Language of document : ECLI:EU:T:2017:748

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

23 ottobre 2017 (*)

«Concorrenza – Intese – Abuso di posizione dominante – Sistema di riparazione selettiva – Rifiuto da parte dei produttori di orologi svizzeri di fornire pezzi di ricambio agli orologiai indipendenti – Mercato primario e mercato dell’assistenza ai clienti – Eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva – Decisione recante rigetto di una denuncia»

Nella causa T‑712/14,

Confédération européenne des associations d’horlogersréparateurs (CEAHR), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata inizialmente da P. Mathijsen e P. Dyrberg, successivamente da M. Sánchez Rydelski e infine da P. Benczek, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da F. Ronkes Agerbeek, M. Farley e C. Urraca Caviedes, successivamente da A. Dawes, F. Ronkes Agerbeek e J. Norris‑Usher, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

LVMH Moët HennessyLouis Vuitton SA, con sede in Parigi (Francia), rappresentata da C. Froitzheim, avvocato, e R. Subiotto, QC,

da

Rolex, SA, con sede in Ginevra (Svizzera), rappresentata da M. Araujo Boyd, avvocato,

e da

The Swatch Group SA, con sede in Neuchâtel (Svizzera), rappresentata inizialmente da A. Israel e M. Jakobs, successivamente da A. Israel e J. Lang, avvocati,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2014) 5462 final della Commissione, del 29 luglio 2014, con cui la Commissione ha rigettato la denuncia presentata dalla ricorrente concernente asserite violazioni degli articoli 101 e 102 TFUE (caso AT.39097 – Riparazione di orologi)

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da M. Prek, presidente, E. Buttigieg e B. Berke (relatore), giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 febbraio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti e decisione impugnata

 Procedimento amministrativo

1        La Confédération européenne des associations d’horlogers‑réparateurs (Confederazione europea delle associazioni dei riparatori di orologi, CEAHR), ricorrente, è un’associazione senza fini di lucro costituita da nove associazioni nazionali di otto Stati membri a tutela degli interessi degli orologiai indipendenti.

2        Il 20 luglio 2004, la ricorrente ha depositato una denuncia presso la Commissione delle Comunità europee a carico della The Swatch Group SA, della Richemont International SA, della LVMH Moët Hennessy‑Louis Vuitton SA, della Rolex SA, della Manufacture des montres Rolex SA, della Société anonyme de la Manufacture d’horlogerie Audemars Piguet & Cie e della Patek Philippe SA Manufacture d’Horlogerie (in prosieguo: i «fabbricanti di orologi svizzeri»), denunciando l’esistenza di un accordo o di una pratica concordata tra questi ultimi e lamentando un abuso di posizione dominante derivante dal rifiuto, opposto da detti fabbricanti, di continuare a rifornire di pezzi di ricambio i riparatori di orologi indipendenti.

3        Il 10 luglio 2008, la Commissione ha adottato la decisione C(2008) 3600 (caso COMP/E-1/39.097 – Riparazione di orologi), con la quale ha rigettato la denuncia della CEAHR, adducendo la mancanza di un interesse dell’Unione europea sufficiente a proseguire le indagini sulle infrazioni denunciate.

4        Il 15 dicembre 2010, il Tribunale ha annullato tale decisione della Commissione che aveva rigettato la denuncia. Esso ha dichiarato che la Commissione aveva violato l’obbligo ad essa incombente di prendere in considerazione tutti gli elementi in diritto e in fatto rilevanti e di esaminare con attenzione il complesso di tali elementi ad essa comunicati dalla ricorrente, che essa aveva insufficientemente motivato la sua affermazione secondo cui la denuncia riguardava al massimo un segmento di mercato di dimensioni ridotte e, pertanto, di importanza economica parimenti ridotta e che essa aveva commesso un errore manifesto di valutazione concludendo che il mercato dei servizi di riparazione e manutenzione degli orologi non costituiva un distinto mercato rilevante, bensì doveva essere esaminato unitamente a quello degli orologi di lusso o di prestigio. Di conseguenza, esso ha ritenuto che gli illeciti commessi dalla Commissione fossero tali da inficiare la sua valutazione sull’esistenza di un interesse sufficiente dell’Unione al proseguimento dell’esame della denuncia (sentenza del 15 dicembre 2010, CEAHR/Commissione, T‑427/08, EU:T:2010:517, punti da 33 a 43, da 76 a 119 e da 157 a 178).

5        In seguito a tale sentenza, la Commissione ha avviato, il 1o agosto 2011, un procedimento contro i fabbricanti di orologi svizzeri ai sensi dell’articolo 7 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18). Il 29 luglio 2013, la Commissione ha comunicato alla ricorrente la sua posizione provvisoria riguardo alla denuncia in occasione di una riunione sullo stato del fascicolo. In seguito all’analisi, la stessa ha deciso di non proseguire le sue indagini.

6        Con lettera del 3 settembre 2013 essa ha formalmente informato la ricorrente della sua intenzione di respingere la denuncia.

7        Con lettera del 27 settembre 2013 la ricorrente ha presentato alla Commissione le proprie osservazioni sul rigetto della denuncia. Essa affermava che il rifiuto dei fabbricanti di orologi svizzeri di fornire pezzi di ricambio costituiva una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE.

8        Dopo avere ricevuto le osservazioni della Richemont, della Rolex e della The Swatch Group, rispettivamente il 16 settembre, il 18 e il 19 novembre 2013, e dopo avere trasmesso alla ricorrente tali osservazioni e i documenti non confidenziali su cui essa ha fondato la sua valutazione, la Commissione ha informato la ricorrente, il 16 gennaio e il 5 marzo 2014, durante le riunioni sullo stato del fascicolo, che le sue osservazioni non contenevano nuovi elementi significativi idonei a modificare la sua posizione iniziale.

9        Il 29 luglio 2014, la Commissione ha adottato la decisione C(2014) 5462 final nel caso AT.39097 – Riparazione di orologi (in prosieguo: la «decisione impugnata») che ha rigettato la denuncia della ricorrente a causa del carattere sproporzionato delle risorse che un’indagine più dettagliata richiederebbe con riferimento alla bassa probabilità di dimostrare l’esistenza di una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE.

 Decisione impugnata

10      La Commissione ha limitato la sua indagine agli orologi che, per motivi economici e tecnici, valesse la pena riparare e mantenere, vale a dire gli orologi venduti a un prezzo superiore a EUR 1 000 (in prosieguo: gli «orologi di prestigio»).

11      In via preliminare, la Commissione ha ricordato il carattere competitivo del mercato della fabbricazione degli orologi di prestigio.

12      Il funzionamento dei servizi di riparazione e manutenzione è descritto ai punti da 65 a 73 della decisione impugnata. A tale riguardo la Commissione afferma che la maggior parte dei fabbricanti di orologi svizzeri ha attuato sistemi di riparazione selettiva che consentono a riparatori indipendenti di diventare riparatori autorizzati a condizione che rispettino i criteri connessi alla loro formazione, esperienza ed equipaggiamento nonché all’adeguatezza dei loro locali. Tali sistemi sarebbero stati progressivamente predisposti da taluni fabbricanti in periodi diversi, mentre altri fabbricanti continuerebbero a fornire pezzi di ricambio a riparatori indipendenti. Inoltre, taluni fabbricanti di orologi svizzeri che hanno attuato sistemi siffatti utilizzerebbero sempre i servizi di riparatori indipendenti per gli orologi vecchi. I riparatori autorizzati avrebbero accesso ai pezzi di ricambio e agli strumenti specifici del marchio, nonché alle informazioni tecniche necessarie. Gli stessi non potrebbero rivendere i pezzi di ricambio a riparatori non autorizzati e sarebbero spesso altresì distributori di tali orologi e incaricati del servizio di assistenza post‑vendita. I fabbricanti di orologi svizzeri avrebbero altresì attuato reti di riparazioni interne. L’investimento necessario per diventare un riparatore autorizzato dipenderebbe dal marchio e dai servizi di riparazione forniti, che possono essere di base o completi, vale a dire che implicano uno smontaggio del motore che fa girare le lancette e aziona le funzioni supplementari, ossia il movimento. Per taluni fabbricanti di orologi svizzeri la percentuale delle riparazioni effettuate dai riparatori autorizzati sarebbe molto alta. Peraltro, gli orologi di prestigio avrebbero spesso movimenti meccanici più complessi che esigono conoscenze più sofisticate rispetto ai movimenti al quarzo.

 Definizione del mercato

13      La Commissione ha esaminato, nei punti da 85 a 91 della decisione impugnata, il mercato della vendita di orologi di prestigio (il mercato primario), quello della fornitura di servizi di manutenzione e di riparazione di tali orologi e quello della fornitura di parti di ricambio (i mercati secondari) la cui estensione geografica copre lo Spazio economico europeo (SEE). Essa ha ritenuto che il mercato primario e i mercati secondari fossero mercati distinti e separati.

