare territoriale, ai sensi della convenzione sul diritto del mare, oppure se si estenda alla zona di mare che va al di là della stessa, nel limite dei diritti riconosciuti agli Stati costieri sulla ZEE dalla medesima convenzione. In ogni caso, poiché il medesimo articolo precisa che la definizione della zona di pesca non pregiudica eventuali negoziati relativi alla delimitazione delle zone marine degli Stati costieri confinanti con la zona di pesca e, in generale, i diritti degli Stati terzi, si deve ritenere che al popolo del Sahara occidentale possano essere riconosciuti diritti sullo sfruttamento delle risorse naturali nelle acque adiacenti a tale territorio, ai sensi dell’accordo di pesca.

227    Inoltre, come ricordato dal ricorrente e come risulta dalla giurisprudenza della CIG e della Corte permanente di arbitrato (CPA), i diritti sul mare sono disciplinati dal principio del diritto internazionale consuetudinario in base al quale «la terra domina il mare attraverso la proiezione delle coste e dei fronti costieri», il che significa, più nello specifico, che i diritti sul mare derivano dalla sovranità dello Stato costiero sulla terra, costituendo il territorio marittimo la dépendance inseparabile del territorio terrestre [v., in tal senso, CPA, 23 ottobre 1909, Causa delle Grisbådarna (Norvegia, Svezia), Recueil des sentences arbitrales, vol. XI, pag. 159, CIG, sentenze dell’8 ottobre 2007, Controversia territoriale e marittima fra il Nicaragua e l’Honduras nel mar dei Caraibi (Nicaragua c. Honduras), sentenza, CIG, Raccolta 2007, pag. 659, punto 126, e del 3 febbraio 2009, Delimitazione marittima nel Mar Nero (Romania c. Ucraina), sentenza, CIG, Raccolta 2009, pag. 61, punto 77].

228    Come risulta dalle spiegazioni del ricorrente, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite applica implicitamente tale principio ai territori non autonomi, in particolare, allorché, nella risoluzione 50/33, essa dichiara che «lo sfruttamento dannoso e il saccheggio delle risorse marine» dei territori non autonomi «compromettono l’integrità e la prosperità di tali territori» e «invita tutti i governi e tutti gli organismi delle Nazioni Unite ad assicurare che la sovranità permanente delle popolazioni [di tali territori] sulle loro risorse naturali sia pienamente rispettata e salvaguardata» (v. precedente punto 19). Essa stabilisce in tal senso che le risorse naturali situate nel territorio marittimo che costituiscono la dépendance inseparabile della parte terrestre di detti territori non autonomi rientrano nella sovranità permanente dei popoli di tali territori.

229    Del resto, come rilevato dal ricorrente, l’applicazione di tale principio ai territori non autonomi si deduce anche dalla prassi internazionale dell’Unione, come illustrato dall’accordo euromediterraneo interinale di associazione sugli scambi e la cooperazione tra la Comunità europea, da una parte, e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) a beneficio dell’Autorità palestinese della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, dall’altra, firmato a Bruxelles il 24 febbraio 1997 (GU 1997, L 187, pag. 3). Infatti, l’articolo 1, lettera m), del protocollo n. 3 di tale accordo, relativo alla definizione della nozione di «prodotti originari» e ai metodi di cooperazione amministrativa, definisce il termine «territori» delle parti nel senso che esso «comprende le acque territoriali».

230    Infine, occorre rilevare che, nella sentenza Western Sahara Campaign UK, la Corte ha implicitamente applicato tali principi al Sahara occidentale e alle acque adiacenti.

231    Infatti, la Corte ha rilevato, da un lato, che le acque sulle quali lo Stato costiero aveva il diritto di esercitare una sovranità o una giurisdizione, in forza della convenzione sul diritto del mare, si limitavano alle sole acque adiacenti al suo territorio e rientranti nel suo mare territoriale o nella sua ZEE e, dall’altro, che, in considerazione del fatto che il territorio del Sahara occidentale non faceva parte del territorio del Regno del Marocco, le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale non rientravano nella zona di pesca marocchina (sentenza Western Sahara Campaign UK, punti 68 e 69).

232    Se ne può quindi dedurre che la Corte ha ritenuto che i diritti sulle acque adiacenti al Sahara occidentale dovessero andare di pari passo con i diritti sulla parte terrestre di tale territorio non autonomo e, in particolare, quelli del suo popolo.

233    Dalle suesposte considerazioni risulta dunque che, contrariamente a quanto suggerito dalla Commissione, i diritti dello Stato costiero sanciti dalla convenzione sul diritto del mare e, segnatamente, i diritti relativi allo sfruttamento delle risorse naturali situate nelle zone definite da tale convenzione, incluse le risorse alieutiche, sono idonei ad essere esercitati a vantaggio dei popoli dei territori non autonomi che possiedono un litorale marittimo, come il Sahara occidentale, senza pregiudizio dei diritti degli Stati costieri confinanti.

234    In ogni caso, nella misura in cui l’accordo controverso non si applica soltanto alle acque adiacenti al Sahara occidentale, bensì anche al territorio stesso di quest’ultimo, il suo popolo è interessato dall’applicazione territoriale di tale accordo, indipendentemente dal rapporto fra detto territorio e dette acque adiacenti.

235    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che, poiché l’ambito di applicazione territoriale dell’accordo controverso include il territorio del Sahara occidentale e le acque adiacenti, tale accordo è idoneo a riguardare il popolo di tale territorio e a richiederequindi il suo consenso.

–       Sulla terza parte dell’argomento del Consiglio, relativa all’assenza di modifica della situazione giuridica del ricorrente, alla luce del suo ruolo limitato alla partecipazione al processo di autodeterminazione del Sahara occidentale

236    Secondo il Consiglio, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Commissione e le CPMM, il ruolo conferito al ricorrente nell’ambito del processo di autodeterminazione del Sahara occidentale non implica che la decisione impugnata e l’accordo controverso producano effetti diretti sulla sua situazione giuridica. Infatti, il suo potere di rappresentanza sarebbe limitato e non esclusivo, ed esso non sarebbe un operatore economico. Inoltre, la decisione impugnata e l’accordo controverso non pregiudicherebbero l’esito di tale processo. Pertanto, gli effetti della decisione impugnata sul ricorrente sarebbero, tutt’al più, indiretti e politici.

237    Da parte sua, il ricorrente sostiene che, per il solo fatto che la decisione impugnata riguarda il popolo del Sahara occidentale, ai sensi del punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, essa produce effetti giuridici diretti sulla sua situazione in quanto solo ed unico rappresentante del popolo del Sahara occidentale. Inoltre, esso sostiene che il processo politico di autodeterminazione include «evidentemente» le questioni economiche connesse allo sfruttamento delle risorse naturali e che, in ogni caso, l’accordo controverso solleva una questione «territoriale», sicché la controversia rientra pienamente nell’ambito in cui lo stesso esercita la sua missione.

238    A tal riguardo, anzitutto, occorre ricordare la situazione peculiare del Sahara occidentale, quale risulta dall’evoluzione del contesto internazionale richiamata ai precedenti punti da 2 a 20. Infatti, mentre il processo di autodeterminazione di tale territorio non autonomo è tutt’ora in corso, la potenza amministratrice dello stesso, ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, ossia il Regno di Spagna, ha rinunciato, a partire dal 26 febbraio 1976, ad esercitare qualsivoglia responsabilità di carattere internazionale relativa all’amministrazione di tale territorio, circostanza della quale hanno preso atto gli organi dell’ONU (v. precedente punto 13). Di conseguenza, le parti di tale processo, svolto sotto l’egida di tale organizzazione, sono, da un lato, il Regno del Marocco, il quale rivendica l’esercizio di diritti sovrani su tale territorio e, dall’altro, il ricorrente, in quanto rappresentante del popolo di tale territorio. Pertanto, come esposto in sostanza dalla Commissione nella sua memoria di intervento, sussiste un «conflitto di legittimità» tra il Regno del Marocco e il ricorrente con riferimento alla «rappresentatività» di tale territorio e del suo popolo (sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 203).

239    Per quanto riguarda, poi, la portata della rappresentatività del ricorrente rispetto al popolo del Sahara occidentale e il suo impatto sull’incidenza diretta nei suoi confronti da parte di una decisione di conclusione di un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco che si applichi esplicitamente a tale territorio e alle acque adiacenti, occorre rilevare che né nelle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK, né nelle ordinanze di cui al precedente punto 52, i giudici dell’Unione hanno preso posizione su tale questione (v., in tal senso e per analogia, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 204).

240    Per contro, il Consiglio fa riferimento ai paragrafi da 183 a 194 delle conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Consiglio/Fronte Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:677), in cui l’avvocato generale ha indicato che, a suo avviso, il ricorrente era riconosciuto dall’ONU come il rappresentante del popolo del Sahara occidentale soltanto nell’ambito del processo politico destinato a risolvere la questione dell’autodeterminazione del popolo di tale territorio e che la controversia in oggetto non rientrava in tale processo politico (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 205).

241    Tuttavia, dal punto 7 della risoluzione 34/37 e dal punto 10 della risoluzione 35/19 (v. precedente punto 16) risulta che il riconoscimento, da parte degli organi dell’ONU, della rappresentatività del ricorrente rispetto al popolo del Sahara occidentale precede logicamente il riconoscimento del suo diritto di partecipare al processo di autodeterminazione di tale territorio, e che è proprio in ragione di tale rappresentatività che tali organi hanno ritenuto che esso fosse titolare di tale diritto. Di conseguenza, se è vero che tale processo non presenta un risvolto relativo alla gestione delle risorse alieutiche del territorio e alla ripartizione dei benefici che ne derivano, la partecipazione del ricorrente a tale processo non significa che esso non potrebbe rappresentare detto popolo nel contesto di un accordo di pesca fra l’Unione e il Regno del Marocco, dal momento che quest’ultimo si applica a detto territorio e alle acque adiacenti e riguarda, per questo motivo, il popolo in questione (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 206 e 207).

242    Del resto, come risulta dalle risoluzioni dell’Assemblea generale dell’ONU relative a tale questione e dalle conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Western Sahara Campaign UK (C‑266/16, EU:C:2018:1) (v. precedente punto 216), il diritto dei popoli dei territori non autonomi, e in particolare del popolo del Sahara occidentale, di disporre liberamente delle proprie risorse naturali è parte integrante del loro diritto di autodeterminazione.

243    Infine, per quanto riguarda l’esclusività della rappresentatività del ricorrente rispetto al popolo del Sahara occidentale, è sufficiente rilevare, in questa fase, che dai documenti del fascicolo non emerge che gli organi dell’ONU, come rilevato in sostanza dal ricorrente, abbiano rimesso in discussione la posizione espressa nelle risoluzioni 34/37 e 35/19 e abbiano riconosciuto organizzazioni diverse dal medesimo abilitate a rappresentare il popolo di cui trattasi. Contrariamente alle affermazioni della Commissione e delle CPMM, il fatto che, nell’ambito del monitoraggio del processo di autodeterminazione, tali organi, in conformità al loro mandato, abbiano rapporti e scambi con organizzazioni diverse dal ricorrente, provenienti in particolare dalla società civile, nonché con le autorità marocchine, non è decisivo al riguardo. Analogamente, la qualità di potenza amministratrice del Sahara occidentale, ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, eventualmente conservata dal Regno di Spagna, nonostante la sua dichiarazione del 26 febbraio 1976, non può ostare, in ogni caso, all’espressione del consenso del popolo di tale territorio da parte del ricorrente (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 208 e 209).

244    Occorre comunque rilevare che la stipulazione, da parte dell’Unione, dell’accordo controverso con una delle parti del processo di autodeterminazione nel territorio del Sahara occidentale, che rivendica diritti di sovranità sul medesimo e sulle acque ad esso adiacenti e, come risulta dallo scambio di lettere (v. precedente punto 70), ha concluso essa stessa detto accordo su tale fondamento, produce necessariamente effetti giuridici nei confronti dell’altra parte di tale processo, alla luce del «conflitto di legittimità» che contrappone tali parti con riferimento a siffatto territorio (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 210).

245    Del resto, la motivazione dello scambio di lettere e i considerando della decisione impugnata indicano che le parti stesse, e in particolare l’Unione, sono consapevoli del fatto che la conclusione di tale accordo non è scollegata dal processo di autodeterminazione in corso nel Sahara occidentale.

246    Ciò è testimoniato dal fatto che, al secondo comma, paragrafo 1, dello scambio di lettere, le parti «riaffermano il loro sostegno al processo delle Nazioni Unite» e, al paragrafo 2, precisano che la conclusione dell’accordo di pesca fa salve le rispettive posizioni per quanto riguarda lo status del Sahara occidentale e delle acque ad esso adiacenti, ossia, da un lato, per quanto riguarda l’Unione, che si tratta di un territorio non autonomo dotato del diritto all’autodeterminazione e, dall’altro, per quanto riguarda il Regno del Marocco, che si tratta di una «parte integrante» del suo territorio nazionale. Inoltre, l’Unione precisa che, se le acque adiacenti a tale territorio rientrano nella zona di pesca come definita all’articolo 1, lettera h), dell’accordo di pesca, «il riferimento nell’accordo di pesca alle disposizioni legislative e regolamentari del Marocco non pregiudica la sua posizione». Analogamente, il Regno del Marocco precisa di ritenere che «qualsiasi soluzione di tale controversia regionale dovrebbe basarsi sulla sua iniziativa di autonomia».

247    Se ne deve quindi desumere che le parti hanno considerato che la stipulazione dell’accordo controverso rischiava di essere interpretata nel senso che essa rispecchiava una posizione comune sullo status del Sahara occidentale e che arrecava pregiudizio al processo di autodeterminazione in questione, e che era necessario apportare tali precisazioni al fine di scongiurare un siffatto rischio (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 212).

248    Tali preoccupazioni sono rispecchiate anche ai considerando 4 e 12 della decisione impugnata (v. precedente punto 60). In particolare, in quest’ultimo considerando il Consiglio risponde al ricorrente e agli «altri attori» che «non hanno (…) accettato di partecipare al processo di consultazione» e che hanno respinto «l’applicazione dell’accordo di pesca e del suo protocollo di attuazione alle acque adiacenti al Sahara occidentale» poiché «ritene[vano] in sostanza che tali atti ratificherebbero la posizione del Regno del Marocco sul territorio del Sahara occidentale». A tal riguardo, il Consiglio indica che «nessun elemento dell’accordo di pesca o del suo protocollo di attuazione implica che quest’ultimo riconosca la sovranità o i diritti sovrani del Regno del Marocco sul Sahara occidentale e sulle acque adiacenti» e che «l’Unione continuerà ad adoperarsi con impegno ancora maggiore per sostenere il processo di risoluzione pacifica della controversia avviato e condotto sotto l’egida delle Nazioni Unite».

