Language of document : ECLI:EU:C:2023:674

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 14 settembre 2023 (1)

Causa C-582/21

FY

contro

Profi Credit Polska S.A. w Bielsku Białej

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Okręgowy Warszawa-Praga w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia‑Praga, Varsavia, Polonia)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Domanda di revocazione di una sentenza contumaciale – Autorità di cosa giudicata – Motivo di revocazione – Principi di equivalenza e di effettività – Interpretazione del diritto nazionale conformemente al diritto dell’Unione»






I.      Introduzione

1.        La presente causa introduce una nuova prospettiva sulla tutela processuale da assicurare ai consumatori contro le clausole contrattuali abusive. In particolare, essa invita la Corte di giustizia a chiarire se tale tutela richieda che l’effetto nazionale dell’intangibilità del giudicato sia disapplicato per consentire la revocazione di una sentenza pronunciata in un procedimento asseritamente inficiato dall’omesso esame d’ufficio, da parte del giudice nazionale, dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali di cui trattasi.

2.        Il contesto fattuale e giuridico nazionale in cui è sorta la suddetta questione può essere riassunto come segue. La ricorrente nel procedimento principale – FY – è stata condannata a rimborsare l’importo residuo di un prestito che aveva contratto con la Profi Credit Polska, una società di credito al consumo. Il suo obbligo di pagamento è stato accertato in una sentenza contumaciale emessa sulla base di una cambiale in bianco, firmata dalla debitrice, completata successivamente dalla Profi Credit Polska e fatta valere da quest’ultima.

3.        Il giudice nazionale ha emesso la sentenza contumaciale senza poter disporre delle clausole del contratto di prestito. Pertanto, esso non ha esaminato l’eventuale carattere abusivo di queste ultime. Sebbene FY non abbia provato ad impugnare tale sentenza, in seguito ella ha sostenuto che le condizioni in cui questa era stata pronunciata non erano compatibili con le sentenze della Corte, pronunciate diversi mesi dopo. Di conseguenza, la ricorrente ha proposto domanda di revocazione della sentenza.

4.        In forza del diritto nazionale, una siffatta domanda può essere accolta qualora, tra l’altro, i) la disposizione nazionale invocata nel procedimento giudiziario di cui trattasi è stata successivamente dichiarata incompatibile con una legge di rango superiore dalla Corte costituzionale nazionale, oppure ii) la parte interessata è stata «illegittimamente privata della possibilità di agire».

5.        In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede se, alla luce della prima possibilità, il principio di equivalenza imponga, a livello nazionale, di estendere la revocazione sulla base di una successiva decisione della Corte, pronunciata in via pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

6.        Inoltre, detto giudice si chiede se l’obbligo di interpretare il diritto nazionale in conformità con il diritto dell’Unione richieda – alla luce della seconda possibilità – che una parte sia considerata «illegittimamente privata della possibilità di agire» quando un giudice nazionale omette di esaminare l’eventuale carattere abusivo delle clausole di un contratto stipulato con un consumatore.

II.    Quadro normativo

A.      Diritto dell’Unione

7.        Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE (2) «[g]li Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

8.        L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, dispone che «[g]li Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

B.      Normativa polacca

1.      Costituzione polacca

9.        Ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 4, della costituzione polacca «la decisione della Corte costituzionale che dichiara l’incompatibilità con la Costituzione, con un accordo internazionale o con una legge, di un atto normativo sulla base del quale è stata pronunciata una decisione giurisdizionale definitiva, una decisione amministrativa definitiva o una decisione in altre controversie, costituisce un motivo di revocazione [della sentenza], di annullamento della decisione amministrativa o di altra decisione, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dalle disposizioni applicabili al procedimento in questione».

2.      Codice di procedura civile

10.      L’ordinanza di rinvio fornisce le seguenti informazioni riguardo al diritto nazionale applicabile. L’articolo 339, paragrafo 1, del Kodeks postępowania cywilnego (codice di procedura civile, in prosieguo: il «k.p.c.») dispone che, se il convenuto non è comparso all’udienza fissata o, anche se comparso, non partecipa al contraddittorio, il giudice emette una sentenza contumaciale.

11.      L’articolo 399, paragrafo 1, k.p.c. prevede la possibilità di chiedere la revocazione di una sentenza definitiva.

12.      L’articolo 401, punto 2, k.p.c. stabilisce che è possibile chiedere la revocazione per motivi di nullità se una parte non aveva la capacità di stare in giudizio o la capacità processuale oppure se non era debitamente rappresentata o se, a seguito di una violazione delle disposizioni giuridiche, sia stata illegittimamente privata della possibilità di agire; (...)

13.      Ai sensi dell’articolo 407, paragrafo 1, k.p.c., la domanda di revocazione va proposta entro il termine di tre mesi, che decorre dal giorno in cui la parte è venuta a conoscenza del motivo di revocazione e, qualora il motivo sia costituto dall’impossibilità di agire o dal difetto di una debita rappresentanza, dalla data in cui la parte, il suo organo o il suo rappresentante legale hanno avuto notizia della sentenza.

14.      L’articolo 4011 k.p.c. dispone che si può chiedere la revocazione anche nel caso in cui la Corte costituzionale abbia dichiarato un atto normativo, sulla base del quale è stata pronunciata la decisione, l’incompatibile con la Costituzione, con un accordo internazionale ratificato o con una legge.

15.      Ai sensi dell’articolo 407, paragrafo 2, k.p.c. la domanda di revocazione va proposta entro il termine di tre mesi dalla data in cui la decisione della Corte costituzionale è divenuta vincolante.

16.      Conformemente all’articolo 410, paragrafo 1, k.p.c., il giudice respinge la domanda di revocazione proposta dopo la scadenza del termine prescritto, inammissibile o non fondata su un motivo previsto dalla legge.

