CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JULIANE KOKOTT
presentate il 2 luglio 2009 1(1)
Causa C‑169/08
Presidente del Consiglio dei Ministri
contro
Regione autonoma della Sardegna
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte costituzionale italiana)
«Libera prestazione dei servizi (art. 49 CE) – Aiuti di Stato (art. 87 CE) – Normativa fiscale – Regione autonoma della Sardegna – Imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto – Riscossione dell’imposta solo nei confronti di persone aventi il proprio domicilio fiscale al di fuori della Regione – Tutela dell’ambiente – Tutela della salute – Coerenza del regime fiscale – Zone insulari»
I – Introduzione
1. Il presente caso è il primo in cui la Corte di giustizia viene adita in via pregiudiziale, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Corte costituzionale italiana (2).
2. Nel procedimento principale, un giudizio di legittimità costituzionale, viene sottoposta a verifica un’imposta regionale della Regione autonoma della Sardegna (3), imposta che dal 2006 al 2008 veniva riscossa ogni anno nel periodo dal 1° giugno al 30 settembre su determinati scali degli aeromobili privati e delle unità da diporto. L’obbligo fiscale riguardava tuttavia solo le persone che non avevano il proprio domicilio fiscale in Sardegna; inoltre, l’imposta non veniva riscossa, inter alia, sullo scalo delle imbarcazioni che sostavano in Sardegna tutto l’anno.
3. La Corte costituzionale dubita della compatibilità di tale normativa fiscale sarda con il diritto comunitario, e più precisamente con la libera prestazione dei servizi (art. 49 CE) e con il divieto di aiuti di Stato (art. 87 CE). Una non conformità dell’imposta al diritto comunitario sarebbe rilevante anche per il giudizio di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale, in quanto il diritto comunitario costituisce, secondo il diritto costituzionale italiano, parte del parametro di valutazione che deve essere applicato in tal sede.
II – Contesto normativo
A – Normativa comunitaria
4. Il contesto normativo comunitario del caso in esame è costituito, da un lato, dalle disposizioni del Trattato CE concernenti la libera prestazione dei servizi, dall’altro, da quelle relative agli aiuti di Stato.
5. Il principio della libera prestazione dei servizi è sancito dall’art. 49, primo comma, CE:
«Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione».
6. L’art. 50, primo comma, CE, contiene inoltre la seguente definizione:
«Ai sensi del presente trattato, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone».
7. La sezione del Trattato CE dedicata agli aiuti concessi dagli Stati viene introdotta dall’art. 87, n. 1, CE. Tale disposizione così recita:
«Salvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».
8. Per completezza, occorre rinviare all’art. 88, n. 3, CE:
«Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell’articolo 87, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale».
B – Normativa nazionale
9. Quanto alla normativa nazionale rilevano, accanto alle pertinenti disposizioni della Costituzione italiana, da un lato, alcune norme legislative statali e, dall’altro, alcune disposizioni emanate dalla Regione autonoma della Sardegna.
1. La Costituzione italiana
10. All’art. 117, primo comma, la Costituzione italiana così recita:
«La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».
2. La legislazione statale
11. L’art. 743, primo comma, del Codice della navigazione italiano (4) definisce come segue la nozione di aeromobile:
«Per aeromobile si intende ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone o cose».
12. L’art. 1, n. 2, del Codice della nautica da diporto italiano (5), introdotto dal decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 (6), definisce nel modo seguente la nozione di navigazione da diporto:
«Ai fini del presente codice si intende per navigazione da diporto quella effettuata in acque marittime ed interne a scopi sportivi o ricreativi e senza fine di lucro».
13. L’art. 2, n. 1, del Codice della nautica da diporto si occupa dell’uso commerciale delle unità da diporto, definendolo nel modo seguente:
«L’unità da diporto è utilizzata a fini commerciali quando:
a) è oggetto di contratti di locazione e di noleggio;
b) è utilizzata per l’insegnamento professionale della navigazione da diporto;
c) è utilizzata da centri di immersione e di addestramento subacqueo come unità di appoggio per i praticanti immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo».
3. La legislazione regionale della Regione autonoma della Sardegna
14. La legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (7) (in prosieguo anche: la «legge regionale n. 4/2006»), nel testo sostituito nel 2007 (8), contiene il seguente art. 4:
«(Imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto)
1. A decorrere dall’anno 2006 è istituita l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto.
2. Presupposto dell’imposta sono:
a) lo scalo negli aerodromi del territorio regionale degli aeromobili dell’aviazione generale di cui all’articolo 743 e seguenti del Codice della navigazione adibiti al trasporto privato di persone nel periodo compreso dal 1° giugno al 30 settembre;
b) lo scalo nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio ubicati nel territorio regionale e nei campi di ormeggio attrezzati ubicati nel mare territoriale lungo le coste della Sardegna delle unità da diporto di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 (Codice della nautica da diporto) o comunque delle unità utilizzate a scopo di diporto, di lunghezza superiore ai 14 metri, misurate secondo le norme armonizzate EN/ISO/DIS 8666, ai sensi dell’articolo 3, lettera b) del citato decreto legislativo, nel periodo compreso dal 1° giugno al 30 settembre.
3. Soggetto passivo dell’imposta è la persona fisica o giuridica avente domicilio fiscale fuori dal territorio regionale che assume l’esercizio dell’aeromobile (…) o che assume l’esercizio dell’unità da diporto ai sensi (…).
4. L’imposta regionale di cui al comma 2, lettera a) è dovuta per ogni scalo, quella di cui al comma 2, lettera b) è dovuta annualmente.
5. L’imposta è stabilita nella seguente misura:
a) euro 150 per gli aeromobili abilitati fino al trasporto di quattro passeggeri;
b) euro 400 per gli aeromobili abilitati al trasporto da cinque a dodici passeggeri;
c) euro 1.000 per gli aeromobili abilitati al trasporto di oltre dodici passeggeri;
d) euro 1.000 per le imbarcazioni di lunghezza compresa tra 14 e 15,99 metri;
e) euro 2.000 per le imbarcazioni di lunghezza compresa tra 16 e 19,99 metri;
f) euro 3.000 per le imbarcazioni di lunghezza compresa tra 20 e 23,99 metri;
g) euro 5.000 per le navi di lunghezza compresa tra 24 e 29,99 metri;
h) euro 10.000 per le navi di lunghezza compresa tra 30 e 60 metri;
i) euro 15.000 per le navi di lunghezza superiore ai 60 metri.
Per le unità a vela con motore ausiliario e per i motorsailer l’imposta è ridotta del 50 per cento.
6. Sono esenti dall’imposta:
a) le imbarcazioni che fanno scalo per partecipare a regate di carattere sportivo, a raduni di barche d’epoca, di barche monotipo ed a manifestazioni veliche, anche non agonistiche, il cui evento sia stato preventivamente comunicato all’Autorità marittima da parte degli organizzatori; (…)
b) le unità da diporto che sostano tutto l’anno nelle strutture portuali regionali;
c) la sosta tecnica, limitatamente al tempo necessario per l’effettuazione della stessa.
(…)
7. L’imposta è versata:
a) all’atto dello scalo per gli aeromobili di cui al comma 2, lettera a);
b) entro 24 ore dall’arrivo delle unità da diporto nei porti, negli approdi, nei punti e nei campi d’ormeggio ubicati lungo le coste della Sardegna;
mediante modalità da stabilirsi con provvedimento (...).
(…)».
15. Occorre inoltre rammentare che, in seguito ad una modifica apportata nel 2008 alla summenzionata legge regionale, sono divenuti soggetti passivi anche le persone che hanno il proprio domicilio fiscale in Sardegna; nel 2009 l’imposta controversa è stata completamente abrogata (9). Nel presente procedimento si sottopone tuttavia a verifica l’imposta regionale nella sua precedente versione, risalente al 2007.
III – Procedimento principale
16. Dinanzi alla Corte costituzionale italiana pende un giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso una serie di disposizioni emanate dalla Regione autonoma della Sardegna (10) e inteso alla verifica della legittimità costituzionale di tali disposizioni. Fra queste ultime rientra anche l’art. 4 della legge regionale n. 4/2006, nel testo sostituito nel 2007.
