Language of document : ECLI:EU:C:2022:568

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

14 luglio 2022 (*)

«Ricorso di annullamento – Diritto istituzionale – Regolamento (UE) 2018/1718 – Fissazione della sede dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ad Amsterdam (Paesi Bassi) – Articolo 263 TFUE – Ricevibilità – Interesse ad agire – Legittimazione ad agire – Incidenza diretta ed individuale – Decisione adottata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri a margine di una riunione del Consiglio al fine di stabilire il luogo di installazione della sede di un’agenzia dell’Unione europea – Assenza di effetti vincolanti nell’ordinamento giuridico dell’Unione – Prerogative del Parlamento europeo»

Nelle cause riunite C‑106/19 e C‑232/19,

aventi ad oggetto due ricorsi di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposti l’11 febbraio 2019 e il 14 marzo 2019,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli, S. Fiorentino e G. Galluzzo, avvocati dello Stato (C‑106/19),

Comune di Milano, rappresentato da J. Alberti, M. Condinanzi, A. Neri e F. Sciaudone, avvocati (C‑232/19),

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bauer, J. Bauerschmidt, F. Florindo Gijón ed E. Rebasti, in qualità di agenti,

Parlamento europeo, rappresentato da I. Anagnostopoulou, A. Tamás e L. Visaggio, in qualità di agenti,

convenuti,

sostenuti da:

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da M.K. Bulterman e da J. Langer, in qualità di agenti,

Commissione europea, rappresentata da K. Herrmann, D. Nardi e P.J.O. Van Nuffel, in qualità di agenti,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, S. Rodin, I. Jarukaitis, N. Jääskinen e J. Passer, presidenti di sezione, J.‑C. Bonichot, M. Safjan, F. Biltgen, P.G. Xuereb, A. Kumin e N. Wahl (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: R. Şereş, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell’udienza dell’8 giugno 2021,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 ottobre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con i loro ricorsi, la Repubblica italiana (C‑106/19) e il Comune di Milano (Italia) (C‑232/19) chiedono l’annullamento del regolamento (UE) 2018/1718 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda l’ubicazione della sede dell’Agenzia europea per i medicinali (GU 2018, L 291, pag. 3; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

 Contesto giuridico

2        Il 12 dicembre 1992, i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno adottato di comune accordo, sulla base dell’articolo 216 del Trattato CEE, dell’articolo 77 del Trattato CECA e dell’articolo 189 del Trattato CEEA, la decisione relativa alla fissazione delle sedi delle istituzioni e di taluni organismi e servizi delle Comunità europee (GU 1992, C 341, pag. 1; in prosieguo: la «decisione di Edimburgo»).

3        L’articolo 1 della decisione di Edimburgo fissava le rispettive sedi del Parlamento europeo, del Consiglio dell’Unione europea, della Commissione europea, della Corte di giustizia dell’Unione europea, del Comitato economico e sociale europeo, della Corte dei conti europea e della Banca europea per gli investimenti.

4        L’articolo 2 di detta decisione è così formulato:

«La sede di altri organismi e servizi istituiti o da istituire sarà decisa di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri in occasione di un prossimo Consiglio europeo, tenendo conto dei vantaggi rappresentati dalle suddette disposizioni per gli Stati membri interessati e accordando priorità se del caso a quegli Stati membri che attualmente non ospitano istituzioni comunitarie».

5        L’articolo 341 TFUE stabilisce che «[l]a sede delle istituzioni dell’Unione è fissata d’intesa comune dai governi degli Stati membri».

6        Ai sensi del Protocollo n. 6 sulle sedi delle istituzioni e di determinati organi, organismi e servizi dell’Unione europea (in prosieguo: il «Protocollo n. 6»), allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA, è previsto quanto segue:

«I rappresentanti dei governi degli Stati membri,

Visto l’articolo 341 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’articolo 189 del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica,

Ricordando e confermando la decisione dell’8 aprile 1965 e fatte salve le decisioni concernenti la sede di future istituzioni, organi, organismi e servizi,

hanno convenuto le disposizioni seguenti (…):

Articolo unico

a)      Il Parlamento europeo ha sede a Strasburgo (…).

b)      Il Consiglio ha sede a Bruxelles. (…)

c)      La Commissione ha sede a Bruxelles. (…).

d)      La Corte di giustizia dell’Unione europea ha sede a Lussemburgo.

e)      La Corte dei conti ha sede a Lussemburgo.

f)      Il Comitato economico e sociale ha sede a Bruxelles.

g)      Il Comitato delle regioni ha sede a Bruxelles.

h)      La Banca europea per gli investimenti ha sede a Lussemburgo.

i)      La Banca centrale europea ha sede a Francoforte.

j)      L’Ufficio europeo di polizia (Europol) ha sede all’Aia».

 Fatti all’origine della controversia

7        L’Agenzia europea di valutazione dei medicinali è stata creata mediante il regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU 1993, L 214, pag. 1). Tale regolamento non conteneva alcuna disposizione relativa alla fissazione della sede di tale agenzia.

8        A norma dell’articolo 1, lettera e), della decisione 93/C 323/01, del 29 ottobre 1993, adottata di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti a livello di capi di Stato o di governo relativa alla fissazione delle sedi di taluni organismi e servizi delle Comunità europee, nonché di Europol (GU 1993, C 323, pag. 1), la sede di detta agenzia è stata fissata a Londra (Regno Unito).

9        Il regolamento n. 2309/93 è stato abrogato e sostituito dal regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1). Mediante tale regolamento, l’Agenzia europea di valutazione dei medicinali è stata rinominata «Agenzia europea per i medicinali». Il suddetto regolamento non conteneva alcuna disposizione relativa alla fissazione della sede di quest’ultima agenzia.

10      Il 29 marzo 2017, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha notificato al Consiglio europeo, a norma dell’articolo 50, paragrafo 2, TUE, la propria intenzione di recedere dall’Unione.

11      Il 22 giugno 2017, a margine di una riunione del Consiglio europeo relativa alla procedura prevista dall’articolo 50 TUE, i capi di Stato o di governo degli altri 27 Stati membri hanno approvato, sulla base di una proposta del presidente del Consiglio europeo e del presidente della Commissione, una procedura in vista di una decisione sul trasferimento dell’EMA e dell’Autorità bancaria europea nel contesto del recesso del Regno Unito dall’Unione (in prosieguo: le «regole di selezione»).

12      Le regole di selezione prevedevano segnatamente che detta decisione fosse adottata sulla base di un processo decisionale equo e trasparente, comprendente l’organizzazione di una gara fondata su criteri obiettivi definiti.

13      In tale contesto, il punto 3 delle regole di selezione enunciava sei criteri, vale a dire: i) la garanzia che l’agenzia potesse essere istituita nella sede proposta e potesse assumere le proprie funzioni alla data del recesso del Regno Unito dall’Unione; ii) l’accessibilità del sito di insediamento proposto; iii) l’esistenza di strutture scolastiche adeguate per i figli dei membri del personale delle agenzie; iv) un accesso adeguato al mercato del lavoro, alla sicurezza sociale e alle cure mediche per figli e coniugi dei membri del personale; v) la continuità dell’attività, e vi) la distribuzione geografica.

14      Secondo le regole di selezione, tali criteri erano stabiliti in analogia a quelli enunciati nell’Orientamento comune allegato alla Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del 19 luglio 2012, sulle agenzie decentrate (in prosieguo: la «dichiarazione congiunta del 2012»), là dove particolare attenzione veniva prestata al fatto che l’EMA e l’Autorità bancaria europea erano già state istituite e che la continuità della loro attività era essenziale.

15      Il punto 2 delle regole di selezione segnalava, inoltre, che la decisione sarebbe stata adottata mediante una procedura di voto, il cui risultato gli Stati membri convenivano preventivamente di rispettare. In particolare era indicato che, in caso di parità dei voti tra le offerte rimanenti alla terza tornata di voto, si sarebbe proceduto ad un sorteggio tra le offerte in situazione di parità.

16      Il 30 settembre 2017, la Commissione ha pubblicato la propria valutazione delle 27 offerte presentate dagli Stati membri.

17      Il 31 ottobre 2017, il Consiglio ha pubblicato una nota destinata a integrare le regole di selezione in merito alle questioni pratiche relative al voto.

18      Il 20 novembre 2017, l’offerta della Repubblica italiana e quella del Regno dei Paesi Bassi hanno ottenuto, ex aequo, il più elevato numero di voti alla terza tornata di votazioni. A seguito del sorteggio organizzato in conformità del punto 2 delle regole di selezione, è stata selezionata l’offerta del Regno dei Paesi Bassi.

19      Di conseguenza, a questa stessa data, i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno designato, a margine di una riunione del Consiglio, la città di Amsterdam come nuova sede dell’EMA (in prosieguo: la «decisione del 20 novembre 2017»). Il processo verbale e il comunicato stampa di tale riunione indicavano quanto segue:

«Ora la Commissione elaborerà proposte legislative che rifletteranno la votazione odierna e saranno adottate mediante procedura legislativa ordinaria con la partecipazione del Parlamento europeo. Il Consiglio e la Commissione si sono impegnati ad assicurare che, data l’urgenza della questione, tali proposte legislative siano trattate il più rapidamente possibile».

20      Il 29 novembre 2017, la Commissione ha adottato la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda l’ubicazione della sede dell’agenzia europea per i medicinali [COM(2017) 735 final]. Nella motivazione di tale proposta si precisava che, «[d]ato che il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato l’intenzione di lasciare l’Unione ai sensi dell’articolo 50 del trattato sull’Unione europea, gli altri 27 Stati membri, riuniti a margine del Consiglio “Affari generali” (articolo 50), [avevano] selezionato Amsterdam (Paesi Bassi) come nuova sede dell’[EMA]». L’articolo 1 di detta proposta prevedeva l’inserimento di un articolo 71 bis nel regolamento n. 726/2004, formulato nei seguenti termini: «L’[EMA] ha sede ad Amsterdam (Paesi Bassi)».

21      Il 14 novembre 2018 è stato adottato il regolamento impugnato, sulla base dell’articolo 114 e dell’articolo 168, paragrafo 4, lettera c), TFUE.

22      I considerando 1, 2 e 3 di detto regolamento enunciano quanto segue:

(1)      Dato che il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato la sua intenzione di recedere dall’Unione ai sensi dell’articolo 50 del trattato sull’Unione europea (TUE), gli altri 27 Stati membri, riuniti il 20 novembre 2017 a margine del Consiglio, hanno selezionato Amsterdam (Paesi Bassi) come nuova sede dell’[EMA].

(2)      Visto l’articolo 50, paragrafo 3, TUE, l’[EMA] dovrebbe insediarsi nella nuova sede a decorrere dal 30 marzo 2019.

(3)      Per garantire il regolare funzionamento dell’[EMA] nella nuova sede, è opportuno che sia concluso un accordo sulla sede tra l’[EMA] e i Paesi Bassi prima che l’[EMA] si insedi nella nuova sede».

23      L’articolo 1 del regolamento impugnato ha inserito nel regolamento n. 726/2004 un articolo 71 bis, redatto nei seguenti termini:

«L’[EMA] ha sede ad Amsterdam (Paesi Bassi).

Le competenti autorità dei Paesi Bassi adottano tutte le misure necessarie per garantire che l’[EMA] possa trasferirsi nella sede provvisoria entro il 1° gennaio 2019 e nella sede definitiva entro il 16 novembre 2019.

