Language of document : ECLI:EU:T:2021:893

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

15 dicembre 2021 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo COLLINI – Marchi nazionale e dell’Unione europea denominativi anteriori POLLINI e STUDIO POLLINI – Impedimento alla registrazione relativo – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001]»

Nella causa T‑69/21,

Carmine Rotondaro, residente a Monaco (Monaco), rappresentato da M. Locatelli, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da M. Capostagno, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale:

Pollini SpA, con sede a Gatteo (Italia), rappresentata da F. Sanna, avvocato,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 3 dicembre 2020 (procedimento R 2518/2019‑1), relativa a un procedimento di opposizione tra la Pollini e il sig. Rotondaro,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da V. Tomljenović, presidente, F. Schalin e I. Nõmm (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° febbraio 2021;

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 aprile 2021;

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 aprile 2021;

vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 19 settembre 2016 il sig. Carmine Rotondaro, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il seguente segno figurativo:

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3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano, in particolare, nelle classi 18 e 25 ai sensi dell’accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Pellicceria; borse; borsette; valigie; zaini; portafogli; borsellini; cartelle; cartelle portadocumenti in pelle e in similpelle; borselli; bauli; pelle; cuoio; imitazioni di pelle e di cuoio ed articoli fabbricati con tali materiali quali valigie, zaini, portafogli, borsellini, cartelle, cartellette, portadocumenti; ombrelli da sole; ombrelloni; ombrelli; bastoni da passeggio; finimenti ed altri articoli di selleria; articoli di pelle quali portafogli; portamonete; cartelle in pelle; borse in pelle; borsette in pelle; valigie in pelle; valigie con rotelle in pelle; bauli in pelle; borselli in pelle; porta computer in pelle; portachiavi in pelle; zaini in pelle; porta documenti in pelle; porta occhiali in pelle; porta carte di credito in pelle; valigie-fodere per vestiti per il viaggio in pelle; astucci in pelle; articoli in cuoio quali portafogli; portamonete; cartelle in cuoio; borse in cuoio; borsette in cuoio; valigie in cuoio; valigie con rotelle in cuoio; bauli in cuoio; borselli in cuoio; porta computer in cuoio; portachiavi in cuoio; zaini in cuoio; porta documenti in cuoio; porta occhiali in cuoio; porta carte di credito in cuoio; valigie-fodere per vestiti per il viaggio in cuoio; astucci in cuoio; borse, borsette, valigie e portadocumenti in similpelle; porta documenti in similpelle; valigie in similpelle; zaini in similpelle; astucci in similpelle; porta carte di credito in similpelle»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento; scarpe; cappelleria; abbigliamento in pelliccia; pellicce [indumenti]; guanti, compresi quelli in pelle, pelletteria o pelliccia; pantaloni di pelle e pelliccia; gonne in pelle e pelliccia; giacche di pelle e di pelliccia; cappotti di pelle e di pelliccia; gilet in pelle e in pelliccia; cappelli in pelle e in pelliccia; abiti in pelle e in pelliccia; tute in pelle e in pelliccia; indumenti in pelle e in pelliccia; abbigliamento in pelle e in pelliccia; manicotti di pelle e di pelliccia; cappelli di pelliccia; giacche di pelliccia; abbigliamento di pelliccia; mantelle in pelliccia; cinture in pelle e in pelliccia [abbigliamento]; cinture in finta pelle; abbigliamento in finta pelle; boa [pelliccia da collo]; cinture in pelle o cuoio; indumenti in pelle da motociclista; cappotti e giacche in pelliccia; pantofole in pelle; calzature in pelliccia; sandali in pelle in stile giapponese; indumenti di intimo in pelliccia; abbigliamento in finta pelle; abbigliamento per automobilisti; abbigliamento per ciclisti; abbigliamento per ginnastica; abiti; accappatoi; accappatoi da bagno; antisdrucciolevoli per calzature; articoli di abbigliamento; bandane [foulards]; bavaglini non di carta; berrette [cuffie]; berretti; biancheria personale; biancheria personale antisudorifica; body; bretelle; busti; calotte; calzature; calzature per lo sport; calze; calze antisudorifiche; calzerotti; calzini; calzoni; camicette a maniche corte; camicie; camiciotti; camiciuole; cappelli; cappotti; cappucci [indumenti]; cinture [abbigliamento]; cinture portafoglio [abbigliamento]; collants; colletti [indumenti]; colli finti [colletti staccabili]; copricapo [cappelleria]; copricolletti; copriorecchie [abbigliamento]; corredini da neonato; corsaletti; costumi; costumi da spiaggia; costumi in maschera; cravatte; cuffie da bagno; cuffie per la doccia; fasce per la testa [abbigliamento]; fazzoletti da taschino [abbigliamento]; fazzoletti di seta; fodere confezionate [parti di indumenti]; ghette; giacche; giacche per la pesca; giarrettiere; gonne; grembiuli abiti; grembiuli [indumenti]; guaine [sottovesti]; guanti [abbigliamento]; guanti da sci; impermeabili; indumenti confezionati; indumenti di carta; indumenti lavorati a maglia; jerseys [indumenti]; leggings [pantaloni]; livree; maglie [indumenti]; maglieria; magliette da bagno; maglioni; manicotti [abbigliamento]; mantelline; mantiglie; maschere per dormire; minigonne; mutande; mutandine da bagno; panciotti; pannolini a mo’ di mutande per bebè; pantaloni; parka; petti di camicie; pigiama; polsini [abbigliamento]; poncho; pullover; reggicalze da donna; reggicalze da uomo; reggiseno; rinforzi al tallone per calzature; rinforzi al tallone per le calze; sandali; sandali da bagno; scarpe; scarpe da bagno; scarpe da ginnastica; scarpe da spiaggia; scarpe per calciatori; scarpe per lo sport; scarponi da sci; scialli; sciarpe; slip; soprabiti; sottopiedi; sottogonne; sottovesti [indumenti intimi]; stivaletti; stivali; stole [pellicce]; suole; suole interne; tacchi; tasche di indumenti; tee-shirt; toghe; tomaie; tomaie di calzature; turbanti; tute [indumenti]; uniformi; veli [indumenti]; visiere [cappelleria]; zoccoli [calzature]».

