Language of document : ECLI:EU:C:2023:774

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

12 ottobre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Effetti della dichiarazione del carattere abusivo di una clausola – Volontà del consumatore di mantenere il contratto modificando le clausole dichiarate abusive – Poteri del giudice nazionale»

Nella causa C‑645/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania), con decisione del 12 ottobre 2022, pervenuta in cancelleria il 13 ottobre 2022, nel procedimento

R.A. e altri

contro

«Luminor Bank AS», che agisce tramite la «Luminor Bank AS» Lietuvos skyrius,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da O. Spineanu-Matei (relatrice), presidente di sezione, S. Rodin e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la «Luminor Bank AS», che agisce tramite la «Luminor Bank AS» Lietuvos skyrius, da K. Karpickis, A. Klezys, advokatai, e A. Sovaitė;

–        per il governo lituano, da K. Dieninis, S. Grigonis e V. Kazlauskaitė-Švenčionienė, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, da P. Barros da Costa, A. Cunha, I. Gameiro e L. Medeiros, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da J. Jokubauskaitė e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da una parte, R.A. e a. e, dall’altra, la «Luminor Bank AS, che agisce tramite la «Luminor Bank AS» Lietuvos skyrius, in merito al carattere abusivo di clausole contenute in vari contratti di mutuo stipulati tra tali parti e alle conseguenze che ne derivano.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Il ventunesimo e il ventiquattresimo considerando della direttiva 93/13 sono così formulati:

«considerando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie per evitare l’inserzione di clausole abusive in contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori; (…)

(...)

considerando che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

4        Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

5        L’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva dispone quanto segue:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

 Diritto lituano

6        L’articolo 6.2284, paragrafo 8, del Lietuvos Respublikos civilinis kodeksas (codice civile lituano) prevede quanto segue:

«Qualora un giudice dichiari abusive una o più clausole del contratto, tale clausola o tali clausole non saranno valide a decorrere dalla stipula del contratto, mentre le restanti clausole del contratto rimarranno vincolanti per le parti, a condizione che il contratto possa sopravvivere dopo la rimozione delle clausole abusive».

7        L’articolo 353, paragrafi 1 e 2, del Lietuvos Respublikos civilinio proceso kodeksas (codice di procedura civile lituano) prevede quanto segue:

«1.      La Corte di cassazione, nell’ambito del ricorso per cassazione, riesamina le sentenze e/o le ordinanze impugnate sotto il profilo dell’applicazione della legge. La Corte di cassazione è vincolata dai fatti accertati dai giudici di primo e di secondo grado.

2.      La Corte ha il potere di andare oltre l’ambito di un ricorso per cassazione quando lo richiede l’interesse pubblico e quando i diritti e gli interessi legittimi di una persona, della società o dello Stato sarebbero violati se non si superassero i limiti del ricorso (...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8        Nel corso del 2008 i ricorrenti nel procedimento principale stipulavano diversi contratti di mutuo espressi in franchi svizzeri (in prosieguo: i «contratti controversi») con la convenuta nel procedimento principale, in forza dei quali essi mutuavano da quest’ultima una somma di denaro in franchi svizzeri, convertivano in franchi svizzeri prestiti esistenti espressi in euro o in litas lituani, o rifinanziavano prestiti che detenevano in una valuta diversa dal franco svizzero presso altri istituti di credito. I prestiti così concessi dovevano essere rimborsati in franchi svizzeri. A causa di un notevole deprezzamento del litas lituano rispetto al franco svizzero, l’importo da rimborsare è quasi raddoppiato dalla stipula di tali contratti.

9        Nel corso del 2017, ritenendo che talune clausole di detti contratti fossero abusive, i ricorrenti nel procedimento principale adivano il Vilniaus apygardos teismas (Tribunale regionale di Vilnius, Lituania) con una domanda diretta, in particolare, a sostituire il franco svizzero con l’euro, considerando il tasso di cambio applicabile alla data di concessione dei prestiti in questione, nonché a ricalcolare in euro i versamenti effettuati in franchi svizzeri ai fini del rimborso del mutuo (capitale e interessi), tenendo conto del tasso di cambio applicabile alla data di tali versamenti.

