Language of document : ECLI:EU:T:2016:494

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

15 settembre 2016 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti attinenti alle discussioni preliminari all’adozione della direttiva sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla tutela della consulenza legale – Diritti della difesa – Interesse pubblico prevalente»

Nella causa T‑710/14,

Herbert Smith Freehills LLP, con sede a Londra (Regno Unito), rappresentata da P. Wytinck, avvocato,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da E. Rebasti, M. Veiga e J. Herrmann, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da P. Van Nuffel, J. Baquero Cruz e F. Clotuche-Duvieusart, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda presentata ai sensi dell’articolo 263 TFUE di annullamento della decisione 18/c/01/14 del Consiglio, del 23 luglio 2014, che nega l’accesso a taluni documenti collegati all’adozione della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU 2014, L 127, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da D. Gratsias, presidente, M. Kancheva e C. Wetter (relatore), giudici,

cancelliere: M. Junius, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 gennaio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Con e‑mail del 16 aprile 2014, la ricorrente, Herbert Smith Freehills LLP, ha presentato al Consiglio dell’Unione europea, sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), una domanda di accesso a «tutti i documenti (ivi inclusi i documenti interni e i progetti) redatti dai funzionari del servizio giuridico del Consiglio, relativamente alla valutazione, da parte del servizio giuridico, della base giuridica delle proposte di una nuova direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati (...) in preparazione dei triloghi relativi a [tale direttiva] nel 2013, in risposta a tali riunioni o in seguito ad esse o che ad esse si riferiscono». Essa ha inoltre indicato che «nell’ambito del seguito dato a tale domanda dal servizio giuridico del Consiglio, [essa si aspettava] di ricevere (quantomeno) i documenti (ivi inclusi i documenti interni e i progetti) relativi all’esame o allo studio, da parte del servizio giuridico, dell’articolo 24 della proposta di [direttiva]».

2        Il 4 giugno 2014, il Consiglio ha risposto alla domanda della ricorrente, negando l’accesso a tutti i documenti richiesti.

3        In tale decisione iniziale di diniego, il Consiglio aveva indicato che il suo servizio giuridico non aveva redatto alcun parere scritto sugli aspetti oggetto della domanda. Per quanto concerne i documenti interni e i progetti, ha rilevato l’esistenza di un numero limitato di scambi scritti tra un funzionario del servizio giuridico del Consiglio, funzionari dei servizi giuridici del Parlamento europeo e della Commissione europea e delegati degli Stati membri, e ha osservato che certi elementi di tale corrispondenza riportavano in allegato versioni provvisorie dell’articolo 24 della proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati (nel prosieguo: la «DPT») e le parti della proposta ad esse afferenti. Il Consiglio ha ritenuto che la loro divulgazione avrebbe pregiudicato l’interesse a chiedere e ricevere pareri giuridici franchi, obiettivi e completi e, per quanto concerne i dati personali, la vita privata delle persone che hanno preso parte a tale scambio di corrispondenza.

4        Con e‑mail del 16 giugno 2014, la ricorrente ha presentato una domanda di conferma d’accesso ai documenti di cui alla domanda iniziale.

5        Con decisione del 23 luglio 2014, notificata alla ricorrente il 24 luglio 2014, il Consiglio ha respinto la domanda di conferma della ricorrente e ha negato l’accesso ai documenti individuati (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

6        Risulta dal contenuto della decisione impugnata che i documenti che la ricorrente ha individuato come oggetto del diniego di accesso sono i seguenti (in prosieguo, nel loro complesso: i «documenti richiesti»):

–        una e‑mail del 21 novembre 2013, indirizzata da un funzionario del servizio giuridico del Consiglio ai funzionari dei servizi giuridici del Parlamento e della Commissione, contenente posizioni giuridiche preliminari relative alla formulazione dell’articolo 24 della DPT (nel prosieguo: il «documento n. 1»);

–        una e‑mail del 26 novembre 2013, indirizzata da un funzionario del servizio giuridico del Consiglio al consigliere giuridico di uno Stato membro, con una spiegazione molto concisa dell’obiettivo giuridico principale di un progetto specifico; una versione provvisoria dell’articolo 24 della DPT e, in allegato, le parti della proposta della Commissione ad essa afferenti (in prosieguo: il «documento n. 2»);

