Language of document : ECLI:EU:T:2014:59

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

6 febbraio 2014 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercati degli stabilizzanti termici a base di stagno e degli stabilizzanti termici ESBO/esteri – Decisione che accerta due violazioni dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE – Impresa di consulenza che non opera sui mercati in questione – Ammende – Domanda di annullamento – Nozione di impresa – Principio di legalità dei reati e delle pene – Durata dell’infrazione – Prescrizione – Durata del procedimento amministrativo – Termine ragionevole – Diritti della difesa – Informazione tardiva sul procedimento istruttorio – Massimale del 10% del fatturato – Sanzionamento di due infrazioni in un’unica decisione – Nozione di infrazione unica – Domanda di riforma – Importo delle ammende – Durata delle infrazioni – Durata del procedimento amministrativo – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 – Valore delle vendite – Ammenda simbolica – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑27/10,

AC‑Treuhand AG, con sede in Zurigo (Svizzera), rappresentata da C. Steinle e I. Bodenstein, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da F. Ronkes Agerbeek e R. Sauer, in qualità di agenti, assistiti da A. Böhlke, avvocato,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione C(2009) 8682 def. della Commissione, dell’11 novembre 2009, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/38589 – Stabilizzanti termici), o, in via subordinata, una domanda di riduzione dell’importo delle ammende irrogate,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da O. Czúcz, presidente, I. Labucka (relatore) e D. Gratsias, giudici,

cancelliere: C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 settembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La presente causa verte sulla decisione C(2009) 8682 def. della Commissione, dell’11 novembre 2009, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/38589 − Stabilizzanti termici) (in prosieguo: la «decisione impugnata», sintesi in GU 2010, C 307. pag. 9).

2        Con la decisione impugnata, la Commissione delle Comunità europee ha ritenuto che un certo numero di imprese avesse violato l’articolo 81 CE e l’articolo 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) partecipando a due complessi di accordi e di pratiche anticoncorrenziali concertate che coprivano il territorio del SEE e riguardavano, da un lato, il settore degli stabilizzanti a base di stagno e, dall’altro, il settore dell’olio di soia epossidato e degli esteri (in prosieguo: il «settore ESBO/esteri»).

3        La decisione impugnata afferma la sussistenza di due infrazioni relative a due categorie di stabilizzanti termici, i quali costituiscono dei prodotti aggiunti ai prodotti a base di policloruro di vinile (PVC) allo scopo di migliorare la loro resistenza termica (punto 3 della decisione impugnata).

4        Secondo l’articolo 1 della decisione impugnata, ciascuna di tali infrazioni è consistita nella fissazione dei prezzi, nella ripartizione dei mercati per mezzo di quote di vendita, nella ripartizione dei clienti e nello scambio di informazioni commerciali sensibili, in particolare sui clienti, sulla produzione e sulle vendite.

5        La decisione impugnata afferma che le imprese interessate hanno partecipato a tali infrazioni nel corso di vari periodi compresi tra il 24 febbraio 1987 e il 21 marzo 2000, per gli stabilizzanti a base di stagno, e tra l’11 settembre 1991 e il 26 settembre 2000, per il settore ESBO/esteri.

6        La ricorrente, AC‑Treuhand AG, con sede principale a Zurigo (Svizzera), è una società di consulenza che offre una «gamma completa di servizi su misura alle associazioni nazionali e internazionali e ai gruppi di interesse», con la precisazione che dalla decisione impugnata emerge altresì che detta società descrive i propri servizi nei termini seguenti: «gestione e amministrazione di associazioni professionali svizzere e internazionali nonché di federazioni, di organizzazioni non a scopo di lucro; raccolta, trattamento e gestione dei dati del mercato; presentazione delle statistiche del mercato; controllo delle cifre comunicate presso i partecipanti» (punto 66 della decisione impugnata).

7        La ricorrente è stata creata nel novembre 1993 e immatricolata il 28 dicembre 1993 in seguito a un’acquisizione dall’interno di una divisione di Fides Trust AG (in prosieguo: «Fides»). Prima di tale acquisizione, le attività della ricorrente erano esercitate da Fides. La ricorrente ha proseguito le proprie attività, con le stesse persone, ha continuato a fornire gli stessi servizi ai suoi membri ed era vincolata dagli stessi obblighi (punto 67 della decisione impugnata).

8        Fides e la ricorrente hanno organizzato varie riunioni (circa 160) relative alle intese oggetto della decisione impugnata (in prosieguo: le «riunioni Fides» e le «riunioni AC‑Treuhand») tra il 1987 e il 2000 (punti 68 e 111 della decisione impugnata).

9        M.S. è la persona che ha «condotto» le riunioni in questione durante tutti i periodi di infrazione, per Fides e, successivamente, per la ricorrente (punto 68 della decisione impugnata).

10      Nella decisione impugnata la ricorrente è ritenuta responsabile per aver svolto un ruolo essenziale e analogo nelle due infrazioni in questione, organizzando delle riunioni per i partecipanti all’intesa alle quali essa ha assistito e partecipato attivamente, raccogliendo e fornendo ai partecipanti dati sulle vendite dei mercati in questione, proponendo di agire in qualità di moderatore in caso di tensioni tra le imprese interessate e incoraggiando le parti a raggiungere dei compromessi, tutto ciò dietro retribuzione (punti da 108 a 129, da 356 a 359, da 380 a 387, 668, 669 e da 744 a 753 della decisione impugnata).

11      L’indagine che ha portato all’adozione della decisione impugnata è stata avviata a seguito della presentazione, il 26 novembre 2002, da parte di Chemtura di una domanda di immunità, in applicazione della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3) (punti 79 e 80 della decisione impugnata).

12      Il 12 e il 13 febbraio 2003, la Commissione ha effettuato delle ispezioni nei locali di CECA (Francia), di Baerlocher (Germania, Francia, Italia e Regno Unito), di Reagens (Italia), di Akcros (Regno Unito) e di Rohm & Haas (Francia), in applicazione dell’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento di applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204).

13      Nel corso dell’ispezione condotta presso Akcros, i rappresentanti di quest’ultima hanno segnalato ai funzionari della Commissione che taluni documenti erano coperti dalla riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti (punto 81 della decisione impugnata). Successivamente, la rivendicazione di tale tutela è stata oggetto di procedimenti giudiziari dinanzi al Tribunale, intentati l’11 aprile e il 4 luglio 2003, i quali hanno dato luogo alla sentenza del Tribunale del 17 settembre 2007, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione (T‑125/03 e T‑253/03, Racc. pag. II‑3523), che ha respinto i ricorsi (punti da 84 a 90 della decisione impugnata) (in prosieguo: il «procedimento giudiziario Akzo»).

14      L’8 ottobre 2007 e a più riprese nel 2008, la Commissione ha inviato alle imprese coinvolte richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1) (punti 91 e 92 della decisione impugnata).

15      La ricorrente ha ricevuto una prima richiesta di informazioni l’8 ottobre 2007 (in prosieguo: la «richiesta dell’8 ottobre 2007»).

16      La ricorrente si è rifiutata di rispondere alla richiesta della Commissione del 5 giugno 2008 in merito al suo fatturato a livello mondiale e, in risposta a una richiesta di ulteriori informazioni, si è limitata a fare rinvio alla propria risposta alla Commissione nel caso che ha portato alla decisione 2005/349/CE della Commissione, del 10 dicembre 2003, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/E-2/37. 857 – Perossidi organici) (GU 2005, L 110, pag. 44) (in prosieguo: il «caso Perossidi organici»).

17      Il 17 marzo 2009, la Commissione ha emesso una comunicazione degli addebiti che è stata notificata a varie società, tra cui la ricorrente, il 18 marzo 2009 (punto 95 della decisione impugnata).

18      La ricorrente ha risposto alla comunicazione degli addebiti con lettera del 25 maggio 2009.

19      L’11 novembre 2009, la Commissione ha adottato la decisione impugnata.

20      L’articolo 1 della decisione impugnata dichiara la ricorrente responsabile per la sua partecipazione all’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno dal 1º dicembre 1993 al 21 marzo 2000 e a quella relativa al settore ESBO/esteri dal 1º dicembre 1993 al 26 settembre 2000.

21      Per quanto concerne il suo potere di irrogare alla ricorrente delle ammende per dette infrazioni, la Commissione ha respinto gli argomenti addotti dalle imprese interessate, secondo cui la sospensione derivante dal procedimento giudiziario Akzo, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, avrebbe dovuto essere applicata soltanto alle parti di detto procedimento, vale a dire Akzo Nobel Chemicals Ltd e AkcrosChemicals Ltd. La Commissione, infatti, ha ritenuto che detta sospensione avesse un effetto erga omnes, sicché la prescrizione era stata sospesa nei confronti di tutte le imprese interessate dall’indagine, compresa la ricorrente (punti da 672 a 682 della decisione impugnata).

22      La Commissione ha altresì rilevato che il Tribunale aveva confermato che una società di consulenza, la quale avesse contribuito volontariamente a un’intesa, poteva essere ritenuta responsabile come coautore dell’infrazione (sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2008, AC‑Treuhand/Commissione, T‑99/04, Racc. pag. II‑1501, in prosieguo: la «sentenza AC‑Treuhand I»).

23      Per stabilire l’importo delle ammende, la Commissione ha applicato gli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «Orientamenti del 2006»).

24      L’articolo 2 della decisione impugnata così recita:

«Per l’/(le) infrazione(i) nel mercato degli stabilizzanti a base di stagno (…), sono irrogate le seguenti ammende:

(…)

17) AC‑Treuhand è responsabile per l’importo di EUR 174 000;

(…)

Per l’/(le) infrazione(i) nel mercato dell’ESBO/degli esteri (…), sono irrogate le seguenti ammende:

(…)

38) AC‑Treuhand è responsabile per l’importo di EUR 174 000;

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

25      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 gennaio 2010, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

26      Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 12 luglio 2011, la Commissione ha reso noto che, alla luce della sentenza della Corte del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a. (C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I‑2239), essa ritirava i suoi argomenti secondo cui la sospensione della prescrizione, in applicazione dell’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, per via del procedimento giudiziario Akzo aveva un effetto erga omnes, inclusa la ricorrente; il Tribunale ha preso atto di ciò.

27      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, di invitare le parti a rispondere a dei quesiti. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta nel termine assegnato.

28      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 18 settembre 2012.

29      In occasione dell’udienza, il Tribunale ha invitato la ricorrente a produrre il suo fatturato relativo all’anno 2011. Poiché la ricorrente ha ottemperato a tale richiesta entro il termine assegnato, il Tribunale ha invitato la Commissione a depositare le proprie eventuali osservazioni su detto documento. Tali osservazioni sono state depositate entro il termine assegnato.

30      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

–        in via subordinata, ridurre l’importo delle ammende che le sono state irrogate;

–        condannare la Commissione al pagamento delle spese.

31      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere integralmente il ricorso;

–        condannare la ricorrente al pagamento delle spese.

 In diritto

32      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce nove motivi, alcuni dei quali sono dedotti principalmente a sostegno delle sue conclusioni volte all’annullamento della decisione impugnata e altri a sostegno delle sue conclusioni subordinate volte alla riforma della decisione impugnata nella parte relativa all’importo delle ammende.

33      Nell’ambito del suo nono motivo dedotto nell’atto introduttivo, la ricorrente ha sostenuto che la decisione non le era stata regolarmente notificata.

34      In occasione dell’udienza, tuttavia, la ricorrente ha confermato – come indicato nella sua risposta scritta a un quesito del Tribunale a tal proposito – di rinunciare al suo motivo basato sull’irregolarità della notifica della decisione impugnata; il Tribunale ha preso atto di ciò.

35      Pertanto, non occorre più statuire sul nono motivo della ricorrente.

 Sui motivi dedotti ai fini dell’annullamento della decisione impugnata

36      Ai fini dell’annullamento della decisione impugnata, la ricorrente deduce quattro motivi nonché la prima parte di un quinto motivo, basati, in primo luogo, sulla violazione dell’articolo 81 CE nonché del principio di legalità dei reati e delle pene (terzo motivo); in secondo luogo, sulla prescrizione dei poteri della Commissione di irrogare delle ammende, in applicazione dell’articolo 25, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2003 (secondo motivo); in terzo luogo, sulla violazione dei diritti della difesa a causa dell’informazione tardiva sul procedimento istruttorio avviato nei suoi confronti (ottavo motivo); in quarto luogo, sulla violazione del principio del termine ragionevole a causa della durata del procedimento amministrativo (settimo motivo) e, in quinto luogo, sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (prima parte del sesto motivo).

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 81 CE nonché del principio di legalità dei reati e delle pene

37      Nell’ambito del suo terzo motivo – che è opportuno esaminare per primo – la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato l’articolo 81 CE, dal momento che essa non ha partecipato a un accordo, ai sensi di tale disposizione, la quale riguarda soltanto le imprese che hanno concluso un accordo restrittivo della concorrenza o che hanno proceduto a pratiche concordate, ma non quelle che si sono limitate a organizzare riunioni o a fornire servizi nel contesto degli accordi anticoncorrenziali.

38      La ricorrente avrebbe concluso un accordo il cui scopo non era falsare la concorrenza, bensì fornire dei servizi, di modo che tale accordo non ricadrebbe nell’ambito di applicazione dell’articolo 81 CE.

39      Secondo la ricorrente, dunque, la Commissione non poteva sanzionarla per un comportamento non rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 81 CE e, così facendo, essa ha violato il principio di legalità dei reati e delle pene, sancito all’articolo 7, paragrafo1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e all’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1).

40      Peraltro, la ricorrente sostiene che, anche ritenendo che il suo comportamento rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 81 CE, la decisione impugnata violerebbe ugualmente il principio di legalità dei reati e delle pene, in quanto l’interpretazione estensiva dell’articolo 81 CE da parte della Commissione non era da essa prevedibile al momento dei fatti contestati, tenuto conto della giurisprudenza della Corte e della prassi della Commissione.

41      Inoltre, la ricorrente sostiene che l’imprevedibilità dell’applicazione dell’articolo 81 CE è tanto più grave nel caso di specie dal momento che la Commissione non ha irrogato un’ammenda simbolica, come nel caso Perossidi organici, bensì il doppio del massimo dell’ammenda.