14      Per quanto concerne i servizi di riparazione e di manutenzione, la Commissione ha constatato che sussisteva una scarsa sostituibilità tra i servizi di riparazione da un marchio all’altro, al punto che era possibile ritenere che esistessero mercati distinti per marchio.

15      Per quanto riguarda la fornitura di pezzi di ricambio, essa ha rilevato che la sostituibilità era molto bassa posto che i pezzi non erano generalmente intercambiabili da un marchio all’altro e che, quando lo erano, il consumatore preferiva avvalersi di pezzi originali per non svalutare l’orologio. Come per la riparazione e la manutenzione, esisterebbero dunque numerosi mercati distinti, ognuno associato a un marchio.

 Valutazione relativa all’articolo 102 TFUE

16      La Commissione ha ritenuto che non si potesse escludere che i fabbricanti di orologi svizzeri erano in una situazione di posizione dominante sui mercati della riparazione e della fornitura di pezzi di ricambio, in quanto l’ingresso in tali mercati richiedeva un investimento importante in ragione delle loro caratteristiche.

17      Tuttavia, dal momento che i fabbricanti di orologi svizzeri hanno attuato sistemi di riparazione selettiva che consentono a riparatori indipendenti di diventare riparatori autorizzati, a condizione che rispettino alcuni criteri oggettivi, la Commissione ha deciso che, contrariamente ai precedenti invocati dalla ricorrente, non era possibile ritenere che essi si fossero riservati i mercati secondari impedendo l’ingresso degli indipendenti in tali mercati. Inoltre, essa ha precisato che un siffatto sistema non eliminava la concorrenza effettiva, poiché quest’ultima sussisteva tra i riparatori autorizzati, specialmente poiché essi potevano riparare orologi recanti diversi marchi.

18      In mancanza di circostanze particolari e in ragione dell’attuazione di un sistema di riparazione selettiva fondato su criteri qualitativi, secondo la Commissione, il rifiuto di continuare a fornire pezzi di ricambio non era quindi sufficiente a dimostrare l’esistenza di un abuso. Si potrebbe del resto spiegare con giustificazioni oggettive e con il perseguimento di aumenti di produttività, in particolare con la preservazione dell’immagine del marchio e della qualità dei prodotti, con la prevenzione della contraffazione e con l’aumento della complessità tecnica degli orologi meccanici che renderebbe necessaria una riparazione di qualità. Alla luce di tali considerazioni, la Commissione ha deciso che la probabilità di dimostrare l’esistenza di un abuso di posizione dominante in tale caso era limitata.

 Valutazione relativa all’articolo 101 TFUE

19      Per quanto concerne l’esistenza di un accordo o di pratiche concordate intese a restringere la concorrenza, la Commissione ha constatato, in seguito alla sua indagine, che i sistemi di riparazione selettiva non erano stati attuati nello stesso periodo da tutti i fabbricanti di orologi svizzeri. Taluni di essi continuerebbero d’altronde a fornire pezzi di ricambio a riparatori indipendenti. A suo avviso, non era quindi possibile ritenere che esistesse un accordo o pratiche concordate. Inoltre, essa ha ritenuto che, del resto, l’esistenza di mercati distinti di pezzi di ricambio per ciascun marchio rendeva inutile l’attuazione di una pratica concordata intesa a interrompere la fornitura di questi ultimi a riparatori indipendenti.

20      Con riferimento alla conformità dei sistemi di riparazione selettiva con il regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, [TFUE] a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU 2010, L 102, pag. 1), la Commissione ha affermato che la sua indagine non aveva consentito di accertare che i riparatori autorizzati non erano liberi di stabilire i prezzi delle riparazioni, dal momento che i contratti prevedevano solo prezzi indicativi o un prezzo massimo. Essa ha altresì precisato che l’analisi dei suddetti contratti non aveva neppure consentito di identificare restrizioni caratterizzate ai sensi di tale regolamento. In ogni caso, poiché i fabbricanti possedevano generalmente una parte di mercato superiore al 30% sui mercati secondari del loro marchio, la Commissione ha ritenuto che il suddetto regolamento non fosse applicabile.

21      La Commissione ha in seguito verificato se i sistemi di riparazione selettiva soddisfacessero i criteri della giurisprudenza per non rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. In primo luogo, essa ha ritenuto che la natura del prodotto rendesse necessario un sistema di riparazione selettiva per preservare la qualità degli orologi, assicurare il loro utilizzo ottimale, prevenire la contraffazione e preservare l’immagine del marchio e l’aura di esclusività e di prestigio connessa a tali prodotti di lusso dal punto di vista dei loro consumatori. In secondo luogo, essa ha ritenuto che la sua indagine non avesse rivelato che la selezione dei riparatori autorizzati non era effettuata sulla base di criteri oggettivi applicati in modo uniforme e non discriminatorio. In terzo luogo, essa ha ritenuto che i criteri relativi alla formazione e all’esperienza dei riparatori, agli strumenti, agli equipaggiamenti e alle scorte di pezzi di ricambio a loro disposizione, che servono a valutare la loro capacità di effettuare riparazioni entro un termine ragionevole, sebbene variassero tra i fabbricanti, fossero, di fatto, criteri qualitativi e non andassero oltre quanto necessario per assicurare l’obiettivo del sistema. Peraltro, la sua indagine avrebbe rivelato che i riparatori autorizzati non erano contrattualmente obbligati a non riparare gli orologi degli altri marchi e che gli investimenti importanti da effettuare non potrebbero essere considerati barriere artificiali all’ingresso nel mercato e non sarebbero sproporzionati, dal momento che essi sarebbero giustificati dall’obiettivo di qualità e che non sarebbe poco frequente che i riparatori lavorino per più marchi.

22      Di conseguenza, essa ha deciso che era poco probabile che tali sistemi rientrassero nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE.

23      Per quanto concerne il divieto imposto ai riparatori autorizzati di fornire pezzi di ricambio ai riparatori indipendenti, essa ha ricordato che si trattava di un elemento inerente ai sistemi selettivi, che esulava altresì dall’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE e che non era stato considerato dal regolamento n. 330/2010 una restrizione caratterizzata, contrariamente a quanto previsto per il settore dei veicoli a motore. L’analogia effettuata dalla ricorrente con tale settore non sarebbe quindi rilevante. Secondo la Commissione neppure tale divieto di rivendita era pertanto idoneo a costituire una violazione dell’articolo 101 TFUE.

24      Di conseguenza, la Commissione ha deciso che, anche nel caso di destinazione di risorse supplementari all’istruzione della denuncia, la probabilità di accertare una violazione delle norme in materia di concorrenza era bassa, cosicché una siffatta destinazione sarebbe sproporzionata.

 Procedimento e conclusioni delle parti

25      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 ottobre 2014, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

26      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 23 ed il 30 gennaio e il 23 febbraio 2015, gli intervenienti, The Swatch Group, LVMH Moët Hennessy‑Louis Vuitton e Rolex hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno della Commissione. Con ordinanza del 21 aprile 2015 il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha accolto tali istanze di intervento.

27      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 marzo 2015, la Cousins Material House Ltd ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della ricorrente. Con ordinanza dell’11 novembre 2015 il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha respinto l’istanza d’intervento della Cousins Material House.

28      Gli intervenienti hanno depositato le loro memorie entro il termine impartito.

29      Con decisione del presidente del Tribunale la presente causa è stata assegnata a un nuovo giudice relatore, appartenente alla Seconda Sezione.

30      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

31      La Commissione, sostenuta dagli intervenienti, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

32      A sostegno del ricorso, la ricorrente adduce in sostanza sei motivi. Il primo motivo verte su un errore nella qualificazione del potere di mercato dei fabbricanti di orologi svizzeri. Il secondo motivo verte su un errore nella valutazione dell’esistenza di un abuso risultante dal rifiuto, da parte dei fabbricanti di orologi svizzeri, di fornire pezzi di ricambio ai riparatori indipendenti. Il terzo motivo verte su un errore nella valutazione del carattere oggettivamente giustificato del sistema di riparazione selettiva e del rifiuto di fornire pezzi di ricambio. Il quarto motivo verte su un errore nella valutazione dell’esistenza di un’intesa o di pratiche concordate. Il quinto motivo verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione. Il sesto motivo verte sulla violazione del principio di buona amministrazione.

33      Ai sensi di una giurisprudenza costante, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 773/2004 non conferisce all’autore di una denuncia il diritto di esigere dalla Commissione una decisione definitiva quanto alla sussistenza o meno dell’asserita infrazione e non obbliga la Commissione a proseguire comunque il procedimento sino allo stadio di una decisione finale (v., in tal senso, sentenze del 19 settembre 2013, EFIM/Commissione, C‑56/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:575, punto 57; del 18 settembre 1992, Automec/Commissione, T‑24/90, EU:T:1992:97, punto 75; e del 30 maggio 2013, Omnis Group/Commissione, T‑74/11, non pubblicata, EU:T:2013:283, punto 42).

