Language of document : ECLI:EU:T:2005:247

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

22 giugno 2005 (*)

«Marchio comunitario – Marchio denominativo PAPERLAB – Impedimento assoluto alla registrazione – Art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 40/94 – Segno descrittivo»

Nella causa T-19/04,

Metso Paper Automation Oy, con sede in Helsinki (Finlandia), rappresentata dall’avv. J. Tanhuanpää,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalla sig.ra S. Laitinen, in qualità di agente,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI 17 novembre 2003 (procedimento R 842/2002-1), riguardante la domanda di registrazione del marchio denominativo comunitario PAPERLAB,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. H. Legal, presidente, dal sig. P. Mengozzi e dalla sig.ra I. Wiszniewska-Białecka, giudici,

cancelliere: sig.ra B. Pastor, cancelliere aggiunto

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 gennaio 2004,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 aprile 2004,

in seguito alla trattazione orale del 16 febbraio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Antefatti della controversia

1        Il 13 febbraio 2002 la ricorrente ha presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2        Il marchio di cui è stata richiesta la registrazione è il segno denominativo PAPERLAB.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nella classe 9 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «attrezzatura informatica e strumenti di misurazione per l’analisi e il test sulla carta».

4        Con decisione 18 settembre 2002 l’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione a norma dell’art. 38 del regolamento n. 40/94 in quanto il marchio richiesto era privo di qualsiasi carattere distintivo e risultava descrittivo dei prodotti interessati ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94.

5        Il 14 ottobre 2002 la ricorrente ha proposto un ricorso presso l’UAMI contro la decisione dell’esaminatore.

6        Con decisione 17 novembre 2003, comunicata alla ricorrente mediante lettera del 20 novembre 2003, la prima commissione di ricorso dell’UAMI, da un lato, ha confermato la decisione dell’esaminatore nella parte in cui aveva respinto la domanda di registrazione sul fondamento dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 e, d’altro lato, ha rinviato la causa all’esaminatore per un ulteriore esame della domanda di marchio sul fondamento dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94.

 Conclusioni delle parti

7        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui nega la registrazione del marchio denominativo PAPERLAB sul fondamento dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94;

–        condannare l’UAMI alle spese.

8        L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

9        A sostegno del suo ricorso la ricorrente solleva un motivo unico, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.

 Argomenti delle parti

10      La ricorrente sostiene che il marchio PAPERLAB non è descrittivo dei prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione, ma che è soltanto suggestivo. Essa presenta, a tale riguardo, tre argomenti.

11      In primo luogo, non potrebbe essere stabilito alcun nesso diretto tra il marchio PAPERLAB e i prodotti in questione. Il termine «paperlab» sarebbe un nome di fantasia, in quanto la combinazione dei termini «paper» e «lab» sarebbe inusuale. Il marchio PAPERLAB avrebbe una posizione e una funzione specifiche sul mercato pertinente, dal momento che il pubblico destinatario sarebbe composto solo da un piccolo gruppo di professionisti dell’industria cartaria.

12      Al fine di dimostrare, innanzi tutto, la mancanza di un nesso diretto tra il marchio PAPERLAB e i prodotti per i quali si è chiesta la registrazione, la ricorrente analizza il significato dei termini «paper» e «lab» e rileva che l’elemento chiave del segno PAPERLAB è il termine «lab». Numerose definizioni di quest’ultimo farebbero emergere che lo stesso (o il termine «laboratorio») designa una stanza, un edificio o un locale utilizzato per condurre test scientifici, la ricerca o l’insegnamento della scienza, o ancora un locale in cui vengono prodotti medicinali o prodotti chimici. Esisterebbe un’effettiva differenza di significato tra, da un lato, un luogo e, dall’altro, determinate attrezzature, come i prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio. Pertanto, il consumatore, qualora veda o senta pronunciare il termine «paperlab», non potrebbe presumere che si tratti di un’attrezzatura e non di un edificio o di un locale destinato a scienziati.

13      Per quanto riguarda, poi, il carattere di fantasia del marchio PAPERLAB, la ricorrente rileva che tale segno denominativo risulta da una costruzione originale a partire dai termini «paper» e «lab», giustapposti a costituire una struttura inusuale che non rappresenterebbe un’espressione nota della lingua inglese. Tale invenzione lessicale, analogamente al marchio BABY‑DRY (sentenza della Corte 20 settembre 2001, causa C-383/99 P, Procter & Gamble/UAMI, Racc. pag. I‑6251, punto 40), conferirebbe al marchio così formato un carattere distintivo, che gli consente di svolgere la sua funzione essenziale, ossia l’identificazione dell’impresa che immette i prodotti sul mercato.

