Language of document : ECLI:EU:C:2021:802

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

6 ottobre 2021 (*)

«Impugnazione – Ricorso di annullamento – Decisione di esecuzione C(2016) 3549 final della Commissione – Autorizzazione per gli usi dello ftalato di bis (2-etilesile) (DEHP) – Regolamento (CE) n.°1907/2006 – Articoli 60 e 62 – Regolamento (CE) n.°1367/2006 – Richiesta di riesame interno – Decisione C(2016) 8454 final della Commissione – Rigetto della richiesta»

Nella causa C‑458/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 14 giugno 2019,

ClientEarth, con sede in Londra (Regno Unito), rappresentata da A. Jones, barrister, e J. Stratford, BL,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da G. Gattinara, R. Lindenthal e K. Mifsud-Bonnici, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), rappresentata da M. Heikkilä, W. Broere e F. Becker, in qualità di agenti,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.-C. Bonichot (relatore), presidente di sezione, L. Bay Larsen, C. Toader, M. Safjan e N. Jääskinen, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 febbraio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la ClientEarth chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea, del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione (T‑108/17; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2019:215), con cui il Tribunale ha respinto il ricorso della ClientEarth diretto all’annullamento della decisione della Commissione C(2016) 8454 final, del 7 dicembre 2016 (in prosieguo: la «decisione controversa») che respinge la richiesta di riesame interno presentata il 2 agosto 2016 dalla ClientEarth (in prosieguo: la «richiesta di riesame interno del 2016») avverso la decisione di esecuzione della Commissione C(2016) 3549 final, del 16 giugno 2016, relativa alla concessione di un’autorizzazione per gli usi dello ftalato di bis (2-etilesile) (DEHP) ai sensi del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1 e rettifica in GU 2007, L 136, pag. 3), come modificato dal regolamento (UE) 2016/217 della Commissione, del 16 febbraio 2016 (GU 2016, L 40, pag. 5) (in prosieguo: il «regolamento REACH»).

 Contesto normativo

 Convenzione di Aarhus

2        L’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus (Danimarca) il 25 giugno 1998 ed approvata a nome della Comunità europea con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1) prevede quanto segue:

«In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale».

 Regolamento REACH

3        L’articolo 55, intitolato «Scopo dell’autorizzazione ed elementi da considerare ai fini della sostituzione», del regolamento REACH, precisa quanto segue:

«Il presente titolo ha lo scopo di garantire il buon funzionamento del mercato interno, assicurando nel contempo che i rischi che presentano le sostanze estremamente preoccupanti siano adeguatamente controllati e che queste sostanze siano progressivamente sostituite da idonee sostanze o tecnologie alternative, ove queste siano economicamente e tecnicamente valide. A tale fine, tutti i fabbricanti, importatori e utilizzatori a valle che richiedono autorizzazioni analizzano la disponibilità di alternative e ne considerano i rischi ed esaminano la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione».

4        L’articolo 56, intitolato «Disposizioni generali», del regolamento REACH, prevede quanto segue:

«1.      Un fabbricante, importatore o utilizzatore a valle si astiene dall’immettere sul mercato una sostanza destinata ad un determinato uso e dall’utilizzarla egli stesso se tale sostanza è inclusa nell’allegato XIV, salvo qualora:

a)      l’uso o gli usi di tale sostanza, in quanto tale o in quanto componente di un preparato o incorporata in un articolo, per i quali la sostanza è immessa sul mercato o ai quali egli stesso destina la sostanza siano stati autorizzati a norma degli articoli da 60 a 64; (...)

(…)».

5        Ai sensi dell’articolo 57, intitolato «Sostanze da includere nell’allegato XIV», di tale regolamento:

«Le sostanze seguenti possono essere incluse nell’allegato XIV secondo la procedura di cui all’articolo 58:

(...)

c)      le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo tossicità per la riproduzione, categoria 1A o 1B, [aventi] effetti nocivi sulla funzione sessuale e la fertilità o sullo sviluppo di cui al punto 3.7 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU 2008, L 353, pag. 1)];

(…)

f)      le sostanze come quelle aventi proprietà che perturbano il sistema endocrino o quelle aventi proprietà persistenti, bioaccumulabili e tossiche o molto persistenti e molto bioaccumulabili, che non rispondono ai criteri di cui alle lettere d) od e), per le quali è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui alle lettere da a) a e), e che sono identificate in base ad una valutazione caso per caso secondo la procedura di cui all’articolo 59».

6        L’articolo 58, intitolato «Inclusione di sostanze nell’allegato XIV», del regolamento REACH prevede, al suo paragrafo 1:

«Ogniqualvolta si decide di includere nell’allegato XIV una o più sostanze di cui all’articolo 57, la decisione è assunta secondo la procedura di cui all’articolo 133, paragrafo 4. (...)

(...)».

7        L’articolo 59, intitolato «Identificazione delle sostanze di cui all’articolo 57», del regolamento REACH stabilisce, nel suo paragrafo 1:

«Ai fini dell’identificazione delle sostanze che rispondono ai criteri di cui all’articolo 57 e della definizione di un elenco di sostanze candidate all’eventuale inclusione nell’allegato XIV, si applica la procedura di cui ai paragrafi da 2 a 10 del presente articolo. L’agenzia [europea per le sostanze chimiche] indica, in questo elenco, le sostanze che figurano nel programma di lavoro di cui all’articolo 83, paragrafo 3, lettera e)».

8        L’articolo 60, intitolato «Rilascio delle autorizzazioni», del regolamento REACH, dispone quanto segue:

«1.      La Commissione è competente a decidere sulle domande d’autorizzazione a norma del presente titolo.

2.      Fatto salvo il paragrafo 3, l’autorizzazione è rilasciata se il rischio per la salute umana o per l’ambiente che l’uso di una sostanza comporta a motivo delle proprietà intrinseche di cui all’allegato XIV è adeguatamente controllato a norma dell’allegato I, punto 6.4, e come documentato nella relazione sulla sicurezza chimica del richiedente, tenendo conto del parere del comitato per la valutazione dei rischi di cui all’articolo 64, paragrafo 4, lettera a). Nel rilasciare l’autorizzazione, e nelle eventuali condizioni ivi imposte, la Commissione tiene conto di tutti gli scarichi, emissioni e perdite, compresi i rischi derivanti dagli usi diffusi o dispersivi, noti al momento della decisione.

(...)

3.      Il paragrafo 2 non si applica:

a)      alle sostanze che rispondono ai criteri di cui all’articolo 57, lettere a), b), c) o f) per le quali non è possibile determinare una soglia a norma dell’allegato I, punto 6.4;

b)      alle sostanze che rispondono ai criteri di cui all’articolo 57, lettere d) o e).

c)      alle sostanze identificate a norma dell’articolo 57, lettera f), aventi proprietà persistenti, bioaccumulabili e tossiche o molto persistenti e molto bioaccumulabili.