10      Con sentenza del 20 novembre 2018 di tale giudice, confermata in appello il 5 maggio 2020 da una sentenza del Lietuvos apeliacinis teismas (Corte d’appello di Lituania), la domanda dei ricorrenti nel procedimento principale veniva respinta.

11      Questi ultimi proponevano ricorso per cassazione dinanzi al Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania). Con sentenza del 14 aprile 2021, tale giudice rinviava la causa dinanzi al Lietuvos apeliacinis teismas (Corte d’appello di Lituania) affinché si procedesse ad un nuovo esame del carattere abusivo delle clausole in questione dei contratti controversi. Secondo il Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania), il fatto che la convenuta nel procedimento principale avesse adempiuto il suo obbligo di informazione sul rischio di evoluzione del tasso di cambio del franco svizzero non significava che il giudice non fosse tenuto ad esaminare se tali clausole presentavano carattere abusivo.

12      Con ordinanza del 4 maggio 2021, il Lietuvos apeliacinis teismas (Corte d’appello di Lituania) invitava i ricorrenti nel procedimento principale ad esprimersi sul modo in cui, a loro avviso, le clausole interessate dei contratti controversi avrebbero dovuto essere modificate nel caso in cui fosse stato accertato il loro carattere abusivo. Tali ricorrenti spiegavano che chiedevano la modifica di dette clausole nel senso indicato dall’atto introduttivo del giudizio, ossia che, in sostanza, richiedevano la sostituzione del franco svizzero con l’euro, al tasso di cambio applicabile alla data di concessione dei prestiti di cui trattasi. Per contro, la convenuta nel procedimento principale si opponeva alla dichiarazione del carattere abusivo di dette clausole, nonché alla loro modifica, in assenza di norme suppletive nell’ordinamento giuridico lituano.

13      Con sentenza del 2 settembre 2021, il Lietuvos apeliacinis teismas (Corte d’appello di Lituania) dichiarava abusive le clausole dei contratti controversi relative alla valuta in cui i prestiti in questione erano espressi, in quanto non soddisfacevano il requisito di trasparenza, e modificava tali contratti nel senso che fossero espressi in euro, al tasso di cambio applicabile alla data di concessione di tali prestiti, sostituendo l’indice di riferimento contenuto in detti contratti, ossia il LIBOR CHF, con l’Euribor. Secondo tale giudice, una soluzione del genere era conforme ai principi di equità, di buona fede e di ragionevolezza nonché agli obiettivi perseguiti dalla direttiva 93/13.

14      La convenuta nel procedimento principale adiva il Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania), giudice del rinvio, con un ricorso per cassazione avverso tale sentenza, sostenendo che il Lietuvos apeliacinis teismas (Corte d’appello di Lituania) aveva qualificato erroneamente come «abusive» le clausole interessate dei contratti controversi e che quest’ultimo giudice non aveva diritto di modificare tali clausole in quanto non esistevano, nel diritto lituano, disposizioni di natura suppletiva idonee a sostituire dette clausole e che la modifica di queste ultime sulla base dei principi di equità, di buona fede e di ragionevolezza era vietata dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

15      Con sentenza parziale del 25 agosto 2022, il giudice del rinvio confermava la sentenza del 2 settembre 2021 del Lietuvos apeliacinis teismas (Corte d’appello di Lituania) nella parte in cui qualificava le clausole interessate dei contratti controversi come «abusive» e riapriva il procedimento per quanto riguarda la modifica di tali contratti operata da quest’ultimo giudice.

16      Dinanzi al giudice del rinvio i ricorrenti nel procedimento principale sostengono che, a causa della passività della convenuta nel procedimento principale, non è stato possibile trovare alcun accordo in merito ad un’eventuale modifica delle clausole dichiarate abusive. Essi affermano altresì di non accettare il mantenimento di tali clausole e chiedono, in via principale, la modifica dei contratti controversi nel modo indicato nell’atto introduttivo del giudizio. Tuttavia, qualora si ritenesse che non sussista un fondamento normativo per procedere a una siffatta modifica, i ricorrenti nel procedimento principale chiedono l’annullamento di tali contratti e la restituzione delle prestazioni effettuate sulla base di questi ultimi. La convenuta nel procedimento principale chiede che detti contratti siano dichiarati nulli ex nunc.

