Language of document : ECLI:EU:T:2018:480

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

13 luglio 2018 (*)

«Funzione pubblica – Agenti contrattuali – Indennità di dislocazione – Articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto – Periodo decennale di riferimento – Cittadinanza dello Stato della sede di servizio – Residenza nello Stato della sede di servizio – Funzioni svolte presso un’organizzazione internazionale – Contratto di lavoro interinale»

Nella causa T-273/17,

Alessandro Quadri di Cardano, agente contrattuale dell’Agenzia esecutiva per l’innovazione e le reti (INEA), residente in Alicante (Spagna), rappresentato inizialmente da N. de Montigny e J.-N. Louis, successivamente da N. de Montigny, avocats,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da T. Bohr e M. Mensi, successivamente da T. Bohr e L. Radu Bouyon, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta all’annullamento della decisione del 19 luglio 2016 dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione, nella parte in cui essa ha negato al ricorrente la concessione dell’indennità di dislocazione in occasione della sua entrata in servizio presso l’INEA,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da M. Prek, presidente, F. Schalin e M. J. Costeira (relatore), giudici,

cancelliere: G. Predonzani, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 aprile 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Dati personali del ricorrente

1        Il ricorrente, sig. Alessandro Quadri di Cardano, è nato il 19 aprile 1980 a Bologna (Italia), da padre italiano e madre belga, e possiede la doppia cittadinanza italiana e belga.

2        Il ricorrente ha risieduto in Italia sino al 2006, compiendo ivi i suoi studi primari, secondari e universitari.

3        Dal 13 settembre 2006 al 22 giugno 2007, il ricorrente ha seguito un master presso il Collège d’Europe, a Bruges (Belgio).

4        Dal 21 settembre 2007, il ricorrente è iscritto presso il consolato italiano, a Bruxelles (Belgio). Il 6 dicembre 2008, egli si è sposato a Bruxelles, con una cittadina belga, residente a Bruxelles, con la quale ha avuto tre figli, nati a Bruxelles negli anni 2010, 2013 e 2015. La moglie del ricorrente svolge un’attività a Bruxelles. Dal 18 febbraio 2009, il ricorrente è iscritto nel registro anagrafico di Schaerbeek (Belgio).

 Carriera lavorativa del ricorrente

5        Dal 2 maggio al 28 luglio 2006, il ricorrente ha seguito un tirocinio a Bruxelles all’ufficio di rappresentanza presso le istituzioni dell’Unione europea della Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige.

6        Il ricorrente ha lavorato per il Parlamento europeo dal 4 settembre 2007 al 27 agosto 2008, in qualità di tirocinante, poi dal 28 agosto 2008 al 31 luglio 2009, in qualità di assistente parlamentare.

7        Dal 1o agosto 2009 al 31 gennaio 2010, il ricorrente ha lavorato per il Parlamento come assistente parlamentare accreditato.

8        Dal 1o febbraio 2010 al 31 gennaio 2013, il ricorrente è stato assunto dalla Commissione europea in qualità di agente contrattuale ausiliario presso la direzione generale (DG) «Ricerca e innovazione». Il ricorrente ha raggiunto la durata massima di tre anni nello svolgimento di tali mansioni di agente contrattuale, secondo le norme in vigore a tale data.

9        Il nominativo del ricorrente è stato incluso nell’elenco degli agenti contrattuali proposti per un contratto di lavoro interinale in seno alla DG «Ricerca e innovazione».

10      Con lettera del 20 novembre 2012, il direttore della direzione R della DG «Ricerca e innovazione» ha informato il ricorrente che avrebbe potuto essergli offerto, a partire dal 1o febbraio 2013, un contratto di lavoro interinale per un periodo iniziale di sei mesi (con una pausa nel mese di agosto).

11      Il 29 gennaio 2013, il ricorrente ha creato un profilo presso la società R. e ha sottoscritto il suo primo contratto di lavoro interinale con tale società.

12      Complessivamente, i contratti di lavoro interinale tra il ricorrente e la società R. sono stati conclusi per un primo periodo compreso tra il 1o febbraio e il 31 luglio 2013, poi per un secondo periodo compreso tra il 1o e il 13 settembre 2013 (in prosieguo, nel loro insieme, il «periodo di lavoro interinale»).

13      Durante il periodo di lavoro interinale, il ricorrente ha lavorato come agente interinale presso la DG «Ricerca e innovazione».

14      Durante il periodo di lavoro interinale, il ricorrente ha partecipato a varie azioni di formazione messe a disposizione del personale della Commissione.

15      Durante il mese di agosto 2013, il ricorrente ha beneficiato delle prestazioni di disoccupazione comunitarie, dopo essere stato escluso dal beneficio delle prestazioni di disoccupazione belghe.

16      Tra il 2012 e il 2013, il ricorrente ha presentato la sua candidatura presso varie istituzioni e organismi dell’Unione, situati fuori dal Belgio.

17      Il capo unità R.1 della DG «Ricerca e innovazione» ha emesso una dichiarazione, in data 5 ottobre 2016, attestante che il ricorrente era stato assunto dalla Commissione presso la DG «Ricerca e innovazione» e assegnato all’unità RTD.B2, in qualità di agente contrattuale dal 1o febbraio 2010 al 31 gennaio 2013 e in qualità di agente interinale dal 1o febbraio al 31 luglio 2013 e dal 1o al 13 settembre 2013.

18      Dal 16 settembre 2013 al 15 maggio 2014, il ricorrente ha lavorato presso il Parlamento in qualità di agente contrattuale.

19      Dal 16 maggio 2014 al 15 luglio 2016, il ricorrente ha lavorato presso l’Agenzia esecutiva per le piccole e medie imprese (EASME), in qualità di agente contrattuale.

20      Il 16 luglio 2016, il ricorrente è stato assunto, come agente contrattuale, dall’Agenzia esecutiva per l’innovazione e le reti (INEA).

 Decisione impugnata e altre decisioni concernenti l’indennità di dislocazione

21      Per il periodo dal 1o agosto 2009 al 31 gennaio 2010, nel quadro del contratto con il Parlamento in qualità di assistente parlamentare accreditato menzionato al precedente punto 7, il ricorrente ha ricevuto l’indennità di dislocazione in applicazione dell’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»).