Le autorità competenti dei Paesi Bassi presentano una relazione scritta al Parlamento europeo e al Consiglio sui progressi compiuti nell’adeguamento della sede provvisoria e nella costruzione dell’edificio definitivo entro il 17 febbraio 2019, e successivamente ogni tre mesi, fino a quando l’[EMA] non si sarà trasferita nella sede definitiva».

24      A norma del suo articolo 2, primo e secondo comma, il regolamento impugnato è entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed è divenuto applicabile a partire dal 30 marzo 2019.

 Conclusioni delle parti

 Causa C106/19

25      La Repubblica italiana chiede che la Corte voglia:

–        annullare il regolamento impugnato, e

–        condannare il Consiglio e il Parlamento alle spese.

26      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato, e

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

27      Il Parlamento chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso, e

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

 Causa C232/19

28      Il Comune di Milano chiede che la Corte voglia:

–        annullare il regolamento impugnato;

–        dichiarare inefficace la decisione del 20 novembre 2017, e

–        condannare il Consiglio e il Parlamento alle spese.

29      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso perché irricevibile;

–        respingere il ricorso perché infondato, e

–        condannare il Comune di Milano alle spese.

30      Il Parlamento chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso perché irricevibile o, in ogni caso, perché infondato, e

–        condannare il Comune di Milano alle spese.

31      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 29 aprile 2019, il Parlamento ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 151, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

32      Nelle osservazioni depositate presso la cancelleria della Corte il 1° luglio 2019, il Comune di Milano ha concluso, in via principale, per il rigetto della suddetta eccezione di irricevibilità e, in via subordinata, per il rinvio dell’esame di tale eccezione al giudizio di merito.

 Procedimento dinanzi alla Corte

33      Con decisioni del presidente della Corte in data 20 maggio 2019 e 14 giugno 2019 nelle cause C‑106/19 e C‑232/19, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione sono stati rispettivamente ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio e del Parlamento.

34      Con decisione del 26 novembre 2019, l’esame dell’eccezione di irricevibilità sollevata dal Parlamento nella causa C‑232/19 è stato rinviato al giudizio di merito.

35      Con decisione del presidente della Corte del 19 dicembre 2019, le cause C‑106/19 e C‑232/19 sono state riunite ai fini del prosieguo del procedimento e della sentenza.

36      Il 19 novembre 2020, il Parlamento ha chiesto, a norma dell’articolo 16, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che la Corte si riunisca in Grande Sezione nelle presenti cause.

 Sulla domanda di procedimento accelerato

37      Con atto separato in data 11 febbraio 2019, la Repubblica italiana ha chiesto che la causa C‑106/19 fosse trattata secondo il procedimento accelerato previsto dall’articolo 133 del regolamento di procedura. A sostegno di tale domanda, essa ha fatto valere che il trasferimento provvisorio della sede dell’EMA ad Amsterdam era in corso alla data del deposito del suo ricorso introduttivo del giudizio e che il trasferimento definitivo di detta sede era previsto per il mese di novembre 2019, ciò che avrebbe conferito un’urgenza particolare al trattamento di tale causa.

38      L’articolo 133, paragrafo 1, del regolamento di procedura stabilisce che, su istanza del ricorrente o del convenuto, quando la natura della controversia impone un suo rapido trattamento, il presidente della Corte può decidere, sentiti la controparte, il giudice relatore e l’avvocato generale, di trattare una causa con procedimento accelerato.

39      Nel caso di specie, il 15 febbraio 2021, il presidente della Corte ha deciso, sentite le altre parti, il giudice relatore e l’avvocato generale, di non accogliere la suddetta domanda.

40      Infatti, accordare una risposta favorevole alla suddetta domanda non avrebbe permesso alla Repubblica italiana di ottenere la sospensione dell’attuazione, allora in corso, del regolamento impugnato e, in particolare, del processo di trasferimento della sede dell’EMA da Londra ad Amsterdam. Peraltro, il carattere sensibile e complesso dei problemi giuridici sollevati dalla causa C‑106/19, nonché dalle cause connesse a quest’ultima e alle quali la Repubblica italiana ha fatto riferimento nella sua domanda, si prestava difficilmente all’applicazione di un procedimento siffatto, dato che, segnatamente, non pareva appropriato abbreviare la fase scritta del procedimento dinanzi alla Corte (v., per analogia, sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 103 nonché la giurisprudenza ivi citata).

 Sui ricorsi

 Sulla ricevibilità del ricorso proposto dal Comune di Milano nella causa C232/19

 Argomentazione delle parti

41      Il Consiglio sostiene che il ricorso nella causa C‑232/19 è manifestamente irricevibile, in quanto il Comune di Milano non ha né legittimazione ad agire, né interesse ad agire contro il regolamento impugnato.

42      Per quanto riguarda, in primo luogo, la legittimazione ad agire, il Consiglio sostiene che il Comune di Milano non è direttamente e individualmente riguardato dal regolamento impugnato, il quale costituisce un atto legislativo, ai sensi dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE, adottato in virtù della procedura legislativa ordinaria prevista dall’articolo 294 TFUE.

43      Infatti, da un lato, per quanto concerne la questione se il Comune di Milano sia direttamente riguardato dal regolamento impugnato, il Consiglio ritiene che il Comune di Milano non dimostri quali effetti pregiudizievoli sul piano materiale esso avrebbe subito a seguito dell’adozione di tale regolamento. Il fatto che il Comune di Milano sia stato scelto dalla Repubblica italiana nell’ambito della sua candidatura per ospitare la sede dell’EMA non farebbe di detto Comune un soggetto direttamente riguardato dal suddetto regolamento.

44      Dall’altro lato, per quanto concerne la questione se il Comune di Milano sia individualmente riguardato dal regolamento impugnato, il Consiglio sostiene che il Comune di Milano ha omesso di dimostrare in che modo l’adozione di tale regolamento abbia pregiudicato l’esercizio in concreto delle sue competenze, così come definite dall’ordinamento giuridico italiano. Inoltre, poiché il Comune di Milano non è stato coinvolto nella procedura di adozione del suddetto regolamento, la circostanza che esso abbia partecipato alla preparazione dell’offerta italiana e alla procedura di selezione non permetterebbe di dimostrare che esso sia individualmente riguardato dal medesimo regolamento.

45      A questo proposito, il Consiglio osserva che il diritto dell’Unione non conferisce, né nelle regole procedurali né negli atti destinati alla selezione della sede dell’EMA, alcuno specifico diritto di partecipazione a soggetti diversi dagli Stati membri. Priva di rilevanza sarebbe la giurisprudenza citata dal Comune di Milano la quale riconosce la legittimazione ad agire dei privati quando essi sono espressamente menzionati nei documenti preparatori degli atti impugnati e questi ultimi derivano dalla considerazione in concreto di elementi riconducibili a tali soggetti privati. Allo stesso modo, il Comune di Milano non avrebbe dimostrato quali specifiche circostanze varrebbero a distinguere la sua posizione giuridica in maniera tale che esso venga qualificato alla stregua di destinatario del regolamento impugnato. Inoltre, il Consiglio sottolinea che il riferimento ai principi elaborati in materia di appalti pubblici è inconferente. Infine, le presunte spese sostenute dal Comune di Milano, da esso affrontate di propria iniziativa, non dimostrerebbero che esso è individualmente riguardato da detto regolamento.

46      Per quanto concerne, in secondo luogo, l’interesse ad agire, il Consiglio è del parere che il Comune di Milano non dimostri di avere un interesse concreto, personale e attuale al rimedio giurisdizionale esperito. Anzitutto, l’eventuale successo di tale ricorso avrebbe quale unica conseguenza l’annullamento dell’atto che recepisce la decisione degli Stati membri di fissare la sede dell’EMA ad Amsterdam, e non certo la designazione della città di Milano quale nuova sede di tale agenzia. Tale eventuale accoglimento del ricorso non sarebbe inoltre sufficiente a garantire la sussistenza delle condizioni per ottenere il soddisfacimento delle pretese risarcitorie. Infine, le eventuali conseguenze di ordine economico o sociale derivanti dall’adozione di un atto dell’Unione non permetterebbero, come tali, di dimostrare che un ente territoriale è individualmente interessato da tale atto. L’interesse ad agire di un ente territoriale esisterebbe soltanto quando la decisione contestata sia suscettibile di produrre un effetto vantaggioso per la sua posizione giuridica, ossia quando tale decisione abbia conseguenze per l’esercizio delle competenze che il diritto nazionale gli attribuisce.

47      Anche il Parlamento fa valere che il Comune di Milano non dispone né della legittimazione ad agire né di un interesse ad agire contro il regolamento impugnato. Esso sottolinea segnatamente che, poiché tale regolamento è un atto legislativo dell’Unione ai sensi dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE, spetta al Comune di Milano dimostrare di essere direttamente e individualmente riguardato dal medesimo. Orbene, tale dimostrazione sarebbe chiaramente assente nel caso di specie.

48      In primo luogo, per quanto concerne la legittimazione ad agire, il Parlamento fa valere, da un lato, che le circostanze invocate dal Comune di Milano non dimostrano che il regolamento impugnato, il quale si limita a fissare ad Amsterdam la nuova sede dell’EMA, lo riguardi direttamente. Tale regolamento si limiterebbe, in sostanza, a stabilire la nuova sede dell’EMA a seguito della proposta formulata dalla Commissione. Il legislatore dell’Unione non si sarebbe mai visto sottoporre una proposta intesa a situare a Milano la sede suddetta. In assenza di qualsiasi vincolo giuridico tra la scelta effettuata nella decisione del 20 novembre 2017 e la proposta della Commissione all’origine di detto regolamento, non sarebbe consentito ritenere che il Comune di Milano sia direttamente riguardato dalle disposizioni del regolamento stesso.

49      Dall’altro lato, il Parlamento sostiene che il Comune di Milano non è neppure individualmente riguardato dal regolamento impugnato, nella misura in cui le circostanze che tale ente territoriale fa valere non sono sufficienti per dimostrare che esso si trovi in una situazione che lo contraddistingue rispetto a qualsiasi altro soggetto ai sensi della giurisprudenza della Corte. In particolare, qualsiasi eventuale intervento del Comune di Milano a titolo della cooperazione posta in essere dagli Stati membri per fissare il luogo della nuova sede dell’EMA, segnatamente in virtù delle regole di selezione approvate il 22 giugno 2017, non potrebbe avere l’effetto di caratterizzare la città di Milano in modo tale da soddisfare la condizione relativa all’incidenza individuale enunciata all’articolo 263, quarto comma, TFUE. Inoltre, e indipendentemente dal valore che occorre dare alle regole di selezione summenzionate, esse non conferirebbero alcun ruolo particolare alle autorità locali nella selezione delle offerte proposte, dato che tale ruolo sarebbe riservato ai governi degli Stati membri interessati. In ordine a tale punto, la situazione considerata nel caso di specie si distinguerebbe da quelle in discussione nei settori dei dazi antidumping o degli appalti pubblici, in cui la partecipazione di alcuni soggetti è espressamente prevista dalla normativa in vigore.