34      In effetti, la Commissione, investita dall’articolo 105, paragrafo 1, TFUE del compito di vigilare sull’applicazione dei principi fissati dagli articoli 101 e 102 TFUE, è responsabile dell’attuazione e dell’orientamento della politica della concorrenza dell’Unione. Al fine di svolgere efficacemente tale compito, essa ha il diritto di attribuire un diverso grado di priorità alle denunce con cui viene adita e dispone a tal fine di un ampio potere discrezionale (v., in tal senso, sentenze del 4 marzo 1999, Ufex e a./Commissione, C‑119/97 P, EU:C:1999:116, punti 88 e 89; del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑449/98 P, EU:C:2001:275, punto 36, e del 30 maggio 2013, Omnis Group/Commissione, T‑74/11, non pubblicata, EU:T:2013:283, punto 43).

35      Quando, nell’esercizio di questo ampio potere discrezionale, essa decide di accordare gradi di priorità differenti alle denunce di cui è investita, la Commissione può non soltanto stabilire l’ordine in cui le denunce saranno esaminate, ma anche respingere una denuncia per mancanza di interesse dell’Unione sufficiente alla prosecuzione dell’esame della pratica (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2010, CEAHR/Commissione, T‑427/08, EU:T:2010:51, punto 27 e la giurisprudenza ivi citata).

36      Al fine di valutare l’interesse dell’Unione alla prosecuzione dell’esame della pratica, la Commissione deve tener conto delle circostanze del caso di specie e, segnatamente, degli elementi di fatto e di diritto esposti nella denuncia presentatale. Spetta, in particolare, alla Commissione, dopo avere valutato, con tutta l’attenzione necessaria, gli elementi di fatto e di diritto addotti dalla parte autrice della denuncia, mettere a confronto la rilevanza dell’asserita infrazione per il funzionamento del mercato interno, la probabilità di poterne accertare l’esistenza e la portata delle misure istruttorie necessarie al fine di adempiere, nel miglior modo possibile, al proprio compito di vigilanza sul rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE (sentenze del 18 settembre 1992, Automec/Commissione, T‑24/90, EU:T:1992:97, punto 86, e del 15 dicembre 2010, CEAHR/Commissione, T‑427/08, EU:T:2010:51, punto 158).

37      A tale riguardo, il controllo del giudice dell’Unione sull’esercizio, da parte della Commissione, dell’ampio potere discrezionale riconosciutole in materia di esame delle denunce non deve condurlo a sostituire la propria valutazione dell’interesse dell’Unione a quella della Commissione (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 2010, CEAHR/Commissione, T‑427/08, EU:T:2010:51, punto 65, e dell’11 luglio 2013, BVGD/Commissione, T‑104/07 e T‑339/08, non pubblicata, EU:T:2013:366, punto 219).

38      Peraltro, dato che la valutazione dell’interesse dell’Unione rappresentato da una denuncia varia in rapporto alle circostanze di ciascun caso di specie, non occorre né limitare il numero dei criteri di valutazione cui la Commissione può riferirsi né, viceversa, imporle il ricorso esclusivo a determinati criteri. Pertanto, la Commissione può dare la priorità a un solo criterio per valutare l’interesse dell’Unione (sentenze del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑450/98 P, EU:C:2001:276, punto 58, e del 16 ottobre 2013, Vivendi/Commissione, T‑432/10, non pubblicata, EU:T:2013:538, punto 25).

39      Inoltre, attiene al procedimento delle denunce il fatto che l’onere della prova dell’asserita infrazione spetti all’autore della denuncia. Del pari, nell’ambito di un ricorso volto all’annullamento della decisione della Commissione che respinge una denuncia, spetta al ricorrente presentare ai giudici dell’Unione argomenti e elementi di prova al fine di dimostrare l’illegittimità di tale decisione (sentenza del 19 settembre 2013, EFIM/Commissione, C‑56/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:575, punti 72 e 73).

40      Da tale giurisprudenza emerge che non spetta al Tribunale censurare gli elementi della decisione che non sono utilmente contestati dalla ricorrente, né accogliere gli argomenti che essa deduce senza fornirne la prova.

41      L’ampio potere discrezionale di cui dispone la Commissione non è tuttavia senza limiti. Invero, essa deve esaminare con attenzione tutti gli aspetti di fatto e di diritto esposti dai denuncianti (sentenze del 4 marzo 1999, Ufex e a./Commissione, C‑119/97 P, EU:C:1999:116, punto 86, e del 30 maggio 2013, Omnis Group/Commissione, T‑74/11, non pubblicata, EU:T:2013:283, punto 46). Inoltre, la limitazione del controllo del giudice dell’Unione non implica che egli debba astenersi dal verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova dedotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, e dall’accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione e se essi siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (sentenze del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 89, e dell’11 luglio 2013, BVGD/Commissione, T‑104/07 e T‑339/08, non pubblicata, EU:T:2013:366, punto 220).

42      È alla luce di tali considerazioni che si devono esaminare i motivi invocati.

43      Si deve analizzare, in primo luogo, il terzo motivo, vertente su un errore manifesto nella valutazione del carattere oggettivamente giustificato dei sistemi di riparazione selettiva e del rifiuto di fornire pezzi di ricambio, in secondo luogo, il secondo motivo, vertente su un errore manifesto nella valutazione dell’esistenza di un abuso derivante dal rifiuto, da parte dei fabbricanti di orologi svizzeri, di fornire pezzi di ricambio ai riparatori indipendenti, in terzo luogo, il primo motivo, vertente su un errore manifesto nella caratterizzazione del potere di mercato dei fabbricanti di orologi svizzeri, in quarto luogo, il quarto motivo, vertente su un errore manifesto nella valutazione dell’esistenza di un’intesa o di pratiche concordate, in quinto luogo, il quinto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione e, in sesto luogo, il sesto motivo, vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione.

 Sul terzo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione del carattere oggettivamente giustificato, non discriminatorio e proporzionato dei sistemi di riparazione selettiva e del rifiuto di fornire pezzi di ricambio

44      Il terzo motivo dedotto dalla ricorrente si suddivide in due capi. Con il primo capo, la ricorrente contesta alla Commissione di avere commesso un errore di interpretazione della giurisprudenza ritenendo che un sistema di distribuzione selettiva e, per analogia, un sistema di riparazione selettiva, non rientrasse nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE a condizione che fosse oggettivamente giustificato, non discriminatorio e proporzionato, mentre occorrerebbe inoltre che un siffatto sistema non abbia l’effetto di eliminare qualsiasi concorrenza.Con il secondo capo, essa adduce che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione ritenendo che i sistemi di riparazione selettiva in questione fossero oggettivamente giustificati, non discriminatori e proporzionati.

45      La Commissione chiede che tale motivo venga respinto.

 Sul primo capo del terzo motivo, vertente sulle condizioni di conformità di un sistema selettivo con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

46      La ricorrente contesta l’interpretazione della Commissione secondo la quale i sistemi di riparazione in questione sarebbero conformi alla giurisprudenza relativa all’articolo 101 TFUE giacché sarebbero oggettivamente giustificati, non discriminatori e proporzionati. Al contrario, siffatti sistemi sarebbero conformi a tale articolo solo se, oltre a tali condizioni, essi non avessero l’effetto di eliminare qualsiasi concorrenza, vale a dire se le restrizioni che essi introducevano fossero state controbilanciate da altri fattori di concorrenza tra prodotti di uno stesso marchio o dall’esistenza di una concorrenza effettiva tra marchi diversi, circostanza che non avviene nel caso di specie.Essa aggiunge che la questione della conformità dei sistemi di distribuzione selettiva non è rilevante per valutare quella dei sistemi di riparazione selettiva poiché il mercato per i prodotti primari è distinto dal mercato dei servizi di riparazione e di manutenzione.

47      La Commissione contesta tale argomento.

48      Al punto 154 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che in genere si considera che un sistema di distribuzione selettiva qualitativa non rientra nell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, giacché esso non produce effetti pregiudizievoli alla concorrenza, a condizione che sia oggettivamente giustificato, non discriminatorio e proporzionato. Essa ha successivamente applicato tali condizioni ai sistemi di riparazione selettiva in questione.

49      A tale riguardo, la Corte ha statuito che l’esistenza di canali di distribuzione differenziati adattati alle caratteristiche proprie dei vari produttori e alle esigenze delle varie categorie di consumatori era in particolare indicata nel settore dei beni di consumo durevoli, di alta qualità e tecnicità, nel quale un numero relativamente ristretto di produttori, grandi e medi, offre una vasta gamma di apparecchi facilmente intercambiabili e che siffatti prodotti possono effettivamente aver bisogno di un servizio di vendita e post‑vendita specialmente adeguato alle loro caratteristiche e connesso alla distribuzione (sentenza del 22 ottobre 1986, Metro/Commissione, 75/84, EU:C:1986:399, punto 54).