4.      Quando l’autorizzazione non può essere rilasciata a norma del paragrafo 2 o per le sostanze di cui al paragrafo 3, essa può essere rilasciata solo se risulta che i vantaggi socioeconomici prevalgono sui rischi che l’uso della sostanza comporta per la salute umana o per l’ambiente, e se non esistono idonee sostanze o tecnologie alternative. Questa decisione è assunta dopo aver preso in considerazione tutti i seguenti elementi e tenendo conto dei pareri del comitato per la valutazione dei rischi e del comitato per l’analisi socioeconomica (...):

a)      il rischio che presentano gli usi della sostanza, comprese l’adeguatezza e l’efficacia delle misure di gestione dei rischi proposte;

b)      i vantaggi socioeconomici derivanti dal suo uso e le conseguenze socioeconomiche di un rifiuto di autorizzazione, comprovati dal richiedente o da altre parti interessate;

c)      l’analisi delle alternative proposte dal richiedente a norma dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera e), o di un eventuale piano di sostituzione presentato dal richiedente a norma dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera f), e degli eventuali contributi trasmessi da terzi a norma dell’articolo 64, paragrafo 2;

d)      le informazioni disponibili sui rischi che le eventuali sostanze o tecnologie alternative presentano per la salute umana o per l’ambiente.

5.      Nel valutare se esistano idonee sostanze o tecnologie alternative, la Commissione prende in considerazione tutti gli aspetti pertinenti, in particolare:

a)      se il passaggio alle alternative comporti una riduzione dei rischi complessivi per la salute umana e per l’ambiente, tenendo conto dell’adeguatezza e dell’efficacia delle misure di gestione dei rischi;

b)      la fattibilità tecnica ed economica delle alternative per il richiedente.

(...)

7.      L’autorizzazione è rilasciata soltanto se la domanda è inoltrata conformemente alle prescrizioni dell’articolo 62.

(...)

10.      Nonostante le eventuali condizioni di un’autorizzazione, il titolare provvede affinché l’esposizione sia ridotta al livello più basso tecnicamente e praticamente possibile».

9        L’articolo 62, intitolato «Domande d’autorizzazione», del regolamento REACH recita come segue:

«(...)

3.      Le domande possono essere inoltrate per una o più sostanze che rispondono alla definizione di gruppo di sostanze di cui alla sezione 1.5 dell’allegato XI, e per uno o più usi. Possono essere inoltrate per l’uso o gli usi propri del richiedente e/o per gli usi per i quali egli intende immettere la sostanza sul mercato.

4.      Una domanda d’autorizzazione contiene gli elementi seguenti:

(...)

c)      una richiesta d’autorizzazione, indicante l’uso o gli usi per i quali l’autorizzazione è richiesta, compresi l’uso della sostanza in miscele e/o, se pertinente, la sua incorporazione in articoli;

d)      salvo qualora sia già stata presentata nell’ambito della registrazione, una relazione sulla sicurezza chimica, elaborata a norma dell’allegato I, relativa ai rischi che comporta per la salute umana e/o per l’ambiente l’uso della o delle sostanze a motivo delle proprietà intrinseche di cui all’allegato XIV;

e)      un’analisi delle alternative, che prenda in considerazione i rischi che esse comportano e la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione e che comprenda, se del caso, informazioni circa eventuali attività inerenti di ricerca e sviluppo svolte dal richiedente;

f)      se l’analisi di cui alla lettera e) indica che esistono alternative idonee, tenuto conto degli elementi di cui all’articolo 60, paragrafo 5, un piano di sostituzione comprendente un calendario delle azioni proposte dal richiedente.

5.      La domanda può contenere gli elementi seguenti:

a)      un’analisi socioeconomica realizzata a norma dell’allegato XVI;

(...)».

 Regolamento (CE) n. 1367/2006

10      L’articolo 10, intitolato «Richiesta di riesame interno degli atti amministrativi», del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13), al suo paragrafo 1 prevede le seguenti disposizioni:

«Qualsiasi organizzazione non governativa che soddisfa i criteri di cui all’articolo 11 può presentare una richiesta di riesame interno all’istituzione o all’organo comunitario che ha adottato un atto amministrativo ai sensi del diritto ambientale o, in caso di presunta omissione amministrativa, che avrebbe dovuto adottarlo.

(...)».

 Fatti all’origine della controversia

11      Il regolamento (UE) n. 143/2011 della Commissione, del 17 febbraio 2011, recante modifica dell’allegato XIV del regolamento n. 1907/2006 (GU 2011, L 44, pag. 2) ha incluso in tale allegato il DEHP, un composto organico essenzialmente utilizzato per ammorbidire le plastiche a base di cloruro di polivinile (PVC), a causa delle proprietà tossiche di tale sostanza per la riproduzione, ai sensi dell’articolo 57, lettera c), del regolamento REACH.

12      Il 13 agosto 2013, tre società di riciclaggio dei rifiuti (in prosieguo: le «richiedenti l’autorizzazione») hanno presentato una domanda congiunta di autorizzazione ai sensi dell’articolo 62 del regolamento REACH, in combinato disposto con l’articolo 60, paragrafo 2, di tale regolamento (in prosieguo: la «domanda di autorizzazione»), in vista dell’immissione in commercio del DEHP per i seguenti «usi»:

–        «formulazione di cloruro di polivinile (PVC) morbido riciclato contenente DEHP nei composti e nelle miscele in polvere;

–        utilizzo industriale di PVC morbido riciclato contenente DEHP nella lavorazione dei polimeri per calandratura, estrusione, compressione e stampaggio a iniezione per la produzione di articoli in PVC».

13      Nell’analisi delle alternative che accompagnava la domanda di autorizzazione, le richiedenti l’autorizzazione hanno indicato quanto segue:

«Il DEHP è un plastificante utilizzato da diversi decenni per ammorbidire il PVC per la produzione di PVC plastificato o morbido. (...)

Il DEHP è quindi aggiunto al PVC prima che la plastica sia trasformata in articoli di plastica e prima che tali articoli di plastica diventino rifiuti, vale a dire un prodotto potenzialmente di valore per [le richiedenti l’autorizzazione]. In senso stretto, il DEHP non svolge quindi alcun ruolo funzionale specifico per [le richiedenti l’autorizzazione]; è presente solo come impurità (per lo più indesiderata) in rifiuti che sono raccolti, separati e trattati, e che vengono successivamente immessi sul mercato sotto forma di “materiale riciclato”. Tuttavia, la presenza di DEHP (o di altri plastificanti) in quantità limitate nel prodotto riciclato potrebbe teoricamente avere alcuni vantaggi per gli utilizzatori a valle (trasformatori di PVC):

–        può facilitare la trasformazione della materia prima da riciclare in nuovi articoli in PVC; e

–         può consentire ai trasformatori di PVC di ridurre la quantità di DEHP puro (o “vergine”) (o di altri plastificanti) da aggiungere ai loro composti per produrre nuovi articoli in PVC morbido».

14      Il 10 ottobre 2014, il comitato per la valutazione dei rischi e il comitato per l’analisi socioeconomica (in prosieguo: il «CASE») dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) hanno espresso il loro parere sulla domanda di autorizzazione.