14      Per quanto riguarda, infine, la posizione e la funzione specifiche del marchio PAPERLAB sul mercato pertinente, la ricorrente rammenta che il pubblico destinatario, la cui definizione è stata ripresa dalla commissione di ricorso, è composto da un ridotto numero di tecnici e di ingegneri specializzati nell’industria della carta, che esaminano attentamente il prodotto e il marchio ad esso connesso. Sarebbe quindi perfettamente idoneo a includere il senso classico dei termini «paper» e «lab» e a valutare il carattere distintivo della combinazione di tali due termini e del loro impiego al fine di designare attrezzatura elettronica e non un servizio. Inoltre, da un lato, nessun terzo utilizzerebbe il termine «paperlab» né avrebbe l’esigenza o un interesse particolare a utilizzarlo per le sue attività commerciali e, dall’altro, il marchio PAPERLAB non limiterebbe i diritti delle terze imprese, che resterebbero libere di avvalersi delle parole «paper», «laboratory» e «lab» considerate separatamente o in modo combinato.

15      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il marchio PAPERLAB è stato registrato, per prodotti identici, in Finlandia, nonché, per prodotti simili, nel Benelux, in Giappone e in alcuni paesi anglosassoni (Stati Uniti e Canada), in cui il significato, in inglese, delle parole «lab», «paper» o «laboratory» presso il pubblico destinatario sarebbe indiscusso. L’elevato numero delle dette registrazioni costituirebbe un’essenziale indicazione per quanto riguarda il carattere registrabile del marchio PAPERLAB a livello comunitario.

16      In terzo luogo, l’UAMI avrebbe accettato di registrare marchi contraddistinti da una combinazione di parole simile a quella utilizzata per formare il marchio PAPERLAB con riferimento a prodotti rientranti nella classe 9, in particolare a materiale di circuiti elettronici o altresì ad accessori informatici. La decisione impugnata non risulterebbe quindi coerente con la prassi decisionale dell’UAMI. La ricorrente si riferisce segnatamente ai marchi IQ-PAPER, PAPERMARK, PAPERPAD, PAPERGATE e PAPERMASTER.

17      Nel suo controricorso, l’UAMI aderisce alla posizione della commissione di ricorso, secondo cui il marchio PAPERLAB è descrittivo.

18      In primo luogo, tenuto conto del significato dei termini «paper» e «lab», dei prodotti per i quali viene chiesta la registrazione del marchio e del pubblico destinatario, il marchio PAPERLAB descriverebbe in inglese, in modo semplice e diretto, la funzione prevista o la destinazione dei prodotti in questione, in ragione del rapporto sufficientemente diretto e specifico che esisterebbe tra il segno PAPERLAB e i prodotti di cui trattasi. Di conseguenza, tale segno verrebbe inteso dal pubblico interessato come volto a indicare un apparecchio per l’analisi della carta e prodotti in carta e non come un laboratorio considerato nel significato classico della parola.

19      La giustapposizione dei termini «paper» e «lab» nell’ambito del segno PAPERLAB non sarebbe nemmeno inusuale dal punto di vista sintattico e corrisponderebbe, al contrario, al modo abituale e grammaticalmente corretto di riferirsi ai tipi di prodotti di cui trattasi. Tali due termini potrebbero essere chiaramente utilizzati nel linguaggio corrente dal pubblico destinatario al fine di designare le caratteristiche dei prodotti. La combinazione «paperlab» non potrebbe quindi conferire carattere distintivo al marchio richiesto, in quanto non implicherebbe un significato diverso da quello introdotto mediante le parole «paper» e «lab» nel linguaggio corrente, contrariamente alla combinazione in oggetto nella causa che ha dato origine alla menzionata sentenza Procter & Gamble/UAMI Così, l’UAMI condivide l’analisi del pubblico destinatario effettuata dalla ricorrente, ma ne deduce che questo pubblico di specialisti, proprio in ragione della sua esperienza e delle sue conoscenze, sarebbe in grado di cogliere l’esatto significato tecnico del termine «paperlab». Per tale pubblico il marchio PAPERLAB veicolerebbe un messaggio chiaro e diretto, ossia quello secondo il quale la ricorrente fornisce un’attrezzatura concepita come un laboratorio per controllare e sottoporre a test la carta.