17. Nel procedimento principale si fa valere la contrarietà di quest’ultima disposizione ai vincoli del diritto comunitario, ai quali la potestà legislativa italiana è soggetta ai sensi dell’art. 117, primo comma, della Costituzione. In primo luogo viene lamentata una violazione dell’art. 49 CE, in secondo luogo una violazione dell’art. 81 CE, in combinato disposto con gli artt. 3, n. 1, lett. g), CE e 10 CE, e, in terzo luogo, una violazione dell’art. 87 CE.
18. La Corte costituzionale si limita, nella fase attuale del procedimento, ad esaminare le contestate violazioni degli artt. 49 CE e 87 CE. Quanto alla decisione sull’asserita violazione dell’art. 81 CE, in combinato disposto con gli artt. 3, n. 1, lett. g), CE e 10 CE, la Corte costituzionale la fa dipendere dal successivo decorso del procedimento. Essa, pertanto, per il momento ha espressamente escluso nell’oggetto della sua ordinanza di rinvio del presente procedimento pregiudiziale le disposizioni menzionate da ultimo.
IV – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte
19. Con ordinanza 13 febbraio 2008, n. 103/2008 (11), pervenuta alla Corte il 21 aprile 2008, la Corte costituzionale ha sospeso il giudizio di legittimità costituzionale di cui era investita e ha sottoposto alla Corte le quattro seguenti questioni pregiudiziali:
a) Se l’art. 49 CE debba essere interpretato nel senso che osti all’applicazione di una norma, quale quella prevista dall’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione — Legge finanziaria 2007), secondo la quale l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti aeromobili da esse stesse utilizzati per il trasporto di persone nello svolgimento di attività di aviazione generale d’affari;
b) Se lo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, n. 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti aeromobili da esse stesse utilizzati per il trasporto di persone nello svolgimento di attività di aviazione generale d’affari, configuri – ai sensi dell’art. 87 CE – un aiuto di Stato alle imprese che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio della Regione Sardegna;
c) Se l’art. 49 CE debba essere interpretato nel senso che osti all’applicazione di una norma, quale quella prevista dallo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, n. 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, secondo la quale l’imposta regionale sullo scalo turistico delle unità da diporto grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali unità;
d) Se lo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, n. 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico delle unità da diporto grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali unità, configuri – ai sensi dell’art. 87 CE – un aiuto di Stato alle imprese che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio della Regione Sardegna.
20. Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte la Regione autonoma della Sardegna, il governo olandese e la Commissione delle Comunità europee. La Corte ha disposto che si soprassedesse alla fase orale, dopo che la Regione autonoma della Sardegna, contrariamente alla sua richiesta iniziale, aveva disdetto la propria partecipazione e neanche le altre parti intervenute nel procedimento avevano voluto presentare difese orali.
V – Valutazione
A – Osservazioni preliminari
21. Il presente rinvio pregiudiziale rappresenta una svolta nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana. Mentre essa aveva sinora negato il proprio status di giurisdizione ai sensi dell’art. 234 CE (12), la stessa si inserisce adesso nella cerchia delle corti costituzionali nazionali che intrattengono un rapporto di cooperazione attivo con la Corte di giustizia (13).
22. Il caso presente mostra in maniera particolarmente chiara che anche nel procedimento dinanzi alle corti costituzionali nazionali possono sorgere questioni di diritto comunitario che risultano determinanti per decidere il rispettivo contenzioso costituzionale. Così, la Costituzione italiana, al suo art. 117, primo comma, obbliga espressamente la potestà legislativa a rispettare i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. In tal modo le norme comunitarie, come riferisce la Corte costituzionale italiana (14), divengono il «parametro per la valutazione di conformità» nel giudizio di legittimità costituzionale e «rendono concretamente» operativi i requisiti imposti dalla Costituzione al legislatore.
23. Anche senza una simile incorporazione espressa, il diritto comunitario può essere rilevante per decidere controversie di diritto costituzionale, ad esempio qualora, in un giudizio di legittimità costituzionale, la decisione dipenda da quali effetti un atto giuridico comunitario mira ad ottenere o da quale margine di discrezionalità, sindacabile sotto il profilo costituzionale, tale atto lascia al legislatore nazionale.
24. In definitiva, anche nel caso di specie, tale margine di discrezionalità del legislatore nazionale riveste un interesse centrale: la Corte costituzionale è tenuta a chiarire se la Regione autonoma della Sardegna, introducendo l’imposta regionale controversa, abbia ecceduto il potere discrezionale ad essa spettante in forza del diritto comunitario. Occorre decidere se una normativa come quella sarda, ai sensi della quale un’imposta su determinati scali degli aeromobili e delle unità da diporto grava unicamente sui non residenti, sia compatibile con la libera prestazione dei servizi e con la normativa relativa agli aiuti di Stato.
25. Tali interrogativi non sono necessariamente divenuti inutili neanche dopo l’abrogazione totale dell’imposta regionale controversa nel 2009. Per il periodo passato può continuare, infatti, ad essere interessante chiarire se la situazione giuridica allora vigente fosse compatibile con il diritto comunitario, non ultimo per l’esito di possibili controversie pendenti tra singoli soggetti passivi e l’amministrazione tributaria della Regione Sardegna.
B – Le questioni concernenti la libera prestazione dei servizi (prima e terza questione pregiudiziale)
26. Con la prima e la terza questione, la Corte costituzionale chiede, in sostanza, se la libera prestazione dei servizi (art. 49 CE) osti ad una normativa regionale di una Regione autonoma, ai sensi della quale un’imposta sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto grava sulle sole imprese aventi il proprio domicilio fiscale fuori dal territorio di tale regione, e non invece sulle imprese aventi il proprio domicilio fiscale all’interno della medesima.
1. Determinazione dei servizi di cui trattasi
27. Una normativa fiscale come quella sarda può essere valutata alla luce delle disposizioni comunitarie relative alla libera prestazione dei servizi solo qualora riguardi servizi nel senso del Trattato CE.
28. La nozione di servizi viene definita all’art. 50, primo comma, CE (15). Ai sensi di tale disposizione, sono considerati come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione (16), in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone.
29. Al fine di chiarire se e in che misura prestazioni del genere siano interessate nel caso di specie, occorre distinguere fra lo scalo degli aeromobili e lo scalo delle unità da diporto rispettivamente colpiti dall’imposta regionale.
a) Lo scalo degli aeromobili e il suo rapporto con la libera prestazione dei servizi
30. Per quanto concerne il traffico aereo, l’imposta regionale sarda viene riscossa unicamente sullo scalo degli aeromobili adibiti al trasporto privato di persone [art. 4, n. 2, lett. a), della legge regionale n. 4/2006].
31. Dalla circostanza che il fatto generatore dell’imposta è limitato all’aviazione generale e al trasporto privato di persone si evince, secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio (17), che la normativa fiscale sarda concerne, in particolare, lo scalo dell’aviazione di affari, la quale è effettuata con trasporto senza remunerazione per motivi attinenti all’attività commerciale d’impresa. Essa inoltre riguarda solo i voli che in genere non rientrano nelle attività di pubblico noleggio (18).
32. Più in generale, l’imposta regionale sarda riguarda, dunque, unicamente lo scalo degli aeromobili privati («jet privati» e «jet aziendali»). I servizi di trasporto forniti con siffatti aeromobili non possono, di regola, essere considerati servizi ai sensi del diritto comunitario, in quanto in relazione ai medesimi non viene versato alcun corrispettivo dall’utente al soggetto esercente l’aeromobile. Nella maggior parte dei casi, l’utente e il soggetto esercente l’aeromobile addirittura coincidono.
33. L’attività classica delle compagnie aeree e degli organizzatori di viaggi turistici, i quali trasportano persone a fini commerciali e dietro corrispettivo da e verso la Sardegna, fornendo in tal modo dei servizi, non è a quanto pare contemplata dall’imposta regionale; in tal senso depone la limitazione del fatto generatore dell’imposta al trasporto privato, vale a dire non rientrante nell’attività di pubblico noleggio.
34. Dalla semplice circostanza che l’effettivo servizio di trasporto aereo non costituisca, nel caso in esame, un servizio ai sensi del diritto comunitario, non può tuttavia desumersi che una normativa fiscale come quella sarda non presenti alcun nesso con la libera prestazione dei servizi.