III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

17.      Il 16 giugno 2015 FY stipulava un contratto di prestito con la società di credito al consumo Profi Credit Polska. Il rimborso del prestito era garantito dall’emissione di una cambiale valida in bianco, firmata da FY.

18.      Il 30 ottobre 2017, la Profi Credit Polska proponeva dinanzi al Sąd Rejonowy dla Warszawy Pragi-Południe w Warszawie (Tribunale circondariale Varsavia Praga-Sud, Varsavia, Polonia) la domanda volta ad ottenere il pagamento dell’importo dovuto maggiorato degli interessi. La decisione di rinvio non specifica le circostanze che hanno portato a tale azione. Tuttavia, ciò che appare rilevante è che erano allegati alla domanda solo la cambiale (che tale società aveva compilato, indicando l’importo dovuto) e l’atto di risoluzione del contratto di prestito.

19.      Avendo constatato l’assenza di motivi per emettere un’ingiunzione di pagamento, il Tribunale circondariale procedeva alla fissazione di un’udienza (3). La notifica a FY si considerava eseguita. Il 17 aprile 2018, tale giudice emetteva una sentenza contumaciale, con la quale FY veniva condannata a pagare l’importo richiesto (respingendo il ricorso solo per quanto riguarda una parte degli interessi richiesti), basandosi esclusivamente sul contenuto della cambiale e sulle dichiarazioni contenute nell’atto introduttivo. Detto giudice non aveva invitato la Profi Credit Polska a produrre dinanzi a esso il contratto di prestito e, di conseguenza, non aveva esaminato se tale contratto contenesse clausole abusive. La sentenza contumaciale veniva munita di efficacia esecutiva immediata e FY non l’impugnava.

20.      Ciononostante, il 25 giugno 2019 FY presentava al Tribunale circondariale una domanda di revocazione. Ella sosteneva che tale giudice aveva interpretato in modo errato la direttiva 93/13 e non aveva tenuto conto, in particolare, della sentenza della Corte di giustizia nella causa Profi Credit Polska I (4) (emessa dopo la pronuncia della sentenza contumaciale). A suo avviso, il Tribunale circondariale aveva omesso di esaminare il carattere abusivo delle clausole contrattuali in discorso, privandola così della possibilità di agire ai sensi dell’articolo 401, punto 2, k.p.c.

21.      Con ordinanza del 27 agosto 2020, il Tribunale circondariale respingeva tale domanda, ritenendo che fosse tardiva e che non fosse fondata su alcun motivo previsto dalla legge. Detto giudice osservava, inoltre, che FY avrebbe dovuto espletare l’attività difensiva (nel procedimento che ha portato alla sentenza contumaciale), cosa che non aveva fatto.

22.      FY impugnava tale ordinanza dinanzi al Sąd Okręgowy Warszawa-Praga w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia-Praga, Varsavia, Polonia), il giudice del rinvio nel procedimento principale.

23.      Nel corso del procedimento dinanzi a tale giudice, il Rzecznik Finansowy (mediatore in materie finanziarie) ha osservato che un motivo di revocazione della sentenza contumaciale poteva fondarsi su un’interpretazione estensiva dell’articolo 4011 k.p.c., riguardante la revocazione fondata su una decisione (successiva) della Corte costituzionale nazionale. A suo avviso, la sentenza contumaciale era stata emessa in violazione dell’obbligo del Tribunale circondariale di esaminare d’ufficio le clausole contrattuali del contratto di prestito in discorso (5). Il Rzecznik Finansowy (mediatore in materie finanziarie) ha sottolineato la somiglianza tra il ruolo della Corte costituzionale e della Corte di giustizia per avvalorare la tesi secondo cui una decisione di quest’ultima può servire anche come base valida per la revocazione, in conformità del principio di equivalenza.

24.      In subordine, il Rzecznik Finansowy (mediatore in materie finanziarie) ha indicato che la revocazione di cui trattasi potrebbe essere altresì possibile sulla base dell’articolo 401, punto 2, k.p.c., poiché l’omissione della verifica d’ufficio da parte di un giudice rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione (ed equivale alla privazione della possibilità d’agire della parte) (6). Inoltre, esso ha convenuto con FY in merito all’iniquità delle clausole di cui trattasi.

25.      In tale contesto, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla corretta linea di condotta da adottare.

26.      Da un lato, detto giudice sottolinea l’importanza del principio dell’autorità di cosa giudicata e sottolinea il fatto che nessuna disposizione del diritto dell’Unione o del diritto nazionale impone ai giudici nazionali l’obbligo di revocazione di una sentenza definitiva per tenere conto di una sentenza della Corte di giustizia che interpreta il diritto dell’Unione.

27.      Dall’altro, esso si chiede se sia possibile giungere alla conclusione opposta sulla base del principio di equivalenza o dell’obbligo di interpretare il diritto nazionale conformemente al diritto dell’Unione.

28.      È importante notare che il giudice del rinvio osserva che, alla luce delle sentenze della Corte nelle cause Profi Credit Polska I, Profi Credit Polska II (7) e Kancelaria Medius, è «molto probabile» che la sentenza contumaciale sia stata pronunciata in «palese violazione» delle norme nazionali di recepimento degli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 (8). Tuttavia, detto giudice spiega di non essere in grado di valutare tale questione a causa della sua capacità limitata di verificare se i termini siano stati rispettati, da un lato, e se la domanda di revocazione della sentenza si basi su uno dei motivi previsti dalla legge, dall’altro. È in tale contesto procedurale che si deve accertare se una pronuncia pregiudiziale interpretativa possa costituire un siffatto motivo.