4        La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea n. 2017/005, del 10 gennaio 2017.

5        Il 10 aprile 2017 la Pollini SpA, interveniente, ha proposto opposizione alla registrazione del marchio richiesto, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 46 del regolamento 2017/1001), per i prodotti indicati al punto 3 supra.

6        L’opposizione si basava sui seguenti diritti anteriori:

–        marchio italiano denominativo n. MI 1972 C 016 629, POLLINI, depositato il 4 gennaio 1972, registrato il 18 febbraio 1972 e rinnovato il 17 gennaio 2012 (in prosieguo: il «marchio nazionale anteriore») per i seguenti prodotti:

–        classe 18: «Borse; borsette; pelli; bauli e valigie; ombrelli da pioggia; ombrelli da sole; cinture; portafogli; cuoio ed imitazioni del cuoio; articoli fabbricati con tali materie e non compresi in altre classi»;

–        classe 25: «Scarpe; stivali; sandali; pantofole; giacche; foulards; soprabiti; gonne; camicie; camicette; articoli di maglieria intima ed esterna; cravatte; impermeabili; cappelli; pantaloni; tute ed articoli di abbigliamento sportivo».

–        marchio dell’Unione europea denominativo n. 10 978 559, STUDIO POLLINI, depositato il 20 giugno 2012 e registrato il 31 ottobre 2012 (in prosieguo: il «marchio dell’Unione europea anteriore») per i seguenti prodotti:

–        classe 18: «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie, pelli di animali, bauli e valigie, ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio, fruste e articoli di selleria»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria».

–        denominazione sociale italiana Pollini SpA.

7        Gli impedimenti addotti a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 4, del regolamento 2017/1001].

8        In seguito all’istanza formulata dal ricorrente, l’EUIPO ha invitato l’interveniente ad addurre, conformemente all’articolo 47, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, la prova dell’uso effettivo del marchio nazionale anteriore per taluni prodotti designati rientranti nelle classi 18 e 25. Quest’ultima vi ha ottemperato nel termine impartito.

9        Il 17 settembre 2019 la divisione di opposizione ha respinto l’opposizione nel suo complesso. Ritenendo che gli impedimenti risultanti dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 non fossero, in ogni caso, applicabili, essa non ha proceduto a un esame dell’uso effettivo del marchio nazionale anteriore da parte dell’interveniente.

10      Il 7 novembre 2019 l’interveniente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001, avverso la decisione della divisione di opposizione.