22      Il 28 ottobre 2010, il luogo di origine del ricorrente è stato fissato a Bologna, a decorrere dal 1o febbraio 2010.

23      Per il periodo dal 1o febbraio 2010 al 31 gennaio 2013, nell’ambito del contratto di agente contrattuale ausiliario presso la DG «Ricerca e innovazione», menzionato al precedente punto 8, il ricorrente ha ricevuto l’indennità di dislocazione.

24      Per il periodo dal 16 settembre 2013 al 15 maggio 2014, nell’ambito del contratto di agente contrattuale presso il Parlamento, menzionato al precedente punto 18, con decisione del Parlamento del 24 ottobre 2013, al ricorrente non è stata concessa l’indennità di dislocazione. Il ricorrente non ha proposto ricorso giurisdizionale avverso la decisione del Parlamento con la quale quest’ultimo ha rigettato il suo reclamo contro la decisione di non accordargli l’indennità di dislocazione.

25      Per il periodo dal 16 maggio 2014 al 15 luglio 2016, nell’ambito del contratto di agente contrattuale presso l’EASME, menzionato al precedente punto 19, il ricorrente ha ricevuto l’indennità di dislocazione.

26      Per il periodo in corso a partire dal 16 luglio 2016, nell’ambito del contratto di agente contrattuale presso l’INEA, menzionato al precedente punto 20, con decisione del 19 luglio 2016 dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione (in prosieguo: la «decisione impugnata»), l’indennità di dislocazione non è stata concessa al ricorrente.

27      Il 17 ottobre 2016, il ricorrente, conformemente all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, ha presentato un reclamo avverso la decisione impugnata.

28      Con decisione del 3 febbraio 2017, l’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (AACC) della Commissione ha respinto tale reclamo in quanto, in sostanza, non poteva ritenersi che il ricorrente, una delle cui cittadinanze era quella belga, non avesse mantenuto o non avesse instaurato un legame con il Belgio durante il periodo di riferimento conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto. Infatti, secondo l’AACC, durante tale periodo, che va dal 15 luglio 2006 al 15 luglio 2016, il ricorrente aveva preso residenza a Bruxelles, città in cui si era sposato e aveva avuto tre figli. Per giunta, per sei mesi e due settimane, tra il febbraio e il settembre 2013, il ricorrente ha svolto attività lavorative private a Bruxelles in quanto agente interinale, periodo di lavoro, questo, che non può essere considerato come servizio prestato presso un’organizzazione internazionale. Inoltre, il ricorrente non ha dimostrato di aver avuto la sua residenza abituale al di fuori del Belgio durante il periodo corrispondente al mese d’agosto 2013, periodo durante il quale egli era disoccupato.

29      Il 28 febbraio 2017, il PMO ha adottato, a titolo di ripetizione dell’indebito, una decisione per recuperare l’indennità di dislocazione, di cui al precedente punto 25, versata al ricorrente nell’ambito del contratto di agente contrattuale presso l’EASME.

 Proposta di contratti di lavoro interinale per taluni agenti contrattuali

30      Il 30 maggio 2012, il vicepresidente della Commissione ha inviato, all’attenzione delle organizzazioni sindacali e professionali rappresentative, una nota riguardante in particolare l’iter legislativo di revisione dello Statuto in corso e «le disposizioni transitorie di cui potrebbero beneficiare gli agenti contrattuali che raggiungeranno la durata massima di servizio in seno alla Commissione nei prossimi mesi». A tale riguardo, la nota menzionava in particolare, da un lato, «l’impossibilità di derogare alle norme statutarie in vigore» e, dall’altro, che sarebbe stato ricordato ai servizi che «gli stanziamenti del pacchetto globale [avrebbero potuto] servire anche a finanziare contratti di agenti interinali nel rispetto delle disposizioni nazionali applicabili».

31      Con nota del 16 ottobre 2012, il direttore generale della DG «Ricerca e innovazione» ha informato i direttori della citata direzione che, in attesa di un accordo politico completo sullo Statuto, si suggeriva di offrire un posto di agente interinale a taluni agenti contrattuali i cui contratti giungevano a termine nel corso del primo semestre 2013 e il cui lavoro era essenziale per il buon funzionamento della DG.

32      Durante gli anni 2012 e 2013, la Commissione ha predisposto parecchie domande di contratti di lavoro interinale, compreso quello del ricorrente.

 Procedimento e conclusioni delle parti

33      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 maggio 2017, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

34      Il 17 luglio 2017 è stato depositato presso la cancelleria del Tribunale il controricorso della Commissione.

35      Il 7 settembre e il 18 ottobre 2017 sono state rispettivamente depositate presso la cancelleria del Tribunale la replica e la controreplica.

36      Le difese orali delle parti e le risposte di queste ultime ai quesiti rivolti dal Tribunale sono state sentite all’udienza del 10 aprile 2018.

37      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

38      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

39      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi. Il primo motivo è fondato su un errore di diritto, sulla violazione delle disposizioni di legge belghe in materia di contratti di lavoro interinale e sull’elusione della legge. Il secondo motivo è fondato sullo sviamento di potere e sull’abuso di potere. Il terzo motivo è fondato su un errore manifesto di valutazione e sulla violazione del principio di buona amministrazione. Il quarto motivo è fondato sulla violazione delle legittime aspettative del ricorrente e dei principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e dei diritti acquisiti.

40      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare insieme il primo e il terzo motivo.

 Sul primo e sul terzo motivo, fondati su un errore di diritto, sulla violazione delle disposizioni belghe in materia di contratti di lavoro interinale, sull’elusione della legge, su un errore manifesto di valutazione e sulla violazione del principio di buona amministrazione

41      Nell’ambito del primo e del terzo motivo, il ricorrente sostiene, in sostanza, che la decisione impugnata è inficiata da un errore di diritto, dalla violazione delle disposizioni di legge belghe in materia di contratti di lavoro interinale, dall’elusione della legge, da errore manifesto di valutazione e dalla violazione del principio di buona amministrazione.