29.      È alla luce di tali considerazioni che il Sąd Okręgowy Warszawa-Praga w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia-Praga, Varsavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea, tenuto conto del principio di equivalenza risultante dalla giurisprudenza della [Corte di giustizia], debbano essere interpretati nel senso che una decisione della [Corte di giustizia], pronunciata ai sensi dell’articolo 267, paragrafo 1, TFUE, relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione, costituisce un motivo per la revocazione di una precedente decisione definitiva emessa a conclusione di un procedimento civile, in una situazione in cui una disposizione di diritto nazionale, quale l’articolo 4011 del [k.p.c.], consente la revocazione qualora una decisione definitiva sia stata emessa sulla base di una disposizione che sia stata dichiarata, da una sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale), incompatibile con un atto giuridico di rango superiore.

2)      Se il principio dell’interpretazione del diritto nazionale conformemente al diritto dell’Unione, risultante dall’articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, imponga di interpretare estensivamente una disposizione di diritto nazionale, quale l’articolo 401, punto 2, del [k.p.c.], in modo tale da far rientrare nel motivo di revocazione in esso previsto una sentenza definitiva pronunciata in contumacia nella quale il giudice, in violazione degli obblighi derivanti dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa [Profi Credit, Polska I], aveva omesso di esaminare il contratto tra il consumatore e il mutuante sotto il profilo delle clausole abusive, limitandosi unicamente a verificare la validità formale della cambiale».

30.      Hanno presentato osservazioni scritte il governo polacco e la Commissione europea. Entrambe le parti hanno svolto difese orali all’udienza che ha avuto luogo il 24 gennaio 2023.

IV.    Analisi

31.      Affronterò il merito delle questioni sollevate nel caso di cui trattasi svolgendo, in primo luogo, alcune osservazioni preliminari sulla posizione che il diritto dell’Unione adotta nei confronti dell’effetto nazionale del giudicato, in particolare in materia di tutela dei consumatori, e sulla certezza del diritto di cui l’intangibilità del giudicato costituisce un’espressione specifica (1).

32.      In secondo luogo, spiegherò che il principio di equivalenza non impone la revocazione nell’ambito di un procedimento civile sulla base di una pronuncia pregiudiziale interpretativa di questa Corte, quando ciò è possibile, nel diritto nazionale, sulla base di talune sentenze della Corte costituzionale nazionale (2).

33.      In terzo luogo, per suggerire una risposta alla seconda questione pregiudiziale (che verte sull’obbligo di interpretazione conforme) occorrerà chiarire diversi temi che la questione implica. In tale contesto, spiegherò che l’effettività della protezione dei consumatori contro le clausole abusive non richiede automaticamente che gli Stati membri prevedano un mezzo di ricorso straordinario qualora il giudice nazionale abbia omesso di esaminare se le clausole di un contratto vincolanti per il consumatore siano abusive o meno. Tuttavia, spiegherò anche che le circostanze specifiche in cui la sentenza contumaciale sembra essere stata emessa e diventata definitiva rendono necessario fornire un mezzo di ricorso al consumatore interessato. Sebbene la possibilità di accogliere la domanda di revocazione di FY dipenda, a mio avviso, dalle opzioni interpretative disponibili in base al diritto polacco (e dai termini applicabili), spiegherò che la giurisprudenza della Corte le offre altre vie procedurali per ripristinare il suo diritto a non essere vincolata dalle clausole contrattuali (asseritamente) abusive (3).

1.      Diritto dell’Unione, effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato e principio della certezza del diritto

34.      È opportuno ricordare, in via preliminare, che i mezzi di ricorso straordinari, come quello in esame nel procedimento principale, consentono, in generale, di riformare le decisioni giudiziarie passate in giudicato. In quanto tali, pertanto, per loro stessa natura detti rimedi incidono sul principio dell’intangibilità del giudicato, che altrimenti osta a che siano rimesse in discussione decisioni giudiziarie definitive.  

35.      Pur se il principio del rispetto della cosa giudicata rappresenta un’espressione del principio della certezza del diritto (9), la sua operatività non è sempre assoluta (come dimostra l’esistenza dei mezzi di ricorso straordinari). Al riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che le eccezioni a tale principio, definite dal legislatore nazionale, possono dare adito alla necessità che siano richieste dal diritto dell’Unione ulteriori eccezioni.

36.      La questione se tale diritto possa, in talune situazioni, imporre di non tener conto degli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato è affrontata, in assenza di norme specifiche in materia, attraverso la classica ottica dei principi di equivalenza e di effettività, che inquadrano l’esercizio dell’autonomia processuale degli Stati membri conformemente al dovere di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TFUE. Di conseguenza, la posizione generale del diritto dell’Unione è che esso non esige l’annullamento degli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato per correggere l’incompatibilità di una situazione nazionale con il diritto dell’Unione, salvo una conclusione contraria sia richiesta da uno dei principi sopra menzionati (10).

37.      In tale contesto, la valutazione viene generalmente effettuata con cautela. La Corte ricorda ripetutamente l’importanza del principio dell’intangibilità del giudicato, che viene presentato come giustificato dall’interesse alla stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché dalla buona amministrazione della giustizia (11). Come è stato sottolineato, tale principio risponde anche all’interesse delle parti in causa a vedere risolta definitivamente la loro questione e, per questo motivo, può essere considerato una garanzia derivante dal diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, contribuendo al contempo al più ampio scopo dell’interesse pubblico a disporre di un sistema giuridico nella cui stabilità la società possa avere fiducia (12).

38.      Di conseguenza, i mezzi di ricorso straordinari – in quanto eccezioni al principio dell’intangibilità del giudicato – richiedono una gestione attenta. Sebbene le condizioni precise della loro applicabilità possano variare a seconda dell’ordinamento giuridico considerato, esse riflettono il delicato equilibrio conseguito dal legislatore nazionale tra l’interesse generale alla certezza del diritto, da un lato, e l’interesse a raggiungere un risultato equo in circostanze specifiche e limitate, dall’altro (13).