11      Con decisione del 3 dicembre 2020 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha annullato la decisione della divisione di opposizione e ha rinviato il caso dinanzi alla medesima. La commissione di ricorso ha effettuato il confronto con il marchio nazionale anteriore, sembrando più probabile che esso presentasse somiglianze con il marchio richiesto. Essa ha ritenuto, in particolare, che i segni in conflitto presentassero una somiglianza visiva media e una somiglianza fonetica almeno media, se non elevata, e che non fosse possibile distinguerli sul piano concettuale. La commissione di ricorso ne ha dedotto che il grado di somiglianza tra i segni in questione era sufficiente affinché non potesse escludersi l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto che designano prodotti identici o anche simili e che, di conseguenza, la divisione di opposizione aveva commesso un errore non esaminando la prova dell’uso del marchio nazionale anteriore.

 Conclusioni delle parti

12      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        confermare la decisione della divisione di opposizione e dichiarare che il marchio richiesto può essere registrato come marchio dell’Unione europea;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

13      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

14      L’interveniente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

15      Tenuto conto della data di presentazione della domanda di registrazione di cui trattasi, ossia il 19 settembre 2016, che è decisiva ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, i fatti del caso di specie sono disciplinati dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009 (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2014, Bimbo/UAMI, C‑591/12 P, EU:C:2014:305, punto 12, e del 18 giugno 2020, Primart/UAMI, C‑702/18 P, EU:C:2020:489, punto 2 e giurisprudenza ivi citata).

16      Di conseguenza, nel caso di specie, per quanto riguarda le norme sostanziali, i riferimenti all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, operati dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata e dalle parti negli argomenti da esse avanzati, devono essere intesi come riguardanti l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, di identico tenore.

17      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, con i quali contesta alla commissione di ricorso di aver, in primo luogo, disatteso le direttive concernenti l’esame dei marchi dell’Unione europea (in prosieguo: le «direttive interne dell’EUIPO»); in secondo luogo, di aver commesso un errore di valutazione nella comparazione dei segni; in terzo luogo, di aver omesso di definire il grado di attenzione del pubblico di riferimento; e, in quarto luogo, di aver omesso di prendere in considerazione il marchio dell’Unione europea anteriore.

18      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Inoltre, in forza dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), punto ii), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 2, lettera a), punto ii), del regolamento 2017/1001], si intendono per marchi anteriori i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio dell’Unione europea.

19      Costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico creda che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, a seconda della percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi in questione, e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

20      Sulla scorta di una giurisprudenza costante, ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI  – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

21      Pertanto, se è acclarato che non sussiste alcuna somiglianza tra i segni in conflitto, si può allora concludere che non vi è rischio di confusione tra i segni, senza che sia necessario effettuare una valutazione globale – prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti – della percezione da parte del pubblico di riferimento dei segni e dei prodotti o dei servizi in questione [v. sentenza del 25 novembre 2015, Sephora/UAMI – Mayfield Trading (Rappresentazione di due linee verticali ondulate), T‑320/14, non pubblicata, EU:T:2015:882, punto 60 e giurisprudenza ivi citata].

22      Analogamente, in assenza di rischio di confusione tra i segni in conflitto, non è necessario esaminare la prova dell’uso del marchio anteriore [v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2005, Lidl Stiftung/UAMI – REWE‑Zentral (LINDENHOF), T‑296/02, EU:T:2005:49, punto 43].

23      Diverso è il caso in cui venga constatata l’esistenza di un tenue grado di somiglianza tra i segni. È allora necessario procedere a una valutazione globale del rischio di confusione, in quanto quest’ultimo può esistere, nonostante un tenue grado di somiglianza tra i marchi, allorché la somiglianza dei prodotti o servizi da essi designati è grande e il carattere distintivo del marchio anteriore è forte [v., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2002, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), T‑104/01, EU:T:2002:262, punto 50 e giurisprudenza ivi citata].

24      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha censurato l’analisi della divisione di opposizione, la quale aveva escluso l’esistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, anche nel caso in cui i prodotti in questione fossero stati identici, in considerazione delle differenze esistenti tra i segni in conflitto, e ha ritenuto che non fosse necessario procedere all’esame dell’uso effettivo del marchio nazionale anteriore, quale richiesto dal ricorrente. La commissione di ricorso ha constatato, al contrario, l’esistenza di una somiglianza tra i suddetti segni in conflitto e ne ha dedotto che il caso doveva essere rinviato dinanzi alla divisione di opposizione affinché quest’ultima procedesse a un esame dell’uso effettivo del marchio nazionale anteriore e a un nuovo esame degli impedimenti alla registrazione relativi dedotti dall’interveniente.