20      Non sarebbe nemmeno necessario che il segno, al momento della domanda di registrazione, sia effettivamente utilizzato al fine di descrivere prodotti o caratteristiche dei detti prodotti, ma sarebbe sufficiente che tali segni e indicazioni possano essere utilizzati per uno scopo del genere.

21      In secondo luogo, l’UAMI osserva che, anche se nel contesto dell’esame delle domande di registrazione di marchi comunitari possono essere prese in considerazione decisioni nazionali in materia di registrazione, esso non può ritenersi vincolato da queste ultime.

22      In terzo luogo, l’UAMI sarebbe tenuto, ogni qualvolta esamina una domanda di registrazione e deve valutare se esista o meno un impedimento assoluto fondato sull’art. 7 del regolamento n. 40/94, a pronunciarsi in merito alle caratteristiche proprie del marchio richiesto e questo con riferimento ai prodotti e ai servizi descritti nella domanda di registrazione. Pertanto, l’esistenza di decisioni anteriori dell’UAMI con cui si accetta la registrazione di marchi che presentano qualche affinità con il marchio PAPERLAB non può vincolare l’UAMI nella sua valutazione relativa all’eventuale l’esistenza, nella fattispecie, di un impedimento assoluto, tanto più che i marchi menzionati dalla ricorrente si distinguono dal marchio PAPERLAB in quanto non vertono sulle stesse parole e riguardano prodotti e servizi diversi da quelli relativamente ai quali è stata chiesta la registrazione del marchio.

 Giudizio del Tribunale

23      Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione «i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire, per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio». Inoltre, l’art. 7, n. 2, di tale regolamento enuncia che «il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte della Comunità».

24      I segni e le indicazioni di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico interessato, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è richiesta la registrazione [sentenza Procter & Gamble, cit., punto 39, e sentenza del Tribunale 26 novembre 2003, causa T-222/02, HERON Robotunits/UAMI (ROBOTUNITS), Racc. pag. II-4995, punto 34].

25      Ne consegue che, perché un segno ricada nel divieto enunciato dalla detta disposizione, occorre che esista una relazione sufficientemente diretta e concreta tra il segno ed i prodotti o servizi in questione, tale da consentire al pubblico interessato di percepire immediatamente e direttamente una descrizione dei prodotti e servizi di cui trattasi o di una delle loro caratteristiche [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 luglio 2004, causa T-311/02, Lissotschenko e Hentze/UAMI (LIMO), Racc. pag. II-2957, punto 30].

26      Perché un marchio costituito da un neologismo o da un termine risultante da una combinazione di elementi sia considerato descrittivo, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, non è sufficiente che un eventuale carattere descrittivo venga constatato per ciascuno dei detti elementi. Tale carattere deve essere constatato anche per il neologismo o il termine stesso [sentenza del Tribunale 12 gennaio 2005, cause riunite da T-367/02 a 369/02, Wieland‑Werke/UAMI (SnTEM, SnPUR, SnMIX), Racc. pag. II-47, punto 31].

27      Inoltre, un marchio costituito da un neologismo o da un termine composto di elementi, ciascuno dei quali descrittivo delle caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali viene richiesta la registrazione, è esso stesso descrittivo delle caratteristiche di tali prodotti o servizi, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, salvo che esista uno scarto percettibile tra il neologismo o il termine e la semplice somma degli elementi che lo compongono. Ciò presuppone che, a causa del carattere insolito della combinazione rispetto ai detti prodotti o servizi, il neologismo o il termine crei un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice unione delle indicazioni fornite dagli elementi che lo compongono, in modo tale da prevalere sulla somma di questi ultimi (sentenza SnTEM, SnPUR, SnMIX, cit., punto 32). A tale proposito, l’analisi del termine in questione alla luce delle regole lessicali e grammaticali appropriate è altresì pertinente [v., in tal senso, sentenze del Tribunale ROBOTUNITS, cit., punto 39, e 30 novembre 2004, causa T-173/03, Geddes/UAMI (NURSERYROOM), Racc. pag. II-4165, punto 21].

28      Nel caso di specie, i prodotti per i quali viene chiesta la registrazione del marchio PAPERLAB sono rappresentati da attrezzatura informatica e strumenti di misurazione per l’analisi e il test sulla carta. Dal momento che i prodotti interessati costituiscono attrezzatura specialistica, si deve ritenere che il pubblico pertinente sia effettivamente costituito da professionisti e consumatori aventi esperienza nel settore dell’attrezzatura informatica e degli strumenti di misurazione per l’analisi e il test sulla carta e che tale pubblico sia anglofono.