42      La Commissione conclude nel senso del rigetto del terzo motivo in base, in particolare, alla sentenza AC‑Treuhand I.

43      A tal proposito, è sufficiente ricordare come, in un caso che del resto coinvolgeva la ricorrente, il Tribunale abbia già stabilito che l’articolo 81 CE era applicabile al comportamento adottato da un’impresa come la ricorrente nelle circostanze della presente causa (sentenza AC‑Treuhand I, punti da 112 a 138).

44      Nella sentenza AC‑Treuhand I, il Tribunale ha parimenti stabilito che qualsiasi impresa che abbia adottato un comportamento collusivo, comprese le imprese di consulenza non attive sul mercato in questione interessato dalla restrizione della concorrenza, come la ricorrente nella presente causa, poteva ragionevolmente prevedere che il divieto sancito dall’articolo 81, paragrafo 1, CE poteva, in linea di principio, essere applicato nei suoi confronti, dal momento che tale impresa non poteva ignorare ‑ o comunque era in grado di comprendere ‑ che la prassi decisionale della Commissione e la giurisprudenza comunitaria anteriori includevano già, in maniera sufficientemente chiara e precisa, il fondamento del riconoscimento esplicito della responsabilità di un’impresa di consulenza per un’infrazione all’articolo 81, paragrafo 1, CE, qualora questa contribuisca attivamente e volontariamente ad un’intesa tra produttori attivi su un mercato distinto da quello su cui essa stessa opera (sentenza AC‑Treuhand I, punto 150).

45       Pertanto, gli argomenti fatti valere dalla ricorrente, secondo cui, da un lato, l’applicazione dell’articolo 81 CE nel caso di specie è contraria al principio di legalità dei reati e delle pene e, dall’altro, l’interpretazione di detta disposizione da parte della Commissione nella decisione impugnata era imprevedibile, non possono trovare accoglimento.

46      Tale valutazione non può essere rimessa in discussione attraverso l’argomento che la ricorrente basa sul fatto che, nella decisione impugnata, la Commissione non le ha irrogato un’ammenda simbolica, bensì il doppio del massimo dell’ammenda, poiché tale argomento non è volto a contestare, di per sé, la legittimità della decisione impugnata, bensì, in vista di una riforma, l’importo delle ammende irrogate, di modo che esso non opera a sostegno delle conclusioni volte all’annullamento e deve essere collegato all’analisi del quarto motivo, volto a una riforma.

47      Pertanto, il terzo motivo, fatto valere dalla ricorrente ai fini dell’annullamento della decisione impugnata, deve essere respinto.

 Sul secondo motivo, relativo alla prescrizione dei poteri della Commissione di irrogare delle ammende

48      Nell’ambito del suo secondo motivo, dedotto a sostegno delle conclusioni volte all’annullamento della decisione impugnata, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha stabilito che le infrazioni siano perdurate fino all’11 novembre 1999.

49      Posto che la decisione impugnata è stata adottata l’11 novembre 2009, in tale data i poteri della Commissione di irrogare delle ammende sarebbero stati prescritti, in applicazione dell’articolo 25, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2003.

50      A detta della ricorrente, gli elementi costitutivi delle infrazioni hanno cominciato a diminuire dal 1996 e sono venuti meno «alla metà dell’anno 1999» o «nel corso dell’estate 1999», secondo quanto enunciato nei suoi scritti.

51      A sostegno di tale motivo, la ricorrente contesta l’efficacia probatoria degli elementi considerati dalla Commissione nella decisione impugnata.

52      Essa richiama altresì una dichiarazione, del 20 maggio 2009, reiterata sotto giuramento il 17 gennaio 2010, di uno dei suoi ex collaboratori, M.S. (in prosieguo: la «dichiarazione di M.S.»), il quale ha «condotto» le riunioni Fides e successivamente le riunioni AC‑Treuhand, dichiarazione che essa ha riferito alla Commissione nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti e che è stata versata agli atti dalle parti nella presente causa.

53      Gli elementi che ne risultano, attestanti la fine dei comportamenti illeciti «alla metà dell’anno 1999, al più tardi», sarebbero corroborati da dichiarazioni e da prove di altre imprese che compaiono nel fascicolo.

54      Considerando che la prescrizione era maturata l’11 novembre 2009, la ricorrente sostiene che la Commissione non aveva neppure un interesse legittimo all’accertamento delle infrazioni. La Commissione respinge tale argomentazione della ricorrente affermando di aver adeguatamente provato che le infrazioni erano perdurate oltre l’11 novembre 1999 e che, pertanto, il suo potere di irrogare delle ammende non era prescritto e, dunque, essa non doveva dimostrare un interesse legittimo all’accertamento delle infrazioni.

–       Richiamo della giurisprudenza pertinente

55      A tal proposito, si deve ricordare, quanto all’acquisizione della prova di un’infrazione all’articolo 81, paragrafo 1, CE, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare, adeguatamente, l’esistenza dei fatti che integrano un’infrazione (sentenze della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 58; dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 86, e del 6 gennaio 2004, BAI e Commissione/Bayer, C‑2/01 P e C‑3/01 P, Racc. pag. I‑23, punto 62).

56      Pertanto, è necessario che la Commissione produca elementi probatori precisi e concordanti che corroborino il fermo convincimento che l’infrazione sia stata commessa (v. sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 179 e la giurisprudenza ivi citata).

57      Certamente, se la Commissione constata una violazione delle norme sulla concorrenza basandosi sulla supposizione che i fatti accertati possono essere spiegati soltanto in funzione della sussistenza di un comportamento anticoncorrenziale, il giudice dell’Unione sarà indotto ad annullare la decisione in questione qualora le imprese interessate adducano un’argomentazione che ponga in una luce differente i fatti accertati dalla Commissione e che consenta quindi di sostituire un’altra spiegazione plausibile dei fatti a quella adottata dalla Commissione per concludere nel senso della sussistenza di un’infrazione. Infatti, in tal caso, non si può ritenere che la Commissione abbia fornito la prova della sussistenza di un’infrazione al diritto della concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, Racc. pag. 1679, punto 16, e del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, Racc. pag. I‑1307, punti 126 e 127).

58      Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge altresì che non tutte le singole prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione, poiché è sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito (sentenze del Tribunale JFE Engineering e a./Commissione, cit., punto 180, e dell’8 luglio 2008, Lafarge/Commissione, T−54/03, non pubblicata nella Raccolta, punti 56 e 271).

59      Occorre, inoltre, considerare che – poiché sono noti tanto il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali quanto le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori – di norma le attività che dette pratiche e detti accordi comportano si svolgono clandestinamente, le riunioni si tengono in segreto, generalmente in uno Stato terzo, e la relativa documentazione è ridotta al minimo (sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C−204/00 P, C−205/00 P, C−211/00 P, C−213/00 P, C−217/00 P e C−219/00 P, Racc. pag. I−123, punto 55).

60      Peraltro, anche qualora la Commissione scoprisse dei documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di una riunione, questi ultimi sarebbero di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostruire taluni dettagli per via di deduzioni (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 56).

61      Così, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 57).

62      Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che, in assenza di elementi di prova atti a dimostrare direttamente l’intera durata di un’infrazione, la Commissione deve basarsi, almeno, su elementi di prova riferentisi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che tale infrazione si è protratta ininterrottamente entro due date precise (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commissione, T‑43/92, Racc. pag. II‑441, punto 79, e del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, Racc. pag. II‑6681, punto 132).

63      La Corte ha statuito inoltre che, poiché la Commissione era stata in grado di dimostrare la partecipazione di un’impresa a riunioni tra imprese aventi carattere manifestamente anticoncorrenziale, il Tribunale aveva giustamente potuto ritenere che spettasse a quest’ultima fornire un’altra spiegazione del contenuto di tali riunioni. Così facendo, il Tribunale non aveva effettuato un’indebita inversione dell’onere della prova, né violato la presunzione di innocenza (sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Montecatini/Commissione, C‑235/92 P, Racc. pag. I‑4539, punto 181).

64      Analogamente, quando la Commissione si basa su elementi di prova che risultano sufficienti, in linea di principio, a dimostrare l’esistenza dell’infrazione, l’impresa interessata non può limitarsi a evocare la possibilità che si sia verificata una circostanza che potrebbe incidere sul valore probatorio di tali elementi di prova affinché la Commissione abbia l’onere di dimostrare che detta circostanza non ha potuto incidere sul valore probatorio di questi ultimi. Al contrario, salvo il caso in cui una siffatta prova non possa essere prodotta dall’impresa interessata a causa del comportamento della stessa Commissione, spetta all’impresa interessata dimostrare adeguatamente, da un lato, l’esistenza della circostanza da essa dedotta e, dall’altro, il fatto che tale circostanza pone in discussione il valore probatorio degli elementi di prova su cui si basa la Commissione (sentenza del Tribunale del 15 dicembre 2010, E.ON Energie/Commissione, T‑141/08, Racc. pag. II‑5761, punto 56).

65      Alla luce di tali considerazioni, occorre verificare se, nella decisione impugnata, la Commissione abbia adeguatamente dimostrato che le infrazioni si erano protratte almeno fino all’11 novembre 1999.

–       Sulla durata delle infrazioni

66      Nel caso di specie, occorre ricordare, innanzitutto, che nella decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che le infrazioni si fossero protratte, in particolare, sotto forma di riunioni in Svizzera delle imprese coinvolte, fino al 21 marzo 2000, per quanto concerne l’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno, e fino al 26 settembre 2000, per quanto concerne l’infrazione relativa al settore ESBO/esteri (punto 100 della decisione impugnata).

67      La Commissione ha considerato altresì che, «per un considerevole numero di riunioni, (…) esist[evano] prove dirette e contemporanee [del fatto] che i partecipanti (…) facessero regolarmente discussioni aventi un oggetto anticoncorrenziale» (punto 137 della decisione impugnata).

68      Orbene, la ricorrente sostiene, in sostanza, che la Commissione non ha dimostrato la sussistenza dei comportamenti illeciti – vale a dire che le riunioni AC‑Treuhand svoltesi dopo l’11 novembre 1999 abbiano avuto un oggetto anticoncorrenziale – con elementi materiali sufficientemente probanti e che i comportamenti illeciti fossero terminati «alla metà dell’anno 1999» o «nel corso dell’estate 1999», secondo quanto enunciato dalla ricorrente nei suoi scritti.

69      Nondimeno, la ricorrente non contesta che, come immediato seguito delle riunioni Fides, le riunioni AC‑Treuhand abbiano avuto, perlomeno fino «alla metà dell’anno 1999», un oggetto manifestamente anticoncorrenziale.

70      Allo stesso modo, la ricorrente riconosce esplicitamente nei suoi scritti che tutte le suddette riunioni erano condotte da M.S.; essa afferma di essere contrariata dal comportamento di quest’ultimo e fa rilevare che, con lettera del 17 novembre 2009, ne ha reso partecipi i suoi clienti presentando loro delle scuse.

71      Pur dichiarando che i comportamenti illeciti sono diminuiti a partire dall’anno 1996, la ricorrente non contesta neppure il carattere continuato dei comportamenti illeciti.

72      Pertanto, la ricorrente ammette l’esistenza delle infrazioni e il loro carattere continuato dal 1° dicembre 1993 fino, almeno, alla metà dell’anno 1999.

73      La ricorrente non contesta neppure l’esistenza di riunioni AC‑Treuhand nel corso del secondo semestre dell’anno 1999 e nel corso del primo semestre dell’anno 2000.

74      La ricorrente riconosce altresì esplicitamente nei suoi scritti che tali riunioni sono state «condotte» da M.S.

75      Di conseguenza, per valutare il secondo motivo della ricorrente, è sufficiente verificare se, nel caso di specie, la Commissione abbia dimostrato adeguatamente che le riunioni AC‑Treuhand svoltesi dopo l’11 novembre 1999 avevano un oggetto anticoncorrenziale, esattamente come quelle che le hanno precedute (v., in tal senso, sentenze della Corte dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punto 155; Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 96, e Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 81).

–       Sulla prosecuzione dell’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno oltre l’11 novembre 1999

76      Per quanto concerne il settore degli stabilizzanti a base di stagno, nella decisione impugnata la Commissione ha ritenuto – sulla base di vari elementi di prova indicati ai punti da 299 a 304, per l’anno 1999, e da 316 a 323 nonché 420, per l’anno 2000 – che i comportamenti illeciti si siano protratti fino al 21 marzo 2000, vale a dire oltre l’11 novembre 1999.

77      In primo luogo, per quanto attiene all’anno 1999, in Svizzera hanno avuto luogo nove riunioni AC‑Treuhand, ossia due in febbraio, due in aprile, due in luglio, una in settembre nonché altre due il 29 e il 30 novembre; a tali riunioni hanno preso parte Akcros, Baerlocher, CECA, Reagens e Chemtura (punto 299 della decisione impugnata). Va precisato che la ricorrente ammette l’esistenza di tutte dette riunioni, a eccezione di una in luglio.

78      In secondo luogo, la Commissione ha affermato che, in una relazione mensile di Chemtura concernente il mese di agosto del 1999 e datata 16 settembre 1999, prodotta da tale impresa nell’ambito della sua cooperazione con la Commissione nel corso del procedimento amministrativo, era stato indicato che «[i suoi] concorrenti segu[ivano] [la sua] politica dei prezzi e che [avevano] parimenti aumentato i loro prezzi» e che un’impresa, A, aveva «difficoltà a rispettare una disciplina dei prezzi» (punto 303 della decisione impugnata).

79      In terzo luogo, nella relazione mensile di Chemtura concernente il mese di ottobre del 1999 e datata 15 novembre 1999, si osserva che l’impresa A, contrariamente a tutti gli altri operatori del mercato, diminuiva i prezzi, ma che «[erano] in corso azioni per porre fine a tale tendenza» (punto 303 della decisione impugnata).

80      In quarto luogo, in un’e-mail di Chemtura, datata 23 novembre 1999, si fa menzione di un aumento dei prezzi in Europa occidentale dell’8% per il 1999 e del fatto che era atteso un rialzo dei prezzi nel quarto trimestre dell’anno 1999 (punto 304 della decisione impugnata).