35. Da un lato, occorre infatti rammentare che gli artt. 49 CE e 50 CE non si limitano a garantire la libera prestazione dei servizi attiva; piuttosto, la libera prestazione dei servizi include anche, secondo giurisprudenza costante, la libertà dei destinatari dei servizi di recarsi in un altro Stato membro per fruirvi di detti servizi (19). Tale libera prestazione dei servizi passiva entra però sempre in gioco quando un operatore aereo stabilito all’estero si dirige con il proprio aeromobile verso un aeroporto o un aerodromo sardo, dove normalmente fruisce infatti di numerosi servizi, fra cui rientrano, ad esempio, oltre all’utilizzazione della pista di decollo e di atterraggio, i servizi di pilotaggio, il rifornimento e l’approvvigionamento dell’aereo nonché eventuali lavori di manutenzione.
36. Dall’altro, anche le persone trasportate a bordo di jet privati o aziendali dall’estero verso la Sardegna vi si recano, in genere, per prestare dei servizi o per fruirne. Ciò vale non solo per i viaggiatori d’affari bensì anche per i turisti (20). Uno sguardo al titolo ufficiale della normativa fiscale [«Imposta regionale sullo scalo turistico (…)»] mostra che questa si riferisce, non da ultimo, agli aeromobili privati che trasportano turisti in Sardegna.
37. Anche se dunque il trasporto di persone a bordo degli aeromobili privati di esercenti stranieri contemplati dall’imposta regionale non rappresenta, di per sé, un servizio ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE, lo scalo di tali aeromobili costituisce tuttavia il presupposto necessario per fornire o fruire di prestazioni in loco, sia da parte del soggetto esercente l’aeromobile sia da parte delle persone trasportate. Sotto questo profilo, una normativa fiscale come quella sarda presenta, pertanto, un nesso non trascurabile con la libera prestazione dei servizi (21).
b) Lo scalo delle unità da diporto e il suo rapporto con la libera prestazione dei servizi
38. Quanto al trasporto marittimo, l’imposta regionale sarda grava sullo scalo delle unità da diporto e delle unità utilizzate a scopo di diporto, laddove tali unità abbiano una lunghezza superiore ai 14 metri [art. 4, n. 2, lett. b), della legge regionale n. 4/2006]. Come rileva il giudice del rinvio, tale imposta si applica anche alle imprese, e segnatamente a quelle la cui attività consiste nella cessione a terzi di unità da diporto o di unità utilizzate a fini turistici.
39. Così, ad esempio, un noleggio di barche può noleggiare unità da diporto a terzi, e una scuola nautica o di immersione può offrire corsi, dietro corrispettivo, sulle unità da essa gestite (22). Non occorre chiarire ulteriormente che tali attività costituiscono servizi ai sensi degli artt. 49 CE e 50, n. 1, CE (23).
40. L’ambito di applicazione della libera prestazione dei servizi entra in gioco, tuttavia, solo se un’impresa stabilita all’estero fornisce simili servizi in Sardegna. Occorre cioè un riferimento transnazionale (24). La libera prestazione dei servizi non si applica a fattispecie puramente interne (25).
41. Nel caso di specie, l’imposta regionale controversa grava unicamente, ai sensi dell’art. 4, n. 3, della legge regionale n. 4/2006, sui soggetti esercenti unità da diporto che hanno il proprio domicilio fiscale al di fuori della Regione autonoma della Sardegna. Anche qualora tale disposizione dovesse riferirsi principalmente ai soggetti esercenti unità da diporto stabiliti in altre regioni italiane, essa riguarda in ogni caso anche i soggetti esercenti unità da diporto stabiliti in altri Stati membri, quali, ad esempio, quelli aventi la propria sede nella vicina isola francese della Corsica (26).
42. Qualora, ad esempio, un’impresa stabilita in Corsica noleggi unità da diporto a privati, i quali intendono fare scalo con le medesime nei porti della Sardegna, oppure ormeggiare nelle acque costiere sarde, perlomeno una parte della prestazione viene eseguita non in Corsica, bensì in Sardegna; siamo in tal modo in presenza di una prestazione di servizi che presenta un riferimento transnazionale (27).
43. Il riferimento transnazionale è ancora più evidente quando un organizzatore di viaggi turistici stabilito in Corsica effettua con le proprie imbarcazioni escursioni da tale isola verso la Sardegna, o quando una scuola di immersioni o una scuola nautica offre sulle proprie imbarcazioni corsi durante i quali sono previsti scali nei porti della Sardegna o l’ormeggio nelle acque costiere della regione (28).
44. In tale contesto è irrilevante da quali Stati membri provengano di volta in volta i clienti di queste imprese. L’art. 49 CE si applica infatti ogniqualvolta un prestatore offre i propri servizi nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale egli è stabilito, qualunque sia il luogo in cui sono stabiliti i destinatari di detti servizi (29).
45. Solo per ragioni di completezza si tenga presente che le imbarcazioni gestite da non residenti, quando fanno scalo in Sardegna, si avvalgono anche delle strutture portuali locali (30), e che le persone trasportate a bordo di tali imbarcazioni possono eventualmente sfruttare lo scalo in Sardegna a scopi turistici. Anche in questo caso, come già menzionato, si fruisce parimenti della prestazione dei servizi (31).
46. Come dimostrano tutti questi esempi, una normativa fiscale come quella sarda presenta, di conseguenza, un nesso con la libera prestazione dei servizi anche in quanto contempla lo scalo delle unità da diporto e delle unità utilizzate a scopo di diporto in Sardegna (32).
2. La restrizione alla libera prestazione dei servizi
47. La circostanza che una normativa fiscale come quella sarda faccia distinzione a seconda del domicilio fiscale dei soggetti passivi può, a prima vista, indurre ad esaminare la sua compatibilità con la libera prestazione dei servizi sotto il profilo di una discriminazione indiretta basata sulla cittadinanza. Una discriminazione del genere presupporrebbe la possibilità che la normativa fiscale controversa abbia un impatto maggiore sugli stranieri che sui cittadini nazionali (33). Nel caso di specie non è tuttavia in alcun modo certo che la cerchia dei soggetti passivi sia composta prevalentemente da cittadini di altri Stati membri. Va rilevato, infatti, che fra i non residenti che giungono con i loro aerei o le loro imbarcazioni in Sardegna potrebbero trovarsi anche numerose persone fisiche e giuridiche, che hanno semplicemente il proprio domicilio fiscale in un’altra regione italiana; nella maggior parte dei casi si tratterà di cittadini italiani. Alla luce di tali circostanze, l’esistenza di una discriminazione indiretta basata sulla cittadinanza sembra, nel caso presente, alquanto improbabile (34).
48. Secondo giurisprudenza costante, il principio della libera prestazione dei servizi comprende, tuttavia, non solo un divieto di discriminazioni, ma anche un divieto direstrizioni. Ne risulta che l’art. 49 CE impone non solo l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro basata sulla cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione – anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri –, quando essa è tale da proibire, ostacolare o rendere meno interessanti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, dove offre legalmente servizi analoghi (35).
49. Anche un provvedimento fiscale nazionale che ostacoli l’esercizio della libera prestazione dei servizi può essere vietato ai sensi dell’art. 49 CE, sia che esso emani dallo Stato stesso sia da un ente territoriale (36).
50. Prelievi e tasse, tuttavia, non dovrebbero essere considerati come restrizioni alla libera prestazione dei servizi solo in quanto rincarano in generale la prestazione di un servizio (37). In tal senso, anche la Corte ha chiarito che l’art. 49 CE non contempla misure il cui solo effetto è quello di produrre costi supplementari per la prestazione di cui trattasi e che incidono allo stesso modo sulla prestazione di servizi tra Stati membri e su quella interna ad uno Stato membro (38).
51. Questo però non avviene appunto nel caso di specie.
52. Un’imposta regionale come quella sarda, la quale grava solo sui non residenti, rappresenta, per i soggetti esercenti aeromobili privati e unità da diporto aventi il proprio domicilio fiscale al di fuori della Sardegna, un fattore di costo supplementare, al quale non sono soggetti i loro concorrenti che hanno il proprio domicilio fiscale in Sardegna. Per i non residenti è dunque più costoso che per i residenti fare scalo in Sardegna con i propri aeromobili privati e le proprie unità da diporto. Per la stessa ragione, il noleggio a terzi di unità da diporto risulterà parimenti più caro e quindi più difficile per i soggetti esercenti unità da diporto non residenti rispetto ai residenti. Anche i turisti saranno quindi scoraggiati, in definitiva, ad ormeggiare nelle acque costiere e nei porti sardi con una barca noleggiata al di fuori della Sardegna.