42      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente. Inoltre, nella controreplica, relativamente al terzo motivo, la Commissione eccepisce l’irricevibilità della censura relativa alla violazione del principio di buona amministrazione.

43      Il primo e il terzo motivo possono essere divisi in tre parti. La prima parte riguarda il calcolo del periodo decennale di riferimento. La seconda parte riguarda la definizione del lavoro del ricorrente durante il periodo di lavoro interinale come non configurante l’esercizio di funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale, ai sensi dell’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto. La terza parte riguarda la residenza abituale del ricorrente durante il periodo decennale di riferimento.

44      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’indennità di dislocazione prevista dall’articolo 69 dello Statuto ha lo scopo di compensare gli oneri e gli svantaggi particolari risultanti dall’entrata in servizio presso l’Unione per i funzionari che, di conseguenza, sono tenuti a trasferire la loro residenza dallo Stato di residenza allo Stato della sede di servizio e ad integrarsi in un nuovo ambiente. La nozione di dislocazione dipende anche dalla situazione soggettiva del funzionario, vale a dire dal suo grado di integrazione nel suo nuovo ambiente, provato, ad esempio, dalla sua dimora abituale o dallo svolgimento di un’attività lavorativa principale (v. sentenza del 24 gennaio 2008, Adam/Commissione, C-211/06 P, EU:C:2008:34, punto 38 e giurisprudenza citata).

45      Si deve altresì ricordare che le condizioni di concessione dell’indennità di dislocazione, definite dall’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, sono applicabili agli agenti temporanei e agli agenti contrattuali, in forza, rispettivamente, dell’articolo 20 dello Statuto e dell’articolo 92 del Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea.

46      Per quanto riguarda più precisamente le condizioni di concessione dell’indennità di dislocazione previste dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, il funzionario che ha o ha avuto la cittadinanza dello Stato sul cui territorio si trova la sua sede di servizio deve dimostrare di aver abitato, in maniera abituale, per il periodo di dieci anni che scade alla data della sua entrata in servizio, fuori dal territorio europeo del citato Stato per un motivo diverso dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale.

47      Per giunta, per i funzionari in possesso della cittadinanza del paese della sede di servizio, la circostanza di avere ivi mantenuto o fissato la loro residenza abituale, anche solo per breve tempo nel corso del periodo decennale di riferimento, basta per comportare la perdita o il diniego del beneficio dell’indennità di dislocazione (sentenza del 27 febbraio 2015, CESE/Achab, T-430/13 P, EU:T:2015:122, punto 54).

48      Per quanto riguarda, in particolare, la nozione di residenza abituale, quest’ultima è stata interpretata in maniera costante dalla giurisprudenza come il luogo in cui l’interessato ha fissato, con la volontà di conferirgli un carattere stabile, il centro permanente o abituale dei suoi interessi. Inoltre, la nozione di residenza implica, indipendentemente dal dato puramente quantitativo del tempo trascorso dalla persona sul territorio dell’uno o dell’altro paese, oltre al fatto fisico di abitare in un determinato luogo, l’intento di conferire a tale fatto la continuità risultante da una consuetudine di vita e dall’intrattenimento di normali rapporti sociali (v. sentenza del 16 maggio 2007, F/Commissione, T-324/04, EU:T:2007:140, punto 48 e giurisprudenza citata).

49      Per quanto riguarda la delimitazione del periodo di riferimento, risulta dalla giurisprudenza che, riguardo all’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII allo Statuto, lo svolgimento di servizi per un altro Stato o un’organizzazione internazionale ha come conseguenza il mantenimento di un legame specifico dell’interessato con quest’altro Stato o con questa organizzazione internazionale, che osta pertanto alla nascita di un legame duraturo con lo Stato della sede di servizio e pertanto all’integrazione sufficiente di detto interessato nella società di quest’ultimo Stato. Posto che il servizio svolto presso uno Stato o un’organizzazione internazionale è ciò che si presume ostacoli la creazione di legami duraturi tra l’interessato e il paese della sede di servizio, una presunzione siffatta è parimenti valida per quanto concerne l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto, a prescindere dal fatto che la formulazione delle due disposizioni sia diversa. Pertanto, occorrerà tenere in considerazione, all’atto del calcolo del periodo decennale di riferimento, i periodi durante i quali l’interessato ha svolto funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale. Infatti, un metodo consistente nel non trarre nessuna conseguenza, per quanto concerne la delimitazione di detto periodo, dal fatto che sia stato svolto un lavoro per conto di uno Stato o di un’organizzazione internazionale violerebbe sia la lettera sia la finalità dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto, poiché esso assimilerebbe, in pratica, un lavoro siffatto al lavoro svolto per un qualsiasi altro datore di lavoro (v. sentenza del 25 settembre 2014, Grazyte/Commissione, T-86/13 P, EU:T:2014:815, punto 50 e giurisprudenza citata).

50      Per quanto riguarda la nozione di «organizzazione internazionale», occorre ricordare che le attività svolte in seno alle istituzioni e agli organi dell’Unione sono considerate come servizi effettuati per un’organizzazione internazionale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto (v., in questo senso, sentenza del 25 settembre 2014, Grazyte/Commissione, T-86/13 P, EU:T:2014:815, punti 33 e 34 e giurisprudenza citata).

51      Infine, secondo una giurisprudenza consolidata, spetta al funzionario interessato dimostrare che i presupposti indicati all’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto sono soddisfatti (v. sentenza del 21 gennaio 2014, Jelenkowska-Luca/Commissione, F-114/12, EU:F:2014:3, punto 15 e giurisprudenza citata).

52      È alla luce del contesto normativo e giurisprudenziale sopra esposto che occorre esaminare la fondatezza degli argomenti del ricorrente nell’ambito dei motivi primo e terzo.