81      In quinto luogo, una relazione mensile di Chemtura concernente il mese di novembre del 1999, datata 17 dicembre 1999, ha menzionato un rialzo dei prezzi, realizzato da un’impresa concorrente con il sostegno di altre due imprese concorrenti, che non sarebbe «entrato in vigore prima del primo trimestre del 2000» (punto 304 della decisione impugnata).

82      In sesto luogo, per quanto attiene all’anno 2000, a Zurigo hanno avuto luogo due riunioni AC‑Treuhand, il 20 e il 21 marzo; a tali riunioni hanno preso parte Akcros, Baerlocher, CECA, Reagens e Chemtura (punto 316 della decisione impugnata), il che non è contestato dalla ricorrente.

83      In settimo luogo, al punto 317 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto riferimento a un memorandum datato 16 febbraio 2000, redatto da un collaboratore di Akcros per uno dei suoi superiori (in prosieguo: il «memorandum Akcros»); è opportuno riprodurre integralmente qui di seguito il testo – che non è oggetto di contestazione da parte della ricorrente – di detto memorandum:

«Ho parlato con i direttori marketing, i quali conoscono molto bene i mercati UE degli stabilizzanti (…) Attualmente noi e la maggior parte dei nostri concorrenti UE partecipiamo a gruppi industriali (uno per l’ESBO e uno per gli stabilizzanti a base di stagno) il cui principale obiettivo consiste nel consolidare le informazioni di mercato sotto forma di vendite mensili in tonnellate. Ciascuna impresa partecipante invia tali informazioni a AC‑Treuhand, Svizzera, che rinvia i risultati a tutte le imprese partecipanti sotto forma di totali (…) Non vi compare nessuna informazione concorrenziale. Ciò mi sembra quanto mai legittimo e utile. Tuttavia, le imprese partecipanti si incontrano in Svizzera, da due a quattro volte all’anno, per discutere su questioni di comune interesse, come le prospettive e le tendenze del mercato, le attività delle imprese non partecipanti etc. Mentre la riunione presieduta da AC‑Treuhand, di per sé, non sembra abusiva, mi è stato riferito che, una volta insieme, i concorrenti discutevano dei livelli dei prezzi e dei clienti. Per questa ragione, raccomanderei di informare AC‑Treuhand che non parteciperemo più a dette riunioni, ma invieremo le nostre informazioni sulle nostre vendite per beneficiare di tale servizio. Due anni fa, la situazione di tali gruppi era completamente differente. Poi sono comparsi i fogli rossi: contenevano il verbale delle riunioni e specificavano le decisioni dei gruppi, vertenti sui rialzi delle tariffe e sulla ripartizione dei mercati. Vi si parlava inoltre di clienti specifici. Detti verbali non erano distribuiti, ma conservati in fascicoli AC‑Treuhand, in “sicurezza”, poiché la Svizzera non era membro dell’UE. Nel 1996 o nel 1997, non hanno più avuto luogo riunioni di questo genere, verosimilmente a causa dell’aumento delle pressioni per non esercitare simili attività, per via di un’applicazione più rigorosa delle leggi. Più di un membro del gruppo stagno ha esercitato pressioni sul nostro rappresentante perché si tornasse alla situazione in cui la fissazione dei prezzi e la ripartizione del mercato erano regolarmente pattuite in occasione di tali riunioni AC‑Treuhand. Barloecher esercita la massima pressione su di noi nonché su altri membri che non sono favorevoli a un simile accordo. Essi parlano più specificamente di “congelare” le quote di mercato, ma se un membro aumenta la propria quota acquisendo un cliente, dovrebbe cedere un altro cliente perché si ritrovi l’equilibrio. Ciò sarebbe confermato da verifiche mensili delle quote. Noi non accetteremo più di partecipare a siffatte attività abusive e ciò è un’ulteriore ragione per cui dovremmo abbandonare tali riunioni (…) In sintesi, apparentemente vi sono state delle riunioni/discussioni abusive a cui Akcros ha partecipato. Benché, probabilmente, abbiamo ancora discussioni occasionali che potrebbero essere ritenute inadeguate, non partecipiamo più a tali riunioni ufficiali, chiaramente inappropriate. Raccomanderei di: 1) informare AC‑Treuhand che non presenzieremo più alle riunioni in Svizzera per i gruppi stagno e [ESBO/esteri], anche se continuiamo a inviare i nostri dati sulle vendite come in precedenza; 2) organizzare una formazione di sensibilizzazione (…) per i nostri direttori marketing (e altri) affinché conoscano con chiarezza i limiti da non superare nel contesto dei contatti con i concorrenti. Le chiedo di farmi sapere se concorda con questi suggerimenti».

84      In ottavo luogo, per corroborare la sua interpretazione del memorandum Akcros, al punto 318 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che Akzo aveva ammesso che il memorandum Akros era stato preceduto da annotazioni manoscritte dell’autore di detto memorandum (in prosieguo: le «annotazioni manoscritte Akcros») da cui risulta – il che non è contestato dalla ricorrente – da un lato, che si svolgevano discussioni «non scritte» sul «livello dei prezzi», «che dovevano essere aumentat[i]» o «sostenut[i]», nonché su «taluni clienti» e, dall’altro, che le riunioni avevano luogo in «Svizzera, non membro dell’UE», in quanto non potevano «essere oggetto di visite a sorpresa».

85      In nono luogo, la Commissione ha fatto rilevare che, sulla scia del memorandum Akcros, nel contesto di una riunione AC‑Treuhand del 21 marzo 2000 a Zurigo, il rappresentante di tale società ha fatto sapere che essa non avrebbe più partecipato alle riunioni AC‑Treuhand «pur continuando a scambiare dati sulle vendite» (punto 319 della decisione impugnata), il che non è contestato dalla ricorrente.

86      In decimo luogo, la Commissione ha sottolineato che Akcros aveva confermato – con lettera del 5 giugno 2000 indirizzata a M.S., allora collaboratore della ricorrente – che non avrebbe più partecipato alle riunioni AC‑Treuhand (punto 321 della decisione impugnata), il che non è contestato dalla ricorrente.

87      In undicesimo luogo, la Commissione ha fatto riferimento alle dichiarazioni rese da Chemtura nel contesto della sua cooperazione con la Commissione nel corso del procedimento amministrativo, attestanti la prosecuzione dell’intesa sugli stabilizzanti a base di stagno «fino al 2000» [punto 420, lettera a), della decisione impugnata].

88      Alla luce del complesso di tali elementi, considerati unitariamente, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia fornito la prova dell’infrazione che aveva constatato nella decisione impugnata riguardo agli stabilizzanti a base di stagno, producendo elementi di prova atti a dimostrare adeguatamente l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno nel presente caso, nel senso che, nella decisione impugnata, la Commissione ha indicato prove sufficienti per fondare il fermo convincimento che l’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno sia stata commessa.

89      Infatti, se considerati unitariamente, i vari elementi di prova indicati ai punti da 77 a 87, per quanto concerne gli stabilizzanti a base di stagno, portano ad escludere che le riunioni AC‑Treuhand tenutesi alla fine di novembre del 1999 e nel marzo del 2000, per quanto riguarda gli stabilizzanti a base di stagno, non abbiano avuto un oggetto anticoncorrenziale.

90      Detti elementi dimostrano chiaramente l’oggetto anticoncorrenziale di tali riunioni AC‑Treuhand, in particolare per quanto riguarda il memorandum Akcros, che critica la natura anticoncorrenziale delle riunioni AC‑Treuhand, la decisione di tale impresa di non parteciparvi più, il fatto che essa se ne sia pubblicamente dissociata in due occasioni nel corso dell’anno 2000, nonché il fatto che essa abbia progettato una formazione di sensibilizzazione dei quadri dell’impresa alle norme sulla concorrenza, le dichiarazioni di Chemtura attestanti la prosecuzione dell’intesa «fino al 2000», così come il fatto che la ricorrente non abbia prodotto alcuna prova relativa al mutamento della natura delle riunioni AC‑Treuhand.

91      Ne consegue che le riunioni AC‑Treuhand della fine di novembre del 1999 e di marzo del 2000 non potevano avere un oggetto differente da quello delle precedenti riunioni, allorché le stesse imprese e le stesse persone si incontravano nello stesso contesto intorno a M.S.

92      Di conseguenza, si deve dichiarare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha indicato un complesso di indizi i quali, considerati unitariamente, fondano il fermo convincimento che i comportamenti illeciti relativi agli stabilizzanti a base di stagno sono stati adottati nel contesto delle riunioni AC‑Treuhand oltre l’11 novembre 1999.

93      Tale valutazione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti della ricorrente.

94      Secondo la ricorrente, il comportamento illecito che poteva esserle contestato è cessato alla «metà dell’anno 1999», indipendentemente dal fatto che si tratti del settore degli stabilizzanti a base di stagno o del settore ESBO/esteri, come emergerebbe dalla dichiarazione di M.S., il cui contenuto sarebbe corroborato da documenti inclusi nel fascicolo della Commissione, nonché da verbali delle riunioni AC‑Treuhand, da cui la ricorrente dipenderebbe completamente ai fini dell’esposizione del suo punto di vista sulla fine dell’intesa, dal momento che nessun altro dei suoi collaboratori aveva un minimo rapporto con l’intesa.

95      La ricorrente sostiene che le attività dell’intesa nel corso delle riunioni AC‑Treuhand – indipendentemente dal fatto che si tratti del settore degli stabilizzanti a base di stagno o del settore ESBO/esteri – avrebbero cominciato a diminuire progressivamente «a partire dal 1996/1997».

96      Tuttavia, a prescindere dalla questione se siffatta diminuzione si sia verificata, si deve necessariamente constatare che, nei suoi scritti, la ricorrente riconosce esplicitamente e a più riprese l’esistenza di comportamenti illeciti che possono esserle ascritti, indipendentemente dal fatto che si tratti del settore degli stabilizzanti a base di stagno o del settore ESBO/esteri, perlomeno fino alla «metà dell’anno 1999».

97      Pertanto, ai fini della valutazione del secondo motivo della ricorrente, non occorre che il Tribunale si pronunci sugli elementi indicati dalla ricorrente per dimostrare tale diminuzione, dovendosi precisare che l’argomentazione della ricorrente in tal senso non tende a una riforma della decisione impugnata in relazione all’importo delle ammende che le sono state irrogate, bensì a un annullamento della decisione impugnata a causa della prescrizione dei poteri della Commissione di irrogare ammende.

98      Secondo la ricorrente, gli elementi evocati dalla Commissione nella decisione impugnata e indicati ai punti da 77 a 87 della presente sentenza non consentirebbero, in ogni caso, di dimostrare, a carico della ricorrente, la sussistenza dell’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno oltre l’11 novembre 1999.

99      In tal senso, essa propone degli argomenti che valgono sia per l’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno che per quella concernente il settore ESBO/esteri.

100    In primo luogo, la ricorrente afferma che M.K., uno dei rappresentanti di uno dei membri dell’intesa – ossia Ciba, rilevata nel maggio 1998 da Chemtura – il quale sarebbe stato il «fondatore» dell’intesa e che avrebbe partecipato fin dall’inizio a tutte le riunioni AC‑Treuhand, ha smesso di parteciparvi nel luglio 1999, per il settore degli stabilizzanti a base di stagno, e nel settembre 1999, per quello ESBO/esteri, a causa del suo pensionamento.

101    Tale argomento non può trovare accoglimento.

102    Infatti, per quanto il suo ruolo fosse centrale, non si può dedurre dal pensionamento di uno dei rappresentanti dei partecipanti all’intesa che questi ultimi abbiano necessariamente messo fine ai loro comportamenti illeciti, ancor meno in considerazione del fatto che sono proseguite le riunioni AC‑Treuhand intorno a M.S.

103    In secondo luogo, la ricorrente riporta la dichiarazione di M.S. secondo cui «alla fine degli anni novanta, nel corso delle [riunioni AC‑Treuhand], non [c’erano] più state siffatte discussioni [anticoncorrenziali]».

104    Alla luce del fatto – espressamente riconosciuto dalla ricorrente – che M.S. è stato «il moderatore», per la ricorrente, delle riunioni AC‑Treuhand, il cui oggetto anticoncorrenziale è ammesso dalla ricorrente, considerata la collocazione temporale di tale dichiarazione, resa in tempore suspecto, e il fatto che M.S. abbia precisato di «non [poter] dire con esattezza a partire da quando questo tipo di discussione [sia] stato abbandonato», la dichiarazione di M.S. non può incidere sull’efficacia probatoria degli elementi di prova considerati dalla Commissione nella decisione impugnata.

105    Per le stesse ragioni, occorre respingere la richiesta della ricorrente di ascoltare M. S, senza che si debba valutarne la ricevibilità.

106    In terzo luogo, la ricorrente fa rilevare che Arkema ha prodotto unicamente delle prove attestanti la prosecuzione dell’intesa fino al 29 settembre 1999 e che Ciba aveva prodotto prove dell’esistenza di discussioni anticoncorrenziali solo fino ad aprile del 1999, per gli stabilizzanti a base di stagno, e a maggio del 1999, per il settore ESBO/esteri.

107    Tale argomentazione non può trovare accoglimento.

108    Infatti, non si può ritenere che la mera circostanza che talune imprese abbiano prodotto prove attestanti la sussistenza delle infrazioni solo fino ad un certo periodo basti per rimettere in discussione la constatazione, peraltro confermata, che dette infrazioni si sono protratte oltre tale periodo.

109    In quarto luogo, la ricorrente rileva che Faci ha dichiarato che i prezzi erano stati discussi solo fino all’inizio dell’anno 1999 e che Chemson ha dichiarato che i comportamenti illeciti erano terminati al più tardi nel settembre 1999.

110    Neppure questa argomentazione può trovare accoglimento.

111    Infatti, da un lato, si deve osservare che le dichiarazioni di Faci evocate dalla ricorrente riguardano solo una delle componenti delle intese in questione, vale a dire l’illecita fissazione dei prezzi, ma non gli altri aspetti, in particolare la ripartizione dei mercati e dei clienti nonché lo scambio di informazioni commerciali sensibili.