15      Secondo il comitato per la valutazione dei rischi, le richiedenti l’autorizzazione non avevano dimostrato che i rischi per la salute dei lavoratori derivanti dai due usi richiesti erano adeguatamente controllati ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 2, del regolamento REACH.

16      Il CASE ha ritenuto che, nonostante l’esistenza di talune carenze nell’analisi presentata dalle richiedenti l’autorizzazione per dimostrare i vantaggi socioeconomici degli usi per i quali era stata presentata la domanda di autorizzazione l’autorizzazione potesse essere concessa sul fondamento di un’«analisi qualitativa» comprendente le pertinenti incertezze.

17      Il 12 dicembre 2014 l’ECHA ha aggiornato e integrato la voce esistente relativa al DEHP nell’«elenco delle sostanze candidate ai fini di un’eventuale inclusione nell’allegato XIV» del regolamento REACH previsto dall’articolo 59, paragrafo 1, del medesimo regolamento (in prosieguo: l’«elenco delle sostanze candidate»), identificando tale sostanza come avente proprietà che perturbano il sistema endocrino, per la quale era scientificamente comprovato che essa poteva avere effetti gravi per l’ambiente che davano adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dall’utilizzo di altre sostanze indicate all’articolo 57, lettere da a) ad e), del regolamento REACH, ai sensi dell’articolo 57, lettera f), di tale medesimo regolamento.

18      Il 16 giugno 2016, la Commissione ha adottato la decisione di esecuzione C(2016) 3549 final relativa alla concessione di un’autorizzazione per gli usi del DEHP a norma del regolamento REACH (in prosieguo: la «decisione di autorizzazione»).

19      Mediante l’articolo 1 di tale decisione, la Commissione ha concesso un’autorizzazione per gli «usi» seguenti:

«–      formulazione di cloruro di polivinile (PVC) morbido riciclato contenente DEHP nei composti e nelle miscele in polvere;

–      utilizzo industriale di PVC morbido riciclato contenente DEHP nella lavorazione dei polimeri per calandratura, estrusione, compressione e stampaggio per iniezione per la produzione di articoli in PVC (…)».

20      Secondo la stessa disposizione, detta autorizzazione è stata concessa ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH.

21      Nella sua richiesta di riesame del 2016, la ClientEarth, organismo senza scopo di lucro il cui oggetto è la tutela dell’ambiente, ha chiesto alla Commissione di effettuare un riesame interno della decisione di autorizzazione, sul fondamento dell’articolo 10 del regolamento n. 1367/2006.

22      Nella decisione impugnata, la Commissione ha respinto tale richiesta come infondata.

 Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

23      Con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 febbraio 2017, la ClientEarth ha chiesto l’annullamento della decisione controversa e della decisione di autorizzazione.

24      Con decisione del presidente della Quinta Sezione del Tribunale del 29 giugno 2017, è stato ammesso l’intervento dell’ECHA.

25      Al punto 31 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato il ricorso manifestamente irricevibile nella parte in cui la ricorrente chiedeva l’annullamento della decisione di autorizzazione.

26      Per quanto riguarda la domanda di annullamento della decisione controversa, il Tribunale, al punto 92 della sentenza impugnata, ha altresì dichiarato irricevibile e, comunque, infondata la prima parte del primo motivo, relativa ad errori di diritto e di valutazione nell’interpretazione della nozione di «uso» di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), e all’articolo 62, paragrafo 4, lettera c), del regolamento REACH.

27      Al punto 151 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto come infondata la seconda parte del primo motivo, relativa all’esistenza di errori di diritto e di valutazione in relazione alle carenze riscontrate nella relazione sulla sicurezza chimica.

28      Al punto 167 della sentenza impugnata, esso ha ritenuto che gli argomenti menzionati a sostegno della terza parte del primo motivo, relativi all’esistenza di errori di diritto e di errori manifesti di valutazione per quanto riguarda la valutazione delle alternative adeguate, dovessero essere esaminati nell’ambito del terzo motivo.

29      Al punto 178 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto come infondata la quarta parte del primo motivo relativo alla violazione dell’articolo 60, paragrafo 7, e dell’articolo 64, paragrafo 3, del regolamento REACH e ha respinto il primo motivo nel suo complesso.

30      Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo a manifesti errori di valutazione che inficiano la valutazione socioeconomica prevista dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, il Tribunale, al punto 189 della sentenza impugnata, ha respinto in quanto infondata la prima parte di tale motivo, attinente ad errori di diritto e ad errori manifesti di valutazione che viziano il quadro di riferimento di tale analisi e, al punto 204 della sentenza impugnata, ha respinto in quanto irricevibile e, in ogni caso, in quanto infondata la seconda parte di tale motivo, attinente ad errori manifesti di valutazione che viziano la ponderazione del bilanciamento tra rischi e vantaggi.

31      Al punto 224 della sentenza impugnata, il Tribunale ha altresì respinto in quanto infondata la terza parte di tale stesso motivo, relativa ad un errore manifesto di valutazione, in quanto alcune informazioni non sarebbero state prese in considerazione nell’ambito di tale valutazione.

32      Esso ha quindi respinto il secondo motivo nel suo insieme.

33      Al punto 271 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto in quanto infondato il terzo motivo, relativo ad errori di diritto e a manifesti errori di valutazione nell’analisi delle alternative.

34      Al punto 307 della sentenza impugnata, esso ha respinto il quarto motivo, relativo alla violazione del principio di precauzione di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE.

35      Il Tribunale ha pertanto respinto il ricorso in toto.

 Conclusioni delle parti in sede di impugnazione

36      La ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        rinviare la causa al Tribunale, e

–        in subordine, dichiarare il ricorso di annullamento ricevibile e fondato e annullare di conseguenza la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese, incluse quelle sostenute dalle intervenienti in primo grado e in sede di impugnazione.

37      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione in quanto infondata;

–        condannare la ricorrente alle spese.

38      L’ECHA chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione in quanto infondata;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sull’impugnazione

39      A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce sette motivi.

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

40      Con il suo primo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha erroneamente respinto in quanto irricevibili alcune parti del suo ricorso di annullamento.

41      Essa sostiene, in primo luogo, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ritenendo, ai punti 53 e 54 della sentenza impugnata, che il ricorso potesse riguardare solo la legittimità della decisione controversa e non la sufficienza della domanda di autorizzazione. A suo parere, questa analisi non è conforme all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus né al diritto ad un ricorso effettivo.

42      Essa aggiunge che il Tribunale ha erroneamente subordinato, al punto 54 della sentenza impugnata, la ricevibilità dei suoi argomenti riguardanti la decisione di autorizzazione a che gli errori asseriti figurino espressamente nella decisione della Commissione sulla richiesta di riesame interno.