 Sulla prima parte, riguardante il calcolo del periodo di riferimento

53      Con la prima parte dei motivi primo e terzo, il ricorrente sostiene, in sostanza, che la decisione impugnata ha erroneamente fissato il periodo decennale di riferimento tra il 2006 e il 2016. A questo proposito, il ricorrente precisa di contestare non il fatto che i suoi diritti statutari debbano essere nuovamente fissati all’atto della sua entrata in servizio presso l’INEA, ma il fatto che la Commissione abbia calcolato il periodo decennale di riferimento senza neutralizzare i periodi durante i quali egli ha esercitato funzioni presso un’organizzazione internazionale e senza dar luogo ad un prolungamento analogo del periodo di riferimento. Secondo il ricorrente, il periodo decennale di riferimento dovrebbe essere fissato a partire dal 1999 e con scadenza nel 2009, dato che occorre neutralizzare il periodo compreso tra la sua entrata in servizio presso il Parlamento (nel 2009) e la sua entrata in servizio presso l’INEA (nel 2016). Infatti, la sua residenza sul territorio belga durante tutto questo periodo, compreso il periodo di lavoro interinale, era giustificata dalle funzioni da lui svolte in seno ad un’organizzazione internazionale.

54      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

55      Nella fattispecie, è pacifico che il ricorrente chiede l’indennità di dislocazione a partire dalla sua entrata in servizio presso l’INEA, il 16 luglio 2016. Inoltre, risulta dagli elementi agli atti che il ricorrente è in possesso della cittadinanza dello Stato sul cui territorio si trova la sua sede di servizio, il Belgio, e della cittadinanza di un altro Stato membro, l’Italia.

56      Poiché il ricorrente ha la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sua sede di servizio, la sua situazione rientra nella fattispecie dell’agente che ha o ha «avuto la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio», prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

57      Pertanto, il periodo di riferimento pertinente è quello previsto all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, ossia «il periodo di dieci anni che scade al momento dell[’]entrata in servizio».

58      Inoltre, si deve rilevare che il ricorrente non contesta che i suoi diritti individuali, ivi compreso il beneficio dell’indennità di dislocazione, debbano essere fissati al momento della sua entrata in servizio presso l’INEA.

59      Ne consegue che il momento di scadenza del periodo decennale di riferimento è quello della data di entrata in servizio del ricorrente presso l’INEA.

60      Invece, contrariamente a quanto fa valere il ricorrente, per il calcolo del periodo decennale di riferimento non si deve, nella fattispecie, «neutralizzare» il periodo durante il quale sono state esercitate funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale, dando luogo ad un analogo prolungamento del periodo di riferimento.

61      A tal riguardo, occorre precisare che la giurisprudenza, citata al precedente punto 49, secondo la quale, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, si deve «neutralizzare», come nell’ambito dell’applicazione del paragrafo 1, lettera a), di detto articolo, il periodo durante il quale sono state svolte funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale, dando luogo ad un analogo prolungamento del periodo di riferimento, non è trasponibile al caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 25 settembre 2014, Grazyte/Commissione, T-86/13 P, EU:T:2014:815, punto 51). Infatti, nella fattispecie interessata da tale giurisprudenza, la «neutralizzazione» dei periodi di servizio per un’organizzazione internazionale e l’analogo prolungamento del periodo di riferimento mirano a verificare che la persona interessata abbia effettivamente trascorso dieci anni fuori dal territorio europeo dello Stato di cui essa ha o ha avuto la cittadinanza senza lavorare durante tali dieci anni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale (v., in questo senso, sentenza del 30 gennaio 2014, Ohrgaard/Commissione, F-151/12, EU:F:2014:8, punti 36 e 38, e giurisprudenza citata).

62      Ne risulta che, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, solo i periodi durante i quali l’interessato ha esercitato funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale «al di fuori» dello Stato della sede di servizio possono giustificare una neutralizzazione. Ne consegue che, nella fattispecie, ai fini del calcolo del periodo decennale di riferimento di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, non si debbono neutralizzare i periodi durante i quali il ricorrente ha esercitato funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale situata nello Stato della sede di servizio di cui egli ha la cittadinanza e non va prolungato in corrispondenza il periodo di riferimento.

63      Per contro, nella fattispecie, si deve prendere in considerazione l’esercizio di funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale per la determinazione della residenza abituale del ricorrente, in quanto si presume che tale fatto impedisca l’instaurazione di legami duraturi tra quest’ultimo e il paese della sede di servizio (v., in questo senso, sentenza del 25 settembre 2014, Grazyte/Commissione, T-86/13 P, EU:T:2014:815, punto 50). Tale questione verrà esaminata nell’ambito della terza parte, concernente la residenza abituale.

64      Risulta da quanto precede che giustamente la Commissione ha fissato il periodo decennale di riferimento tra il 15 luglio 2006 e il 15 luglio 2016, ossia il periodo scaduto al momento dell’entrata in servizio del ricorrente presso l’INEA e iniziato dieci anni prima.

 Sulla seconda parte, riguardante la definizione del lavoro del ricorrente durante il periodo di lavoro interinale

65      Con la seconda parte dei motivi primo e terzo, il ricorrente contesta la definizione del lavoro da lui svolto durante il periodo di lavoro interinale in maniera diversa dall’esercizio di funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale, ai sensi dell’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto. Secondo il ricorrente, durante tale periodo di lavoro interinale, esisteva, tra lui e la Commissione, un «rapporto giuridico diretto» che risulterebbe in particolare dal fatto che egli era stato assunto in qualità di agente interinale per provvedere alla sua stessa sostituzione presso la DG «Ricerca e innovazione», che egli riceveva istruzioni direttamente dalla Commissione e che non aveva alcun previo legame con la società R. Per giunta, il ricorrente fa valere che l’insieme degli elementi del caso di specie porterebbe a ritenere che il suo datore di lavoro, durante il periodo di lavoro interinale, non fosse la società di lavoro interinale R., ma proprio la Commissione, la quale non avrebbe rispettato la legge belga in materia di contratto di lavoro interinale. Pertanto, secondo il ricorrente, ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, doveva ritenersi che, a partire dalla sua entrata in servizio presso il Parlamento, nel 2009, egli non avesse svolto altre attività lavorative se non un’attività a beneficio delle istituzioni dell’Unione.