17      Tale giudice si interroga sulle conseguenze della qualificazione delle clausole di cui trattasi dei contratti controversi come «abusive», considerato che i ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto che tali contratti siano mantenuti e che dette clausole siano modificate. A tal riguardo, detto giudice indica che nel caso di specie è pacifico che detti contratti non possono sussistere senza tali clausole. Il giudice osserva che il Lietuvos apeliacinis teismas (Corte d’appello di Lituania) non ha esaminato se un eventuale annullamento dei contratti controversi avrebbe comportato conseguenze particolarmente dannose per i ricorrenti nel procedimento principale. Secondo il giudice del rinvio, l’assenza di un siffatto esame si spiegherebbe con il fatto che l’atto introduttivo del giudizio non mirava all’annullamento di tali contratti, ma unicamente alla loro modifica, e che l’articolo 265, paragrafo 2, e l’articolo 320, paragrafo 2, del codice di procedura civile lituano vietano rispettivamente al giudice di primo grado e al giudice d’appello di superare i limiti delle domande di cui sono investiti.

18      Di conseguenza, il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, se il giudice d’appello potesse procedere alla modifica dei contratti controversi senza esaminare preliminarmente se l’annullamento di tali contratti avrebbe comportato conseguenze particolarmente dannose in capo ai ricorrenti nel procedimento principale. Secondo tale giudice, la risposta a detta questione dipende dal valore che deve essere attribuito alla volontà dei ricorrenti nel procedimento principale di conservare detti contratti modificando le loro clausole abusive.

19      Il giudice del rinvio si chiede, in secondo luogo, se la risposta a tale questione dipenda da quella se il giudice nazionale abbia la possibilità di sostituire una clausola abusiva con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva o con una disposizione che sarebbe applicabile in caso di accordo tra le parti del contratto di cui trattasi.

20      Tale giudice ritiene che le risposte alle suddette due questioni potrebbero rivelarsi affermative. Così, da un lato, una risposta affermativa alla prima questione sarebbe conforme all’obiettivo della direttiva 93/13, che mira, tra l’altro, a ripristinare l’equilibrio tra le parti, salvaguardando al contempo, in linea di principio, la validità del contratto nel suo complesso, e non già ad annullare qualsiasi contratto contenente clausole abusive (sentenza del 15 marzo 2012, C‑453/10, Pereničová e Perenič, C‑453/10, EU:C:2012:144, punto 31). Dall’altro lato, la seconda questione potrebbe parimenti ricevere una risposta affermativa, dal momento che, se esiste la possibilità di sostituire una clausola abusiva con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva o con una disposizione applicabile in caso di accordo tra le parti del contratto di cui trattasi, e se il consumatore chiede che tale contratto sia mantenuto modificando tale clausola abusiva, il giudice nazionale deve poter risolvere la questione di una modifica di detta clausola senza esaminare preliminarmente le conseguenze dell’annullamento di detto contratto nel suo insieme.

21      Per contro, detto giudice considera che, qualora il diritto nazionale non contenga una disposizione di natura suppletiva adeguata e le parti non raggiungano un siffatto accordo, il giudice debba, a prescindere dalla volontà espressa dal consumatore, decidere in merito all’annullamento del contratto di cui trattasi nel suo insieme, salvo nel caso in cui il consumatore abbia espresso il desiderio che le clausole abusive siano mantenute. Così facendo, il giudice deve adottare tutte le misure necessarie per tutelare il consumatore dalle conseguenze particolarmente dannose derivanti da tale annullamento.