112    Dall’altro lato, per quanto attiene alle dichiarazioni di Chemson, non è possibile ritenere, sulla base della dichiarazione resa da un’impresa in tempore suspecto, che tutti i partecipanti alle intese in questione abbiano necessariamente messo fine ai loro comportamenti illeciti, ancor meno in considerazione del fatto che sono proseguite le riunioni AC‑Treuhand intorno a M.S. e che, come fa rilevare la stessa ricorrente, un’altra impresa, nella fattispecie Ciba, non ha escluso che l’intesa abbia potuto proseguire successivamente.

113    In quinto luogo, la ricorrente fa rilevare che, nell’ambito della sua cooperazione con la Commissione nel corso del procedimento amministrativo, Chemtura non ha assolutamente evocato le riunioni AC‑Treuhand.

114    Per respingere tale argomento, è sufficiente rilevare che la stessa ricorrente sostiene che la direzione di Chemtura ignorava «apparentemente» il contenuto di dette riunioni.

115    In sesto luogo, la ricorrente afferma che, fin dal maggio 1998, Chemtura ha adottato una strategia autonoma in materia di prezzi.

116    Per le stesse ragioni enunciate al punto 112 della presente sentenza, tale argomentazione non appare convincente, a maggior ragione in considerazione del fatto che il mancato rispetto dei termini di un’intesa ad opera di uno dei suoi partecipanti non può discolpare quest’ultimo, in mancanza di una dissociazione pubblica da parte sua, né, a fortiori, dimostrare la fine di un’intesa per quanto riguarda gli altri partecipanti (v., in tal senso, sentenza della Corte del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C−510/06 P, Racc. pag. I−1843, punto 120).

117    In settimo luogo, la ricorrente sottolinea che Akzo – a cui era collegata Akcros – si è impegnata in una politica di stretto rispetto delle norme sulla concorrenza «alla fine degli anni novanta».

118    Per le stesse ragioni esposte al punto 112 della presente sentenza, tale argomento non può trovare accoglimento, a maggior ragione in considerazione del fatto che è certo che Akcros si è formalmente dissociata dalle intese in questione solo a marzo del 2000.

119    In ottavo luogo, per quanto concerne, specificamente, l’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno, la ricorrente contesta l’esistenza di una riunione AC‑Treuhand nel 1999.

120    Tuttavia, la ricorrente ammette esplicitamente l’esistenza delle altre riunioni AC‑Treuhand, in particolare di una tenutasi a luglio del 1999 e di altre che si sono svolte il 29 e il 30 novembre 1999, sicché tale argomento deve essere respinto in quanto inconferente.

121    In nono luogo, riguardo alle relazioni mensili di Chemtura richiamate ai punti 78 e 79 della presente sentenza, nonché all’e-mail di Chemtura del 23 novembre 1999 e alla sua relazione mensile del 17 dicembre 1999, richiamata ai punti 80 e 81 della presente sentenza, da un lato, la ricorrente rileva che dette relazioni non la menzionano, di modo che non provano che eventuali accordi sui prezzi siano stati conclusi con il suo sostegno o anche nel corso di una riunione AC‑Treuhand.

122    Dall’altro lato, tali elementi non permetterebbero di dimostrare l’esistenza di accordi sui prezzi, ma si limiterebbero a evocare un aumento dei prezzi, sicché detti elementi non provano che dopo la metà dell’anno 1999 abbiano avuto luogo delle attività anticoncorrenziali connesse alle riunioni AC‑Treuhand.

123    Tale argomentazione non può trovare accoglimento.

124    Infatti, come ricordato al punto 62 della presente sentenza, dalla giurisprudenza emerge che, in assenza di elementi di prova che possono dimostrare direttamente l’intera durata di un’infrazione, la Commissione deve basarsi, almeno, su elementi di prova riferentisi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che tale infrazione si è protratta ininterrottamente entro due date precise.

125    Orbene, da un lato, la ricorrente ammette l’oggetto anticoncorrenziale delle riunioni AC‑Treuhand di febbraio, di aprile e, perlomeno, di una riunione nel luglio del 1999.

126    Dall’altro lato, da tali elementi emerge un allineamento dei prezzi al rialzo, perlomeno sul mercato degli stabilizzanti a base di stagno, da parte di imprese operanti su tale mercato e partecipanti a riunioni AC‑Treuhand, durante la seconda parte dell’anno 1999, vale a dire durante un periodo contemporaneo a riunioni AC‑Treuhand la cui esistenza non è contestata dalla ricorrente.

127    In decimo luogo, riguardo all’anno 2000, per quanto concerne sia l’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno che quella relativa al settore ESBO/esteri, la ricorrente contesta l’interpretazione del memorandum Akcros fornita dalla Commissione.

128    Secondo la ricorrente, il memorandum Akcros, il cui testo è stato riprodotto al punto 83 della presente sentenza, sarebbe «essenzialmente a discarico». Detto memorandum non proverebbe che l’intesa si è protratta fino al 2000, ma, al contrario, svelerebbe il fatto che l’intensità dell’intesa è fortemente diminuita nel periodo 1996/1997 e che nel periodo 1999/2000 non si è più svolta alcuna attività anticoncorrenziale.

129    Ciò emergerebbe da taluni passaggi del memorandum Akcros che fanno riferimento: a una «situazione completamente differente» «due anni fa»; al fatto che, nel «1996 o nel 1997, non a[vevano] più avuto luogo riunioni di questo genere»; al fatto che l’invio di informazioni non concorrenziali a AC‑Treuhand gli «sembra[va] quanto mai legittimo e utile»; al fatto che «la riunione presieduta da AC‑Treuhand, di per sé, non sembra[va] abusiva»; al fatto che erano state esercitate «pressioni sul [suo] rappresentante perché si tornasse alla situazione in cui la fissazione dei prezzi e la ripartizione del mercato erano regolarmente pattuite in occasione di tali riunioni AC‑Treuhand».

130    Tale asserzione non può trovare accoglimento.

131    Infatti, si deve necessariamente constatare che, nei suoi scritti, la ricorrente riproduce soltanto dei passaggi manifestamente troncati del memorandum Akcros, come risulta dal punto 83 della presente sentenza.

132    Così, emerge chiaramente da taluni passaggi del memorandum Akcros, datato 16 febbraio 2000, che il suo autore ha raccomandato di non partecipare più a tali riunioni – e ciò a due riprese in tale documento – e di limitarsi a inviare le «informazioni su[lle] vendite». Sono altresì menzionate – utilizzando il presente, occorre evidenziarlo – pressioni al fine di «congelare le quote di mercato» e «discussioni occasionali che potrebbero essere ritenute inadeguate», le quali «[erano] chiaramente inappropriate».

133    In ogni caso, una lettura complessiva del memorandum Akcros consente di dimostrare adeguatamente la sussistenza dei comportamenti illeciti contestati alla ricorrente nella decisione impugnata, in quanto da esso risulta la prova – per quanto concerne, in definitiva, sia il mercato degli stabilizzanti a base di stagno che il mercato ESBO/esteri – che un’impresa partecipante alle riunioni AC‑Treuhand ha constatato l’oggetto anticoncorrenziale di quest’ultime e che la stessa impresa ha ritenuto opportuno non partecipare più a dette riunioni nel marzo del 2000 e dissociarsi apertamente, e a due riprese, dal loro oggetto, tutto ciò nel corso del primo trimestre dell’anno 2000, vale a dire durante un periodo contemporaneo a riunioni AC‑Treuhand la cui esistenza non è contestata dalla ricorrente.

134    Non può ritenersi che siffatto comportamento da parte di Akcros, adottato durante il primo semestre dell’anno 2000, concernesse delle riunioni anticoncorrenziali risalenti a tre, o addirittura quattro, anni prima.

135    Alla luce del complesso delle precedenti considerazioni, occorre statuire che la Commissione ha adeguatamente dimostrato la prosecuzione dell’infrazione relativa agli stabilizzanti a base di stagno oltre l’11 novembre 1999.

–       Sulla prosecuzione dell’infrazione relativa al settore ESBO/esteri oltre l’11 novembre 1999

136    Per quanto attiene al settore ESBO/esteri, nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che i comportamenti illeciti fossero perdurati nel 1999 e fino al 26 settembre 2000, vale a dire oltre l’11 novembre 1999, sulla base di vari elementi di prova indicati ai punti da 305 a 315, per l’anno 1999, e da 316 a 323, per l’anno 2000.

137    In primo luogo, per quanto concerne l’anno 1999, si sono svolte otto riunioni AC‑Treuhand, ossia due in gennaio, due in maggio e due in settembre nonché una il 14 e un’altra il 15 dicembre; a dette riunioni hanno partecipato Akcros, CECA, Chemson, Faci e Chemtura (punto 305 della decisione impugnata), il che non è contestato dalla ricorrente.

138    In secondo luogo, la Commissione ha evidenziato che la relazione mensile di Chemtura concernente il mese di agosto, datata 16 settembre 1999, affermava che delle imprese erano pervenute «a un aumento del prezzo di circa il 10% per [il settore ESBO/esteri] effettivo in ottobre» (punto 308 della decisione impugnata).

139    In terzo luogo, al punto 315 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto riferimento al verbale di una riunione del 15 dicembre 1999 redatto dalla ricorrente, il quale menzionava l’impossibilità di una «più stretta cooperazione (...) nell’immediato» con un’impresa che non partecipava ancora alle riunioni AC‑Treuhand.

140    In quarto luogo, per quanto attiene all’anno 2000, si sono svolte cinque riunioni AC‑Treuhand, vale a dire due in marzo, una in giugno e due in settembre; a dette riunioni hanno partecipato Akcros, CECA, Chemson, Faci e Chemtura (punto 316 della decisione impugnata), il che non è contestato dalla ricorrente.

141    In quinto luogo, la Commissione ha fatto riferimento al memorandum Akcros, il cui contenuto è stato riprodotto al punto 83 della presente sentenza.

142    In sesto luogo, la Commissione ha fatto altresì riferimento alle annotazioni manoscritte Akcros, menzionate al punto 84 della presente sentenza.

143    In settimo luogo, la Commissione ha rilevato che, sulla scia del memorandum Akcros, nel contesto di una riunione AC‑Treuhand del 22 marzo 2000 a Zurigo, il rappresentante di tale società aveva fatto sapere che essa non avrebbe più partecipato alle riunioni AC‑Treuhand (punto 319 della decisione impugnata).

144    In ottavo luogo, la Commissione ha precisato altresì che, con lettera del 5 giugno 2000, Akcros aveva confermato la sua intenzione di non partecipare più alle riunioni AC‑Treuhand (punto 320 della decisione impugnata), il che non è contestato dalla ricorrente.

145    In nono luogo, la Commissione ha menzionato il verbale di una riunione del 26 settembre 2000 organizzata dalla ricorrente in Italia, che essa ha ottenuto da Chemson durante il procedimento amministrativo e che fa riferimento alla possibilità che la «cooperazione» non prosegua «come in passato» (punto 323 della decisione impugnata), il che è contestato dalla ricorrente solo in relazione alle dichiarazioni di M.S.

146    In decimo luogo, la Commissione ha riportato altresì delle dichiarazioni rese da Chemtura nel contesto della sua cooperazione con la Commissione durante il procedimento amministrativo, le quali menzionano la prosecuzione dell’intesa relativa al settore ESBO/esteri «fino al 2001» [punto 420, lettera b), della decisione impugnata].

147    Alla luce del complesso di tali elementi, considerati unitariamente, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia fornito la prova dell’infrazione relativa al settore ESBO/esteri che essa aveva constatato nella decisione impugnata, producendo elementi di prova atti a dimostrare adeguatamente l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione in questione nel presente caso, nel senso che, nella decisione impugnata, la Commissione ha indicato prove sufficienti per fondare il fermo convincimento che l’infrazione relativa al settore ESBO/esteri è stata commessa.

148    Infatti, se considerati unitariamente, i vari elementi indicati ai punti da 137 a 146 della presente sentenza, per quanto concerne il settore ESBO/esteri, portano ad escludere che perlomeno le riunioni AC‑Treuhand tenutesi a dicembre del 1999, per tale settore, non abbiano avuto un oggetto anticoncorrenziale.

149    Detti elementi dimostrano chiaramente l’oggetto anticoncorrenziale di tali riunioni AC‑Treuhand, in particolare per quanto riguarda il verbale di AC‑Treuhand datato 15 dicembre 1999 e contemplato al punto 139 della presente sentenza, il memorandum Akcros, che critica la natura anticoncorrenziale delle riunioni AC‑Treuhand, la decisione di tale impresa di non parteciparvi più, il fatto che essa se ne sia pubblicamente dissociata in due occasioni nel corso dell’anno 2000, nonché il fatto che essa abbia progettato una formazione di sensibilizzazione dei suoi quadri alle norme sulla concorrenza, le dichiarazioni di Chemtura attestanti la prosecuzione dell’intesa «fino al 2001», così come il fatto che la ricorrente non abbia prodotto alcuna prova relativa al mutamento della natura delle riunioni AC‑Treuhand.

150    Ne consegue che le riunioni AC‑Treuhand di dicembre del 1999 e di marzo del 2000 non hanno potuto avere un oggetto differente da quello delle precedenti riunioni, allorché le stesse imprese e le stesse persone si incontravano nello stesso contesto intorno a M.S.

151    Di conseguenza, si deve dichiarare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha indicato un complesso di indizi i quali, valutati globalmente, fondano il fermo convincimento che i comportamenti illeciti relativi al settore ESBO/esteri sono stati adottati nel contesto delle riunioni AC‑Treuhand perlomeno oltre l’11 novembre 1999.

152    L’insieme delle precedenti considerazioni non può essere rimesso in discussione dagli argomenti della ricorrente.

153    Infatti, in primo luogo, la ricorrente non può contestare validamente l’efficacia probatoria della relazione mensile di Chemtura, menzionata al punto 138 della presente sentenza, per le ragioni esposte ai punti da 124 a 126 della presente sentenza.

