Language of document : ECLI:EU:T:2006:348

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

16 novembre 2006 (*)

«Responsabilità extracontrattuale della Comunità – Programma TACIS – Servizi forniti in subappalto – Rifiuto di pagare – Arricchimento senza causa – Gestione di affari – Ripetizione dell’indebito – Legittimo affidamento – Dovere di diligenza»

Nella causa T‑333/03,

Masdar (UK) Ltd, con sede in Eversley (Regno Unito), rappresentata dai sigg. A. Bentley, QC, e P. Green, barrister,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. J. Enegren e M. Wilderspin, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso ai sensi degli artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE diretto ad ottenere il pagamento dei servizi forniti dalla ricorrente nell’ambito dei contratti TACIS MO.94.01/01.01/B002 e RU 96/5276/00, il risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente a causa del mancato pagamento di tali servizi ed il pagamento degli interessi,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalle sig.re E. Martins Ribeiro e K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 6 ottobre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        L’art. 28, n. 2, del regolamento finanziario 21 dicembre 1977, applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU L 356, pag. 1: in prosieguo: il «regolamento finanziario»), nella versione vigente il 4 aprile 2000, dispone quanto segue:

«Ogni credito individuato come certo, liquido ed esigibile deve essere oggetto, da parte dell’ordinatore competente, di una constatazione di credito e di un ordine di riscossione (…)».

 Fatti all’origine della controversia

2        All’inizio del 1994, nell’ambito del programma comunitario d’assistenza tecnica alla Comunità di Stati indipendenti (TACIS), veniva stipulato un contratto, contrassegnato dal numero di riferimento MO.94.01/01.01/B002, tra la Commissione, rappresentata dal direttore generale aggiunto della direzione generale (DG) «Relazioni economiche esterne» e la Helmico SA, rappresentata dal suo amministratore delegato. Tale contratto (in prosieguo: il «contratto moldavo») era denominato «Assistenza all’organizzazione di un’associazione privata di imprenditori agricoli» e rientrava nel contesto del progetto contrassegnato dal numero di riferimento TACIS/FD MOL 9401 (in prosieguo: il «progetto moldavo»).

3        Nell’aprile 1996 la Helmico e la ricorrente stipulavano un contratto mediante il quale la Helmico subappaltava a quest’ultima la fornitura di alcuni dei servizi previsti dal contratto moldavo.

4        Il 27 settembre 1996 veniva stipulato un contratto TACIS, contrassegnato dal numero di riferimento RU 96‑5276‑00, tra la Commissione, rappresentata dal direttore generale aggiunto della DG «Relazioni economiche esterne», e la Helmico, rappresentata dal suo amministratore delegato. In forza di tale contratto (in prosieguo: il «contratto russo»), la Helmico si impegnava a fornire servizi in Russia nell’ambito di un progetto denominato «sistema federale di certificazione e di controllo delle sementi» e contrassegnato dal numero di riferimento FD RUS 9502 (in prosieguo: il «progetto russo»).

5        Nel dicembre 1996 la Helmico e la ricorrente concludevano un contratto di subappalto per il progetto russo, molto simile a quello concluso nell’aprile 1996 riguardo al progetto moldavo.

6        Verso la fine del 1997 la ricorrente esprimeva la sua preoccupazione per i ritardi di pagamento della Helmico. Quest’ultima adduceva come scusa il fatto che tali ritardi erano imputabili alla Commissione. La ricorrente contattava i servizi della Commissione apprendendo che essa, a tale data, aveva pagato tutte le fatture della Helmico. Ricerche più approfondite consentivano alla ricorrente di scoprire che la Helmico l’aveva informata in ritardo o in modo inesatto dei pagamenti ricevuti dalla Commissione. In particolare, emergeva che la Helmico aveva atteso almeno nove mesi per informare la ricorrente del ricevimento dei fondi versati dalla Commissione, affermando di non aver ricevuto la totalità dei pagamenti dovuti da quest’ultima, mentre in realtà era stata interamente pagata, e sostenendo che le procedure di pagamento erano ancora in corso, quando invece i pagamenti erano già stati effettuati dalla Commissione, nonché trasmettendo alla ricorrente copie di fatture inviate alla Commissione i cui importi non corrispondevano a quelli che la ricorrente aveva fatturato alla Helmico.

7        Il 2 ottobre 1998 si teneva una riunione tra un amministratore della Masdar e alcuni rappresentanti della Commissione.

8        Il 5 ottobre 1998 i servizi della Commissione inviavano una lettera via telefax alla Helmico. In tale lettera, la Commissione esprimeva la propria preoccupazione per il fatto che fossero sorte talune divergenze di valutazione tra i membri del consorzio Helmico le quali rischiavano di compromettere la realizzazione del progetto russo. La Commissione sottolineava l’importanza che per essa rivestivano l’osservanza dei termini del contratto russo ed il successo del relativo progetto. Essa richiedeva alla Helmico garanzie sotto forma di una dichiarazione sottoscritta congiuntamente dalla Helmico e dalla ricorrente che stabilisse che queste ultime erano in perfetto accordo in merito al rispetto dei termini del contratto russo e che il progetto russo sarebbe stato concluso entro i tempi stabiliti. La lettera precisava che, in caso di mancato ricevimento di tale garanzia prima di lunedì 12 ottobre 1998, la Commissione intendeva ricorrere ad altri mezzi per garantire la realizzazione del detto progetto, conformemente ai termini del contratto russo.

9        Con telefax del 6 ottobre 1998, la Helmico rispondeva ai servizi della Commissione che le divergenze tra i membri del consorzio erano state risolte e che la realizzazione del progetto russo non era affatto compromessa. In tale risposta si precisava inoltre che i membri del consorzio avevano convenuto che tutti i futuri pagamenti, compresi quelli delle fatture relative al progetto russo il cui trattamento era ancora in corso, sarebbero stati effettuati su un conto bancario designato dalla ricorrente e non sul conto bancario della Helmico. La detta risposta recitava inoltre quanto segue:

«Si conviene altresì che la gestione dei contratti sia trasferita, a partire da oggi, al sig. S, presidente della Masdar. Vi preghiamo di contattarci al più presto per confermare l’accettazione di queste modifiche».

10      Tale lettera era firmata dal sig. T, in qualità di amministratore delegato della Helmico, e recava la seguente menzione manoscritta: «approvato, sig. S, Masdar, 6 ottobre 1998».

11      Una lettera redatta negli stessi termini, con la stessa data e controfirmata dal presidente della Masdar, veniva inviata dalla Helmico alla Commissione in merito alle somme da pagare nell’ambito del contratto moldavo.

12      Il 7 ottobre 1998 la Helmico spediva alla Commissione altre due lettere firmate dal sig. T e controfirmate dal sig. S in nome della Masdar. Il loro tenore era identico a quello delle lettere del 6 ottobre, se non che la lettera relativa al contratto russo non menzionava nessun conto bancario, mentre la lettera riguardante il contratto moldavo indicava un numero di conto bancario intestato alla Helmico ad Atene per i futuri pagamenti.

13      L’8 ottobre 1998 la Helmico scriveva due lettere ai gestori dei progetti in questione del servizio «contratti» della Commissione, chiedendo loro di effettuare tutti i successivi pagamenti nell’ambito dei contratti russo e moldavo su un conto diverso intestato alla Helmico ad Atene. Tali lettere si concludevano con la seguente dichiarazione:

«Le presenti istruzioni non possono essere revocate dalla Helmico senza l’approvazione scritta del presidente della Masdar, sig. S. Vi preghiamo di voler cortesemente informare la Masdar sullo stato di avanzamento della procedura di pagamento e sulla data in cui saranno effettuati i pagamenti».

14      L’8 ottobre 1998 la Helmico e la ricorrente sottoscrivevano una convenzione che conferiva al presidente della Masdar una procura al fine di trasferire fondi dai due conti menzionati nelle lettere del 7 e dell’8 ottobre 1998 inviate alla Commissione.

15      Il 10 novembre 1998 la Commissione adottava la sua relazione di fine progetto relativa al progetto russo. Delle sei voci sottoposte a valutazione, quattro ricevevano il giudizio «eccellente», una «bene» e un’altra «complessivamente sufficiente». Il 26 febbraio 1999 la Commissione emetteva la sua relazione di fine progetto relativa al progetto moldavo, per il quale due voci soggette a valutazione ricevevano il giudizio «bene» e altre quattro «complessivamente sufficiente».

16      Nel febbraio 1999 i funzionari della Commissione svolgevano una verifica contabile dei progetti moldavo e russo. La verifica contabile del progetto russo è stata terminata nell’aprile del 1999, quella del progetto moldavo non era terminata nel luglio 1999.

17      Il 29 luglio 1999 i servizi della Commissione inviavano alla ricorrente una lettera in cui spiegavano che la Commissione, informata dell’esistenza di irregolarità finanziarie tra la Helmico e la ricorrente relative all’esecuzione dei contratti russo e moldavo, aveva sospeso tutti i pagamenti non ancora effettuati ed aveva disposto una verifica contabile completa per determinare se nell’ambito dell’esecuzione dei contratti russo e moldavo fossero stati sottratti fondi comunitari. Consapevole delle difficoltà finanziarie della ricorrente, la Commissione le comunicava che avrebbe versato, nell’ambito del progetto russo, un acconto di EUR 200 000 sul conto della Helmico menzionato nelle istruzioni che tale società aveva comunicato l’8 ottobre 1998.