53. Una normativa fiscale come quella sarda esplica dunque effetti diversi sulla fornitura e l’acquisto di servizi connessi a siffatti voli ed escursioni con unità da diporto a seconda che il soggetto esercente l’aeromobile o l’unità da diporto abbia il proprio domicilio fiscale nella Regione Sardegna o al di fuori della medesima (39).
54. Dal punto di vista del diritto comunitario, una normativa del genere non è censurabile laddove essa si limiti ad interessare la circolazione nazionale dei servizi fra la Sardegna e le altre regioni italiane, in quanto il diritto comunitario, come menzionato in precedenza, non si applica a tali fattispecie puramente interne (40).
55. Qualora, tuttavia, una normativa fiscale come quella sarda esplichi effetti sulla circolazione transfrontaliera dei servizi – ad esempio sulla circolazione dei servizi fra la Sardegna e l’isola francese della Corsica – essa rende più difficile la prestazione dei servizi fra gli Stati membri rispetto alla prestazione dei servizi all’interno di un unico Stato membro, o di una parte di esso, nella specie all’interno della Regione Sardegna (41).
56. Anche qualora una siffatta disparità di trattamento sotto il profilo fiscale non comporti una discriminazione basata sulla cittadinanza (42), essa pregiudica tuttavia la libera prestazione dei servizi garantita nell’art. 49 CE (43) e deve pertanto essere considerata come una restrizione alla libera circolazione dei servizi.
3. Sulla giustificazione di una normativa fiscale come quella sarda
57. Resta da verificare se le accertate restrizioni alla libera prestazione dei servizi siano giustificabili, come sostenuto vigorosamente dalla Regione autonoma della Sardegna.
58. In assenza di misure comunitarie di armonizzazione, la libera prestazione dei servizi può essere ristretta da normative nazionali giustificate dai motivi menzionati all’art. 46, n. 1, CE, in combinato disposto con l’art. 55 CE, o da motivi imperativi di interesse generale (44).
59. Nel caso presente, la Regione autonoma della Sardegna fa valere, sostanzialmente, due motivi di giustificazione: la tutela dell’ambiente e la tutela della salute.
60. Non incombe alla Corte bensì al giudice del rinvio verificare se, nell’emanazione della normativa fiscale controversa, questi e non altri obiettivi sono stati perseguiti (45). In prosieguo supporrò che i motivi determinanti per il legislatore regionale siano stati effettivamente la tutela dell’ambiente e della salute.
a) La tutela dell’ambiente
61. Così come la Comunità è tenuta ad integrare nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche ed azioni le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente (v., in particolare, artt. 2 CE e 6 CE) (46), la stessa concede anche agli Stati membri la facoltà di perseguire obiettivi di politica ambientale. Secondo giurisprudenza costante, la tutela dell’ambiente è pertanto riconosciuta quale ragione imperativa di interesse generale, sul cui fondamento possono essere giustificate le restrizioni alle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE poste in essere dagli Stati membri (47).
i) L’obiettivo di politica ambientale della normativa fiscale
62. La Regione autonoma della Sardegna sostiene che la normativa fiscale qui controversa sia dettata da motivi di tutela dell’ambiente e che debba essere considerata nel contesto degli sforzi complessivi di tale ente territoriale nei settori della tutela dell’ambiente e del paesaggio nonché della tutela dei propri beni culturali.
63. Le numerose unità da diporto e i numerosi aeromobili che ogni anno fanno scalo turistico in Sardegna sono causa, a detta della Regione, di un inquinamento ambientale non trascurabile. Soprattutto le coste della Sardegna, sulle quali si concentra la maggior parte del turismo locale, sarebbero esposte a detto inquinamento.
64. La controversa imposta che grava sullo scalo turistico degli aeromobili privati e delle unità da diporto è intesa, secondo la Regione, a realizzare profitti che dovrebbero consentirle di incrementare le misure finalizzate alla tutela e al ripristino delle risorse ambientali danneggiate dal turismo, non da ultimo nelle zone costiere, colpite in modo particolare.
65. Come sostiene inoltre la Regione, con l’imposta viene perseguito un effetto incentivante: da un lato, si mira a conseguire nel complesso una minore occupazione delle zone costiere, dall’altro, si mira ad una migliore ripartizione dei flussi turistici nell’arco dell’anno, ragion per cui l’imposta viene riscossa solo nel periodo di maggior afflusso turistico, vale a dire dal 1° giugno al 30 settembre, ma non nelle stagioni dell’anno interessate in maniera minore dal turismo. In tal modo si intende contribuire ad uno sviluppo sostenibile del turismo nella regione.
66. La Regione sottolinea inoltre che la normativa fiscale controversa si ispira al principio «chi inquina paga».
67. Una normativa fiscale se si fonda su considerazioni di tal genere, persegue indubbiamente un obiettivo legittimo di politica ambientale.
ii) Esame della configurazione concreta della normativa fiscale
68. La compatibilità con le esigenze della libera prestazione dei servizi (art. 49 CE) di una normativa fiscale come quella sarda dipende tuttavia, in definitiva, dalla sua configurazione concreta. A prescindere dall’esistenza di uno scopo legittimo che corrisponde a motivi imperativi di interesse generale, la giustificazione di una restrizione alle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE presuppone infatti che la misura in questione sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per il suo raggiungimento (48).
69. Secondo la giurisprudenza della Corte, una normativa nazionale è atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo fatto valere solo qualora risponda effettivamente all’intento di realizzarlo in modo coerente e sistematico (49).
70. Problematico, in relazione ad una normativa come quella sarda, è il fatto che essa distingue a seconda del domicilio fiscale e assoggetta all’imposta regionale unicamente i non residenti, ma non i residenti.
71. La Regione autonoma della Sardegna ritiene che una normativa del genere sia conforme al principio «chi inquina paga». I non residenti potrebbero altrimenti usufruire delle risorse ambientali della regione senza contribuire finanziariamente alla loro conservazione e al loro ripristino, comportandosi pertanto come «free rider».
72. Tale argomento è corretto nel senso che, secondo il principio «chi inquina paga», contemplato anche nell’art. 174, n. 2, CE, colui che ha causato un inquinamento dell’ambiente è tenuto a provvedere alla sua eliminazione (50). Parimenti, colui che è responsabile del consumo delle risorse ambientali dovrebbe contribuire alla tutela e al ripristino delle medesime. Dal punto di vista del principio «chi inquina paga», non è pertanto contestabile che una normativa come quella sarda assoggetti gli esercenti aeromobili privati e unità da diporto, in occasione del loro scalo nella regione, ad un’imposta dettata da motivi di tutela dell’ambiente.
73. Una normativa ispirata al principio «chi inquina paga» non può tuttavia limitarsi ad imporre un’imposta ambientale unicamente ai soggetti non residenti esercenti aeromobili privati e unità da diporto, e non ai residenti. Gli inquinamenti ambientali, infatti, laddove siano causati da aeromobili privati e da unità da diporto che fanno scalo in Sardegna, si producono a prescindere dalla provenienza di detti aeromobili e unità da diporto e, in particolare, non presentano alcun legame con il domicilio fiscale degli esercenti degli stessi. Gli aeromobili e le imbarcazioni dei non residenti contribuiscono a danneggiare le risorse ambientali in maniera analoga agli aeromobili e alle unità da diporto dei residenti.
74. Sarebbe pertanto conforme al principio «chi inquina paga» coinvolgere nella riparazione dei danni ambientali ciascun soggetto esercente aeromobili ovvero imbarcazioni nella misura in cui lo stesso ha contribuito a causarli, e segnatamente senza fare riferimento al suo domicilio fiscale e a suoi ulteriori oneri fiscali (51). Una normativa come quella sarda qui controversa fa invece ricadere sulla collettività gli inquinamenti ambientali causati dagli aeromobili e dalle imbarcazioni dei residenti, il che è contrario al principio «chi inquina paga» (52).