249    Inoltre, se, come rilevato dal Consiglio al considerando 11 della decisione impugnata, il ricorrente non ha accettato di partecipare alle consultazioni di cui al precedente punto 248, dalla relazione dell’8 ottobre 2018 risulta che «era stato rivolto [al medesimo] un invito ad una riunione al fine di conoscere la sua posizione sull’estensione dell’[accordo controverso] alle acque adiacenti [al] Sahara occidentale». Di conseguenza, anche se il ricorrente non è parte di tale accordo e non ha partecipato ai negoziati in vista della sua conclusione, che hanno coinvolto soltanto le autorità dell’Unione e quelle marocchine, esso è stato considerato dalle istituzioni come un interlocutore legittimo per esprimere il suo punto di vista in relazione a detto accordo (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 214).

250    Pertanto, nella misura in cui la stipulazione dell’accordo controverso riguarda il popolo del Sahara occidentale e richiede il suo consenso, la decisione impugnata produce effetti diretti sulla situazione giuridica del ricorrente, in quanto rappresentante di tale popolo. Inoltre, poiché tale accordo è stato concluso con il Regno del Marocco, esso lo riguarda direttamente in quanto parte del processo di autodeterminazione in tale territorio. Infatti, da un lato, è pacifico che il ricorrente non ha acconsentito alla conclusione dell’accordo controverso, e, dall’altro, esso sostiene, nell’ambito del ricorso in esame, che il consenso del popolo del Sahara occidentale non è stato ottenuto in maniera valida, a causa, segnatamente, del fatto che non lo ha espresso esso stesso (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 215).

251    Il fatto che il ricorrente non sia un operatore economico è irrilevante, poiché esso non rivendica tale qualità né intende far risultare l’incidenza diretta nei suoi confronti dall’applicazione allo stesso delle norme enunciate dall’accordo controverso, bensì dall’ambito di applicazione territoriale stesso di tale accordo. Più in particolare, per quanto riguarda il confronto fra la presente causa e la causa che si è conclusa con la pronuncia della sentenza del 20 settembre 2019, Venezuela/Consiglio (T‑65/18, EU:T:2019:649), fatta valere dal Consiglio e dalla Commissione a sostegno del loro argomento, a parte il fatto che, con sentenza del 22 giugno 2021, Venezuela/Consiglio (Incidenza su uno Stato terzo) (C‑872/19 P, EU:C:2021:507), la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale citata dal Consiglio, si deve rilevare che la controversia oggetto di tale causa fra il suddetto Stato terzo e il Consiglio concerneva atti unilaterali applicabili unicamente nel territorio dell’Unione e il consenso di un terzo a tali atti non era necessario. Tale confronto non è dunque, in ogni caso, rilevante (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 217).

252    Inoltre, il fatto addotto dal Consiglio che l’accordo controverso e la decisione impugnata non pregiudichino l’esito del processo di autodeterminazione non significa che tali atti non siano idonei a modificare la situazione giuridica del ricorrente, in quanto rappresentante di un soggetto terzo rispetto a tale accordo e parte di tale processo (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 218).

253    Da tutte le suesposte considerazioni risulta che le tre parti dell’argomento del Consiglio, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Commissione e delle CPMM per quanto riguarda il primo criterio dell’incidenza diretta devono essere respinte e che il ricorrente soddisfa tale criterio.

ii)    Sul secondo criterio dell’incidenza diretta, relativo al carattere meramente automatico dell’attuazione della misura contestata e derivante dalla sola normativa dell’Unione

254    Come ricordato al precedente punto 176, il Consiglio sostiene che l’accordo controverso richiede misure di attuazione per produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi, mentre il ricorrente sostiene che, per il solo fatto che la decisione impugnata reca conclusione di un accordo applicabile al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti, essa lo riguarda direttamente, senza che siano necessarie misure di attuazione.

255    A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza richiamata al precedente punto 179, il secondo criterio dell’incidenza diretta richiede che la misura contestata non lasci alcun potere discrezionale ai suoi destinatari, alla luce del carattere automatico della sua attuazione, derivante dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie.

256    Nel caso di specie, nell’ambito dell’esame del primo criterio dell’incidenza diretta, è stato constatato ai precedenti punti da 204 a 216 che l’incidenza nei confronti del popolo del Sahara occidentale e l’obbligo di richiedere il suo consenso derivano dalle sole disposizioni dell’accordo di pesca e del protocollo di attuazione, lette alla luce dello scambio di lettere, strumenti tutti e tre approvati dalla decisione impugnata, indipendentemente da misure di attuazione supplementari. In particolare, come fatto valere dal ricorrente, il regolamento impugnato nella causa T‑356/19 non può ostare all’incidenza diretta della decisione impugnata nei suoi confronti, nella misura in cui tale regolamento è una misura tecnica relativa ad un aspetto puntuale del protocollo di attuazione, ossia la ripartizione fra gli Stati membri delle possibilità di pesca accordate in forza di detto protocollo.

257    Del resto, secondo una giurisprudenza costante, il secondo criterio dell’incidenza diretta è soddisfatto qualora la possibilità per i destinatari di non dar seguito all’atto dell’Unione sia puramente teorica, in quanto la loro volontà di trarre conseguenze conformi a quest’ultimo sia fuori dubbio (v. sentenza del 4 dicembre 2019, PGNiG Supply & Trading/Commissione, C‑117/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1042, punto 30 e giurisprudenza citata).

258    Orbene, nel caso di specie, poiché l’accordo controverso è stato concluso proprio con l’obiettivo di consentire alle navi dell’Unione di riprendere le loro attività di pesca nelle acque adiacenti al Sahara occidentale e alle popolazioni di tale territorio di beneficiare della corrispondente contropartita finanziaria, è giocoforza constatare che la volontà delle autorità dell’Unione e di quelle del Regno del Marocco di non dar seguito agli impegni che ne derivano è puramente teorica.

259    Di conseguenza, si deve concludere che il ricorrente è direttamente interessato dalla decisione impugnata.

2)      Sull’incidenza individuale nei confronti del ricorrente

260    Il Consiglio sostiene che la partecipazione del ricorrente ai negoziati sullo status del Sahara occidentale non sia tale da contraddistinguerlo con riguardo alla decisione impugnata e che l’accordo controverso non incide sulla sua posizione nell’ambito di tali negoziati. Nella controreplica, esso aggiunge che, anche ammettendo che il ricorrente sia competente per le questioni economiche del Sahara occidentale, risulterebbe in particolare dal punto 69 della sentenza del 10 aprile 2003, Commissione/Nederlandse Antillen (C‑142/00 P, EU:C:2003:217), che tale competenza non sarebbe sufficiente a dimostrare che esso è individualmente interessato dall’accordo controverso.

261    La Commissione, la Repubblica francese, il Regno di Spagna e le CPMM sviluppano, in sostanza, il medesimo argomento.

262    Il ricorrente sostiene di essere individualmente interessato, sulla base del rilievo che dai punti da 100 a 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario risulterebbe che il popolo del Sahara occidentale, del quale esso è il rappresentante, dovrebbe acconsentire a ogni accordo internazionale applicabile al territorio del Sahara. Pertanto, alla luce del ruolo che esso rivestirebbe nei confronti di tale popolo, segnatamente nell’esprimere il suo consenso ad essere vincolato tramite trattato, esso presenterebbe qualità particolari idonee a caratterizzarlo rispetto a chiunque altro e sarebbe pertanto interessato individualmente dalla decisione impugnata. Nella replica, esso aggiunge che il Consiglio, svolgendo le consultazioni descritte al considerando 11 della decisione impugnata, gli ha impedito di esercitare la propria competenza ad esprimere il consenso del popolo saharawi e ribadisce, in sostanza, l’argomento esposto al fine di dimostrare di essere direttamente interessato da tale decisione.

263    Secondo una costante giurisprudenza, i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguarda individualmente solamente qualora detta decisione li concerna a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che li caratterizzi rispetto a chiunque altro e, quindi, li distingua in modo analogo ai destinatari (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 228 e giurisprudenza citata).

264    Nel caso di specie, in quanto rappresentante del popolo di un territorio non autonomo, che gode del diritto all’autodeterminazione, il ricorrente dispone, in forza del diritto internazionale, di competenze proprie e distinte da quelle delle parti dell’accordo controverso. Pertanto, esso può utilmente fa valere, al fine di dimostrare di essere individualmente interessato dalla decisione impugnata, che quest’ultima gli impedisce di esercitare, come intende, dette competenze (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 229).

265    Orbene, nell’ambito dell’esame dell’incidenza diretta nei confronti del ricorrente, è stato affermato che nella misura in cui la conclusione dell’accordo controverso riguardava il popolo del Sahara occidentale e implicava di ottenere il suo consenso, la decisione impugnata produceva effetti diretti sulla situazione giuridica del ricorrente in quanto rappresentante di tale popolo e in quanto parte del processo di autodeterminazione (v. precedenti punti da 241 a 250). Di conseguenza, si deve ritenere che la decisione impugnata riguardi il ricorrente a causa di determinate qualità sue personali e che lo distinguono in modo analogo al destinatario di tale decisione (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 230 e 231).

266    Le circostanze della controversia che si è conclusa con la pronuncia della sentenza del 10 aprile 2003, Commissione/Nederlandse Antillen (C‑142/00 P, EU:C:2003:217), invocata dal Consiglio, dalla Commissione e dalle CPMM, non sono comparabili a quelle della presente causa. Infatti, da un lato, le misure contestate nell’ambito di tale controversia non riguardavano specificamente il territorio delle parti ricorrenti. Dall’altro, e in ogni caso, l’adozione di siffatte misure non implicava di richiedere il consenso del popolo di tale territorio (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 233 a 235).

267    Neanche la giurisprudenza relativa all’incidenza individuale nei confronti delle associazioni (v. sentenza del 18 gennaio 2007, PKK e KNK/Consiglio, C‑229/05 P, EU:C:2007:32, punto 70 e giurisprudenza citata, e ordinanza del 3 aprile 2014, ADEAS/Commissione, T‑7/13, non pubblicata, EU:T:2014:221, punto 32 e giurisprudenza citata), citata dalla Commissione e dalla Repubblica francese, è rilevante, poiché l’incidenza individuale nei confronti di un’associazione che difende gli interessi privati dei suoi membri non può essere paragonata a quella di un’entità che rappresenta il popolo di un territorio non autonomo. Inoltre, alla luce del ruolo del ricorrente e delle circostanze richiamate ai precedenti punti da 241 a 250, che sono sufficienti a contraddistinguerlo con riguardo alla decisione impugnata, la circostanza che esso non abbia partecipato ai negoziati svolti dall’Unione in vista della conclusione dell’accordo controverso non potrebbe essergli opposta (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 236 e 237).

268    Ne consegue che il ricorrente è non solo direttamente ma anche individualmente interessato dalla decisione impugnata. Pertanto, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità del Consiglio relativa al suo difetto di legittimazione ad agire ed esaminare il ricorso nel merito.

3.      Sulla fondatezza del ricorso

269    A sostegno del suo ricorso il ricorrente solleva undici motivi. Il primo motivo è relativo all’incompetenza del Consiglio ad adottare la decisione impugnata; il secondo verte sulla violazione dell’obbligo incombente a quest’ultimo di verificare il rispetto dei diritti fondamentali e del diritto internazionale umanitario; il terzo concerne la violazione dell’obbligo di eseguire le sentenze della Corte; il quarto riguarda la violazione dei diritti fondamentali, in quanto principi e valori che devono guidare l’azione esterna dell’Unione; il quinto verte sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento; il sesto concerne l’applicazione erronea del principio di proporzionalità; il settimo riguarda l’inosservanza della politica della pesca; l’ottavo concerne la violazione del diritto all’autodeterminazione; il nono verte sulla violazione del principio dell’effetto relativo dei trattati; il decimo riguarda la violazione del diritto internazionale umanitario, e, l’undicesimo concerne la violazione degli obblighi incombenti all’Unione in forza del diritto della responsabilità internazionale.

a)      Sul primo motivo, relativo allincompetenza del Consiglio ad adottare la decisione impugnata

270    Il ricorrente sostiene che il Consiglio, in quanto organo dell’Unione, non era competente ad adottare la decisione impugnata, poiché quest’ultima recava conclusione di un accordo internazionale applicabile ad un territorio rientrante nella sovranità di un popolo terzo, nei confronti del quale né l’Unione né la sua controparte contrattuale erano dotati di autorità.

271    Il Consiglio sostiene che con il presente motivo il ricorrente contesta, in realtà, la competenza dell’Unione sulla base della violazione del diritto all’autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati e fa riferimento alla risposta da esso data ai motivi ottavo e nono. Inoltre, esso rileva che la competenza a concludere accordi internazionali gli è conferita dall’articolo 218, paragrafo 6, TFUE.

272    Da parte sua, la Commissione sostiene che il diritto internazionale non osta alla stipulazione, da parte della potenza amministratrice di un territorio non autonomo, di un accordo internazionale che si applica a detto territorio. Nel caso di specie, il Regno del Marocco dovrebbe essere considerato essere, de facto, l’autorità amministratrice del Sahara occidentale. La Repubblica francese sostiene, in sostanza, una posizione analoga. Le CPMM approvano, in sostanza, la risposta del Consiglio al motivo in esame.

273    A tal riguardo, è sufficiente rilevare che, nel caso di specie, né dagli elementi invocati dal ricorrente né dai documenti del fascicolo risulta che la conclusione dell’accordo controverso dovrebbe essere esclusa a causa dello status di organizzazione internazionale dell’Unione o di una norma del diritto internazionale che vieti espressamente una siffatta conclusione, derivante, segnatamente, da una risoluzione del Consiglio di sicurezza o da una sentenza della CIG. Del resto, si deve ricordare che, come si deduce dal punto 98 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario e dai punti da 70 a 72 della sentenza Western Sahara Campaign UK, la Corte non ha escluso, in linea di principio, che l’Unione e il Regno del Marocco siano legittimati a stipulare un accordo internazionale applicabile al territorio del Sahara occidentale o alle acque adiacenti allo stesso (v., in tal senso e per analogia, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 247 e 248 e giurisprudenza citata).