–        una e‑mail del 2 dicembre 2013, indirizzata da un funzionario del servizio giuridico del Consiglio ai funzionari dei servizi giuridici del Parlamento e della Commissione, con un commento molto conciso sulla possibile interpretazione di un testo; una versione provvisoria dell’articolo 24 della DPT e, in allegato, le parti della proposta della Commissione ad essa afferenti (in prosieguo: il «documento n. 3»);

–        una e‑mail del 3 dicembre 2013, indirizzata da un funzionario del servizio giuridico del Consiglio a un funzionario della direzione generale (DG) «B 4B» del segretariato generale del Consiglio, con un riferimento molto breve a un progetto riportato in allegato; una versione provvisoria dell’articolo 24 della DPT e, in allegato, le parti della proposta della Commissione ad essa afferenti (in prosieguo: il «documento n. 4»);

–        una e‑mail del 4 dicembre 2013, indirizzata da un funzionario del servizio giuridico del Consiglio ai funzionari dei servizi giuridici del Parlamento e della Commissione, che faceva riferimento a una sentenza e riportava succinte posizioni preliminari sulla sua pertinenza (in prosieguo: il «documento n. 5»).

7        Nella decisione impugnata, il Consiglio ha constatato che i documenti richiesti contenevano pareri giuridici sotto forma di scambi informali sulle posizioni legali preliminari relative ad una disposizione della DPT che era particolarmente controversa e che costituiva l’oggetto di discussioni complesse e difficili all’interno del Consiglio e tra le istituzioni.

8        Inoltre, il Consiglio ha constatato che la DPT era stata fortemente contestata dall’industria del tabacco nel corso del procedimento legislativo, che un altro produttore di tabacco aveva avviato una procedura giudiziaria dinanzi ai giudici inglesi per contestare la legittimità della DPT e che esisteva, pertanto, un rischio reale e prevedibile che fosse proposto un rinvio pregiudiziale. Il Consiglio ha parimenti preso atto delle indicazioni secondo le quali la Polonia stava valutando la possibilità di proporre un ricorso di annullamento della DPT dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Ha analogamente ritenuto che la «clausola di libera circolazione», di cui all’articolo 24 della DPT e analizzata nei documenti richiesti, sarebbe stata inevitabilmente oggetto del dibattito giudiziario preannunciato. In tali circostanze, il Consiglio ha ritenuto che la divulgazione dei documenti richiesti avrebbe potuto nuocere all’efficacia della sua difesa dinanzi ai giudici e, di conseguenza, al principio di parità delle armi e dei diritti della difesa.

9        Il Consiglio ha anche sottolineato che i documenti elaborati dai funzionari del suo servizio giuridico in modo informale e preliminare dovevano beneficiare di una protezione speciale, proprio in ragione del loro carattere informale e provvisorio. Secondo il Consiglio, la divulgazione di tali documenti avrebbe potuto avere conseguenze importanti sul modo in cui opera il servizio giuridico e sulla sua libertà di esprimere posizioni e, in ultima analisi, nuocere alla sua capacità di chiedere e ricevere un parere giuridico «franco, obiettivo e completo».

10      Di conseguenza, il Consiglio ha concluso che ai documenti richiesti si applicava l’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativo alla protezione della consulenza legale.

11      Per quanto riguarda la sussistenza di un eventuale interesse prevalente alla divulgazione, il Consiglio ha ritenuto, in considerazione della natura particolarmente sensibile dei pareri giuridici di cui si tratta, che riguardavano questioni che possono costituire oggetto di un contenzioso, che l’interesse alla trasparenza e alla partecipazione al procedimento legislativo non prevalesse, nel caso di specie, sulla necessità di proteggere le posizioni giuridiche espresse nei documenti richiesti, i quali, in ogni caso, avevano soltanto carattere preliminare e non riflettevano le posizioni ufficiali del Consiglio.

12      Per quanto riguarda la questione se poteva essere accordato un accesso parziale, il Consiglio ha concluso che le parti dei documenti richiesti, interessate da tale domanda di accesso parziale, ricadevano nella loro integralità nel campo di applicazione dell’eccezione sollevata.