43      In secondo luogo, essa sostiene che il Tribunale è incorso in errore nel ritenere, ai punti 55 e 56 della sentenza impugnata, che non solo i motivi, ma anche gli argomenti sollevati dinanzi ad esso in un ricorso di annullamento di una decisione recante rigetto della richiesta di riesame del 2016, sono ammissibili solo nella misura in cui sono già stati presentati in tale richiesta di riesame.

44      Nella sua replica, essa fa valere che la Corte ha chiarito, nella sentenza del 12 settembre 2019, TestBioTech e a./Commissione (C‑82/17 P, EU:C:2019:719), che pur se un ricorso di annullamento di una decisione che respinge una richiesta di riesame interno non può sicuramente basarsi su motivi o elementi di prova nuovi, che non sono stati addotti nella richiesta di riesame interno, tuttavia il richiedente siffatto riesame non è tenuto a ripetere esattamente gli stessi argomenti nell’ambito del suo ricorso dinanzi ai giudici dell’Unione.

45      In terzo luogo, la ricorrente aggiunge che, in ogni caso, alcuni degli argomenti che il Tribunale ha respinto in quanto irricevibili ai punti 61, 62, 74, 75, da 85 a 87, da 195 a 200 e da 234 a 236 della sentenza impugnata, erano stati menzionati nella sua richiesta di riesame del 2016 o ne costituivano solo sviluppi.

46      La Commissione afferma che il primo motivo non può essere accolto.

47      L’ECHA sostiene gli argomenti della Commissione.

 Giudizio della Corte

48      Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto dichiarando irricevibile il ricorso proposto contro la decisione di autorizzazione, è importante rilevare che, come ha dichiarato la Commissione, la ricorrente non ha contestato il punto 26 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha constatato che essa non chiedeva l’annullamento della decisione di autorizzazione in quanto riteneva di non soddisfare le condizioni di cui all’articolo 263 TFUE.

49      Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto ritenendo irricevibili gli argomenti volti a dimostrare gli eventuali errori commessi dalle richiedenti l’autorizzazione, occorre rilevare, da un lato, che il Tribunale non ha commesso un errore di diritto nel ritenere, al punto 53 della sentenza impugnata, che nell’ambito del presente ricorso, relativo alla decisione della Commissione sulla richiesta di riesame interno, fossero ricevibili solo i motivi diretti a dimostrare errori di diritto o di valutazione atti ad inficiare di illegittimità tale decisione e non quelli relativi alla domanda di autorizzazione.

50      Dall’altro lato, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, dal punto 54 della sentenza impugnata risulta non che solo gli elementi «espressamente» riportati nella decisione della Commissione sulla richiesta di riesame interno possono essere impugnati dinanzi al Tribunale, bensì che solo gli errori che viziano tale decisione possono essere oggetto di un siffatto ricorso, come risulta anche dai punti 234 e 235 della sentenza impugnata.

51      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto considerando, ai punti 55 e 56 della sentenza impugnata, che i motivi, e anche gli argomenti sollevati dinanzi ad esso nell’ambito di un ricorso di annullamento di una decisione come quella controversa, sono ricevibili solo se sono già stati presentati nella richiesta di riesame del 2016, va rilevato il suo carattere inconferente in quanto il Tribunale ha comunque anche constatato, in subordine, l’infondatezza degli argomenti sollevati dalla ricorrente nel suo primo motivo, senza che tale valutazione di merito sia stata contestata nella presente impugnazione.

52      Infatti, l’argomento della ricorrente secondo cui solo l’introduzione attiva o l’impiego attivo di una sostanza «in un processo industriale» costituiscono un «uso» ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), del regolamento REACH, che è stato respinto in quanto irricevibile al punto 62 della sentenza impugnata, è stato respinto nel merito, in subordine, ai punti da 63 a 68 e 72 della sentenza impugnata.

53      Lo stesso vale anche per l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe in realtà autorizzato un «processo nel suo insieme», ossia il «riciclaggio di materiali contenenti una sostanza estremamente problematica», e concesso un’autorizzazione per un «trattamento di rifiuti di plastica», in violazione della normativa europea in materia di rifiuti, nonché l’argomento relativo allo status di «cessazione della qualifica di rifiuto», respinti dal Tribunale come irricevibili, rispettivamente, ai punti 75 e 87 della sentenza impugnata e, in ogni caso, in quanto infondati, rispettivamente, ai punti 76, 86, 88 e 89 della sentenza impugnata.

54      Allo stesso modo, l’argomento della ricorrente relativo alla valutazione del bilanciamento tra i rischi e i vantaggi, che è stato respinto in quanto irricevibile, al punto 200 della sentenza impugnata, è stato ritenuto infondato, comunque, al punto 204 di tale sentenza, e quello relativo all’analisi, presunta insufficiente, delle alternative proposte nella domanda di autorizzazione, per il fatto che essa non specificava la funzione del DEHP, respinto in quanto irricevibile, al punto 234 della sentenza impugnata, è stato ritenuto comunque infondato al punto 236 di tale sentenza.

55      Tutti gli argomenti addotti a sostegno del primo motivo sono infondati o inconferenti e devono, quindi, essere respinti.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

56      Con il suo secondo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha imposto un onere della prova troppo elevato alle organizzazioni non governative. Si riferisce, a questo proposito, ai punti 57, 112, 113, da 148 a 150 e da 248 a 251 della sentenza impugnata.

57      Essa si riferisce, tra l’altro, alla sentenza del 14 novembre 2013, ICdA e a./Commissione (T‑456/11, EU:T:2013:594, punto 61), in cui il Tribunale avrebbe imposto un livello della prova inferiore ad altri attori economici.

58      La Commissione sostiene che la ricorrente si limita, in realtà, a reiterare gli argomenti presentati in prima istanza e che il secondo motivo è in ogni caso infondato.

59      L’ECHA sostiene gli argomenti della Commissione.

 Giudizio della Corte

60      A questo proposito, è importante ricordare che dalla giurisprudenza della Corte risulta che, al fine di precisare i motivi di riesame nel modo richiesto, chi chiede il riesame interno di un atto amministrativo ai sensi del diritto dell’ambiente è tenuto ad indicare gli elementi di fatto o gli argomenti di diritto sostanziali che possono far sorgere dubbi plausibili, ossia seri, quanto alla valutazione svolta dall’istituzione o dall’organo dell’Unione nell’atto considerato (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2019, TestBioTech e a./Commissione, C‑82/17 P, EU:C:2019:719, punto 69).

61      Orbene, per quanto riguarda le carenze addotte dalla ricorrente nella valutazione dei rischi fornita dalle richiedenti l’autorizzazione, il Tribunale non si è pronunciato, ai punti 112 e 113 della sentenza impugnata, sul livello di prova richiesto alla ricorrente, ma ha dichiarato, al punto 114 della sentenza impugnata, che gli argomenti addotti dalla ricorrente al riguardo fossero inconferenti.

62      Inoltre, ai punti 148 e 149 della sentenza impugnata, il Tribunale si è limitato a rilevare l’insufficienza degli argomenti dedotti dalla ricorrente, ritenendo che quest’ultima non potesse invocare in maniera isolata le carenze del rapporto sulla sicurezza, senza contestare in maniera circostanziata la valutazione del CASE secondo cui l’autorizzazione poteva essere concessa nel caso di specie.