25      Alla luce della giurisprudenza citata ai punti da 21 a 23 supra, il ricorso di cui trattasi impone quindi di verificare se la commissione di ricorso avesse avuto ragione nel constatare l’esistenza di una somiglianza tra il marchio nazionale anteriore e il marchio dell’Unione europea richiesto, la quale implicava che si procedesse a una valutazione globale del rischio di confusione, o se, al contrario, essa avesse dovuto concludere, al pari della divisione di opposizione, che le differenze esistenti tra i segni in conflitto escludevano l’esistenza di un rischio del genere.

26      Oltretutto, occorre rilevare che, se la commissione di ricorso ha ritenuto a ragione che la divisione di opposizione non potesse escludere l’esistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 sulla sola base di un confronto tra i segni, essa poteva annullare la decisione della divisione di opposizione e rinviare il caso dinanzi alla medesima, senza procedere essa stessa all’esame degli impedimenti alla registrazione relativi dedotti dall’interveniente, giacché, ai sensi dell’articolo 71, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001, la commissione di ricorso può esercitare le competenze dell’organo che ha emesso la decisione impugnata oppure rinviare il caso a detto organo per la prosecuzione della procedura.

 Sul terzo motivo di ricorso, relativo allindividuazione del pubblico di riferimento

27      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

28      Il ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia errato non pronunciandosi sul grado di attenzione del pubblico di riferimento e sostiene che il marchio richiesto designa prodotti d’alta moda che implicano un elevato grado di attenzione di detto pubblico.

29      Essenzialmente, la linea argomentativa del ricorrente può essere suddivisa in due censure, con le quali egli contesta alla commissione di ricorso, da un lato, di non aver individuato il livello di attenzione del pubblico di riferimento e, dall’altro, di non aver preso in considerazione un grado di attenzione di livello elevato.

30      Quanto alla prima censura, occorre rilevare che essa deriva da un’errata comprensione della decisione impugnata.

31      È indubbiamente vero che la commissione di ricorso si è espressamente riferita al solo territorio rilevante, in relazione al quale ha ritenuto, al punto 21 della decisione impugnata, che occorresse prendere in considerazione la percezione dei marchi in conflitto nel territorio italiano, in quanto il marchio nazionale anteriore è registrato in Italia, senza menzionare la composizione del pubblico di riferimento e il suo livello di attenzione.

32      Tuttavia, dalla lettura della decisione impugnata nella sua interezza risulta che la commissione di ricorso si è avvalsa della configurazione presa in considerazione dalla divisione di opposizione e ha, pertanto, basato la propria analisi sul pubblico di riferimento quale definito inizialmente dalla divisione di opposizione.

33      Da un lato, come è stato chiarito al punto 26 supra, la commissione di ricorso si è limitata a verificare la fondatezza del ragionamento della divisione di opposizione.

34      Dall’altro lato, la divisione di opposizione era partita dal presupposto che taluni dei prodotti in questione rientranti nelle classi 18 e 25 sarebbero stati identici e aveva ritenuto che, persino in relazione ad essi, non potesse sussistere alcun rischio di confusione date le differenze esistenti tra i segni in conflitto. Per quanto riguarda tali prodotti, la divisione di opposizione aveva ritenuto che essi si rivolgessero sia al grande pubblico sia a una clientela professionale dotata di un grado di attenzione medio, circostanza che la commissione di ricorso ha ricordato nella parte della decisione impugnata dedicata alla sintesi dei fatti.

35      La prima censura deve, pertanto, essere respinta.

36      Con la sua seconda censura, il ricorrente afferma, in sostanza, che la commissione di ricorso avrebbe dovuto prendere in considerazione un pubblico dotato di un grado di attenzione elevato, in quanto il suo marchio designa prodotti d’alta moda venduti a prezzi molto elevati.