39.      La loro cauta articolazione riflette il fatto, già ricordato, che essi incidono sulla stabilità dei rapporti giuridici e contrastano con il principio della certezza del diritto, implicito nell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) (14), considerato «uno degli aspetti fondamentali dello Stato di diritto» (15). Per tale motivo, si è ritenuto che le sentenze definitive debbano essere lasciate intatte, a meno che una conclusione contraria non sia richiesta da circostanze di carattere sostanziale e imperativo, quali la correzione di difetti fondamentali o un errore giudiziario (16).

40.      Tali osservazioni di carattere generale sono, naturalmente, rilevanti anche per la valutazione del caso di specie e implicano e che, per fornire la soluzione di entrambe le questioni sollevate dal giudice del rinvio nella causa, i principi sopra richiamati, che mirano a rafforzare l’applicazione del diritto dell’Unione, dovranno essere messi alla prova in un contesto particolarmente complesso e delicato.

2.       Principio di equivalenza e decisioni della Corte Costituzionale

41.      Al fine di proporre una risposta alla prima questione, inizierò discutendo più dettagliatamente i limiti che il diritto dell’Unione in generale, e il principio di equivalenza in particolare, impongono agli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato (a). Una volta delineato il quadro analitico applicabile, individuerò la categoria di decisioni della Corte costituzionale da esaminare alla luce di esso. Tale aspetto ha suscitato un’ampia discussione nel corso del presente procedimento (b). Sulla base di tale chiarimento, esporrò le ragioni che mi indurranno a ritenere che le differenze tra le caratteristiche delle decisioni nazionali pertinenti, da un lato, e delle pronunce pregiudiziali interpretative della Corte, dall’altro, impediscono l’attivazione del principio di equivalenza in modo da richiedere che tali pronunce costituiscano un (nuovo) fondamento normativo per il mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi (c).

a)      Principio di equivalenza ed effetti nazionali dell'intangibilità del giudicato

42.      Come già affermato, il principio di equivalenza può, in determinate condizioni, incidere sulla portata degli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato.

43.      Più precisamente, tale principio vieta agli Stati membri di stabilire modalità processuali meno favorevoli per le domande fondate su una violazione del diritto dell’Unione rispetto a quelle applicabili a procedure analoghe fondate su una violazione del diritto interno (17). Nel presente contesto, ciò significa che, laddove il diritto nazionale preveda eccezioni agli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato, in modo da rendere possibile rimediare a violazioni di diritti derivanti dal diritto nazionale, tali eccezioni devono applicarsi anche a ricorsi analoghi fondati su una violazione del diritto dell’Unione.

44.      Al fine di stabilire se, in generale, un ricorso di diritto interno possa essere considerato analogo a un ricorso diretto alla salvaguardia di diritti derivanti dal diritto dell’Unione, occorrerebbe, in linea di principio, tener conto dell’oggetto, della causa e degli elementi essenziali di tale ricorso (18).

45.      Nel contesto del caso di specie, tuttavia, la questione non è se due procedure debbano essere considerate simili (e quindi regolate da condizioni equivalenti) (19), ma piuttosto se una procedura debba divenire accessibile sulla base di una pronuncia pregiudiziale interpretativa quando può essere attivata da una specifica tipologia di decisioni giudiziarie nazionali.

46.      In passato, uno scenario simile ha portato alle sentenze Impresa Pizzarotti (20), XC e Hochtief (21).

47.      La situazione culminata nella sentenza Impresa Pizzarotti riguardava un giudice nazionale (di ultima istanza) che disponeva di quello che sembrava essere un potere piuttosto ampio di integrare le proprie sentenze definitive per rimediare a violazioni del diritto interno, attraverso un meccanismo definito come «giudicato a formazione progressiva» (22). La Corte ha concluso che, in tali circostanze, tale meccanismo doveva essere reso disponibile per ripristinare la conformità della situazione alla normativa dell’Unione in materia (nel settore degli appalti pubblici).

48.      Nella sentenza Hochtief, pronunciata in una causa in materia di appalti pubblici, la Corte ha parimenti dichiarato in modo alquanto generico che, qualora norme procedurali comportino la possibilità di ritornare su una sentenza passata in giudicato per rendere la situazione compatibile con una precedente decisione giurisdizionale, di cui sia il giudice sia le parti erano a conoscenza, tale possibilità dovrebbe esistere anche per rendere la situazione compatibile con una precedente sentenza della Corte (23).

49.      Detto questo, un attento esame del ragionamento della Corte rivela che tali condizioni, che consentivano di riformare una sentenza definitiva, sono state presentate come uno scenario ipotetico che il giudice del rinvio è tenuto a verificare. Tale scenario è stato modellato per riflettere la situazione che si era verificata nella suddetta causa, in cui una pronuncia pregiudiziale era stata asseritamente disattesa nella fase successiva del procedimento in cui era stata richiesta. A mio avviso, non è stato specificato se le norme nazionali che consentono di riformare un giudicato si adattassero effettivamente a tale scenario ipotetico (24).

50.      Infine, nella sentenza XC, la Corte ha escluso che il principio di equivalenza possa essere applicato per estendere un nuovo procedimento penale, a causa di una violazione della CEDU, a presunte violazioni dei diritti fondamentali garantiti dal diritto dell’Unione. La Corte ha basato il suo ragionamento sullo «stretto nesso funzionale» tra il mezzo di impugnazione di diritto interno in discorso e la procedura dinanzi alla Corte EDU (25). Tale mezzo di impugnazione era stato effettivamente introdotto per dare attuazione, in sostanza, alle sentenze della Corte EDU emesse in casi, a mio avviso, correlati dal punto di vista individuale (26). In linea di principio, tali sentenze possono essere richieste, ed emesse, solo dopo aver esaurito tutti i mezzi di impugnazione di diritto interno. La Corte ha contrapposto tale situazione alla logica che governa l’esecuzione giudiziaria dei diritti basati sul diritto dell’Unione, che viene utilizzata prima dell’adozione di una decisione giudiziaria interna definitiva, anche attraverso il meccanismo del procedimento pregiudiziale.