63      Nell’effettuare tale valutazione, il Tribunale si è quindi limitato a trarre le conseguenze del principio ricordato al punto 60 della presente sentenza.

64      Per quanto riguarda l’analisi delle alternative, occorre rilevare che, ai punti da 248 a 250 della sentenza impugnata, cui si fa riferimento nell’impugnazione, il Tribunale ha ritenuto che la ricorrente non avesse fornito alcun elemento che mettesse in discussione le valutazioni dei fatti operate dalla Commissione nella decisione controversa per quanto riguarda l’indisponibilità di soluzioni alternative. Tale conclusione era fondata sulla constatazione che, da un lato, la ricorrente non aveva spiegato su quale base la Commissione fosse potuta pervenire a un risultato diverso da quello contenuto nel parere del CASE al riguardo e che, dall’altro, essa non aveva, in ogni caso, neppure contestato, in modo specifico, nella sua richiesta di riesame del 2016, la conclusione complessiva tratta dalla Commissione quanto all’indisponibilità di soluzioni alternative.

65      Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non risulta quindi da detti punti che il Tribunale le avesse imposto di fornire un’analisi completa delle soluzioni alternative al posto delle richiedenti l’autorizzazione, ma solo che esso ha constatato che la ricorrente non aveva indicato elementi di fatto o argomenti giuridici sostanziali tali da far sorgere dubbi plausibili sulla valutazione operata dalla Commissione.

66      Da quanto precede risulta che nei punti della sentenza impugnata menzionati nel secondo motivo non vi è nulla che suggerisca che il Tribunale abbia imposto un onere della prova troppo elevato alla ricorrente, e l’argomento di quest’ultima secondo cui un livello di prova inferiore sarebbe stato imposto ad altri operatori economici in un caso diverso dal presente non può pertanto, comunque, essere accolto.

67      Ne consegue che il secondo motivo è infondato e deve essere respinto.

 Sul terzo motivo

 Argomenti delle parti

68      Con il terzo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato il regolamento REACH e, in particolare, il suo articolo 55, ritenendo, ai punti 71, 72, 79, 91, 162, 238 e da 242 a 244 della sentenza impugnata, che la riduzione della produzione di DEHP vergine, resa possibile dall’uso di DEHP riciclato, potesse costituire un uso conforme al regolamento REACH e la base per una corretta analisi delle soluzioni alternative.

69      In primo luogo, essa sostiene che il ragionamento del Tribunale si basa su un presupposto errato, poiché il regime di autorizzazione previsto dal regolamento REACH riguarda non la produzione di tali sostanze nell’Unione, ma il loro uso o la loro immissione sul mercato ai fini dell’uso, come risulta dall’articolo 56 di tale regolamento. Gli articoli in cui il DEHP è già incorporato potrebbero, inoltre, essere importati legalmente nell’Unione.

70      In secondo luogo, essa solleva che, nel fare ciò, il Tribunale ha erroneamente considerato, al punto 91 della sentenza impugnata, che altri preparati, senza DEHP, potessero costituire alternative pertinenti, senza tener conto della reale funzione del DEHP, che è quella di consentire la flessibilità del materiale. Allo stesso modo, il Tribunale avrebbe, a torto, ritenuto sufficiente, al punto 247 della sentenza impugnata, il semplice riferimento ad altre fonti di PVC (vergine) contenenti altri plastificanti, senza nemmeno nominare questi ultimi o menzionare le proprietà di flessibilità del materiale.

71      Essa aggiunge che, sebbene l’articolo 55 del regolamento REACH preveda una sostituzione «progressiva» delle sostanze, tale sostituzione deve tuttavia avvenire non appena le soluzioni alternative sono disponibili, contrariamente a quanto risulta dai punti 243 e 244 della sentenza impugnata. Considerando che altri plastificanti o materiali flessibili sarebbero irrilevanti per questa valutazione, il Tribunale impedirebbe una siffatta sostituzione. Essa aggiunge che era di pubblico dominio la circostanza che altri plastificanti più sicuri fossero disponibili per fabbricare un prodotto in plastica flessibile.

72      Nella sua replica, la ricorrente sostiene di non aver confuso le nozioni di «uso» e di «funzione» della sostanza, ma che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, è la funzione svolta dalla sostanza il criterio rilevante per l’analisi delle soluzioni alternative. Quindi, se una sostanza svolge una funzione in un preparato, l’analisi delle soluzioni alternative dovrebbe necessariamente essere fondata su di essa.

73      Inoltre, la Commissione sbaglierebbe nell’affermare che l’analisi delle alternative deve essere effettuata dal punto di vista delle richiedenti l’autorizzazione.

74      La Commissione sostiene che questo motivo non può essere accolto.

75      L’ECHA sostiene gli argomenti della Commissione.

 Giudizio della Corte

76      È importante rilevare che, dei vari punti della sentenza impugnata menzionati dalla ricorrente nel suo terzo motivo, solo i punti 238 e da 242 a 244 di tale sentenza fanno parte della motivazione di quest’ultima relativa alla violazione dell’articolo 55 del regolamento REACH e dell’articolo 60, paragrafi 4 e 5, dello stesso regolamento, per quanto riguarda l’analisi delle soluzioni alternative.

77      Va parimenti constatato che, anche se l’analisi del Tribunale sulla conformità delle soluzioni alternative prese in considerazione dalla Commissione rientra nella valutazione dei fatti, il terzo motivo solleva, tuttavia, anche una questione di diritto, in quanto riguarda le condizioni in cui la Commissione deve valutare le soluzioni alternative.

78      Va ricordato, a questo proposito, come risulta dai termini dell’articolo 60, paragrafi 2 e 4, del regolamento REACH, che i regimi di autorizzazione previsti da tali disposizioni riguardano l’immissione sul mercato ai fini dell’uso o l’uso della sostanza oggetto della domanda di autorizzazione.

79      Inoltre, l’articolo 3, punto 24, del regolamento REACH definisce la nozione di «uso» in senso lato come «ogni operazione di trasformazione, formulazione, consumo, immagazzinamento, conservazione, trattamento, (...), miscelazione, produzione di un articolo o ogni altra utilizzazione» e l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento impone un’autorizzazione non solo per l’uso di una sostanza isolatamente, ma anche quando quest’ultima è contenuta in un preparato.

80      Pertanto, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto quando ha dichiarato, al punto 238 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva legittimamente ritenuto che l’autorizzazione concessa nel caso di specie riguardasse l’uso del DEHP, in quanto contenuto «in un preparato».

81      Ne consegue anche che il Tribunale ha giustamente considerato, al punto 239 della sentenza impugnata, che la valutazione delle alternative poteva quindi essere effettuata in relazione a tale «preparato» invece che rispetto alla sostanza in esso contenuta.