50      Orbene, dal riferimento a un servizio post‑vendita specialmente adeguato deriva che le condizioni che consentono di stabilire la conformità di un sistema di distribuzione selettiva con l’articolo 101 TFUE possono altresì essere utilizzate per valutare se un sistema di riparazione selettiva, che rientra nel servizio post‑vendita, produca effetti pregiudizievoli alla concorrenza. I criteri relativi ai sistemi di distribuzione selettiva possono quindi essere applicati, per analogia, per valutare i sistemi di riparazione selettiva in questione.

51      Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il riconoscimento che un sistema selettivo è oggettivamente giustificato, non discriminatorio e proporzionato dipenderebbe altresì dall’esistenza di una concorrenza tra prodotti e servizi di marchi diversi idoneo a compensare le restrizioni alla concorrenza tra prodotti dello stesso marchio derivanti dal sistema selettivo, esso prende le mosse da un’interpretazione errata della giurisprudenza.

52      Invero, per quanto concerne gli accordi che istituiscono un sistema di distribuzione selettivo, la Corte ha già deciso che siffatti accordi influivano necessariamente sulla concorrenza nel mercato interno (sentenze del 25 ottobre 1983, AEG‑Telefunken/Commissione, 107/82, EU:C:1983:293, punto 33, e del 13 ottobre 2011, Pierre Fabre Dermo-Cosmétique, C‑439/09, EU:C:2011:649, punto 39). Tuttavia, essa ha riconosciuto che esistevano esigenze legittime, come la salvaguardia di un commercio specializzato, in grado di fornire prestazioni specifiche per prodotti di alto livello qualitativo e tecnologico, che giustificavano la limitazione della concorrenza sui prezzi a vantaggio della concorrenza riguardante fattori diversi dai prezzi. Dal momento che mirano a raggiungere un risultato legittimo, che può contribuire a migliorare la concorrenza quando questa non si esplica unicamente sui prezzi, i sistemi di distribuzione selettivi costituiscono quindi un fattore di concorrenza conforme all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenze del 25 ottobre 1983, AEG‑Telefunken/Commissione, 107/82, EU:C:1983:293, punto 33, e del 13 ottobre 2011, Pierre Fabre Dermo‑Cosmétique, C‑439/09, EU:C:2011:649, punto 40).

53      Inoltre, la scelta di una simile rete non ricade nel divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, a condizione che la scelta dei rivenditori avvenga secondo criteri oggettivi d’indole qualitativa, stabiliti indistintamente per tutti i rivenditori potenziali e applicati in modo non discriminatorio, che le caratteristiche del prodotto di cui trattasi richiedano, onde conservarne la qualità e garantirne l’uso corretto, una simile rete di distribuzione e, infine, che i criteri definiti non vadano oltre il limite del necessario (sentenze del 25 ottobre 1977, Metro SB‑Großmärkte/Commissione, 26/76, EU:C:1977:167, punto 20; dell’11 dicembre 1980, L’Oréal, 31/80, EU:C:1980:289, punti 15 e 16, e del 13 ottobre 2011, Pierre Fabre Dermo‑Cosmétique, C‑439/09, EU:C:2011:649, punto 41).

54      Invece, dalla giurisprudenza non risulta che sarebbe necessario verificare che tali reti di distribuzione non abbiano l’effetto di eliminare qualsiasi concorrenza. Invero, dal momento che le condizioni precedentemente ricordate sono soddisfatte, ciò basta a ritenere che un sistema selettivo sia un fattore di concorrenza conforme all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

55      La Commissione non ha quindi commesso errori ritenendo che un sistema di distribuzione selettiva, e, per analogia, un sistema di riparazione selettiva, fosse conforme all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE a condizione che sia obiettivamente giustificato, non discriminatorio e proporzionato.

 Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa a un errore manifesto nella valutazione del carattere oggettivamente giustificato, non discriminatorio e proporzionato dei sistemi di riparazione selettiva

56      La ricorrente ritiene che i sistemi di riparazione selettiva in questione siano oggettivamente ingiustificati, discriminatori e sproporzionati.

57      La Commissione contesta tale argomento.

–       Sulla prima censura, relativa al carattere oggettivamente giustificato dei sistemi di riparazione selettiva

58      La ricorrente critica le ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che i sistemi di riparazione selettiva in questione fossero oggettivamente giustificati. In particolare, essa afferma che gli orologi non presentano una complessità particolare idonea a giustificare l’attuazione di tali sistemi,che la salvaguardia dell’immagine di prestigio non può costituire un obiettivo legittimo per restringere la concorrenza e che i suddetti sistemi non possono consentire di migliorare la protezione della contraffazione. A suo avviso, il fatto che la decisione impugnata non abbia trattato la denuncia in modo adeguato emerge altresì dalla risposta fornita ai suoi argomenti relativi all’analogia con il settore dei veicoli a motore, in cui i fabbricanti non possono ostacolare l’accesso dei riparatori indipendenti ai pezzi di ricambio.

59      La Commissione chiede che tale censura venga respinta.

60      A tale riguardo, la Commissione ha ritenuto, al punto 133 della decisione impugnata, che fosse probabile che tali sistemi fossero giustificati dagli obiettivi addotti dai fabbricanti di orologi svizzeri, vale a dire, la necessità di prendere in considerazione lo sviluppo della complessità dei modelli di orologi di prestigio, la preservazione dell’immagine del marchio, il mantenimento di servizi di riparazione ad una qualità elevata e uniforme e la prevenzione della contraffazione.

61      In primo luogo, sebbene la ricorrente affermi che i meccanismi degli orologi non sono complessi, essa non fornisce alcun elemento concreto a sostegno di tale affermazione idoneo a rimettere in discussione la constatazione formulata dalla Commissione a tale riguardo. Per quanto concerne la censura mossa alla Commissione di non essersi avvalsa di un esperto per verificare tale complessità, basta ricordare che se la Commissione non è obbligata a pronunciarsi sull’esistenza di un’infrazione, essa non può essere costretta a condurre un’istruttoria, in quanto quest’ultima non potrebbe avere altro oggetto se non quello di reperire gli elementi probatori relativi all’esistenza o meno di un’infrazione che essa non è tenuta ad accertare (sentenze del 18 settembre 1992, Automec/Commissione, T‑24/90, EU:T:1992:97, punto 76, e del 16 ottobre 2013, Vivendi/Commissione, T‑432/10, non pubblicata, EU:T:2013:538, punto 68). Non può pertanto esserle contestato di non essersi avvalsa di un esperto.

62      In secondo luogo, per quanto riguarda la contestazione dell’esistenza di un rischio credibile di contraffazione e del carattere necessario di un sistema di riparazione selettiva per migliorare la prevenzione di tale rischio, le affermazioni della ricorrente non suffragate da elementi di prova non sono neppure idonee a rimettere in discussione la constatazione della Commissione. Lo stesso vale per le affermazioni della ricorrente sulla dedizione dei riparatori indipendenti e sulla loro opposizione alle pratiche di contraffazione.

63      Infatti, dal fascicolo emerge che i fabbricanti di orologi svizzeri attestano l’esistenza di un rischio di contraffazione degli orologi di prestigio e dei loro pezzi di ricambio e che la prevenzione della contraffazione è uno degli obiettivi perseguiti dall’attuazione dei sistemi di riparazione selettiva. Orbene, la ricorrente non fornisce alcun elemento idoneo a dimostrare che non sussisterebbero rischi di contraffazione e che il controllo della fornitura dei pezzi di ricambio non sarebbe un mezzo idoneo a limitare la contraffazione di tali pezzi.

64      Di conseguenza, le affermazioni non suffragate da elementi di prova della ricorrente non dimostrano che la Commissione ha violato i limiti del suo potere discrezionale ritenendo che l’attuazione di sistemi di riparazione selettiva e il rifiuto di fornire pezzi di ricambio potessero essere giustificati dall’obiettivo di lotta alla contraffazione.

65      In terzo luogo, per quanto riguarda la giustificazione dei sistemi di riparazione selettiva con l’obiettivo di preservazione dell’immagine del marchio degli orologi di prestigio, occorre sottolineare, al pari della ricorrente, che la Corte ha già statuito che l’obiettivo di preservare l’immagine di prestigio non può rappresentare un obiettivo legittimo per restringere la concorrenza e non può quindi giustificare che una clausola contrattuale diretta a un simile obiettivo non ricada nell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 13 ottobre 2011, Pierre Fabre Dermo‑Cosmétique, C‑439/09, EU:C:2011:649, punto 46).