18      La somma di EUR 200 000 veniva versata nell’agosto 1999 su tale conto e, in seguito, veniva bonificata sul conto della ricorrente.

19      Tra il dicembre 1999 ed il marzo 2000 il presidente della Masdar scriveva a vari funzionari della Commissione, nonché al membro della Commissione incaricato delle relazioni esterne, il sig. Patten. Tra le varie queste sollevate figurava quella del pagamento dei servizi forniti dalla Masdar.

20      Il 22 marzo 2000 il direttore generale del Servizio comune per le Relazioni esterne della Commissione scriveva al presidente della Masdar per informarlo di quanto segue:

«Dopo intense consultazioni (nelle quali sono state considerate diverse possibilità, compresa la liquidazione finale dei contratti mediante pagamenti aggiuntivi a favore della Masdar, calcolati in funzione dei lavori effettuati e delle spese da voi sostenute), i servizi della Commissione hanno infine deciso di procedere al recupero dei fondi versati in precedenza al contraente, ossia la Helmico. Sul piano giuridico, ogni pagamento effettuato direttamente alla Masdar (anche mediante il conto bancario della Helmico, per il quale disponete di una procura) in caso di insolvibilità della Helmico sarebbe considerato, da parte degli amministratori o dei creditori della Helmico, come un atto di collusione; inoltre non è certo che in caso di controversia tra la Helmico e la Masdar i fondi versati dalla Commissione europea resterebbero definitivamente alla Masdar, come vorrebbe la Commissione».

21      Il 23 marzo 2000 la Commissione ha scritto alla Helmico per comunicarle il proprio rifiuto di pagare le fatture in sospeso e per domandarle il rimborso di un importo totale di EUR 2 091 168,07. La Commissione ha preso tale iniziativa dopo avere scoperto che la Helmico aveva agito in modo fraudolento nell’ambito dell’esecuzione dei contratti moldavo e russo.

22      Il 31 marzo 2000 la ricorrente ha presentato un ricorso contro la Helmico dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division [Magistrato di secondo grado d’Inghilterra e del Galles per le questioni di diritto civile, commerciale e della navigazione], chiedendo il pagamento dei servizi effettuati in subappalto nell’ambito dell’esecuzione dei contratti moldavo e russo per un importo totale di EUR 453 000.

23      Il 4 aprile 2000 la Commissione ha emanato due ordini di riscossione ufficiali nei confronti della Helmico ai sensi dell’art. 28, n. 2, del regolamento finanziario. Il contenuto di tali documenti è stato comunicato agli avvocati della ricorrente il 1° febbraio 2002 (v. infra, punto 36).

24      Il 15 giugno 2000 il presidente della Masdar ha inviato un telefax al membro della Commissione incaricato delle relazioni esterne, nel quale ha dichiarato:

«18 mesi fa abbiamo avvertito la Commissione europea delle difficoltà incontrate con i nostri partner Helmico riguardo ai due suddetti progetti. Abbiamo ricevuto assicurazioni nel senso che, se avessimo continuato i progetti, la Commissione europea avrebbe garantito il compenso per i nostri servizi. Abbiamo continuato a finanziare e a dare esecuzione ai due progetti a nome vostro e al prezzo di notevoli sovraccosti, nonostante ci fossimo già resi conto che la Helmico aveva truffato la Masdar e che tali fondi sarebbero probabilmente rimasti irrecuperabili».

25      La risposta del membro della Commissione, contenuta in una lettera del 25 luglio 2000, conferma la posizione della Commissione espressa nella lettera del 22 marzo 2000.

26      Il 5 febbraio 2001 il presidente della Masdar inviava nuovamente un telefax al membro della Commissione incaricato delle relazioni esterne, facendo valere due argomenti: da un lato, il fatto che la ricorrente era parte dei contratti russo e moldavo stipulati con la Commissione e, dall’altro, che in occasione della riunione del 2 ottobre 1998, la Commissione aveva assicurato che, in caso di prosecuzione dei progetti russo e moldavo, la ricorrente sarebbe stata pagata.

27      Nell’aprile 2001 la ricorrente contattava la Commissione per esaminare l’eventualità di farsi pagare direttamente da quest’ultima per i lavori effettuati e fatturati alla Helmico.

28      Con lettera dell’8 maggio 2001, il membro della Commissione incaricato delle relazioni esterne ribadiva la posizione della Commissione secondo cui la ricorrente non era una contraente dei contratti russo e moldavo.

29      Il 21 maggio 2001 si teneva una riunione tra gli avvocati della ricorrente ed i servizi della Commissione per esaminare la possibilità di retribuire direttamente la ricorrente per i servizi forniti.

30      Il 1° agosto 2001 gli avvocati della ricorrente reiteravano la domanda diretta ad ottenere una pagamento a titolo grazioso da parte della Commissione. La ricorrente richiedeva il pagamento di EUR 448 947,78 o, in subordine, di EUR 249 314. La prima somma corrispondeva all’importo complessivo fatturato dalla Helmico alla Commissione che era rimasto non pagato, mentre la seconda cifra era relativa all’importo dei lavori effettuati dopo la scoperta della frode.

31      Il 28 agosto 2001 si svolgeva una riunione tra gli avvocati della ricorrente ed i servizi della Commissione per esaminare la possibilità di retribuire direttamente la ricorrente per i servizi forniti.

32      Il 10 ottobre 2001 gli avvocati della ricorrente trasmettevano ai servizi della Commissione copia di una relazione risalente al 1998. Tale documento era inteso ad aiutare i servizi della Commissione a rintracciare gli amministratori della Helmico.

33      Il 16 ottobre 2001 i servizi della Commissione rispondevano che le informazioni erano state inviate ai competenti servizi della DG «Bilancio», all’Ufficio europeo per la lotta antifrode e all’unità finanza e contratti competente per i programmi TACIS. Essi affermavano che i servizi della Commissione avrebbero compiuto gli atti necessari per rintracciare gli amministratori della Helmico.

34      Il 16 ottobre 2001 gli avvocati della ricorrente scrivevano alla Commissione che tra i servizi di quest’ultima e la ricorrente esisteva un accordo tacito in base al quale la Commissione avrebbe retribuito la ricorrente a decorrere dall’8 ottobre 1998, a condizione che quest’ultima si adoperasse per condurre a buon fine il progetto russo e il progetto moldavo. Gli argomenti principali fatti valere in tale lettera erano diretti a dimostrare che la Commissione aveva ammesso che la ricorrente era divenuta il contraente principale del progetto russo a partire dal 1998. Tale lettera si concludeva con la seguente dichiarazione:

«Vi prego di comunicarmi cortesemente se i servizi della Commissione accolgono l’argomento esposto in questa lettera e, all’occorrenza, se sono disponibili a versare alla Masdar Ltd un anticipo di EUR 279 711,85 in attesa della fine della procedura di recupero avviata nei confronti della Helmico».

35      Gli argomenti sollevati dagli avvocati della ricorrente venivano respinti dai servizi della Commissione con una lettera del 13 novembre 2001. La lettera si concludeva con la seguente dichiarazione:

«La Commissione, in forza dell’ordine di riscossione, procederà a recuperare presso i rappresentanti della Helmico le somme percepite da tale società. Secondo l’esito di tale procedura potranno essere adottate nuove disposizioni in merito all’utilizzo delle somme recuperate».

36      Il 1° febbraio 2002, in una risposta scritta ad una domanda formulata dagli avvocati della ricorrente, i servizi della Commissione spiegavano che nei confronti della Helmico erano stati emanati due ordini di riscossione ufficiali il 4 aprile 2000, uno relativo al contratto moldavo, per un importo di EUR 1 236 200,91, l’altro riguardante il contratto russo, per un importo di EUR 854 967,16, per una somma complessiva pari a EUR 2 091 168,07.

37      In una lettera del 27 febbraio 2002, inviata ai servizi della Commissione, gli avvocati della ricorrente constatavano che gli importi dei due ordini di riscossione ufficiali corrispondevano approssimativamente alle somme figuranti negli estratti degli importi pagati dalla Commissione alla Helmico. Ne deducevano che la Commissione non aveva ritenuto necessario emettere ordini di riscossione relativi agli importi fatturati dalla Helmico alla Commissione ma non pagati da quest’ultima.

38      L’11 marzo 2002 i servizi della Commissione scrivevano agli avvocati della ricorrente per confermare che i due ordini di riscossione ufficiali emessi dai servizi della Commissione il 4 aprile 2000 nei confronti della Helmico non comprendevano gli importi fatturati dalla Helmico alla Commissione ma non pagati da quest’ultima.

39      Il 17 dicembre 2002 il servizio giuridico della Commissione trasmetteva agli avvocati della ricorrente l’estratto degli importi fatturati dalla Helmico alla Commissione, nonché le date, gli importi dei pagamenti e gli importi dei pagamenti non effettuati.

40      Il 18 febbraio 2003 si svolgeva una riunione tra gli avvocati della ricorrente ed i servizi della Commissione.

41      Il 23 aprile 2003 gli avvocati della ricorrente inviavano ai servizi della Commissione una lettera raccomandata che si concludeva con la seguente dichiarazione:

«(…) salvo il caso in cui i servizi della Commissione avanzino, entro il 15 marzo 2003, una concreta proposta di pagamento della mia cliente per i servizi da essa forniti, presenteremo un ricorso per risarcimento danni contro la Commissione dinanzi al Tribunale di primo grado in forza degli artt. 235 CE e 288 CE (ex articoli 178 e 215 del Trattato CE)».