50      In secondo luogo, per quanto riguarda l’interesse ad agire del Comune di Milano, il Parlamento è del parere che gli argomenti addotti da tale ente non possano suffragare sufficientemente l’esistenza di un siffatto interesse personale e reale. Anzitutto, sarebbe difficilmente concepibile che l’eventuale annullamento del regolamento impugnato sia in grado di procurare ad esso ricorrente un beneficio, ai sensi della giurisprudenza pertinente, in assenza di qualsiasi incidenza diretta di tale regolamento sulla situazione giuridica del Comune di Milano. Poi, il Parlamento fa valere che, in ogni caso, l’interesse invocato dal Comune di Milano non può essere equiparato ad un interesse «personale». Infatti, sarebbe evidente che il suddetto regolamento non interferisce in alcun modo con l’autonomia legislativa o finanziaria del Comune di Milano, poiché si limita a individuare in Amsterdam la nuova ubicazione della sede dell’EMA. A questo proposito, il Parlamento fa osservare che è stato il governo italiano e non il Comune di Milano a partecipare alla procedura di selezione. Inoltre, anche supponendo che il regolamento impugnato venga annullato, il trasferimento della sede dell’EMA a Milano sarebbe puramente ipotetico e non potrebbe dunque essere invocato per fondare l’interesse ad agire del Comune di Milano. Infine, il Parlamento sostiene che un eventuale annullamento di detto regolamento non potrebbe valere a ristabilire una situazione che esso non ha alterato.

51      Il Comune di Milano sostiene, per parte sua, di aver dimostrato non soltanto di avere una legittimazione a chiedere l’annullamento del regolamento impugnato, ma di essere altresì titolare di un interesse ad agire.

52      Per quanto riguarda, più in particolare, la sua legittimazione ad agire, il Comune di Milano sottolinea che il regolamento impugnato, il quale produce effetti erga omnes e che è direttamente applicabile, pregiudica innegabilmente la sua situazione giuridica nella sua qualità di città candidata e di partecipante attiva al processo di designazione della nuova sede dell’EMA. Esso fa valere che, al pari di quanto è stato statuito nel settore dei dazi antidumping o in materia di appalti pubblici, i soggetti che sono stati identificati o che hanno partecipato ad un procedimento che ha portato all’adozione di un atto hanno una legittimazione particolare ad agire contro quest’ultimo. Detto Comune sottolinea che, nel corso della procedura di selezione in questione nel caso di specie, il cui esito ha determinato il contenuto del regolamento impugnato, la città di Milano ha ottenuto il maggior numero di voti e che, poiché la sua candidatura soddisfaceva tutti i requisiti necessari, la sola ragione per la quale essa non è stata designata come nuova sede dell’EMA risiede nell’illegittimità di tale regolamento.

 Giudizio della Corte

53      Occorre, anzitutto, ricordare che il ricorso di un ente regionale o locale non può essere assimilato al ricorso di uno Stato membro, poiché la nozione di «Stato membro», ai sensi dell’articolo 263 TFUE, comprende le sole autorità di governo degli Stati membri (sentenza del 13 gennaio 2022, Germania e a./Commissione, da C‑177/19 P a C‑179/19 P, EU:C:2022:10, punto 69 nonché la giurisprudenza ivi citata).

54      Gli enti regionali e locali di cui sopra sono, al pari di qualsiasi persona fisica o giuridica contemplata dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, assoggettati alle specifiche condizioni stabilite da tale disposizione. Detti enti devono dunque dimostrare in modo distinto e cumulativo tanto l’esistenza di un interesse ad agire, quanto la propria legittimazione ad agire contro l’atto di cui essi chiedono l’annullamento (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 62 nonché la giurisprudenza ivi citata).

–       Sull’interesse ad agire del Comune di Milano

55      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile soltanto qualora quest’ultima abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un siffatto interesse presuppone che l’annullamento di tale atto possa produrre, di per sé, conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto. La prova di un interesse siffatto, da valutarsi con riferimento al giorno di proposizione del ricorso e che costituisce il presupposto essenziale e preliminare di qualsiasi azione giurisdizionale, deve essere fornita dal ricorrente (sentenze del 18 ottobre 2018, Gul Ahmed Textile Mills/Consiglio, C‑100/17 P, EU:C:2018:842, punto 37, nonché del 27 marzo 2019, Canadian Solar Emea e a./Consiglio, C‑236/17 P, EU:C:2019:258, punto 91).

56      Nel caso di specie, l’eventuale annullamento del regolamento impugnato potrebbe dar luogo all’adozione di un nuovo regolamento differente, nella sostanza, dal regolamento impugnato. Infatti, come fatto valere dal Comune di Milano, un simile annullamento determinerebbe il riavvio della procedura legislativa al fine di stabilire il luogo della sede dell’EMA, derivandone come conseguenza l’eventualità che la città di Milano venga proposta e prescelta per ospitare tale sede, e che, all’esito della nuova procedura di selezione, tale città venga designata come il luogo di nuova installazione di tale agenzia.

57      Ne consegue che il Comune di Milano è comprovatamente titolare di un interesse a chiedere l’annullamento del regolamento impugnato.

–       Sulla legittimazione ad agire del Comune di Milano

58      In conformità dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste nel primo e nel secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

59      A questo proposito, un ente regionale o locale può, nella misura in cui goda, al pari del Comune di Milano, della personalità giuridica in virtù del diritto nazionale, presentare un ricorso di annullamento a norma dell’articolo 263, quarto comma, TFUE [sentenza del 22 giugno 2021, Venezuela/Consiglio (Incidenza su di uno Stato terzo), C‑872/19 P, EU:C:2021:507, punto 45 nonché la giurisprudenza ivi citata].

60      Nel caso di specie, occorre constatare che il regolamento impugnato deve essere qualificato come atto legislativo dal momento che è stato adottato sul fondamento combinato dell’articolo 114 TFUE e dell’articolo 168, paragrafo 4, lettera c), TFUE, e in conformità della procedura legislativa ordinaria. Date tali circostanze, il ricorso del Comune di Milano è ricevibile soltanto qualora tale ente possa essere considerato direttamente e individualmente riguardato da detto regolamento.

61      In primo luogo, per quanto concerne la questione se il Comune di Milano sia direttamente riguardato dal regolamento impugnato, occorre ricordare che il requisito, previsto dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, secondo cui una persona fisica o giuridica deve essere direttamente riguardata dalla misura costituente l’oggetto del ricorso, esige che siano cumulativamente soddisfatte due condizioni, ossia, da un lato, che tale misura produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di detta persona e, dall’altro, che essa non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati di darvi attuazione, avendo tale attuazione carattere puramente automatico e derivando essa unicamente dalla normativa dell’Unione, senza applicazione di ulteriori norme intermedie [v., in tal senso, sentenze del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 42, nonché del 22 giugno 2021, Venezuela/Consiglio (Incidenza su di uno Stato terzo), C‑872/19 P, EU:C:2021:507, punto 61 e la giurisprudenza ivi citata].

62      Occorre esaminare successivamente se il Comune di Milano soddisfi ciascuna delle due condizioni suddette.

63      In primis, il regolamento impugnato designa la città di Amsterdam come sede dell’EMA con effetto immediato e vincolante. Dato che tale regolamento non lascia alcun margine di discrezionalità quanto alla designazione del luogo della sede dell’EMA e che esso produce, sotto questo aspetto, i propri effetti giuridici senza che sia necessaria alcuna misura supplementare, la seconda condizione, menzionata al punto 61 della presente sentenza, risulta soddisfatta.

64      Come è stato rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 97 delle sue conclusioni, tale constatazione non viene rimessa in discussione dal fatto che, in virtù del considerando 3 del regolamento impugnato, i diritti e gli obblighi specifici della città di Amsterdam sono destinati ad essere precisati in un accordo sulla sede da concludersi tra l’EMA e il Regno dei Paesi Bassi.

65      In secundis, per quanto riguarda la questione se il regolamento impugnato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del ricorrente, occorre sottolineare che la città di Milano, rappresentata dal Comune di Milano, in quanto ente territoriale dotato di personalità giuridica, era una delle città candidate ai fini della designazione della nuova sede dell’EMA.

66      Inoltre, è pacifico che la candidatura della città di Milano è stata espressamente esaminata nel corso della procedura legislativa e che la proposta della Commissione menzionata al punto 20 della presente sentenza è stata oggetto di varie proposte di emendamento nell’ambito della procedura dinanzi al Parlamento.

67      Date tali circostanze, la situazione giuridica del Comune di Milano è stata direttamente pregiudicata dall’adozione del regolamento impugnato, in quanto quest’ultimo ha designato, in modo giuridicamente vincolante, la città di Amsterdam come luogo della nuova sede dell’EMA, derivandone come effetto automatico l’esclusione di Milano, città candidata, quale luogo di questa nuova sede.

68      In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se il Comune di Milano sia individualmente riguardato dal regolamento impugnato, risulta da una giurisprudenza consolidata che, per essere individualmente riguardata da un atto di portata generale, la persona che propone un ricorso di annullamento deve dimostrare che l’atto impugnato la colpisce in ragione di determinate qualità che sono sue proprie, oppure a motivo di una situazione di fatto che la contraddistingue rispetto a qualsiasi altro soggetto e dunque la individualizza in maniera analoga a quella in cui lo sarebbe il destinatario di un atto (v., in tal senso, sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 220, nonché del 20 gennaio 2022, Deutsche Lufthansa/Commissione, C‑594/19 P, EU:C:2022:40, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata).

69      Nel caso di specie, occorre rilevare, in primis, che, a mente del considerando 1 del regolamento impugnato, l’adozione di quest’ultimo ha fatto seguito alla procedura di selezione che ha portato all’adozione della decisione del 20 novembre 2017.

70      Orbene, è pacifico che, nell’ambito della suddetta procedura di selezione, la città di Milano è stata designata dalla Repubblica italiana come città candidata per accogliere la nuova sede dell’EMA e che, all’esito della terza tornata di votazioni, essa ha ottenuto, ex aequo con la città di Amsterdam, sua diretta concorrente, il maggior numero di voti. Pertanto, la città di Milano faceva parte della cerchia ristretta delle città candidate a ospitare la sede suddetta e si trovava perciò, al momento dell’adozione del regolamento impugnato, in una situazione particolare rispetto a quest’ultimo idonea a conferirle il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

71      In secundis, come rilevato dallo stesso Consiglio nei suoi scritti difensivi, la situazione della città di Milano è stata esplicitamente evocata, a più riprese, in quanto possibile sede dell’EMA, nel corso della procedura legislativa che ha portato all’adozione del regolamento impugnato.

72      Pertanto, il Comune di Milano si trova, nelle circostanze del caso di specie, in una situazione di fatto che lo individualizza in una maniera analoga a quella del destinatario di un atto.

73      Tale conclusione non viene rimessa in discussione dalla circostanza che la procedura di selezione condotta a monte dell’adozione del regolamento impugnato attribuirebbe un ruolo unicamente agli Stati membri e non alle autorità locali. Risulta infatti dal fascicolo sottoposto alla Corte che il Comune di Milano è stato strettamente coinvolto nell’elaborazione dell’offerta formalmente presentata dalla Repubblica italiana nonché nelle iniziative amministrative intese a promuovere la città di Milano ai fini della designazione della nuova sede dell’EMA.

74      La conclusione suddetta non viene infirmata neppure dalla giurisprudenza, rispecchiata, segnatamente, al punto 73 della sentenza del 13 gennaio 2022, Germania e a./Commissione (da C‑177/19 P a C‑179/19 P, EU:C:2022:10), relativa alla particolare situazione, differente da quella in discussione nel caso di specie, nella quale un ente sub‑statale fa valere che l’atto di cui chiede l’annullamento gli impedisce di esercitare come vorrebbe le competenze proprie che l’ordinamento costituzionale nazionale gli attribuisce.

75      Certo, come hanno sottolineato il Parlamento e il Consiglio, per riconoscere la ricevibilità di un ricorso proposto da un ente locale territoriale di uno Stato membro non è sufficiente che tale ente faccia valere la circostanza che l’applicazione o l’attuazione di un atto dell’Unione può pregiudicare, in maniera generale, le condizioni socio‑economiche nel suo territorio.