82      Quanto alla questione se il Tribunale abbia comunque commesso un errore di diritto nel ritenere, in particolare, al punto 238 della sentenza impugnata, che la Commissione avesse legittimamente ritenuto che una delle «funzioni» del DEHP, prese in considerazione per esaminare le soluzioni alternative, fosse quella di «ridurre la quantità di plastificanti che deve essere aggiunta per la produzione di articoli in PVC morbido a partire da materiale in PVC morbido riciclato», va rilevato che non risulta dai punti della sentenza impugnata menzionati dalla ricorrente nel suo terzo motivo che il Tribunale avrebbe dovuto invalidare l’analisi delle alternative previste dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH per il fatto che la Commissione non avrebbe preso in considerazione e nemmeno menzionato la flessibilità del materiale, poiché risulta, al contrario, sia dal punto 238 della sentenza impugnata sia dal punto 242 della stessa, che la Commissione ha parimenti preso in considerazione la funzione del DEHP come plastificante.

83      Si deve anche aggiungere che, nella misura in cui sostiene che era di «pubblico dominio» la circostanza che altri plastificanti, più sicuri, fossero disponibili per fabbricare un prodotto in plastica flessibile, la ricorrente mette in discussione la valutazione dei fatti operata dal Tribunale. Una siffatta valutazione non può essere esaminata nel contesto della presente impugnazione, salvo il caso dello snaturamento dei fatti, che non è sollevato dalla ricorrente.

84      Inoltre, dal punto 244 della sentenza impugnata non risulta che il Tribunale avesse ritenuto che l’articolo 55 del regolamento REACH non richiedesse l’uso di soluzioni alternative quando queste sono disponibili. In effetti, al punto 244, il Tribunale si è limitato a ricordare che, come risulta dai termini stessi dell’articolo 55, lo scopo prefissato è quello di sostituire «progressivamente» le sostanze estremamente problematiche con idonee sostanze o tecnologie alternative «ove queste siano economicamente e tecnicamente valide».

85      Ne consegue che, poiché i vari argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno del suo terzo motivo sono infondati, quest’ultimo deve essere respinto.

 Sul quarto motivo

 Argomenti delle parti

86      Con il quarto motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ritenendo, ai punti da 104 a 111 della sentenza impugnata, che la valutazione della conformità della domanda di autorizzazione, prevista dall’articolo 60, paragrafo 7, del regolamento REACH, è puramente formale e non impone alla Commissione di verificare se le informazioni fornite dal richiedente soddisfino i requisiti sostanziali dell’articolo 62 di tale regolamento e dell’allegato I del medesimo.

87      La ricorrente sostiene di non contestare l’interpretazione dell’articolo 60, paragrafo 7, del regolamento REACH adottata dal Tribunale ai punti 104 e 106 della sentenza impugnata, nella parte in cui il Tribunale ritiene che spetti alla Commissione verificare se una domanda sia conforme ai requisiti dell’articolo 62 di tale regolamento da un punto di vista «formale», senza dover determinare se la relazione sulla sicurezza chimica «tragga le giuste conclusioni» con riguardo, in particolare, alle proprietà di una sostanza chimica.

88      La ricorrente sostiene che il Tribunale ha, tuttavia, commesso un errore su ciò che si intende per verifica «formale», in quanto ha precisato, al punto 109 della sentenza impugnata, che, anche se l’allegato I del regolamento REACH definisce gli elementi che devono necessariamente contenere taluni documenti presentati dal richiedente un’autorizzazione, come una relazione sulla sicurezza chimica, tale allegato non impone alla Commissione, nell’ambito dell’esame che ad essa incombe sulla base dell’articolo 60, paragrafo 7, di detto regolamento, in combinato disposto con l’articolo 62 di quest’ultimo, di esaminare tali elementi nel merito.

89      Essa fa valere che la sentenza impugnata è contraddittoria nella parte in cui il Tribunale ha affermato, al punto 109 di tale sentenza, che la Commissione non deve effettuare, in questa fase della procedura, una valutazione nel merito, mentre richiede, al punto 112 della sentenza impugnata, che la Commissione valuti se le informazioni fornite siano «verificabili», il che implica un certo esame del loro contenuto.

90      Essa afferma, da un lato, che un controllo di conformità, anche «formale», implica che la Commissione verifichi la conformità della relazione sulla sicurezza chimica con i requisiti specifici menzionati nell’allegato I del regolamento REACH, che prevede, segnatamente, dati sull’esposizione «rappresentativi e rilevati in modo adeguato». Dall’altro lato, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 62 e l’allegato I di tale regolamento ritenendo quindi, al punto 112 della sentenza impugnata, che i richiedenti l’autorizzazione avessero rispettato tali requisiti senza che una siffatta verifica fosse stata effettuata.

91      La Commissione sostiene che il quarto motivo non può essere accolto.

92      L’ECHA sostiene gli argomenti della Commissione.

 Giudizio della Corte

93      Secondo l’articolo 60, paragrafo 7, del regolamento REACH, un’autorizzazione è rilasciata soltanto se «la domanda è inoltrata conformemente alle prescrizioni dell’articolo 62».

94      Tale disposizione impone quindi alla Commissione di verificare se la domanda di autorizzazione contenga tutte le informazioni richieste dall’articolo 62 di tale regolamento e, in particolare, in forza del paragrafo 4, lettera d), di tale stessa disposizione, una relazione sulla sicurezza chimica, «elaborata a norma dell’allegato I, relativa ai rischi che comporta per la salute umana e/o per l’ambiente l’uso della o delle sostanze a motivo delle proprietà intrinseche di cui all’allegato XIV» del regolamento REACH.

95      Come la ricorrente riconosce nella sua impugnazione, ne consegue che il Tribunale ha giustamente dichiarato, ai punti 104 e 106 della sentenza impugnata, che dall’articolo 60, paragrafo 7, del regolamento REACH discende che la Commissione verifichi se una domanda di autorizzazione sia conforme alle prescrizioni dell’articolo 62 di tale regolamento da un punto di vista formale, senza che essa sia tenuta in tale fase a valutare la fondatezza degli elementi forniti e, in particolare, se la relazione sulla sicurezza chimica di una sostanza «tragga le giuste conclusioni» con riguardo alle proprietà di quest’ultima.

96      Inoltre, l’esame della verificabilità degli elementi così richiesti costituisce un esame distinto dall’esame della loro fondatezza, di modo che la ricorrente non può validamente invocare una contraddizione tra il punto 109 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha affermato che la Commissione non è tenuta ad esaminare nel merito, in tale fase del procedimento, gli elementi che il richiedente deve fornire ai sensi dell’allegato I del regolamento REACH, e il punto 112 di tale medesima sentenza, la quale ha precisato che i documenti da fornire ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 4, di tale regolamento, devono essere verificabili.