42      Con telefax del 15 maggio 2003, la Commissione proponeva per iscritto agli avvocati della ricorrente di tenere una riunione per discutere di un’eventuale composizione amichevole della vertenza in base alla quale la Commissione avrebbe versato alla ricorrente la somma di EUR 249 314,35 per i lavori effettuati dopo la scoperta della frode della Helmico nell’ipotesi in cui la ricorrente avesse fornito la prova di un accordo secondo cui essa sarebbe stata pagata direttamente dalla Commissione se avesse portato a termine i progetti russo e moldavo.

43      Con lettera raccomandata del 23 giugno 2003, gli avvocati della ricorrente comunicavano ai servizi del Commissione il loro rifiuto di proseguire le trattative sulla base proposta dalla Commissione, esponendo i dettagli della domanda della ricorrente nonché i termini e le condizioni ai quali essa avrebbe acconsentito di partecipare ad una riunione.

44      Tale lettera raccomandata veniva seguita da una telefax del 3 luglio 2003, nel quale gli avvocati della ricorrente sollecitavano una risposta da parte della Commissione sulla possibilità di organizzare, prima del 15 luglio 2003, una riunione alle condizioni da essi proposte e spiegavano che, in mancanza di siffatta riunione, la ricorrente avrebbe adito il Tribunale di primo grado.

45      Con lettera del 22 luglio 2003, i servizi della Commissione rispondevano di non poter accogliere la richiesta di pagamento della ricorrente.

 Procedimento

46      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2003, la ricorrente ha presentato il ricorso in esame.

47      La fase scritta del procedimento è terminata il 22 aprile 2004.

48      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato le parti a depositare taluni documenti e ha posto loro per iscritto alcuni quesiti prima dell’udienza. Le parti hanno risposto e prodotto i documenti entro il termine impartito.

49      Il 6 ottobre 2005 si è svolta, a titolo di misura di organizzazione del procedimento, una riunione informale davanti alla Quinta Sezione del Tribunale per vagliare le possibilità di una composizione amichevole della controversia.

50      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza svoltasi il 6 ottobre 2005.

51      Al termine dell’udienza, il Tribunale ha concesso alle parti un termine, con scadenza 30 novembre 2005, per vagliare le possibilità di una composizione amichevole della controversia. Il presidente della Quinta Sezione ha quindi deciso di sospendere la chiusura della fase orale del procedimento.

52      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 23 novembre 2005, la ricorrente ha informato il Tribunale che, a tale data, le parti non erano ancora pervenute ad una composizione amichevole della controversia.

53      Con la stessa lettera, la ricorrente ha parzialmente desistito dalle sue domande di risarcimento, modificando, di conseguenza, le sue richieste. In particolare, essa ha rinunciato a reclamare totalmente o parzialmente il risarcimento di taluni danni indiretti per un importo complessivo di sterline inglesi (GBP) 1 402 179,95, esclusa la somma eventualmente concessa a titolo di risarcimento del danno morale.

54      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 29 novembre 2005, la Commissione ha informato il Tribunale che le parti non erano state in grado di addivenire ad una composizione amichevole della controversia.

55      Il 6 gennaio 2006 la Commissione ha presentato le proprie osservazioni in merito alla parziale rinuncia della ricorrente alle sue richieste di risarcimento danni. Essa ha espresso, tra l’altro, la propria intenzione di mantenere i propri capi della domanda presentati in via principale e diretti al rigetto del ricorso e alla condanna della ricorrente alle spese. La Commissione ha affermato, in subordine, che, se la ricorrente avesse parzialmente o interamente vinto la causa, avrebbe dovuto comunque sopportare almeno un terzo delle proprie spese.

56      Il presidente della Quinta Sezione ha chiuso la fase orale del procedimento il 16 gennaio 2006. Le parti ne sono state informate con lettera del 18 gennaio 2006.

 Conclusioni delle parti

57      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        condannare la Commissione a versarle:

–        la somma di EUR 448 947,78 a titolo della domanda principale;

–        gli interessi dovuti su tale somma al 31 luglio 2003, pari a GBP 98 121,24, nonché gli interessi maturati dal 1° agosto 2003 alla data di pronuncia della sentenza;

–        a titolo di risarcimento del danno indiretto, i seguenti importi:

–        la somma di GBP 34 751,14 per gli onorari di avvocato;

–        la somma di GBP 87 000 per il danno risultante dalla necessità di vendere taluni dei suoi beni immobili in un momento inopportuno;

–        la somma che il Tribunale considererà adeguata a titolo di risarcimento del danno morale;

–        condannare la Commissione alle spese di questo procedimento.

58      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese;

–        in subordine, se la ricorrente dovesse vincere interamente o parzialmente la causa, condannarla a sopportare almeno un terzo delle sue proprie spese.

 In diritto

 Osservazioni preliminari del Tribunale

59      Occorre anzitutto ricordare che, come risulta da una giurisprudenza consolidata, in forza dell’art. 288, secondo comma, CE, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi presuppone che siano soddisfatte varie condizioni, vale a dire l’illiceità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento fatto valere e il danno lamentato (sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16; sentenze del Tribunale 11 luglio 1996, causa T‑175/94, International Procurement Services/Commissione, Racc. pag. II‑729, punto 44, e 11 luglio 1997, causa T‑267/94, Oleifici Italiani/Commissione, Racc. pag. II‑1239, punto 20).

60      Quando una di queste condizioni non è soddisfatta, il ricorso deve essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare le altre condizioni (sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C-146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4199, punti 19 e 81; sentenze del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 37, e 19 marzo 2003, causa T‑273/01, Innova Privat‑Akademie/Commissione, Racc. pag. II‑1093, punto 23).

61      Per soddisfare la condizione relativa all’illiceità del comportamento addebitato all’istituzione, la giurisprudenza esige che si dimostri l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che ha l’obiettivo di conferire diritti ai singoli (sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punto 42).

62      Per quanto riguarda la condizione per cui la violazione dev’essere sufficientemente qualificata, il criterio decisivo per considerarla soddisfatta è quello della violazione grave e manifesta, da parte dell’istituzione comunitaria interessata, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Qualora l’istituzione in questione disponga solamente di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata (sentenza della Corte 10 dicembre 2002, causa C‑312/00 P, Commissione/Camar e Tico, Racc. pag. I‑11355, punto 54; sentenza del Tribunale 12 luglio 2001, cause riunite T‑198/95, T‑171/96, T‑230/97, T‑174/98 e T‑225/99, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, Racc. pag. II‑1975, punto 134).

63      Occorre aggiungere che l’art. 288, secondo comma, CE basa l’obbligo da esso imposto alla Comunità di risarcire i danni causati dalle sue istituzioni sui «principi generali comuni ai diritti degli Stati membri», senza limitare, di conseguenza, la portata di tali principi al solo regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito delle dette istituzioni.

64      Orbene, i diritti nazionali relativi alla responsabilità extracontrattuale consentono ai singoli, anche se in misura variabile, in settori specifici e secondo modalità diverse, di ottenere in via giudiziale il risarcimento di taluni danni, anche in assenza di un’azione illecita dell’autore del danno.

65      Nel caso di un danno causato da un comportamento delle istituzioni della Comunità la cui illiceità non è dimostrata, la responsabilità extracontrattuale della Comunità può sorgere quando siano cumulativamente soddisfatte le condizioni relative all’effettività del danno, al nesso di causalità tra il danno e il comportamento delle istituzioni comunitarie e al carattere anormale e speciale del danno in questione (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 giugno 2000, causa C‑237/98 P, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4549, punto 19).

66      Quanto a queste ultime nozioni, un danno è, da una parte, anormale quando supera i limiti dei rischi economici inerenti alle attività nel settore di cui trattasi e, dall’altra, speciale quando riguarda una categoria particolare di operatori economici in maniera sproporzionata rispetto agli altri operatori (sentenze del Tribunale Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, cit., punto 56, e 10 febbraio 2004, cause riunite T‑64/01 e T‑65/01, Afrikanische Frucht-Compagnie e Internationale Fruchtimport Gesellschaft Weichert/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑521, punto 151).

67      La domanda di risarcimento della ricorrente dev’essere esaminata alla luce di tali osservazioni.

68      La ricorrente afferma che il suo ricorso è fondato in considerazione della violazione, da parte della Commissione, di principi di responsabilità extracontrattuale riconosciuti in molti Stati membri. A tale proposito, essa fa riferimento alle seguenti azioni:

–        l’azione civile fondata sul principio del divieto di arricchimento senza causa (de in rem verso);

–        l’azione civile fondata sulla gestione di affari (negotiorum gestio);

–        l’azione fondata sulla violazione del principio di diritto comunitario della tutela del legittimo affidamento;

–        l’azione civile fondata sul fatto che gli atti dei servizi della Commissione costituiscono un errore o una negligenza che le ha cagionato un danno.

69      Il Tribunale osserva che la domanda di risarcimento danni della ricorrente si fonda, da una parte, su regimi di responsabilità extracontrattuale che non implicano comportamenti illeciti da parte delle istituzioni della Comunità o dei suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni (l’arricchimento senza causa e la gestione di affari) e, dall’altra, su un regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito delle sue istituzioni e dei suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni (la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e l’errore o la negligenza della Commissione).