13      Infine, il Consiglio ha negato l’accesso ai dati personali contenuti nei documenti, in base dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001.

 Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 ottobre 2014, la ricorrente ha presentato il presente ricorso, congiuntamente ad un’istanza di procedimento accelerato.

15      Con decisione del 7 novembre 2014, il Tribunale (Ottava Sezione) ha respinto l’istanza di procedimento accelerato.

16      Il 19 dicembre 2014, il Consiglio ha presentato il controricorso.

17      La replica è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 25 febbraio 2015.

18      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 gennaio 2015, la Commissione ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Con ordinanza del 3 marzo 2015, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento.

19      Il 15 aprile 2015 la Commissione ha depositato la sua memoria di intervento.

20      La controreplica è pervenuta alla cancelleria del Tribunale il 16 aprile 2015.

21      Le osservazioni della ricorrente sulla memoria d’intervento sono state depositate il 29 maggio 2015.

22      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

23      Con ordinanza dell’11 novembre 2015, il Tribunale ha chiesto al Consiglio di produrre una copia dei documenti richiesti, in base all’articolo 91, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, e ha indicato che, in conformità con l’articolo 104 di tale regolamento, tali documenti non sarebbero stati comunicati alla ricorrente. Il Consiglio ha ottemperato a tale ordinanza nel termine impartito.

24      Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 22 gennaio 2016.

25      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare il Consiglio alle spese.

26      Il Consiglio e la Commissione chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

27      A sostegno della sua domanda di annullamento, la ricorrente presenta, dopo aver rinunciato al suo terzo motivo di ricorso nella replica, due motivi di ricorso vertenti, rispettivamente, il primo, su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, e, il secondo, su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del citato regolamento.

 Osservazioni preliminari

28      Va ricordato che, conformemente al suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento espresso dall’articolo 1, secondo comma, TUE di segnare una nuova tappa nel processo di creazione di una «unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa», in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini. Come ricorda il considerando 2 di detto regolamento, il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni si ricollega al carattere democratico di queste ultime (sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 34; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 68, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 72).

29      A tal fine, il regolamento n. 1049/2001, come indicato nel suo considerando 4 e nel suo articolo 1, mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni (sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 33; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 69, nonché del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 73).

30      Indubbiamente, tale diritto è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su motivi di interesse pubblico o privato. Più specificamente, e in conformità con il suo considerando 11, il regolamento n. 1049/2001 prevede, al suo articolo 4, un regime di eccezioni che consentono alle istituzioni di negare l’accesso a un documento nel caso in cui la divulgazione di quest’ultimo arrechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati da tale articolo (sentenze del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti 70 e 71; del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 70 e 71; del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 74, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 29).

31      Nondimeno, dato che tali eccezioni derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (sentenze del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 63; del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 36; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 73, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 75).

32      Tuttavia, il solo fatto che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione al diritto di accesso prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non può essere sufficiente a giustificare l’applicazione di quest’ultima (sentenze del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 51, e del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 69).

33      Da un lato, infatti, qualora l’istituzione interessata decida di negare l’accesso a un documento che le è stato chiesto di comunicare, deve, in linea di principio, spiegare come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 che essa invoca. Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v., sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 76 e la giurisprudenza ivi citata).

34      Dall’altro lato, quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, deve procedere al bilanciamento tra l’interesse specifico da tutelare impedendo la divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale all’accessibilità di tale documento, tenendo conto dei vantaggi che derivano, come rileva il considerando 2 del regolamento n. 1049/2001, da una maggiore trasparenza, consistenti in una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e in una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 45; del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 32, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 53).

35      Peraltro, la Corte ha altresì statuito che tali considerazioni presentano, con ogni evidenza, una rilevanza del tutto particolare allorché il Consiglio agisce in veste di legislatore, come risulta dal considerando 6 del regolamento n. 1049/2001, secondo il quale proprio in tale ipotesi deve essere autorizzato un accesso più ampio ai documenti. La trasparenza, al riguardo, contribuisce a rafforzare la democrazia permettendo ai cittadini di controllare tutte le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo. Infatti, la possibilità per i cittadini, di conoscere il fondamento delle azioni legislative è condizione per l’esercizio effettivo, da parte di questi ultimi, dei loro diritti democratici (sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 46, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 33).