66      Tuttavia, risulta altresì da tale sentenza che, sebbene la preservazione dell’immagine del marchio non possa giustificare una restrizione della concorrenza attraverso l’attuazione di un sistema di riparazione selettiva, l’obiettivo di conservare la qualità dei prodotti e il loro uso corretto può, dal canto suo, giustificare una restrizione siffatta. Infatti, la Corte ha riconosciuto che la salvaguardia di un commercio specializzato, in grado di fornire prestazioni specifiche per prodotti di alto livello qualitativo e tecnologico, era un’esigenza legittima e che, qualora essa avesse perseguito un siffatto obiettivo, l’organizzazione di una rete di distribuzione selettiva non ricadeva nel divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, a condizione che la scelta dei rivenditori avvenisse secondo criteri oggettivi d’indole qualitativa, stabiliti indistintamente per tutti i rivenditori potenziali e applicati in modo non discriminatorio, che le caratteristiche del prodotto di cui trattasi richiedano, onde conservarne la qualità e garantirne l’uso corretto, una simile rete di distribuzione e, infine, che i criteri definiti non vadano oltre il limite del necessario (v., in tal senso, sentenza del 13 ottobre 2011, Pierre Fabre Dermo‑Cosmétique, C‑439/09, EU:C:2011:649, punti 40 e 41).

67      Dal momento che la preservazione dell’immagine del marchio non è l’unico obiettivo considerato dalla Commissione idoneo a giustificare l’attuazione di sistemi di riparazione selettiva e che l’obiettivo di preservazione della qualità e del corretto uso degli orologi può bastare a giustificare tale attuazione, la Commissione non ha commesso errori manifesti di valutazione decidendo che era probabile che i rifiuti di eseguire la fornitura in questione fossero giustificati a condizione che la scelta dei riparatori fosse compiuta in funzione di criteri oggettivi di carattere qualitativo applicati in modo non discriminatorio e che non andassero oltre il limite del necessario.

68      In quarto luogo, per quanto concerne la censura della ricorrente secondo cui Commissione non ha considerato che la comparazione con le norme applicabili al settore dei veicoli a motore inducesse a ritenere che i sistemi di riparazione selettiva attuati dai fabbricanti di orologi svizzeri non fossero oggettivamente giustificati, non può essere contestato alla Commissione di non avere applicato tali norme al settore degli orologi di prestigio. Invero, le norme applicabili al settore dei veicoli a motore non si applicano agli orologi. Inoltre, come emerge dal punto 175 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto valere numerosi elementi che consentono di distinguere il settore degli orologi di prestigio dal settore dei veicoli a motore.

69      In particolare, essa ha dichiarato che il settore dei veicoli era soggetto a una normativa settoriale specifica, che i pezzi di ricambio in tale settore potevano essere venduti direttamente ai consumatori finali, che i servizi post‑vendita degli orologi di prestigio costituivano un mercato meno redditizio, giacché non rappresentavano una percentuale elevata delle spese complessive dei consumatori e che era meno importante costituire, nel settore dell’orologeria, centri di riparazione situati in prossimità dei consumatori rispetto al settore automobilistico, giacché gli orologi di prestigio potevano essere inviati più agevolmente per essere riparati. Di conseguenza, non può essere contestato alla Commissione di avere commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere che il settore degli orologi di prestigio potesse essere oggetto di un trattamento diverso da quello previsto dalla normativa applicabile al settore dei veicoli a motore.

70      La Commissione non ha quindi commesso errori manifesti nel decidere che era probabile che i sistemi di riparazione selettiva in questione fossero giustificati dalla necessità di tenere conto dello sviluppo della complessità dei modelli di orologi di prestigio, del mantenimento di servizi di riparazione di qualità elevata e uniforme e della prevenzione della contraffazione.

–       Sulla seconda censura, relativa alla mancanza di carattere discriminatorio dei sistemi di riparazione selettiva

71      Per quanto concerne il carattere discriminatorio dei sistemi di riparazione selettiva, la ricorrente afferma che l’accesso a tali sistemi richiederebbe un investimento significativo, che i requisiti relativi alla qualifica e all’equipaggiamento sarebbero eccessivi se si considera che le riparazioni più complesse sono effettuate solo eccezionalmente e che i riparatori sarebbero costretti ad ottemperare alle condizioni di investimento specifiche di ogni marchio.

72      La Commissione chiede che tale censura venga respinta.

73      A tale riguardo, basta constatare che, poiché tutti tali elementi sono criteri oggettivi che hanno un rapporto con lo scopo perseguito dai sistemi di riparazione selettiva, la Commissione non ha ecceduto il proprio potere discrezionale nel decidere che essi non erano idonei a rimettere in discussione il loro carattere non discriminatorio. Del resto, la ricorrente non contesta il carattere oggettivo dei criteri di selezione dei sistemi di riparazione.

74      Di conseguenza, gli elementi dedotti dalla ricorrente non sono idonei a dimostrare che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere che i sistemi di riparazione selettiva non fossero discriminatori.

–       Sulla terza censura, relativa al carattere proporzionato dei sistemi di riparazione selettiva

75      Per quanto concerne il carattere proporzionato dei sistemi di riparazione selettiva, la ricorrente si basa sulla mancanza di complessità degli orologi vecchi o semplici per dimostrare il carattere sproporzionato dei sistemi di riparazione in questione.

76      La Commissione chiede che tale censura venga respinta.

77      La ricorrente non illustra la ragione per cui assoggettare la riparazione degli orologi vecchi o più semplici agli stessi requisiti degli orologi più recenti andrebbe oltre quanto necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti. Inoltre, dal fascicolo emerge che i sistemi di riparazione selettiva implicano livelli di requisiti e di investimenti che variano in funzione dei modelli di orologi e dei tipi di riparazione, in modo che si tenga conto delle differenze tra i modelli e i livelli di servizi offerti.

78      In ogni caso, la ricorrente ha ammesso, durante il procedimento amministrativo, che le associazioni nazionali di riparatori indipendenti richiedevano ai loro membri di effettuare investimenti nella formazione, negli strumenti e nelle scorte di ricambi simili a quelli richiesti dai fabbricanti di orologi svizzeri, circostanza che conferma il carattere proporzionato degli investimenti da effettuare per fare parte dei sistemi di riparazione selettiva.

79      Inoltre, la Commissione ha correttamente constatato che gli investimenti in questione erano comuni a numerosi marchi, circostanza che aumentava la loro redditività. Inoltre, l’affermazione della ricorrente, durante il procedimento amministrativo, secondo cui il numero di riparatori autorizzati è necessariamente elevato e in aumentoconferma che tali sistemi non richiedono un investimento troppo elevato, poiché sono accessibili.

80      Infine, l’argomento della ricorrente secondo il quale i sistemi di riparazione selettiva in questione sono caratteristici delle pratiche di abuso elencate all’articolo 102 TFUE non può rimettere in discussione il loro carattere oggettivamente giustificato dal momento che i criteri precedentemente esaminati sono rispettati. Esso pertanto non può caratterizzare un errore manifesto della Commissione.

81      La Commissione non ha quindi commesso errori manifesti di valutazione nel ritenere che non fosse escluso che i sistemi di riparazione selettiva attuati dai fabbricanti di orologi svizzeri potessero essere giustificati dall’obiettivo di preservare la qualità dei prodotti, dal momento che essi si basavano su criteri di selezione qualitativi applicati in modo non discriminatorio e che erano proporzionati.

82      Di conseguenza, il terzo motivo è infondato.

 Sul secondo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione della sussistenza di un abuso derivante dal rifiuto di continuare a fornire parti di ricambio

83      Il secondo motivo dedotto dalla ricorrente si suddivide in tre parti. Innanzitutto, la Commissione avrebbe commesso un errore nel ritenere che un rifiuto di eseguire una fornitura da parte di un’impresa in situazione di posizione dominante potesse costituire un abuso solo in presenza di talune circostanze. In seguito, la Commissione avrebbe commesso un errore nel dedurre la liceità dei sistemi di riparazione selettiva in questione rispetto all’articolo 102 TFUE dalla loro liceità rispetto all’articolo 101 TFUE. Infine, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere che i rifiuti di continuare a fornire pezzi di ricambio non derivassero dalla volontà dei fabbricanti di orologi svizzeri di riservarsi il mercato e che tali rifiuti non fossero idonei a eliminare qualsiasi concorrenza.

84      La Commissione chiede che tale motivo venga respinto.

 Sulla prima parte del secondo motivo, relativa a un errore della Commissione nell’identificazione dei criteri necessari all’accertamento di un abuso

85      La ricorrente contesta alla Commissione di avere ritenuto che un rifiuto di eseguire una fornitura potesse configurare un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE solo se fosse idoneo ad eliminare qualsiasi concorrenza e che la mera assenza di una giustificazione oggettiva non costituisse un motivo sufficiente per dimostrare un comportamento abusivo ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

86      La Commissione contesta tale argomento.

87      A tale riguardo, la Corte e il Tribunale hanno già avuto occasione di valutare la conformità con l’articolo 102 TFUE del rifiuto di eseguire una fornitura di un’impresa che detiene una posizione dominante, in una situazione caratterizzata dalla presenza di un mercato primario di prodotti, di un mercato di servizi di riparazione e di manutenzione di tali prodotti, nonché di un mercato di pezzi di ricambio.