274    Per siffatte ragioni, il primo motivo deve essere respinto.

275    Occorre proseguire l’esame della fondatezza del ricorso analizzando il terzo motivo.

b)      Sul terzo motivo, vertente in sostanza sulla violazione, da parte del Consiglio, del suo obbligo di conformarsi ai requisiti che la giurisprudenza ha desunto dal principio di autodeterminazione e dal principio delleffetto relativo dei trattati

276    Il ricorrente sostiene che, concludendo con il Regno del Marocco un accordo esplicitamente applicabile al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti senza il suo consenso, il Consiglio ha violato l’obbligo di esecuzione delle sentenze della Corte risultante dall’articolo 266 TFUE. Infatti, la Corte avrebbe ritenuto che l’inclusione implicita di tale territorio nell’ambito di applicazione degli accordi conclusi fra l’Unione e il Regno del Marocco sarebbe giuridicamente impossibile, in forza del principio di autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati. Il ricorrente ne deduce che, per i medesimi motivi, l’applicazione esplicita di tali accordi a detto territorio e alle acque adiacenti è, a maggior ragione, esclusa. Inoltre, nella prima parte del ricorso, nonché nelle considerazioni preliminari della replica e nelle osservazioni sulle memorie di intervento, il ricorrente fa valere segnatamente che la conclusione dell’accordo controverso è contraria alla giurisprudenza nella misura in cui essa non rispetta lo status separato e distinto del Sahara occidentale ed è stata adottata senza il consenso a detto accordo del popolo di tale territorio.

277    Il Consiglio sostiene che, concludendo un accordo che include esplicitamente nel suo ambito di applicazione le acque adiacenti al Sahara occidentale, dopo aver ottenuto il consenso del popolo di tale territorio, esso si è conformato alle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK.

278    Più in particolare, nelle considerazioni preliminari del controricorso, intitolate «Questioni orizzontali», in primo luogo, il Consiglio sostiene che le consultazioni effettuate dalla Commissione e dal SEAE, le quali erano intese ad assicurare la partecipazione più ampia possibile degli organi e delle organizzazioni rappresentative delle popolazioni interessate, senza pregiudicare l’esito del processo di autodeterminazione, hanno consentito di ottenere il consenso di queste ultime, in conformità alla sentenza Consiglio/Fronte Polisario e nel rispetto dei principi rilevanti del diritto internazionale. In secondo luogo, esso fa valere che la situazione attuale del Sahara occidentale non consente di consultare il popolo del Sahara direttamente o tramite un rappresentante istituzionale del popolo di tale territorio. In terzo luogo, le istituzioni hanno potuto avvalersi del loro potere discrezionale per svolgere consultazioni fondate su un criterio oggettivo, relativo ai benefici per le popolazioni di tale territorio, e si sarebbero conformate, a tal riguardo, ai principi del diritto internazionale applicabili. In quarto luogo, nella controreplica, il Consiglio afferma che solo il Regno del Marocco, che sarebbe l’autorità amministrativa «de facto» nel territorio del Sahara occidentale, avrebbe la capacità giuridica e gli strumenti amministrativi e doganali per concludere un accordo di pesca con l’Unione. In quinto luogo, il ricorrente non soddisferebbe le condizioni enunciate dalla giurisprudenza per invocare norme di diritto internazionale.

279    La Commissione svolge, in sostanza, la stessa analisi del Consiglio per quanto riguarda il processo che si è concluso con la stipulazione dell’accordo controverso e l’invocabilità dei principi del diritto internazionale, nonché il controllo giudiziario delle decisioni di conclusione di tali accordi. Nell’ambito dei motivi ottavo e nono, essa rimette parimenti in discussione, in particolare, l’invocabilità del principio di autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati. Essa aggiunge, al punto 1.2 delle sue considerazioni preliminari, che l’accordo controverso è conforme ai principi del diritto internazionale pubblico sanciti dall’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite e dalla risoluzione III dell’atto finale della terza conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Essa fa valere, in sostanza, che tali disposizioni non ostano alla gestione delle risorse delle acque adiacenti al Sahara occidentale da parte del Regno del Marocco e dell’Unione nell’ambito di un accordo internazionale, dal momento che tale gestione tiene conto degli interessi della popolazione di tale territorio, e che le tesi del ricorrente creerebbero un vuoto giuridico nella governance di tali acque. Inoltre, la convenzione sul diritto del mare non utilizzerebbe la nozione di consenso. Infine, essa sostiene che il ricorrente travisa le conseguenze da trarre dalle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK, che si sarebbero limitate ad interpretare gli accordi applicabili al territorio del Regno del Marocco e alle acque soggette alla sua sovranità o alla sua giurisdizione sotto il profilo dei principi del diritto internazionale rilevanti, ma non riguarderebbero la validità di tali accordi.

280    Il Regno di Spagna e la Repubblica francese elaborano, in sostanza, un argomento analogo a quello del Consiglio e della Commissione per quanto riguarda l’applicazione dei principi di diritto internazionale, il controllo giurisdizionale della decisione impugnata e la validità delle consultazioni effettuate dalla Commissione e dal SEAE.

281    Le CPMM aderiscono, in parte, all’analisi del Consiglio relativa al processo di consultazione che ha preceduto la conclusione dell’accordo controverso. Inoltre, esse affermano che gli eletti locali, che hanno partecipato a tale consultazione, sono i rappresentanti legittimi della popolazione del Sahara occidentale e godono della legittimità democratica. Inoltre, per quanto riguarda specificamente il terzo motivo, esse sostengono, segnatamente, che l’articolo 266 TFUE non sarebbe applicabile nel caso di specie. Infine, nell’ambito del nono motivo, esse fanno valere che il principio dell’effetto relativo dei trattati non è applicabile e che, in ogni caso, l’accordo controverso non è opponibile al ricorrente.

282    In via preliminare, occorre rilevare che una parte della linea argomentativa del Consiglio, della Repubblica francese, della Commissione e delle CPMM solleva, in definitiva, la questione se il presente motivo sia inoperante. Occorre dunque esaminare tale questione prima di pronunciarsi, se del caso, sulla fondatezza di detto motivo.

1)      Sugli argomenti del Consiglio, della Repubblica francese, della Commissione e delle CPMM relativi al carattere inoperante del terzo motivo

283    Gli argomenti del Consiglio e degli intervenienti rimettono in discussione le basi giuridiche del motivo in esame sotto tre profili. Anzitutto, l’articolo 266 TFUE non sarebbe applicabile. Inoltre, le sentenze citate dal ricorrente non potrebbero essere utilmente fatte valere al fine di contestare la validità degli accordi fra l’Unione e il Regno del Marocco. Infine, il ricorrente non potrebbe invocare i principi del diritto internazionale consuetudinario dei quali esso fa valere, nel caso di specie, la violazione.

284    In primo luogo, per quanto riguarda l’applicabilità dell’articolo 266 TFUE, occorre rilevare che, nella sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio (T‑279/19), il Tribunale ha dichiarato che, nell’ambito del suo terzo motivo, basato sulle stesse basi giuridiche del motivo in esame, il ricorrente non poteva trarre dall’articolo 266 TFUE un obbligo, per le istituzioni, di eseguire le sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK o le ordinanze del Tribunale di cui al precedente punto 52, segnatamente sulla base del rilievo che nessuna di tali sentenze dei giudici dell’Unione aveva annullato un atto dell’Unione o aveva constatato l’invalidità di un siffatto atto. Esso ne ha concluso che, nella misura in cui era fondato sulle disposizioni di tale articolo, siffatto motivo era inoperante (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 262 a 265 e giurisprudenza citata).

285    Tuttavia, nella misura in cui l’argomento elaborato a sostegno di tale motivo si fondava su una censura relativa, in sostanza, alla violazione, da parte delle istituzioni, dell’obbligo ad esse incombente di conformarsi alla giurisprudenza della Corte relativa alle norme di diritto internazionale applicabili all’accordo controverso in tale causa, il Tribunale ha dichiarato che il ricorrente poteva utilmente far valere tale violazione, poiché il giudice dell’Unione è competente a controllare, nell’ambito di un ricorso di annullamento, la conformità dell’atto impugnato alla giurisprudenza della Corte e che la decisione impugnata nella causa in oggetto era stata adottata proprio al fine di trarre le conseguenze da tale giurisprudenza, e più specificamente dalla sentenza Consiglio/Fronte Polisario. Esso ha dunque dichiarato che, nonostante il riferimento erroneo all’articolo 266 TFUE, il terzo motivo, nella misura in cui riguardava, in sostanza, la summenzionata censura, non era inoperante (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 267 a 272).

286    Nella misura in cui, nell’ambito del motivo in esame, il ricorrente fa riferimento all’esecuzione delle medesime decisioni dei giudici dell’Unione invocate nell’ambito della causa che si è conclusa con la pronuncia della sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio (T‑279/19), il motivo in esame deve essere respinto, nella parte in cui è fondato sull’articolo 266 TFUE, sulla base della medesima motivazione enunciata al precedente punto 284.

287    Per contro, occorre rilevare che, come risulta dal precedente punto 276, il ricorrente fa valere, in sostanza, nell’ambito del motivo in esame, la violazione, da parte delle istituzioni, dell’obbligo ad esse incombente di conformarsi alla giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione degli accordi fra l’Unione e il Regno del Marocco alla luce delle norme di diritto internazionale applicabili, enunciate nelle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK. Inoltre, come risulta dai considerando 3 e 5 della decisione impugnata (v. precedente punto 116), l’accordo controverso è stato negoziato e concluso dalle istituzioni al fine di trarre le conseguenze dalla seconda di tali sentenze, che aveva escluso l’applicazione dell’accordo di pesca del 2006 e del protocollo del 2013 al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti, con la motivazione che essa sarebbe contraria al principio di autodeterminazione e al principio dell’effetto relativo dei trattati, come interpretati nella prima di tali sentenze. Ne consegue che, sulla base di una motivazione analoga a quella esposta ai punti da 267 a 272 della sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio (T‑279/19), il motivo in esame, nella misura in cui riguarda detta violazione, non è inoperante.

288    In secondo luogo, gli argomenti della Commissione e delle CPMM relativi al fatto che, nelle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK, la Corte ha interpretato il principio di autodeterminazione e il principio dell’effetto relativo dei trattati nel contesto dell’interpretazione degli accordi di cui a tali cause, e non del controllo della loro validità, non possono che essere respinti. Infatti, da un lato, le istituzioni sono tenute a conformarsi non solo all’interpretazione delle norme del diritto dell’Unione adottata dalla Corte, ma anche a quella delle norme di diritto internazionale che vincolano l’Unione, e il giudice dell’Unione è competente a valutare la compatibilità di un accordo concluso a nome dell’Unione con tale interpretazione. Dall’altro, le norme di diritto internazionale interpretate nel caso di specie dalla Corte, che erano rilevanti al fine di pronunciarsi sull’applicazione implicita di un siffatto accordo, concluso con il Regno del Marocco, al Sahara occidentale, lo sono, a maggior ragione, al fine di esaminare la legittimità di una pattuizione di un accordo fra le stesse parti che preveda in modo esplicito una siffatta applicazione territoriale (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 273 a 275).

289    In terzo luogo, per quanto riguarda l’invocabilità del principio di autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati, può essere ricordato che, nel contesto di un accordo in materia di politica commerciale, concluso a nome dell’Unione, per conformarsi all’interpretazione di tali principi adottata dalla Corte nella sentenza Consiglio/Fronte Polisario, il Tribunale ha constatato che, in tale sentenza, la Corte aveva dedotto dall’interpretazione dell’accordo di associazione alla luce di detti principi taluni obblighi chiari, precisi e incondizionati che si impongono nell’ambito dei rapporti fra l’Unione e il Regno del Marocco, ossia, da un lato, il rispetto dello status separato e distinto del Sahara occidentale e, dall’altro, l’obbligo di acquisire il consenso del suo popolo in caso di attuazione dell’accordo di associazione in tale territorio (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 281 e giurisprudenza citata).

290    Il Tribunale ha dedotto da tale constatazione che, al fine di difendere i diritti che il popolo del Sahara occidentale traeva dal principio di autodeterminazione e dal principio dell’effetto relativo dei trattati, il ricorrente doveva avere la facoltà di invocare la violazione di tali obblighi chiari, precisi e incondizionati nei confronti della decisione impugnata nella causa che si è conclusa con la pronuncia della sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio (T‑279/19), nella misura in cui una siffatta asserita violazione può riguardare detto popolo, in quanto soggetto terzo rispetto ad un accordo concluso fra l’Unione e il Regno del Marocco. Inoltre, esso ha ritenuto che la giurisprudenza relativa all’invocabilità dei principi del diritto internazionale consuetudinario, enunciata ai punti da 107 a 109 della sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864), non ostasse a tale conclusione. Infatti, esso ha constatato che le considerazioni figuranti a tali punti si basavano su una valutazione delle circostanze particolari del caso di specie relative alla natura dei principi del diritto internazionale invocati e dell’atto contestato, nonché alla situazione giuridica delle parti ricorrenti nel procedimento principale, che non erano comparabili a quelle della causa T‑279/19 (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 282 a 291 e giurisprudenza citata).

291    Analogamente, il Tribunale ha considerato che la conclusione enunciata al precedente punto 290 non fosse rimessa in discussione dagli argomenti della Commissione e della Comader relativi all’invocabilità specifica, da un lato, del principio di autodeterminazione e, dall’altro, del principio dell’effetto relativo dei trattati. Infatti, in primo luogo, per quanto riguarda il principio di autodeterminazione, il Tribunale ha ritenuto che, in ogni caso, il fatto che il diritto sancito da tale principio fosse un diritto collettivo e il fatto che esso desse luogo ad un processo il cui esito non era definito fossero irrilevanti nel caso di specie, dal momento che il soggetto terzo che il ricorrente rappresentava era appunto il titolare di siffatto diritto e ne aveva l’effettivo godimento, indipendentemente dall’esito del processo in corso. In secondo luogo, per quanto riguarda il principio dell’effetto relativo dei trattati, il Tribunale ha considerato, in sostanza, che il carattere eventualmente non opponibile dell’accordo sulle preferenze tariffarie al popolo del Sahara occidentale nell’ordinamento internazionale non poteva ostare a che il ricorrente invocasse tale principio dinanzi al giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 293 a 296 e giurisprudenza citata).