 Sul primo motivo di ricorso, relativo a una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001

36      Con il suo primo motivo di ricorso, che si suddivide in due parti, la ricorrente addebita al Consiglio due violazioni dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

37      Nell’ambito della prima parte, la ricorrente sostiene che i documenti nn. 1, 2, 3 e 5 non sono riconducibili all’eccezione relativa alla consulenza legale, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

38      Nell’ambito della seconda parte, essa sostiene che, anche se i documenti nn. 1, 2, 3 e 5 fossero riconducibili all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, essi, come anche il documento n. 4, dovrebbero comunque essere comunicati poiché esiste un interesse pubblico prevalente alla loro divulgazione.

 Sulla prima parte del primo motivo

39      Secondo la ricorrente, l’eccezione relativa alla consulenza legale, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, non deve essere estesa alle e-mail scambiate con terzi nell’ambito di un procedimento legislativo. I documenti nn. 1, 2, 3 e 5 sarebbero, infatti, soltanto il prodotto di un dibattito interistituzionale relativo al contenuto dell’atto legislativo proposto. Detta eccezione si applicherebbe soltanto ai pareri interni forniti dal servizio giuridico dell’istituzione in questione. Il Consiglio avrebbe dunque commesso un errore invocando l’eccezione in questione per le comunicazioni inviate a funzionari dei servizi giuridici del Parlamento e della Commissione e al consigliere giuridico di uno Stato membro.

40      Il Consiglio e la Commissione contestano gli argomenti della ricorrente.

41      A tenore dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento nel caso in cui la sua divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela della consulenza legale, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione del suddetto documento.

42      Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, con riferimento all’eccezione riguardante la consulenza legale prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, l’esame che il Consiglio deve effettuare quando gli viene richiesta la divulgazione di un documento deve necessariamente svolgersi in tre fasi, corrispondenti ai tre criteri previsti da tale disposizione (sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 37, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 95).

43      Il Consiglio deve, quindi, in una prima fase, assicurarsi che il documento di cui è chiesta la divulgazione configuri effettivamente una consulenza legale. In una seconda fase, deve esaminare se la divulgazione delle parti del documento in parola individuate come concernenti la consulenza legale comprometta la tutela di cui tale consulenza deve beneficiare, nel senso che detta divulgazione arrecherebbe pregiudizio all’interesse di un’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi. Il rischio di pregiudizio a tale interesse, per poter essere invocato, deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico. In una terza e ultima fase, se il Consiglio ritiene che la divulgazione di un documento arrecherebbe pregiudizio alla tutela della consulenza legale quale sopra definita, è suo dovere verificare che non esista un interesse pubblico prevalente che giustifichi tale divulgazione, nonostante il pregiudizio che ne deriverebbe alla sua facoltà di chiedere una consulenza legale e di ricevere pareri franchi, obiettivi e completi (v., in tal senso, sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti da 38 a 44, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 96).

44      La Corte ha anche statuito che, qualora la divulgazione della consulenza legale del Consiglio resa nell’ambito di procedimenti legislativi pregiudicasse l’interesse alla tutela dell’indipendenza del servizio giuridico del Consiglio, tale rischio dovrebbe essere bilanciato con gli interessi pubblici prevalenti soggiacenti al regolamento n. 1049/2001. Costituisce un siffatto interesse pubblico prevalente il fatto che la divulgazione dei documenti contenenti il parere del servizio giuridico di un’istituzione su questioni giuridiche sorte nel corso del dibattito su iniziative legislative possa aumentare la trasparenza e l’apertura del procedimento legislativo e rafforzare il diritto democratico dei cittadini europei di controllare le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo, come indicato, in particolare, nei considerando 2 e 6 di detto regolamento. Risulta dalle considerazioni innanzi esposte che il regolamento n. 1049/2001 impone, in linea di principio, un obbligo di divulgare i pareri del servizio giuridico del Consiglio relativi ad un procedimento legislativo (sentenza del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 67 e 68).