75. Tale discrepanza fra le esigenze del principio «chi inquina paga» – fatto valere dalla Regione autonoma della Sardegna – e la configurazione effettiva della legge regionale qui controversa risulta particolarmente evidente se si considera il trattamento fiscale delle unità da diporto che sostano tutto l’anno nelle strutture portuali regionali. Tali unità sono esenti dall’imposta regionale (53), nonostante, di regola, contribuiscano a causare l’inquinamento ambientale lamentato molto più pesantemente rispetto alle imbarcazioni che sostano al di fuori della Sardegna e che ormeggiano solo sporadicamente nelle acque costiere e nei porti della regione.
76. Nel complesso, la normativa sarda coinvolge arbitrariamente alcuni responsabili dell’inquinamento ambientale – i non residenti – nel finanziamento di misure intese alla tutela e al ripristino delle risorse ambientali, altri – i residenti – invece no. Così facendo, l’obiettivo ambientale promosso dalla stessa Regione autonoma della Sardegna non viene attuato in maniera coerente e sistematica.
77. In tali circostanze, una normativa fiscale come quella sarda non può essere considerata idonea a realizzare il suo obiettivo di politica dell’ambiente. Già per questa ragione essa non è compatibile con le esigenze della libera prestazione dei servizi.
78. Non convince, in tale contesto, l’argomento della Regione autonoma della Sardegna, secondo il quale i residenti e i non residenti si troverebbero in situazioni diverse, le quali renderebbero oggettivamente necessaria la loro disparità di trattamento in relazione all’imposta regionale.
79. È vero che la Corte ha avuto più volte modo di rilevare che può essere legittimo trattare diversamente, in materia di imposte dirette, i non residenti e i residenti (54). A tale assunto non può tuttavia essere riconosciuta una portata generale, affermandosi che non residenti e residenti si troverebbero sempre in situazioni diverse. Piuttosto, una distinzione fra queste due categorie di persone è giustificata solo nella misura in cui in essa si riflettano differenze obiettive (55). Nei casi in cui siffatte differenze non sussistono, neppure la normativa tributaria degli Stati membri può procedere ad una differenziazione fra residenti e non residenti (56).
80. Di conseguenza, occorre sempre verificare concretamente se la situazione dei non residenti si distingua obiettivamente da quella dei residenti. Ciò deve essere valutato alla luce dell’oggetto e dello scopo della rispettiva normativa fiscale (57).
81. Come viene dichiarato alla Corte, una normativa fiscale come quella sarda persegue l’obiettivo di politica ambientale consistente nel tutelare e ripristinare le risorse ambientali della regione danneggiate dal turismo, soprattutto nelle zone costiere. In relazione a tale specifico obiettivo, i soggetti, residenti e non residenti, esercenti aeromobili privati e unità da diporto si trovano nella medesima situazione. Infatti, come osservato in precedenza, gli aeromobili privati e le unità da diporto che fanno scalo in Sardegna danneggiano l’ambiente del tutto a prescindere dalla loro provenienza e dal domicilio fiscale dei loro esercenti (58).
82. Poiché dunque, nel caso di specie, i residenti e i non residenti si trovano, in relazione all’obiettivo di politica ambientale della normativa fiscale sarda, nella medesima situazione, anche il loro scalo in Sardegna con aeromobili privati e unità da diporto deve essere tassato in maniera analoga (59).
83. La Regione autonoma della Sardegna obietta che le persone aventi il proprio domicilio fiscale in Sardegna hanno già contribuito alle entrate fiscali di questa regione, segnatamente attraverso l’imposta sul reddito da esse versata e attraverso l’IVA sui loro consumi in loco (60). In tal modo i residenti verrebbero coinvolti nel finanziamento delle misure intese alla tutela e al ripristino delle risorse ambientali. I non residenti non avrebbero invece fornito un siffatto contributo al bilancio della Regione.
84. Neanche tale argomento mi persuade.
85. L’onere causato da un’imposta regionale come quella qui controversa, la quale grava unicamente sui non residenti, non può essere compensato da presunti vantaggi che risulterebbero a favore dei non residenti in relazione ad altri tipi di imposta. Secondo giurisprudenza costante, infatti, un trattamento fiscale sfavorevole contrario a una libertà fondamentale non può essere giustificato dall’esistenza di altri vantaggi fiscali, anche supponendo che tali vantaggi esistano (61).
86. Potrebbe eventualmente essere altrimenti qualora risulti che i residenti devono versare, per i loro aeromobili privati e le loro unità da diporto, un’imposta o un prelievo analoghi, intesi al perseguimento di un obiettivo specifico di politica ambientale, ad esempio in relazione alle somme da versare per poter sostare con le proprie unità da diporto nei porti della Sardegna. Niente viene tuttavia esposto al riguardo alla Corte nel caso in esame. Piuttosto, l’imposta regionale controversa è rapportata unicamente all’onere fiscale generale dei residenti della Sardegna.
87. Occorre osservare, al riguardo, che la controversa imposta regionale sullo scalo degli aeromobili privati e delle unità da diporto non persegue gli stessi obiettivi delle imposte corrisposte dai soggetti passivi sardi, e segnatamente dell’imposta sul reddito e dell’IVA. Mentre la prima, secondo quanto affermato dalla stessa Regione autonoma della Sardegna, persegue un obiettivo specifico di politica ambientale e deve esplicare inoltre un effetto incentivante, le seconde mirano in generale a coprire i bilanci pubblici e non hanno un analogo effetto incentivante.
88. A ciò si aggiunge che i residenti fruiscono dell’infrastruttura della loro regione e beneficiano dei servizi della medesima in misura considerevolmente maggiore rispetto ai non residenti. È pertanto equo che i residenti contribuiscano in maniera proporzionalmente maggiore alle entrate fiscali di questa regione rispetto ai non residenti (62). Così, per esempio, gli enti sanitari e scolastici generali presenti in uno Stato membro o in una regione vengono utilizzati prevalentemente dai residenti, mentre i non residenti ne fruirebbero solo in via eccezionale.
89. Alla luce di tali circostanze, una disparità di trattamento dei residenti e dei non residenti in relazione alla tassazione dei loro rispettivi scali con aeromobili privati e unità da diporto non può essere giustificata rinviando semplicemente ai contributi dei residenti alle entrate fiscali generali della Regione.
90. Nel complesso, dunque, restrizioni alla libera prestazione dei servizi come quelle causate dalla normativa fiscale sarda non possono essere giustificate da motivi di tutela dell’ambiente.
b) La tutela della salute
91. Accanto alla tutela dell’ambiente, la Regione autonoma della Sardegna fa valere anche la tutela della salute quale motivo di giustificazione per la sua controversa normativa fiscale.
92. La tutela della salute figura tra i motivi imperativi di interesse generale che, in forza dell’art. 46, n. 1, CE, in combinato disposto con l’art. 55 CE, possono giustificare restrizioni alla libera prestazione dei servizi (63).
93. Una normativa come quella sarda persegue tuttavia, in primo luogo, secondo la Regione autonoma della Sardegna, un obiettivo di politica ambientale. È vero che, attraverso tale normativa, possono essere combattuti indirettamente anche i pericoli per la salute che possono essere legati ad un degrado ambientale. A prescindere da ciò, il motivo di giustificazione rappresentato dalla tutela della salute non ha tuttavia, nella specie, una rilevanza autonoma, la quale vada oltre l’obiettivo di tutela dell’ambiente. Nel caso presente, di conseguenza, invocare la tutela della salute quale motivo di giustificazione non conduce ad un risultato diverso da quello cui si perviene facendo valere la tutela dell’ambiente (64), da me affrontato in precedenza (65).
94. In particolare, non può essere giustificata, facendo riferimento alla tutela della salute, la circostanza che solo i non residenti vengono assoggettati alla controversa imposta sullo scalo degli aeromobili privati e delle unità da diporto, mentre la medesima non grava sui residenti.