66      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

67      Nella fattispecie, si deve constatare che, come risulta dai precedenti punti da 8 a 13, dato che il lavoro del ricorrente aveva raggiunto la durata massima di tre anni di esercizio delle mansioni di agente contrattuale presso la DG «Ricerca e innovazione», il suo nominativo è stato incluso nell’elenco degli agenti contrattuali proposti da tale direzione generale per un contratto di lavoro interinale. Successivamente, il ricorrente ha sottoscritto più contratti di lavoro interinale con la società R. e, nell’ambito di tali contratti, ha lavorato presso la DG «Ricerca e innovazione» della Commissione, per un primo periodo, dal 1o febbraio al 31 luglio 2013, poi per un secondo periodo, dal 1o al 13 settembre 2013.

68      Al riguardo, da una parte, occorre rilevare che il Tribunale ha già dichiarato che la situazione degli impiegati delle società di lavoro interinale messi a disposizione delle istituzioni dell’Unione non corrispondeva ad una situazione «risultante da servizi effettuati per un’organizzazione internazionale» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto (v., in questo senso, sentenza dell’11 settembre 2002, Nevin/Commissione, T-127/00, EU:T:2002:211, punti 4, 6, 21, 32 e da 52 a 58). Infatti, tale lavoro interinale è caratterizzato da un rapporto triangolare tra il lavoratore, una società esterna e l’istituzione o l’organismo dell’Unione che implica la conclusione di due contratti: un primo contratto tra la società di lavoro interinale e l’istituzione o l’organismo dell’Unione e un secondo contratto tra il lavoratore interinale e la società di lavoro interinale (v., in questo senso, sentenza dell’11 settembre 2002, Nevin/Commissione, T-127/00, EU:T:2002:211, punto 53). Pertanto, tale rapporto è caratterizzato dalla presenza di una società privata intermediaria che realizza un utile mettendo un lavoratore a disposizione dell’istituzione dell’Unione o adibendolo all’esecuzione di determinati compiti in seno a quest’ultima o per conto della stessa. È l’intervento di tali società esterne in quanto intermediarie che non permette di concludere nel senso dell’esistenza di un rapporto giuridico diretto tra l’interessato e l’istituzione o l’organismo dell’Unione (v., in questo senso, sentenza del 19 giugno 2007, Asturias Cuerno/Commissione, T-473/04, EU:T:2007:184, punto 50).

69      Dall’altra parte, si deve ricordare che, a quanto risulta dalla giurisprudenza alla luce delle varie disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, l’espressione «situazioni risultanti da servizi effettuati per un’organizzazione internazionale» di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto ha una portata molto più ampia dei termini «esercizio di funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale» di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto (sentenza del 3 maggio 2001, Liaskou/Consiglio, T-60/00, EU:T:2001:129, punto 47).

70      Orbene, la giurisprudenza citata al precedente punto 68 si applica nel caso di specie, in quanto il periodo di lavoro interinale di cui trattasi si caratterizza anch’esso per l’esistenza di un rapporto triangolare tra il ricorrente, la società esterna R. e la Commissione. È quindi l’intervento della società R. con la quale il ricorrente ha sottoscritto i contratti di lavoro interinale, che non permette di concludere per l’esistenza di un rapporto giuridico diretto tra il ricorrente e la Commissione durante il periodo di lavoro interinale.

71      Per giunta, come sostiene la Commissione, la giurisprudenza citata al precedente punto 68 si impone a fortiori nel caso di specie, in quanto la situazione del ricorrente rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, la cui espressione «esercizio di funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale» ha una portata meno ampia rispetto all’espressione utilizzata all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, così come si è ricordato al precedente punto 69. Pertanto, non può ritenersi che il periodo di lavoro interinale, fondato su contratti di lavoro tra il ricorrente e una società di diritto privato, corrispondesse all’esercizio di funzioni «al servizio di un’organizzazione internazionale».

72      Tale valutazione giuridica relativa al lavoro interinale non può essere rimessa in discussione dall’argomento del ricorrente secondo il quale, nella fattispecie, esisterebbe, tra la Commissione e lui stesso, un rapporto diretto di subordinazione conseguente all’illegalità dei contratti di lavoro interinale alla luce della legge belga applicabile e del fatto che, nell’ambito di tali contratti, la Commissione non sarebbe l’«utilizzatore» ai sensi della legge belga, ma il suo «datore di lavoro».

73      Al riguardo, occorre considerare, innanzi tutto, che il presente ricorso non ha assolutamente ad oggetto l’esame della pretesa illegalità dei contratti di lavoro interinale, che il ricorrente non ha peraltro sottoposto all’esame dei giudici belgi competenti, ma verte unicamente sulla decisione che nega al ricorrente l’indennità di dislocazione in occasione della sua entrata in servizio presso l’INEA.

74      Pertanto, occorre innanzitutto constatare il carattere inconferente, ai fini dell’annullamento della decisione impugnata, dell’argomento del ricorrente relativo a pretese illegalità dei contratti di lavoro interinale (v., in questo senso e per analogia, sentenza del 9 giugno 2009, Nardin/Parlamento, F-12/08, EU:F:2009:57, punto 38).

75      Si deve poi rilevare che, nell’ambito del lavoro interinale, il rapporto tra il ricorrente e la Commissione si caratterizzava come un rapporto «meramente di fatto», dato che era la società di lavoro interinale che aveva la facoltà giuridica di esercitare il potere datoriale sul lavoratore interinale e che trasferiva di fatto all’utilizzatore l’esercizio di parte di tale potere durante il periodo di messa a disposizione del lavoratore (v., in questo senso, sentenza dell’11 settembre 2002, Nevin/Commissione, T-127/00, EU:T:2002:211, punto 57). La circostanza che il ricorrente abbia beneficiato delle azioni di formazione interne della Commissione durante il periodo di lavoro interinale non può rimettere in discussione tale valutazione, dato che tali formazioni possono essere considerate solo sul piano di tale rapporto de facto tra il ricorrente e la Commissione.

76      Inoltre, anche ammettendo che il ricorrente ricevesse istruzioni direttamente dalla Commissione, tale circostanza rimane conforme alla natura del lavoro interinale e compatibile con il rapporto triangolare descritto al precedente punto 68 (v., in questo senso, sentenza dell’11 settembre 2002, Nevin/Commissione, T-127/00, EU:T:2002:211, punto 65).