97      Inoltre, è importante chiarire che, sebbene il controllo che incombe alla Commissione ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 7, del regolamento REACH, letto in combinato disposto con l’articolo 62 dello stesso regolamento, non deve certo essere superficiale e impone a tale istituzione di verificare almeno la presenza delle informazioni e dei documenti richiesti da tale regolamento, un esame come quello prospettato dalla ricorrente per quanto riguarda il rispetto dei requisiti dell’allegato I del regolamento REACH porterebbe la Commissione a pronunciarsi anche sulla qualità dei dati inoltrati, e ad anticipare l’analisi sostanziale che dovrà essere successivamente effettuata dall’istituzione per determinare se le condizioni cui è soggetta un’autorizzazione siano soddisfatte.

98      Ne consegue che il quarto motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul quinto motivo

 Argomenti delle parti

99      Con il quinto motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ritenendo, ai punti da 131 a 138 della sentenza impugnata, che l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH consenta alla Commissione di pronunciarsi sul bilanciamento dei rischi e dei vantaggi senza che le informazioni sui rischi soddisfino i requisiti dell’allegato I di tale regolamento.

100    Essa sostiene altresì che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale ai punti 135 e 136 della sentenza impugnata, il regolamento REACH richiede che la valutazione dell’esposizione al rischio si riferisca specificamente all’uso della sostanza per cui si chiede l’autorizzazione e sia rappresentativa di tale uso.

101    Essa aggiunge che l’articolo 62, paragrafo 4, lettera d), del regolamento REACH richiede una relazione sulla sicurezza chimica conformemente all’allegato I di tale regolamento, indipendentemente dalla base giuridica invocata per il rilascio dell’autorizzazione.

102    Fa anche riferimento all’articolo 60, paragrafo 10, del regolamento REACH, che impone al titolare dell’autorizzazione di provvedere affinché l’esposizione sia ridotta al livello più basso tecnicamente e praticamente possibile, indipendentemente dal fatto che l’autorizzazione sia rilasciata ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 2, o dell’articolo 60, paragrafo 4, di tale regolamento.

103    Nella sua replica, la ricorrente aggiunge che, in ogni caso, i punti 130 e 131 della sentenza impugnata non confermano esplicitamente che la relazione sulla sicurezza chimica debba essere almeno altrettanto completa e accurata ai fini di un’applicazione dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, quanto lo è per l’applicazione dell’articolo 60, paragrafo 2, dello stesso, e chiede alla Corte di precisare che così dev’essere.

104    Essa fa valere inoltre di non aver confuso, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l’analisi qualitativa effettuata dal CASE e la valutazione dei rischi menzionata all’allegato I del regolamento REACH, ma ritiene tuttavia che esista un nesso tra l’analisi socioeconomica del rischio, comprendente dati qualitativi, e la valutazione sottesa del rischio effettuata dal richiedente ai sensi di detto allegato I, che può includere dati qualitativi solo in un numero limitato di circostanze. Sostiene che le prove prodotte dalle richiedenti l’autorizzazione erano gravemente lacunose, così che era impossibile valutare adeguatamente il rischio stesso e soppesarlo correttamente rispetto ad altri fattori nell’ambito dell’analisi socio-economica.

105    La Commissione sostiene che il quinto motivo non può essere accolto.

106    L’ECHA sostiene gli argomenti della Commissione.

 Giudizio della Corte

107    È importante ricordare in via preliminare che, a norma dell’articolo 60, paragrafo 7, del regolamento REACH, un’autorizzazione è rilasciata soltanto se la domanda è inoltrata conformemente alle prescrizioni dell’articolo 62 di tale regolamento, articolo che fa riferimento, al suo paragrafo 4, lettera d), ad una relazione sulla sicurezza chimica, elaborata a norma dell’allegato I di tale regolamento, relativa ai rischi che comporta per la salute umana e/o per l’ambiente l’uso della o delle sostanze a motivo delle proprietà intrinseche di cui all’allegato XIV del regolamento REACH.

108    Inoltre, l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH si applica in alternativa all’articolo 60, paragrafo 2, dello stesso regolamento, quando un’autorizzazione non può essere concessa in applicazione di quest’ultima disposizione.

109    Dalla formulazione e dalla struttura di queste diverse disposizioni risulta che un’autorizzazione può essere rilasciata ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH solo se il richiedente ha presentato una relazione sulla sicurezza chimica elaborata conformemente all’allegato I di tale regolamento.

110    Orbene, dai punti della sentenza impugnata cui fa riferimento la ricorrente nel suo quinto motivo non risulta che il Tribunale abbia statuito diversamente.

111    Dalla sentenza impugnata non risulta neppure che il Tribunale abbia dichiarato che la relazione sulla sicurezza chimica fornita dalle richiedenti l’autorizzazione non fosse conforme ai requisiti dell’allegato I del regolamento REACH.

112    A questo proposito, al punto 112 della sentenza impugnata, il Tribunale ha peraltro rilevato, da un lato, che era pacifico tra le parti che, per quanto riguarda tale relazione, le richiedenti l’autorizzazione si erano conformate ai requisiti dell’allegato I del regolamento REACH e, dall’altro, che la ricorrente non aveva neanche fornito, nella sua richiesta di riesame del 2016, prove che giustificassero un’analisi diversa.

113    Occorre inoltre precisare che, anche se il Tribunale ha affermato, al punto 131 della sentenza impugnata, che l’esistenza di incertezze o carenze in tale relazione poteva sollevare la questione se, sulla base dei fatti e delle prove di cui la Commissione disponeva, potesse essere rilasciata un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, si tratta tuttavia di una questione distinta da quella oggetto del presente motivo.

114    Ne consegue che il quinto motivo è infondato e deve essere respinto.

 Sul sesto motivo

 Argomenti delle parti

115    Con il suo sesto motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto ritenendo, ai punti da 216 a 224 della sentenza impugnata, che solo le informazioni circa le proprietà intrinseche di una sostanza che sono state incluse nell’allegato XIV del regolamento REACH sono rilevanti per la valutazione dei rischi prevista dall’articolo 60, paragrafo 4, di quest’ultimo, e non i dati relativi alle proprietà intrinseche, che sono incluse nell’elenco delle sostanze candidate di cui all’articolo 59, paragrafo 1, del regolamento REACH, ma non sono menzionate in tale allegato.

116    Essa ritiene quindi che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione le informazioni sulle proprietà di interferente endocrino del DEHP che hanno portato l’ECHA a identificare, nel dicembre 2014, il DEHP come sostanza estremamente problematica, ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH.

117    Essa sostiene che il Tribunale si è, erroneamente, basato unicamente su un’interpretazione letterale dell’articolo 60, paragrafo 2, e dell’articolo 62, paragrafo 4, del regolamento REACH, senza prendere in considerazione il contesto né lo scopo perseguito dal legislatore dell’Unione.

118    Essa evidenzia, inoltre, che il Tribunale ha indicato, da un lato, al punto 216 della sentenza impugnata, che la Commissione è tenuta ad esaminare d’ufficio tutte le informazioni pertinenti a sua disposizione al momento dell’adozione della sua decisione, senza che la valutazione dei rischi sia limitata all’esame delle informazioni fornite nella domanda di autorizzazione, e, dall’altro, al punto 217 di tale sentenza, che non discende direttamente dalla formulazione dell’articolo 60, paragrafo 4, prima frase, del regolamento REACH che la valutazione deve basarsi unicamente sulle informazioni circa le proprietà intrinseche della sostanza in esame, come indicate nell’allegato XIV di tale regolamento.