51.      Sebbene la suddetta giurisprudenza fornisca, naturalmente, un utile quadro di riferimento, nessuna delle sentenze brevemente commentate supra si adatta esattamente alla situazione in esame. L’esame delle implicazioni del principio di equivalenza è infatti necessariamente specifico caso per caso, poiché implica un confronto delle caratteristiche peculiari dei mezzi di ricorso di cui trattasi.

52.      Per poter effettuare un’analisi del genere nel caso di specie, chiarirò ora le tipologie di decisioni della Corte costituzionale da considerare pertinenti a tal fine.

b)      Decisioni pertinenti della Corte costituzionale

53.      Sebbene non sia specificato nella formulazione della prima questione pregiudiziale, dalla stessa consegue che le decisioni della Corte costituzionale che possono essere invocate ai fini della revocazione ai sensi dell’articolo 4011 k.p.c. sono successive alla decisione giudiziaria definitiva di cui si chiede la revocazione. Mi sembra infatti che nella logica alla base dell’articolo 4011 k.p.c., a cui fa riferimento la questione, sia implicita la nozione che è per mezzo di una successiva sentenza della Corte costituzionale che si palesa il fondamento illegittimo di una decisione giudiziaria precedente.

54.      Allo stesso modo, le tre pronunce pregiudiziali interpretative di cui sopra (27), considerate dal giudice del rinvio come possibili motivi della revocazione di cui trattasi, sono state emesse successivamente alla sentenza contumaciale. Pertanto, la prima questione pregiudiziale deve essere intesa nel senso che si chiede se sia possibile stabilire un’equivalenza tra le rispettive sentenze della Corte costituzionale, da un lato, e le pronunce pregiudiziali interpretative della Corte, dall’altro, emesse, in entrambi i casi, successivamente alla decisione giudiziaria definitiva che si chiede di riformare.

55.      Chiarito ciò, il giudice del rinvio ha spiegato che esistono due categorie di decisioni della Corte costituzionale che possono fungere da base per la revocazione ai sensi dell’articolo 4011 k.p.c. Esse sono state definite «sentenze semplici», da un lato, e «sentenze interpretative negative», dall’altro (28).

56.      In risposta a un quesito posto da questa Corte, il giudice del rinvio ha spiegato che, con la sua prima questione, esso chiede di chiarire quali conseguenze debbano essere desunte dal principio di equivalenza per entrambe le categorie.

57.      A questo proposito, osservo quanto segue.

58.      Come spiegato nella decisione di rinvio, quando la Corte costituzionale accerta, con una «sentenza semplice», che la disposizione nazionale in esame è incompatibile con una legge di rango superiore, essa priva la disposizione nazionale in esame della sua forza di legge.

59.      Tanto il governo polacco che la Commissione sembrano concordare con questa tesi e con il fatto che una «sentenza semplice» della Corte costituzionale costituisce un motivo di revocazione nell’ambito di un procedimento civile sulla base dell’articolo 4011 k.p.c.

60.      Tuttavia, sembra esservi disaccordo per quanto riguarda la categoria delle «sentenze interpretative negative».

61.      A quanto pare, in una sentenza interpretativa, la Corte costituzionale prende posizione sulla compatibilità o meno di una certa interpretazione di una disposizione del diritto nazionale con il determinato parametro di riferimento. In particolare, quando una siffatta sentenza giunge a un esito negativo, escludendo una certa interpretazione in quanto illegittima («sentenza interpretativa negativa»), la validità dell’atto interpretato non viene intaccata.

62.      Il giudice del rinvio riconosce che, sebbene sia possibile basarsi su una «sentenza interpretativa negativa» per la revocazione nell’ambito di un procedimento amministrativo, non è chiara nel diritto polacco la questione se la stessa cosa sia possibile con riferimento a un procedimento civile (oggetto del procedimento principale). Detto giudice riconosce che l’opinione prevalente propende per una risposta negativa, ma esso stesso è del parere che ciò sia possibile.

63.      In siffatto contesto, la Commissione ha osservato in udienza che è il governo polacco a poter meglio valutare tale questione. Essa ha tuttavia richiamato l’attenzione sul fatto che, secondo il diritto nazionale, le decisioni della Corte costituzionale sono considerate vincolanti erga omnes senza alcuna distinzione tra i diversi tipi di sentenze che tale giudice può adottare.

64.      Il governo polacco ha sostenuto che «una sentenza interpretativa negativa» non influisce sulla validità della disposizione interpretata e, pertanto, non può fungere da motivo di revocazione nell’ambito di un procedimento civile. All’udienza detto governo ha sottolineato che la sua posizione si basa su una delibera del Sąd Najwyższy (Corte Suprema, Polonia; in prosieguo: la «Corte suprema») che, a suo avviso, disciplina la materia (29).

65.      Osservo che la questione se una «sentenza interpretativa negativa» della Corte costituzionale costituisca un motivo di revocazione nell’ambito di un procedimento civile ai sensi dell’articolo 4011 k.p.c. non è, ovviamente, una questione su cui spetta a questa Corte statuire. Il procedimento di cui all’articolo 267 TFUE si basa su una chiara separazione delle funzioni, nel cui contesto i giudici nazionali hanno la competenza esclusiva di interpretazione del diritto nazionale. Per tale motivo, le osservazioni del giudice del rinvio sul contenuto di tale diritto non possono essere messe in discussione nell’ambito del presente procedimento (30).