88      Inoltre, ai sensi della giurisprudenza, il rifiuto da parte di un’impresa che detiene una posizione dominante sul mercato di un dato prodotto di soddisfare gli ordini trasmessi da un precedente cliente costituisce uno sfruttamento abusivo di tale posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE qualora, senza alcuna giustificazione oggettiva, tale comportamento sia idoneo a eliminare la concorrenza di un operatore commerciale (v., in tal senso, sentenze del 6 marzo 1974, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione, 6/73 e 7/73, EU:C:1974:18, punto 25, e del 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, 27/76, EU:C:1978:22, punto 183).

89      Al punto 38 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), la Corte ha d’altronde puntualizzato che, se nelle sentenze del 6 marzo 1974, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione (6/73 e 7/73, EU:C:1974:18), e del 3 ottobre 1985, CBEM (311/84, EU:C:1985:394), essa aveva giudicato abusivo il fatto che un’impresa detentrice di una posizione dominante su un dato mercato si rifiutasse di fornire a un’impresa con la quale si trovava in concorrenza su un mercato vicino le materie prime o i servizi indispensabili per l’esercizio dell’attività della detta impresa concorrente, essa lo aveva fatto in quanto il comportamento di cui trattavasi poteva eliminare del tutto la concorrenza esercitata da quest’ultima (sentenza del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 326).

90      Pertanto, per poter ritenere sussistente un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE, occorre che il diniego dei prodotti o servizi in questione sia tale da eliminare qualsiasi concorrenza sul mercato da parte del richiedente di tali prodotti o servizi, che tale diniego non sia obiettivamente giustificabile e che tali prodotti e servizi siano, di per sé, indispensabili all’esercizio dell’attività del richiedente (v., in tal senso, sentenze del 26 novembre 1998, Bronner, C‑7/97, EU:C:1998:569, punto 41, e del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione, T‑301/04, EU:T:2009:317, punto 147).

91      La Commissione non ha quindi commesso errori ribadendo, ai punti 105 e 106 della decisione impugnata, che solo in talune circostanze un rifiuto di eseguire una fornitura, da parte di un’impresa in situazione di posizione dominante, poteva costituire un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE. Invero, affinché un abuso sia qualificato, vi deve essere un rischio di eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva. Pertanto, la Commissione non ha neppure commesso errori precisando che la sola mancanza di una giustificazione oggettiva non costituiva un motivo sufficiente per dimostrare un comportamento abusivo ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

 Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente su un errore della Commissione nella valutazione della sussistenza di un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE alla luce della giurisprudenza relativa all’articolo 101 TFUE

92      La ricorrente contesta alla Commissione di avere basato la conformità all’articolo 102 TFUE dei sistemi di riparazione e del relativo divieto di fornire pezzi al di fuori del sistema sulla loro conformità alla giurisprudenza relativa all’articolo 101 TFUE.

93      La Commissione contesta tale argomento.

94      Dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’applicabilità dell’articolo 101 TFUE ad un accordo non pregiudica l’applicabilità dell’articolo 102 TFUE ai comportamenti delle parti di questo stesso accordo, purché ricorrano le condizioni di applicazione di ciascuna disposizione e, di conseguenza, il fatto che operatori soggetti ad una concorrenza effettiva si vedano autorizzata una pratica ai sensi dell’articolo 101 TFUE non implica che l’attuazione della stessa pratica da parte di un’impresa in posizione dominante non possa mai costituire un abuso di tale posizione (sentenza del 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, C‑395/96 P e C‑396/96 P, EU:C:2000:132, punti 130 e 131). Pertanto, la constatazione della liceità di un comportamento ai sensi dell’articolo 101 TFUE non implica, in linea di principio, la constatazione che tale comportamento è lecito ai sensi dell’articolo 102 TFUE, ma occorre a tal fine verificare se le condizioni di applicazione di tale ultima disposizione non siano soddisfatte.

95      Nel caso di specie, certamente, ai punti 119, 122 e 128 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto riferimento alla conformità dei sistemi di riparazione selettiva in questione con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE allorché essa ha ritenuto che tali sistemi non producevano effetti anticoncorrenziali dal momento che essi erano basati su criteri qualitativi e rispettavano le condizioni imposte dalla giurisprudenza relativa all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Essa ha quindi utilizzato la giurisprudenza sull’applicazione di tale disposizione per dimostrare che l’attuazione dei sistemi di riparazione selettiva in questione non era idonea a eliminare qualsiasi concorrenza, vale a dire per valutare se tale condizione di applicazione dell’articolo 102 TFUE fosse soddisfatta.

96      Tuttavia, dal momento che, poiché essi sono considerati fattori di concorrenza in ragione dell’ottemperanza a determinati requisiti, i sistemi di riparazione o di distribuzione selettiva non rientrano nell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 25 ottobre 1983, AEG‑Telefunken/Commissione, 107/82, EU:C:1983:293, punti da 33 a 35; del 13 ottobre 2011, Pierre Fabre Dermo‑Cosmétique, C‑439/09, EU:C:2011:649, punti 40 e 41, e del 27 febbraio 1992, Vichy/Commissione, T‑19/91, EU:T:1992:28, punto 65), la Commissione, nell’ambito dell’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui essa dispone ai sensi della giurisprudenza menzionata al precedente punto 34, poteva ritenere che la conformità di siffatti sistemi con tale disposizione costituisse un indizio idoneo a dimostrare, congiuntamente ad altri elementi, che fosse poco probabile che gli stessi avessero l’effetto di eliminare qualsiasi concorrenza ai sensi della giurisprudenza relativa all’articolo 102 TFUE.

97      A tale riguardo, si deve rilevare che, oltre al riferimento alla compatibilità con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE dei sistemi di riparazione o di distribuzione, la Commissione si è altresì basata su altri elementi, quali l’esistenza di una concorrenza tra i riparatori autorizzati sul mercato in questione (punto 118) e il carattere aperto delle reti di riparazione selettiva ai riparatori che intendano aderirvi (punto 123).

98      In tali circostanze, la Commissione non ha commesso errori nel valutare la probabilità che i rifiuti di eseguire la fornitura in questione producessero effetti anticoncorrenziali integranti un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE basandosi, segnatamente, sui requisiti imposti dalla giurisprudenza relativa all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, che servono a verificare che sistemi di distribuzione o di riparazione selettiva non comportino una restrizione della concorrenza incompatibile con tale disposizione, in particolare in quanto ha basato tale valutazione su altri elementi fattuali idonei a dimostrare l’assenza di rischio di eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva.

 Sulla terza parte del secondo motivo, relativa a un errore manifesto della Commissione nella valutazione della volontà dei fabbricanti di orologi svizzeri di riservarsi il mercato e nella valutazione del rischio di eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva

99      Secondo la ricorrente, la Commissione ha commesso un errore manifesto nella valutazione dell’esistenza di un abuso in quanto ha tenuto conto dell’intenzione dei fabbricanti di orologi svizzeri di non riservarsi il mercatoe ritenuto che i rifiuti di eseguire la fornitura in questione non fossero idonei ad eliminare qualsiasi concorrenza.

100    La Commissione contesta tale argomento.

–       Sulla prima censura, relativa alla considerazione dell’intenzione dei fabbricanti di orologi svizzeri

101    Nell’ambito del suo esame del comportamento di un’impresa in posizione dominante e ai fini dell’identificazione dell’eventuale abuso di una tale posizione, la Commissione è tenuta a considerare tutte le circostanze di fatto pertinenti che accompagnano detto comportamento (v. sentenza del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C‑549/10 P, EU:C:2012:221, punto 18 e la giurisprudenza ivi citata).

102    L’esistenza di un eventuale intento anticoncorrenziale costituisce quindi solo una delle numerose circostanze di fatto che possono essere prese in considerazione per accertare un abuso di posizione dominante (sentenza del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C‑549/10 P, EU:C:2012:221, punto 20).

103    La Commissione non ha quindi commesso errori manifesti nel tener conto del fatto che i fabbricanti di orologi svizzeri hanno chiarito di avere attuato i loro sistemi di riparazione selettiva per ragioni diverse dall’intenzione di riservarsi i mercati della riparazione e della manutenzione in quanto non si è basata in modo esclusivo su tale elemento intenzionale per giustificare la sua conclusione relativa alla bassa probabilità di accertare una violazione dell’articolo 102 TFUE.

–       Sulla seconda censura, relativa alla valutazione del rischio che i rifiuti di eseguire una fornitura di pezzi di ricambio eliminino qualsiasi concorrenza effettiva

104    Secondo la ricorrente, i rifiuti di eseguire una fornitura di pezzi di ricambio ai riparatori indipendenti sono idonei ad eliminare qualsiasi concorrenza sui mercati in questione dal momento che il numero di riparatori autorizzati è molto limitato e che le loro quote di mercato sono estremamente limitate.