154    In secondo luogo, essa non può sostenere seriamente che il verbale di una riunione AC‑Treuhand del 15 dicembre 1999, richiamato al punto 139 della presente sentenza, il quale menzionava l’impossibilità di una «più stretta cooperazione (...) nell’immediato» con un’impresa che non partecipava ancora alle riunioni AC‑Treuhand, si riferisse alla partecipazione di detta impresa alla presentazione delle statistiche di mercato.

155    Infatti, la ricorrente si limita a reiterare la sua argomentazione in merito all’asserito contenuto delle riunioni AC‑Treuhand, il che non può incidere sull’efficacia probatoria degli elementi considerati dalla Commissione nella decisione impugnata.

156    Oltretutto, il fatto di ipotizzare una cooperazione «più stretta» supponeva l’esistenza di una minima cooperazione allora in atto, la quale non poteva essere altro che la partecipazione di detta impresa alle statistiche di mercato, di modo che una cooperazione «più stretta» escludeva la mera partecipazione alle statistiche di mercato.

157    In terzo luogo, per le ragioni enunciate al punto 104 della presente sentenza, la ricorrente non può far valere utilmente la dichiarazione di M.S.

158    In quarto luogo, neppure la sua contestazione dell’efficacia probatoria del memorandum Akcros appare convincente, per le ragioni esposte ai punti da 131 a 133 della presente sentenza.

159    Alla luce del complesso delle precedenti considerazioni, occorre statuire che la Commissione ha adegutamente dimostrato la prosecuzione dell’infrazione relativa al settore ESBO/esteri oltre l’11 novembre 1999.

160    Pertanto, non occorre esaminare gli argomenti che la ricorrente propone riguardo agli altri elementi di prova presi in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata per dimostrare la sussistenza dell’infrazione relativa al settore ESBO/esteri fino a settembre del 2000.

161    Infatti, tali argomenti, quand’anche fossero fondati, non potrebbero supportare il secondo motivo di annullamento della ricorrente.

162    Alla luce del complesso di tali considerazioni, occorre statuire che, nella decisione impugnata, la Commissione ha adeguatamente dimostrato che i comportamenti illeciti si erano protratti oltre l’11 novembre 1999, sicché l’11 novembre 2009 i suoi poteri di irrogare sanzioni non erano prescritti.

163    Infine, si deve ritenere che l’argomentazione della ricorrente relativa alla mancanza di un interesse legittimo all’accertamento di un’infrazione sia così privata della sua premessa e che, di conseguenza, debba essere respinta.

164    Pertanto, il secondo motivo, dedotto dalla ricorrente ai fini dell’annullamento della decisione impugnata, deve essere respinto.

 Sull’ottavo motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa a causa della tardiva informazione sul procedimento istruttorio

165    Con il suo ottavo motivo, dedotto ai fini dell’annullamento della decisione impugnata, la ricorrente sostiene che l’esercizio dei suoi diritti della difesa è stato ostacolato per via del fatto che la Commissione l’ha informata tardivamente di un procedimento istruttorio avviato nei suoi confronti.

166    Secondo la ricorrente, in forza di un obbligo generale gravante sulla Commissione, quest’ultima era tenuta a informarla, esplicitamente, di un procedimento istruttorio avviato nei suoi confronti poco dopo l’inizio delle indagini e, al più tardi, in occasione della richiesta dell’8 ottobre 2007.

167    Orbene, la ricorrente ne sarebbe stata informata solo con una lettera della Commissione del 9 febbraio 2009, ossia un anno e mezzo più tardi, alcune settimane prima della notifica della comunicazione degli addebiti, il 18 marzo 2009.

168    Tale informazione tardiva sul procedimento istruttorio avviato nei suoi confronti avrebbe ostacolato l’esercizio, da parte della ricorrente, dei suoi diritti di difesa.

169    La ricorrente rileva, in tal senso che, tra il 2007 e il 2009, la memoria di M.S. sarebbe divenuta meno precisa, di modo che la dichiarazione di quest’ultimo, del 20 maggio 2009, sarebbe stata poco dettagliata e avrebbe perso ulteriormente credibilità agli occhi della Commissione.

170    A tal proposito, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata e come confermato all’articolo 6, paragrafo 3, TUE, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto il cui rispetto è garantito dalla Corte. La Corte ha così ripetutamente dichiarato che il rispetto dei diritti della difesa nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale del diritto dell’Unione (v. sentenza della Corte del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, Racc. pag. I‑7415, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata).

171    Nel caso di un procedimento ai sensi dell’articolo 81 CE, dalla giurisprudenza emerge che il procedimento amministrativo che si svolge dinanzi alla Commissione si suddivide in due fasi distinte e successive, ciascuna delle quali risponde a una propria logica interna, ossia una fase di indagine preliminare, da un lato, e una fase contraddittoria, dall’altro. La fase di indagine preliminare, che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, è destinata a consentire alla Commissione di raccogliere tutti gli elementi pertinenti che confermino o meno l’esistenza di una violazione delle norme sulla concorrenza e di adottare una prima posizione sull’orientamento nonché sull’ulteriore seguito da dare al procedimento. Dal canto suo, la fase contraddittoria, che si estende dalla comunicazione degli addebiti all’adozione della decisione finale, deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sull’infrazione contestata (v. sentenza della Corte del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, Racc. pag. I‑8947, punto 113, e la giurisprudenza ivi citata).

172    Per quanto concerne la fase dell’indagine preliminare, la Corte ha precisato che essa ha come dies a quo la data in cui la Commissione, nell’esercizio dei poteri conferitile dal legislatore dell’Unione, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione e che determinano importanti ripercussioni sulla situazione delle imprese sospettate (v. sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit., punto 114 e la giurisprudenza ivi citata).

173    È soltanto all’inizio della fase contraddittoria amministrativa che il soggetto interessato viene informato, mediante la comunicazione degli addebiti, di tutti gli elementi essenziali sui quali la Commissione si basa in questa fase del procedimento. Di conseguenza, è soltanto dopo l’invio della comunicazione degli addebiti che l’impresa interessata può avvalersi pienamente dei suoi diritti della difesa (v. sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit., punto 115 e la giurisprudenza ivi citata).

174    Ciò premesso, la Corte ha ritenuto altresì che le misure istruttorie adottate dalla Commissione nel corso della fase dell’indagine preliminare, specialmente le misure di accertamento e le richieste di informazioni, in talune situazioni possano implicare di per sé la contestazione di un’infrazione alle norme dell’Unione in materia di concorrenza e siano atte a determinare conseguenze importanti sulla situazione delle imprese sospettate (sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit., punto 116).

175    È dunque importante evitare che i diritti della difesa possano essere irrimediabilmente compromessi nel corso di questa fase del procedimento amministrativo, posto che le misure istruttorie adottate possono avere un carattere determinante per la costituzione di prove attestanti l’illegittimità di comportamenti delle imprese atti a coinvolgerne la responsabilità (v. sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit., punto 117).

176    Pertanto, riguardo all’osservanza di un termine ragionevole, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che la valutazione sulla fonte di eventuali ostacoli all’esercizio efficace dei diritti della difesa non deve essere limitata alla fase contraddittoria del procedimento amministrativo, ma deve estendersi all’insieme di detto procedimento, avendo riguardo alla sua durata complessiva (sentenze della Corte del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, Racc. pag. I‑8725, punti 49 e 50, e Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, Racc. pag. I‑8831, punti 54 e 55).

177    Orbene, secondo la Corte, considerazioni analoghe si applicano alla questione se, e in che misura, la Commissione sia tenuta a fornire all’impresa interessata, fin dallo stadio della fase dell’indagine preliminare, taluni elementi d’informazione sull’oggetto e sullo scopo dell’indagine, che le consentano di preservare l’efficacia della sua difesa nell’ambito della fase contraddittoria (sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit., punto 119).

178    Ciò non significa tuttavia che la Commissione, già anteriormente alla prima misura adottata nei confronti di un dato soggetto, sia tenuta, in ogni caso, ad avvertire detto soggetto della possibilità stessa di misure istruttorie o di azioni fondate sul diritto della concorrenza dell’Unione, soprattutto nel caso in cui, a causa di siffatto avvertimento, rischi di essere indebitamente pregiudicata l’efficacia dell’indagine della Commissione (v. sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit., punto 120 e la giurisprudenza ivi citata).

179    Alla luce di tali considerazioni, occorre valutare la fondatezza dell’ottavo motivo, dedotto ai fini dell’annullamento della decisione impugnata e basato dalla ricorrente su un’asserita informazione tardiva riguardo a un procedimento istruttorio avviato nei suoi confronti.

180    A tal proposito, si deve subito rilevare che, nell’ambito del suo ottavo motivo, la ricorrente non sostiene che l’esercizio dei suoi diritti della difesa sia stato ostacolato a causa della durata complessiva del procedimento amministrativo, in quanto tale argomentazione è oggetto del suo settimo motivo e, in ogni caso, viene esaminata a tale titolo, ai punti da 198 a 221 della presente sentenza.

181    Nell’ambito del suo ottavo motivo, la ricorrente afferma che l’esercizio dei suoi diritti della difesa è stato ostacolato a causa del tempo trascorso tra la richiesta dell’8 ottobre 2007 e la data in cui essa riconosce di essere stata informata, mediante una lettera della Commissione, di un procedimento istruttorio avviato nei suoi confronti, vale a dire il 9 febbraio 2009, ossia un anno e mezzo più tardi e alcune settimane prima della notifica della comunicazione degli addebiti, il 18 marzo 2009.

182    Nella sua argomentazione a sostegno del suo ottavo motivo, la ricorrente ritiene che la Commissione dovesse informarla dell’esistenza di un procedimento istruttorio avviato nei suoi confronti fin dall’inizio dell’indagine o, «al più tardi», secondo le sue parole, alla data della richiesta dell’8 ottobre 2007.

183    Pertanto, per valutare la fondatezza dell’ottavo motivo della ricorrente, non occorre verificare se la Commissione fosse tenuta a informarne la ricorrente a uno stadio del procedimento amministrativo antecedente all’8 ottobre 2007.

184    Alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 169 a 177 della presente sentenza, è sufficiente verificare se la Commissione, nella richiesta dell’8 ottobre 2007, abbia fornito alla ricorrente sufficienti elementi informativi sull’oggetto e sullo scopo dell’indagine che potevano consentirle di preservare l’efficacia della sua difesa nell’ambito della fase contraddittoria.

185    Orbene, nella richiesta dell’8 ottobre 2007, la Commissione ha menzionato «allegazioni di comportamenti anticoncorrenziali nel settore degli stabilizzanti termici» concernenti un certo «numero di parti coinvolte nel mercato degli stabilizzanti termici».

186    Riguardo al contenuto delle informazioni richieste, la Commissione ha chiesto i dati di una persona di riferimento o di un «giurista [lawyer] debitamente incaricato di rispondere» alla richiesta in questione.

187    Dai punti 4 e 5 della richiesta dell’8 ottobre 2007 emerge altresì che la Commissione desiderava ricevere indicazioni sui periodi di coinvolgimento delle parti nel mercato degli stabilizzanti termici e sulla questione se la ricorrente organizzasse delle riunioni per l’industria degli stabilizzanti termici.

188    Pertanto, si può ragionevolmente ritenere che, mediante il contenuto della richiesta dell’8 ottobre 2007, la Commissione abbia fornito alla ricorrente elementi informativi, sull’oggetto e sullo scopo dell’indagine in questione, che potevano consentirle di preservare l’efficacia della sua difesa nell’ambito della fase contraddittoria.

189    Certo, nella richiesta dell’8 ottobre 2007, la Commissione non ha fatto esplicitamente riferimento a elementi in particolare a carico della ricorrente.

190    Tuttavia, la Commissione non era tenuta a muovere esplicitamente delle accuse nei confronti della ricorrente nella richiesta dell’8 ottobre 2007 e, pertanto, in tale fase essa non era tenuta a informarla della sua chiamata in causa. Dunque, la circostanza che la Commissione indicasse chiaramente le basi giuridiche e lo scopo della sua richiesta bastava per ritenere che i diritti della difesa della ricorrente fossero stati garantiti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 28 aprile 2010, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, T‑446/05, Racc. pag. II‑1255, punto 334).

191    Inoltre, anche qualora si ritenga che la Commissione fosse tenuta, perlomeno, a informare la ricorrente di ipotesi di infrazioni e del fatto che poteva esporsi a censure connesse a tali eventuali infrazioni, si deve riconoscere che la Commissione ha rispettato siffatto obbligo, considerato il contenuto della sua richiesta dell’8 ottobre 2007, riportato ai punti da 185 a 187 della presente sentenza.

192    Di conseguenza, l’ottavo motivo della ricorrente non è fondato.

193    In ogni caso, anche supponendo che la ricorrente sia stata informata tardivamente – vale a dire soltanto il 9 febbraio 2009 – del procedimento istruttorio avviato nei suoi confronti, la ricorrente non ha dimostrato che tale ritardo abbia inciso sull’esercizio dei suoi diritti di difesa.

194    Si deve, infatti, constatare che la ricorrente si limita a menzionare a tal fine il deterioramento dei ricordi di M.S. tra il 2007 e il 2009.

195    Orbene, un simile argomento non può essere utilmente invocato dalla ricorrente.

196    Infatti, a prescindere dall’affidabilità delle dichiarazioni di M.S. sul piano fisiologico e dal ruolo centrale che egli ha rivestito nelle intese – circostanza che non è contestata dalla ricorrente e che rende assai sospetta la veridicità delle sue affermazioni, indipendentemente dal loro tenore – la ricorrente non ha dimostrato in alcun modo come un’informazione sul procedimento istruttorio avviato nei suoi confronti anticipata di un anno e mezzo soltanto – e ciò una decina di anni dopo la fine dei fatti controversi – le avrebbe consentito di preservare l’efficacia della sua difesa nell’ambito della fase contraddittoria.

197    Pertanto, si deve respingere l’ottavo motivo, dedotto dalla ricorrente ai fini dell’annullamento della decisione impugnata.