66.      Procederò quindi sulla base della premessa accolta dal giudice del rinvio, secondo cui «una sentenza interpretativa negativa» può costituire un motivo di revocazione nell’ambito di un procedimento civile ai sensi dell’articolo 4011 k.p.c. e includerò nella presente analisi la suddetta categoria di decisioni.

c)      Conseguenze da trarre dal principio di equivalenza

67.      Inizierò la mia valutazione delle conseguenze da trarre dal principio di equivalenza nel caso di specie discutendo la finalità del mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi. In detto contesto, spiegherò che tale mezzo di ricorso è probabilmente legato a quella che sembra essere una posizione diretta assunta dalla Corte costituzionale sull’incompatibilità di una disposizione di legge nazionale (di rango inferiore) con una legge di rango superiore o sull’illegittimità di una certa interpretazione di tale legge di rango inferiore (i).

68.      Mi soffermerò poi sulle specificità delle pronunce pregiudiziali interpretative che consistono nel fornire un’interpretazione autorevole del diritto dell’Unione nell’ambito di un dialogo giudiziario più ampio, in cui le conseguenze precise devono essere tratte, per il diritto nazionale dato (in quanto diritto di rango inferiore), dal giudice nazionale e in cui la configurazione esatta di tali conseguenze dipende da diverse variabili. Tale dimensione specifica rende, a mio avviso, le suddette pronunce difficilmente adattabili alla logica particolare del mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi senza incidere sull’imperativo della certezza del diritto (ii).

69.      Per il caso in cui tale differenza fondamentale non dovesse essere percepita come un ostacolo all’applicazione del principio di equivalenza, discuterò, in via sussidiaria, come definire la categoria delle potenziali pronunce pregiudiziali «scatenanti» in modo da garantire che continuino ad essere rispettati i confini del principio di equivalenza e dell’imperativo della certezza del diritto (iii). Mi dilungherò su tale considerazione secondaria affrontando la questione dei termini applicabili. Tale aspetto della causa rivela, di per sé, le difficoltà di integrare la logica del rinvio pregiudiziale nel meccanismo del mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi (iv).

i)      Mezzi di ricorso interni di cui trattasi: oggetto e nesso funzionale

70.      Per quanto riguarda la triplice verifica dell’oggetto, della causa e degli elementi essenziali di cui al paragrafo 44 supra, dal fascicolo emerge che l’oggetto perseguito dai rispettivi procedimenti che possono essere definiti con una sentenza della Corte costituzionale che può essere invocata sulla base dell’articolo 4011 k.p.c. è, in generale, quello di ottenere o una dichiarazione di (in)compatibilità di una determinata disposizione nazionale con una legge di rango superiore  – e conseguente (in)validità –, oppure la declaratoria di incompatibilità di una determinata interpretazione di tale legge con una legge di rango superiore.

71.      Di conseguenza, l’oggetto del mezzo ricorso straordinario previsto dall’articolo 4011 k.p.c. sembra essere quello di consentire di riformare una sentenza definitiva dopo che la base giuridica su cui si fonda tale sentenza è stata privata della sua forza di legge o dopo che è stato chiarito che tale sentenza si basava su un’interpretazione inammissibile del diritto nazionale.

72.      Detto semplicemente, e riprendendo il linguaggio usato dalla Corte nella sentenza XC, sembra esservi un nesso funzionale tra il mezzo di ricorso previsto dall’articolo 4011 k.p.c. e la declaratoria di incompatibilità della disposizione di diritto nazionale (o di illegittimità della sua interpretazione) che era stata invocata nel procedimento nell’ambito del quale si chiede la revocazione.

73.      A differenza della sentenza XC, tuttavia, nel caso di specie il nesso funzionale è un po’ più debole in quanto, affinché la revocazione sia possibile ai sensi dell’articolo 4011 k.p.c., non è necessario che la sentenza «scatenante» della Corte costituzionale sia pronunciata in una causa individualmente connessa al procedimento nel cui ambito si chiede la revocazione.

74.      Detto mezzo di ricorso sembra infatti essere disponibile per qualsiasi parte la cui causa sia stata decisa sulla base di un fondamento di diritto interno successivamente dichiarato illegittimo, a condizione che la domanda di revocazione sia presentata entro il termine applicabile.

75.      Per tale motivo, e a differenza della situazione che ha dato luogo alla sentenza XC, non sembra rilevante che una pronuncia pregiudiziale interpretativa costituisca, in generale, un mezzo ex ante per garantire la conformità prima ancora che venga emessa una decisione giudiziaria nazionale definitiva. Ciò vale ovviamente per i singoli casi in cui viene richiesta una siffatta pronuncia. Tuttavia, a mio avviso, tale considerazione specifica cessa di essere dirimente quando il nesso funzionale tra il mezzo di ricorso straordinario e la sentenza nazionale «scatenante» della Corte costituzionale viene esteso fino a comprendere qualsiasi successiva sentenza di tale giudice che abbia invalidato il fondamento giuridico di cui trattasi o che abbia escluso come illegittima l’interpretazione adottata del diritto nazionale.

76.      Quanto sopra, tuttavia, non esaurisce tutte le specificità che caratterizzano le pronunce pregiudiziali interpretative da prendere in considerazione.

77.      Ciò che appare dirimente nel contesto del caso di specie sono le differenze nella logica che regola le conseguenze da trarre dalle rispettive categorie di decisioni giudiziarie di cui trattasi.