 Sulle domande fondate sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità in assenza di comportamento illecito dei suoi organi (azioni de in rem verso e negotiorum gestio)

 Argomenti delle parti

70      Per quanto attiene all’azione civile de in rem verso, la ricorrente afferma che il suo esercizio secondo i principi del diritto comune agli Stati membri presuppone la compresenza di quattro condizioni:

–        il convenuto si è arricchito;

–        il ricorrente si è impoverito;

–        esiste un nesso tra l’arricchimento del convenuto e l’impoverimento del ricorrente;

–        né l’arricchimento, né l’impoverimento hanno un valido fondamento giuridico: in altre parole, l’arricchimento è ingiusto o senza «causa».

71      Per quanto riguarda la prima condizione, la ricorrente sostiene che la Commissione si è arricchita di una somma pari al valore complessivo dei servizi oggetto delle fatture il cui pagamento è stato sospeso, ossia di EUR 448 947,78.

72      Quanto alla seconda condizione, la ricorrente afferma che, dato che le fatture di cui la Commissione ha sospeso il pagamento sono relative a servizi che essa ha fornito o che essa ha subappaltato a terzi e pagato, la detta sospensione l’avrebbe impoverita di tali somme. Le somme non hanno potuto essere recuperate presso la Helmico, la quale ha invocato la sospensione del pagamento e l’emissione di ordini di riscossione da parte della Commissione quali mezzi di difesa nel contesto del ricorso proposto dalla ricorrente nel Regno Unito. La ricorrente aggiunge che l’apparente fallimento della Helmico, nonché la sparizione dei suoi amministratori, ha reso definitivo il suo impoverimento.

73      Per quanto concerne la terza condizione, la ricorrente ritiene che da quanto precede risulta che esiste un nesso diretto tra l’importo di cui la Commissione si è arricchita e la somma di cui la ricorrente si è impoverita.

74      Relativamente alla quarta condizione, la ricorrente è dell’avviso che il rifiuto da parte della Commissione di effettuare i pagamenti per i lavori realizzati dopo la scoperta della frode nell’ottobre 1998 non trovi una giustificazione nel regolamento finanziario, dato che la regolarità delle successive fatture non è messa in discussione. La Commissione avrebbe quindi potuto usufruire, con piena cognizione di causa, dei servizi forniti dalla ricorrente senza mai retribuirla, facendo uso dei propri poteri di sospensione e di riscossione nel momento in cui la ricorrente avesse portato a termine l’esecuzione delle sue obbligazioni e quando il pagamento fosse stato l’ultima obbligazione contrattuale rimastale da adempiere. La Commissione si sarebbe quindi arricchita ingiustamente e senza giusta causa.

75      La ricorrente si fonda inoltre sul principio generale di diritto comunitario secondo cui la Commissione non deve arricchirsi ingiustamente a discapito di terzi.

76      In merito all’azione civile fondata sulla gestione di affari, la ricorrente fa valere che il suo esercizio secondo i principi di diritto comune agli Stati membri presuppone la compresenza delle cinque condizioni seguenti:

–        la gestione degli affari dell’interessato (o titolare dell’affare) deve andare a profitto dell’interessato, a prescindere dal fatto che si tratti di atti di natura giuridica o materiale;

–        al momento dei fatti, l’interessato non era in grado di provvedere da sé ai propri affari, ma essi dovevano essere gestiti;

–        il gestore non aveva intenzione di agire a titolo gratuito; non sussisteva alcun animus donandi;

–        il gestore non aveva alcun obbligo contrattuale di gestire gli affari dell’interessato;

–        ci si poteva ragionevolmente attendere che, se l’interessato fosse stato consapevole della necessità di agire, avrebbe agito come il gestore.

77      La prima condizione sarebbe soddisfatta, dato che la Commissione ha emesso relazioni di fine progetto favorevoli e ha quindi accettato il lavoro della ricorrente.

78      La seconda condizione sarebbe realizzata poiché il telefax del 5 ottobre 1998 proverebbe che i servizi della Commissione, temendo che l’esecuzione dei contratti russo e moldavo non fosse portata a termine, avrebbe richiesto alla ricorrente di adottare provvedimenti al fine di garantire tale esecuzione.

79      La terza condizione sarebbe soddisfatta, dato che la ricorrente avrebbe espresso, nell’ottobre 1998, la sua preoccupazione in merito al mancato pagamento, il che dimostrerebbe che essa non era intenzionata a fornire i servizi in questione a titolo gratuito. Tale circostanza sarebbe corroborata dal fatto che essa aveva concordato con la Helmico l’apertura di un conto speciale rispetto al quale era titolare di una procura, in modo che tutti i pagamenti effettuati dalla Commissione su tale conto potessero esserle trasferiti.

80      La quarta condizione sarebbe realizzata dato che gli stessi servizi della Commissione negano che esistesse un qualsiasi rapporto contrattuale tra la Commissione e la ricorrente.

81      La quinta condizione sarebbe anch’essa presente, posto che i servizi della Commissione, nel loro telefax del 5 ottobre 1998, hanno scritto quanto segue:

«In caso di mancato ricevimento di tale garanzia prima di lunedì 12 ottobre, la Commissione intende ricorrere ad altri mezzi per garantire la realizzazione del detto progetto, conformemente ai termini del contratto».

82      Secondo la ricorrente, l’esistenza della gestione di affari determina, in capo al gestore, l’obbligo di continuare a gestire gli affari dell’interessato fino a quando quest’ultimo non sia in grado di provvedere da sé, nonché di agire ragionevolmente, con la diligenza del buon padre di famiglia. L’interessato deve rimborsare il gestore per i servizi resi e per le spese sostenute a causa di tale gestione. Nel caso di specie la ricorrente, avendo portato a termine i progetti russo e moldavo e avendo agito ragionevolmente, avrebbe pertanto diritto ad una retribuzione ragionevole per il lavoro effettuato e al rimborso di tutte le spese sostenute per la realizzazione di tale lavoro.

83      La ricorrente sostiene che l’applicazione di tali principi generali di responsabilità extracontrattuale, comune agli Stati membri, non è soggetta alla condizione relativa all’illegittimità del comportamento di colui che si è arricchito o dell’interessato. Si realizzerebbe un atto illegittimo solamente quando e se l’arricchito si rifiutasse di rimborsare l’impoverito (azione de in rem verso) o quando colui che ha beneficiato della gestione di affari si rifiutasse di risarcire il gestore (negotiorum gestio). La ricorrente conclude pertanto che tutte le sue richieste sono fondate.

84      La Commissione rinvia alla giurisprudenza secondo cui il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità presuppone che il ricorrente provi l’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione interessata, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra tale comportamento e il danno lamentato (sentenze del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T‑113/96, Dubois e Figli/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑125, punto 54, e 27 febbraio 2003, causa T‑61/01, Vendedurías de Armadores Reunidos/Commissione, Racc. pag. II‑327, punto 40). Quando una di queste condizioni non è soddisfatta, il ricorso deve essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità extracontrattuale (v. sentenza Innova Privat Akademie/Commissione, cit., punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

85      La Commissione sostiene, in via principale, che, dato che nel contesto delle sue domande, fondate rispettivamente sulle azioni de in rem verso e negotiorum gestio, la ricorrente non formula nessuna accusa precisa quanto all’illegittimità del comportamento della Commissione, tali domande devono essere respinte in quanto non sussiste la condizione relativa all’illegittimità del comportamento dell’istituzione. Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui il mancato risarcimento costituirebbe di per sé un atto illegittimo, ad avviso della Commissione si tratta di un ragionamento che costituisce un circolo vizioso, dato che il pregiudizio lamentato ed il fatto generatore della responsabilità coincidono.

86      In subordine, la Commissione sostiene che i presupposti per intentare un’azione fondata sul principio del divieto di arricchimento senza causa o sulla gestione di affari non sono soddisfatti.

87      Ad avviso della Commissione, non è possibile addebitarle di essersi arricchita ingiustamente o senza giusta causa a discapito della ricorrente grazie alla sospensione dei pagamenti alla Helmico e all’emissione degli ordini di riscossione a carico di quest’ultima in seguito alla frode nel loro rapporto contrattuale. Agendo in questo modo, la Commissione avrebbe adempiuto un obbligo espressamente previsto dal regolamento finanziario, obbligo che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non avrebbe fatto sorgere un diritto a favore della subappaltante. Al contrario, la Commissione considera che siffatto obbligo esclude la possibilità di prendere in considerazione gli interessi di qualunque terzo.

88      Secondo la Commissione, la ricorrente non può legittimamente affermare di essere stata «ingiustamente» impoverita, poiché la somma richiesta per i lavori effettuati in forza dei suoi obblighi contrattuali corrisponde alla somma che le è dovuta dalla Helmico in virtù dei contratti di subappalto. La Commissione ricorda che la ricorrente ha scelto di non impegnarsi in un rapporto contrattuale con essa e che pertanto non può far valere le garanzie cui avrebbe avuto diritto in qualità di controparte contrattuale.

89      Ad avviso della Commissione, l’azione civile fondata sulla negotiorum gestio non è concepita per applicarsi alla situazione in cui un subappaltante esegue, in forza di un contratto, lavori destinati a un terzo. La Commissione rinvia agli articoli redatti nell’ottobre 2003 dal gruppo di studio sul codice civile europeo in materia di principi di diritto europeo relativi all’intervento disinteressato negli affari altrui. Tali articoli escludono a priori la responsabilità «quando l’interveniente si è impegnato ad agire nei confronti di un terzo». Nel caso di specie, posto che la ricorrente si limitava a dare esecuzione agli obblighi ad essa incombenti in forza del suo contratto con la Helmico, la responsabilità a titolo della negotiorum gestio andrebbe esclusa a priori.