22      Poiché, nel caso di specie, il diritto lituano non contiene disposizioni di natura suppletiva che possano sostituire le clausole dei contratti controversi dichiarate abusive, e le parti non hanno raggiunto un accordo su una disposizione applicabile, la volontà espressa dai ricorrenti nel procedimento principale di conservare tali contratti e di modificare dette clausole non può ostare a che il giudice decida in merito all’annullamento di detti contratti.

23      In tale contesto il Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] possano essere interpretati nel senso che, qualora un consumatore manifesti l’intenzione di preservare un contratto sostituendo una clausola abusiva in esso contenuta, il giudice, dopo aver accertato che il contratto non può rimanere valido a seguito della soppressione della clausola ritenuta abusiva, possa pronunciarsi sulla questione della sostituzione della clausola abusiva senza aver prima valutato la possibilità di annullamento del contratto nella sua interezza.

2)      Se la risposta alla prima questione dipenda dalla possibilità per il giudice nazionale di sostituire la clausola abusiva contenuta nel contratto con una norma suppletiva ovvero con una norma di diritto nazionale applicata di comune accordo dalle parti del contratto in questione».

 Sulle questioni pregiudiziali

24      In via preliminare occorre osservare che, sebbene il giudice del rinvio chieda l’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, esso si interroga sulle conseguenze della dichiarazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale. Di conseguenza, alla luce delle indicazioni contenute nella decisione di rinvio, le questioni sollevate devono essere intese nel senso che riguardano unicamente tale articolo 6, paragrafo 1.

25      Pertanto, si deve considerare che, con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che osta a che, qualora un giudice nazionale abbia constatato l’impossibilità di mantenere un contratto dopo la soppressione di una clausola abusiva e il consumatore interessato esprima la volontà di mantenere il contratto modificando tale clausola, detto giudice possa statuire sulle misure da adottare affinché l’equilibrio reale tra i diritti e gli obblighi delle parti di detto contratto sia ripristinato senza previamente esaminare le conseguenze di un annullamento del medesimo contratto nel suo complesso. Tale giudice si chiede inoltre se, al riguardo, incida la circostanza che detto giudice abbia la possibilità di sostituire tale clausola con una disposizione di diritto interno di natura suppletiva o con una disposizione applicabile in caso di accordo di tali parti.

26      Al fine di rispondere a tali questioni, occorre ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, l’accertamento del carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto deve consentire di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola abusiva [sentenza del 12 gennaio 2023, D.V. (Compenso dell’avvocato – Principio della tariffa oraria), C‑395/21, EU:C:2023:14, punto 54 e giurisprudenza ivi citata].

27      In forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, spetta al giudice nazionale disapplicare le clausole abusive, affinché esse non producano effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga. Tuttavia, il contratto deve sussistere, in linea di principio, senz’altra modifica che non sia quella risultante dalla soppressione delle clausole abusive, purché, conformemente alle norme di diritto interno, una simile sopravvivenza del contratto sia giuridicamente possibile [sentenza del 12 gennaio 2023, D.V. (Compenso dell’avvocato – Principio della tariffa oraria), C‑395/21, EU:C:2023:14, punto 55 e giurisprudenza ivi citata].

28      Così, il giudice nazionale non è tenuto a disapplicare la clausola abusiva qualora il consumatore, dopo essere stato avvisato da detto giudice, intenda non invocarne la natura abusiva e non vincolante, dando quindi un consenso libero e informato alla clausola in questione (v., in questo senso, sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

29      La Corte ha infatti statuito che, nei limiti in cui detto sistema di tutela offerto dalla direttiva 93/13 non si applica se il consumatore vi si oppone, questi deve a fortiori avere il diritto, in applicazione di questo medesimo sistema, di opporsi ad essere tutelato avverso le conseguenze pregiudizievoli provocate dall’invalidazione del contratto nel suo complesso qualora non intenda invocare detta protezione (sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 55).

30      Per converso, qualora il consumatore esprima la volontà di avvalersi della tutela offerta dalla direttiva 93/13, il giudice nazionale deve verificare se, alla luce dei criteri stabiliti dal diritto nazionale, il contratto possa sopravvivere senza alcuna altra modifica oltre a quella derivante dalla soppressione della clausola abusiva in questione.