77      Analogamente, la circostanza che la Commissione abbia potuto scegliere o approvare la persona del ricorrente e che tale scelta o tale approvazione abbia costituito un preliminare all’assunzione del ricorrente da parte della società di lavoro interinale è ininfluente sulla valutazione giuridica relativa al lavoro interinale secondo la legge nazionale applicabile e i contratti di cui trattasi e non impedisce, in particolare, che il datore di lavoro sia la persona giuridica con la quale è stato concluso il contratto di lavoro, e non l’istituzione utilizzatrice (v., in questo senso, sentenza dell’11 settembre 2002, Nevin/Commissione, T-127/00, EU:T:2002:211, punto 66 e giurisprudenza citata).

78      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, si deve ritenere che il ricorrente, durante il periodo di lavoro interinale, avesse un rapporto giuridico diretto di subordinazione con la società di lavoro interinale alla quale è stato vincolato con una successione di contratti di lavoro interinale.

79      Di conseguenza, non può essere riconosciuto che il ricorrente si trovasse in una situazione di «esercizio di funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

80      Pertanto, giustamente la Commissione ha considerato che il ricorrente non aveva esercitato funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, durante il periodo di lavoro interinale, dal 1o febbraio al 31 luglio 2013 e dal 1o al 13 settembre 2013.

 Sulla terza parte, riguardante la residenza abituale

81      Con la terza parte dei motivi primo e terzo, il ricorrente sostiene che la Commissione ha erroneamente considerato che egli aveva stabilito la sua residenza abituale in Belgio, fissando ivi il suo centro di interessi per esigenze diverse dall’esercizio di funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale. Secondo il ricorrente, il fatto che egli si sia sposato con una residente belga e che i suoi figli siano nati a Bruxelles è solo la conseguenza del fatto di essersi stabilito a Bruxelles, nel 2009, allo scopo di esercitare funzioni presso le istituzioni dell’Unione per un periodo prolungato. Per giunta, il ricorrente fa valere che il solo periodo durante il quale egli non è stato al servizio di un’istituzione dell’Unione era il mese di agosto 2013, mese durante il quale egli era iscritto nelle liste di disoccupazione.

82      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

83      In via preliminare, si deve rilevare che, come si è ricordato al precedente punto 47, poiché il ricorrente ha la cittadinanza del paese della sede di servizio, la circostanza di avervi stabilito la sua residenza abituale, anche solo per un lasso di tempo molto breve nel corso del periodo decennale di riferimento, basta per comportare la perdita del beneficio dell’indennità di dislocazione.

84      Come risulta dagli elementi agli atti, si deve constatare che, durante il periodo decennale di riferimento che va dal 2006 al 2016, il ricorrente, sul piano personale, si era iscritto, il 21 settembre 2007, presso il consolato italiano a Bruxelles. Il 6 dicembre 2008, egli si è sposato a Bruxelles con una cittadina belga, residente a Bruxelles ove svolgeva un’attività lavorativa, con la quale ha avuto tre figli, nati a Bruxelles nel 2010, nel 2013 e nel 2015. A partire dal 18 febbraio 2009, il ricorrente è iscritto nel registro anagrafico di Schaerbeek. Si deve altresì constatare che, sul piano professionale, il ricorrente ha lavorato, dal 1o agosto 2009 al 31 gennaio 2010, per il Parlamento come assistente parlamentare accreditato, poi, dal 1o febbraio 2010 al 31 gennaio 2013, per la DG «Ricerca e innovazione» in qualità di agente contrattuale ausiliario. Dal 1o febbraio al 31 luglio 2013 e dal 1o al 13 settembre 2013, egli ha concluso contratti di lavoro interinale con la società R. lavorando come agente interinale presso la DG «Ricerca e innovazione». Durante il mese di agosto 2013, il ricorrente ha beneficiato delle prestazioni di disoccupazione. Il ricorrente ha poi lavorato come agente contrattuale per il Parlamento, dal 16 settembre 2013 al 15 maggio 2014, poi per l’EASME, dal 16 maggio 2014 al 15 luglio 2016. Infine, il 16 luglio 2016, il ricorrente è stato assunto, come agente contrattuale, dall’INEA (v. supra, punti 4, 7, 8, 12, 13 e da 18 a 20).

85      La Commissione ha ritenuto che gli elementi di fatto menzionati al precedente punto 84 dimostrassero che, durante il periodo decennale di riferimento, il ricorrente, in primo luogo, aveva stabilito la sua residenza in Belgio, in secondo luogo, aveva esercitato attività lavorative private a Bruxelles in quanto agente interinale e, in terzo luogo, non aveva dimostrato di avere una residenza abituale al di fuori del Belgio durante il mese in cui era stato disoccupato.

86      Tale analisi non può essere contraddetta dalle affermazioni del ricorrente.

87      Infatti, gli elementi della vita personale del ricorrente, menzionati al precedente punto 84, sono elementi di fatto oggettivi, che dimostrano l’esistenza di legami sociali durevoli del ricorrente con il paese della sede di servizio. Alla luce di tali elementi, non può ritenersi che il ricorrente avesse dimostrato che il suo soggiorno in Belgio durante il periodo decennale di riferimento fosse provvisorio o non avesse comportato uno spostamento stabile del centro permanente o abituale dei suoi interessi.

88      Per giunta, gli elementi riguardanti la vita personale del ricorrente devono essere presi in considerazione congiuntamente agli altri fatti rientranti nella sua vita lavorativa, quali specificati al precedente punto 84, e il complesso di tali elementi consente di concludere che il ricorrente non ha dimostrato che, durante il periodo decennale di riferimento, la sua residenza fosse stata fissata in Belgio per motivi connessi esclusivamente all’esercizio di funzioni presso uno Stato o un’organizzazione internazionale.