292    Le considerazioni richiamate ai precedenti punti da 289 a 291 sono applicabili all’invocabilità del principio di autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati nei confronti della decisione impugnata, alla luce dell’applicabilità di detti principi nell’ambito di un accordo di pesca concluso fra l’Unione e il Regno del Marocco, constatata dalla Corte ai punti da 63 a 72 della sentenza Western Sahara Campaign UK.

293    In ogni caso, nell’ambito del motivo in esame, il ricorrente solleva una censura relativa, in sostanza, alla violazione, da parte delle istituzioni, dell’obbligo ad esse incombente di conformarsi alla giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione degli accordi fra l’Unione e il Regno del Marocco alla luce delle norme di diritto internazionale applicabili e, in particolare, del loro obbligo di conformarsi alla sentenza Western Sahara Campaign UK, a sostegno di un ricorso diretto avverso una decisione adottata per trarre le conseguenze da tale sentenza. Pertanto, in tale contesto, al medesimo non può essere negato il diritto di mettere in discussione la legittimità della decisione impugnata invocando, nell’ambito di tale censura, siffatte norme, di natura fondamentale, considerato che l’Unione è vincolata da tali norme e detta decisione è stata adottata per conformarsi all’interpretazione che la Corte ne ha dato (v., per analogia, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 292 e giurisprudenza citata).

294    Di conseguenza, nell’ambito del presente motivo, il ricorrente può invocare utilmente le sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK e l’interpretazione ivi adottata del principio di autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati a sostegno del motivo in esame. Quest’ultimo non è, quindi, inoperante.

2)      Sulla fondatezza degli argomenti invocati dal ricorrente a sostegno del presente motivo

295    L’argomento del ricorrente sul quale si basa il motivo in esame consta, in sostanza, di tre parti, vertenti, anzitutto, sull’impossibilità, per l’Unione e per il Regno del Marocco, di concludere un accordo applicabile al Sahara occidentale e alle acque adiacenti, poi, sulla violazione dello status separato e distinto di tale territorio, contrariamente al principio di autodeterminazione, e, infine, sulla violazione del requisito secondo il quale il popolo di tale territorio deve acconsentire all’accordo controverso, in quanto soggetto terzo al medesimo, ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati.

i)      Sulla prima parte del terzo motivo, vertente sull’impossibilità per l’Unione e per il Regno del Marocco di concludere un accordo applicabile al Sahara occidentale e alle acque adiacenti

296    Con la prima parte, il ricorrente sostiene che, come risulta dalle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK, l’applicazione al Sahara occidentale e alle acque adiacenti di un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco è giuridicamente impossibile a causa, in particolare, della violazione del principio di autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati. Più in particolare, per quanto riguarda la sentenza Western Sahara Campaign UK, il ricorrente afferma che la Corte avrebbe escluso, al punto 72 della stessa, un siffatto accordo sulla base del rilievo che, in ogni caso, il Regno del Marocco si sarebbe categoricamente rifiutato di essere considerato come qualcosa di diverso da titolare della sovranità nei confronti di detto territorio. Orbene, l’accordo controverso mirerebbe, in realtà, a «perpetuare» l’applicazione de facto dell’accordo di pesca del 2006 e dei suoi protocolli alla parte del territorio in questione controllata da tale paese terzo e alle acque adiacenti, che era stata esclusa dalla summenzionata sentenza.

297    Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica francese, dalla Commissione e dalle CPMM, fa valere che le sentenze citate al precedente punto 296 non hanno escluso l’applicazione al Sahara occidentale di accordi fra l’Unione e il Regno del Marocco.

298    A tal riguardo, è sufficiente rilevare che, nel contesto della giurisprudenza relativa agli accordi conclusi a nome dell’Unione con il Regno del Marocco nell’ambito dell’accordo di associazione, i giudici dell’Unione non si sono pronunciati su controversie relative ad accordi fra l’Unione e il Regno del Marocco contenenti una pattuizione esplicita che includeva il Sahara occidentale nell’ambito di applicazione territoriale di tale accordo. Nell’ambito di tale giurisprudenza, la Corte e il Tribunale si sono infatti limitati a dichiarare che le norme di diritto internazionale applicabili ostavano a che tale territorio non autonomo fosse considerato nel senso che rientrava implicitamente nell’ambito di applicazione territoriale di un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco, allorché tale ambito di applicazione era esplicitamente limitato, per quanto riguardava detto paese, al suo territorio o alle acque soggette alla sua sovranità o alla sua giurisdizione (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 300 a 304 e giurisprudenza citata).

299    Inoltre, come ricordato ai punti 301 e 305 della sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio (T‑279/19), la Corte, ai punti da 94 a 98 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, ha rilevato che la regola codificata all’articolo 29 della convenzione di Vienna non ostava a che un trattato vincolasse uno Stato nei confronti di un territorio diverso dal proprio qualora una siffatta intenzione si ricavasse da tale trattato.

300    Si deve dunque concludere che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, l’accordo controverso non può essere considerato come «confermativo» di una prassi esclusa dalla giurisprudenza. Infatti, da un lato, quest’ultima non ha escluso totalmente la possibilità che un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco possa legittimamente essere applicato al Sahara occidentale o alle acque adiacenti. Dall’altro, tale applicazione non risulta, nel caso di specie, da una mera «prassi», bensì dai termini espliciti dell’accordo controverso stesso, i quali riflettono la volontà comune delle parti e, segnatamente, dell’Unione (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 305 e giurisprudenza citata).

301    Tali considerazioni non vengono rimesse in discussione, nel caso di specie, dal punto 72 della sentenza Western Sahara Campaign UK (v. precedente punto 48). Infatti, a tale punto di detta sentenza la Corte si è limitata a respingere l’ipotesi del Consiglio e della Commissione in base alla quale le acque adiacenti al Sahara occidentale potevano essere considerate come rientranti nella giurisdizione del Regno del Marocco, in quanto potenza amministratrice «de facto» o potenza occupante di tale territorio, dal momento che quest’ultimo aveva «categoricamente» escluso tali qualificazioni. Per contro, allo stesso punto essa non ha escluso la possibilità che tali acque possano essere incluse in un accordo di pesca fra l’Unione e il Regno del Marocco che le distingua esplicitamente dalle acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione di tale Stato terzo.

302    La prima parte del terzo motivo deve essere dunque respinta.

303    Occorre procedere all’analisi della terza parte del motivo in esame.

ii)    Sulla terza parte del terzo motivo, relativa alla violazione del requisito in base al quale il popolo del Sahara occidentale doveva acconsentire all’accordo controverso, in quanto soggetto terzo rispetto al medesimo, ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati

304    Con la terza parte del terzo motivo il ricorrente, sia nel ricorso sia nella replica, contesta la validità delle consultazioni effettuate dalla Commissione e dal SEAE e la rilevanza della relazione dell’8 ottobre 2018 che riferisce segnatamente in ordine alle medesime. Infatti, tali consultazioni e tale relazione sarebbero incentrate sui benefici dell’accordo controverso, sebbene l’unico criterio rilevante, enunciato dalla Corte, sia il consenso del popolo del Sahara occidentale. Inoltre, secondo il ricorrente tali consultazioni, nei confronti delle quali a suo avviso le istituzioni e il Regno del Marocco non avevano alcuna competenza, non hanno potuto avere ad oggetto o per effetto l’ottenimento di detto consenso, sulla base del rilievo che, da un lato, detto consenso non può risultare da un processo informale di consultazione e, dall’altro, quest’ultimo riguardava entità istituite in forza della legge marocchina e non avrebbe incluso la parte di tale popolo che vive al di fuori della zona controllata dal Regno del Marocco. Inoltre, al considerando 11 della decisione impugnata il Consiglio avrebbe cambiato la natura e la portata di dette consultazioni, considerandole una manifestazione del consenso del «popolo interessato». Tali considerazioni del Consiglio non sarebbero conformi alle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK, segnatamente al punto 106 della prima di tali sentenze.

305    Il Consiglio, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Commissione e le CPMM sostengono, in sostanza, che le consultazioni effettuate rispettano i principi applicabili di diritto internazionale, avuto riguardo alla situazione particolare del Sahara occidentale, la quale non consentirebbe di ottenere direttamente il consenso del suo popolo, e al potere discrezionale rilevante delle istituzioni (v. precedenti punti da 277 a 281).

306    L’esame della parte in questione implica di verificare, in primo luogo, l’applicazione del principio dell’effetto relativo dei trattati nel caso di specie; in secondo luogo, le modalità in base alle quali le istituzioni hanno inteso conformarsi, nel caso di specie, stando alla formulazione di cui al considerando 11 della decisione impugnata, alle «considerazioni formulate nella sentenza [Western Sahara Campaign UK]» e, in terzo luogo, la fondatezza dell’argomento richiamato al precedente punto 304.

–       Sull’applicazione del principio dell’effetto relativo dei trattati al caso di specie

307    Anzitutto, occorre ricordare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle CPMM e come risulta dai punti da 100 a 107 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario e dai punti 63, 69, 71 e 72 della sentenza Western Sahara Campaign UK, il principio dell’effetto relativo dei trattati è applicabile nel caso di specie. In particolare, il preteso fatto che, alla luce della sua posizione sul Sahara occidentale, il Regno del Marocco non avrebbe inteso accordare né diritti né obblighi al popolo di tale territorio non incide affatto sull’applicabilità di tale principio nell’ambito dell’interpretazione, da parte dei giudici dell’Unione, sotto il profilo del diritto internazionale, di un accordo fra l’Unione e il Regno del Marocco applicabile al Sahara occidentale e alle acque adiacenti come l’accordo controverso (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 310).

308    L’applicazione, nel caso di specie, del principio dell’effetto relativo dei trattati non viene rimessa in discussione neanche dalle considerazioni preliminari della Commissione concernenti il carattere asseritamente irrisolto nel diritto internazionale del rapporto fra un territorio non autonomo e le acque ad esso adiacenti e, segnatamente dalle sue considerazioni concernenti il mancato riferimento alla nozione di consenso nella convenzione sul diritto del mare, in particolare nella risoluzione III dell’atto finale della terza conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare.

309    Infatti, è sufficiente ricordare che, come è stato dichiarato al precedente punto 233, dall’analisi dei principi del diritto consuetudinario sanciti dalla convenzione sul diritto del mare e dalle pattuizioni di tale convenzione, come interpretate, segnatamente, dalla Corte (v. precedenti punti da 221 a 232), risulta che i diritti dello Stato costiero sanciti dalla convenzione sul diritto del mare e, in particolare, i diritti relativi allo sfruttamento delle risorse alieutiche situate nelle zone definite da tale convenzione, sono idonei ad essere esercitati a vantaggio dei popoli dei territori non autonomi in possesso di un litorale marittimo, come il Sahara occidentale. Tuttavia, nel caso in cui i diritti del popolo in questione fossero esercitati a vantaggio dei medesimi da parte di Stati terzi, detto popolo, in conformità al principio di autodeterminazione e al principio dell’effetto relativo dei trattati, deve esprimere il suo consenso a che tali diritti siano esercitati da questi ultimi. In ogni caso, come già ripetutamente constatato nella presente sentenza, l’accordo controverso si applica non soltanto alle acque adiacenti a detto territorio, ma anche alla parte terrestre di quest’ultimo.

310    Inoltre, in mancanza di un’indicazione da parte della Corte o di una presa di posizione degli organi dell’ONU sui criteri relativi alle modalità di espressione del consenso del popolo del Sahara occidentale, occorre ricordare che, in forza del principio di diritto internazionale generale dell’effetto relativo dei trattati, del quale la regola figurante all’articolo 34 della convenzione di Vienna costituisce un’espressione particolare, i trattati non devono né nuocere né operare a vantaggio di soggetti terzi senza il loro consenso (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 311 a 313).

311    A tal riguardo, dalle disposizioni di cui agli articoli 35 e 36 della convenzione di Vienna risulta che il consenso del popolo del Sahara occidentale all’accordo controverso può essere presunto soltanto nel caso in cui le parti di tale accordo abbiano inteso conferirgli un diritto, salvo indicazione contraria, e che, per contro, tale consenso deve essere esplicito con riguardo agli obblighi che queste stesse parti intendono imporgli. Infatti, oltre al fatto che i principi codificati dalla convenzione di Vienna con riferimento ai rapporti convenzionali fra Stati sono idonei ad essere applicati ad altri soggetti di diritto internazionale, dal punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario non risulta una differenza di contenuto fra la nozione di «terzo» applicata dalla Corte al popolo in questione e la nozione di «Stato terzo» ai sensi di tale convenzione (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 314 a 317 e giurisprudenza citata).

312    Orbene, indipendentemente dal fatto che, nel caso di specie, il ricorrente si è rifiutato di partecipare alle consultazioni effettuate dalla Commissione e dal SEAE prima della conclusione dell’accordo controverso, si deve rilevare che quest’ultimo non concede alcun diritto al popolo del Sahara occidentale, in quanto soggetto terzo rispetto a detto accordo, e che il suo consenso non può dunque essere presunto in conformità al principio espresso all’articolo 36, paragrafo 1, della convenzione di Vienna (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 318 e 323).

313    Infatti, da un lato, i diritti di pesca riconosciuti in forza dell’accordo di pesca nelle acque adiacenti al Sahara occidentale lo sono a beneficio dell’Unione e degli Stati membri. Inoltre, la gestione delle attività di pesca in tali acque, segnatamente nel quadro della definizione delle zone di gestione di cui a tali acque, viene esercitata dalle autorità marocchine nell’ambito delle loro disposizioni legislative e regolamentari nazionali, in conformità all’articolo 6, paragrafo 1, di detto accordo.

