Language of document : ECLI:EU:C:2017:173

Causa C‑638/16 PPU

X
e
X

contro

État belge

[domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Conseil du Contentieux des Étrangers (Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 810/2009 – Articolo 25, paragrafo 1, lettera a) – Visto con validità territoriale limitata – Rilascio di un visto per motivi umanitari o in virtù di obblighi internazionali – Nozione di “obblighi internazionali” – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – Convenzione di Ginevra – Rilascio di un visto nell’ipotesi di un rischio comprovato di una violazione degli articoli 4 e/o 18 della carta dei diritti fondamentali – Insussistenza di un obbligo»

Massime – Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 7 marzo 2017

1.        Questioni pregiudiziali – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Presupposti – Rischio reale di trattamenti inumani o degradanti

(Statuto della Corte di giustizia, art. 23 bis; regolamento di procedura della Corte, art. 107)

2.        Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Questioni afferenti a un atto di diritto dell’Unione, laddove l’applicabilità di tale atto al procedimento principale è oggetto di contestazione – Inclusione – Presupposto – Contestazione collegata in modo indissociabile alle risposte da fornire alle questioni pregiudiziali

(Art. 267 TFUE)

3.        Diritti fondamentali – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Ambito di applicazione – Situazione in discussione nel procedimento principale non disciplinata dal diritto dell’Unione – Esclusione

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 51, § 1)

4.        Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica dei visti – Codice comunitario dei visti – Regolamento n. 810/2009 – Ambito di applicazione – Domanda di visto con validità territoriale limitata per motivi umanitari – Domanda presentata da un paese terzo, con l’intenzione di presentare una domanda di protezione internazionale nello Stato membro di destinazione e di soggiornare più di 90 giorni su un periodo di 180 giorni in detto Stato membro – Esclusione

(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 810/2009, artt. 1 e 25)

1.      V. il testo della decisione.

(v. punti 29‑34)

2.      V. il testo della decisione.

(v. punti 35‑37)

3.      V. il testo della decisione.

(v. punto 45)

4.      L’articolo 1 del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, deve essere interpretato nel senso che una domanda di visto con validità territoriale limitata presentata da un cittadino di un paese terzo per motivi umanitari, sulla base dell’articolo 25 del codice in parola, presso la rappresentanza dello Stato membro di destinazione situata nel territorio di un paese terzo, con l’intenzione di presentare, dal momento dell’arrivo in tale Stato membro, una domanda di protezione internazionale e, pertanto, di soggiornare in detto Stato membro più di 90 giorni su un periodo di 180 giorni, non rientra nell’ambito di applicazione del codice menzionato, bensì, allo stato attuale del diritto dell’Unione europea, unicamente in quello del diritto nazionale.

È necessario aggiungere che la conclusione contraria equivarrebbe, laddove il codice dei visti è stato concepito ai fini del rilascio di visti per soggiorni sul territorio degli Stati membri non superiori a 90 giorni su un periodo di 180 giorni, a consentire ai cittadini di paesi terzi di presentare, basandosi sul codice in parola, domande di visto finalizzate ad ottenere il beneficio di una protezione internazionale nello Stato membro di loro scelta, il che lederebbe l’impianto generale del sistema istituito dal regolamento n. 604/2013.

È altresì importante porre in rilievo che una simile conclusione contraria comporterebbe che gli Stati membri sarebbero tenuti, sulla base del codice dei visti, a consentire, di fatto, a cittadini di paesi terzi di presentare una domanda di protezione internazionale presso rappresentanze degli Stati membri situate nel territorio di un paese terzo. Orbene, atteso che il codice dei visti non è finalizzato ad armonizzare le normative degli Stati membri relative alla protezione internazionale, occorre constatare che gli atti dell’Unione adottati sul fondamento dell’articolo 78 TFUE che disciplinano le procedure applicabili alle domande di protezione internazionale non prevedono un obbligo del genere e, al contrario, escludono dal loro ambito di applicazione le domande presentate presso rappresentanze degli Stati membri. Come risulta infatti dall’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2013/32, la direttiva in parola è applicabile alle domande di protezione internazionale presentate nel territorio degli Stati membri, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito, ma non alle domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri. Parimenti, dall’articolo 1 e dall’articolo 3 del regolamento n. 604/2013 deriva che il medesimo impone agli Stati membri di esaminare qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata nel territorio di uno Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito, e che le procedure previste dal regolamento in parola si applicano esclusivamente a siffatte domande di protezione internazionale.

(v. punti 48, 49, 51 e dispositivo)