37      Neppure tale argomento può essere accolto.

38      In primo luogo, va sottolineato che è irrilevante in tale contesto l’uso che il ricorrente intende fare del marchio richiesto. Nell’ambito del procedimento di opposizione, infatti, l’EUIPO può unicamente considerare l’elenco di prodotti e di servizi richiesti, quale risulta dalla domanda di marchio interessato, fatte salve le eventuali modifiche di quest’ultima [v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2019, Giove Gas/EUIPO – Primagaz (KALON AL CENTRO DELLA FAMIGLIA), T‑34/18, non pubblicata, EU:T:2019:94, punto 28 e giurisprudenza ivi citata].

39      In secondo luogo, occorre rilevare che sia il marchio nazionale anteriore sia il marchio richiesto designano prodotti delle classi 18 e 25, in relazione ai quali, come risulta dalla giurisprudenza, il grado di attenzione del consumatore quando questi procede al loro acquisto è medio [v., in tal senso, sentenze del 19 giugno 2012, H.Eich/UAMI – Arav (H.EICH), T‑557/10, non pubblicata, EU:T:2012:309, punto 22, e del 19 aprile 2013, Hultafors Group/UAMI – Società Italiana Calzature (Snickers), T‑537/11, non pubblicata, EU:T:2013:207, punto 23].

40      In terzo luogo, in ogni caso, anche supponendo che l’acquisto dei prodotti di cui trattasi possa richiedere un grado di attenzione elevato di una parte del pubblico di riferimento, una simile eventualità sarebbe irrilevante, dal momento che, secondo la giurisprudenza, per quanto riguarda la valutazione del rischio di confusione, è il pubblico con il livello di attenzione meno elevato che deve essere preso in considerazione [v. sentenza del 15 luglio 2011, Ergo Versicherungsgruppe/UAMI – Société de développement et de recherche industrielle (ERGO Group), T‑221/09, non pubblicata, EU:T:2011:393, punto 21 e giurisprudenza ivi citata].

41      Occorre, pertanto, respingere la seconda censura e, di conseguenza, il terzo motivo di ricorso.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla comparazione dei segni

42      Nell’ambito del secondo motivo di ricorso, il ricorrente sostiene che la conclusione della commissione di ricorso secondo cui il grado di somiglianza tra i segni era sufficiente affinché non potesse escludersi l’esistenza di un rischio di confusione è basata su un’erronea valutazione del confronto di detti segni.

43      Secondo la giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti [sentenza del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, EU:T:2002:261, punto 30]. La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce di norma un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

44      I segni da confrontare sono il segno figurativo COLLINI, per il marchio richiesto, e il segno denominativo POLLINI, per il marchio nazionale anteriore.

45      In primo luogo, per quanto riguarda la determinazione degli elementi distintivi e dominanti dei marchi in conflitto, occorre ricordare che, per valutare il carattere distintivo di un elemento costitutivo di un marchio, occorre esaminare la sua maggiore o minore attitudine a concorrere a identificare i prodotti o servizi per i quali il marchio è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e, quindi, a distinguere tali prodotti o servizi da quelli di altre imprese. Nell’ambito di tale valutazione, vanno prese in considerazione in particolare le qualità intrinseche dell’elemento di cui trattasi, per accertare se esso sia o no privo di qualsiasi carattere descrittivo dei prodotti o servizi per i quali il marchio è stato registrato [sentenze del 13 giugno 2006, Inex/UAMI – Wiseman (Rappresentazione di una pelle di mucca), T‑153/03, EU:T:2006:157, punto 35, e del 13 dicembre 2007, Cabrera Sánchez/UAMI – Industrias Cárnicas Valle (el charcutero artesano), T‑242/06, non pubblicata, EU:T:2007:391, punto 51].

46      Inoltre, anche se è giurisprudenza costante che, in linea generale, il pubblico di riferimento non considererà un elemento descrittivo facente parte di un marchio complesso come l’elemento distintivo e dominante nell’impressione d’insieme che tale marchio produce, non è detto che un elemento di tenue carattere distintivo di un marchio del genere non possa risultare dominante ove, in particolare per la sua posizione nel segno o per le sue dimensioni, sia suscettibile di imporsi alla percezione del consumatore e di restare nella sua memoria (v. sentenza del 13 giugno 2006, Rappresentazione di una pelle di mucca, T‑153/03, EU:T:2006:157, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

47      La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a confrontarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in discussione ciascuno nel suo insieme, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). È solo quando tutti gli altri elementi che compongono il marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza tra i segni in conflitto sulla sola base dell’elemento dominante (v., in tal senso, sentenze del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43). Ciò potrebbe in particolare verificarsi quando tale elemento può, da solo, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, cosicché tutti gli altri elementi del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43).