314    Dall’altro, come è stato ricordato al precedente punto 215, le diverse componenti della contropartita finanziaria sono versate alle autorità marocchine, come risulta dall’articolo 4, paragrafo 4, e dall’articolo 8, paragrafo 3, del protocollo di attuazione, nonché dal punto E del capo I dell’allegato di tale protocollo. Inoltre, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, e degli articoli da 6 a 8 del protocollo di attuazione, tale contropartita è assegnata dalle autorità del Regno del Marocco, sotto il controllo della commissione mista istituita dall’articolo 13 dell’accordo di pesca, che è composta da rappresentanti di tale Stato terzo e dell’Unione, e in conformità al principio dell’equa ripartizione geografica e sociale enunciato all’articolo 12, paragrafo 4, dello stesso accordo.

315    Orbene, come risulta dallo scambio di lettere (v. precedente punto 70), il Regno del Marocco esercita tali competenze sul fondamento della sua posizione secondo la quale «la regione del Sahara è una parte integrante del territorio nazionale, sulla quale esso esercita pienamente i suoi attributi di sovranità come sul resto del territorio nazionale».

316    A tal riguardo, si può rilevare, in particolare, che dalle pattuizioni dell’accordo di pesca o dal protocollo di attuazione e dai suoi allegati e appendici non risulta che il principio dell’equa ripartizione geografica e sociale della contropartita finanziaria venga attuato in maniera differenziata nel territorio del Sahara occidentale e nel territorio del Marocco, ai sensi dell’articolo 94 dell’accordo di associazione.

317    Pertanto, il Regno del Marocco non assume le responsabilità e le competenze ad esso incombenti in forza dell’accordo controverso, nella misura in cui sono interessati il territorio del Sahara occidentale e le acque adiacenti, al fine di esercitare i diritti del popolo di tale territorio a vantaggio del medesimo. Infatti, come risulta dalla posizione da esso espressa nello scambio di lettere e come ricordato, del resto, dalle CPMM (v. precedente punto 307), esso non intende riconoscergli diritti per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse alieutiche in tali acque e la ripartizione dei vantaggi che ne derivano. Inoltre, i diritti che tale accordo può eventualmente creare in capo agli operatori stabiliti in detto territorio riguardano singoli e non un soggetto terzo che deve acconsentire al medesimo. Per quanto riguarda i benefici che le popolazioni di tale territorio possono trarne, si tratta di effetti meramente socioeconomici, per di più indiretti, e che non possono essere assimilati a diritti (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 320 e 321).

318    Per contro, l’accordo controverso, nella misura in cui accorda ad una delle parti una competenza sul territorio di un terzo, che non è dunque legittimato ad esercitare esso stesso oppure, se del caso, a delegarne l’esercizio, impone un obbligo al terzo in questione, come sottolineato dal ricorrente, indipendentemente dalla circostanza, addotta dal Consiglio, in base alla quale esso non sarebbe in grado, in tale fase, di esercitare direttamente o tramite il suo rappresentante tali competenze. Il suo consenso all’accordo controverso deve dunque essere esplicito (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 322 e 323).

319    Infine, per quanto riguarda il contenuto e la portata della nozione di consenso, come utilizzata agli articoli da 34 a 36 della convenzione di Vienna e presa in considerazione al punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, occorre ricordare che, come risulta dal terzo comma del preambolo di tale convenzione, il principio del libero consenso è un principio «universalmente riconosciut[o]», che svolge un ruolo fondamentale in materia di diritto dei trattati. Inoltre, occorre rilevare che, qualora una norma di diritto internazionale attui il principio del libero consenso, tale norma implica, anzitutto, che l’espressione del consenso di una parte o di un terzo condizioni la validità dell’atto per il quale esso è richiesto; poi, che la validità di detto consenso stesso dipenda dal suo carattere «libero e autentico» e, infine, che detto atto sia opponibile alla parte o al terzo che vi abbia validamente acconsentito (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 324 e 325 e giurisprudenza citata).

320    Il consenso del popolo del Sahara occidentale, in quanto soggetto terzo rispetto all’accordo controverso, ai sensi del punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, deve dunque soddisfare, in linea di principio, gli stessi requisiti e produrre gli stessi effetti giuridici di quelli enunciati al precedente punto 319 (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 326).

321    È alla luce di tali considerazioni che occorre ora esaminare le iniziative concrete intraprese dal Consiglio e dalla Commissione per conformarsi ai requisiti desunti dalla Corte dal principio dell’effetto relativo dei trattati.

–       Sulle consultazioni effettuate dal Consiglio e dalla Commissione per conformarsi all’interpretazione del principio dell’effetto relativo dei trattati adottata nelle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK

322    In primo luogo, occorre ricordare che, al considerando 11 della decisione impugnata, il Consiglio ha affermato che «la Commissione, di concerto con il [SEAE], [aveva] adottato tutte le misure ragionevoli e possibili nel contesto attuale per garantire un adeguato coinvolgimento del popolo interessato al fine di accertarne il consenso». Inoltre, in tale considerando il Consiglio ha precisato che «[era]no state condotte ampie consultazioni nel Sahara occidentale e nel Regno del Marocco e gli attori socioeconomici e politici che vi [aveva]no preso parte si [era]no espressi chiaramente a favore della conclusione dell’accordo [controverso]», ma che «[il ricorrente] e altri attori non [aveva]no tuttavia accettato di partecipare al processo di consultazione». Come si deduce da tali indicazioni, è tale «processo di consultazione» che ha consentito, secondo il Consiglio, di conformarsi alle «considerazioni formulate» nelle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK, in particolare a quelle contenute al punto 106 della prima di dette sentenze.

323    In secondo luogo, come risulta dal controricorso e dai documenti forniti a sostegno, il Consiglio ha corredato di talune direttive di negoziato la sua decisione del 16 aprile 2018, che autorizza l’apertura di negoziati con il Regno del Marocco per la modifica dell’accordo di partenariato nel settore della pesca e per la conclusione di un protocollo che attua detto accordo. Tali direttive prevedevano, segnatamente, da un lato, che «la Commissione [avesse valutato] le potenziali implicazioni dell’accordo [controverso], riferendosi in particolare ai benefici arrecati alla popolazione coinvolta e allo sfruttamento delle risorse naturali dei territori interessati», e, dall’altro, che tale istituzione «d[ovesse] garantire che, in conformità alle sentenze emesse dalla Corte di giustizia al momento della sua proposta relativa alla firma e alla conclusione, la popolazione interessata dall’accordo [fosse] stata adeguatamente coinvolta».

324    In terzo luogo, nella relazione dell’8 ottobre 2018 la Commissione ha affermato quanto segue, per quanto riguardala seconda delle direttive di negoziato menzionate al precedente punto 323:

«In assenza di qualsiasi alternativa concepibile, che consenta di consultare direttamente la popolazione del Sahara occidentale, i servizi della [Commissione] e il SEAE hanno condotto consultazioni con un’ampia gamma di organizzazioni rappresentative della società civile saharawi, parlamentari, operatori economici e organizzazioni (…).

[T]ali consultazioni si sono concentrate sull’obiettivo principale di scambiare posizioni e commenti sull’interesse che potrebbe rivestire per le popolazioni del Sahara occidentale e per l’economia del territorio la conclusione [dell’accordo controverso].

Benché il [ricorrente] sia stato invitato dal SEAE e dalla Commissione a tenere consultazioni a Bruxelles, non è stata ricevuta alcuna risposta positiva (…). Analogamente, organizzazioni della società civile che si sono espresse contro l’estensione dell’[accordo controverso] alle acque adiacenti al Sahara occidentale sono state invitate a Bruxelles, ma nessuna ha accettato l’invito.

Inoltre, le autorità del Marocco hanno proceduto a consultazioni autonome degli organi nazionali, regionali e professionali interessati dall’[accordo controverso]».

325    Infatti, la Commissione ha affermato quanto segue nella relazione dell’8 ottobre 2018:

«[L]’obiettivo di tale approccio tripartito consisteva nell’essere il più possibile inclusivo, sostanziale e credibile, in un contesto politico e giuridico estremamente complesso.

Dall’inizio, è stato precisato che il processo di consultazione non era inteso a determinare lo status politico e costituzionale definitivo del territorio del Sahara occidentale, bensì a verificare se le popolazioni interessate dall’accordo fossero favorevoli all’estensione del[l’accordo di pesca del 2006] alle acque adiacenti al Sahara occidentale».

326    In quanto luogo, nella relazione dell’8 ottobre 2018 la Commissione fa il bilancio di tali consultazioni affermando che «la prima parte [della stessa], consistente in consultazioni condotte dalle autorità marocchine, ha consentito di constatare un ampio consenso nel sostegno del nuovo partenariato di pesca sostenibile, inclusa la sua estensione alle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale» e che, «per quanto riguarda i risultati delle consultazioni condotte dal SEAE e [dalla stessa], ha potuto parimenti essere constatato un sostegno estremamente forte all’estensione dell’[accordo controverso] alle acque adiacenti al Sahara occidentale». Inoltre, essa afferma che «[il ricorrente] e vari altri attori sensibili alla sua causa si sono rifiutati di prendere parte al processo di consultazione senza apportare argomenti contro [l’accordo controverso]», ritenendo che «[tale] rifiuto sembra essere collegato a riserve di natura politica [in relazione alla] questione dello status finale del Sahara occidentale».

327    Pertanto, come esposto dalla Commissione nella sua memoria di intervento, il SEAE e la stessa hanno ritenuto che, «in forza del loro principio di neutralità politica e di non ingerenza, [essi] dovessero svolgere consultazioni il più “inclusive” possibile senza prendere posizione» nel «conflitto di legittimità che oppone[va] [il Regno del] Marocco al ricorrente». In tal senso, nella misura in cui «ciascuna delle [p]arti al processo a livello dell’ONU (Regno del Marocco e [ricorrente]) rivendicava per proprio conto l’esclusività della rappresentatività delle popolazioni interessate dall’accordo», essi hanno ritenuto che «privilegiare [l’]interpretazion[e] [di una di tali parti] avesse inevitabilmente indotto l’Unione a prendere posizione nella controversia politica» e che «[r]iconoscere il [ricorrente] come unico interlocutore avesse violato l’approccio generale dell’Unione che non [aveva] mai riconosciuto l’organizzazione in questione diversamente che come una delle “parti” del processo a livello dell’ONU». Pertanto, muovendo dal principio che «nessuna [di tali] [p]arti aveva l’appannaggio della legittimità», la Commissione e il SEAE hanno adottato la soluzione consistente «nell’espandere la base della consultazione al di là degli interlocutori promossi dall’una o dall’altra delle [p]arti, estendendola, per quanto possibile, alla società civile interessata dagli accordi e ai suoi rappresentanti».

328    A tal riguardo, anzitutto, da tali considerazioni può essere dedotto che le istituzioni non hanno considerato possibile, nella prassi, ottenere, direttamente o soltanto tramite il ricorrente, il consenso del popolo del Sahara occidentale, in quanto soggetto terzo rispetto all’accordo controverso, a causa della situazione peculiare di tale territorio, ma che, al contrario, la consultazione dei «popol[i] interessat[i]» al fine di ottenere il loro «consenso» a tale accordo consentiva, cionondimeno, avuto riguardo a tale situazione, di conformarsi, nella misura del possibile, ai requisiti che potevano essere desunti, in particolare, dal punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 336).

329    Inoltre, è possibile dedurne che la nozione di «popolazioni interessate» presa in considerazione dalle istituzioni include essenzialmente le popolazioni che si trovano attualmente nel territorio del Sahara occidentale, indipendentemente dalla loro appartenenza o meno al popolo di tale territorio, fatta salva la «[raccolta del] parere della popolazione saharawi rifugiata» che, secondo la Commissione, «[l’]inclus[ione] [del] ricorrente fra le parti consultate» consentirebbe. In tal senso, siffatta nozione si distingue da quella di «popolo del Sahara occidentale», da un lato, nella misura in cui essa è idonea ad includere la totalità delle popolazioni locali interessate, positivamente o negativamente, dall’applicazione dell’accordo controverso in tale territorio e, dall’altro, nella misura in cui essa non possiede il contenuto politico di questa seconda nozione, derivante, segnatamente, dal diritto all’autodeterminazione riconosciuto a detto popolo (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 337).

330    Infine, come in sostanza rilevato dal ricorrente, le consultazioni effettuate dalla Commissione e dal SEAE si basano su un approccio paragonabile a quello richiesto dall’articolo 11, paragrafo 3, TUE e dall’articolo 2 del protocollo n. 2 del TFUE sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, in base ai quali la Commissione deve effettuare ampie consultazioni delle parti interessate, in particolare prima di proporre un atto legislativo. Del resto, come illustrato dai diversi estratti di proposte di conclusione di accordi di pesca, a nome dell’Unione, prodotti dal ricorrente, quest’ultima ha sistematizzato tale prassi nell’ambito di siffatte proposte (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 338).

331    Tuttavia, un tale approccio implica unicamente, in linea di principio, di raccogliere le opinioni delle diverse parti interessate e di tenerne conto, in particolare ai fini dell’adozione dell’atto proposto, senza che una siffatta considerazione produca effetti giuridici comparabili a quello dell’espressione del consenso di una parte terza, richiesta ai fini dell’adozione di un siffatto atto. Di conseguenza, l’espressione «consenso del popolo interessato», figurante al considerando 11 della decisione impugnata, non può essere interpretata nel senso che essa riveste il contenuto giuridico della nozione di consenso indicato al precedente punto 319. In particolare, come risulta dalle conclusioni della relazione dell’8 ottobre 2018, la nozione di consenso di cui alla decisione impugnata deve intesa, in tale specifico contesto, come riferita unicamente all’opinione in maggioranza favorevole delle istituzioni e delle organizzazioni considerate dalla Commissione e dal SEAE come rappresentative di detti popoli e che sono state consultate sia da questi ultimi sia dal Regno del Marocco. Orbene, non si può ritenere che tale opinione condizioni, di per sé, la validità dell’accordo controverso e della decisione impugnata e che vincoli tali istituzioni e tali organizzazioni o i «popol[i] interessat[i]» stessi, rendendo opponibile detto accordo nei loro confronti (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 339 e 340).

332    È nell’ambito dell’esame della fondatezza della parte in esame che occorrerà verificare se il significato particolare che la decisione impugnata conferisce alla nozione di consenso, come definito al precedente punto 331, sia compatibile con l’interpretazione del principio dell’effetto relativo dei trattati adottata dalla Corte.