45      Tale constatazione non impedisce tuttavia che la divulgazione di un parere giuridico specifico, reso nell’ambito di un procedimento legislativo, ma avente contenuto particolarmente sensibile o portata particolarmente estesa che travalichi l’ambito del procedimento legislativo di cui trattasi, venga negata richiamandosi alla tutela della consulenza legale. In tali circostanze, l’istituzione interessata dovrebbe motivare il rifiuto in modo circostanziato (sentenza del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 69).

46      Come risulta dal precedente punto 39, nell’ambito della prima parte, la ricorrente rimette in discussione la prima fase dell’esame svolto dal Consiglio.

47      Circa la nozione di «consulenza legale», occorre sottolineare che l’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non fornisce alcuna base per l’interpretazione operata dalla ricorrente di tale nozione.

48      In primo luogo, è opportuno constatare che la nozione di «consulenza legale» non è definita dal regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza derivante dalla sentenza del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 38 e 39) che la nozione di «consulenza legale» è legata al contenuto di un documento e non al suo autore o ai suoi destinatari. Come risulta da un’interpretazione letterale dei termini «consulenza legale», si tratta di una consulenza relativa ad una questione di diritto, indipendentemente dalle modalità con cui è stata fornita. In altri termini, è indifferente, affinché si applichi l’eccezione relativa alla protezione della consulenza legale, che i documenti che contengono tale consulenza siano stati forniti in uno stadio precoce, avanzato o finale del processo decisionale. Allo stesso modo, il fatto che la consulenza sia stata resa in un contesto formale o informale non incide sull’interpretazione di tali termini.

49      In secondo luogo, la formulazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non permette di concludere che esso riguarda unicamente una consulenza fornita o ricevuta da un’istituzione al suo interno.

50      A tale proposito, occorre ricordare che risulta dalla sentenza del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 42) che l’eccezione relativa alla consulenza legale prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 deve essere interpretata come volta a proteggere l’interesse di un’istituzione a chiedere e ricevere pareri franchi, obiettivi e completi.

51      Nonostante un’istituzione si rivolga, in linea di principio, al proprio servizio giuridico, nulla osta a che detta istituzione, se necessario, esternalizzi la richiesta di tale parere. Si tratta per esempio del caso in cui l’istituzione in questione chieda una consulenza ad uno studio legale.

52      Pertanto, la questione se la consulenza legale promani da un autore interno o esterno non ha importanza per l’istituzione che invoca l’eccezione relativa alla protezione della consulenza.

53      Infine, nulla osta neppure al fatto che l’istituzione che ha invocato l’eccezione relativa alla protezione della consulenza legale condivida tale parere con «un terzo». Orbene, il fatto che un documento contenente un parere giuridico prodotto da un’istituzione sia stato inviato ai servizi giuridici delle altre istituzioni o a uno Stato membro non modifica, in quanto tale, la natura di tale documento.

54      Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non risulta dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 che la consulenza legale debba promanare da un’istituzione unicamente ad uso interno.

55      A tal proposito, occorre sottolineare che, nel caso di specie, come ha affermato il Consiglio e come ha potuto constatare il Tribunale in seguito alla produzione di documenti nell’ambito del mezzo istruttorio evocato al precedente punto 23, si tratta di uno scambio tra tre istituzioni nell’ambito di un trilogo, circostanza che implica per definizione, affinché venga adottato un testo legislativo definitivo, degli scambi all’«esterno» dell’istituzione interessata.

56      Un trilogo è una riunione tripartita informale alla quale partecipano i rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione. L’obiettivo di tali contatti è cercare rapidamente un accordo su un insieme di emendamenti accettabili per il Parlamento e il Consiglio. Per quanto le discussioni legislative condotte nell’ambito di un trilogo riguardino spesso questioni politiche, esse possono talvolta riguardare anche questioni tecnico-giuridiche. In quest’ultimo caso, può accadere che i servizi giuridici delle tre istituzioni debbano discutere e accordarsi su una posizione, accordo che successivamente deve ancora essere approvato da ciascuna delle tre istituzioni conformemente alle rispettive procedure interne.