78.      Per come lo intendo, quando la Corte costituzionale dichiara una disposizione di legge nazionale incompatibile con una legge di rango superiore, ciò non lascia molto spazio alla discussione sulle conseguenze giuridiche derivanti da tale dichiarazione per la legge di rango inferiore interessata. Come si è detto supra, tale legge è dichiarata incompatibile e scompare dall’ordinamento giuridico. Il mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi consente quindi di dare successivamente concreta espressione a tali conseguenze a livello di decisioni giudiziarie emesse sulla base di tale fondamento giuridico (invalidato).

79.      La stessa osservazione può essere fatta, mutatis mutandis, per le «sentenze interpretative negative».

80.      Sebbene tali sentenze lascino intatta la validità della legge nazionale interpretata, l’impossibilità di adottare una determinata interpretazione della legge di rango inferiore di cui trattasi si verifica, analogamente a quanto avviane in conseguenza delle «sentenze semplici», come conseguenza diretta e non mediata delle constatazioni della Corte costituzionale. Tali constatazioni sono poi «trasposte», a livello delle decisioni giudiziarie definitive che fanno propria detta interpretazione inammissibile della legge di rango inferiore, mediante la possibilità di riforma attraverso il mezzo di ricorso straordinario in questione.

81.       Per contro, lo scopo principale delle pronunce pregiudiziali interpretative è quello di fornire un’interpretazione del diritto dell’Unione (in quanto diritto di rango superiore di cui trattasi). Benché, in tal modo, esse costituiscano una base autorevole da cui trarre le conseguenze appropriate per la data norma di diritto nazionale, eventualmente incompatibile, tali conseguenze specifiche devono essere desunte dal rispettivo giudice nazionale, una volta che la pronuncia pregiudiziale è stata emessa e il procedimento principale è ripreso. È importante notare che la forma esatta di tali conseguenze dipenderà, in genere, da diverse variabili.

82.      A mio avviso, detto aspetto riveste un’importanza fondamentale per la possibilità di individuare facilmente se una data pronuncia pregiudiziale determinerà infine conseguenze giuridiche che possono essere considerate simili a quelle prodotte dalle rispettive sentenze della Corte costituzionale. Ciò, a sua volta, ha importanti ripercussioni sulla prevedibilità delle situazioni in cui il mezzo di ricorso straordinario in questione, esteso nel senso preconizzato nel caso in esame, potrebbe essere applicato. Nel prosieguo approfondirò tale questione.

ii)    Specificità delle pronunce pregiudiziali interpretative rilevanti per il caso di specie

83.      Come già brevemente osservato, la finalità generale del procedimento pregiudiziale (interpretativo) è quella di fornire ai giudici nazionali gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere la controversia che essi sono chiamati a dirimere (finalità limitata) e, allo stesso modo, di garantire un’interpretazione e un’applicazione uniformi del diritto dell’Unione in tutta l’Unione europea (finalità di ampio respiro) (31).

84.      È importante notare che le pronunce pregiudiziali sono emesse in un contesto più ampio di dialogo giurisdizionale costituito dal procedimento pregiudiziale e in cui il ruolo della Corte è integrato dal successivo intervento del rispettivo giudice del rinvio: se è vero che il ruolo della Corte è quello di fornire un’interpretazione vincolante del diritto dell’Unione, le conseguenze derivanti da tale interpretazione per il caso specifico sono di competenza dei giudici nazionali, che agiscono conformemente al principio generale del primato del diritto dell’Unione (32).

85.      Inoltre, laddove si individui un conflitto tra diritto dell’Unione e diritto nazionale, la soluzione dipenderà da diverse variabili.

86.      Per quanto riguarda il diritto dell’Unione, la possibilità che l’accertata incompatibilità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione comporti la disapplicazione del diritto nazionale dipende dalla natura specifica della disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi (ad esempio la sua applicabilità nei rapporti orizzontali o la sua efficacia diretta quando si tratta di rapporti verticali, fermo restando che l’efficacia diretta è la condizione in base alla quale il diritto dell’Unione può prescrivere la disapplicazione del diritto nazionale) (33).

87.      Dal punto di vista del diritto nazionale, se l’incompatibilità individuata porterà all’effettiva inapplicabilità del diritto nazionale dipenderà dalle opzioni interpretative nell’ambito di un determinato ordinamento giuridico. Infatti, anche quando, infine, da una pronuncia pregiudiziale risulta l’incompatibilità di una determinata disposizione del diritto nazionale con il diritto dell’Unione, ciò non significa necessariamente la fine della sua «vita giuridica», perché il giudice nazionale può trovare un modo per interpretarla conformemente al diritto dell’Unione. In linea di principio, tale possibilità deve essere presa in considerazione prioritariamente ed è solo nel caso in cui essa non consenta di risolvere l’incompatibilità che la legge incompatibile in questione dovrebbe essere disapplicata (laddove tale azione sia richiesta dal diritto dell’Unione) (34).

88.      Tale logica, a mio avviso, contrasta in modo piuttosto netto con la logica che governa entrambe le categorie pertinenti delle sentenze della Corte costituzionale. Come ho già spiegato, quando tali sentenze individuano un’incompatibilità, esse stabiliscono direttamente anche le conseguenze specifiche da trarre per la determinata legge di rango inferiore (cioè la sua invalidità o l’impossibilità di adottare una certa interpretazione).

89.      Vorrei aggiungere che tale differenza non è inficiata dal fatto che entrambe le categorie di decisioni giudiziarie messe a confronto sembrano produrre effetti erga omnes (35).

90.      Tale comunanza prima facie ha portato ad alcune discussioni durante l’udienza.  (36)

91.      Tuttavia, gli sviluppi di cui supra rivelano, a mio avviso, che i termini degli effetti erga omnes hanno – nei due casi a confronto – significato e implicazioni fondamentalmente diversi. È importante notare che il fatto che le pronunce giudiziarie risultanti sono, in entrambi i casi, generalmente vincolanti non sembra far luce sul modo in cui esse interagiscono con la legge di rango inferiore incompatibile.