29      Quanto all’argomento della ricorrente relativo alla mancanza di un nesso diretto tra il marchio PAPERLAB e i prodotti in questione, è pacifico che tale marchio è formato da due elementi distinti, vale a dire il termine «paper» e il termine «lab». Da un lato, il termine «paper» è un riferimento diretto alla destinazione e, quindi, a una caratteristica dei prodotti per i quali viene chiesta la registrazione del marchio. Dall’altro lato, il termine «lab» descrive una funzione dei prodotti per i quali si presenta la suddetta domanda di registrazione. Infatti, è indubbio che il termine «lab» designa un laboratorio e che la destinazione dei prodotti per i quali viene chiesta la registrazione del marchio è quella di analizzare e di sottoporre a test la carta, attività queste effettuate di regola in un laboratorio o da un laboratorio. È vero che, l’immediato significato del termine «lab» indica un luogo anziché un’apparecchiatura. Tuttavia, tale significato deve essere esaminato con riferimento ai prodotti previsti nella domanda di marchio. In tale prospettiva, il termine «lab» è perfettamente idoneo a descrivere strumenti o apparecchiature idonei per effettuare analisi e test.

30      Alla luce di tali elementi il pubblico destinatario è in grado di comprendere il significato dei singoli termini «paper» e «lab» come atti a far, rispettivamente, riferimento alla carta e a un laboratorio. Pertanto, ciascuno dei termini che formano il marchio PAPERLAB deve essere considerato descrittivo di una delle caratteristiche o funzioni dei prodotti per i quali viene chiesta la registrazione del marchio.

31      Inoltre, il pubblico destinatario è in grado di attribuire al segno PAPERLAB il significato di sistema concepito come un laboratorio per il controllo e il test della carta, secondo quanto giustamente osservato dalla commissione di ricorso. Infatti, considerata la sua padronanza dell’inglese e la sua conoscenza tecnica del prodotto e dell’industria della carta, il pubblico in questione, esperto e qualificato, conosce perfettamente la natura, le caratteristiche e l’utilizzo richiesto di attrezzature informatiche e di strumenti di misurazione destinati a controllare e a testare la carta. Esso potrà quindi associare al marchio PAPERLAB i prodotti per i quali viene chiesta la registrazione. È proprio in ragione della professionalità e dell’esperienza del detto pubblico che quest’ultimo ha la capacità di cogliere l’esatto significato tecnico del termine «paperlab», contrariamente a quanto sostiene la ricorrente.

32      Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo al carattere di fantasia del marchio PAPERLAB, sembra che la combinazione «paperlab» non sia insolita nella sua struttura. Al contrario, il segno in questione, accostando le parole «paper» e «lab» in un ordine corretto alla luce della grammatica inglese, non crea, presso il pubblico interessato, un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla mera giustapposizione delle parole tale da modificarne il significato o la portata. Non sarà pertanto percepito come inusuale dal pubblico destinatario. Di conseguenza, la commissione di ricorso non ha violato i principi stabiliti dalla citata sentenza Procter & Gamble/UAMI (punti 43 e 44), tenuto conto del fatto che, nella fattispecie, il marchio richiesto non rappresenta un’invenzione lessicale.

33      Da quanto sopra indicato risulta che la commissione di ricorso ha giustamente constatato che il marchio PAPERLAB descriveva in inglese in un modo semplice e diretto la prevista funzione dei prodotti relativamente ai quali è stata chiesta la registrazione del marchio. Infatti, il segno denominativo PAPERLAB non ingenera un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta grazie al mero accostamento dei termini «paper» e «lab». Inoltre, il segno «paperlab» potrebbe anche essere percepito come atto a designare una delle caratteristiche tecniche dei prodotti in questione, giacché si tratta di attrezzature informatiche e di strumenti di misurazione che sono stati concepiti come un vero e proprio laboratorio mobile, in modo da procurare, in situ, i servizi prestati di norma in laboratorio.