95. È vero che, ai sensi dell’art. 46, n. 1, CE, in combinato disposto con l’art. 55 CE, sono espressamente consentite, nel settore della salute pubblica – diversamente che nel settore della tutela dell’ambiente – anche misure di cui sono specificamente destinatari gli stranieri. Ciò presuppone, tuttavia, che il rischio per la salute pubblica provenga appunto da uno straniero (66). Nel caso presente, l’inquinamento ambientale lamentato nonché eventuali rischi per la salute ad esso connessi sono invece indipendenti dalla provenienza del rispettivo aeromobile privato o della rispettiva unità da diporto e dal domicilio fiscale del suo esercente; essi vengono causati in egual misura dagli aeromobili e dalle imbarcazioni degli esercenti non residenti e dagli aeromobili e dalle imbarcazioni degli esercenti residenti. Il richiamo della tutela della salute non giustifica pertanto nessuna misura diretta in maniera specifica nei confronti dei soggetti esercenti aeromobili e imbarcazioni aventi il proprio domicilio fiscale al di fuori della Sardegna. Ciò è tanto più vero per il fatto che l’art. 46, n. 1, CE, costituisce una disposizione derogatoria che deve essere interpretata restrittivamente (67).
96. Restrizioni alla libera prestazione dei servizi come quelle poste in essere dalla normativa fiscale sarda non possono essere pertanto giustificate neanche per motivi di tutela della salute.
c) Altro
97. A scopo di completezza mi dedicherò, in prosieguo, ad alcuni ulteriori aspetti che possono essere rilevanti in relazione alla questione della giustificazione della normativa fiscale sarda.
i) La coerenza del regime fiscale
98. La Regione autonoma della Sardegna rinvia a più riprese, per giustificare la normativa fiscale controversa, alla coerenza del regime fiscale in cui tale normativa si inserirebbe. La mancata tassazione dei residenti nel caso di scalo con aeromobili privati e unità da diporto viene sostanzialmente motivata facendo valere la circostanza che i residenti versano già altre imposte – e segnatamente l’imposta sul reddito e l’IVA – contribuendo così al bilancio regionale.
99. Secondo giurisprudenza costante, la necessità di salvaguardare la coerenza del regime fiscale può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE (68). Ciò vale, tuttavia, solo qualora venga dimostrata l’esistenza di un nesso diretto tra il beneficio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale (69), il che deve essere valutato alla luce della finalità della normativa fiscale di cui trattasi (70).
100. L’imposta regionale controversa nella specie, la quale grava sullo scalo degli aeromobili privati e delle unità da diporto, non persegue, come ho già illustrato in precedenza (71), gli stessi obiettivi delle imposte generali, alle quali sono assoggettati i residenti. Già per questo motivo, i vantaggi e gli svantaggi che le rispettive normative fiscali comportano per i soggetti passivi non possono essere considerati come due facce della stessa medaglia. Il vantaggio che ne traggono i residenti, consistente nel non dover versare l’imposta regionale sul loro scalo con aeromobili privati e unità da diporto, non è equivalente agli oneri ai quali essi sono esposti ad opera di altri tipi di imposta, come l’imposta sul reddito e l’IVA.
101. È vero che tutte le imposte sono intese a realizzare entrate per il bilancio pubblico. Un nesso del genere, da solo, è tuttavia troppo generale e indiretto per giustificare il bilanciamento reciproco dei vantaggi fiscali a favore dei residenti nell’ambito dell’imposta regionale qui controversa e degli oneri ai quali essi sono assoggettati nell’ambito di altri tipi di imposta (72).
102. Di conseguenza, una normativa fiscale come quella sarda non può essere giustificata facendo riferimento alla coerenza del regime fiscale.
ii) Il carattere insulare della Sardegna
103. Come emerge dall’ordinanza di rinvio, la Regione autonoma della Sardegna ha fatto valere dinanzi alla Corte costituzionale anche la sua insularità. Sussisterebbe la necessità di compensare attraverso la tassazione delle imprese non stabilite in Sardegna i maggiori costi sostenuti dalle imprese ivi stabilite, in ragione delle peculiarità geografiche ed economiche legate al carattere insulare della regione.
104. Al più tardi a partire dalla conferenza governativa tenutasi per il Trattato di Amsterdam, il cui atto finale contiene una dichiarazione sulle regioni insulari, è riconosciuto a livello comunitario che «le regioni insulari soffrono, a motivo della loro insularità, di svantaggi strutturali il cui perdurare ostacola il loro sviluppo economico e sociale»; il diritto comunitario deve tenere conto di tali svantaggi (73).
105. Una considerazione del genere può essere fatta nell’ambito di diverse politiche comunitarie, per esempio nell’ambito della politica regionale, della politica strutturale, della politica della coesione economica e sociale (v. al riguardo anche l’art. 158, n. 2, CE) oppure della politica dei trasporti. Così, possono essere adottate misure di sostegno positive al fine di compensare gli svantaggi delle regioni insulari. Può altresì risultare necessario, nelle regioni insulari, adottare misure speciali a tutela dell’equilibrio ecologico locale nei confronti di neofiti e neozoi (74).
106. Non si può invece abusare del carattere insulare di uno Stato membro o di una regione quale pretesto per ripristinare barriere commerciali o misure protezionistiche contrarie al principio del mercato interno. A tale principio si ispira, non da ultima, anche la dichiarazione sulle regioni insulari stessa, quando formula l’obiettivo di integrare maggiormente nel mercato interno tali regioni.
107. Questa integrazione delle regioni insulari nel mercato interno deve avvenire, secondo quella dichiarazione, «a condizioni eque». Resta pertanto un margine per misure intese a compensare svantaggi o a risolvere problemi direttamente riconducibili al carattere insulare di una regione o di uno Stato membro. Misure del genere sono tuttavia eque solo se sono idonee a porre rimedio al corrispondente svantaggio o problema, e non oltrepassano quanto a tal fine necessario. Siffatte misure non possono neppure comportare un pregiudizio all’essenza stessa del principio del mercato interno o del principio di un’economia di mercato aperta (75).
108. Nel caso di specie non è evidente che proprio i soggetti esercenti aeromobili privati e unità da diporto residenti in Sardegna soffrano di svantaggi o problemi specifici riconducibili direttamente al carattere insulare della regione. In ogni caso, alla Corte non è stato esposto niente in tal senso. Motivi di natura puramente economica, i quali non sono direttamente connessi al carattere insulare della regione, non possono tuttavia giustificare alcuna restrizione ad una libertà fondamentale garantita dal Trattato CE (76).
109. Sulla base della valutazione che precede, dal carattere insulare della Sardegna non può dunque desumersi che restrizioni alla libera prestazione dei servizi come quelle causate dalla normativa fiscale qui controversa siano giustificate.
iii) Considerazioni di politica sociale
110. Osservo infine che non si riscontrano neanche considerazioni di politica sociale in grado di giustificare una normativa come quella sarda.
111. È vero che una distinzione fra non residenti e residenti può essere giustificata quando Stati membri o enti territoriali conferiscono dei vantaggi sociali. Risponde infatti, in linea di principio, ad un obiettivo legittimo riservare siffatti vantaggi – nella misura in cui non sussista alcuna normativa di armonizzazione o di coordinamento a livello comunitario – solo a quelle persone che diano prova di un sufficiente grado di integrazione nello Stato membro o nell’ente territoriale di cui trattasi, prova a sostegno della quale il domicilio può eventualmente costituire un elemento importante (77).
112. È tuttavia difficilmente immaginabile che si possa motivare sotto un profilo di politica sociale l’esenzione di soggetti, residenti in Sardegna, esercenti aeromobili privati e unità da diporto lunghe più di 14 metri – e segnatamente i proprietari di yacht di lusso di grandi dimensioni – da un’imposta regionale come quella qui controversa.
4. Riepilogo della prima e della terza questione pregiudiziale
113. In sintesi, si deve pertanto ritenere che non è ravvisabile alcuna giustificazione per le restrizioni alla libera prestazione dei servizi quali quelle causate dalla normativa fiscale qui controversa.
114. Da ciò non si deve ovviamente desumere precipitosamente che il diritto comunitario osti, in generale, a tutte le normative che creano oneri in maniera specifica per i turisti o per le imprese che operano nel settore turistico, come, per esempio, i provvedimenti relativi a appartamenti per vacanze o a residenze secondarie (78), a tasse di soggiorno o a imposte turistiche. Ciò che piuttosto rileva è sempre la configurazione concreta della rispettiva misura, imposta o prelievo. Una distinzione fra residenti e non residenti può essere giustificata se e nella misura in cui essa sia opportuna e necessaria in rapporto ad un obiettivo legittimo.