48      Dai punti da 28 a 38 della decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso ha ritenuto che l’elemento verbale del marchio richiesto e il marchio nazionale anteriore avessero carattere distintivo, giacché erano percepiti da una parte del pubblico di riferimento come riferiti a cognomi italiani e, pertanto, non presentavano alcun collegamento diretto con i prodotti delle classi 18 e 25. Per quanto riguarda l’elemento figurativo del marchio richiesto, costituito dalla raffigurazione stilizzata di una volpe, la commissione di ricorso ha ritenuto che esso avesse carattere distintivo soltanto per i prodotti che ragionevolmente non possono essere pellicce o comprendere pellicce. La commissione di ricorso ha poi ritenuto che i marchi in conflitto non includessero alcun elemento che prevalesse sulla loro impressione d’insieme.

49      Una simile analisi non è viziata da errori di valutazione.

50      Da un lato, è pacifico che i segni in conflitto saranno percepiti, quantomeno da una parte significativa del pubblico di riferimento, come designanti cognomi. A tale riguardo, il ricorrente non rimette in discussione la valutazione della commissione di ricorso, contenuta al punto 36 della decisione impugnata, secondo la quale era abbastanza improbabile che una parte del pubblico di riferimento percepisse il marchio nazionale anteriore come il plurale del sostantivo «polline».

51      Dall’altro lato, e contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, a ragione la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che l’elemento figurativo del marchio richiesto presentasse un carattere distintivo inferiore rispetto al suo elemento verbale per quanto riguarda i prodotti rientranti nelle classi 18 e 25 collegati alla pellicceria, atteso che esso è costituito dalla raffigurazione stilizzata di una volpe, la cui pelliccia è immancabilmente associata a questo tipo di prodotti.

52      In secondo luogo, per quanto riguarda il confronto tra i segni, la commissione di ricorso ha ravvisato, ai punti da 39 a 45 della decisione impugnata, l’esistenza di un grado di somiglianza medio sul piano visivo, di un grado di somiglianza almeno medio sul piano fonetico e di un certo grado di somiglianza concettuale.

53      Per quanto attiene, anzitutto, al confronto tra i segni sul piano visivo, sebbene esistano senz’altro differenze tra i segni, riguardanti la loro prima lettera e la raffigurazione stilizzata di una volpe nel solo marchio richiesto, resta il fatto che, per il resto, detti segni coincidono.

54      A tale riguardo, si deve constatare che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, l’elemento figurativo del marchio richiesto non è tale da impedire al pubblico di riferimento di identificare la lettera «o» in detto marchio, sicché la commissione di ricorso ha avuto ragione nel ritenere che i segni in conflitto avessero in comune e nello stesso ordine la sequenza di lettere «o» «l» «l» «i» «n» «i» e si differenziassero solo per la loro prima lettera.

55      Occorre inoltre ricordare che la presenza in ciascuno dei marchi in conflitto di più lettere nello stesso ordine può rivestire una certa importanza nella valutazione delle somiglianze visive tra tali marchi [v. sentenza del 18 maggio 2018, Italytrade/EUIPO – Tpresso (tèespresso), T‑67/17, non pubblicata, EU:T:2018:284, punto 29 e giurisprudenza ivi citata]. Orbene, tale fattore di somiglianza è particolarmente marcato nel caso di specie, in quanto, sulle sette lettere che li compongono, i marchi hanno in comune sei lettere, presentate nello stesso ordine.

56      In aggiunta, la circostanza che la sola lettera che differisce tra l’elemento verbale del marchio richiesto e il marchio nazionale anteriore sia situata all’inizio del medesimo non riveste l’importanza che il ricorrente le attribuisce.

57      Infatti, il principio secondo cui il consumatore presta una particolare importanza all’inizio del marchio richiesto non può essere valutato indipendentemente dalle circostanze del caso di specie e, in particolare, dalle caratteristiche specifiche dei segni in conflitto [v., in tal senso, sentenze 13 aprile 2011, United States Polo Association/UAMI – Textiles CMG (U.S. POLO ASSN.), T‑228/09, non pubblicata, EU:T:2011:170, punto 37, e del 15 ottobre 2020, Body Attack Sports Nutrition/EUIPO – Sakkari (Sakkattack), T‑788/19, non pubblicata, EU:T:2020:484, punti 68 e 69]. Orbene, alla luce dell’identità esistente tra gli altri elementi verbali dei marchi in conflitto, la differenza nella prima lettera di ciascuno di essi non può essere considerata idonea a rimettere in discussione l’impressione di somiglianza esistente tra detti marchi.