90      In base a tali articoli, la responsabilità fondata sulla negotiorum gestio andrebbe scartata anche per il fatto che l’«interveniente» deve avere un «motivo ragionevole per agire». Ebbene, «l’interveniente non ha motivi ragionevoli per agire se dispone della concreta possibilità di conoscere le volontà del committente ma si astiene dall’informarsene». Nel caso di specie, la Commissione ritiene che, anche se il contratto con la Helmico avesse cessato di esistere (ipotesi che non si è verificata), la ricorrente avrebbe benissimo potuto informarsi sulla volontà della Commissione. Essendosi astenuta dal farlo, essa avrebbe agito «in modo non ragionevole»; facendolo, e giungendo alla conclusione che la Commissione desiderava che essa agisse nel modo in cui aveva agito, tale capo della domanda andrebbe incluso nel motivo vertente sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

 Giudizio del Tribunale

91      Innanzi tutto va rilevato che il regime della responsabilità extracontrattuale, come previsto nella maggior parte dei sistemi giuridici nazionali, non contiene necessariamente una condizione relativa all’illegittimità o alla colpa nel comportamento del convenuto. Le azioni fondate sull’arricchimento senza causa o sulla gestione di affari sono concepite per costituire, in particolari circostanze in diritto civile, una fonte di obbligazione extracontrattuale in capo a colui che si trova nella posizione di arricchito o di beneficiario della gestione che consiste, di norma, rispettivamente, o nel restituire ciò che era stato indebitamente percepito, o nel risarcire il gestore.

92      Non ne risulta, quindi, che i motivi fatti valere dalla ricorrente tratti dall’arricchimento senza causa e dalla gestione di affari debbano essere respinti per la sola ragione che la condizione relativa all’illegittimità del comportamento dell’istituzione non è soddisfatta, come sostiene in via principale la Commissione.

93      Come è stato illustrato sopra, ai punti 63‑66, l’art. 288, secondo comma, CE stabilisce l’obbligo, in capo alla Comunità, di risarcire i danni cagionati dalle sue istituzioni senza limitare il regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità alla sola responsabilità per colpa. L’atto o il comportamento, anche lecito, di un’istituzione della Comunità può infatti cagionare un danno anormale e speciale, che la Comunità è tenuta a risarcire ai sensi della citata giurisprudenza.

94      Inoltre, il giudice comunitario ha già avuto occasione di applicare taluni principi relativi alla ripetizione dell’indebito, in particolare in materia di arricchimento senza causa, il cui divieto costituisce un principio generale del diritto comunitario (sentenza della Corte 10 luglio 1990, causa C‑259/87, Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑2845, pubblicazione sommaria, punto 26; sentenze del Tribunale 10 ottobre 2001, causa T‑171/99, Corus UK/Commissione, Racc. pag. II‑2967, punto 55, e 3 aprile 2003, cause riunite T‑44/01, T‑119/01 e T‑126/01, Vieira e a./Commissione, Racc. pag. II‑1209, punto 86).

95      Occorre pertanto esaminare se le condizioni dell’azione de in rem verso o quelle dell’azione fondata sulla negotiorum gestio siano soddisfatte in questa fattispecie, al fine di decidere se tali principi vi trovino applicazione.

96      A tale riguardo è inevitabile concludere, come fa la Commissione, che, nel contesto giuridico e fattuale in cui si colloca la controversia in esame, le azioni fondate sull’arricchimento senza causa o sulla gestione di affari non possono trovare attuazione.

97      Infatti, secondo i principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, tali azioni non possono essere esercitate quando il vantaggio ottenuto dall’arricchito o dal beneficiario della gestione trova giustificazione in un contratto o in un obbligo di legge. Inoltre, secondo gli stessi principi, di norma siffatte azioni possono essere esercitate solamente in subordine, ossia nel caso in cui la persona che ha subito il danno non possa disporre di alcun altro rimedio per ottenere quanto le è dovuto.

98      Orbene, in questa fattispecie è pacifico che esistono rapporti contrattuali tra, da una parte, la Commissione e la Helmico e, dall’altra, tra quest’ultima e la ricorrente. Il presunto danno diretto corrisponde alla retribuzione dovuta alla ricorrente dalla Helmico in forza dei contratti di subappalto stipulati tra queste due parti, contratti che contengono, a tale riguardo, una clausola compromissoria che designa, come giudici competenti per eventuali controversie contrattuali, i tribunali inglese e gallese. Spetta quindi incontestabilmente alla Helmico retribuire la ricorrente per i lavori effettuati e assumersi l’eventuale responsabilità risultante dal mancato pagamento, come dimostrato anche dal procedimento giudiziario – attualmente pendente benché sospeso – che la ricorrente ha avviato contro la Helmico dinanzi alla High Court of Justice. L’eventuale insolvibilità della Helmico non può giustificare l’assunzione della relativa responsabilità da parte della Commissione dato che la ricorrente non può avere due fonti per lo stesso diritto alla retribuzione. Dagli atti processuali risulta infatti, senza che le parti lo abbiano contestato, che tale procedimento avviato dinanzi alla High Court of Justice verte sul pagamento dei servizi oggetto del ricorso in esame.

99      Ne risulta che un eventuale arricchimento della Commissione o impoverimento della ricorrente, avendo origine in un contesto contrattuale esistente, non può essere definito senza causa.

100    Un ragionamento analogo può essere svolto anche per escludere l’applicazione dei principi dell’azione civile della gestione di affari che, secondo i principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, solo in via del tutto eccezionale può sfociare nel sorgere della responsabilità dei poteri pubblici in generale, e più in particolare nel contesto fattuale e giuridico di questa controversia. I presupposti per l’esercizio dell’azione civile fondata sulla gestione di affari palesemente non sono soddisfatti per le seguenti ragioni.

101    Occorre rilevare che l’esecuzione, da parte della ricorrente, dei suoi obblighi contrattuali nei confronti della Helmico non può essere legittimamente considerata alla stregua di un intervento disinteressato in affari altrui che devono necessariamente essere gestiti, come richiede l’azione in questione. Infatti, prima di impegnarsi a proseguire i progetti russo e moldavo, nell’ottobre 1998 la ricorrente aveva contattato i servizi della Commissione. Tale circostanza priva il suo intervento del carattere disinteressato. Per di più, la conclusione che la ricorrente trae dalla lettera del 5 ottobre 1998, secondo cui la Commissione non era in grado di gestire i progetti in esame, risulta errata alla luce del contenuto di tale lettera, in cui la Commissione menzionava espressamente la possibilità di cui essa disponeva di «ricorrere ad altri mezzi per garantire la realizzazione del progetto». Infine, l’argomento della ricorrente risulta contraddittorio anche in considerazione dei principi della gestione di affari sotto il profilo della consapevolezza, da parte dell’interessato, dell’intervento del gestore. Tale intervento, infatti, in linea di massima viene effettuato all’insaputa dell’interessato, o per lo meno senza che quest’ultimo sia consapevole della necessità di agire immediatamente. Ebbene, la stessa ricorrente afferma che la sua scelta di proseguire i lavori nell’ottobre 1998 è stata il risultato di una sollecitazione della Commissione.

102    Non è fuori luogo osservare, ad abundantiam, che, secondo la giurisprudenza, gli operatori economici devono sopportare i rischi economici inerenti alle loro attività, alla luce delle circostanze di ciascun caso di specie (v. sentenza del Tribunale 17 dicembre 1998, causa T‑203/96, Embassy Limousines & Services/Parlamento, Racc. pag. II‑4239, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

103    Orbene, non è stato dimostrato che la ricorrente abbia subito un danno anormale o speciale che vada oltre i limiti dei rischi economici e commerciali inerenti alla sua attività. In tutti i rapporti contrattuali esiste un certo rischio che una parte non esegua il contratto in modo soddisfacente o diventi addirittura insolvente. Spetta ai contraenti ovviare in modo adeguato a tale rischio nel contratto stesso. La ricorrente non ignorava che la Helmico non stava adempiendo i propri obblighi contrattuali, tuttavia ha scelto consapevolmente di continuare ad adempiere i propri invece di presentare un ricorso formale. Così facendo, essa si è assunta un rischio commerciale che potrebbe essere definito normale. La questione se tale scelta risultasse dalla sollecitazione della Commissione e/o fosse interamente o parzialmente motivata dalla convinzione che la Commissione avrebbe garantito la retribuzione dei suoi servizi qualora la Helmico non fosse stata in grado di farlo rientra quindi nel motivo vertente sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

104    Da quanto precede, risulta che i primi due motivi fatti valere dalla ricorrente, relativi ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri in materia di responsabilità extracontrattuale senza colpa, devono essere respinti.

 Sulle domande fondate sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi

 Sul legittimo affidamento

–       Argomenti delle parti

105    La ricorrente fa riferimento alla giurisprudenza secondo cui il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a qualsiasi singolo che si trovi in una situazione dalla quale emerga che l’amministrazione comunitaria abbia fatto sorgere in lui fondate speranze. Peraltro, essa sottolinea che gli operatori economici devono sopportare i rischi economici inerenti alle loro attività, alla luce delle circostanze di ciascun caso di specie.

106    La ricorrente sostiene che la riunione con i servizi della Commissione del 2 ottobre 1998 e la successiva corrispondenza relativa all’apertura di un conto bancario speciale della Helmico, relativamente al quale essa disponeva di una procura, hanno fatto sorgere nella ricorrente l’aspettativa che i servizi della Commissione avrebbero provveduto affinché essa fosse effettivamente retribuita per il lavoro effettuato.