76      Tuttavia, il ricorso proposto dal Comune di Milano verte su una situazione distinta, ossia quella in cui una città è stata designata come sede di un’agenzia dell’Unione, con conseguente rigetto delle candidature provenienti da altre città, tra cui quella di Milano, dovendosi considerare che la decisione di designazione ha avuto l’effetto di decidere della sorte, favorevole o sfavorevole, dell’insieme delle candidature.

77      Risulta dall’insieme degli elementi sopra esposti che, indipendentemente dall’autonomo diritto di ricorso di cui dispone la Repubblica italiana in virtù dell’articolo 263, secondo comma, TFUE, il Comune di Milano è direttamente e individualmente riguardato dal regolamento impugnato e, pertanto, è legittimato a chiederne l’annullamento.

78      Ne consegue che il ricorso proposto nella causa C‑232/19 è ricevibile.

 Nel merito

79      A sostegno del suo ricorso nella causa C‑106/19, la Repubblica italiana deduce due motivi. Il primo motivo riguarda, in sostanza, una violazione degli articoli 10, 13 e 14 TUE, nonché dell’articolo 114, dell’articolo 168, paragrafo 4, lettera c), e degli articoli 289 e 294 TFUE, in quanto il Parlamento non ha pienamente esercitato le proprie prerogative in materia legislativa. Il secondo motivo verte sull’illegittimità della decisione del 20 novembre 2017 in quanto fondamento del regolamento impugnato.

80      Il Comune di Milano deduce, per parte sua, quattro motivi a sostegno del suo ricorso nella causa C‑232/19. Il primo motivo, rivolto direttamente contro il regolamento impugnato, ha ad oggetto la violazione dei principi di democrazia rappresentativa (articolo 10 TUE), di equilibrio istituzionale e di leale cooperazione (articolo 13 TUE), nonché la violazione di forme sostanziali (articolo 14 TUE, nonché articoli 289 e 294 TFUE). Il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, che mettono in discussione mediante eccezione la legittimità della decisione del 20 novembre 2017 sulla quale detto regolamento sarebbe fondato, riguardano, rispettivamente, uno sviamento di potere, nonché una violazione dei principi di trasparenza, buona amministrazione ed equità (secondo motivo), una violazione dei principi di buona amministrazione, trasparenza e leale cooperazione (terzo motivo), nonché una violazione della decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1° dicembre 2009, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU 2009, L 325, pag. 35), e delle regole contenute nella nota del Consiglio del 31 ottobre 2017.

 Sul primo motivo nella causa C106/19 e sul primo motivo nella causa C232/19

–       Argomentazione delle parti

81      Con il suo primo motivo nella causa C‑106/19, la Repubblica italiana fa valere che il regolamento impugnato è stato adottato in violazione degli articoli 10 e 13 TUE, dell’articolo 14, paragrafo 1, TUE, dell’articolo 114 TFUE, dell’articolo 168, paragrafo 4, lettera c), TFUE, nonché degli articoli 289 e 294 TFUE, nella misura in cui è stato ignorato il ruolo di co‑legislatore del Parlamento.

82      In via preliminare, la Repubblica italiana sottolinea che, tenuto conto dell’evoluzione del diritto dell’Unione e della prassi istituzionale, la designazione della sede delle agenzie dell’Unione non rientra nella competenza degli Stati membri, come invece avviene per la fissazione della sede delle istituzioni a norma dell’articolo 341 TFUE, bensì nella competenza dell’Unione.

83      Orbene, secondo la Repubblica italiana, il Parlamento ha svolto un ruolo puramente formale nel processo decisionale che ha portato alla scelta della nuova sede dell’EMA e all’adozione del regolamento impugnato. Ciò sarebbe testimoniato dalle circostanze che hanno accompagnato l’adozione di tale regolamento, e segnatamente le dichiarazioni del Parlamento allegate alla sua posizione adottata in prima lettura del 15 marzo 2018 e alla sua risoluzione legislativa del 25 ottobre 2018, dichiarazioni mediante le quali detta istituzione ha chiaramente manifestato il proprio rincrescimento per essere stata estromessa dal suddetto processo decisionale. Il Parlamento non sarebbe stato in grado né di esprimersi su tale scelta, né dunque di esercitare le proprie prerogative di co‑legislatore, tanto durante la fase che ha portato all’adozione della decisione del 20 novembre 2017 quanto nel corso della procedura di adozione del regolamento impugnato, in quanto la proposta della Commissione e la posizione adottata dal Consiglio in occasione di tale procedura non gli avrebbero lasciato alcun margine reale di intervento.

84      Con il suo primo motivo nella causa C‑232/19, il Comune di Milano fa valere che il regolamento impugnato è stato adottato in violazione delle prerogative del Parlamento. Non vi sarebbe infatti alcun dubbio che la sede dell’EMA è stata scelta al termine del processo che ha portato alla decisione del 20 novembre 2017, la quale ha determinato il contenuto di tale regolamento e dunque l’individuazione della sede dell’EMA ad Amsterdam, al di fuori della procedura legislativa ordinaria. Il Parlamento non sarebbe mai stato coinvolto in tale processo, malgrado che, a norma dell’articolo 294 TFUE, la procedura legislativa ordinaria implichi la sua partecipazione piena ed effettiva. Il Consiglio e la Commissione avrebbero deciso di scegliere la città di Amsterdam quale nuova sede dell’EMA ed avrebbero così messo il Parlamento dinanzi al fatto compiuto senza lasciargli alcun margine di intervento per rimettere in discussione tale decisione.

85      Ne risulterebbero una violazione dell’equilibrio istituzionale dell’Unione e dei principi di democrazia rappresentativa e di leale cooperazione (sentenza del 21 giugno 2018, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑5/16, EU:C:2018:483, punto 90), nonché una violazione di una forma sostanziale (sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 160).

86      La lesione delle prerogative del Parlamento nell’ambito del processo legislativo che ha portato alla designazione della città di Amsterdam come nuova sede dell’EMA risulterebbe chiaramente dalle dichiarazioni di detta istituzione, nonché dagli emendamenti proposti da quest’ultima in prima lettura.

87      Il Consiglio, sostenuto dal Regno dei Paesi Bassi, conclude per il rigetto del primo motivo di ricorso nella causa C‑106/19 e del primo motivo di ricorso nella causa C‑232/19.

88      In primo luogo, esso fa valere che l’esame dell’iter legislativo seguito nel caso di specie mette chiaramente in evidenza, come testimoniato segnatamente dal numero di emendamenti proposti riguardanti il progetto di risoluzione legislativa, che il Parlamento ha ampiamente discusso la proposta presentata dalla Commissione ed ha esaminato le diverse opzioni possibili, prima di accettare che la sede dell’EMA fosse fissata ad Amsterdam. Il Parlamento avrebbe altresì ottenuto che varie modifiche pertinenti fossero inserite nel testo legislativo finale. Tali circostanze dimostrerebbero che, sul piano fattuale, e prescindendo da qualsiasi dichiarazione politica, le prerogative del Parlamento sono state rispettate.

89      Per quanto riguarda l’argomento relativo alle dichiarazioni effettuate dal Parlamento, il Consiglio precisa che la volontà di un’istituzione si rispecchia negli atti che spetta ad essa adottare nel rispetto delle procedure formali applicabili. Ciò premesso, se le dichiarazioni esplicative che talvolta accompagnano tale processo formale possono fornire elementi del contesto politico o enunciare le ragioni politiche sottese ad una determinata decisione, esse sarebbero di per sé prive di rilevanza al fine di valutare l’esercizio effettivo di una competenza.

90      In secondo luogo, il Consiglio ritiene che la competenza relativa alla fissazione della sede di un’agenzia dell’Unione incomba ai rappresentanti dei governi degli Stati membri deliberanti di comune accordo. Pertanto, la designazione della sede dell’EMA nel regolamento impugnato avrebbe un semplice valore dichiarativo, e il co‑legislatore non avrebbe potuto discostarsene, pur restando libero di non legiferare sul punto.

91      A questo proposito, il Consiglio fa valere, in primis, che la competenza relativa alla fissazione della sede di un’agenzia dell’Unione non rientra in quella di cui dispone l’Unione per disciplinare un determinato settore nel merito e, dunque, nel caso di specie, nella procedura legislativa ordinaria. Secondo detta istituzione, la decisione relativa alla fissazione della sede di un’agenzia ha una natura fondamentalmente differente da quelle che disciplinano la definizione delle competenze, delle regole di funzionamento, o dell’organizzazione di tale agenzia. Una decisione siffatta sarebbe caratterizzata da una dimensione politica e simbolica forte, che non sarebbe limitata al settore materiale specifico dell’agenzia in questione e che andrebbe al di là delle semplici considerazioni economiche o di efficacia. Il Consiglio fa riferimento, in proposito, alle diverse dichiarazioni intergovernative in materia, in particolare alla decisione di Edimburgo, ma anche al contenzioso vertente sulla sede del Parlamento.

92      In secundis, il Consiglio è del parere che l’articolo 341 TFUE fondi la competenza degli Stati membri a determinare la sede di un’agenzia dell’Unione di comune accordo. Risulterebbe, infatti, da un’analisi dell’evoluzione storica di tale disposizione, nonché del contesto nel quale essa si inserisce, che il riferimento alle «istituzioni» non deve essere interpretato in maniera restrittiva, nel senso che contemplerebbe soltanto le istituzioni menzionate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE. Tale interpretazione corrisponderebbe inoltre alla prassi consolidata in materia, prassi che, come attesterebbero l’articolo 2 della decisione di Edimburgo e la dichiarazione congiunta del 2012, avrebbe beneficiato di un riconoscimento interistituzionale. Tale prassi metterebbe chiaramente in evidenza, segnatamente, che, lungi dall’essere di natura puramente politica, la decisione presa di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri sarebbe giuridicamente vincolante, al punto da diventare, in alcuni casi, una condizione per l’entrata in vigore dell’atto di base.

93      Secondo il Consiglio, la natura della competenza dell’Unione in una determinata materia non dovrebbe essere confusa con le modalità mediante le quali essa deve essere esercitata conformemente ai Trattati. Infatti, una competenza potrebbe essere esclusiva in quanto essa è legata ad una materia che esige necessariamente un’azione a livello dell’Unione, ma potrebbe essere previsto allo stesso tempo che essa venga esercitata mediante una decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, piuttosto che delle istituzioni dell’Unione. Sarebbe questo il caso, ad esempio, della nomina dei giudici e degli avvocati generali della Corte in virtù dell’articolo 253 TFUE, nonché di quella dei membri del Tribunale in virtù dell’articolo 254 TFUE.

94      Il Consiglio precisa, infine, che il fatto che i co‑legislatori siano tenuti a seguire la scelta operata dagli Stati membri non significa per questo che l’inclusione, nell’atto legislativo di base, dell’indicazione del luogo della sede dell’agenzia dell’Unione di cui trattasi sia priva di qualsiasi valore aggiunto. Infatti, oltre al fatto che tale indicazione sarebbe un fattore importante di certezza del diritto, il testo legislativo potrebbe, come nel caso di specie con l’inserimento dell’articolo 71 bis nel regolamento n. 726/2004 ad opera del regolamento 2018/1718, associare alla suddetta indicazione una serie di ulteriori elementi normativi, tanto sostanziali quanto procedurali, al fine di completare la determinazione puramente geografica della sede. Tale sarebbe la situazione nel caso di specie, in quanto il citato articolo 71 bis non soltanto indica che la sede dell’EMA si trova ad Amsterdam, ma impone altresì alle autorità olandesi competenti, da un lato, di adottare tutte le misure necessarie per garantire che il trasferimento dell’EMA verso il suo luogo di insediamento temporaneo e poi verso il suo luogo di insediamento definitivo avvenga prima di date precise e, dall’altro, di sottoporre regolarmente al Parlamento e al Consiglio relazioni scritte fino all’installazione dell’EMA nel suo luogo di insediamento definitivo. Simili effetti obbligatori supplementari deriverebbero dunque direttamente ed esclusivamente dal regolamento impugnato, per l’adozione del quale il Parlamento ha pienamente esercitato le proprie prerogative di co‑legislatore, e non dalla scelta della sede operata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri.