58      Analogamente, sebbene l’elemento figurativo del marchio richiesto possa condurre, in una certa misura, il pubblico di riferimento a distinguere i segni in conflitto – almeno in relazione ai prodotti diversi da quelli collegati alla pellicceria – resta il fatto che tale elemento non può del tutto controbilanciare il fattore di somiglianza evidenziato ai punti 53 e 54 supra.

59      Pertanto, giustamente la commissione di ricorso ha ravvisato l’esistenza di un grado medio di somiglianza sul piano visivo tra i segni in conflitto.

60      Per quanto attiene, poi, al confronto tra i segni sul piano fonetico, occorre rilevare che il principio menzionato nella giurisprudenza richiamata al punto 55 supra è applicabile anche al confronto tra i segni sul piano fonetico [v. sentenza del 25 giugno 2020, Nitto Pharmaceutical Industries/EUIPO – Chiesi Farmaceutici (NOSTER), T‑550/19, non pubblicata, EU:T:2020:290, punto 51 e giurisprudenza ivi citata]. Ne consegue che la presenza nei due segni, e nello stesso ordine, della sequenza di lettere «o», «l», «l», «i», «n», «i» costituisce un importante fattore di somiglianza che può essere solo parzialmente controbilanciato dalla diversa pronuncia della loro prima lettera.

61      Pertanto, altrettanto giustamente la commissione di ricorso ha ravvisato l’esistenza di un grado di somiglianza di livello almeno medio su tale piano.

62      Infine, per quanto attiene al confronto tra i segni sul piano concettuale, il ricorrente sostiene che i segni sono diversi, in quanto si riferiscono a due cognomi diversi e la coesistenza di marchi di questo tipo è frequente nel settore della moda.

63      Secondo una giurisprudenza consolidata, le differenze concettuali possono essere tali da neutralizzare le somiglianze visive e fonetiche se almeno uno dei marchi controversi ha, dal punto di vista del pubblico di riferimento, un significato chiaro e definito, di modo che tale pubblico possa comprenderlo immediatamente [v., in tal senso, sentenza 14 ottobre 2003, Phillips‑Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), T‑292/01, EU:T:2003:264, punto 54 e del 19 dicembre 2019, Vins el Cep/EUIPO – Rotkäppchen‑Mumm Sektkellereien (MIM NATURA), T‑589/18, non pubblicata, EU:T:2019:887, punto 63].

64      A tale riguardo, è sufficiente sottolineare che i segni in conflitto rinviano a cognomi che, per le ragioni esposte ai punti 55 e 60 supra, sono simili. Inoltre, è pacifico che nessuno di essi gode di una particolare notorietà.

65      Ciò posto, sulla scorta della giurisprudenza citata al punto 63 supra, occorre osservare che, in ogni caso, i segni in conflitto non presenterebbero differenze concettuali tali da neutralizzare le somiglianze visiva e fonetica constatate.

66      Pertanto, a ragione la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che la divisione di opposizione avesse errato nell’escludere l’eventualità di un rischio di confusione basandosi sulle differenze tra i segni in conflitto e, pertanto, avrebbe dovuto esaminare la prova dell’uso del marchio nazionale anteriore.

67      A questo proposito, occorre sottolineare che, al di fuori dell’ipotesi contemplata al punto 22 supra, una volta sollevata dal richiedente il marchio oggetto di opposizione, la questione relativa alla prova dell’uso effettivo del marchio anteriore deve essere risolta prima che sia presa una decisione sull’opposizione vera e propria e configura, in tal senso, una «questione preliminare» [v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 2007, Saint‑Gobain Pam/UAMI – Propamsa (PAM PLUVIAL), T‑364/05, EU:T:2007:96, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 febbraio 2018, mobile.de/EUIPO, C‑418/16 P, EU:C:2018:128, punto 88]. Il carattere specifico e preliminare di tale questione discende dal fatto che l’analisi dell’uso effettivo porta a stabilire se, ai fini dell’esame dell’opposizione, il marchio anteriore possa essere considerato registrato per i prodotti o i servizi interessati. Tale questione non rientra quindi nell’ambito dell’esame dell’opposizione vera e propria, vertente sull’esistenza di un rischio di confusione [v., in tal senso, sentenze del 27 marzo 2014, Intesa Sanpaolo/UAMI – equinet Bank (EQUITER), T‑47/12, EU:T:2014:159, punto 19, e del 15 febbraio 2017, M.I. Industries/EUIPO – Natural Instinct (Natural Instinct Dog and Cat food as nature intended), T‑30/16, non pubblicata, EU:T:2017:77, punto 90].