107    Secondo la ricorrente, essa ha portato a termine i progetti moldavo e russo confidando in tale aspettativa. Così facendo, essa non sarebbe stata soggetta ad un rischio relativo alle sue attività in quanto, non essendo contraente della Commissione e non essendo stata pagata dalla Helmico, sarebbe stata libera di cessare la fornitura dei servizi in parola. Dato che lavorava per la Commissione, la ricorrente afferma che poteva ragionevolmente attendersi di essere trattata lealmente e di non correre il rischio di non essere retribuita per i servizi forniti su pressante richiesta dei servizi della Commissione.

108    Incoraggiando la ricorrente a portare a termine i servizi, rifiutandosi in seguito di pagarli alla Helmico e non adottando i provvedimenti atti a garantire l’indennizzo della ricorrente per il lavoro effettuato, la Commissione avrebbe commesso un illecito che fa sorgere la responsabilità extracontrattuale.

109    La ricorrente afferma che dalla linea di condotta complessiva tenuta dalla Commissione nella fattispecie potevano ricavarsi garanzie precise, seppure non esplicite, compresi elementi costituiti dalla totale assenza di reazione da parte della Commissione, riassunti ed interpretati nei seguenti termini:

–        la ricorrente ha attirato l’attenzione dei servizi della Commissione sul fatto che la Helmico non la pagava e la ingannava producendo documenti falsificati relativi alle fatture trasmesse dalla Helmico alla Commissione;

–        i servizi della Commissione hanno considerato tale circostanza integrante una frode dato che erano stati versati fondi comunitari alla Helmico e quest’ultima non aveva pagato il fornitore dei servizi in questione, ossia la ricorrente;

–        la ricorrente ha espresso ai servizi della Commissione l’intenzione di non investire ulteriore tempo e di non sostenere altre spese fino all’individuazione di una soluzione che garantisse il suo pagamento;

–        i servizi della Commissione sono stati informati dell’attuazione di tale soluzione e non hanno sollevato alcuna obiezione. Più precisamente, tale soluzione è stata realizzata mediante l’apertura del conto bancario della Helmico sul quale la ricorrente disponeva di una procura;

–        un membro dei servizi della Commissione, preoccupato della possibile mancata realizzazione del progetto russo, aveva avvertito la ricorrente che la Commissione avrebbe potuto mettersi allo studio di altri strumenti idonei a realizzare i progetti in questione se le parti non avessero risolto la loro controversia;

–        i servizi della Commissione hanno autorizzato la ricorrente a proseguire nell’esecuzione dei progetti russo e moldavo e solamente quando i progetti erano terminati l’hanno informata che i pagamenti alla Helmico sarebbero stati sospesi e che sarebbero stati emessi ordini di riscossione;

–        la ricorrente ha effettivamente portato a termine i progetti russo e moldavo e le relazioni sull’esecuzione dei progetti sono state accettate dai servizi della Commissione;

–        la Commissione ha effettuato un pagamento sul conto bancario della Helmico sul quale la ricorrente disponeva di una procura;

–        come emerge dalla lettera della Commissione del 22 marzo 2000, i suoi servizi avevano preso in considerazione la possibilità di effettuare versamenti supplementari alla ricorrente, calcolati sulla base del lavoro da essa effettuato e delle spese da essa sostenute, ma hanno deciso che esistevano incertezze giuridiche in merito ad una possibile contestazione di tali pagamenti da parte della Helmico o da parte dei suoi curatori fallimentari;

–        solo dopo il completamento, da parte della ricorrente, dei progetti russo e moldavo e l’accettazione delle sue relazioni sulla realizzazione del progetto la Commissione ha sospeso tutti gli altri pagamenti ed ha emesso, nell’aprile 2000, gli ordini di riscossione nei confronti della Helmico;

–        il 15 giugno 2000 il presidente della Masdar ha inviato un telefax al membro della Commissione incaricato delle relazioni esterne nel quale ha dichiarato: «18 mesi fa abbiamo avvertito la Commissione europea delle difficoltà incontrate con il nostro partner Helmico riguardo ai due suddetti progetti. Abbiamo ricevuto assicurazioni nel senso che, se avessimo continuato i progetti, la Commissione europea avrebbe garantito il compenso per i nostri servizi. Abbiamo continuato a finanziare e a dare esecuzione ai due progetti a nome vostro e al prezzo di notevoli sovraccosti, nonostante ci fossimo già resi conto che la Helmico aveva truffato la Masdar e che tali fondi sarebbero probabilmente rimasti irrecuperabili»;

–        la risposta del membro della Commissione, contenuta nella lettera del 25 luglio 2000, non contestava la dichiarazione del presidente della Masdar secondo cui quest’ultima aveva ricevuto garanzie che sarebbe stata pagata.

110    La Commissione ricorda che, per giurisprudenza costante, gli operatori economici devono sopportare i rischi economici inerenti alle loro attività, alla luce delle circostanze di ciascun caso di specie. Tale regola, tuttavia, è temperata dal principio della tutela del legittimo affidamento. Secondo una consolidata giurisprudenza, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a qualsiasi singolo che si trovi in una situazione dalla quale emerga che l’amministrazione comunitaria, in particolare fornendogli assicurazioni precise, ha fatto sorgere in lui speranze fondate.

111    La Commissione non considera che la riunione con i suoi servizi del 2 ottobre 1998 e la successiva corrispondenza fatta valere dalla ricorrente possano essere ragionevolmente interpretate come «assicurazioni precise» da parte dei servizi della Commissione che essi avrebbero provveduto affinché la ricorrente fosse effettivamente retribuita per i lavori effettuati.

112    Per quanto riguarda la riunione in parola, la Commissione ritiene che spetti alla ricorrente, che non vi ha però provveduto, dimostrare che in tale sede sono state fornite siffatte assicurazioni, o quanto meno sono state rilasciate dichiarazioni ragionevolmente interpretabili in tal senso. La Commissione spiega di essere sempre disposta a comporre in via amichevole la controversia in esame mediante il pagamento della somma di EUR 249 314,35, corrispondente al valore dei servizi fatturati dalla ricorrente dopo tale riunione, qualora essa sia in grado di produrre tale prova.

113    Per quanto concerne il telefax del 5 ottobre 1998 inviato alla Helmico, la Commissione afferma, da una parte, di avere semplicemente espresso la propria preoccupazione in ordine al fatto che le divergenze tra la Helmico e la ricorrente rischiavano di compromettere la realizzazione del contratto russo e, dall’altra, di aver cercato di ottenere la garanzia che la Helmico e la ricorrente avrebbero effettivamente rispettato i termini dei loro rispettivi contratti.

114    Secondo la Commissione, neppure il successivo scambio di corrispondenza può essere interpretato alla stregua di siffatte assicurazioni. Tale scambio consiste infatti, a suo avviso, o in lettere tra la ricorrente e la Helmico, o in lettere inviate dalla Helmico alla Commissione. Esse conterrebbero sostanzialmente la garanzia che la Helmico e la ricorrente erano venute a capo delle loro divergenze e che i contratti russo e moldavo sarebbero stati eseguiti. La Commissione sostiene che tali lettere contengono altre informazioni, in particolare che la gestione dei progetti in esame era stata trasferita al presidente della Masdar e che alcuni pagamenti dovuti in forza dei detti contratti da quel momento in poi sarebbero stati versati su un determinato conto bancario appartenente alla Masdar. Ad avviso della Commissione queste informazioni vertono semplicemente su accordi conclusi tra tali parti verosimilmente al fine di agevolare la risoluzione delle loro divergenze di opinione e non possono essere interpretati come una proposta di modifica delle condizioni contrattuali iniziali sottoposte da tali parti alla Commissione.

115    La Commissione contesta inoltre l’affermazione secondo cui la sua mancata reazione, nella lettera del 25 luglio 2000, alla dichiarazione fatta dalla Masdar nella sua lettera del 15 giugno 2000 – secondo cui quest’ultima aveva «ricevuto assicurazioni che, se avesse proseguito i progetti, la Commissione europea avrebbe provveduto a farla pagare dai suoi servizi» – possa essere considerata esplicita garanzia o tacito riconoscimento del fatto che la Masdar aveva stretto rapporti contrattuali con la Commissione o che quest’ultima s’era impegnata a far retribuire la ricorrente per tutti i lavori eseguiti in forza del suo contratto con la Helmico (sentenza del Tribunale 27 marzo 1990, causa T‑123/89, Chomel/Commissione, Racc. pag. II‑131, punto 27).

116    La Commissione ricorda inoltre che, per potersi avvalere del principio della tutela del legittimo affidamento, la ricorrente deve dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra le assicurazioni fornite ed il danno subito. In altre parole, essa non deve solamente provare che l’istituzione comunitaria in questione ha dato assicurazioni, ma anche che essa stessa ha subito un danno perché ha agito confidando in tali assicurazioni (sentenza Embassy Limousines & Services/Parlemento, cit.).

117    Pertanto, anche supponendo che la lettera del 25 luglio 2000 avesse contenuto assicurazioni nel senso che la ricorrente sarebbe stata pagata, tali assicurazioni sarebbero inefficaci, poiché l’eventuale danno subito dalla ricorrente a causa delle spese sostenute per dare esecuzione al contratto concluso con la Helmico si sarebbe verificato prima di tale data.

118    La Commissione giunge alla conclusione che alla ricorrente non sono state fornite assicurazioni precise e che l’azione fondata sul legittimo affidamento deve essere respinta.