95      Anche il Parlamento conclude per il rigetto del primo motivo di ricorso nella causa C‑106/19 e del primo motivo di ricorso nella causa C‑232/19, ma per ragioni differenti da quelle addotte dal Consiglio.

96      In via preliminare, il Parlamento dichiara che condivide pienamente la conclusione delle parti ricorrenti secondo cui un atto come la decisione del 20 novembre 2017 non può in alcun modo restringere legittimamente l’esercizio dei poteri che sono conferiti al legislatore dell’Unione dai Trattati. Tuttavia, a differenza di quanto sostengono tali parti, il Parlamento ritiene che i vizi suscettibili di inficiare tale decisione non possano rendere illegittimo, direttamente o indirettamente, il regolamento impugnato.

97      Il Parlamento fa valere, in sostanza, che, nella misura in cui i rappresentanti dei governi degli Stati membri non dispongono di alcuna competenza per determinare la sede degli organi dell’Unione, la decisione del 20 novembre 2017 non può vedersi riconosciuto alcun effetto vincolante, suscettibile di limitare l’ambito di intervento del legislatore dell’Unione. Infatti, ammettere il contrario finirebbe per legittimare l’esistenza di un processo decisionale estraneo all’architettura istituzionale concepita dai Trattati, che non attribuisce agli Stati membri la competenza in materia di determinazione della sede degli organi o degli organismi dell’Unione, e segnatamente delle agenzie di quest’ultima. Una siffatta riserva di competenza non potrebbe desumersi neppure dall’articolo 341 TFUE, che menziona esclusivamente le «istituzioni dell’Unione» contemplate dall’articolo 13, paragrafo 1, TUE. Tenuto conto, inoltre, del fatto che le istituzioni dell’Unione non possono volontariamente rinunciare ad esercitare i poteri che sono loro conferiti dai Trattati, la Commissione non poteva, per parte sua, recepire senza riserve, nella propria proposta di regolamento, la scelta operata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri nella decisione del 20 novembre 2017, senza effettuare essa stessa una valutazione discrezionale, così come i co‑legislatori non potevano impegnarsi giuridicamente ad adottare una proposta siffatta. Ne conseguirebbe che gli accordi intervenuti successivamente tra gli Stati membri riguardanti, anzitutto, le regole di selezione adottate il 22 giugno 2017 e, successivamente, la scelta della città di Amsterdam come nuova sede dell’EMA in virtù della decisione del 20 novembre 2017, hanno il valore di atti di cooperazione puramente politici, inidonei a limitare le attribuzioni delle istituzioni dell’Unione.

98      Il Parlamento precisa che esso non ha in alcun modo rinunciato ad esercitare le prerogative legislative che gli sono conferite dai Trattati. Esso ricorda che l’eventuale incidenza politica della posizione degli Stati membri su una procedura decisionale prevista dai Trattati, e segnatamente sul potere di iniziativa legislativa della Commissione e sul potere legislativo del Parlamento e del Consiglio, non può costituire un motivo di annullamento dell’atto adottato a titolo della suddetta procedura.

99      Nel caso di specie, il Parlamento avrebbe provveduto a preservare la propria posizione istituzionale con tutti i mezzi a sua disposizione, la sua principale preoccupazione per tutto il corso del procedimento legislativo essendo stata quella di assicurare la continuità delle attività dell’EMA, al fine di evitare che il corretto adempimento dell’importante missione di tale agenzia dell’Unione in materia di protezione della sanità pubblica fosse compromesso dal trasferimento della sua sede. Sarebbe stato a questo scopo che, su iniziativa del Parlamento, un calendario del trasferimento e un meccanismo di monitoraggio sono stati previsti, rispettivamente, nel secondo e nel terzo comma dell’articolo 71 bis del regolamento n. 726/2004, così come inserito dal regolamento impugnato. Questa stessa preoccupazione si troverebbe parimenti rispecchiata nei considerando da 3 a 5 di detto regolamento, che sono stati anch’essi inseriti nel corso del procedimento legislativo.

100    Il Parlamento indica, infine, che, se è pur vero che la scelta della sede di un organo o di un organismo dell’Unione riveste un valore politico particolare per gli Stati membri, tale circostanza non giustifica che ad essi venga attribuita una competenza che non è loro conferita dai Trattati, come quella di procedere ad una scelta siffatta [v., in tal senso, parere 2/00 (Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza), del 6 dicembre 2001, EU:C:2001:664, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata].

101    Pertanto, bisognerebbe attribuire all’iniziativa condotta nell’ambito della cooperazione intergovernativa volta alla determinazione della nuova sede dell’EMA soltanto il valore di una cooperazione di ordine strettamente politico, la quale ha portato alla decisione del 20 novembre 2017, anch’essa di ordine politico e priva di qualsiasi natura giuridicamente vincolante. Tale decisione lascerebbe impregiudicate le competenze attribuite alle istituzioni dell’Unione nell’ambito della procedura legislativa ordinaria, la sola applicabile nel caso di specie. Inoltre, e soprattutto, l’indicazione fornita dagli Stati membri nella decisione del 20 novembre 2017 e il processo di selezione che l’ha preceduta non potrebbero essere considerati come la fase preparatoria della procedura legislativa che ha portato all’adozione del regolamento impugnato. Più in generale, occorrerebbe non effettuare una distinzione tra il valore giuridico e gli effetti politici della decisione del 20 novembre 2017.

102    Il Parlamento precisa che, se, nel caso di specie, esso ha alla fine deciso di approvare la scelta della città di Amsterdam quale nuova sede dell’EMA, l’ha fatto esercitando il potere discrezionale ad esso riconosciuto nell’ambito del suo ruolo di co‑legislatore, e non perché vi sia stato costretto dalla posizione degli Stati membri. D’altronde, la dichiarazione del Parlamento, allegata alla risoluzione legislativa del 25 ottobre 2018, non riconoscerebbe in alcun momento il carattere giuridicamente vincolante della decisione del 20 novembre 2017.

103    La Commissione, intervenuta a sostegno delle conclusioni del Consiglio e del Parlamento, conclude per il rigetto del primo motivo di ricorso nelle cause C‑106/19 e C‑232/19.

104    Al pari del Parlamento, la Commissione ritiene che la scelta operata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri non potesse essere di ostacolo né al suo potere di iniziativa né alle prerogative delle due istituzioni convenute nella loro qualità di co‑legislatori. Essa chiarisce infatti che, se l’articolo 341 TFUE ha innegabilmente ispirato la prassi seguita fino ad oggi nella creazione dei diversi organi ed organismi dell’Unione, e se la Commissione ha globalmente fatto uso del proprio potere di iniziativa riconoscendo la pertinenza delle considerazioni di ordine politico generali connesse principalmente alla necessità di assicurare un equilibrio geografico nella determinazione delle diverse sedi e astenendosi dal prevedere la fissazione della sede delle agenzie dell’Unione nelle proposte di atti che le istituivano, essa sarebbe tuttavia libera di discostarsi da tale prassi, come avrebbe fatto in diverse circostanze, segnatamente indicando nelle sue proposte legislative la localizzazione della sede di talune agenzie dell’Unione. In tal senso, la Commissione non sarebbe legalmente tenuta a trasporre la scelta operata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri o di alcuni Stati membri. Allo stesso modo, il Parlamento non sarebbe stato, in alcun caso, giuridicamente vincolato dalla decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri adottata conformemente alla prassi suddetta.

105    La Commissione sottolinea che occorre distinguere l’incidenza politica di una posizione adottata dagli Stati membri dal suo valore giuridicamente vincolante, tenendo presente che quest’ultimo manca nel caso di specie. Tale distinzione è, secondo la Commissione, confermata dalla giurisprudenza secondo cui, da un lato, spetta esclusivamente al Parlamento e al Consiglio stabilire il contenuto di un atto legislativo e, dall’altro, l’esistenza di un’incidenza di natura politica non può costituire un motivo di annullamento di un atto adottato all’esito della procedura legislativa (sentenza del 21 giugno 2018, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑5/16, EU:C:2018:483, punti 84 e 86 nonché la giurisprudenza ivi citata).

106    La Commissione aggiunge che non vi è alcuna ragione di pensare che il co‑legislatore, riguardo al quale la Corte ha già riconosciuto che era in grado di decidere della creazione di un organo come un’agenzia dell’Unione (sentenza del 2 maggio 2006, Regno-Unito/Parlamento e Consiglio, C‑217/04, EU:C:2006:279, punti 44 e 45), non possa, come è avvenuto nel caso di specie, decidere in tutta indipendenza in merito alla fissazione della sede della suddetta agenzia. La Commissione rileva che, in occasione del dibattito in Parlamento sulla sua proposta all’origine del regolamento impugnato, la designazione della città di Milano come sede dell’EMA è stata esclusa dopo essere stata oggetto di una specifica discussione. Tale circostanza dimostrerebbe che la possibilità di discostarsi dalla decisione politica dei rappresentanti dei governi degli Stati membri non è puramente teorica e che, nel caso di specie, il Parlamento non è stato messo davanti al «fatto compiuto».

–       Giudizio della Corte

107    Con il primo motivo nella causa C‑106/19 e con il primo motivo nella causa C‑232/19, che vanno esaminati congiuntamente, la Repubblica italiana e il Comune di Milano sostengono, in sostanza, che le prerogative del Parlamento non sono state rispettate in occasione del processo che ha portato alla designazione della città di Amsterdam come nuova sede dell’EMA, e ciò in violazione delle disposizioni dei Trattati, e in particolare degli articoli 10, 13 e 14 TUE, dell’articolo 114, dell’articolo 168, paragrafo 4, lettera c), e degli articoli 289 e 294 TFUE.

108    L’esame di questi motivi di ricorso impone di pronunciarsi, in via preliminare, sulla questione di chi sia, tra Stati membri e legislatore dell’Unione, competente a determinare la sede di un organo o di un organismo dell’Unione, il che presuppone, segnatamente, di stabilire se l’articolo 341 TFUE, ai sensi del quale la sede «delle istituzioni» dell’Unione è fissata «d’intesa comune dai governi degli Stati membri», si applichi anche agli organi e agli organismi dell’Unione.

109    Infatti, nel caso in cui, come sostiene il Consiglio, si dovesse concludere che tale competenza è riservata agli Stati membri operanti di comune accordo, il legislatore dell’Unione non potrebbe legittimamente discostarsi dalla decisione presa in materia da detti Stati membri, anche se esso resterebbe libero di non legiferare sul punto e l’atto che andrebbe ad adottare avrebbe soltanto un valore dichiarativo o confermativo.

110    Per contro, nel caso in cui si dovesse concludere che la suddetta competenza spetta al legislatore dell’Unione in virtù dei poteri ad esso conferiti dai Trattati, occorrerebbe valutare se la decisione del 20 novembre 2017 abbia – come sostengono la Repubblica italiana e il Comune di Milano – limitato le prerogative del legislatore dell’Unione e, più estesamente, compromesso l’equilibrio istituzionale nella procedura seguita in vista dell’adozione del regolamento impugnato.