34      Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente relativo al mancato utilizzo del termine «paperlab» nel linguaggio corrente e alla sua assenza nel dizionario. Perché l’UAMI opponga un diniego di registrazione sul fondamento dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, non è necessario che i segni e le indicazioni componenti il marchio previsti dal detto articolo siano effettivamente utilizzati, al momento della domanda di registrazione, a fini descrittivi di prodotti o servizi come quelli per i quali è presentata la domanda ovvero delle caratteristiche dei medesimi. È sufficiente, come emerge dal tenore letterale della detta disposizione, che questi segni e indicazioni possano essere utilizzati a tali fini. Un segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione, ai sensi della detta disposizione, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi (sentenza della Corte 23 ottobre 2003, causa C‑191/01 P, UAMI/Wrigley, Racc. pag. I‑12447, punto 32). Inoltre, l’UAMI non è tenuto a provare che tale segno figuri nel dizionario. Il carattere registrabile di un segno come marchio comunitario deve essere valutato solo sulla base della normativa comunitaria pertinente come interpretata dal giudice comunitario. Pertanto, è sufficiente che, per prendere la propria decisione, la commissione di ricorso abbia applicato il criterio del carattere descrittivo, come interpretato nella giurisprudenza, senza che debba giustificarsi mediante la produzione di elementi di prova [sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T-289/02, Telepharmacy Solutions/UAMI (TELEPHARMACY SOLUTIONS), Racc. pag. II-2851, punto 54].

35      Essendo accertato che il segno PAPERLAB può essere descrittivo di una delle funzioni dei prodotti per i quali viene chiesta la registrazione del marchio PAPERLAB, l’argomento relativo alla possibilità per i terzi di utilizzare i termini generali «paper», «lab» o «laboratory», separatamente o in modo combinato, non è pertinente.

36      Da quanto sopra indicato risulta che il primo argomento della ricorrente è infondato.

37      Anche il secondo argomento della ricorrente, relativo all’esistenza di decisioni nazionali di registrazione del marchio PAPERLAB per prodotti identici o simili, è privo di ogni fondamento. Il regime comunitario dei marchi è un sistema autonomo, costituito da un complesso di norme ed obiettivi da perseguire specifici, la cui applicazione risulta indipendente da ogni sistema nazionale [sentenza del Tribunale 5 dicembre 2000, causa T-32/00, Messe München/UAMI (elctronica), Racc. pag. II-3829, punto 47]. Pertanto, il carattere registrabile di un segno come marchio comunitario deve essere valutato solo sul fondamento della normativa comunitaria pertinente. L’UAMI e, se del caso, il giudice comunitario non sono vincolati da una decisione intervenuta a livello di uno Stato membro o di uno Stato terzo che riconosca il carattere registrabile del detto segno in quanto marchio nazionale. Tale è il caso anche se una siffatta decisione è stata adottata in applicazione di una legislazione nazionale armonizzata in forza della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), o ancora in un paese appartenente all’area linguistica nella quale trae origine il segno denominativo controverso [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T-106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II-723, punto 47].

38      Nel caso di specie, non sembra che la commissione di ricorso abbia violato la normativa comunitaria pertinente nel procedere all’analisi del carattere registrabile del segno PAPERLAB come marchio comunitario. Inoltre, secondo la giurisprudenza rammentata supra, essa poteva liberamente apprezzare il fatto che il marchio PAPERLAB è stato oggetto di una registrazione nei due paesi di lingua inglese (gli Stati Uniti e il Canada) e trarne le conseguenze per quanto attiene alla soluzione da adottare per la registrazione del marchio PAPERLAB.

39      Anche il terzo argomento della ricorrente, relativo al fatto che l’UAMI avrebbe accettato in passato di registrare marchi fondati su una combinazione di parole analoga a quella utilizzata per formare il marchio PAPERLAB, è infondato. Da un lato, i marchi menzionati dalla ricorrente si differenziano dal marchio richiesto PAPERLAB in quanto designano prodotti e servizi diversi da quelli interessati nella fattispecie. Dall’altro lato, le decisioni riguardanti la registrazione di un segno come marchio comunitario – che le commissioni di ricorso debbono adottare in forza del regolamento n. 40/94 – rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Pertanto, il carattere registrabile di un segno come marchio comunitario deve essere valutato solo sulla base della normativa comunitaria pertinente come interpretata dal giudice comunitario e non sulla base di una divergente prassi decisionale applicata precedentemente dalle commissioni di ricorso [sentenza del Tribunale 2 luglio 2002, causa T-323/00, SAT.1/UAMI (SAT.2), Racc. pag. II-2839, punto 60, non invalidata in merito a tale aspetto dalla sentenza della Corte 16 settembre 2004, causa C-329/02 P, SAT.1/UAMI, Racc. pag. I-8317].

40      Da quanto sopra indicato risulta che il motivo unico, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, non può essere accolto. Di conseguenza, si deve respingere il ricorso.

 Sulle spese

41      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.

Legal

Mengozzi

Wiszniewska-Białecka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 giugno 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      H. Legal


* Lingua processuale: l’inglese.