–       Giudizio del Tribunale

119    Per costante giurisprudenza, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento, che costituisce uno dei principi fondamentali della Comunità, si estende a qualsiasi singolo che si trovi in una situazione dalla quale emerga che l’amministrazione comunitaria, fornendogli assicurazioni precise, abbia fatto sorgere in lui speranze fondate. Costituiscono assicurazioni in tal senso, indipendentemente dalla forma con cui vengano comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili (sentenza del Tribunale 21 luglio 1998, cause riunite T‑66/96 e T‑221/97, Mellett/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑449 e II‑1305, punti 104 e 107 e giurisprudenza ivi citata). La giurisprudenza ha inoltre stabilito che il principio della tutela del legittimo affidamento costituisce una norma di diritto che conferisce diritti ai singoli (sentenza del Tribunale 6 dicembre 2001, causa T‑43/98, Emesa Sugar/Consiglio, Racc. pag. II‑3519, punto 64). La violazione di tale principio può determinare la responsabilità della Comunità. Tuttavia, gli operatori economici devono sopportare i rischi economici inerenti alle loro attività, alla luce delle circostanze di ciascun caso di specie (v., in tal senso, sentenze della Corte 25 maggio 1978, cause riunite 83/76 e 94/76, 4/77, 15/77 e 40/77, HNL e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1209, punto 7, e 24 giugno 1986, causa 267/82, Développement e Clemessy/Commissione, Racc. pag. 1907, punto 33).

120    Dal fascicolo risulta che le aspettative fatte valere dalla ricorrente riguardavano il pagamento, da parte della Commissione, dei servizi forniti alla Helmico in base al contratto. In questa fattispecie occorre constatare che i documenti scritti provenienti dalla Commissione e di cui il Tribunale dispone non possono in alcun caso essere interpretati come assicurazioni precise, idonee a suscitare nella ricorrente aspettative fondate, che la Commissione si impegnasse a retribuirle i servizi prestati.

121    Il telefax del 5 ottobre 1998, infatti, aveva come destinataria la Helmico e conteneva inoltre l’avvertimento che, se fosse stata compromessa la realizzazione del progetto russo, la Commissione, per portarlo a termine, avrebbe potuto ricorrere a strumenti diversi dai servizi del consorzio composto dalla Helmico e dalla ricorrente. Pertanto, da tale lettera non si può dedurre né una «pressante richiesta» della Commissione alla ricorrente di concludere il progetto a tutti i costi, né la garanzia che, se la ricorrente non fosse stata retribuita dalla Helmico, la Commissione se ne sarebbe fatta carico.

122    Il Tribunale ritiene inoltre che neppure la corrispondenza relativa all’apertura del conto bancario speciale della Helmico, su cui la ricorrente aveva una procura, possa essere interpretata come una garanzia fornita alla ricorrente, dato che la Commissione non si è pronunciata nell’ambito di tale corrispondenza, che consisteva in lettere dalla ricorrente alla Helmico, o in lettere inviate dalla Helmico alla Commissione. Mediante tali lettere si portavano a conoscenza della Commissione determinate informazioni relative agli accordi finanziari intervenuti tra le parti. Il fatto che la Commissione abbia preso atto del cambiamento del conto bancario della Helmico, essendo anche a conoscenza della procura di cui disponeva la ricorrente su tale conto, non può tuttavia essere interpretato come una garanzia supplementare fornita a quest’ultima.

123    Un’assicurazione del genere non può essere dedotta dalla lettera del 29 luglio 1999, inviata alla ricorrente dalla Commissione. Tale lettera, infatti, informava la ricorrente della decisione della Commissione di pagare solamente un acconto di EUR 200 000, che sarebbe stato versato sul conto della Helmico in base alle fatture da essa emesse, nonché della decisione di sospendere i futuri pagamenti fino a quando la questione delle irregolarità finanziarie nell’ambito dei progetti moldavo e russo fosse stata chiarita. Tale lettera indicava infatti chiaramente che i futuri pagamenti non sarebbero stati effettuati con riferimento ai lavori realizzati dalla ricorrente, bensì con riferimento a fatture emesse dalla Helmico e che essi sarebbero stati condizionati dai risultati delle verifiche contabili sull’utilizzo dei fondi comunitari.

124    Per quanto riguarda poi la lettera inviata dalla Commissione alla ricorrente il 22 marzo 2000, la tesi secondo cui tale lettera conterrebbe assicurazioni sul pagamento è contraddetta dal contenuto stesso di tale lettera, nella quale la Commissione oppone un esplicito rifiuto alla richiesta della ricorrente di essere pagata direttamente dalla Commissione, in particolare a causa delle conseguenze giuridiche di un’eventuale insolvibilità della Helmico, tenuto conto dei rapporti contrattuali tra questa e la Masdar.

125    Infine, per quanto attiene alla lettera del 25 luglio 2000, come giustamente osservato dalla Commissione, la sua mancata reazione all’affermazione, fatta dalla ricorrente per la prima volta, relativa all’esistenza di assicurazioni da essa fornite, non equivale alla conferma di tale affermazione, né, tanto meno, la lettera può essere considerata un’assicurazione precisa fornita dalla Commissione.

126    Il Tribunale non dispone neppure di elementi idonei a provare che le dette assicurazioni siano state fornite in occasione della riunione del 2 ottobre 1998.

127    Inoltre, considerati gli altri elementi del fascicolo, ciò appare altamente improbabile. Precise assicurazioni in merito ad una retribuzione diretta della ricorrente avrebbero infatti, a fortiori, implicato il cambiamento delle condizioni contrattuali iniziali. Pertanto, dato che gli accordi contrattuali originari avevano forma scritta, la modifica di tali accordi avrebbe dovuto avvenire, di norma, per iscritto. Ebbene, l’espressa richiesta di confermare l’accettazione delle modifiche, inviata alla Commissione con il telefax del 6 ottobre 1998, sottoscritto dalla Helmico e dalla ricorrente, è rimasta senza risposta. Se ne può dedurre che la reale volontà della Commissione era quella di non discostarsi dai diritti e dagli obblighi in vigore. Il comportamento della Commissione, come emerge da tali scritti e fatti, risulta coerente, in quanto essa ha sempre evitato di impegnarsi direttamente nei confronti della ricorrente e ha cercato di rimanere in un contesto contrattuale con la Helmico, sia per quanto riguarda la corrispondenza, sia per quanto riguarda i pagamenti successivi alla riunione del 2 ottobre 1998.

128    Dalla risposta della Commissione ai quesiti scritti del Tribunale emerge che non è stato redatto alcun verbale di tale riunione, il che le conferisce un carattere informale. In tali circostanze, il Tribunale reputa che non si possa ragionevolmente ammettere che la Commissione abbia potuto impegnarsi per somme così considerevoli in occasione di una riunione di questo tipo, tanto più che in seguito non è stata intrapresa alcuna azione tale da confermare, eventualmente, siffatto impegno. Infine, anche ammettendo che, in una riunione informale, un funzionario della Commissione abbia fornito precisazioni orali sulla questione della retribuzione, un operatore economico prudente ed accorto non avrebbe dovuto ragionevolmente impegnarsi in lavori costosi sulla base di tali affermazioni, senza che esse fossero sostenute da altre garanzie.

129    Da ultimo, per quanto riguarda la proposta della Commissione alla ricorrente nel telefax del 15 maggio 2003 di una composizione amichevole della controversia consistente nel versamento di EUR 249 314,35 per i lavori effettuati dopo la scoperta della frode della Helmico, dal detto telefax emerge chiaramente che tale proposta era subordinata alla produzione della prova di un accordo tra la Commissione e la ricorrente che quest’ultima sarebbe stata pagata direttamente dalla Commissione se avesse portato a termine i progetti russo e moldavo. Ebbene, la ricorrente non è stata in grado di produrre siffatta prova né dinanzi alla Commissione, né dinanzi a questo Tribunale, ma si è limitata a semplici affermazioni che non risultano probanti alla luce degli altri elementi del fascicolo.

130    Pertanto, occorre concludere che dagli elementi disponibili, siano essi esaminati separatamente o complessivamente, non emerge la presenza di assicurazioni precise fornite dalla Commissione che abbiano potuto far sorgere nella ricorrente fondate aspettative che le consentano di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento.

131    Di conseguenza, il terzo motivo, tratto dalla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, deve essere respinto.

 Sulla colpa o la negligenza

–       Argomenti delle parti

132    Secondo la ricorrente, dai principi generali della responsabilità extracontrattuale per colpa vigente nei sistemi di diritto civile e dal principio della responsabilità per delitto in seguito a negligenza vigente nei sistemi anglosassoni emerge che, se la Commissione esercitasse il suo potere di sospendere il pagamento di un contratto nei casi di errore, irregolarità, o frode commessi dall’altro contraente, essa dovrebbe dimostrare una diligenza ragionevole per garantire di non cagionare un pregiudizio a terzi o, se del caso, risarcire ai terzi tale danno.

133    Nel caso di specie, i servizi della Commissione avrebbero dovuto di norma sapere che la sospensione dei pagamenti alla Helmico avrebbe implicato il mancato pagamento della ricorrente per i servizi da essa forniti in buona fede alla Commissione in qualità di subappaltante della Helmico. Non si potrebbe sostenere che il danno subito dalla ricorrente è semplicemente la conseguenza del normale rischio commerciale inerente al mancato pagamento da parte di un debitore. La causa in esame non implicherebbe la realizzazione di un rischio di tale natura, bensì il ricorso consapevole, da parte della Commissione, a prerogative di cui non disporrebbero gli operatori economici di diritto privato ed è per questo motivo che la Commissione avrebbe dovuto esercitare gli speciali poteri che le conferisce il regolamento finanziario in modo tale da evitare o attenuare il danno causato, con piena cognizione di causa, ai terzi.