1)      Sulla competenza in materia di determinazione del luogo della sede degli organi e degli organismi dell’Unione

111    Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, nell’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, occorre tener conto non soltanto dei termini in cui essa è formulata e degli obiettivi che essa persegue, ma anche del suo contesto. Anche la genesi di una disposizione del diritto dell’Unione può offrire elementi pertinenti per la sua interpretazione (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata).

112    Occorre dunque esaminare, sulla base di tali metodi interpretativi, se l’articolo 341 TFUE si applichi alle decisioni relative alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione.

113    In primo luogo, per quanto riguarda i termini letterali dell’articolo 341 TFUE, essi fanno riferimento soltanto alle «istituzioni dell’Unione». Orbene, in conformità dell’articolo 13, paragrafo 1, TUE, la nozione di «istituzioni» rinvia ad un elenco preciso di entità che non include gli organi e gli organismi dell’Unione, e segnatamente le agenzie di quest’ultima.

114    In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto nel quale l’articolo 341 TFUE si inscrive, occorre sottolineare, anzitutto, come ha osservato l’avvocato generale Bobek al paragrafo 94 delle sue conclusioni nelle cause Italia/Consiglio (Sede dell’Agenzia europea per i medicinali) e Parlamento/Consiglio (Sede dell’Autorità europea del lavoro) (C‑59/18, C‑182/18 e C‑743/19, EU:C:2021:812), che un certo numero di disposizioni dei Trattati sono state modificate dal Trattato di Lisbona al fine di includervi un riferimento espresso agli «organi e organismi dell’Unione», ciò che ha avuto come effetto di operare esplicitamente una distinzione tra, da un lato, le istituzioni dell’Unione espressamente contemplate dall’articolo 13, paragrafo 1, TUE e, dall’altro, gli organi e gli organismi dell’Unione. Così, mentre talune disposizioni del Trattato FUE contemplano unicamente le istituzioni dell’Unione, altre disposizioni di tale trattato, come gli articoli 15, 16, 123, 124, 127, 130, 228, 263, 265, 267, 282, 298 e 325, si riferiscono, in senso più ampio, alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione. È questo il caso in particolare, relativamente alla competenza della Corte, degli articoli 263, 265 e 267 TFUE.

115    Orbene, è giocoforza constatare che il tenore letterale dell’articolo 341 TFUE, il quale contempla soltanto le «istituzioni», corrisponde a quello delle disposizioni che hanno preceduto tale articolo, vale a dire l’articolo 216 del Trattato CEE (divenuto articolo 216 del Trattato CE, a sua volta divenuto articolo 289 CE).

116    La circostanza, evidenziata dal Consiglio, che le disposizioni della Parte settima del Trattato FUE, intitolata «Disposizioni generali e finali», nella quale si colloca l’articolo 341 TFUE, menzionino le «istituzioni» non può dunque essere interpretata – a dispetto del fatto che, come risulta dal punto 114 della presente sentenza, il Trattato UE opera una distinzione netta tra, da un lato, le istituzioni dell’Unione e, dall’altro, gli organi e gli organismi di quest’ultima – come una manifestazione dell’intenzione degli autori dei Trattati di conferire alla nozione di «istituzioni» un’accezione estensiva, nel senso che quest’ultima includerebbe non soltanto le entità elencate nell’articolo 13, paragrafo 1, TUE, ma anche gli organi e gli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati, o in virtù di questi ultimi, e destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione. Ciò vale a maggior ragione per il fatto che il Trattato UE e il Trattato FUE costituiscono un fondamento costituzionale unitario per l’Unione in virtù dell’articolo 1, terzo comma, TUE e dell’articolo 1, paragrafo 2, TFUE, sicché la definizione della nozione di «istituzioni» contenuta all’articolo 13, paragrafo 1, TUE e la distinzione tra tali istituzioni, da un lato, e gli organi e gli organismi dell’Unione, dall’altro, devono valere in maniera trasversale e uniforme in entrambi i Trattati.

117    Non può essere decisiva neppure l’interpretazione in senso ampio data dalla Corte alla nozione di «istituzioni», ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, il quale enuncia che, «[i]n materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni».

118    Infatti, se la Corte ha statuito che la nozione di «istituzioni», ai sensi dell’ultima disposizione sopra citata, include non soltanto le istituzioni dell’Unione elencate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE, ma anche l’insieme degli organi e degli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati, ovvero in virtù di questi ultimi, e destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione (sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 80 e la giurisprudenza ivi citata), essa si è esplicitamente fondata, per elaborare tale giurisprudenza, sul fatto, da un lato, che gli organi e gli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati o in virtù di questi ultimi sono destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione e, dall’altro, che sarebbe contrario all’intenzione degli autori dei Trattati che l’Unione, allorché agisce per il tramite di un organo o di un organismo, possa sottrarsi alle conseguenze delle disposizioni dei Trattati che disciplinano la responsabilità extracontrattuale dell’Unione stessa (v., in tal senso, sentenza del 2 dicembre 1992, SGEEM e Etroy/BEI, C‑370/89, EU:C:1992:482, punti da 13 a 16).

119    Così, l’interpretazione ampia data dalla Corte alla nozione di «istituzioni», ai fini dell’applicazione dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, risponde all’esigenza, giustificata dai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri contemplati espressamente da tale disposizione, di evitare che l’Unione possa sottrarsi all’applicazione del regime di responsabilità extracontrattuale di cui all’articolo 268 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE, e al controllo giurisdizionale della Corte che ne deriva, qualora essa agisca per il tramite di un organo o di un organismo dell’Unione distinto dalle istituzioni elencate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE (v., per analogia, sentenza del 2 dicembre 1992, SGEEM e Etroy/BEI, C‑370/89, EU:C:1992:482, punti 14 e 16). Tale soluzione si impone a fortiori per il fatto che, come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 100 delle sue conclusioni, la nozione di «agenti» contemplata dall’articolo 340, secondo comma, TFUE include da un punto di vista funzionale la totalità del personale che lavora per l’Unione, senza riguardo al fatto che tale personale lavori nelle istituzioni o presso gli organi e gli organismi di quest’ultima.

120    Di conseguenza, l’interpretazione data alla nozione di «istituzioni», ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, il quale disciplina l’estensione della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, non può essere utilmente invocata al fine di definire per analogia l’ambito di applicazione dell’articolo 341 TFUE, relativo all’estensione delle competenze riservate agli Stati membri in virtù dei Trattati.

121    Il Consiglio non può neppure invocare utilmente la nozione di «istituzioni» contenuta all’articolo 342 TFUE, a tenore del quale «[i]l regime linguistico delle istituzioni dell’Unione è fissato, senza pregiudizio delle disposizioni previste dallo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, dal Consiglio, che delibera all’unanimità mediante regolamenti». Infatti, come evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 98 delle sue conclusioni nelle cause Italia/Consiglio (Sede dell’Agenzia europea per i medicinali), Comune di Milano/Consiglio (Sede dell’Agenzia europea per i medicinali) e Parlamento/Consiglio (Sede dell’Autorità europea del lavoro) (C‑59/18, C‑182/18 e C‑743/19, EU:C:2021:812), la nozione di «istituzioni», ai sensi dell’articolo sopra citato, non deve necessariamente essere interpretata come includente gli organi e gli organismi dell’Unione, nella misura in cui il regime linguistico di un organo o di un organismo dell’Unione può essere differente da quello in vigore nelle istituzioni di quest’ultima.

122    Quanto al Protocollo n. 6, se invero, come sottolineato dal Consiglio, esso fissa non soltanto la sede delle istituzioni dell’Unione, ma anche quella di alcuni organi ed organismi dell’Unione, tra cui Europol, e fa riferimento all’articolo 341 TFUE, detto protocollo non prevede per questo che le sedi degli organi e degli organismi dell’Unione debbano essere determinate collettivamente dagli Stati membri in virtù del principio enunciato in tale articolo. A questo proposito, occorre far osservare che tali organi ed organismi dell’Unione hanno come caratteristica comune il fatto di essere stati creati dagli Stati membri, mentre ciò non vale nel caso di un’agenzia dell’Unione come l’EMA, che è stata creata, sulla base dei Trattati istitutivi, dal legislatore dell’Unione. Pertanto, non si può desumere dal protocollo sopra citato una volontà degli Stati membri di applicare, direttamente o per analogia, il principio enunciato in detto articolo alla fissazione della sede della totalità degli organi e degli organismi dell’Unione.

123    Come evidenziato dall’avvocato generale Bobek al paragrafo 112 delle sue conclusioni nelle cause Italia/Consiglio (Sede dell’Agenzia europea per i medicinali), Comune di Milano/Consiglio (Sede dell’Agenzia europea per i medicinali) e Parlamento/Consiglio (Sede dell’Autorità europea del lavoro) (C‑59/18, C‑182/18 e C‑743/19, EU:C:2021:812), l’adozione di un protocollo specifico testimonia, al contrario, il fatto che gli Stati membri hanno ritenuto che la loro decisione collettiva in merito alla fissazione della sede di alcuni organi ed organismi dell’Unione tassativamente elencati dovesse essere specificamente iscritta nel diritto primario al fine di produrre effetti giuridici nel diritto dell’Unione.

124    Quanto al rinvio esplicito, nel Protocollo n. 6, all’articolo 341 TFUE, esso si spiega con il fatto che tale protocollo contempla, al primo posto, le istituzioni menzionate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE.

125    Inoltre, è pur vero che, come risulta dall’articolo 2 della decisione di Edimburgo, i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno espresso l’intenzione di riservarsi le decisioni relative alle sedi degli organi e degli organismi dell’Unione nello stesso modo in cui essi sono espressamente e chiaramente abilitati dall’articolo 341 TFUE a stabilire la sede delle istituzioni dell’Unione. Inoltre, in occasione della conferenza intergovernativa che ha portato all’adozione del Trattato di Amsterdam, il testo della decisione di Edimburgo è stato ripreso quale protocollo allegato ai Trattati UE, CE, CECA e CEEA, diventato oggi il Protocollo n. 6, allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA.

126    Nondimeno, da un lato, l’articolo unico di quest’ultimo protocollo designa la sede – in termini paragonabili a quelli dell’articolo 1 della decisione di Edimburgo – soltanto di istituzioni, organi od organismi dell’Unione creati dagli Stati membri. Dall’altro lato, sebbene la Corte abbia riconosciuto un valore giuridico vincolante a detta decisione nella sentenza del 1° ottobre 1997, Francia/Parlamento (C‑345/95, EU:C:1997:450), cui essa ha fatto riferimento in sentenze successive [v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2012, Francia/Parlamento, C‑237/11 e C‑238/11, EU:C:2012:796, punti da 36 a 42, e del 2 ottobre 2018, Francia/Parlamento (Esercizio del potere di bilancio), C‑73/17, EU:C:2018:787, punto 33], l’articolo 2 di detta decisione non può portare ad adottare un’interpretazione dell’articolo 341 TFUE che si porrebbe in contrasto con il chiaro tenore letterale di quest’ultimo.

127    Il Consiglio fa valere altresì, quale elemento del contesto, la prassi istituzionale antecedente relativa alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, e sostiene che tale prassi beneficia di un «riconoscimento istituzionale» in virtù della dichiarazione congiunta del 2012 e dell’orientamento comune ad essa allegato.