89      Infatti, come è stato rilevato al precedente punto 79, non si può riconoscere che, durante il periodo di lavoro interinale, il ricorrente si trovasse in una situazione di «esercizio di funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

90      Inoltre si deve ricordare che i motivi concreti che hanno indotto il ricorrente a restare nel paese della sede di servizio di cui ha la cittadinanza non debbono essere presi in considerazione ai fini della concessione dell’indennità di dislocazione. Infatti, un esame nel merito dei vari motivi che hanno indotto l’interessato a installarsi nel paese di cui ha la cittadinanza sarebbe necessariamente basato su valutazioni di carattere soggettivo, il che è inconciliabile sia con la lettera sia con gli scopi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto (v., in questo senso e per analogia, sentenza del 25 settembre 2014, Grazyte/Commissione, T-86/13 P, EU:T:2014:815, punti da 56 a 58). Pertanto, le ragioni soggettive che hanno indotto il ricorrente, da un lato, a sposarsi e ad avere figli in Belgio, abitandovi ininterrottamente, e, dall’altro, ad accettare contratti di lavoro interinale non sono pertinenti ai fini dell’esame dei presupposti per la concessione dell’indennità di dislocazione.

91      Alla luce di quanto precede, si deve concludere che non risulta dagli elementi agli atti che il ricorrente avesse il centro abituale e principale dei suoi interessi al di fuori del Belgio durante il periodo decennale di riferimento, dato che, da una parte, egli ha la cittadinanza belga, ha abitato ininterrottamente a Bruxelles per tutto il periodo decennale di riferimento, si è sposato a Bruxelles con una cittadina belga con la quale ha avuto tre figli, anch’essi nati a Bruxelles, e, dall’altra, egli ha svolto un’attività lavorativa privata in tale paese per una parte di tale periodo. Si deve inoltre necessariamente constatare che il ricorrente non ha dimostrato che, durante il periodo decennale di riferimento, la sua residenza fosse stata fissata in Belgio per motivi esclusivamente connessi all’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale.

92      Ne consegue che il ricorrente, oltre al fatto di abitare a Bruxelles da anni, ha dimostrato l’intento di attribuire a tale circostanza la continuità derivante dal fatto di avervi stabilito il centro permanente o abituale dei suoi interessi.

93      Pertanto, giustamente la Commissione ha ritenuto che il ricorrente non avesse provato di avere, durante il periodo decennale di riferimento, la propria residenza abituale fuori dallo Stato della sede di servizio, il Belgio, Stato di cui ha la cittadinanza.

94      Ne consegue che la decisione impugnata non è viziata dagli errori e dalle violazioni asseriti dal ricorrente nell’ambito dei motivi primo e terzo.

95      Alla luce di quanto precede, si debbono respingere in quanto infondati i motivi primo e terzo, senza che sia necessario esaminare la questione dell’irricevibilità menzionata al precedente punto 42, dato che il giudice dell’Unione è legittimato a valutare, a seconda delle circostanze di ciascuna fattispecie, se una buona amministrazione della giustizia giustifichi il rigetto nel merito del motivo, senza una previa statuizione sulla sua ricevibilità (sentenza dell’11 luglio 2014, DTS Distribuidora de Televisión Digital/Commissione, T-533/10, EU:T:2014:629, punto 170).

 Sul secondo motivo, relativo allo sviamento di potere e all’abuso di potere

96      Nell’ambito del secondo motivo, il ricorrente fa valere, sostanzialmente, che la sua assunzione come lavoratore interinale presso la DG «Ricerca e innovazione» costituisce uno sviamento di potere e un abuso di potere da parte della Commissione.

97      Secondo il ricorrente, la Commissione ha commesso uno sviamento di potere, in quanto essa ha eluso la legge belga in materia di contratto di lavoro interinale utilizzando detta legge per cause diverse da quelle che giustificano la sua adozione. Infatti, l’obiettivo della Commissione nella conclusione dei contratti di agente interinale con gli agenti contrattuali ausiliari era quello di evitare di perdere personale qualificato e indispensabile al buon funzionamento delle direzioni generali. Tale obiettivo era contrario alla legge belga e mirava a sostituire allo status di agente contrattuale un quadro contrattuale precario, in cui il posto, il datore di lavoro e lo stipendio rimanevano gli stessi. Utilizzando tale status di lavoratore precario al fine di eludere i diritti individuali del ricorrente, la Commissione ha commesso uno sviamento di potere.

98      Inoltre, il ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un abuso di potere costringendolo a sottoscrivere contratti di lavoro interinale in successione per svolgere le stesse funzioni da lui svolte in precedenza presso la DG «Ricerca e innovazione» come agente contrattuale ausiliario e servendosi poi di tali contratti per eludere i suoi diritti individuali, in occasione della sua riassunzione da parte dell’INEA. La sottoscrizione dei contratti di lavoro interinale sarebbe «obbligatoria» per il ricorrente e per i suoi colleghi nella stessa situazione, in quanto, da una parte, essa costituirebbe l’unica opportunità di non perdere il loro impiego in seno alle istituzioni dell’Unione e, dall’altra, essi sarebbero certi di ritrovare poi il loro posto di agente contrattuale una volta adottata la riforma statutaria.

99      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

100    Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di sviamento di potere si riferisce all’ipotesi in cui un’autorità amministrativa abbia esercitato i propri poteri per uno scopo diverso da quello in vista del quale le sono stati conferiti. Una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulti adottata al fine di raggiungere detto diverso scopo. Inoltre, in caso di pluralità di scopi perseguiti, anche qualora un motivo non giustificato si sia aggiunto a motivi legittimi, la decisione non sarebbe per questo inficiata da sviamento di potere, purché essa non sacrifichi lo scopo essenziale (v. sentenza del 13 dicembre 2017, Oltis Group/Commissione, T-497/15, non pubblicata, EU:T:2017:895, punto 52 e giurisprudenza citata).

101    Nella fattispecie, si deve necessariamente constatare che non esiste alcun nesso di causalità tra la decisione di far ricorso a contratti di lavoro interinale, da un lato, e la decisione concernente la fissazione dei diritti individuali del ricorrente al momento della sua entrata in servizio presso l’INEA. Infatti, si tratta di decisioni diverse, adottate da soggetti diversi e sulla base di disposizioni di legge distinte, che perseguono obiettivi propri. Per giunta, al termine del periodo di lavoro interinale, non era per nulla certo che il ricorrente sarebbe stato assunto come funzionario o agente di un’istituzione o di un organismo dell’Unione e, di conseguenza, che sarebbe stato necessario adottare una decisione riguardante il beneficio dell’indennità di dislocazione, dato che in tali circostanze non può essere dimostrato alcun nesso tra le decisioni di cui trattasi.