57      Così la procedura legislativa ordinaria di cui all’articolo 294 TFUE, procedura con la quale è stata adottata la DPT, comporta tre tappe (prima lettura, seconda lettura e terza lettura con la conciliazione), ma può concludersi a ciascuna di tali tappe se il Parlamento e il Consiglio arrivano ad un accordo. Mentre la procedura può richiedere fino a tre letture, un maggiore uso dei triloghi mostra che un accordo è spesso raggiunto alla prima lettura.

58      Nel caso di specie, la DPT à stata adottata in prima lettura dal Parlamento. In vista della scadenza del mandato del Parlamento e della Commissione, rispettivamente in giugno e in ottobre 2014, sono stati condotti negoziati in trilogo tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, su richiesta del Parlamento, per negoziare, tra l’altro, il contenuto dell’articolo 24 della DPT e per trovare un accordo sulla sua formulazione.

59      Orbene, gli scambi di punti di vista giuridici tra i servizi giuridici delle tre istituzioni al fine di trovare un compromesso su un testo legislativo nell’ambito di un trilogo possono essere qualificati, se del caso, come consulenza legale e, quindi, possono ricadere nella relativa eccezione.

60      I servizi giuridici, infatti, operano sulla base di un mandato e al fine di trovare un accordo. Operano, dunque, contemporaneamente come negoziatori e consulenti su questioni giuridiche.

61      Infine, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il documento n. 2, una e-mail del Consiglio inviata ad uno Stato membro – dunque, secondo la ricorrente, un documento al quale non si applicherebbe l’eccezione relativa alla consulenza legale in quanto scambiato con un terzo – occorre sottolineare che gli Stati membri formano il Consiglio. Pertanto, lo scambio di corrispondenza tra i servizi del Consiglio e le rappresentanze permanenti degli Stati membri nell’ambito di un procedimento legislativo può, se del caso, essere coperto dall’eccezione relativa alla consulenza legale prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

62      Risulta da quanto esposto che il Consiglio, a giusto titolo, ha considerato che i documenti controversi rientravano nella consulenza legale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. La prima parte del primo motivo va pertanto respinta.

 Sulla seconda parte del primo motivo di ricorso

63      Nell’ambito della seconda parte, la ricorrente sostiene che, nella misura in cui i documenti nn. da 1 a 5 siano protetti dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, esiste un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

64      Essa fa riferimento, a tal proposito, alla sentenza del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 46). Ne risulterebbe che la consulenza legale resa nel contesto di un procedimento legislativo deve, in linea di principio, essere divulgata e che tale divulgazione è volta ad aumentare la trasparenza e l’apertura del procedimento legislativo e a rafforzare il diritto democratico dei cittadini europei di controllare le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo. In tale contesto, la ricorrente afferma che i documenti richiesti trattano di un elemento essenziale dell’ordine costituzionale dell’Unione europea, vale a dire la base giuridica della DPT, che è legato al principio d’attribuzione sancito all’articolo 5 TUE. Inoltre, tale elemento essenziale è anche oggetto di una questione interpretativa sollevata dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Alta Corte d’Inghilterra e del Galles per questioni di diritto amministrativo, Regno Unito), circostanza anch’essa che rivela, secondo la ricorrente, un interesse pubblico importante.

65      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta il fatto che, in materia legislativa, esisterebbe sempre un interesse prevalente che giustifica la divulgazione dei documenti richiesti. Le due istituzioni invocano, a tal riguardo, i pareri specifici redatti sull’articolo 24 della DPT, pareri a carattere sensibile e controverso. La loro divulgazione arrecherebbe pregiudizio all’interesse a chiedere e ricevere pareri franchi, obiettivi e completi, alla capacità del Consiglio e della Commissione di definire e adattare la loro linea difensiva nel corso del futuro procedimento giurisdizionale e alla serenità e all’integrità dei dibattiti giuridici dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione. Tenuto conto di tali rischi, il presunto interesse pubblico che giustificherebbe la divulgazione invocata dalla ricorrente non prevarrebbe sull’interesse pubblico alla protezione della consulenza legale in questione.