105    La Commissione chiede che tale censura venga respinta.

106    Per quanto concerne il criterio dell’eliminazione di qualsiasi concorrenza, ai fini dell’accertamento di una violazione dell’articolo 102 TFUE, non occorre dimostrare l’eliminazione di qualsiasi presenza concorrenziale sul mercato, bensì dimostrare che i rifiuti di cui si discute rischiano di eliminare qualsiasi concorrenza effettiva sul mercato o che sono idonei a farlo (sentenze del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 563, e del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione, T‑301/04, EU:T:2009:317, punto 148).

107    A tale riguardo, in primo luogo, la Commissione ha osservato, ai punti 73, 110, 118 e 162 della decisione impugnata, che esisteva una concorrenza tra i riparatori autorizzati, nonché tra tali riparatori e i fabbricanti di orologi svizzeri sul mercato della riparazione, in quanto essi erano selezionati sulla base di criteri qualitativi e i sistemi selettivi erano aperti a tutti i riparatori indipendenti che soddisfacevano tali criteri e intendevano aderire a tali sistemi.

108    Dal momento che dall’analisi delle caratteristiche dei sistemi di riparazione selettiva in questione, effettuata ai precedenti punti da 60 a 81, emerge che essi possono essere considerati fattori di concorrenza che esulano dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, la Commissione non ha commesso errori nel dedurre da tale constatazione e dagli altri elementi menzionati al precedente punto 107 che era poco probabile che la loro attuazione rischiasse di eliminare qualsiasi concorrenza effettiva.

109    Invero, in secondo luogo, la Commissione ha precisato, al punto 122 della decisione impugnata, che l’esistenza di una concorrenza derivava altresì dalla possibilità, per i riparatori autorizzati, di effettuare riparazioni per diversi marchi. Orbene, in ragione della possibilità di realizzare economie di scala, il fatto che i riparatori autorizzati possano effettuare riparazioni per diversi marchi è altresì un fattore di concorrenza sul mercato della riparazione che contribuisce a dimostrare che è poco probabile accertare un rischio di eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva.

110    In terzo luogo, la Commissione ha altresì rilevato, al punto 123 della decisione impugnata, che, durante l’indagine, alcuni riparatori indipendenti avevano aderito ai sistemi di riparazione selettiva di taluni marchi. Orbene, la ricorrente non fa valere, né dimostra, che ogni riparatore indipendente che soddisfi i criteri non possa fare parte di uno o più sistemi di riparazione selettiva. Essa d’altro canto non produce prove che dimostrino che alcuni riparatori che soddisfano i criteri non sono stati riconosciuti come riparatori autorizzati.

111    Tenuto conto di tutti gli elementi dedotti dalla Commissione, sembra quindi che la stessa abbia ritenuto senza commettere errori manifesti che il rischio di eliminazione di qualsiasi concorrenza fosse basso. Infatti, per quanto concerne le modalità di funzionamento dei sistemi di riparazione selettiva in questione, esiste una concorrenza tra riparatori autorizzati, nonché tra tali riparatori e i centri di riparazione interni dei fabbricanti. Inoltre, gli altri elementi analizzati dalla Commissione dimostrano che le caratteristiche dei sistemi di riparazione selettiva in questione consentono a nuovi attori di penetrare nel mercato della riparazione, cosicché esiste una pressione concorrenziale potenziale idonea a confermare l’assenza di rischio di eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva nel funzionamento dei sistemi di riparazione esaminati nel caso di specie.

112    In quarto luogo, la diminuzione del numero di riparatori indipendenti aderenti a un’associazione nazionale di riparatori indipendenti non è, di per sé, idonea a dimostrare l’eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva. Del resto, l’articolo 101 TFUE, come le altre regole in materia di concorrenza enunciate nel Trattato, non è destinato a tutelare soltanto gli interessi immediati di singoli concorrenti o consumatori, bensì la struttura del mercato e, in tal modo, la concorrenza in quanto tale (sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 125). La necessità di preservare una concorrenza non falsata non implica pertanto la necessità di tutelare l’esistenza di riparatori indipendenti in quanto tali.

113    In quinto luogo, l’invocazione, da parte della ricorrente, della citazione di una lettera del 2005 contenente una conclusione provvisoria della Commissione, secondo la quale i fabbricanti di orologi svizzeri avevano cercato di riservarsi i mercati della riparazione e della manutenzione, non può dimostrare un errore manifesto. Infatti, tale conclusione non può essere dedotta dalla citazione menzionata dalla ricorrente, in cui la Commissione si limita a constatare che il mantenimento del valore del prodotto implica che i servizi post‑vendita siano forniti dai fabbricanti di orologi stessi o nei centri di assistenza autorizzati, vale a dire presso imprese terze. Inoltre, come affermato dalla Commissione, tale lettera conteneva solo una posizione provvisoria, espressa prima dell’annullamento del primo rigetto della denuncia da parte del Tribunale, e la stessa è stata seguita da un esame ulteriore dei mercati in questione. In tali condizioni, la circostanza per cui la posizione finale della Commissione non corrisponde alla sua posizione provvisoria, supponendola dimostrata, non è idonea a viziare di errore la valutazione della Commissione.

114    In sesto luogo, le affermazioni della ricorrente secondo cui, da un lato, il mercato dei pezzi di ricambio e quello dei servizi di manutenzione e di riparazione sono in crescita e, dall’altro, i prezzi delle riparazioni e della manutenzione effettuati dai fabbricanti non sono trascurabili, non sono idonee a rimettere in discussione la valutazione, eseguita dalla Commissione, della probabilità che esista un abuso. Invero, la nozione di sfruttamento abusivo è una nozione oggettiva, riguardante i comportamenti dell’impresa in posizione dominante atti ad influire sulla struttura di un mercato ed essa non dipende dal volume del mercato in questione (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2003, British Airways/Commissione, T‑219/99, EU:T:2003:343, punto 241). Il volume di un mercato non influisce quindi sulla qualificazione di un abuso.

115    In settimo luogo, neppure l’argomento della ricorrente relativo all’inottemperanza, da parte della Commissione, ai criteri definiti nella comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo [102 TFUE] al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti» (GU 2009, C 45, pag. 7), è idoneo a dimostrare che la Commissione ha commesso un errore manifesto. Infatti, ai sensi di tale comunicazione, la Commissione considera prioritari i rifiuti di effettuare forniture, in primo luogo, quando si riferiscono ad un prodotto o ad un servizio obiettivamente necessario per poter competere in maniera effettiva su un mercato a valle, in secondo luogo, quando è probabile che essi determinino l’eliminazione di una concorrenza effettiva sul mercato a valle e, in terzo luogo, quando è probabile che essi arrechino un danno ai consumatori. Dal momento che la Commissione ha ritenuto, senza commettere errori manifesti, che la probabilità di dimostrare un rischio di eliminazione di qualsiasi concorrenza fosse bassa, tale caso non soddisfaceva uno dei criteri cumulativi per essere trattato in via prioritaria. Dal momento che uno dei criteri mancava, non era necessario valutare la fondatezza degli argomenti della ricorrente sugli altri due criteri, relativi al carattere obiettivamente necessario dei pezzi di ricambio per poter competere in maniera effettiva e al danno che subirebbero i consumatori.

116    La Commissione non ha quindi commesso errori manifesti di valutazione nel ritenere che la probabilità di dimostrare un rischio di eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva fosse bassa.

117    Pertanto, la Commissione non ha commesso errori manifesti di valutazione nel ritenere che fosse poco probabile caratterizzare un abuso derivante dal rifiuto di continuare a fornire pezzi di ricambio.

118    Di conseguenza, il secondo motivo è infondato.

 Sul primo motivo, vertente su un errore nella qualificazione del potere di mercato dei fabbricanti di orologi svizzeri

119    Nell’ambito di tale motivo, la ricorrente censura, in sostanza, la Commissione per avere constatato che non era escluso che i fabbricanti di orologi svizzeri occupassero una posizione dominante nel mercato della fornitura di pezzi di ricambio mentre questi ultimi si troverebbero in una posizione di monopolio, senza tuttavia tenere conto di tale elemento per valutare la probabilità dell’esistenza di un abuso.

120    La Commissione chiede che tale motivo venga respinto.

121    Ai punti 102 e 103 della decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che non si potesse escludere che i fabbricanti di orologi svizzeri si trovassero in situazione di posizione dominante nei mercati della riparazione e della fornitura di pezzi di ricambio, in quanto l’ingresso su tali mercati richiedeva un investimento importante in ragione delle loro caratteristiche.