134    La Commissione avrebbe potuto pagare la Helmico effettuando un versamento su un conto speciale sul quale la ricorrente disponeva di una procura, come il pagamento di EUR 200 000 che aveva effettuato nel settembre 1999. In tal modo, la Commissione avrebbe potuto adempiere il suo obbligo contrattuale nei confronti della Helmico ed il suo obbligo non contrattuale consistente nell’evitare di cagionare un danno alla ricorrente. In tal caso, qualsiasi eventuale azione volta al recupero di crediti esercitata da un curatore fallimentare della Helmico sarebbe stata diretta contro la ricorrente e non contro la Commissione, dato che sarebbe stata la ricorrente a prelevare i fondi dal conto della Helmico.

135    Per questi motivi, la ricorrente sostiene che la Commissione è tenuta a risarcirle il danno che le ha causato con la sua decisione di sospendere i pagamenti alla Helmico.

136    La Commissione contesta l’affermazione della ricorrente. Innanzitutto, essa sostiene che, quando decide sull’opportunità di sospendere taluni pagamenti, di evitare il pagamento o di recuperare gli importi già versati in forza di un contratto, non è vincolata da un dovere di sollecitudine nei confronti di terzi. A suo avviso, inoltre, anche se tale dovere sussistesse, nelle circostanze della fattispecie in esame essa avrebbe dimostrato una ragionevole sollecitudine. Afferma infine che la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità tra la colpa addebitata ed il danno che afferma d’aver subito.

137    Secondo la Commissione, quando essa decide di recuperare dei crediti, le incombono, in qualità di depositaria di risorse pubbliche, determinati obblighi che non gravano sugli operatori economici di diritto privato. Essa sostiene di essere soggetta ad una disciplina che non si applica agli operatori economici e che tale disciplina la dispensa a maggior ragione dall’obbligo di tenere conto degli interessi finanziari di terzi, come i subappaltanti, quando deve decidere se vadano esercitati i poteri di cui dispone in forza del regolamento finanziario.

138    La Commissione fa valere che, anche ammettendo che essa fosse stata tenuta a prendere in considerazione gli interessi della ricorrente quando valutava se sospendere i pagamenti alla Helmico – il che, a suo avviso, non è –, essa avrebbe in ogni caso agito in modo ragionevole. Afferma che dalla relazione di verifica contabile risultava che la Helmico aveva commesso una frode grave. Tale frode, consistente nel fatturare lavori mai effettuati, sarebbe stata rilevante e avrebbe inciso direttamente sugli importi spettanti alla Helmico in forza del contratto. Pertanto, la decisione della Commissione non può essere definita irragionevole.

139    Per quanto riguarda il nesso di causalità, la Commissione rileva che, se avesse pagato il saldo dell’importo asseritamente dovuto alla Helmico, non è affatto certo che tale somma sarebbe stata trasferita alla ricorrente. Se essa avesse pagato direttamente alla ricorrente somme asseritamente dovute alla Helmico, in mancanza di qualsiasi obbligo contrattuale in tal senso, avrebbe corso il rischio di essere considerata debitrice della Helmico e di avere concesso, in modo collusivo, un privilegio ad un creditore particolare, vale a dire alla ricorrente. In tal modo, essa si sarebbe quindi esposta al rischio di dovere pagare due volte lo stesso debito qualora il liquidatore fallimentare avesse deciso di recuperare i crediti nei confronti della Helmico.

–       Giudizio del Tribunale

140    Dalle memorie della ricorrente emerge che il comportamento contestato alla Commissione è rappresentato dalla sospensione dei pagamenti alla Helmico. L’illiceità di tale comportamento della Commissione consisterebbe nel non aver dato prova di ragionevole diligenza non avendo accertato se, procedendo a tale sospensione, avrebbe cagionato un pregiudizio a terzi e non avendo considerato, all’occorrenza, l’eventualità di risarcire i terzi per il danno subito.

141    Il Tribunale osserva, in primo luogo, che la ricorrente si limita ad addurre l’esistenza di un siffatto dovere di diligenza senza però produrre alcuna prova né sviluppare alcuna argomentazione giuridica a sostegno della sua tesi e senza precisare la fonte e la portata di tale dovere. Il Tribunale considera che il riferimento in termini molto vaghi ai principi generali della responsabilità extracontrattuale per colpa vigente nei sistemi di diritto civile e della responsabilità per delitto in seguito a negligenza vigente nei sistemi anglosassoni non consente di dimostrare l’esistenza di un obbligo in capo alla Commissione di tener conto degli interessi di terzi quando adotta una decisione relativa alla sospensione dei pagamenti nell’ambito dei suoi rapporti contrattuali. La stessa considerazione vale per il presunto obbligo della Commissione di trasferire una somma di danaro su un conto sul quale la ricorrente disponeva di una procura. Il Tribunale, come la Commissione, constata inoltre che la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo fatta valere ed il danno lamentato. Alla luce di quanto precede, il Tribunale giudica che il quarto motivo deve essere respinto.

142    Da quanto esposto risulta che il terzo ed il quarto motivo fatti valere dalla ricorrente, fondati sul regime della responsabilità per delitto, devono essere respinti.

 Proposta di mezzo di prova

143    Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 dicembre 2004, la ricorrente ha presentato una domanda ai sensi dell’art. 68, n. 1, del regolamento di procedura, diretta a far testimoniare il sig. W, un amministratore della ricorrente, in merito al contenuto della riunione svoltasi il 2 ottobre 1998 tra la ricorrente ed i servizi della Commissione.

144    Nelle sue osservazioni sulla domanda di audizione di un testimone, depositate presso la cancelleria del Tribunale il 3 febbraio 2005, la Commissione non si è opposta all’audizione del sig. W, a condizione che fossero sentiti anche il sig. K e la sig.ra H, che rappresentavano la Commissione a tale riunione.

145    Ai sensi dell’art. 68 del regolamento di procedura, il Tribunale può, su richiesta delle parti o d’ufficio, ordinare l’accertamento di determinati fatti per mezzo di testimoni. La necessità di tale mezzo istruttorio deve essere valutata in considerazione dei fatti pertinenti ai fini della soluzione della controversia e dipende dalla possibilità del Tribunale di pronunciarsi utilmente sulla base delle conclusioni, dei motivi e degli argomenti sviluppati durante le fasi sia scritta sia orale del procedimento come pure alla luce dei documenti prodotti [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 giugno 2001, causa T‑146/00, Ruf e Stier/UAMI (Image «DAKOTA»), Racc. pag. II‑1797, punto 65].

146    La ricorrente motiva la sua domanda con l’assenza di prove scritte relative al contenuto di tale riunione. Secondo la ricorrente, la testimonianza del sig. W consentirebbe di ottenere delucidazioni in merito alle circostanze di fatto relative, da una parte, alle intenzioni della ricorrente sul proseguimento del progetto in corso e, dall’altra, alle reazioni del funzionario della Commissione all’eventuale blocco dei lavori in seguito a tale riunione.

147    La ricorrente ha fornito talune informazioni sul contenuto dell’eventuale testimonianza del sig. W. A suo avviso, tale testimonianza dimostrerebbe che «i servizi della Commissione volevano fortemente che il progetto russo fosse realizzato e che il sig. W era disponibile ad accettare che la ricorrente continuasse a lavorare sul contratto russo qualora essa avesse potuto confidare di essere pagata per il lavoro effettuato e per le spese sostenute».

148    I fatti successivi corroborano le informazioni che si otterrebbero a seguito di tale testimonianza. La Commissione non contesta tale interpretazione dei fatti, permettendo così di conferire a quest’ultima valore probatorio. Tuttavia, per quanto spiacevole, anche considerando come fatto dimostrato il contenuto di tale testimonianza, ciò proverebbe tutt’al più l’esistenza, tra la ricorrente e la Commissione, di una comune volontà diretta alla realizzazione, da parte della ricorrente, dei progetti russo e moldavo e alla sua retribuzione per il lavoro prestato nonostante i problemi della Helmico. Peraltro, alla luce degli altri elementi del fascicolo, l’esistenza di siffatta volontà tra queste due parti non è in dubbio. Ciononostante, questo non è sufficiente a dimostrare la presenza di indicazioni precise, incondizionate e concordanti dalle quali emerga che la Commissione si era impegnata a retribuire direttamente la ricorrente a decorrere da tale data.

149    Da quanto precede risulta che la soluzione della controversia non può, in ogni caso, dipendere solo da questa testimonianza e che il Tribunale è in grado di pronunciarsi in modo proficuo sulla base delle conclusioni, dei motivi e degli argomenti sviluppati sia durante le fasi sia scritta sia orale del procedimento, come pure alla luce dei documenti prodotti. La domanda di audizione del testimone della ricorrente, pertanto, deve essere respinta.

150    Dal complesso dei suesposti ragionamenti emerge che il presunto danno non è imputabile ad un’istituzione o ad un organo comunitario. Pertanto, il ricorso deve essere interamente respinto, senza che sia necessario esaminare se, nella fattispecie, sussistano le altre condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità.

 Sulle spese

151    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.

152    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.

Vilaras

Martins Ribeiro

Jürimäe

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 novembre 2006.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Vilaras


* Lingua processuale: l'inglese.