 Sul settimo motivo, relativo alla violazione del principio del termine ragionevole a causa della durata del procedimento amministrativo

198    Nell’ambito del suo settimo motivo, dedotto ai fini dell’annullamento della decisione impugnata, la ricorrente invoca una violazione del principio del termine ragionevole a causa della durata del procedimento amministrativo. Tra l’avvio delle indagini, il 12 febbraio 2003, e la comunicazione degli addebiti, il 18 marzo 2009, sarebbe trascorso un periodo di tempo eccessivamente lungo, vale a dire oltre sei anni.

199    Orbene, una simile durata non può essere giustificata dal livello di complessità del caso. Inoltre, secondo la ricorrente, la Commissione non doveva sospendere il procedimento amministrativo nei suoi confronti in attesa dell’esito del procedimento giudiziario Akzo.

200    L’esercizio dei diritti della difesa della ricorrente sarebbe stato ostacolato, posto che, da un lato, nel 2009 i ricordi di M.S., che aveva «condotto» le riunioni AC‑Treuhand, erano già notevolmente offuscati e, dall’altro, essa non disponeva più di taluni documenti concernenti il periodo di infrazione, poiché, secondo la ricorrente, il termine legale relativo all’obbligo di conservazione dei documenti – vale a dire dieci anni nel diritto svizzero – era scaduto, di modo che difficilmente essa avrebbe potuto difendersi dagli addebiti della Commissione.

201    La Commissione, pur ricordando di aver ammesso, al punto 771 della decisione impugnata, che la fase di indagine era durata più a lungo del solito a causa di circostanze particolari – il che ha giustificato un’eccezionale riduzione dell’1% dell’importo delle ammende irrogate, in particolare per la ricorrente – afferma che doveva attendere l’esito del procedimento giudiziario Akzo, cosicché non si potrebbe addebitarle la durata del procedimento.

202    La Commissione sostiene altresì che, quand’anche si ammetta che si possa addebitarle tale durata, ciò non può comportare l’annullamento della decisione, dal momento che non sono stati lesi i diritti della difesa della ricorrente.

203    A tal proposito, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale del diritto, del quale il giudice dell’Unione assicura il rispetto (v. sentenza Technische Unie/Commissione, cit., punto 40 e la giurisprudenza ivi citata), posto che tale principio è ispirato all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ed è stato sancito all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali.

204    Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge altresì che non vi è la necessità giuridica di annullare una decisione della Commissione, anche in presenza di un’eccessiva durata del procedimento, quando non è dimostrato in modo circostanziato che sono stati lesi i diritti della difesa delle imprese interessate e, dunque, non vi è alcun motivo di ritenere che l’eccessiva durata del procedimento abbia inciso sul contenuto della decisione della Commissione (v., in tal senso, sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 49, e sentenza del Tribunale del 1° luglio 2008, Compagnie maritime belge/Commissione, T‑276/04, Racc. pag. II‑1277, punto 45).

205    Al di fuori di tale ipotesi, il mancato rispetto del principio del termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo e non può inficiare la decisione impugnata per illegittimità.

206    Si deve inoltre ricordare che la valutazione sulla fonte di eventuali ostacoli all’esercizio efficace dei diritti della difesa non deve essere limitata alla fase contraddittoria del procedimento amministrativo, ma deve estendersi all’insieme di detto procedimento, avendo riguardo alla sua durata complessiva (sentenze Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit., punti 49 e 50, e Technische Unie/Commissione, cit., punti 54 e 55).

207    Alla luce di tali considerazioni si deve esaminare il settimo motivo della ricorrente, che essa fonda sulla violazione del principio del termine ragionevole e deduce ai fini dell’annullamento della decisione impugnata.

208    Nel caso di specie, come ricordato ai punti da 11 a 19 della presente sentenza, è certo che: la Commissione ha dato inizio alla sua indagine nell’ambito di questo caso con misure di ispezione, il 12 e il 13 febbraio 2003; l’ha ripresa l’8 ottobre 2007, con richieste di informazioni inviate alle imprese coinvolte, tra cui la ricorrente; ha inviato a quest’ultime una comunicazione degli addebiti il 18 marzo 2009, prima di adottare la decisione impugnata l’11 novembre 2009.

209    È parimenti assodato che la ricorrente sia stata formalmente coinvolta nel procedimento amministrativo di cui al presente caso solo a partire dalla richiesta della Commissione dell’8 ottobre 2007.

210    Di conseguenza, per quanto concerne la ricorrente, il procedimento amministrativo si è protratto dall’8 ottobre 2007 all’11 novembre 2009, ossia poco più di due anni.

211    Orbene, nelle circostanze di cui alla presente causa, secondo il Tribunale, siffatta durata non può rappresentare una durata eccessiva, ai sensi del principio del termine ragionevole, cosicché tale valutazione potrebbe essere di per sé sufficiente per respingere il settimo motivo della ricorrente, che essa basa sulla violazione del principio del termine ragionevole e che deduce ai fini dell’annullamento della decisione impugnata.

212    La ricorrente, tuttavia, deduce una violazione del principio del termine ragionevole, conteggiando detto termine non già dalla richiesta dell’8 ottobre 2007, che la riguardava direttamente, bensì dall’avvio dell’indagine concernente, in generale, le intese in questione, vale a dire dal 12 e 13 febbraio 2003, in assenza di un suo coinvolgimento all’inizio dell’indagine.

213    A prescindere dalle questioni se il periodo di tempo intercorso tra l’avvio dell’indagine concernente, in generale, le intese in questione e il coinvolgimento della ricorrente nel procedimento integri una violazione del principio del termine ragionevole e se simile violazione possa essere addebitata alla Commissione, il settimo motivo della ricorrente, che essa basa sulla violazione del principio del termine ragionevole e che deduce ai fini dell’annullamento della decisione impugnata, non può essere accolto.

214    Infatti, come ricordato al punto 206 della presente sentenza, ai fini della verifica del rispetto del principio del termine ragionevole, la Corte ha esteso il periodo pertinente facendolo decorrere dalla fase preliminare dell’indagine della Commissione.

215    Anche ammettendo – come sostenuto dalla ricorrente, non contraddetta al riguardo dalla Commissione – che il rispetto del principio del termine ragionevole debba essere verificato non già dalla comunicazione degli addebiti, né dalla prima misura di indagine coinvolgente la ricorrente, bensì dall’avvio dell’indagine concernente, in generale, i comportamenti illeciti in questione, la ricorrente sarebbe nondimeno tenuta, ai fini dell’annullamento della decisione impugnata, a dimostrare che l’esercizio dei suoi diritti della difesa è stato leso a causa della durata del procedimento amministrativo e che ne è derivata una modifica del contenuto della decisione impugnata.

216    Orbene, si deve rilevare che la ricorrente non fa valere alcun elemento probatorio in tal senso.

217    Infatti, la ricorrente non ha dimostrato in nessun modo che, se la Commissione l’avesse coinvolta prima nell’indagine, M.S. sarebbe stato incline a fornire una dichiarazione di tutt’altro tenore, consentendo così alla ricorrente un migliore esercizio dei suoi diritti di difesa, di modo che il contenuto della decisione impugnata sarebbe stato modificato.

218    Inoltre, si deve constatare che la ricorrente non ha fornito alcuna indicazione in merito alla natura o al contenuto dei documenti che avrebbe potuto far valere se li avesse conservati.

219    Infine, la ricorrente non può far valere validamente il termine, di cui al diritto svizzero, relativo all’obbligo di conservazione di documenti gravante, all’occorrenza, sulle imprese, poiché nel presente caso essa poteva benissimo prevedere la necessità di conservare taluni documenti, nella prospettiva di addebiti mossi nei suoi confronti dalla Commissione, dal momento che, nell’ambito del caso Perossidi organici, era stata destinataria di una comunicazione degli addebiti, in data 27 marzo 2003, e di una decisione che accertava un’infrazione ad essa ascrivibile, in data 10 dicembre 2003.

220    In ogni caso, la ricorrente non contesta il carattere anticoncorrenziale delle riunioni AC‑Treuhand condotte da M.S. fino alla «metà dell’anno 1999» e il periodo cruciale per la sua difesa, a tal proposito, è stato la seconda metà di detto anno. Orbene, nel momento in cui essa è stata coinvolta nell’indagine della Commissione, vale a dire l’8 ottobre 2007, così come alla data della comunicazione degli addebiti, vale a dire il 18 marzo 2009, il termine di conservazione dei documenti cui fa riferimento non era ancora scaduto per i documenti relativi alla seconda metà dell’anno 1999. Di conseguenza, anche al momento della comunicazione degli addebiti, essa doveva ancora disporre di tutti i documenti pertinenti e poteva conservarli in vista dell’esercizio dei suoi diritti di difesa. Pertanto, la ricorrente non può sostenere che la durata, asseritamente eccessiva, del procedimento amministrativo ha inciso sull’esercizio dei suoi diritti della difesa a tal proposito.

221    Pertanto, occorre respingere il settimo motivo, dedotto dalla ricorrente ai fini dell’annullamento della decisione impugnata.

 Sulla prima parte del sesto motivo, relativo alla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003

222    Con la prima parte del suo sesto motivo, la ricorrente deduce una violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, in quanto l’importo totale delle due ammende irrogate, vale a dire EUR 348 000 (il doppio di EUR 174 000), sarebbe superiore al 10% del suo fatturato totale realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente l’anno di adozione della decisione impugnata, nella fattispecie EUR 1 763 917 nel 2008.

223    Secondo la ricorrente, sussisterebbe soltanto un’unica infrazione, cosicché le due ammende riguarderebbero la stessa infrazione e la somma delle due ammende non potrebbe essere superiore al 10% del fatturato complessivo.

224    Mentre nella comunicazione degli addebiti la Commissione si sarebbe a lungo riferita a un’unica infrazione, nella decisione impugnata essa concluderebbe nel senso dell’«esistenza di due infrazioni parallele ma simili» (punto 395 della decisione impugnata), senza spiegare tale mutamento di analisi, il che vizierebbe la decisione impugnata per inadempimento dell’obbligo di motivazione.

225    Nel merito, la Commissione non rispetterebbe il criterio del nesso di complementarità tra gli accordi sostituendolo, nella decisione impugnata, al requisito della prova di un’interdipendenza economica delle due intese, mentre l’esistenza di un’unica infrazione complessa presupporrebbe il perseguimento di un comune scopo anticoncorrenziale.

226    Orbene, come risulterebbe dalla stessa decisione impugnata, gli accordi integranti le due presunte infrazioni sarebbero assai strettamente connessi per quanto concerne i prodotti, utilizzati in modo complementare per il PVC e venduti alla stessa categoria di clienti, il contenuto degli accordi, lo scopo perseguito, le persone, il ruolo di M.S., la cronologia e l’estensione geografica.

227    In via subordinata, la ricorrente invoca il principio in dubio pro reo, che si applicherebbe all’interrogativo se essa abbia commesso una o più infrazioni. Nel caso di specie, il dubbio relativo all’esistenza di due infrazioni dovrebbe giovare alla ricorrente.

228    La Commissione, pur ammettendo di aver mutato la propria posizione sull’unicità dei comportamenti illeciti nella decisione impugnata rispetto alla comunicazione degli addebiti, afferma di aver così proceduto a seguito di un nuovo esame che ha tenuto conto del parere in senso contrario di varie parti interessate, tra cui la ricorrente, in particolare nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti.

229    In tale contesto, la Commissione ricorda di aver indicato nella decisione impugnata che, riguardo alle due infrazioni, le riunioni erano separate e la loro durata distinta, i prodotti interessati erano differenti – per proprietà chimiche e fisiche, prezzi, usi, clientele – considerato che talune imprese che hanno partecipato a una sola infrazione erano clienti del mercato interessato dall’altra infrazione.

–       Osservazioni preliminari

230    In via preliminare, occorre ricordare che la qualificazione di talune condotte illecite come integranti un’unica e medesima infrazione o una pluralità di infrazioni distinte non è, in linea di principio, priva di conseguenze sulla sanzione che può essere inflitta, dal momento che la constatazione di una pluralità di infrazioni distinte può comportare l’applicazione di diverse ammende distinte, ciascuna nei limiti stabiliti all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, ossia nel rispetto del massimale del 10% del fatturato realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente l’adozione della decisione (sentenze del Tribunale del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 118; del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, Racc. pag. II‑497, punti 70 e 158, e Amann & Söhne e a./Commissione, cit., punto 94).

231    Pertanto, all’interno di un’unica decisione la Commissione può accertare due infrazioni distinte e irrogare due ammende il cui importo totale sia superiore al massimale del 10% stabilito all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, purché l’importo di ciascuna ammenda non superi detto massimale.

232    Infatti, ai fini dell’applicazione di detto massimale del 10%, non rileva che differenti violazioni delle norme dell’Unione sulla concorrenza siano sanzionate nel corso di un unico procedimento o nel corso di procedimenti distinti, scaglionati nel tempo, poiché il limite massimo del 10% si applica a ciascuna violazione dell’articolo 81 CE (sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, SGL Carbon/Commissione, T−68/04, Racc. pag. II‑2511, punto 132).

233    Nel caso di specie, dunque, per valutare la fondatezza della prima parte del sesto motivo, è sufficiente verificare se la Commissione abbia dimostrato l’esistenza di due distinte infrazioni e non soltanto quella di un’infrazione unica, come sostiene la ricorrente.

–       Sulla duplicità delle infrazioni

234    Dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ha concluso nel senso dell’esistenza, nel caso di specie, di due infrazioni distinte al termine di un insieme di considerazioni, esposte ai punti da 3 a 8, riguardo ai mercati in questione, ai punti da 75 a 77, riguardo ai prodotti interessati, ai punti da 388 a 394, riguardo ai principi applicabili relativamente a tale questione secondo la Commissione, e ai punti da 395 a 404, riguardo alla loro applicazione nel presente caso.

235    Pertanto, occorre subito respingere l’argomento proposto dalla ricorrente – peraltro senza fondarlo in alcun modo, salvo il riferimento alla comunicazione degli addebiti, e senza invocare una lesione dei suoi diritti della difesa a tal proposito – in relazione al difetto di motivazione della decisione impugnata sull’esistenza di due infrazioni distinte.