31      L’esame della possibilità che un contratto sopravviva senza la clausola abusiva in questione costituisce un esame oggettivo che spetta al giudice nazionale effettuare alla luce delle norme di diritto nazionale e a prescindere dalla circostanza che il consumatore esprima la volontà che il contratto sia mantenuto (v., in questo senso, sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punti da 39 a 41, e giurisprudenza citata).

32      Nell’ipotesi in cui, in applicazione delle pertinenti regole di diritto interno, il contratto non possa sopravvivere dopo la soppressione della clausola abusiva in questione, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non osta al suo annullamento [v., in questo senso, sentenza del 12 gennaio 2023, D.V. (Compenso dell’avvocato – Principio della tariffa oraria), C‑395/21, EU:C:2023:14, punto 59].

33      È solo nell’ipotesi in cui l’annullamento del contratto nella sua interezza esporrebbe il consumatore a conseguenze particolarmente dannose, come quella di porlo in una situazione di incertezza giuridica, ma che non possono essere ridotte unicamente a conseguenze di natura puramente pecuniaria, che il giudice nazionale dispone della possibilità eccezionale di sostituire una clausola abusiva dichiarata nulla con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva o con una disposizione applicabile in caso di accordo tra le parti del contratto di cui trattasi [v., in questo senso, sentenza del 12 gennaio 2023, D.V. (Compenso dell’avvocato – Principio della tariffa oraria), C‑395/21, EU:C:2023:14, punti da 60 a 62].

34      Dalla giurisprudenza emerge altresì che, qualora non esista alcuna disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva o alcuna disposizione applicabile in caso di accordo tra le parti contraenti che possa sostituirsi alle clausole abusive in questione, e l’annullamento del contratto esporrebbe il consumatore a conseguenze particolarmente dannose, il giudice nazionale deve adottare, tenendo conto dell’insieme del suo diritto interno, tutte le misure necessarie per tutelare il consumatore da tali conseguenze e ripristinare così l’equilibrio reale tra i diritti e gli obblighi reciproci delle parti contraenti (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2020, Banca B., C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 41).

35      Le misure che possono essere adottate dal giudice nazionale in caso di constatazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale la cui soppressione comporterebbe l’annullamento del contratto di cui fa parte non hanno carattere tassativo (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2020, Banca B., C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 40) fermo restando che il giudice nazionale non può integrare detto contratto rivedendo il contenuto di tale clausola [sentenze del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia, C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 53, e del 12 gennaio 2023, D.V. (Compenso dell’avvocato – Principio della tariffa oraria), C‑395/21, EU:C:2023:14, punto 65].

36      In proposito, la Corte ha statuito che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 osta a che sia posto rimedio alle lacune di un contratto, provocate dalla soppressione delle clausole abusive contenute in quest’ultimo, sulla sola base di disposizioni nazionali di carattere generale che prevedono l’integrazione degli effetti espressi in un atto giuridico mediante, segnatamente, gli effetti risultanti dal principio di equità o dagli usi, disposizioni, queste, che non sono né di natura suppletiva né applicabili in caso di accordo tra le parti del contratto. (sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 62).

37      Da quanto precede risulta che, da un lato, la volontà espressa dal consumatore di avvalersi della tutela offerta dalla direttiva 93/13 e di mantenere il contratto lascia impregiudicato l’obbligo incombente al giudice nazionale di esaminare, secondo un approccio oggettivo e alla luce delle norme del diritto nazionale, se tale contratto possa sopravvivere dopo la soppressione della clausola abusiva di cui trattasi.

38      Dall’altro lato, qualora abbia constatato l’impossibilità di mantenere un contratto dopo la soppressione di una siffatta clausola abusiva, tale giudice non può sostituire detta clausola con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva o con una disposizione applicabile in caso di accordo tra le parti di tale contratto o, qualora tale diritto non preveda siffatte disposizioni, adottare altre misure affinché l’equilibrio reale tra i diritti e gli obblighi di tali parti sia ripristinato, senza esaminare e constatare preliminarmente che l’invalidazione di detto contratto nel suo insieme esporrebbe il consumatore in questione a conseguenze particolarmente dannose.