128    Tuttavia, risulta dagli elementi di informazione che sono stati portati alla conoscenza della Corte nell’ambito delle presenti cause che la prassi fatta valere è lungi dall’essere generalizzata. Infatti, le procedure seguite in vista della designazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione o sono state condotte dai soli Stati membri, o hanno coinvolto, in gradi variabili e su fondamenti diversi, le istituzioni dell’Unione nella loro qualità o meno di soggetti del procedimento legislativo.

129    Nondimeno, anche supponendo che sia possibile, come sostiene il Consiglio, identificare una prassi antecedente consolidata e coerente, in virtù della quale le sedi degli organi e degli organismi dell’Unione sarebbero state sistematicamente designate sulla base di una scelta politica operata dai soli rappresentanti dei governi degli Stati membri, l’interpretazione dell’articolo 341 TFUE che il Consiglio caldeggia sulla base della prassi suddetta non può beneficiare di alcun «riconoscimento istituzionale» in virtù della dichiarazione congiunta del 2012 e dell’orientamento comune ad essa allegato. Infatti, tale dichiarazione non riveste – come sottolineato dal suo quinto capoverso – alcun carattere giuridicamente vincolante e non comporta, del resto, alcun riconoscimento di una qualsivoglia riserva di competenza degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione.

130    Ad ogni modo, una prassi siffatta, che si porrebbe in contrasto con le norme del Trattato FUE e, in particolare, con l’articolo 341 TFUE, estendendo, malgrado il suo chiaro tenore letterale, l’ambito di applicazione di tale articolo alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, non può creare un precedente vincolante per le istituzioni (v., in tal senso, sentenza del 6 maggio 2008, Parlamento/Consiglio, C‑133/06, EU:C:2008:257, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata).

131    In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda l’obiettivo dell’articolo 341 TFUE, esso consiste nel preservare i poteri decisionali degli Stati membri nella determinazione della sede delle sole istituzioni dell’Unione. Contrariamente alla posizione difesa dal Consiglio all’udienza, un’interpretazione dell’articolo 341 TFUE nel senso che esso non si applica agli organi e agli organismi dell’Unione non può avere come effetto di privarlo di qualsiasi effetto utile, come evidenziato dall’avvocato generale Bobek al paragrafo 138 delle sue conclusioni nelle cause Italia/Consiglio (Sede dell’Agenzia europea per i medicinali), Comune di Milano/Consiglio (Sede dell’Agenzia europea per i medicinali) e Parlamento/Consiglio (Sede dell’Autorità europea del lavoro) (C‑59/18, C‑182/18 e C‑743/19, EU:C:2021:812). Se è pur vero che la sede delle istituzioni dell’Unione è già stabilita dal diritto primario – più precisamente dal Protocollo n. 6 –, l’articolo 341 TFUE continua nondimeno a presentare una sua rilevanza per qualsiasi eventuale decisione futura che modifichi la sede di un’istituzione esistente o che fissi la sede di una nuova istituzione.

132    In tale contesto, occorre ricordare che, a differenza delle istituzioni dell’Unione, la cui creazione e le cui funzioni sono, in ragione della loro importanza costituzionale, previste dai Trattati stessi, gli organi e gli organismi dell’Unione, come l’EMA, la cui finalità è la realizzazione degli obiettivi di una determinata politica dell’Unione, non sono, di norma, creati dai Trattati. Date tali circostanze, la loro creazione, non traendo origine dal diritto primario, deve risultare da un atto di diritto derivato adottato sul fondamento delle disposizioni sostanziali che attuano la politica dell’Unione nella quale l’organo o l’organismo in questione interviene e in conformità delle procedure previste da tali disposizioni.

133    In assenza di ulteriori precisazioni nei Trattati a questo proposito, spetta, allo stesso modo, al legislatore dell’Unione, conformemente alle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, fissare la sede di un organo o di un organismo dell’Unione che lo stesso legislatore ha istituito mediante un atto di diritto derivato adottato sul fondamento di dette disposizioni, analogamente alla competenza che esso detiene, in virtù di queste stesse disposizioni, per definire i poteri, l’organizzazione e le modalità di funzionamento di tale organo o di tale organismo.

134    La decisione relativa alla fissazione della sede di un organo o di un organismo dell’Unione, come un’agenzia dell’Unione, è dunque, contrariamente a quanto asserisce il Consiglio, consustanziale alla decisione relativa alla sua creazione. Uguale natura presenta una decisione relativa alla rilocalizzazione della sede di una tale agenzia.

135    Invero, la fissazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione può tener conto di considerazioni di ordine politico, come la necessità, nell’insediamento degli organi o degli organismi dell’Unione, di garantire un certo equilibrio geografico o di favorire gli Stati membri che non ospitano ancora la sede di un organo o di un organismo dell’Unione.

136    Tuttavia, il carattere politico della decisione che stabilisce il luogo della sede di un siffatto organo od organismo dell’Unione non è di per sé idoneo a giustificare che tale decisione sia sottratta alla competenza del legislatore dell’Unione, il quale è, infatti, regolarmente chiamato ad operare scelte politiche nell’esercizio delle competenze dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2016, Germania/Parlamento e Consiglio, C‑113/14, EU:C:2016:635, punto 55).

137    Peraltro, una simile decisione deve principalmente permettere di garantire la realizzazione dei compiti affidati all’organo o all’organismo dell’Unione di cui trattasi in vista della realizzazione degli obiettivi di una determinata politica.

138    Non può essere accolta neppure la tesi secondo cui il fatto di legare la designazione della sede di un organo o di un organismo dell’Unione alla base sostanziale sulla quale si fonda la creazione di quest’ultimo può portare, a seconda della pertinente base giuridica, a sottoporre tale designazione ad un voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, e non ad una decisione presa di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri, facendo al tempo stesso della suddetta designazione un elemento di compromesso nel quadro del dibattito legislativo.

139    Infatti, come si è ricordato al punto 136 della presente sentenza, il fatto che la decisione di designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione possa presentare una dimensione politica importante, in quanto essa deve rispondere segnatamente a considerazioni relative all’equilibrio geografico, non impedisce che tale decisione possa essere adottata dal legislatore dell’Unione in conformità delle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, tenendo presente che tale dimensione politica può costituire, sotto questo aspetto, un elemento di cui il legislatore dell’Unione può tener conto nell’esercizio del suo potere discrezionale. Occorre inoltre sottolineare che, poiché il processo legislativo dell’Unione è guidato, in virtù del combinato disposto dell’articolo 1, secondo comma, e dell’articolo 10, paragrafo 3, TUE, dal principio di trasparenza nei confronti dei cittadini, il ricorso a tale processo è idoneo a rafforzare il sostrato democratico di una decisione relativa alla designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione, come l’EMA.

140    Inoltre, e più fondamentalmente, il fatto che una decisione, come quella relativa alla designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione, presenti aspetti politicamente sensibili non può condurre a modificare le competenze conferite dai Trattati alle istituzioni dell’Unione, né a far sì che l’esercizio di tali competenze venga sottratto alle procedure legislative previste dai Trattati. La determinazione della portata di una disposizione dei Trattati disciplinante una competenza sostanziale dell’Unione non può infatti dipendere da considerazioni attinenti al carattere politicamente sensibile della materia di cui trattasi o all’esigenza di assicurare l’efficacia di un’azione.

141    Risulta dall’insieme delle suesposte considerazioni, e segnatamente dal tenore letterale dell’articolo 341 TFUE, che tale disposizione non può essere interpretata nel senso che essa disciplina la designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione come l’EMA.

142    Date tali circostanze, la competenza a decidere della fissazione del luogo della sede di quest’ultima agenzia spetta non agli Stati membri, bensì al legislatore dell’Unione, al quale incombe agire a questo scopo in conformità delle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, nel caso di specie l’articolo 114 e l’articolo 168, paragrafo 4, TFUE, i quali prevedono il ricorso alla procedura legislativa ordinaria.

143    È alla luce di tale conclusione che occorre valutare, in seconda battuta, la portata della decisione del 20 novembre 2017 e verificare se sono state rispettate le prerogative del Parlamento.

2)      Sulla portata della decisione del 20 novembre 2017 e sul rispetto delle prerogative del Parlamento

144    La Repubblica italiana e il Comune di Milano sostengono, in sostanza, che l’adozione della decisione del 20 novembre 2017 ha, in quanto tale, violato le prerogative del Parlamento. Quanto meno, essi fanno valere che il Parlamento si è ritenuto vincolato da tale decisione.

145    Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura secondo cui la decisione del 20 novembre 2017 ha, in quanto tale, violato le prerogative del Parlamento, risulta dalle motivazioni contenute ai punti da 111 a 142 della presente sentenza che la competenza in materia di fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione spetta al legislatore dell’Unione e non agli Stati membri.

146    Orbene, il potere legislativo riservato al Parlamento e al Consiglio, all’articolo 14, paragrafo 1, TUE e all’articolo 16, paragrafo 1, TUE, che si inscrive nel principio di attribuzione sancito dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE e, più estesamente, nel principio dell’equilibrio istituzionale, caratteristico della struttura istituzionale dell’Unione, implica che spetta esclusivamente alle suddette istituzioni stabilire il contenuto di un atto legislativo (sentenza del 21 giugno 2018, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑5/16, EU:C:2018:483, punto 84 nonché la giurisprudenza ivi citata).

147    Pertanto, a pena di contravvenire all’architettura istituzionale e alla ripartizione delle competenze risultanti dai Trattati, una decisione come la decisione del 20 novembre 2017, che è stata adottata dagli Stati membri sulla base di specifiche norme sostanziali e procedurali concordate dagli Stati membri al di fuori di un quadro definito sulla scorta del diritto dell’Unione, non può vedersi attribuire un qualsivoglia valore vincolante, idoneo a limitare il potere discrezionale del legislatore dell’Unione, quand’anche la Commissione sia stata coinvolta nel processo di selezione che ha portato all’adozione di tale decisione. Una decisione siffatta ha dunque il valore di un atto di cooperazione politica che non può in nessun caso invadere la sfera delle competenze conferite alle istituzioni dell’Unione nell’ambito della procedura legislativa ordinaria.

148    A questo proposito, il semplice fatto che il Parlamento non sia stato coinvolto nel processo che ha portato all’adozione della decisione del 20 novembre 2017 non può essere considerato come una violazione o un’elusione delle prerogative del Parlamento in quanto co‑legislatore. Infatti, oltre alla circostanza che tale processo si è svolto al di fuori del quadro definito dal diritto dell’Unione e che tale decisione non riveste alcun valore vincolante in tale diritto, la procedura legislativa relativa alla fissazione della nuova sede dell’EMA non era, al momento dell’adozione di detta decisione, ancora stata avviata.

149    Ne consegue che la censura secondo cui l’adozione della decisione del 20 novembre 2017 ha, in quanto tale, violato le prerogative del Parlamento deve essere respinta.

150    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la censura secondo cui il Parlamento si è ritenuto vincolato dalla decisione del 20 novembre 2017 ed ha così rinunciato ad esercitare effettivamente le proprie competenze in materia legislativa limitando il proprio ruolo ad aspetti puramente formali, risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte, anzitutto, che la proposta all’origine del regolamento impugnato, menzionata al punto 20 della presente sentenza, che prevedeva di scegliere la città di Amsterdam come nuova sede dell’EMA, è stata esaminata da varie commissioni parlamentari. Alcune di esse, come la commissione per il controllo di bilancio nonché la commissione per gli affari costituzionali, hanno espresso il loro parere su tale proposta rispettivamente l’11 gennaio 2018 e il 26 febbraio 2018.