115. In relazione al caso in esame vale tuttavia quanto segue:
L’art. 49 CE osta alla legge di una Regione autonoma, in forza della quale un’imposta dettata essenzialmente da motivi di politica ambientale viene riscossa sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto dalle sole imprese aventi il proprio domicilio fiscale al di fuori di tale regione, e non invece dalle imprese aventi il proprio domicilio fiscale all’interno della medesima.
C – Le questioni concernenti la nozione di aiuti (seconda e quarta questione pregiudiziale)
116. Con la sua seconda e la sua quarta questione pregiudiziale, la Corte costituzionale chiede chiarimenti in merito alla nozione di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Il giudice del rinvio desidera sapere, in sostanza, se una legge regionale di una Regione autonoma, in forza della quale viene riscossa un’imposta sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto dalle sole imprese aventi il proprio domicilio fiscale al di fuori di tale regione, configuri un aiuto di Stato a favore di imprese che svolgono la stessa attività e che hanno il proprio domicilio fiscale all’interno della medesima.
117. Ai trasporti marittimi e aerei si applicano le norme generali del Trattato CE, ivi comprese quelle in materia di concorrenza (79). Di conseguenza, una normativa fiscale come quella sarda, la quale si riferisce specificamente allo scalo degli aeromobili e delle unità da diporto degli esercenti aventi il proprio domicilio fiscale al di fuori della Sardegna, deve essere valutata alla luce dell’art. 87 CE.
1. Osservazioni preliminari sulla delimitazione delle competenze fra la Commissione e i giudici nazionali in materia di aiuti di Stato
118. Prima di prendere posizione, sotto il profilo sostanziale, sull’interpretazione dell’art. 87 CE, occorre chiarire la ripartizione delle competenze fra la Commissione e i giudici nazionali in relazione a tale disposizione.
119. Secondo giurisprudenza costante, la compatibilità di un regime di aiuti con il mercato comune rientra nella competenza esclusiva della Commissione, competenza esercitata sotto il controllo del giudice comunitario (80). Tuttavia, in materia di aiuti di Stato, ai giudici nazionali possono essere sottoposte controversie nelle quali essi sono tenuti ad interpretare e ad applicare la nozione di aiuto di cui all’art. 87, n. 1, CE (81).
120. è vero che siffatte controversie verranno generate, di regola, da singoli che invocano il divieto di dare esecuzione agli aiuti di Stato prima che siano autorizzati da parte della Commissione (art. 88, n. 3, terza frase, CE). Da ciò non si può tuttavia desumere che la competenza dei giudici nazionali ad interpretare e ad applicare l’art. 87, n. 1, CE si limiti esclusivamente ai procedimenti intesi a garantire la tutela dei diritti del singolo (82).
121. Gli aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, ai quali viene data esecuzione in violazione degli obblighi risultanti dall’art. 88, n. 3, CE, sono infatti considerati, in generale, illegali (83). Ciascun giudice nazionale, anche una Corte costituzionale, è quindi tenuto, ai sensi dell’art. 10 CE, nell’ambito delle proprie competenze, ad adottare ogni misura atta ad assicurare l’esecuzione del divieto di aiuti di cui all’art. 87, n. 1, CE, nonché dell’obbligo di notifica e di esecuzione di cui all’art. 88, n. 3, CE; al contempo, i giudici nazionali devono astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato CE.
122. Tutti i giudici nazionali sono dunque tenuti a trarre tutte le conseguenze di una violazione del divieto di esecuzione (art. 88, n. 3, terza frase, CE), conformemente al loro diritto interno, incluso l’accertamento dell’invalidità degli atti di attuazione delle misure d’aiuto (84). Anche in un giudizio di legittimità costituzionale possono essere tratte conseguenze del genere, e segnatamente qualora il regime illegale di aiuti sia stato introdotto per legge.
2. La nozione di aiuti
123. La qualificazione di un intervento quale aiuto ai sensi del Trattato CE presuppone la soddisfazione di ognuno dei quattro criteri cumulativi sui quali si fonda l’art. 87, n. 1, CE (85). In primo luogo, deve trattarsi di un intervento finanziato dallo Stato ovvero mediante risorse statali, in secondo luogo, deve poter incidere sugli scambi tra gli Stati membri, in terzo luogo, deve concedere un vantaggio al suo beneficiario e, in quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (86).
124. Anche i regimi fiscali rientrano nella nozione di aiuti qualora soddisfino questi quattro criteri (87). Occorrerà pertanto verificare, in prosieguo, se una normativa fiscale come quella sarda debba essere considerata un aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
a) Il criterio del vantaggio, selettività compresa
125. Particolare attenzione merita, nel caso presente, il terzo criterio. Occorre esaminare se il fatto che vengano gravati dall’imposta regionale controversa solo i non residenti che fanno scalo in Sardegna comporti un vantaggio per le imprese residenti.
126. La nozione di aiuti non comprende soltanto prestazioni positive, come sovvenzioni, prestiti o assunzione di partecipazioni al capitale delle imprese, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti (88).
127. Da ciò risulta che un provvedimento mediante il quale le pubbliche autorità accordano a talune imprese un’esenzione fiscale che, pur non implicando un trasferimento di risorse statali, colloca i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri contribuenti, può costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (89).
128. In tale contesto, la tecnica normativa impiegata non rileva (90): così, il vantaggio fiscale può fondarsi sul fatto che il legislatore ha esentato espressamente singoli operatori economici dall’imposta di cui trattasi, imposta alla quale essi sarebbero altrimenti assoggettati (91). Il vantaggio fiscale può tuttavia parimenti fondarsi anche sulla circostanza che una normativa fiscale è configurata in maniera asimmetrica già in relazione alla sua fattispecie ovvero al suo ambito di applicazione (92), cosicché alcune imprese vengono da essa contemplate quali soggetti passivi, altre invece no. Il caso in oggetto è riconducibile a quest’ultima ipotesi: la normativa sarda è redatta in maniera tale che risultano assoggettati all’imposta sullo scalo degli aeromobili privati e delle unità da diporto i non residenti, e non invece i residenti.
129. Poiché le imprese residenti non sono assoggettate all’imposta regionale controversa, esse beneficiano di un vantaggio in termini di costi rispetto ai loro concorrenti stabiliti al di fuori della Sardegna. Siffatta circostanza è richiamata anche dalla Corte costituzionale.
130. Un vantaggio del genere è tuttavia contemplato dall’art. 87, n. 1, CE, solo qualora esso favorisca «talune imprese o talune produzioni». Si deve trattare, in altri termini, di un vantaggio selettivo (93).
131. Tale selettività può rivestire anche carattere regionale.
132. È vero che non si può assumere una selettività regionale per il solo fatto che la misura di cui trattasi è stata adottata da un ente territoriale come la Regione Sardegna, e quindi è valida solo per una parte del territorio nazionale di uno Stato membro. Qualora, infatti, tale ente territoriale disponga di autonomia sufficiente nei confronti dello Stato del quale fa parte, solo il suo ambito di competenza costituisce il quadro di riferimento per valutare un’eventuale selettività dell’aiuto (94). Tanto meno si può tuttavia assumere, al contrario, che i vantaggi concessi da un ente territoriale a talune imprese nel suo ambito di competenza difettino a priori di selettività e, quindi, del carattere di aiuti (95).
133. Per valutare la selettività di una misura occorre piuttosto verificare sempre, in concreto, se talune imprese vengano favorite rispetto ad altre imprese che si trovino in una situazione fattuale e giuridica analoga tenuto conto dell’obiettivo perseguito dalla normativa interessata (96). Un’eventuale differenziazione fra imprese nell’ambito di una normativa in materia di imposte o prelievi può essere giustificata, non da ultimo, dalla natura e dalla struttura di tale normativa (97).
134. Riguardo al diritto in materia di aiuti si pongono dunque, in definitiva, le medesime questioni che sorgono in relazione alle libertà fondamentali, e non vi è alcun motivo di risolverle, nell’ambito del diritto in materia di aiuti, in maniera diversa che nell’ambito delle libertà fondamentali. Piuttosto, al fine di evitare valutazioni contraddittorie fra il diritto delle libertà fondamentali e il diritto in materia di aiuti, occorre attenersi agli stessi criteri in entrambi i casi.