–       Sulla questione se il significato particolare conferito alla nozione di consenso nella decisione impugnata sia compatibile con l’interpretazione del principio dell’effetto relativo dei trattati adottata dalla Corte nelle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK

333    La presente parte del terzo motivo solleva, sostanzialmente, la questione se, alla luce della particolare situazione del Sahara occidentale, il Consiglio abbia potuto avvalersi del suo potere discrezionale per interpretare il requisito di un consenso del popolo di tale territorio all’accordo controverso nel senso che esso implica unicamente di ottenere l’opinione in maggioranza favorevole dei «popol[i] interessat[i]».

334    A tal riguardo, anzitutto, occorre ricordare che, se la giurisprudenza riconosce alle istituzioni un ampio potere discrezionale nei settori che implicano valutazioni complesse, segnatamente politiche ed economiche, come le relazioni esterne e la politica della pesca, il controllo giurisdizionale del manifesto errore di valutazione richiede che le istituzioni dell’Unione, da cui promana l’atto in causa, siano in grado di dimostrare dinanzi al giudice dell’Unione che l’atto è stato adottato attraverso un esercizio effettivo del loro potere discrezionale, che presuppone la valutazione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze rilevanti della situazione che tale atto era inteso a disciplinare. Inoltre, il potere discrezionale delle istituzioni può essere limitato, anche nell’ambito di tali settori, da una nozione giuridica che introduce criteri oggettivi (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 342 a 347 e giurisprudenza citata).

335    Orbene, nel caso di specie, il potere discrezionale di cui dispone il Consiglio al fine di concludere un accordo con il Regno del Marocco applicabile esplicitamente al Sahara occidentale e alle acque adiacenti è delimitato sotto il profilo giuridico dagli obblighi chiari, precisi e incondizionati, desunti dalla Corte dal principio di autodeterminazione e dal principio dell’effetto relativo dei trattati per quanto riguarda siffatti accordi. In particolare, per quanto concerne il requisito in base al quale il popolo di tale territorio doveva acconsentire ad un siffatto accordo, è vero che spettava al Consiglio valutare se la situazione attuale di tale territorio giustificasse un adeguamento delle modalità dell’espressione di tale consenso e se fossero soddisfatte le condizioni per ritenere che questi si fosse espresso. Tuttavia, non competeva al medesimo decidere se si poteva rinunciare a detto consenso, salvo violare tale requisito (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 348 e 349).

336    Inoltre, al precedente punto 328 è stata ricordata la situazione particolare del Sahara occidentale, e, segnatamente, il «conflitto di legittimità» che vedeva contrapposte le due parti del processo di autodeterminazione, ossia il Regno del Marocco e il ricorrente. In particolare, occorre rilevare che, ad oggi, non vi è un accordo fra tali parti in base al quale una di esse avrebbe acconsentito a che l’altra parte eserciti a vantaggio di tale territorio non autonomo le competenze richieste da un accordo internazionale con l’Unione ivi applicabile, segnatamente in materia di gestione delle risorse alieutiche situate nelle acque ad esso adiacenti (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 350 e 351).

337    A tal riguardo, come risulta dai considerando 5 e 10 della decisione impugnata (v. precedente punto 60), il Consiglio ha ritenuto che l’unico modo, da un lato, per consentire alle flotte dell’Unione di proseguire le attività di pesca nelle acque adiacenti al Sahara occidentale e, dall’altro, per consentire a tale territorio e ai suoi popoli di continuare a beneficiare del sostegno settoriale fornito in forza dell’accordo e per garantire uno sfruttamento sostenibile delle risorse alieutiche di tali acque era concludere un nuovo accordo di pesca con il Regno del Marocco. Infatti, come si può dedurre dagli argomenti del Consiglio e della Commissione, essi ritengono che tale paese terzo, a differenza del ricorrente, sia in grado di esercitare le competenze richieste da tale accordo (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 352).

338    Tuttavia, come risulta dal precedente punto 328, le istituzioni hanno parimenti ritenuto che la situazione particolare del Sahara occidentale non consentisse, nella prassi, di ottenere il consenso del popolo di tale territorio, in quanto soggetto terzo all’accordo controverso, direttamente o tramite il ricorrente, e che spettasse loro svolgere consultazioni il più inclusive possibile delle popolazioni locali per non ingerire nel conflitto di legittimità fra il ricorrente e il Regno del Marocco (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 353).

339    Ciò premesso, i diversi elementi relativi alla situazione particolare del Sahara occidentale fatti valere dal Consiglio e dalla Commissione per giustificare la decisione di cui al precedente punto 338 non possono essere accolti.

340    In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento del Consiglio e della Commissione in base al quale il requisito del consenso non è tale da essere applicato in maniera identica ad uno Stato o ad un territorio non autonomo, esso deve essere respinto per i motivi già illustrati al precedente punto 311.

341    In secondo luogo, l’argomento delle CPMM in base al quale le popolazioni interessate avrebbero implicitamente acconsentito ai diritti conferiti dall’accordo controverso beneficiando della contropartita finanziaria applicata de facto al Sahara occidentale da diversi anni deve essere respinto, in ogni caso, per i motivi illustrati ai precedenti punti da 312 a 317.

342    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento del Consiglio e della Commissione concernente la difficoltà di individuare i membri del popolo del Sahara occidentale, da un lato, si deve rilevare, al pari del ricorrente, che il diritto all’autodeterminazione è un diritto collettivo e che detto popolo si è visto riconoscere tale diritto dagli organi dell’ONU e, di conseguenza, la sua esistenza, a prescindere dai singoli da cui esso è composto e dal loro numero. Dall’altro, dal punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario si evince che la Corte ha considerato implicitamente tale popolo come un soggetto di diritto autonomo capace di esprimere il proprio consenso ad un accordo internazionale indipendentemente dalla questione dell’individuazione dei suoi membri. Di conseguenza, né dal principio di autodeterminazione né dal principio dell’effetto relativo dei trattati, come interpretati dalla Corte, si può desumere che il consenso di tale popolo debba essere necessariamente ottenuto grazie ad una consultazione diretta dei suoi membri. La difficoltà invocata dalle istituzioni non può dunque costituire, di per sé, un ostacolo all’espressione di tale consenso (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 357).

343    In quarto luogo, per quanto riguarda la necessità di non ingerire nel «conflitto di legittimità» fra il ricorrente e il Regno del Marocco concernente il Sahara occidentale, invocata dal Consiglio, dalla Commissione e dalla Repubblica francese, è sufficiente rilevare che, poiché l’Unione, in conformità al diritto internazionale e all’interpretazione che la Corte ne ha fatto, non può riconoscere le rivendicazioni del Regno del Marocco su tale territorio, le istituzioni non possono astenersi dal procedere alle iniziative adeguate al fine di acquisire il consenso del popolo dello stesso invocando il rischio di ingerenza nella controversia che contrappone il ricorrente a tale paese terzo in merito a siffatte rivendicazioni (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 358).

344    In quinto luogo, l’argomento del Consiglio in base al quale il Sahara occidentale è, in questa fase, un territorio non autonomo e non dispone dunque della capacità di esprimere il suo consenso come uno Stato indipendente, non può che essere respinto. Infatti, da un lato, tale argomento si basa, in definitiva, sulla premessa erronea in base alla quale il popolo del Sahara occidentale non godrebbe già del diritto all’autodeterminazione sulla base del rilievo che il processo relativo allo status definitivo di tale territorio non è terminato, premessa contraria al riconoscimento di tale diritto da parte degli organi dell’ONU, constatato dalla Corte nella sentenza Consiglio/Fronte Polisario. Dall’altro, per quanto riguarda l’asserita incapacità del ricorrente e del popolo che esso rappresenta di concludere un trattato in materia di pesca o di esercitare le competenze che un siffatto trattato implica, non si deduce dal principio dell’effetto relativo dei trattati, come interpretato dalla Corte, che il consenso del popolo in questione, in quanto soggetto terzo rispetto all’accordo controverso, dovrebbe necessariamente essere esso stesso ottenuto tramite un trattato (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 295 e da 359 a 361).

345    In sesto luogo, il fatto che le istituzioni considerino il Regno del Marocco come la «potenza amministratrice de facto» nel Sahara occidentale non sembra una circostanza idonea ad escludere la necessità che il popolo di tale territorio acconsenta all’accordo controverso. Infatti, considerato che il Regno del Marocco esclude, da parte sua, di esercitare siffatte competenze e rivendica diritti sovrani su detto territorio, la sua posizione è incompatibile con la qualità di potenza amministratrice. In ogni caso, anche ammettendo che il Regno del Marocco svolga un siffatto ruolo «de facto» nei confronti del territorio in questione, tale circostanza non può rendere superfluo il consenso del popolo del medesimo all’accordo controverso, alla luce del principio di autodeterminazione e di quello dell’effetto relativo dei trattati (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 362 e 363).

346    In settimo luogo, nell’ambito dell’esame della legittimazione ad agire del ricorrente, è stato rilevato, da un lato, che la partecipazione del medesimo al processo di autodeterminazione del Sahara occidentale non significava che esso non potesse rappresentare tale popolo nel contesto di un accordo fra l’Unione il Regno del Marocco e, dall’altro, che dai documenti del fascicolo non risultava che gli organi dell’ONU avessero riconosciuto organizzazioni diverse dal medesimo abilitate a rappresentare detto popolo (v. precedenti punti 241 e 243). Di conseguenza, non era impossibile ottenere il consenso di quest’ultimo tramite il ricorrente. L’argomento del Consiglio e della Commissione in base al quale tale ipotesi conferirebbe un «diritto di veto» a detta organizzazione sull’applicazione dell’accordo controverso a tale territorio e alle acque ad esso adiacenti non può che essere respinto. Infatti, è sufficiente ricordare, a tal riguardo, che, come è stato rilevato al precedente punto 335, non spettava al Consiglio decidere se fosse possibile fare a meno del consenso del popolo del Sahara occidentale per stipulare l’accordo controverso. Di conseguenza, l’asserita circostanza che la competenza del ricorrente ad esprimere tale consenso gli conferirebbe un «diritto di veto» al riguardo non può giustificare una siffatta decisione (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 364).

347    Ne consegue che gli elementi relativi alla situazione particolare del Sahara occidentale invocati dal Consiglio e dalla Commissione non sono tali da escludere la possibilità per il popolo del Sahara occidentale di esprimere il proprio consenso all’accordo, in quanto soggetto terzo rispetto al medesimo.

348    Infine, come rilevato al precedente punto 331, le consultazioni svolte dalla Commissione e dal SEAE hanno avuto come unico oggetto quello di ottenere l’opinione dei «popol[i] interessat[i]» riguardo all’accordo controverso e non il consenso del popolo del Sahara occidentale al medesimo. Di conseguenza, come sostenuto correttamente dal ricorrente, tali consultazioni non possono essere considerate come conformi ai requisiti che la Corte deduce dal principio di autodeterminazione e dal principio dell’effetto relativo dei trattati (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 366).

349    L’argomento del Consiglio, sostenuto dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dalla Commissione e dalle CPMM, in base al quale le consultazioni in questione rispetterebbero i principi rilevanti del diritto internazionale non può rimettere in discussione tale conclusione.

350    A tal riguardo, il Consiglio sostiene, da un lato, che la consultazione svolta dall’Unione sarebbe conforme ai principi rilevanti del diritto internazionale, poiché essa sarebbe stata effettuata presso organi rappresentativi dei popoli interessati e al fine di ottenere un consenso. Il Consiglio deduce, in particolare, tali criteri dalla convenzione n. 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) relativa alle popolazioni indigene e tribali, adottata a Ginevra il 27 giugno 1989, e dalla dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 13 settembre 2007. In tal senso, la consultazione in questione sarebbe stata intesa ad assicurare la partecipazione più ampia possibile degli organi e delle organizzazioni rappresentative dei popoli interessati. In tale contesto, il Regno del Marocco avrebbe consultato, in particolare, gli eletti regionali, designati a suffragio universale diretto nel 2015 e una parte significativa dei quali proviene dalle tribù locali. La Commissione e il SEAE avrebbero consultato un’ampia gamma di organizzazioni locali politiche e sociopolitiche e di rappresentanti della società civile, nonché il ricorrente.

351    Dall’altro, secondo il Consiglio, le istituzioni si sarebbero fondate su un criterio oggettivo, ossia quello del carattere benefico o meno dell’accordo di pesca per le popolazioni del Sahara occidentale, che sarebbe conforme ai principi che possono essere ricavati dalla lettera del 29 gennaio 2002 del consigliere giuridico dell’ONU.

352    Per quanto riguarda l’argomento del Consiglio di cui al precedente punto 350, è sufficiente rilevare che i criteri che quest’ultimo deduce da tale convenzione e da tale dichiarazione, ossia che ogni consultazione dovrebbe essere svolta presso organi rappresentativi delle popolazioni interessate e dovrebbe avere come scopo di ottenerne il consenso, non corrispondono ai requisiti che la Corte desume dal principio di autodeterminazione e dal principio dell’effetto relativo dei trattati (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 370).

353    Infatti, da un lato, si deve rilevare che, come è già stato ribadito ripetutamente, il Consiglio non conferisce alla nozione di consenso gli effetti giuridici che discendono nel diritto internazionale in linea di principio da tale nozione, non prendendo in considerazione tale istituzione, nel caso di specie, il consenso di un soggetto terzo rispetto all’accordo controverso, ai sensi del punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, bensì l’opinione in maggioranza favorevole delle popolazioni locali (v. precedenti punti da 328 a 331 supra). Del resto, come sottolineato dal ricorrente, nella relazione dell’8 ottobre 2018 la Commissione non fa riferimento alla nozione di consenso. Infatti, essa si riferisce unicamente al «sostegno» delle entità consultate dalle autorità marocchine alla conclusione dell’accordo controverso, nonché al «sostegno estremamente forte» dei suoi «interlocutori» e di quelli del SEAE all’«inclusione delle acque adiacenti [al] Sahara occidentale» (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 371 e 372).