66      In via preliminare, occorre constatare che la ricorrente non ha dedotto alcuna censura per contestare la sussistenza di un rischio reale, ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico che la divulgazione dell’integralità dei documenti richiesti arrechi pregiudizio alla protezione della consulenza legale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. La circostanza che essa abbia accennato nelle sue memorie ad un dubbio circa il carattere particolarmente sensibile dei documenti in questione si colloca unicamente nell’ambito del bilanciamento dell’interesse del Consiglio alla protezione dei pareri in questione con l’interesse prevalente alla divulgazione di tali pareri. Pertanto, l’esame effettuato dal Consiglio relativamente alla sussistenza di un rischio reale che la divulgazione dei documenti richiesti potesse arrecare pregiudizio al suo interesse a chiedere una consulenza legale e di ricevere pareri giuridici franchi, obiettivi e completi non forma oggetto della presente controversia.

67      Qualora la divulgazione di una consulenza legale possa arrecare pregiudizio all’interesse protetto, tale rischio dovrebbe essere bilanciato con gli interessi prevalenti soggiacenti al regolamento n. 1049/2001. Come risulta dalla giurisprudenza citata al precedente punto 34, spetta all’istituzione interessata procedere al bilanciamento tra l’interesse specifico da tutelare impedendo la divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale all’accessibilità a tale documento, tenendo conto dei vantaggi che derivano, come rileva il considerando 2 del regolamento n. 1049/2001, da una maggiore trasparenza, consistenti in una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e in una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico.

68      L’interesse pubblico prevalente alla divulgazione di un documento non deve necessariamente essere distinto dai principi soggiacenti al regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 74 e 75, e del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 92).

69      Tuttavia, considerazioni puramente generiche non possono essere idonee a dimostrare che un interesse pubblico prevalga sulle ragioni che giustificano il diniego di divulgazione dei documenti in questione (v., in tal senso, sentenze del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 158; del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 93; del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 105, e del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 131).

70      Nel caso di specie, dalla decisione impugnata emerge che, secondo il Consiglio, nessun interesse pubblico prevalente giustifica la divulgazione dei documenti richiesti. In sostanza, come risulta dal punto 26 della decisione impugnata, sintetizzato al precedente punto 11, il Consiglio ha ritenuto, in considerazione della natura particolarmente sensibile della consulenza legale di cui si tratta, riguardante questioni che avrebbero potuto costituire oggetto di un contenzioso, che l’interesse alla trasparenza e alla partecipazione al procedimento legislativo non prevalesse, nel caso di specie, sulla necessità di proteggere le posizioni giuridiche espresse nei documenti richiesti.

71      Nessuno degli argomenti addotti dalla ricorrente e sintetizzati al precedente punto 64 consente di rimettere in discussione tale valutazione.

72      In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento vertente sul fatto che la trasparenza necessaria per la comprensione del procedimento legislativo costituirebbe di per sé un interesse pubblico che deve essere tutelato e del quale il Consiglio non avrebbe tenuto conto, occorre considerare che, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 69, considerazioni tanto generiche non possono essere idonee a dimostrare che il principio di trasparenza presenta, nella fattispecie, una rilevanza particolare, che avrebbe potuto prevalere sulle ragioni che giustificano il diniego di divulgazione dei documenti richiesti (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti 157 e 158).

73      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui l’interesse pubblico prevalente sarebbe ravvisabile anche nel fatto che vi era un procedimento pendente dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Alta Corte d’Inghilterra e del Galles per questioni di diritto amministrativo, Regno Unito), occorre ricordare che la ricorrente agisce per conto della British American Tobacco UK Ltd, che il 27 giugno 2014 ha avviato detto procedimento per contestare la legittimità della DPT e, in particolare, del suo articolo 24, alla luce dell’articolo 114 TFUE, e ha chiesto che tale giudice sottoponga alla Corte di giustizia dell’Unione europea una domanda di pronuncia pregiudiziale sulla validità della DPT. Orbene, il fatto che la ricorrente abbia introdotto un ricorso dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Alta Corte d’Inghilterra e del Galles per questioni di diritto amministrativo, Regno Unito), tende a dimostrare che si tratta qui più di un interesse privato che di un interesse pubblico prevalente. In più, nell’attesa di tale rinvio pregiudiziale da parte di detto giudice, la ricorrente ha richiesto un procedimento accelerato (v. punto 14 supra), sostenendo ch’essa aveva un chiaro interesse all’accesso ai documenti in questione al fine di meglio preparare le sue osservazioni nell’ambito del procedimento pregiudiziale atteso e di presentare tali documenti alla Corte di giustizia dell’Unione europea e, così facendo, denota di avere un interesse privato.