135. Di conseguenza, in prosieguo, mi ispirerò esattamente a quanto ho affermato in merito alla libera prestazione dei servizi nell’ambito della prima e della terza questione pregiudiziale.
136. Come illustrato in precedenza, la normativa fiscale qui controversa persegue, secondo quanto affermato dalla Regione autonoma della Sardegna, un obiettivo di politica dell’ambiente: essa è intesa alla tutela e al ripristino delle risorse ambientali della Sardegna danneggiate dal turismo, in particolare nelle zone costiere (98).
137. In relazione a tale specifico obiettivo, i soggetti esercenti aeromobili privati e unità da diporto residenti e non residenti si trovano nella medesima situazione; gli aeromobili privati e le unità da diporto che fanno scalo in Sardegna, infatti, danneggiano l’ambiente del tutto a prescindere dalla loro provenienza e dal domicilio fiscale dei loro esercenti (99).
138. La differenziazione fra imprese residenti e non residenti cui ha proceduto il legislatore regionale sardo in relazione all’obbligo di imposta nel caso di scalo con aeromobili privati e unità da diporto non può essere pertanto motivata da considerazioni di politica dell’ambiente (100). Né tanto meno si giustifica, come menzionato in precedenza, alla luce della natura o della struttura della normativa fiscale (101).
139. Una normativa fiscale come quella sarda integra pertanto il criterio del vantaggio – selettivo – ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
140. La circostanza che con la normativa in questione vengano perseguiti obiettivi di politica dell’ambiente o regionale non impedisce di qualificarla come aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, e non la sottrae a priori al controllo degli aiuti previsto dal Trattato CE (102). L’art. 87, n. 1, CE, non distingue infatti a seconda delle cause o degli obiettivi delle misure statali, ma definisce tali misure in funzione dei loro effetti (103).
141. Aspetti di politica dell’ambiente o regionale possono semmai essere valutati, nell’ambito dell’art. 87, n. 3, CE, in sede di verifica della compatibilità di una normativa fiscale come quella sarda con il mercato comune (104); anche in questo caso occorre fare attenzione alla coerenza con altri settori giuridici, e segnatamente con i principi fondamentali del Trattato CE, quale la libera prestazione dei servizi (105). La competenza a procedere ad una siffatta verifica spetta unicamente alla Commissione, la quale agisce sotto il controllo dei giudici comunitari (106).
b) I restanti criteri della nozione di aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE
142. In prosieguo mi dedicherò brevemente ai restanti criteri propri della nozione di aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
i) Misure finanziate dagli Stati, ovvero mediante risorse statali
143. Una misura finanziata dagli Stati ovvero mediante risorse statali non deve essere necessariamente adottata dal rispettivo Stato membro quale potere centrale; essa può parimenti provenire da un’autorità ad un livello inferiore a quello statale. Anche le misure degli enti territoriali possono, secondo giurisprudenza costante, costituire aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (107).
144. Come menzionato in precedenza, i beneficiari della misura – nella specie gli imprenditori aventi il proprio domicilio fiscale in Sardegna – non devono necessariamente ricevere un pagamento in denaro dal patrimonio dello Stato ovvero dell’ente territoriale (108). Già un qualsivoglia onere finanziario per lo Stato o l’ente territoriale imputabile alla misura è sufficiente per ritenere sussistente un finanziamento concesso dallo Stato ovvero mediante risorse statali (109).
145. Assoggettando all’imposta controversa solo i non residenti, e non invece i residenti, la Regione autonoma della Sardegna rinuncia indirettamente a delle entrate. Le sue entrate provenienti dalla suddetta imposta sarebbero infatti necessariamente superiori se la Regione tassasse indistintamente tutti gli scali degli aeromobili privati e delle unità da diporto. La rinuncia ad entrate fiscali connessa alla limitazione dell’obbligo di imposta ai non residenti è sufficiente per ritenere sussistente un finanziamento concesso dallo Stato ovvero mediante risorse statali ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (110).
ii) Idoneità ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri
146. Una misura rientra inoltre nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, solo qualora sia idonea ad incidere sugli scambi fra gli Stati membri. Al riguardo non è necessario dimostrare un’incidenza effettiva sugli scambi tra gli Stati membri, ma basta esaminare se tale misura sia idonea a incidere su tali scambi (111). Anche un aiuto di entità relativamente esigua a favore di un’impresa di dimensioni relativamente modeste può comportare una siffatta incidenza (112).
147. In relazione ad una normativa fiscale, si deve assumere l’incidenza sugli scambi fra gli Stati membri ogniqualvolta i beneficiari della normativa fiscale esercitano un’attività economica che costituisce l’oggetto di scambi transfrontalieri o non può escludersi che essi siano in concorrenza con operatori stabiliti in altri Stati membri (113).
148. Nell’ambito dell’esame della prima e della terza questione pregiudiziale ho già esposto che una normativa fiscale come quella sarda costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi (art. 49 CE), non da ultimo in relazione ad imprese stabilite nella vicina isola francese della Corsica (114). Una normativa del genere è pertanto anche idonea ad incidere sugli scambi fra gli Stati membri ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
iii) Rischio di una distorsione della concorrenza
149. Infine, una misura rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, solo qualora falsi o minacci di falsare la concorrenza. Al riguardo non occorre dimostrare che la concorrenza venga effettivamente distorta, ma è sufficiente verificare se la misura sia idonea a falsare la concorrenza (115).
150. Le misure dirette a sgravare un’impresa dai costi cui avrebbe dovuto normalmente far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività falsano, in linea di principio, le condizioni di concorrenza (116). Al riguardo non è necessaria un’analisi economica della situazione effettiva del mercato di cui trattasi e degli effetti esplicati sui prezzi dalle misure controverse (117).
151. Una normativa fiscale come quella sarda solleva le imprese residenti dall’imposta sullo scalo turistico degli aeromobili privati e delle unità da diporto. Le imprese stabilite in Sardegna non devono pertanto, nell’ambito della loro attività commerciale normale, sostenere un costo che deve essere sostenuto da tutte le altre imprese aventi il proprio domicilio al di fuori della Sardegna quando fanno ivi scalo con aeromobili privati e unità da diporto.
152. Considerato l’importo dell’imposta regionale – essa può ammontare, per gli aeromobili fino a EUR 1 000 per scalo e per le unità da diporto fino a EUR 15 000 all’anno (118) – il vantaggio in termini di costi di cui beneficiano le imprese residenti rispetto alle imprese non residenti non è irrilevante. Per i non residenti risulterà pertanto più difficile che per i residenti impiegare i propri aeromobili privati e le proprie unità da diporto al fine di fornire o di fruire di servizi in Sardegna (119).
153. Come illustrato in precedenza nell’ambito della prima e della terza questione, siffatto vantaggio in termini di costi di cui beneficiano le imprese residenti non può essere neutralizzato neanche facendo riferimento al loro onere fiscale generale (120).
154. Nel complesso, una normativa fiscale come quella sarda è dunque idonea a falsare la concorrenza ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
3. Riepilogo in ordine alla seconda e alla quarta questione pregiudiziale
155. In conclusione, si deve quindi affermare quanto segue:
Una legge regionale come quella adottata dalla Regione autonoma della Sardegna, in forza della quale viene riscossa un’imposta sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto dalle sole imprese aventi il proprio domicilio fiscale al di fuori di tale regione, costituisce un aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, a favore di imprese che svolgono la medesima attività e che hanno il proprio domicilio fiscale all’interno della medesima.
VI – Conclusione
156. Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte costituzionale:
1) L’art. 49 CE osta ad una legge di una Regione autonoma in forza della quale viene riscossa un’imposta dettata essenzialmente da motivi di politica ambientale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto dalle sole imprese aventi il proprio domicilio fiscale al di fuori di tale regione, ma non dalle imprese aventi il proprio domicilio fiscale all’interno della medesima.
2) Una legge regionale come quella adottata dalla Regione autonoma della Sardegna, in forza della quale viene riscossa un’imposta sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto dalle sole imprese aventi il proprio domicilio fiscale al di fuori di tale regione, costituisce un aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, a favore di imprese che svolgono la stessa attività e hanno il proprio domicilio fiscale all’interno della medesima.