119    Essa sostiene anche che l’allegato XVI di tale regolamento non limita la portata dei «vantaggi per la salute umana o per l’ambiente» rilevanti per la realizzazione di un’analisi socioeconomica.

120    Inoltre, il Tribunale non spiegherebbe perché l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH non si riferisce alle sole proprietà menzionate nell’allegato XIV di tale regolamento, a differenza della formulazione dell’articolo 60, paragrafo 2, di tale regolamento, e dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera d), dello stesso.

121    Nella sua replica, la ricorrente fa valere che, nella sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA (C‑419/17 P, EU:C:2019:52), citata dalla Commissione nel suo controricorso, la Corte non si è pronunciata sugli obblighi della Commissione nella sua valutazione di una domanda di autorizzazione.

122    La Commissione sostiene che il sesto motivo non può essere accolto.

123    L’ECHA sostiene gli argomenti della Commissione.

 Giudizio della Corte

124    È importante rilevare che, sebbene i punti da 216 a 223 della sentenza impugnata cui fa riferimento la ricorrente nel suo sesto motivo siano presentati dal Tribunale, al punto 216 della sentenza impugnata, come esaminati «in subordine», il sesto motivo non presenta tuttavia carattere inconferente poiché tali punti comportano effettivamente un’analisi complementare e non sussidiaria a quella esposta ai punti da 211 a 215 di tale sentenza.

125    Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, non risulta che la Corte si sia pronunciata sulla questione sollevata nell’ambito del sesto motivo nella sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA (C‑419/17 P, EU:C:2019:52).

126    Pertanto, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto nell’affermare, ai punti da 217 a 220 della sentenza impugnata, che, anche se non risulta direttamente dal testo della prima frase dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, che la valutazione dei rischi che la Commissione deve effettuare su tale fondamento debba basarsi solo sulle informazioni circa le proprietà intrinseche della sostanza in esame, come indicate nell’allegato XIV di tale regolamento, i termini dell’articolo 60, paragrafo 2, e dell’articolo 62, paragrafo 4, lettera d), di tale regolamento, che fanno esplicito riferimento alle proprietà intrinseche di cui all’allegato XIV dello stesso regolamento, consentono di concludere in tal senso.

127    Il Tribunale ha quindi giustamente dichiarato, ai punti da 221 a 223 della sentenza impugnata, che non devono essere prese in considerazione in tale valutazione eventuali informazioni sulle proprietà intrinseche di una sostanza che siano state incluse nell’elenco delle sostanze candidate di cui all’articolo 59, paragrafo 1, del regolamento REACH, ma non siano state incluse nell’allegato XIV di tale regolamento, atteso, da un lato, che non si tratta solo di due diverse fasi della procedura di autorizzazione prevista da tale regolamento e, dall’altro, che la mera inclusione di talune proprietà intrinseche di una sostanza nell’elenco delle sostanze candidate non implica necessariamente o automaticamente l’inclusione di tali proprietà nell’allegato XIV di tale regolamento.

128    Inoltre, non risulta né dal tenore letterale, né dalla sistematica dell’allegato XVI del regolamento REACH, relativo agli elementi che possono essere inclusi in un’analisi socioeconomica, che si debba adottare un’interpretazione diversa.

129    Ne consegue che il sesto motivo è infondato e deve essere respinto.

 Sul settimo motivo

 Argomenti delle parti

130    Con il suo settimo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato il principio di precauzione ai punti da 284 a 295 della sentenza impugnata.

131    Essa afferma che il Tribunale ha interpretato in maniera erronea il suo motivo e di aver fatto valere non che tale principio obbligasse la Commissione a rifiutare l’autorizzazione qualora le condizioni dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH fossero soddisfatte, bensì che esso dovesse guidare la valutazione dell’istituzione nell’applicazione di tale disposizione.

132    A suo parere, qualora, come nel caso di specie, talune carenze avessero impedito una valutazione adeguata del rischio, la Commissione sarebbe stata tenuta a considerare che il richiedente l’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, non aveva assolto l’onere di provare che le condizioni necessarie per ottenere tale autorizzazione fossero soddisfatte.

133    La ricorrente sostiene inoltre che, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, il principio di precauzione non si limita a conferire alle autorità pubbliche il potere di adottare una determinata misura, ma vincola la loro azione, come risulta, in particolare, dalle sentenze del 9 settembre 2011, Dow AgroSciences e a./Commissione (T‑475/07, EU:T:2011:445, punto 144) e del 25 luglio 2018, Confédération Paysanne e a. (C‑528/16, EU:C:2018:583, punto 50).

134    Il Tribunale avrebbe quindi commesso un errore di diritto nel ritenere che la valutazione socioeconomica prevista dall’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH avesse «sollevato» la Commissione dal suo obbligo di applicare il principio di precauzione nell’attuazione di tale disposizione.

135    La Commissione sostiene che il settimo motivo è infondato.

136    L’ECHA sostiene gli argomenti della Commissione.

 Giudizio della Corte

137    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, dai punti della sentenza impugnata menzionati nell’ambito del suo settimo motivo non risulta che la Commissione non sarebbe tenuta ad applicare il principio di precauzione nell’esame di una domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH.

138    In sostanza, il Tribunale ha ricordato al punto 292 di tale sentenza che l’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH costituisce l’espressione della necessaria presa in considerazione di tale principio e del principio di proporzionalità nel caso in cui una delle condizioni di cui all’articolo 60, paragrafo 2, di tale regolamento non sia soddisfatta, nella specie quella riguardante la prova del controllo del rischio per la salute umana o per l’ambiente che l’uso della sostanza in parola comporta.

139    Inoltre, non si può validamente sostenere che il principio di precauzione osti al rilascio di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 60, paragrafo 4, del regolamento REACH, per il solo motivo della mancanza di prova del controllo del rischio, a meno che non si metta in discussione la validità di tale disposizione, che consente il rilascio di un’autorizzazione in un caso simile.

140    Orbene, la ricorrente contesta non la validità di questa disposizione, ma il modo in cui dev’essere applicata.

141    Alla luce di quanto sopra, il settimo motivo non può quindi essere accolto.

142    Di conseguenza, poiché tutti i motivi sono stati respinti, l’impugnazione deve essere interamente respinta.

 Sulle spese

143    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese.

144    L’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.

145    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

146    A norma dell’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura, una parte interveniente in primo grado, che non abbia proposto essa stessa l’impugnazione, può essere condannata alle spese del procedimento di impugnazione solo se ha partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte. In tal caso, la Corte può decidere che le spese da essa sostenute restino a suo carico.

147    Conformemente a tali disposizioni, l’ECHA, interveniente in primo grado, deve sopportare le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La ClientEarth è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) sopporta le proprie spese.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.