102    Pertanto, le affermazioni non suffragate del ricorrente, in particolare per quanto riguarda la pretesa utilizzazione del lavoro interinale al fine di eludere la fissazione dei suoi diritti individuali al momento di un’eventuale futura assunzione da parte di un’istituzione o di un organismo dell’Unione, non possono essere considerate come configuranti indizi oggettivi, pertinenti e concordanti del fatto che la decisione impugnata sia stata adottata per scopi diversi da quelli riguardanti l’esame dei diritti individuali del ricorrente rispetto all’indennità di dislocazione.

103    Inoltre, l’affermazione del ricorrente secondo la quale la Commissione avrebbe commesso un abuso di potere costringendolo a sottoscrivere contratti di lavoro interinale non è in alcun modo suffragata. A questo proposito, basta constatare che, come risulta dai precedenti punti 11 e 12, tanto la creazione di un profilo presso la società R. quanto la sottoscrizione di contratti di lavoro interinale con tale società e la fine di tali contratti, il 13 settembre 2013, risultano esclusivamente dalla volontà del ricorrente e dalle sue scelte relative alla sua vita lavorativa.

104    Pertanto, il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul quarto motivo, relativo alla violazione delle legittime aspettative del ricorrente e dei principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e dei diritti acquisiti

105    Nell’ambito del quarto motivo, il ricorrente sostiene, in sostanza, di avere un diritto acquisito all’applicazione delle condizioni di concessione dell’indennità di dislocazione, dato che la sua situazione di fatto non è cambiata a partire dalla sua prima entrata in servizio in seno ad un’istituzione dell’Unione, nell’agosto 2009, che egli ha sempre lavorato per un’organizzazione internazionale e che non ha mai stabilito la sua residenza abituale in Belgio, fissando ivi il suo centro di interessi, per esigenze diverse dall’esercizio delle sue funzioni al servizio di un’organizzazione internazionale.

106    A tal riguardo, il ricorrente sottolinea che modificando la sua valutazione sul diritto all’indennità di dislocazione, la Commissione viola i suoi diritti acquisiti riguardo agli effetti connessi al contratto di lavoro interinale che era, all’epoca, negoziato dalla Commissione nell’interesse del servizio. È proprio perché i loro diritti erano stati negoziati e dovevano essere preservati che il ricorrente e i suoi colleghi avrebbero accettato un impiego provvisorio in qualità di agenti interinali.

107    Inoltre, il ricorrente sostiene che la valutazione della Commissione riguardante il periodo di lavoro interinale era errata, in quanto essa ha considerato tale periodo come una causa di esclusione della concessione dell’indennità di dislocazione prevista dall’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto. Malgrado la sua doppia cittadinanza, sulla quale egli è sempre stato trasparente, e malgrado il suo matrimonio e la nascita dei suoi figli a Bruxelles, il Belgio non è mai stato considerato come la sua residenza e il centro stabile dei suoi interessi, se non per l’esercizio delle sue funzioni in seno alle istituzioni e agli organismi dell’Unione. Pertanto, i sei mesi corrispondenti al periodo di lavoro interinale non possono cambiare tale definizione della residenza abituale nei suoi confronti. Per giunta, gli elementi accertati per accordargli un’indennità di dislocazione sarebbero gli stessi che vengono attualmente interpretati nei suoi confronti, mentre la Commissione opera un «rovesciamento» della valutazione del caso e omette l’insieme delle circostanze che hanno giustificato la sua assunzione in qualità di agente interinale.

108    La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

109    Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento presuppone che rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, siano state fornite all’interessato dalle autorità competenti dell’Unione (v. sentenza del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C-630/11 P a C-633/11 P, EU:C:2013:387, punto 132 e giurisprudenza citata).

110    Orbene, nella fattispecie, risulta dai documenti sottoposti al Tribunale che l’esistenza di rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti provenienti da un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione quanto all’attribuzione al ricorrente del beneficio dell’indennità di dislocazione non ha potuto essere comprovata. Al riguardo, basta constatare che la decisione impugnata è posteriore alla decisione del Parlamento menzionata al precedente punto 24, che aveva già negato al ricorrente il beneficio dell’indennità di dislocazione.

111    Infatti, risulta dagli elementi agli atti che il ricorrente ha beneficiato dell’indennità di dislocazione prima del periodo di lavoro interinale, ma si è visto negare il beneficio di tale indennità dopo tale periodo. In particolare, risulta dai precedenti punti da 24 a 26, 28 e 29 che l’indennità di dislocazione gli è stata negata nell’ambito del suo contratto con il Parlamento per il periodo tra il 16 settembre 2013 e il 15 maggio 2014 e che è stata adottata, a titolo di ripetizione dell’indebito, una decisione per recuperare l’indennità accordatagli all’atto del suo contratto con l’EASME per il periodo tra il 16 maggio 2014 e il 15 luglio 2016.

112    Inoltre, nelle circostanze del caso di specie, in mancanza di continuità dei vari contratti tra il ricorrente e le istituzioni e gli organismi dell’Unione menzionati ai precedenti punti 7, 8 e da 18 a 20, la determinazione dei diritti pecuniari del ricorrente, compreso il beneficio dell’indennità di dislocazione, deve avvenire a ciascuna entrata in servizio (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2012, Grazyte/Commissione, F-76/11, EU:F:2012:173, punti da 45 a 47). Di conseguenza, il periodo di riferimento nonché i fatti pertinenti per esaminare le condizioni previste dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto sono diversi da un contratto all’altro. Pertanto, in occasione della sua entrata in servizio presso l’INEA, il ricorrente non può far valere le decisioni precedenti riguardanti l’indennità di dislocazione né, quindi, la violazione di diritti acquisiti.

113    Ne consegue che la decisione impugnata non è viziata da una violazione delle legittime aspettative dal ricorrente e dei principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e dei diritti acquisiti. Pertanto, il quarto motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

114    Alla luce di tutto quanto precede, il ricorso dev’essere integralmente respinto.

 Sulle spese

115    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Alessandro Quadri di Cardano è condannato alle spese.

Prek

Schalin

Costeira

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2018.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.