151    Inoltre, i dibattiti in seno al Parlamento hanno dato luogo al deposito di emendamenti, alcuni che proponevano di scegliere come sede dell’EMA una città diversa da Amsterdam, in particolare Milano, altri che suggerivano l’adozione di nuovi criteri di selezione e di nuove modalità procedurali per la scelta di tale sede. A seguito della votazione in commissione parlamentare e successivamente in seduta plenaria, tali emendamenti sono stati però respinti nella loro interezza dal Parlamento, il quale ha optato a favore della sede indicata nella proposta della Commissione. Pertanto, lo svolgimento del processo legislativo e il risultato cui esso è pervenuto mettono in evidenza che l’eventuale designazione della città di Milano quale nuova sede dell’EMA è stata discussa nel corso dei lavori parlamentari prima di essere alla fine respinta.

152    Per contro, a seguito dei negoziati informali condotti tra il Consiglio e il Parlamento, sono stati adottati altri emendamenti, riguardanti la menzione di una data precisa per il trasferimento della sede dell’EMA e l’istituzione di un meccanismo di monitoraggio dei progressi realizzati nell’operazione di trasferimento. Queste aggiunte sono state successivamente inserite nel testo del regolamento impugnato, come risulta dai considerando 2 e 3 del regolamento stesso.

153    Infine, il Parlamento ha votato sul progetto di atto legislativo in data 25 ottobre 2018, tenendo conto di un certo numero di contatti informali che avevano avuto luogo tra il Consiglio, il Parlamento e la Commissione nell’intento di giungere ad un accordo sulla questione della nuova sede dell’EMA in prima lettura e di evitare la necessità di una seconda lettura, o addirittura di una procedura di conciliazione.

154    Non si può dunque fondatamente sostenere che l’intervento del Parlamento si sia limitato ad un ruolo puramente formale.

155    Invero, nella dichiarazione allegata alla risoluzione legislativa del 25 ottobre 2018, il Parlamento ha indicato che si rammaricava del fatto che «non si sia tenuto debito conto del suo ruolo di colegislatore, non essendo stato coinvolto nella procedura di selezione della nuova sede dell’[EMA]» (primo capoverso), ha inteso «ricordare le sue prerogative di colegislatore», ha insistito «sul pieno rispetto della procedura legislativa ordinaria in relazione all’ubicazione degli organismi e delle agenzie» (secondo capoverso) e ha condannato «la procedura seguita per la scelta della nuova ubicazione della sede, che di fatto lo [aveva] privato delle sue prerogative, in quanto non [era] stato effettivamente coinvolto nel processo e ora [avrebbe dovuto] semplicemente confermare la scelta compiuta per la nuova ubicazione mediante la procedura legislativa ordinaria» (quarto capoverso).

156    Tuttavia, da tale dichiarazione non si può desumere che il Parlamento abbia ritenuto che la decisione del 20 novembre 2017 presentasse un carattere giuridicamente vincolante. Invero, tale decisione, nonché il processo di selezione che l’ha preceduta, possono aver avuto un valore politico importante, tenuto conto segnatamente della circostanza, evocata dal Parlamento, che era indispensabile assicurare la continuità dell’attività dell’EMA e, dunque, la designazione di una nuova sede per quest’agenzia quanto prima possibile. Ciò premesso, l’incidenza politica della decisione suddetta sul potere legislativo del Parlamento e del Consiglio non può costituire una ragione per l’annullamento, da parte della Corte, del regolamento impugnato (v., per analogia, sentenze del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punti da 145 a 149, nonché del 21 giugno 2018, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑5/16, EU:C:2018:483, punti 85 e 86).

157    Infine, il riferimento, contenuto nel considerando 1 del regolamento impugnato, alla decisione del 20 novembre 2017 non è neanch’esso idoneo, come tale, a dimostrare che il Parlamento non abbia correttamente valutato la portata delle proprie prerogative o che queste siano state violate.

158    Ne consegue che anche la censura relativa al fatto che il Parlamento si è ritenuto vincolato dalla decisione del 20 novembre 2017 deve essere respinta.

159    Date tali circostanze, occorre respingere il primo motivo di ricorso nella causa C‑106/19 e il primo motivo di ricorso nella causa C‑232/19.

 Sul secondo motivo nella causa C106/19, nonché sul secondo, sul terzo e sul quarto motivo nella causa C232/19

–       Argomentazione delle parti

160    Con il suo secondo motivo nella causa C‑106/19, la Repubblica italiana fa valere che, anche nel caso in cui non vi sia stata una violazione delle prerogative del Parlamento e, in particolare, il regolamento impugnato si sia limitato a «recepire» la decisione del 20 novembre 2017, le illegittimità inficianti tale decisione, oggetto di contestazione nella causa C‑59/18, Repubblica italiana/Consiglio, renderebbero illegittime, in via derivata, detto regolamento. Rinviando agli argomenti addotti nell’ambito di quest’ultima causa, la Repubblica italiana sottolinea che la decisione suddetta è viziata da sviamento di potere.

161    Con i suoi motivi di ricorso secondo, terzo e quarto nella causa C‑232/19, che coincidono con il secondo motivo di ricorso dedotto dalla Repubblica italiana nella causa C‑106/19, anche il Comune di Milano fa valere che, essendo il regolamento impugnato fondato sulla decisione del 20 novembre 2017, le illegittimità inficianti tale decisione e il processo di selezione che l’ha preceduta viziano la legittimità del regolamento summenzionato.

162    Nell’ambito del secondo motivo di ricorso nella causa C‑232/19, il Comune di Milano contesta, in primo luogo, la legittimità della procedura di selezione adottata il 22 giugno 2017, in quanto quest’ultima prevedeva il ricorso al sorteggio per decidere della designazione definitiva del luogo della sede dell’EMA. Secondo il Comune di Milano, la scelta di un metodo di designazione così aleatorio costituisce uno sviamento di potere in quanto si allontana dall’obiettivo perseguito mediante la procedura di selezione, ossia fare in modo che fosse scelta l’offerta migliore per ospitare la nuova sede dell’EMA, tenuto conto dei criteri predefiniti.

163    In secondo luogo, il Comune di Milano sostiene che la procedura di selezione è illegittima anche in ragione del fatto che la Commissione non ha adottato le misure di informazione previste ai fini di tale procedura, ciò che ha condotto ad un importante travisamento dell’offerta del Regno dei Paesi Bassi da parte degli Stati membri che hanno partecipato al voto.

164    Con il suo terzo motivo di ricorso, il Comune di Milano fa valere che la procedura di selezione adottata il 22 giugno 2017 ha violato i principi di buona amministrazione e di leale cooperazione, nella misura in cui essa prevedeva un sorteggio finale, il quale costituisce una modalità di selezione non degna di contrassegnare il metodo decisionale delle istituzioni dell’Unione. Esso sostiene, inoltre, che tale procedura ha violato il principio di trasparenza dell’attività amministrativa, nella misura in cui non è stato redatto alcun processo verbale delle operazioni di voto e, più in generale, non vi è stata alcuna forma di pubblicità o di controllo della procedura.

165    Infine, con il suo quarto e ultimo motivo di ricorso, il Comune di Milano prospetta, in sostanza, la violazione di una serie di disposizioni del regolamento interno del Consiglio relative alla formazione di un processo verbale, all’assunzione di decisioni, alla forma degli atti e all’obbligo di motivazione. Inoltre, il Comune di Milano asserisce che la procedura di selezione, e in particolare la fase di sorteggio, si è svolta in violazione delle regole definite nella nota del 31 ottobre 2017, menzionata al punto 17 della presente sentenza, segnatamente per il fatto che essa prevedeva una pausa di trenta minuti tra una tornata di voto e l’altra.

166    Il Consiglio conclude per il rigetto dei motivi di ricorso dedotti, facendo valere, segnatamente, che la Repubblica italiana e il Comune di Milano non sono legittimati a contestare la legittimità della decisione del 20 novembre 2017.

167    Per parte sua, il Parlamento fa osservare che, dal punto di vista formale, il ricorso introduttivo della Repubblica italiana non soddisfa, sotto il profilo della presentazione degli argomenti, le condizioni enunciate all’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura. Nel merito, esso ritiene che i motivi di ricorso dedotti siano inoperanti, in assenza di un nesso giuridico tra la decisione del 20 novembre 2017 e il regolamento impugnato.

168    Quanto alla Commissione, anch’essa conclude per il rigetto dei motivi dedotti, in assenza di qualsiasi effetto giuridicamente vincolante collegato alla decisione del 20 novembre 2017.

–       Giudizio della Corte

169    Il secondo motivo di ricorso nella causa C‑106/19, nonché i motivi di ricorso secondo, terzo e quarto nella causa C‑232/19, mediante i quali la Repubblica italiana e il Comune di Milano sostengono, in sostanza, che le illegittimità inficianti la decisione del 20 novembre 2017 hanno per effetto di rendere illegittimo il regolamento impugnato, sono fondati sulla premessa secondo cui esiste un nesso giuridico tra detta decisione e questo regolamento.

170    Orbene, come risulta dalle considerazioni esposte ai punti da 111 a 142 della presente sentenza, la competenza a decidere della fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione spetta non già agli Stati membri, bensì al legislatore dell’Unione, il quale la esercita in conformità delle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, nel caso di specie l’articolo 114 e l’articolo 168, paragrafo 4, TFUE, i quali prevedono il ricorso alla procedura legislativa ordinaria. Del resto, come si è constatato al punto 147 della presente sentenza, la decisione del 20 novembre 2017 è priva di effetti giuridici vincolanti nell’ordinamento dell’Unione, sicché essa non può costituire la base giuridica del regolamento impugnato e non presenta, inoltre, alcun nesso giuridico con quest’ultimo.

171    Pertanto, anche supponendo, come pretendono le parti ricorrenti, che la decisione del 20 novembre 2017 sia stata adottata all’esito di una procedura viziata e con modalità irregolari, tale circostanza sarebbe, come tale, ininfluente sulla legittimità del regolamento impugnato.

172    Date tali premesse, il secondo motivo di ricorso nella causa C‑106/19, nonché il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso nella causa C‑232/19 devono essere respinti in quanto inoperanti.

173    Poiché nessuno dei motivi addotti a sostegno dei presenti ricorsi è stato accolto, occorre respingere tali ricorsi nella loro interezza.

 Sulle spese

174    A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

175    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate tra le parti. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sopporti, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte.

176    Nel caso di specie, caratterizzato dal fatto che le circostanze che hanno accompagnato l’adozione del regolamento impugnato sono contraddistinte da una prassi e da interpretazioni divergenti in ordine alla questione della competenza decisionale in materia di fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, appare giustificato decidere che ciascuna delle parti principali, ossia la Repubblica italiana, il Comune di Milano, il Consiglio e il Parlamento, sopporterà le proprie spese.

177    Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione, parti intervenienti, sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La Repubblica italiana, il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo sopportano ciascuno le proprie spese nella causa C106/19.

3)      Il Comune di Milano, il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo sopportano ciascuno le proprie spese nella causa C232/19.


4)      Il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione europea sopportano ciascuno le proprie spese.

Lenaerts

Arabadjiev

Jürimäe

Lycourgos

Regan

Rodin

Jarukaitis

Jääskinen

Passer

Bonichot

Safjan

Biltgen

Xuereb

Kumin

Wahl

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 luglio 2022.

Il cancelliere

 

Il presidente

A. Calot Escobar

 

K. Lenaerts


*      Lingua processuale: l’italiano.