236    Infatti, dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ha addotto varie ragioni, la principale delle quali è esposta ai punti da 396 a 401, che portano a ritenere che l’infrazione relativa al mercato degli stabilizzanti a base di stagno fosse parallela e simile a quella relativa al mercato ESBO/esteri, ma distinta da quest’ultima, tenuto conto, in sostanza, dell’assenza di un piano complessivo avente l’obiettivo di creare distorsioni della concorrenza, delle diversità dei mercati e dei prodotti in questione nonché della mancanza di interconnessione tra le due intese, in particolare riguardo alla durata delle infrazioni, ai partecipanti e alle date delle varie riunioni collusive.

237    Nel merito, la ricorrente afferma, in sostanza, che le due presunte infrazioni erano strettamente connesse, di modo che derivavano da un piano complessivo, ossia che, in realtà, hanno costituito una sola e unica infrazione.

238    A tal proposito, occorre ricordare, innanzitutto, che la nozione di infrazione unica riguarda la situazione in cui più imprese abbiano preso parte ad un’infrazione costituita da un comportamento continuato avente un unico obiettivo economico volto a falsare la concorrenza, oppure da infrazioni singole collegate l’una all’altra da un’identità di oggetto (stessa finalità dell’insieme degli elementi) e di soggetti (identità delle imprese interessate, consapevoli di partecipare all’oggetto comune) (sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, Racc. pag. II‑1333, punto 257, e Amann & Söhne e Cousin Filtrerie/Commissione, cit., punto 89).

239    Si deve poi rilevare che una violazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o, ancora, da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di detta serie di atti o di detto comportamento continuato potrebbero anche costituire, di per sé stessi e considerati isolatamente, una violazione di tale disposizione. Ove le diverse azioni si iscrivano in un «piano complessivo», a causa del loro identico oggetto, consistente nel falsare il meccanismo della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può ascrivere la responsabilità per tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione complessivamente considerata (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 258).

240    Occorre, infine, precisare che la nozione di obiettivo unico non può essere determinata riferendosi in generale alla distorsione della concorrenza nel mercato interessato dall’infrazione, dal momento che il pregiudizio per la concorrenza costituisce, quale oggetto o effetto, un elemento intrinseco di qualsiasi comportamento rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE. Una siffatta definizione della nozione di obiettivo unico rischierebbe di privare la nozione di infrazione unica e continuata di parte del suo significato, in quanto avrebbe come conseguenza che vari comportamenti, concernenti un settore economico, vietati dall’articolo 81, paragrafo 1, CE, dovrebbero essere sistematicamente qualificati come elementi costitutivi di un’unica infrazione (v. sentenza del Tribunale del 30 novembre 2011, Quinn Barlo e a./Commissione, T‑208/06, Racc. pag. II‑7953, punto 149 e la giurisprudenza ivi citata).

241    Pertanto, ai fini della qualificazione di comportamenti diversi come un’infrazione unica e continuata, occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarità, nel senso che ciascuno di essi è destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza, e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione del complesso degli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori nell’ambito di un piano complessivo diretto ad ottenere un unico obiettivo. A tal proposito, occorre tener conto di tutte le circostanze che possono provare o mettere in dubbio tale nesso, quali il periodo di applicazione, il contenuto (inclusi i metodi utilizzati) e, correlativamente, l’obiettivo dei diversi comportamenti in questione (v. sentenza Amann & Söhne e Cousin Filtrerie/Commissione, cit., punto 92 e la giurisprudenza ivi citata).

242    È quindi per ragioni obiettive che la Commissione può avviare procedimenti distinti, accertare varie infrazioni distinte e irrogare varie ammende distinte (v. sentenza Amann & Söhne e Cousin Filtrerie/Commissione, cit., punto 93 e la giurisprudenza ivi citata).

243    Alla luce di tali considerazioni si deve valutare l’allegazione della ricorrente, la quale contesta la sussistenza di due infrazioni distinte e afferma che sussista un’unica infrazione derivante da un «piano complessivo».

244    A tal proposito, in primo luogo, si deve rilevare che la ricorrente non può invocare validamente il fatto che le due intese si siano iscritte nel contesto di un comportamento continuato avente un unico scopo economico volto a falsare la concorrenza. Infatti, come ricordato al punto 240 della presente sentenza, la nozione di obiettivo unico non può essere determinata riferendosi in generale alla distorsione della concorrenza nei mercati interessati dall’infrazione, dal momento che il pregiudizio per la concorrenza costituisce, quale oggetto o effetto, un elemento intrinseco di qualsiasi comportamento rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE. Una siffatta definizione della nozione di obiettivo unico rischierebbe di privare la nozione di infrazione unica e continuata di parte del suo significato, in quanto avrebbe come conseguenza, nel caso di specie, che vari comportamenti, concernenti uno stesso settore economico – ossia, nella fattispecie, quello degli stabilizzanti termici – vietati dall’articolo 81, paragrafo 1, CE, dovrebbero essere sistematicamente qualificati come elementi costitutivi di un’infrazione unica.

245    Inoltre, non è certamente oggetto di contestazioni neppure il fatto che alle riunioni AC‑Treuhand partecipavano rappresentanti delle stesse imprese, indipendentemente dalla circostanza che si trattasse del mercato degli stabilizzanti a base di stagno o del mercato ESBO/esteri. Infatti, talune imprese – ossia le società appartenenti ai gruppi Akzo, Elf Aquitaine, Chemtura e BASF – rappresentate nelle riunioni relative agli stabilizzanti a base di stagno, sono state parimenti rappresentate in quelle relative al settore ESBO/esteri.

246    Nondimeno, per quanto concerne gli autori principali delle infrazioni sanzionate, resta il fatto che tale identità dei soggetti era soltanto parziale. Infatti, si deve rilevare che talune imprese hanno partecipato soltanto a una delle due intese. Così, le imprese MRF Michael Rosenthal e Reagens, nonché quelle appartenenti al gruppo Baerlocher, hanno partecipato solo all’intesa sugli stabilizzanti a base di stagno, mentre le imprese Faci e quelle appartenenti al gruppo GEA hanno partecipato solo all’intesa sul settore ESBO/esteri.

247    Riguardo alle imprese che hanno partecipato al tempo stesso alle riunioni AC‑Treuhand relative agli stabilizzanti a base di stagno e a quelle relative al settore ESBO/esteri, si deve inoltre rilevare che, come risulta dalle tabelle che compaiono nell’allegato I della decisione impugnata, durante periodi concomitanti, talune di queste imprese non erano necessariamente rappresentate dalle stesse persone fisiche, a seconda che si trattasse di un’intesa o dell’altra.

248    Di conseguenza, nonostante una parziale identità delle imprese interessate, è escluso che tutte le imprese in questione e i loro rappresentanti siano stati consapevoli di condividere un obiettivo comune, caratterizzante la sussistenza di un’infrazione unica.

249    In secondo luogo, si deve ricordare che l’esistenza di mercati di prodotti differenti, seppur contigui, rappresenta un criterio pertinente per la determinazione della portata e, pertanto, dell’identità delle violazioni dell’articolo 81 CE (v. sentenza del Tribunale del 19 maggio 2010, Wieland-Werke e a./Commissione, T‑11/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

250    Orbene, nel presente caso, anche se non è contestato che i mercati dei prodotti in parola siano perlomeno contigui, nondimeno i prodotti in questione, vale a dire gli stabilizzanti a base di stagno, l’ESBO e gli esteri, non possono essere considerati come appartenenti al medesimo mercato, al fine di riconoscere la sussistenza di un’infrazione unica.

251    A prescindere dalle loro proprietà chimiche o fisiche e dalle loro applicazioni, innanzitutto risulta che, come rilevato al punto 245 della presente sentenza, soltanto i grandi gruppi europei del settore fornivano allo stesso tempo stabilizzanti a base di stagno, ESBO ed esteri.

252    Dai vari documenti versati agli atti e dalla stessa duplicità delle varie riunioni in parola a seconda dei prodotti in questione emerge, inoltre, che i prezzi praticati – e, nel caso di specie, illecitamente fissati tra concorrenti – variavano sensibilmente in base alla circostanza che si trattasse degli stabilizzanti a base di stagno o del settore ESBO/esteri.

253    Infine, si deve evidenziare il fatto – correttamente dedotto dalla Commissione e non contestato materialmente dalla ricorrente – che talune imprese, come Baerlocher e Reagens, erano contemporaneamente fornitori di stabilizzanti a base di stagno e acquirenti di ESBO e di esteri.

254    Pertanto, la Commissione ha legittimamente considerato che tali mercati di prodotti erano differenti, per giungere ad escludere la sussistenza di un’infrazione unica e concludere nel senso della sussistenza di due infrazioni distinte, una relativa agli stabilizzanti a base di stagno e l’altra al settore ESBO/esteri.

255    In terzo luogo, occorre rilevare che il fatto che le due intese abbiano eventualmente riguardato due differenti mercati di prodotti, non esclude necessariamente che esse si siano inserite in uno stesso piano complessivo, purché si possa verificare l’esistenza, tra loro, di nessi di complementarità, sotto forma di condizionalità o di coordinamento.

256    Orbene, i vari comportamenti in questione non possono essere qualificati come un’infrazione unica, dal momento che non presentano siffatti nessi di complementarità, nel senso che ciascuno di essi non era destinato a far fronte ad una o più conseguenze del normale gioco della concorrenza e non ha contribuito, mediante interazione, alla realizzazione del complesso degli effetti anticoncorrenziali voluti dai suoi autori, nell’ambito di un piano complessivo che perseguiva un unico obiettivo.

257    Innanzitutto, si deve ricordare, come rilevato al punto 253 della presente sentenza, che taluni partecipanti a una delle due intese in questione si rifornivano presso imprese partecipanti all’altra intesa, il che non è contestato dalla ricorrente

258    Orbene, come affermato dalla ricorrente nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, per imprese partecipanti all’intesa sugli stabilizzanti a base di stagno, quali Baerlocher e Reagens, sarebbe stato assurdo partecipare a un’intesa globale che integrava un’infrazione unica, dal momento che nel settore ESBO/esteri esse erano clienti e, di conseguenza, ne subivano gli effetti dannosi, salvo ritenere che dette imprese fossero risparmiate dagli effetti dell’intesa in quest’ultimo settore, circostanza che, tuttavia, non è indicata dalla ricorrente al fine di dimostrare l’esistenza di un piano complessivo e che, in ogni caso, non emerge da nessun documento versato agli atti.

259    Inoltre, si deve rilevare che le due intese non hanno avuto la stessa durata. Infatti, a prescindere dalle date precise in cui sono cessate e dal fatto che è stato possibile ascrivere queste due intese alla ricorrente solo a partire dal 1° dicembre 1993, data in cui è subentrata a Fides, essa non contesta che l’intesa relativa agli stabilizzanti a base di stagno ha avuto inizio a febbraio del 1987, mentre quella relativa al settore ESBO/esteri ha avuto inizio soltanto a settembre del 1991.

260    Ne consegue che i membri delle due intese non potevano aver avuto né un progetto né un obiettivo comune vertente sull’eliminazione coordinata e globale della concorrenza nei due mercati rilevanti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione, T‑43/02, Racc. pag. II‑3435, punto 312).

261    Infine, si deve osservare che non solo quasi nessuna riunione relativa agli stabilizzanti a base di stagno ha avuto luogo nello stesso giorno di una riunione relativa al settore ESBO/esteri, ma soprattutto che tali riunioni, per quanto spesso ravvicinate nel tempo, erano distanziate di vari giorni, addirittura di oltre una settimana, il che risulta dalle tabelle che compaiono nell’allegato I della decisione impugnata ed è ammesso – indirettamente, ma necessariamente – dalla stessa ricorrente, nell’atto introduttivo.

262    Ne consegue, con tutta evidenza, che i membri delle due intese non potevano aver avuto né un progetto né un obiettivo comune vertente sull’eliminazione coordinata e globale della concorrenza nei due mercati in questione.

263    Alla luce di tali elementi, si deve ritenere che la Commissione abbia dimostrato in modo sufficientemente certo la sussistenza di due infrazioni distinte, di modo che si deve respingere l’argomento che la ricorrente basa su di un’incertezza che dovrebbe risolversi a suo vantaggio e, pertanto, si deve ritenere che la Commissione non sia incorsa in alcun errore concludendo, al punto 401 della decisione impugnata, nel senso della sussistenza di una violazione unica e continuata dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE, per gli stabilizzanti a base di stagno, e di una distinta infrazione, unica e continuata, per il settore ESBO/esteri.

264    Da ultimo, si deve osservare che il complesso delle precedenti considerazioni non può essere rimesso in discussione dagli altri argomenti della ricorrente.

265    Infatti, in questo contesto non sono pertinenti né l’unicità dell’oggetto dei comportamenti illeciti ascrivibili alla ricorrente, né il fatto che una sola persona, ossia M.S., abbia «condotto» le due intese, né il fatto che essa non abbia operato su nessuno dei due mercati in questione, considerata la specificità del suo ruolo nella commissione delle infrazioni la cui duplicità è stata adeguatamente dimostrata dalla Commissione.

266    Peraltro, una soluzione in senso contrario consentirebbe alle imprese di consulenza, come la ricorrente, di moltiplicare attività collusive aventi lo stesso oggetto, con la stessa persona, in mercati distinti o addirittura in mercati contigui, con il mero rischio di esporsi a un’unica sanzione, il che non sarebbe affatto soddisfacente sotto il profilo dell’effettività delle norme sulla concorrenza e delle esigenze dissuasive.

267    Pertanto, si deve respingere la prima parte del sesto motivo, nonché l’insieme dei motivi dedotti dalla ricorrente ai fini dell’annullamento della decisione impugnata.

 Sulle conclusioni volte alla riforma della decisione impugnata nella parte relativa all’importo delle ammende irrogate

268    A sostegno delle sue conclusioni subordinate volte alla riforma della decisione impugnata nella parte relativa all’importo delle ammende che le sono state irrogate, la ricorrente deduce quattro motivi nonché la seconda parte di un quinto motivo, basati, in primo luogo, su di un errore di valutazione in merito alla durata delle infrazioni (primo motivo); in secondo luogo, sulla durata del procedimento amministrativo (settimo motivo); in terzo luogo, sull’obbligo gravante sulla Commissione di irrogare soltanto un’ammenda simbolica nelle circostanze della presente causa (quarto motivo); in quarto luogo, sulla violazione degli Orientamenti del 2006 in relazione al calcolo dell’importo di base dell’ammenda (quinto motivo) e, in quinto luogo, sulla violazione di detti Orientamenti in relazione al calcolo della sua capacità contributiva (seconda parte del sesto motivo).