74      È opportuno notare che, per quanto riguarda la necessità di ottenere la divulgazione dei documenti richiesti a titolo di un interesse prevalente in modo da essere in grado di meglio preparare il suo intervento nel procedimento giurisdizionale summenzionato, tale argomento non costituisce, in quanto tale, un interesse pubblico che giustifichi la divulgazione idoneo a prevalere sulla tutela della riservatezza, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento 1049/2001. Tenuto conto del principio generale d’accesso ai documenti sancito dall’articolo 15 TFUE e dei considerando 1 e 2 di detto regolamento, tale interesse deve avere un carattere obiettivo e generale e non va confuso con interessi particolari o privati.

75      Pertanto, alla luce di quanto precede, la seconda parte del primo motivo non può essere accolta.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001

76      Nell’ambito del secondo motivo di ricorso, la ricorrente afferma che il Consiglio non ha applicato correttamente l’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, non avendo accordato un accesso parziale ai documenti richiesti. Ogni possibile pregiudizio alla tutela della consulenza legale avrebbe potuto essere notevolmente ridotto se le e‑mail fossero state occultate. Inoltre, essa ritiene che doveva essere accordata, perlomeno, la comunicazione delle versioni provvisorie intermedie dell’articolo 24 della DPT, allegate ai documenti nn. 2, 3 e 4.

77      Va rammentato che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, se solo una parte del documento richiesto è interessata da una o più delle eccezioni previste da detto articolo, le parti restanti del documento sono divulgate.

78      Nel caso di specie, il Consiglio ha ritenuto, nella decisione impugnata, che le parti della corrispondenza oggetto della domanda di accesso della ricorrente fossero interamente coperte dall’eccezione relativa alla protezione della consulenza legale e che fosse dunque impossibile accordare un accesso parziale.

79      Il Consiglio ha anche aggiunto, nel controricorso, che una divulgazione dei saluti e delle informazioni logistiche anodine contenute nelle e‑mail identificate non avrebbe fornito alcuna informazione pertinente alla ricorrente e dunque sarebbe stata inutile.

80      A tale proposito, si deve sottolineare, così come fa il Consiglio, che, sulla base di una giurisprudenza costante, le istituzioni hanno il diritto di non concedere un accesso parziale qualora l’esame dei documenti in questione mostri che detto accesso parziale sarebbe del tutto privo di senso in quanto le parti dei documenti che verrebbero divulgate non sarebbero di alcuna utilità per chi richiede l’accesso (sentenza del 12 luglio 2001, Mattila/Consiglio e Commissione, T‑204/99, EU:T:2001:190, punto 69).

81      Pertanto, dato che le parti dei documenti in questione oggetto della domanda di accesso della ricorrente sono coperti nella loro interezza dall’eccezione relativa alla protezione della consulenza legale e che le parti restanti riguardano unicamente saluti e informazioni logistiche anodine, giustamente il Consiglio ha concluso che un accesso parziale sarebbe stato del tutto privo di senso.

82      Per quanto riguarda le versioni provvisorie del testo dell’articolo 24 della DPT, allegate ai documenti nn. 2, 3 e 4, occorre constatare che i pareri scambiati tra i tre servizi giuridici sono rintracciabili, attraverso la funzione «mostra revisioni», nel testo di tali versioni e fanno integralmente parte dei pareri giuridici. Per questo, si applica lo stesso ragionamento indicato ai precedenti punti da 71 a 75.

83      Ne consegue che il secondo motivo e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza devono essere respinti.

 Sulle spese

84      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte che è rimasta soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, essa va condannata a sopportare le sue spese nonché quelle sostenute dal Consiglio, in conformità alle conclusioni di quest’ultimo.

85      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese. Pertanto, la Commissione sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Herbert Smith Freehills LLP sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

Gratsias

Kancheva

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 2016.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.