354    Dall’altro, occorre ricordare che, come fatto valere dal ricorrente, la nozione di «popoli interessati», alla quale le istituzioni fanno riferimento, non coincide con quella di «popolo del Sahara occidentale», il cui contenuto implica il diritto all’autodeterminazione (v. precedente punto 329). In particolare, in primo luogo, si deve rilevare che le consultazioni effettuate presso autorità locali e regionali dal Regno del Marocco, parte dell’accordo controverso, non potevano avere come oggetto l’ottenimento del consenso di un soggetto terzo rispetto a tale accordo, bensì, tutt’al più, il coinvolgimento nella conclusione di tale accordo delle collettività locali e degli organismi pubblici interessati facenti parte di tale Stato. In secondo luogo, si deve osservare che le entità e gli organismi consultati dalla Commissione sono, tutt’al più, rappresentativi di diversi interessi socioeconomici e propri della società civile, senza che tali entità o organismi si considerino essi stessi o debbano essere considerati come «organi rappresentativi» del popolo del Sahara occidentale e abilitati ad esprimere il suo consenso, circostanza confermata, del resto, dai criteri di selezione di tali entità o organismi, indicati dalla Commissione nelle sue risposte scritte del 25 gennaio 2021 a quesiti del Tribunale posti nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 373 a 379).

355    Inoltre, per quanto riguarda gli argomenti del ricorrente relativi ai legami delle entità e degli organismi consultati dalla Commissione e dal SEAE con le autorità marocchine, risulta dalle precisazioni apportate dalla Commissione nell’ambito delle sue risposte scritte del 25 gennaio 2021 concernenti lo status e le attività di dette entità e di detti organismi che gli stessi sono, in gran parte, organismi pubblici di diritto marocchino che esercitano le loro attività sotto la tutela di tali autorità o autorità indipendenti marocchine, e che una parte significativa di tali organismi pubblici ha una competenza nazionale.

356    Inoltre, come affermato dalla Commissione stessa nella relazione dell’8 ottobre 2018, il ricorrente e le associazioni che condividono le posizioni di quest’ultimo si sono rifiutate di partecipare alle consultazioni che essa ha organizzato.

357    Tuttavia, da un lato, occorre rilevare che è pacifico che, come indicato dal ricorrente nella replica, esso ha reso nota la sua opposizione alla conclusione dell’accordo controverso. In particolare, in una lettera del 7 giugno 2018 indirizzata al SEAE, esso ha affermato, in sostanza, che alla luce del principi a suo avviso sanciti dalla Corte, ossia, segnatamente, il carattere separato e distinto del Sahara occidentale e il rispetto, come unico criterio, del consenso di tale popolo, non poteva accettare che tali scambi avessero luogo nell’ottica di «un’eventuale copertura del Sahara occidentale negli accordi negoziati fra l’[Unione] e il Regno del Marocco» e nell’ambito di un progetto che evocasse le «province del Sud» e prendesse in considerazione il parere delle «popolazioni locali» tramite il SEAE e talune istituzioni marocchine. Di conseguenza, anche se il ricorrente non ha accettato di partecipare alle consultazioni organizzate dalla Commissione e dal SEAE, spettava alla Commissione e al Consiglio tenere debitamente conto della sua posizione, a maggior ragione in quanto, a differenza delle altre entità consultate, esso poteva legittimamente essere considerato come un «organo rappresentativo» del popolo in questione.

358    Dall’altro, occorre rilevare che, come affermato in sostanza dal ricorrente, la relazione dell’8 ottobre 2018 non prende in considerazione la dichiarazione pubblica del 28 novembre 2018, adottata da 95 «organizzazioni non governative della società civile saharawi» (The Saharawi civil society NGOs) e allegata al ricorso, nella quale tali organizzazioni hanno chiesto al Consiglio e al Parlamento di non adottare l’accordo controverso, il quale è inteso, stando ai termini da esse impiegati, a «saccheggiare» le risorse alieutiche del popolo del Sahara occidentale e «a includere illegittimamente il Sahara occidentale nel suo ambito di applicazione territoriale».

359    È giocoforza constatare che tali consultazioni e i risultati che ne sono stati ricavati nella relazione dell’8 ottobre 2018 riflettono più che altro il punto di vista di istituzioni e organismi pubblici marocchini, anziché quello di organismi della società civile del Sahara occidentale. Inoltre, la relazione dell’8 ottobre 2018 non tiene conto del punto di vista del ricorrente, sebbene quest’ultimo avesse fatto conoscere in modo preciso le ragioni della sua opposizione alla stipulazione dell’accordo controverso.

360    In ogni caso, come fatto valere dal ricorrente, tali consultazioni sono state condotte non presso «organi rappresentativi» del popolo del Sahara occidentale, ma, tutt’al più, presso «parti interessate» che le istituzioni potevano, peraltro, coinvolgere nella conclusione dell’accordo controverso, in conformità ai trattati, indipendentemente dalle «considerazioni» della Corte di cui al considerando 11 della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 383).

361    Dai precedenti punti da 353 a 360 risulta che non si può ritenere che le consultazioni svolte su richiesta del Consiglio dalla Commissione e dal SEAE abbiano consentito di ottenere il consenso del popolo del Sahara occidentale all’accordo controverso, in conformità al principio dell’effetto relativo dei trattati, come interpretato dalla Corte (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 384).

362    Per quanto riguarda, ad oggi, l’interpretazione del diritto internazionale fatta valere dal Consiglio in base alla lettera del 29 gennaio 2002 del consigliere giuridico dell’ONU, sostenuto, al riguardo, dalla Commissione e dalla Repubblica francese, occorre rilevare, in primo luogo, che le istituzioni non possono sottrarsi all’obbligo di conformarsi all’interpretazione data dalla Corte delle norme di diritto internazionale applicabili, sostituendo a tale interpretazione criteri diversi tratti da una lettera di tal genere, la quale, del resto, non ha una portata equivalente a quella dei pareri consultivi della CIG; in secondo luogo, che tale lettera verteva sulla questione della legittimità dei contratti di diritto privato stipulati fra organismi pubblici marocchini e talune società petrolifere e non sulla legittimità di accordi internazionali conclusi dal Regno del Marocco; in terzo luogo, che tale lettera si fondava su talune analogie con la questione della legittimità delle attività di una potenza amministratrice che interessavano le risorse minerarie di un territorio non autonomo, sebbene, nel caso di specie, il paese terzo in questione non potesse essere considerato come una siffatta potenza, e, quarto luogo, che, in ogni caso, dalle conclusioni di tale lettera risulta espressamente che i principi del diritto internazionale applicabili esigono che lo sfruttamento delle risorse naturali di un siffatto territorio sia conforme non solo agli interessi del popolo del Sahara occidentale, ma anche alla sua volontà (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti da 385 a 389).

363    Di conseguenza, il Consiglio e la Commissione non possono, in ogni caso, fondarsi sulla lettera del 29 gennaio 2002 del consigliere giuridico dell’ONU per giustificare la conformità delle consultazioni svolte ai principi del diritto internazionale applicabili. Pertanto, il ricorrente sostiene correttamente che le istituzioni non potevano sostituire al requisito dell’espressione di tale consenso, enunciato dalla Corte al punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, il criterio dei benefici dell’accordo controverso per le popolazioni interessate (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 390).

364    Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che il Consiglio, adottando la decisione impugnata, non ha sufficientemente preso in considerazione tutti gli elementi rilevanti relativi alla situazione del Sahara occidentale e ha considerato, erroneamente, di disporre di un potere discrezionale per decidere se occorreva conformarsi al requisito in base al quale il popolo di tale territorio doveva esprimere il proprio consenso all’applicazione dell’accordo controverso nei suoi confronti, in quanto soggetto terzo rispetto a detto accordo, in conformità all’interpretazione adottata dalla Corte del principio dell’effetto relativo dei trattati in combinato con il principio di autodeterminazione. In particolare, anzitutto, il Consiglio ha erroneamente ritenuto che la situazione attuale di tale territorio non consentisse di accertarsi dell’esistenza del consenso di detto popolo e, in particolare, tramite il ricorrente. Inoltre, nel considerare che le consultazioni svolte dalla Commissione e dal SEAE avessero consentito di conformarsi al principio dell’effetto relativo dei trattati come interpretato dalla Corte, in particolare al punto 106 della sentenza Consiglio/Fronte Polisario, il Consiglio è incorso in errore tanto in merito alla portata di tali consultazioni quanto in merito al requisito enunciato a tale punto. Infine, il Consiglio ha erroneamente ritenuto di poter sostituire a tale requisito i criteri asseritamente enunciati dalla lettera del 29 gennaio 2002 del consigliere giuridico dell’ONU. Ne consegue che la parte in esame del terzo motivo è fondata ed è atta a determinare l’annullamento della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punto 391).

365    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che, senza che sia necessario statuire sulla ricevibilità delle nuove offerte di prova prodotte dal ricorrente e degli elementi che lo stesso ha presentato spontaneamente a seguito dell’udienza di discussione (v. precedenti punti 89 e 92) e senza che sia necessario esaminare la seconda parte del terzo motivo, nonché gli altri motivi del ricorso, la decisione impugnata deve essere annullata.

4.      Sul mantenimento nel tempo degli effetti della decisione impugnata

366    Ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, il Tribunale può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi.

367    A tale proposito, dalla giurisprudenza risulta che gli effetti di un atto impugnato, segnatamente della decisione di conclusione di un accordo internazionale, possono essere mantenuti, anche d’ufficio, per motivi di certezza del diritto, qualora gli effetti immediati dell’annullamento di tale atto comportino gravi conseguenze negative (v. sentenza in data odierna, Fronte Polisario/Consiglio, T‑279/19, punti 394 e 396 e giurisprudenza citata).

368    Nel caso di specie, è sufficiente rilevare che l’annullamento della decisione impugnata con effetto immediato può comportare gravi conseguenze sull’azione esterna dell’Unione e rimettere in discussione la certezza del diritto degli impegni internazionali ai quali essa ha acconsentito e che vincolano le istituzioni e gli Stati membri. Le osservazioni del ricorrente relative alla domanda della Commissione volta ad ottenere l’applicazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 264, secondo comma, TFUE non possono rimettere in discussione tale constatazione.

369    In tali circostanze, si deve applicare l’articolo 264, secondo comma, TFUE, mantenendo gli effetti della decisione impugnata per un periodo che non può eccedere il termine previsto all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea o, se un’impugnazione è proposta entro tale termine, fino alla pronuncia della sentenza della Corte su tale impugnazione.

B.      Sul ricorso nella causa T356/19

370    In via preliminare, si deve rilevare che, come esposto al precedente punto 177, nell’ambito della causa T‑344/19 il ricorrente ha fatto valere, a sostegno dell’incidenza diretta della decisione impugnata nei suoi confronti, che il regolamento impugnato non può essere interpretato nel senso che esso costituisce una misura intermedia idonea ad ostare all’incidenza diretta nei suoi confronti della decisione impugnata.

371    Tuttavia, nell’ambito della presente causa il ricorrente afferma che, nel caso in cui il Tribunale dovesse ritenere che il regolamento impugnato costituisca una siffatta misura intermedia, esso deposita, in subordine, il ricorso in esame.

372    Interpellato in udienza sulla questione della rilevanza ai fini del ricorso in esame dell’incidenza diretta nei suoi confronti da parte della decisione impugnata nella causa T‑344/19, nel caso in cui il Tribunale ritenesse che il regolamento impugnato non osti a tale incidenza diretta, il ricorrente ha affermato che, a suo avviso, ne risulterebbe che lo stesso non sarebbe legittimato a depositare il ricorso in esame e che, in ogni caso, quest’ultimo non conserverebbe il suo oggetto. Ciò premesso, si deve rilevare che il ricorrente non ha chiesto al Tribunale di dichiarare che il ricorso era divenuto privo di oggetto.

373    Inoltre, si deve rilevare che, se l’annullamento della decisione impugnata da parte della presente sentenza è idoneo ad ostacolare la corretta esecuzione del regolamento impugnato [v., in tal senso e per analogia, sentenza del 4 settembre 2018, Commissione/Consiglio (Accordo con il Kazakhstan), C‑244/17, EU:C:2018:662, punto 51], esso non comporta, di per sé, la nullità di tale regolamento. Inoltre, tale regolamento, la cui adozione è anteriore a quella di detta decisione, ha come base giuridica non la stessa decisione, bensì il protocollo di attuazione, e, in particolare, le pattuizioni dell’articolo 3 di quest’ultimo relative alle possibilità di pesca assegnate alle navi che battono bandiera degli Stati membri, che lo stesso mira ad eseguire (v. precedenti punti 71 e 72). Di conseguenza, le conclusioni del ricorrente volte all’annullamento di tale regolamento conservano il loro oggetto e occorre statuire sulle medesime.

374    Senza presentare formalmente un’eccezione di irricevibilità, il Consiglio sostiene l’irricevibilità del ricorso in esame per due motivi relativi, da un lato, al difetto di capacità del ricorrente di stare in giudizio e, dall’altro, al suo difetto di legittimazione ad agire nei confronti dell’atto impugnato.

375    Occorre esaminare la seconda censura di irricevibilità fatta valere dal Consiglio.

376    Il Consiglio fa valere l’assenza di incidenza diretta e individuale nei confronti del ricorrente da parte del regolamento impugnato. Da un lato, esso sostiene che il regolamento produce effetti giuridici soltanto nei confronti degli Stati membri e non nei confronti di altri soggetti. In ogni caso, il ricorrente non eserciterebbe alcuna attività nel settore economico interessato e non se ne avvarrebbe. Gli effetti di detto regolamento sulla sua situazione sarebbero unicamente indiretti e politici. Dall’altro, esso afferma che tale atto richiede l’adozione di misure intermedie da parte degli Stati membri e che questi ultimi hanno la facoltà di non ricorrere a tutte le possibilità di pesca assegnate loro. Inoltre, il Consiglio fa valere che il regolamento impugnato non riguarda il ricorrente a causa di una situazione di fatto che lo caratterizza o di qualità sue personali, segnatamente, a causa della sua partecipazione ai negoziati sullo status del Sahara occidentale, i quali sono estranei all’oggetto della controversia in esame.