68      Occorre pertanto respingere il secondo motivo di ricorso.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione delle direttive interne dellEUIPO

69      Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha errato nel ritenere che la divisione di opposizione avrebbe dovuto procedere a un esame della prova dell’uso effettivo del marchio nazionale anteriore, laddove dalle direttive interne dell’EUIPO, parte C, sezione 6, punto 3.7.2, risulta che non occorre procedervi quando esso è irrilevante per l’esito del procedimento di opposizione.

70      Per quanto riguarda il motivo di ricorso in esame, è sufficiente osservare che le direttive interne dell’EUIPO si limitano, su tale punto, a ricordare, in sostanza, che in assenza di rischio di confusione tra i segni in conflitto non è necessario esaminare la prova dell’uso del marchio anteriore. Orbene, da quanto precede risulta che il rischio di confusione non può essere escluso e che, di conseguenza, il ricorrente non può utilmente invocare le suddette disposizioni delle direttive interne dell’EUIPO.

71      Anche il primo motivo di ricorso deve essere dunque respinto.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla mancata comparazione del marchio richiesto e del marchio dellUnione europea anteriore

72      Il ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver preso in considerazione soltanto il marchio nazionale anteriore e non il marchio dell’Unione europea anteriore, escludendo così il marchio che presenta più elementi di differenziazione rispetto al marchio richiesto. Egli sostiene altresì che la decisione impugnata è viziata da un’insufficienza di motivazione relativamente alle ragioni per le quali il marchio dell’Unione europea anteriore non è stato preso in considerazione.

73      L’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 definisce come «marchi anteriori» sia i marchi l’Unione europea sia i marchi registrati in uno Stato membro.

74      Ciò posto, avendo validamente concluso che un rischio di confusione poteva sussistere per il pubblico di riferimento nel cui territorio il marchio nazionale anteriore era tutelato, contrariamente a quanto ritenuto dalla divisione di opposizione, la commissione di ricorso era legittimata, a norma dell’articolo 71 del regolamento 2017/1001, ad annullare la decisione di quest’ultima e a rinviare il caso dinanzi alla medesima, senza procedere essa stessa all’esame degli impedimenti alla registrazione relativi dedotti dall’interveniente, compreso quello riguardante l’esistenza di un rischio di confusione con il marchio dell’Unione europea anteriore.

75      Inoltre, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, la commissione di ricorso ha menzionato nella decisione impugnata i motivi per i quali essa non ha effettuato il confronto tra il marchio richiesto e il marchio dell’Unione europea anteriore. Ai punti 16 e 17 della decisione impugnata viene infatti indicato che, «a differenza del marchio dell’Unione europea anteriore (...), il quale era esente dal requisito della prova d’uso, [la] suddetta registrazione nazionale contiene un solo elemento verbale [che] è quindi maggiormente suscettibile di presentare delle affinità con il marchio impugnato» e che «[c]onseguentemente, la [c]ommissione esaminerà la sussistenza di un rischio di confusione prendendo in considerazione in primo luogo il marchio italiano». La commissione di ricorso ha poi precisato che, poiché il confronto tra il marchio richiesto e il marchio nazionale anteriore operato dalla divisione di opposizione era errato, occorreva, per le ragioni esposte ai punti da 48 a 52 della decisione impugnata, non proseguire l’esame del caso e rinviarlo dinanzi alla divisione di opposizione. Di conseguenza, il difetto di motivazione dedotto è carente in punto di fatto.

76      Occorre, pertanto, respingere il motivo di ricorso in esame e, di conseguenza, il ricorso, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità del secondo capo delle conclusioni del ricorrente, contestato, in parte, dall’EUIPO.

 Sulle spese

77      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

78      Il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alle domande dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Carmine Rotondaro è condannato alle spese.

Tomljenović

Schalin

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Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 dicembre 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.