122    A tale riguardo, dalla giurisprudenza emerge che la posizione dominante prevista all’articolo 102 TFUE riguarda una situazione di potenza economica detenuta da un’impresa, che le conferisce il potere di ostacolare la sussistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione, fornendole la possibilità di comportamenti notevolmente indipendenti nei confronti dei propri concorrenti e dei propri clienti. Detta disposizione non introduce alcuna distinzione né alcun livello nell’ambito della nozione di posizione dominante. Allorché un’impresa disponga di una potenza economica come quella richiesta dall’articolo 102 TFUE perché si possa affermare che essa detiene una posizione dominante su un mercato determinato, è necessario che la sua condotta sia valutata alla luce di detta disposizione. Tuttavia, il livello di potere di mercato, in linea di principio, comporta conseguenze sulla portata degli effetti del comportamento dell’impresa di cui trattasi piuttosto che sull’esistenza dell’abuso in sé e per sé (sentenze del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punti da 79 a 81, e del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C‑549/10 P, EU:C:2012:221, punti 38 e 39).

123    Ai sensi di tale giurisprudenza, la questione se i fabbricanti di orologi svizzeri dispongano di un potere di mercato maggiore rispetto a quello previsto dalla Commissione è, in linea di principio, irrilevante ai fini dell’esame del carattere abusivo del comportamento contestato agli stessi.

124    Inoltre, dal momento che dall’esame del secondo motivo risulta che la Commissione ha negato la possibilità che il comportamento contestato ai fabbricanti di orologi svizzeri costituisca un abuso senza commettere errori manifesti di valutazione, ne consegue necessariamente che il primo motivo vertente su un errore nella qualificazione del potere di mercato dei fabbricanti di orologi svizzeri è inoperante.

125    Di conseguenza, il primo motivo è inconferente.

 Sul quarto motivo, vertente su un errore manifesto nella valutazione della probabilità che i rifiuti di fornire pezzi di ricambio siano il risultato di un’intesa o di una pratica concordata

126    La ricorrente afferma che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione nel decidere che era poco probabile che i rifiuti dei fabbricanti di orologi svizzeri di continuare a fornire pezzi di ricambio fossero il risultato di un’intesa o di una pratica concordata. Essa deduce, in sostanza, tre argomenti a sostegno di tale affermazione. Innanzitutto, i fabbricanti di orologi svizzeri avrebbero avuto un interesse a organizzare una siffatta pratica concordata. Inoltre, il solo modo, per essi, di conseguire l’obiettivo di riservarsi i mercati della riparazione e della manutenzione sarebbe stato quello di agire collettivamente. Infine, la Commissione avrebbe dovuto indagare ulteriormente su tale punto procurandosi i verbali delle riunioni di due associazioni commerciali svizzere durante le quali i fabbricanti di orologi svizzeri avrebbero discusso della fornitura di pezzi di ricambio ai riparatori indipendenti.

127    Ai sensi della giurisprudenza, la crescente adozione di decisioni di rifiuto di eseguire una fornitura, qualora il rifiuto duri per un lungo periodo come nel caso di specie, consente di ritenere che tali decisioni non siano il risultato di un’intesa, bensì la conseguenza di decisioni commerciali indipendenti (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2010, CEAHR/Commissione, T‑427/08, EU:T:2010:51, punti 131 e 132).

128    Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’andamento crescente dei rifiuti non fosse il risultato di un’intesa, ma la conseguenza di decisioni commerciali indipendenti adottate dai fabbricanti di orologi svizzeri, in quanto tali decisioni non sono state adottate nello stesso momento, né nello stesso periodo, bensì progressivamente e in un periodo relativamente ampio. Orbene, la ricorrente non censura il contesto temporale dell’attuazione dei sistemi di riparazione selettiva e dei rifiuti di eseguire la fornitura. Essa produce del resto alcune lettere contenenti un rifiuto datate 1996, 2000 e 2002.

129    Di conseguenza, in mancanza di elementi che dimostrino un accordo o una collusione, la Commissione ha deciso senza commettere errori manifesti di valutazione che era poco probabile che i rifiuti di fornire pezzi di ricambio fossero il risultato di un’intesa o di una pratica concordata.

130    Per quanto concerne l’argomento secondo il quale i fabbricanti di orologi svizzeri avrebbero avuto un motivo economico di raggiungere un’intesa, che la Commissione avrebbe ammesso, e quello secondo cui il solo modo, per tali fabbricanti, di conseguire l’obiettivo di riservarsi i mercati della riparazione e della manutenzione sarebbe stato quello di agire collettivamente, è giocoforza constatare che essi si basano su affermazioni non suffragate da prove e sull’asserito perseguimento di un obiettivo che la ricorrente non dimostra. Del resto, in mancanza di elementi che dimostrino un accordo o una collusione, tali argomenti non sono idonei a dimostrare che la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione.

131    Per quanto concerne il fatto che la Commissione avrebbe dovuto indagare ulteriormente, come emerge dalla giurisprudenza ribadita al precedente punto 61, se la Commissione non è obbligata a pronunciarsi sull’esistenza di un’infrazione, essa non può essere costretta a condurre un’istruttoria, in quanto quest’ultima non potrebbe avere altro oggetto se non quello di reperire gli elementi probatori relativi all’esistenza o meno di un’infrazione che essa non è tenuta ad accertare. Non può pertanto esserle contestato di non avere cercato di procurarsi i verbali delle riunioni delle due associazioni commerciali svizzere.

132    Di conseguenza, la Commissione non ha commesso errori manifesti di valutazione nel decidere che era poco probabile che il rifiuto dei fabbricanti di orologi svizzeri di continuare a fornire pezzi di ricambio fosse il risultato di un’intesa o di una pratica concordata.

133    Il quarto motivo non è pertanto fondato.

 Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

134    La ricorrente afferma che la Commissione non basa la propria conclusione relativa al rifiuto di dare seguito alla sua denuncia su una motivazione adeguata.

135    A tale riguardo, la Commissione è vincolata a un obbligo di motivazione allorché rifiuta di proseguire l’esame di una denuncia. Poiché la motivazione dev’essere sufficientemente precisa e dettagliata in modo da consentire al Tribunale di svolgere un effettivo controllo sull’esercizio da parte della Commissione del suo potere discrezionale di definire determinate priorità, tale istituzione è tenuta ad esporre gli elementi di fatto dai quali dipende la giustificazione della decisione e le considerazioni di diritto che l’hanno indotta ad adottarla (ordinanza del 31 marzo 2011, EMC Development/Commissione, C‑367/10 P, non pubblicata, EU:C:2011:203, punto 75, e sentenza del 21 gennaio 2015, easyJet Airline/Commissione, T‑355/13, EU:T:2015:36, punto 70).

136    Nel caso di specie, basta osservare che dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ha ritenuto che la probabilità di accertare una violazione dell’articolo 102 TFUE fosse limitata, tenuto conto della mancanza del rischio che i rifiuti di fornire pezzi di ricambio e l’attuazione di sistemi di riparazione selettiva eliminano qualsiasi concorrenza effettiva. Inoltre, essa ha ritenuto che la probabilità di accertare una violazione dell’articolo 101 TFUE fosse limitata, poiché i rifiuti di fornire pezzi di ricambio e l’attuazione di sistemi di riparazione selettiva risultavano da decisioni commerciali indipendenti che non erano adottate contestualmente. Peraltro, essa ha risposto a tutte le affermazioni contenute nella denuncia, circostanza che non è contestata dalla ricorrente.

137    In tali circostanze, la Commissione ha adempiuto al proprio obbligo di motivazione illustrando, chiaramente e inequivocabilmente, gli elementi di fatto e le considerazioni giuridiche che l’hanno indotta a constatare che la probabilità di dimostrare l’esistenza di una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE era limitata. Poiché tali precisazioni consentono al Tribunale di esercitare un controllo effettivo sull’esercizio, da parte della Commissione, del suo potere discrezionale nella decisione impugnata, la decisione impugnata è sufficientemente motivata.

138    Di conseguenza, il quinto motivo non è fondato.

 Sul sesto motivo, vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione

139    Ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, il ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di predisporre la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto.

140    Il ricorso deve, pertanto, chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura del 2 maggio 1991 (sentenza del 12 gennaio 1995, Viho/Commissione, T‑102/92, EU:T:1995:3, punto 68).

141    Nel ricorso, la ricorrente si limita ad affermare che la conclusione della Commissione è il risultato di un procedimento durante il quale quest’ultima ha omesso di esaminare attentamente gli elementi di fatto e di diritto dedotti dalla ricorrente in violazione del suo diritto a una buona amministrazione, ma essa non aggiunge alcun argomento idoneo a dimostrare tale affermazione.

142    Orbene, il mero riferimento al principio di buona amministrazione non può essere considerato sufficiente per soddisfare i requisiti di chiarezza e precisione imposti dal regolamento di procedura del 2 maggio 1991.

143    Di conseguenza, il sesto motivo è irricevibile.

144    Dal momento che nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente dimostra che la Commissione abbia violato i limiti del suo potere discrezionale, il ricorso non è fondato.

 Sulle spese

145    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese della Commissione e degli intervenienti, conformemente alla domanda di questi ultimi.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Confédération européenne des associations d’horlogers‑réparateurs (CEAHR) è condannata alle spese.

Prek

Buttigieg

Berke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 23 ottobre 2017.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.