377    Da parte sua, il ricorrente sostiene di essere interessato direttamente e individualmente dal regolamento impugnato. Per quanto riguarda, da un lato, l’incidenza diretta nei suoi confronti, esso fa valere che, nella misura in cui tale regolamento ha per oggetto la ripartizione, fra gli Stati membri, delle possibilità di pesca che concernono direttamente lo sfruttamento delle risorse alieutiche del popolo del Sahara occidentale, esso riguarda tale popolo e produce dunque direttamente effetti sulla sua situazione giuridica, in quanto unico rappresentante di siffatto popolo. Inoltre, l’attuazione di detto regolamento presenterebbe un carattere meramente automatico. Per quanto riguarda, dall’altro, l’incidenza individuale nei suoi confronti, esso afferma che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, solo detto popolo può acconsentire ad un accordo internazionale applicabile al suo territorio e alle sue risorse naturali. A suo avviso, tale facoltà include il diritto del popolo in questione di opporsi alla ripartizione, senza il suo consenso, delle possibilità di pesca delle sue risorse alieutiche. Orbene, alla luce del suo ruolo nell’espressione di tale consenso, esso presenterebbe qualità sue personali che lo caratterizzano rispetto a chiunque altro, cosicché il regolamento impugnato lo riguarderebbe individualmente.

378    Il Regno di Spagna, la Repubblica francese e la Commissione sostengono, in sostanza, l’argomento del Consiglio. La Commissione indica, tuttavia, che a suo avviso il regolamento impugnato, tenuto conto dei suoi effetti limitati, non produce neanche effetti indiretti o politici nei confronti della situazione del ricorrente. Il Regno di Spagna sottolinea, da parte sua, che il ricorrente non è privato del suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, che lo stesso potrà esercitare, se del caso, nei confronti degli atti di attuazione di detto regolamento.

379    In via preliminare, occorre sottolineare, anzitutto, che le condizioni di ricevibilità del ricorso di una persona fisica o giuridica avverso il regolamento impugnato devono essere determinate con riguardo alla natura specifica di tale atto, e non alla luce della natura della decisione impugnata nella causa T‑344/19.

380    In proposito, occorre sottolineare che, a differenza di una decisione recante conclusione di un accordo internazionale, come la decisione impugnata nella causa T‑344/19, il regolamento impugnato, che è stato adottato al fine di attuare nell’Unione l’accordo controverso, non è un elemento costitutivo dell’espressione di un concorso di volontà di soggetti di diritto internazionale, bensì un atto di portata generale adottato nell’ambito delle competenze interne dell’Unione, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, in conformità alla definizione del termine «regolamento» di cui all’articolo 288, secondo comma, TFUE.

381    Infatti, nella misura in cui procede alla ripartizione per Stato membro delle possibilità di pesca previste dall’articolo 3 del protocollo di attuazione, il regolamento impugnato si applica a situazioni oggettivamente determinate e produce effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in modo generale e astratto (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 10 marzo 2020, IFSUA/Consiglio, T‑251/18, EU:T:2020:89, punto 35).

382    Orbene, il regolamento impugnato si fonda sull’articolo 43, paragrafo 3, TFUE, che non fa riferimento né alla procedura legislativa ordinaria né alla procedura legislativa speciale e, inoltre, prevede l’adozione di misure da parte del Consiglio senza menzionare la partecipazione del Parlamento. Un siffatto regolamento non può dunque costituire un atto legislativo (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punti da 58 a 62). Di conseguenza, un tale atto di portata generale, che non è un atto legislativo, costituisce un atto regolamentare, il che implica soltanto di verificare, in conformità all’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, che esso riguardi direttamente la parte ricorrente e non comporti misure di esecuzione (v., in tal senso, sentenze del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punti 22 e 28 e del 10 marzo 2020, IFSUA/Consiglio, T‑251/18, EU:T:2020:89, punti da 32 a 36 e giurisprudenza citata).

383    A tal riguardo, come è stato ricordato al precedente punto 179, il requisito dell’incidenza diretta deve essere esaminato alla luce di due criteri, ossia, da un lato, il provvedimento dell’Unione contestato deve produrre effetti direttamente sulla situazione giuridica della parte ricorrente e, dall’altro, esso non deve riconoscere alcun potere discrezionale ai propri destinatari, che sono incaricati della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie.

384    Per quanto riguarda il primo di tali criteri, occorre rilevare che il regolamento impugnato è unicamente inteso a ripartire fra gli Stati membri le possibilità di pesca determinate dall’articolo 3 del protocollo di attuazione.

385    Pertanto, il regolamento impugnato non è atto a produrre esso stesso effetti sulla determinazione di tali possibilità di pesca, né tantomeno sulla determinazione della zona di pesca coperta dall’accordo di pesca nel suo insieme o delle zone di gestione stabilite all’interno di detta zona di pesca in funzione delle diverse categorie di pesca applicabili.

386    Inoltre, un simile atto, adottato nell’ambito dell’esercizio delle competenze interne dell’Unione, riguarda unicamente i rapporti fra l’Unione e i suoi Stati membri e non i rapporti fra l’Unione e il Regno del Marocco o i suoi rapporti con il popolo del Sahara occidentale. Infatti, anche se la determinazione delle possibilità di pesca delle navi battenti bandiera degli Stati membri nella zona di pesca fissata dall’accordo di pesca implica uno scambio di diritti e di obblighi reciproci fra le parti di tale accordo, la ripartizione di tali possibilità fra gli Stati membri costituisce una questione meramente interna all’Unione, la quale non rientra nella competenza del summenzionato Stato terzo né può riguardare, di per sé, detto popolo.

387    È vero che, come affermato dal ricorrente, le possibilità di pesca ripartite fra gli Stati membri dal regolamento impugnato sono atte a riguardare lo sfruttamento delle risorse alieutiche delle acque adiacenti al Sahara occidentale, perlomeno quelle relative alle categorie da 3 a 6 di pesca di cui alle corrispondenti schede tecniche di pesca.

388    Tuttavia, detto sfruttamento delle risorse alieutiche del Sahara occidentale non discende, di per sé, dalla ripartizione di tali possibilità di pesca fra gli Stati membri operata dal regolamento impugnato, bensì dalla determinazione della zona di pesca e dei limiti delle zone di gestione all’interno della stessa, effettuata dall’accordo controverso, determinazione che include le acque adiacenti a tale territorio.

389    Di conseguenza, anche se il ricorrente sostiene, giustamente, da un lato, che lo sfruttamento delle risorse alieutiche del Sahara occidentale riguarda il popolo di tale territorio e, dall’altro, che tale sfruttamento riguarda esso stesso, in quanto rappresentante legittimo di tale popolo, non può tuttavia esserne dedotto che il regolamento impugnato produce direttamente effetti sulla sua situazione giuridica a tale titolo. Il primo criterio dell’incidenza diretta non è, dunque, soddisfatto nel caso di specie.

390    Inoltre, per quanto riguarda il secondo criterio, è vero che, contrariamente a quanto affermato dal Consiglio, il regolamento impugnato non richiede, di per sé, l’adozione di alcuna misura intermedia, poiché la ripartizione fra gli Stati membri delle possibilità di pesca presenta un carattere puramente automatico, derivante direttamente dall’articolo 1, paragrafo 1, di tale regolamento.

391    Tuttavia, è giocoforza constatare che, a causa delle altre misure necessarie per l’esecuzione dell’accordo controverso, incluso il suo protocollo di attuazione, l’effetto del regolamento impugnato sullo sfruttamento delle risorse alieutiche coperte da detto accordo può in ogni caso essere solo estremamente indiretto.

392    Infatti, come precisato dal Consiglio, il diritto per una nave battente bandiera di uno Stato membro interessato di sfruttare le risorse alieutiche coperte dall’accordo controverso è subordinato, inoltre, ad una procedura di autorizzazione, disciplinata dagli articoli 10 e 11 del regolamento (UE) 2017/2403 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, relativo alla gestione sostenibile delle flotte da pesca esterne e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1006/2008 del Consiglio (GU 2017, L 347, pag. 81), procedura che richiede l’adozione di misure da parte degli Stati membri, della Commissione e del Regno del Marocco. Inoltre, come indicato anche dal Consiglio, risulta dall’articolo 12 dello stesso regolamento che gli Stati membri hanno la facoltà di non fare uso dell’integralità delle possibilità di pesca assegnate loro.

393    In ogni caso, come dichiarato al precedente punto 259, il ricorrente è interessato direttamente dalla decisione impugnata nella causa T‑344/19, nella misura in cui essa reca conclusione dell’accordo controverso e in cui quest’ultimo si applica al Sahara occidentale e alle acque adiacenti, indipendentemente dalle misure adottate dall’Unione ai fini della sua attuazione. Pertanto, una misura di attuazione di tale accordo, come il regolamento impugnato, non svolge alcun ruolo nell’applicazione di detto accordo alle acque adiacenti al territorio in questione e dunque alle sue risorse alieutiche, applicazione che discende automaticamente e non richiede l’adozione di norme intermedie delle disposizioni di tale accordo.

394    Dalle suesposte considerazioni risulta che il ricorrente non è interessato direttamente dal regolamento impugnato. Di conseguenza, il ricorso in esame è irricevibile e deve essere respinto in quanto tale.

 Sulle spese

395    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

396    Il Consiglio, rimasto soccombente nella causa T‑344/19, deve essere condannato a sopportare le spese, conformemente alle conclusioni del ricorrente.

397    Il ricorrente, rimasto soccombente nella causa T‑356/19, deve essere condannato a sopportare le spese, conformemente alle conclusioni del Consiglio.

398    In conformità dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Regno di Spagna, la Repubblica francese e la Commissione sopporteranno le proprie spese.

399    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che anche una parte interveniente diversa da quelle menzionate ai paragrafi 1 e 2 sopporti le proprie spese.

400    Nel caso di specie, si deve statuire che le CPMM sopporteranno le proprie spese nella causa T‑344/19.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione (UE) 2019/441 del Consiglio, del 4 marzo 2019, relativa alla conclusione dell’accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l’Unione europea e il Regno del Marocco, del relativo protocollo di attuazione e dello scambio di lettere che accompagna l’accordo, è annullata.

2)      Gli effetti della decisione 2019/441 sono mantenuti per un periodo che non può eccedere il termine previsto all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea o, se un’impugnazione è proposta entro tale termine, fino alla pronuncia della sentenza della Corte su tale impugnazione.

3)      Il ricorso nella causa T356/19 è respinto.

4)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Fronte popolare per la liberazione del Saguia-el-Hamra e del Rio de Oro (Fronte Polisario) nella causa T344/19.

5)      Il Fronte Polisario è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Consiglio nella causa T356/19.

6)      Il Regno di Spagna, la Repubblica francese e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

7)      La Chambre des pêches maritimes de la Méditerranée, la Chambre des pêches maritimes de l’Atlantique Nord, la Chambre des pêches maritimes de l’Atlantique Centre e la Chambre des pêches maritimes de l’Atlantique Sud sopporteranno le proprie spese nella causa T344/19.

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 settembre 2021.

Firme


Indice


I. Fatti

A. Contesto internazionale

B. Accordo di associazione e accordo di pesca del 2006

1. Accordo di associazione

2. Accordo sulla pesca del 2006

C. Controversie connesse all’accordo di associazione

1. Cause T512/12 e C104/16 P

2. Causa C266/16

3. Ordinanze nelle cause T180/14, T275/18, T376/18

D. Decisione impugnata e accordo controverso

E. Regolamento impugnato

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sul ricorso nella causa T344/19

1. Sulla ricevibilità di taluni allegati alla replica

2. Sulla ricevibilità del ricorso

a) Sull’ambito di applicazione territoriale dell’accordo controverso

b) Sulla portata delle conclusioni volte all’annullamento

c) Sulla prima censura di irricevibilità del Consiglio, relativa al difetto di capacità di stare in giudizio del ricorrente

d) Sulla validità del mandato rilasciato dal ricorrente al suo avvocato

e) Sulla seconda censura di irricevibilità del Consiglio, relativa al difetto di legittimazione ad agire del ricorrente

1) Sull’incidenza diretta nei confronti del ricorrente

i) Sul rispetto, da parte del ricorrente, del primo criterio dell’incidenza diretta, in base al quale il provvedimento contestato deve produrre effetti direttamente sulla sua situazione giuridica

– Sulla prima parte dall’argomento del Consiglio, relativa agli effetti giuridici intrinseci di una decisione di conclusione, a nome dell’Unione, di un accordo internazionale

– Sulla seconda parte dell’argomento del Consiglio, relativa agli effetti giuridici specifici dell’accordo controverso, alla luce della sua applicazione territoriale al Sahara occidentale e alle acque adiacenti

– Sulla terza parte dell’argomento del Consiglio, relativa all’assenza di modifica della situazione giuridica del ricorrente, alla luce del suo ruolo limitato alla partecipazione al processo di autodeterminazione del Sahara occidentale

ii) Sul secondo criterio dell’incidenza diretta, relativo al carattere meramente automatico dell’attuazione della misura contestata e derivante dalla sola normativa dell’Unione

2) Sull’incidenza individuale nei confronti del ricorrente

3. Sulla fondatezza del ricorso

a) Sul primo motivo, relativo all’incompetenza del Consiglio ad adottare la decisione impugnata

b) Sul terzo motivo, vertente in sostanza sulla violazione, da parte del Consiglio, del suo obbligo di conformarsi ai requisiti che la giurisprudenza ha desunto dal principio di autodeterminazione e dal principio dell’effetto relativo dei trattati

1) Sugli argomenti del Consiglio, della Repubblica francese, della Commissione e delle CPMM relativi al carattere inoperante del terzo motivo

2) Sulla fondatezza degli argomenti invocati dal ricorrente a sostegno del presente motivo

i) Sulla prima parte del terzo motivo, vertente sull’impossibilità per l’Unione e per il Regno del Marocco di concludere un accordo applicabile al Sahara occidentale e alle acque adiacenti

ii) Sulla terza parte del terzo motivo, relativa alla violazione del requisito in base al quale il popolo del Sahara occidentale doveva acconsentire all’accordo controverso, in quanto soggetto terzo rispetto al medesimo, ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati

– Sull’applicazione del principio dell’effetto relativo dei trattati al caso di specie

– Sulle consultazioni effettuate dal Consiglio e dalla Commissione per conformarsi all’interpretazione del principio dell’effetto relativo dei trattati adottata nelle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK

– Sulla questione se il significato particolare conferito alla nozione di consenso nella decisione impugnata sia compatibile con l’interpretazione del principio dell’effetto relativo dei trattati adottata dalla Corte nelle sentenze Consiglio/Fronte Polisario e Western Sahara Campaign UK

4. Sul mantenimento nel tempo degli effetti della decisione impugnata

B. Sul ricorso nella causa T356/19

Sulle spese


*      Lingua processuale: il francese.