 Sul primo motivo, relativo a un errore di valutazione in merito alla durata delle infrazioni

269    Con il suo primo motivo, la ricorrente sostiene che la valutazione della Commissione in merito alla durata delle infrazioni è erronea, in quanto le infrazioni non si sarebbero protratte fino al 21 marzo 2000, per gli stabilizzanti a base di stagno, né fino al 26 settembre 2000, per il settore ESBO/esteri.

270    A tal proposito, si deve ricordare che, ai punti da 48 a 164 della presente sentenza, si è ritenuto che la Commissione abbia adeguatamente dimostrato la sussistenza delle infrazioni perlomeno fino all’11 novembre 1999.

271    Pertanto, quand’anche fosse fondato, il primo motivo potrebbe essere accolto solo in relazione al periodo che va dall’11 novembre 1999 fino al 21 marzo 2000, per gli stabilizzanti a base di stagno, e fino al 26 settembre 2000, per il settore ESBO/esteri.

272    Si deve inoltre ritenere – in particolare in base alla risposta scritta fornita dalla ricorrente, prima dell’udienza, a un quesito posto al riguardo dal Tribunale e alla luce del fatto che la ricorrente non ha espresso alcuna obiezione rispetto alla relazione d’udienza redatta in tal senso – che, con il suo primo motivo, la ricorrente persegue non tanto l’annullamento della decisione impugnata, ma piuttosto una riduzione dell’importo delle ammende che le sono state irrogate in detta decisione, nell’ambito dell’esercizio, da parte del Tribunale, della sua competenza estesa la merito.

273    Di conseguenza, nel caso di specie, tale motivo non può trovare accoglimento ai fini della riforma della decisione impugnata nella parte relativa all’importo delle ammende irrogate alla ricorrente.

274    Infatti, come emerge dai punti 713 e da 751 a 753 della decisione impugnata, nella fase finale dei conteggi della Commissione, l’importo dell’ammenda – stabilito in via forfettaria in funzione della gravità e della durata delle infrazioni – è stato ridotto in modo sostanziale, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

275    Quindi, un’eventuale riduzione in relazione alla durata per gli ultimi, brevi, periodi in questione non consentirebbe, ai sensi degli Orientamenti del 2006, di ridurre ulteriormente l’importo finale delle ammende irrogate nella decisione impugnata.

276    Pertanto, occorre respingere, in quanto inoperante, il primo motivo, dedotto dalla ricorrente ai fini della riforma della decisione impugnata nella parte relativa all’importo delle ammende che le sono state irrogate.

 Sul settimo motivo, relativo alla durata del procedimento amministrativo

277    Nell’ambito del suo settimo motivo, la ricorrente, invocando il principio del termine ragionevole, contesta alla Commissione la durata eccessiva del procedimento amministrativo ai fini, in via principale, dell’annullamento della decisione impugnata e, in via subordinata, della sua riforma nella parte relativa all’importo delle ammende che le sono state irrogate.

278    Dal momento che tale motivo è stato respinto ai fini dell’annullamento della decisione impugnata, un’eventuale violazione del principio del termine ragionevole potrebbe comportare, all’occorrenza, soltanto una modifica dell’importo delle ammende che sono state irrogate alla ricorrente nella decisione impugnata.

279    Orbene, il Tribunale, nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito, ritiene che non si debba concedere una riduzione dell’importo delle ammende che sono state irrogate alla ricorrente nella decisione impugnata, in aggiunta a quella già concessa dalla Commissione, poiché la violazione del principio del termine ragionevole allegata dalla ricorrente non ha avuto alcuna incidenza sull’esercizio dei suoi diritti di difesa.

280    Pertanto, detto motivo non può trovare accoglimento.

281    In ogni caso, affinché tale motivo possa operare a fini di riforma, la ricorrente dovrebbe inoltre dimostrare, a tale scopo, una violazione del principio del termine ragionevole da parte della Commissione.

282    Orbene, nella presente sentenza si è ritenuto che la ricorrente non abbia dimostrato una siffatta violazione nei suoi confronti.

283    Pertanto, occorre respingere il settimo motivo, dedotto dalla ricorrente ai fini della riforma della decisione impugnata nella parte relativa all’importo delle ammende che le sono state irrogate.

 Sul quarto motivo, relativo all’obbligo, gravante sulla Commissione, di irrogare soltanto un’ammenda simbolica nelle circostanze del presente caso

284    Nell’ambito del suo quarto motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto irrogarle soltanto un’ammenda simbolica, dal momento che l’applicazione dell’articolo 81 CE nei suoi confronti non era prevedibile, gli Orientamenti del 2006 le offrivano tale possibilità e nel caso Perossidi organici alla ricorrente era stata irrogata soltanto un’ammenda simbolica.

285    Nel caso di specie, tale motivo non può trovare accoglimento.

286    Infatti, non è possibile contestare alla Commissione la violazione di un presunto obbligo di irrogare soltanto un’ammenda simbolica nel caso di specie.

287    Certamente, ai sensi del punto 36 degli Orientamenti del 2006, «[i]n alcuni casi la Commissione può imporre un’ammenda simbolica, la cui giustificazione dovrebbe figurare nel testo della decisione».

288    Tuttavia, emerge chiaramente dalla stessa lettera di tale disposizione che l’imposizione di un’ammenda simbolica non costituisce, in nessun caso, un obbligo per la Commissione, bensì una mera facoltà che rientra nell’ambito della sua discrezionalità, fatto salvo il sindacato del Tribunale nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito.

289    Il presunto obbligo a carico della Commissione di irrogare un’ammenda simbolica nel caso di specie non può derivare neppure dalla precedente prassi della Commissione, in particolare dall’ammenda irrogata alla ricorrente nel caso Perossidi organici.

290    Infatti, da una giurisprudenza consolidata emerge che il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti indicati nel regolamento n. 1/2003, se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica dell’Unione in materia di concorrenza; al contrario, l’efficace applicazione delle norme dell’Unione sulla concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica (sentenze della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punti 169 e 227, e dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, Racc. pag. I‑1331, punto 90).

291    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomentazione della ricorrente basata sull’asserita imprevedibilità delle ammende irrogate nella decisione impugnata.

292    Infatti, considerato che tale argomentazione risulta avere lo stesso tenore di quella proposta a sostegno del terzo motivo, basato sulla violazione dell’articolo 81 CE nonché del principio di legalità dei reati e delle pene, essa deve essere parimenti respinta, per le ragioni esposte ai punti da 43 a 46 della presente sentenza.

293    Pertanto, occorre respingere il quarto motivo, dedotto dalla ricorrente ai fini della riforma della decisione impugnata nella parte relativa all’importo delle ammende che le sono state irrogate.

 Sul quinto motivo e sulla seconda parte del sesto motivo, relativi alle violazioni degli Orientamenti del 2006

294    Con il quinto motivo e nell’ambito della seconda parte del sesto motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato gli Orientamenti del 2006, in quanto, da un lato, le ammende che le sono state irrogate nella decisione impugnata non avrebbero dovuto essere fissate in via forfettaria, bensì in base agli onorari percepiti per la fornitura dei servizi connessi alle infrazioni, in conformità alla metodologia esposta negli Orientamenti del 2006, e, dall’altro lato, la Commissione avrebbe dovuto tener conto della sua capacità contributiva, ai sensi del punto 35 degli Orientamenti del 2006.

295    Nel caso di specie, il quinto motivo e la seconda parte del sesto motivo non possono trovare accoglimento.

296    Infatti, in primo luogo, si deve ritenere che il quinto motivo della ricorrente si basi su una premessa erronea.

297    Certamente, in applicazione degli Orientamenti del 2006, «[f]atto salvo il punto 37 [di detti Orientamenti], per la fissazione delle ammende da infliggere alle imprese (...) la Commissione utilizzerà la metodologia di seguito descritta, che si compone di due fasi», vale a dire che, in «primo luogo la Commissione determinerà un importo di base per ciascuna impresa» e «potrà in seguito adeguare l’importo di base aumentandolo o riducendolo», con la precisazione, da un lato, che l’importo di base dell’ammenda deve essere «legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione» e, dall’altro, che, «[a]l fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE) (...) [i]n linea di massima (...) nell’ultimo anno intero in cui questa ha partecipato all’infrazione» (punti da 9 a 13 degli Orientamenti del 2006).

298    Orbene, gli Orientamenti del 2006 sono uno strumento volto a precisare, nel rispetto del diritto di rango superiore, i criteri che la Commissione intende applicare nell’esercizio del potere discrezionale nella determinazione delle ammende ad essa conferito dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Gli Orientamenti non costituiscono la base giuridica di una decisione che infligge delle ammende, poiché quest’ultima si fonda sul regolamento n. 1/2003, ma indicano, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è data ai fini della determinazione dell’importo delle ammende inflitte con tale decisione e, di conseguenza, garantiscono la certezza del diritto per le imprese (v. sentenza del Tribunale del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punti 219 e 223 e la giurisprudenza ivi citata).

299    In tal senso, anche se gli Orientamenti non possono essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, essi enunciano, tuttavia, una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un caso specifico, senza fornire giustificazioni (v., in tal senso, sentenza della Corte del 18 maggio 2006, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, C‑397/03 P, Racc. pag. I‑4429, punto 91 e sentenza Romana Tabacchi/Commissione, cit., punto 72).

300    L’autolimitazione del potere discrezionale della Commissione risultante dall’adozione degli Orientamenti non è tuttavia incompatibile con il mantenimento di un margine di discrezionalità sostanziale per la Commissione (sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, T‑44/00, Racc. pag. II‑2223, punti 246, 274 e 275).

301    In tal senso, al punto 37 degli Orientamenti del 2006, la Commissione ha precisato che «[n]onostante [detti] orientamenti espongano la metodologia generale per la fissazione delle ammende, le specificità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo possono giustificare l’allontanamento da tale metodologia».

302    Orbene, si deve constatare che, nel presente caso, la ricorrente non era attiva nei mercati interessati dalle infrazioni, cosicché il valore delle sue vendite di servizi, connesse in via diretta o indiretta all’infrazione, era nullo o non rappresentativo dell’incidenza, sui mercati in questione, della partecipazione della ricorrente alle infrazioni in discorso.

303    Pertanto, la Commissione si trovava nell’impossibilità di prendere in considerazione il valore delle vendite della ricorrente nei mercati in questione e non poteva neppure considerare l’importo degli onorari percepiti dalla ricorrente, dal momento che essi non rappresentavano in nessun modo detto valore.

304    Tali particolari circostanze della presente causa consentivano alla Commissione di – o addirittura l’obbligavano a – scostarsi dalla metodologia esposta negli Orientamenti del 2006 ai sensi del punto 37 di detti Orientamenti (v., in tal senso e analogamente, sentenza della Corte del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, Racc. pag. I‑4405, punto 30).

305    Pertanto, la Commissione si è legittimamente scostata dalla metodologia esposta negli Orientamenti del 2006, determinando l’importo delle ammende in via forfettaria e, in definitiva, entro il limite del massimale previsto all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

306    Certamente, la Commissione può far valere il punto 37 degli Orientamenti solo se, nella decisione in questione, fornisce una sufficiente motivazione in proposito e riporta i criteri utilizzati per la determinazione dell’importo dell’ammenda irrogata.

307    Nella presente causa, tuttavia, non è oggetto di contestazione il fatto che, ai punti da 746 a 751 della decisione impugnata, la Commissione abbia fornito una sufficiente motivazione per giustificare l’importo delle ammende irrogate alla ricorrente.

308    In ogni caso, il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, ritiene che l’importo delle ammende irrogate alla ricorrente per le infrazioni constatate nella decisione impugnata sia adeguato, considerata, in particolare, la gravità di dette infrazioni.

309    In secondo luogo, si deve ritenere che neppure la seconda parte del sesto motivo possa trovare accoglimento.

310    Certamente, ai sensi del punto 35 degli Orientamenti del 2006, «[i]n circostanze eccezionali la Commissione può, a richiesta, tener conto della mancanza di capacità contributiva di un’impresa in un contesto sociale ed economico particolare».

311    Nondimeno, a prescindere dalla reale situazione economica della ricorrente, è certo che quest’ultima non ha investito, in nessun modo, la Commissione di una domanda in tal senso.

312    Orbene, il Tribunale ha già statuito che una riduzione dell’importo dell’ammenda ai sensi del punto 35 degli Orientamenti del 2006 è subordinata a tre condizioni cumulative, ossia: la presentazione di una domanda nel corso del procedimento amministrativo; l’esistenza di un particolare contesto sociale ed economico e la mancanza di capacità contributiva dell’impresa, la quale è tenuta a fornire elementi di prova oggettivi che dimostrino che l’imposizione di un’ammenda pregiudicherebbe irrimediabilmente la sua redditività economica e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore, il che non coincide necessariamente con l’apertura di una procedura di liquidazione in presenza di attivi valorizzabili (sentenze del Tribunale del 16 giugno 2011, Team Relocations e a./Commissione, T‑204/08 e T‑212/08, Racc. pag. II‑3569, punto 171, e Ziegler/Commissione, T‑199/08, Racc. pag. II‑3507, punto 165).

313    Di conseguenza, la ricorrente non può contestare alla Commissione di non averle concesso una riduzione a questo titolo.

314    Pertanto, occorre respingere la seconda parte del sesto motivo nonché l’insieme dei motivi dedotti dalla ricorrente ai fini della riforma della decisione impugnata nella parte relativa all’importo delle ammende che le sono state irrogate.

315    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere integralmente respinto.

 Sulle spese

316    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è risultata soccombente, deve essere condannata a sopportare le proprie spese e quelle della Commissione, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      AC‑Treuhand AG è condannata alle spese.

Czúcz

Labucka

Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 febbraio 2014.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.