39      Nel caso di specie, il Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania) è investito di un ricorso per cassazione avverso una sentenza del Lietuvos apeliacinis teismas (Corte d’appello di Lituania) con la quale quest’ultimo giudice, dopo aver dichiarato il carattere abusivo di clausole rientranti nell’oggetto principale dei contratti controversi, ossia quelle relative alla valuta in cui erano espressi i prestiti di cui trattasi, ha accolto la domanda dei ricorrenti nel procedimento principale e ha modificato tali contratti, senza esaminare preliminarmente le conseguenze, per i ricorrenti nel procedimento principale, di un eventuale annullamento di detti contratti. Il Lietuvos Aukščiausiasis Teismas (Corte suprema di Lituania) ha mantenuto la sentenza impugnata per quanto riguarda la qualificazione di tali clausole come «abusive». Per contro, quanto alle conseguenze di tale qualificazione, quest’ultimo giudice si chiede se il giudice d’appello potesse accogliere la domanda dei ricorrenti nel procedimento principale di mantenere i contratti controversi modificando dette clausole senza aver preliminarmente esaminato se tale annullamento comportasse conseguenze particolarmente dannose per i ricorrenti nel procedimento principale.

40      Orbene, come risulta dalla giurisprudenza della Corte ricordata ai punti da 26 a 38 della presente sentenza, qualora i ricorrenti nel procedimento principale intendano avvalersi della tutela offerta dalla direttiva 93/13 e qualora, in base al diritto nazionale, i contratti controversi non possano sopravvivere dopo la soppressione delle clausole abusive di cui trattasi, l’esame delle conseguenze derivanti dall’annullamento di tali contratti costituisce un obbligo che incombe al giudice nazionale, a prescindere dalla volontà espressa dai ricorrenti nel procedimento principale di mantenere tali contratti modificando le clausole in questione. In effetti, solo quando tali conseguenze raggiungono un livello di gravità tale da poter essere qualificate come «particolarmente dannose» per i ricorrenti nel procedimento principale spetta a tale giudice, in assenza di disposizioni di natura suppletiva o di disposizioni applicabili in caso di accordo tra le parti dei contratti controversi, adottare tutte le misure necessarie al fine di tutelare il consumatore da dette conseguenze e di ripristinare l’equilibrio reale tra i diritti e gli obblighi di tali parti, fermo restando che detto giudice non può integrare tali contratti rivedendo il contenuto di dette clausole.

41      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che, qualora un giudice nazionale abbia constatato l’impossibilità di mantenere un contratto dopo la soppressione di una clausola abusiva e il consumatore interessato esprima la volontà di mantenere tale contratto modificando detta clausola, tale giudice possa statuire sulle misure da adottare affinché l’equilibrio reale tra i diritti e gli obblighi delle parti di detto contratto sia ripristinato senza previamente esaminare le conseguenze di un annullamento del medesimo contratto nel suo complesso, e ciò anche se detto giudice ha la possibilità di sostituire tale clausola con una disposizione di diritto interno di natura suppletiva o con una disposizione applicabile in caso di accordo tra tali parti.

 Sulle spese

42      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

Larticolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a che, qualora un giudice nazionale abbia constatato l’impossibilità di mantenere un contratto dopo la soppressione di una clausola abusiva e il consumatore interessato esprima la volontà di mantenere tale contratto modificando detta clausola, tale giudice possa statuire sulle misure da adottare affinché l’equilibrio reale tra i diritti e gli obblighi delle parti di detto contratto sia ripristinato senza previamente esaminare le conseguenze di un annullamento del medesimo contratto nel suo complesso, e ciò anche se detto giudice ha la possibilità di sostituire tale clausola con una disposizione di diritto interno di natura suppletiva o con una disposizione applicabile in caso di accordo tra tali parti.

Firme


*      Lingua processuale: il lituano.