92.      La differenza che ho individuato al riguardo supra ha, a mio avviso, un’importante incidenza sulla possibilità di conoscere in anticipo (sulla base della presa in considerazione della sola decisione giudiziale) le situazioni specifiche in cui il mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi si applicherebbe se le pronunce pregiudiziali interpretative dovessero attivarlo: ciò potrebbe avvenire in taluni casi, ma non necessariamente in altri.

93.      In altre parole, l’applicazione del principio di equivalenza nelle suddette circostanze avrebbe il costo non trascurabile di una minore certezza del diritto. L’individuazione delle situazioni «scatenanti» richiederebbe infatti un’analisi intermedia distinta (con l’eventuale necessità di ascoltare le parti), per stabilire se una determinata pronuncia pregiudiziale comporti in definitiva conseguenze che possono essere considerate paragonabili a quelle attivate da una delle sentenze pertinenti della Corte costituzionale.

94.      Ciò premesso, per il caso in cui la necessità di avviare una siffatta discussione non sia considerata d’ostacolo all’«attivazione» del principio di equivalenza, esaminerò nel prosieguo, in subordine, come occorra definire la categoria delle eventuali pronunce pregiudiziali «scatenanti» così da garantire che continuino ad essere rispettati i limiti del principio di equivalenza e dell’imperativo della certezza del diritto.

iii) Chiarimento sussidiario sulla categoria rilevante delle pronunce pregiudiziali interpretative «scatenanti»

95.      In primo luogo, si dovrebbe decidere se la categoria pertinente delle pronunce pregiudiziali interpretative sia quella che induce a concludere che una determinata disposizione del diritto nazionale debba essere disapplicata o quella che induce (semplicemente) a escludere una determinata interpretazione del diritto nazionale in quanto incompatibile con il diritto dell’Unione.

96.      La risposta a tale questione dipende forse dal fatto che l’elemento di paragone nazionale rilevante sia la «sentenza semplice» o la «sentenza interpretativa negativa» della Corte costituzionale. Ricordo che dal fascicolo di causa risulta che mentre la prima categoria invalida la legge incompatibile di rango inferiore, la seconda si limita ad escludere una modalità interpretativa.

97.      Una risposta diretta a tale questione sembra essere che le possibili conseguenze di una pronuncia pregiudiziale non rientreranno mai esattamente nella prima categoria (in quanto la Corte non può mai invalidare il diritto nazionale) (37), mentre esse potrebbero corrispondere, come sostiene in sostanza la Commissione, alla seconda (38).

98.      Tale delimitazione, tuttavia, potrebbe non essere del tutto convincente. Osservo che una pronuncia pregiudiziale interpretativa può comportare l’effettiva inapplicabilità del diritto nazionale. Si può quindi sostenere che, in ultima analisi, non vi è una grande differenza tra il dichiarare «morta» una disposizione nazionale, da un lato, e tenerla «in vita», privandola però dell’effettiva possibilità di disciplinare i rapporti sociali, dall’altro.

99.      Inoltre, una volta stabilito (contrariamente a quanto suggerito nella sezione precedente) che l’assenza di conseguenze giuridiche (per il diritto interno) che costituirebbero un risultato immediato di una pronuncia pregiudiziale non preclude l’attivazione del principio di equivalenza, lo stesso dovrebbe forse dirsi per la differenza tra l’invalidazione (diretta) del diritto nazionale e la disapplicazione di tale diritto (che, peraltro, può portare, in un momento successivo, alla sua effettiva abrogazione da parte del legislatore nazionale).

100. Infine, va ricordato anche che il confronto dei rispettivi mezzi di ricorso o sentenze ai fini dell’applicazione del principio di equivalenza consiste nel verificare se tali mezzi di ricorso o sentenze siano simili. Per l’attivazione del principio di equivalenza, i due non devono essere identici.

101. Ciò detto, mentre tale approccio non sembra problematico nel contesto dei mezzi di ricorso ordinari, ritengo che esso debba essere adottato con maggiore cautela quando si tratta di mezzi di ricorso straordinari, a causa del fatto che tali mezzi di ricorso incidono su principi fondamentali come l’intangibilità del giudicato e la certezza del diritto.

102. Pertanto, la differenza in termini di conseguenze giuridiche precise per il diritto di rango inferiore di cui trattasi dovrebbe, a mio avviso, contare, il che significa, in questo particolare contesto, che l’elemento di confronto nazionale pertinente dovrebbe essere limitato alla «sentenza interpretativa negativa» in contrapposizione a quella «semplice».

103. Inoltre, e per le stesse ragioni, le pronunce pregiudiziali comparabili dovrebbero essere ulteriormente limitate a quelle che portano a escludere una certa interpretazione del diritto nazionale, ma che non arrivano a imporne la disapplicazione. Si tratterebbe, infatti, di una categoria diversa e più invasiva di conseguenze giuridiche che una «sentenza interpretativa negativa» non sembra produrre.

104. In secondo luogo, la categoria pertinente delle pronunce pregiudiziali potrebbe, a mio avviso, comprendere solo quelle che riguardano esattamente la stessa normativa su cui si basa la sentenza definitiva di cui si chiede la riforma. Qualsiasi definizione più ampia dell’elemento di confronto pertinente avrebbe effetti più ampi dello specifico obiettivo della categoria pertinente delle sentenze della Corte costituzionale (e pregiudicherebbe, anche sotto questo profilo, l’imperativo della certezza del diritto).

105. In effetti, tali sentenze sembrano riguardare un atto o una disposizione di diritto nazionale specifici. A quanto mi risulta, non è possibile richiedere con esito favorevole il mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi per analogia, ossia facendo leva su una presunta invalidità o su un’interpretazione presumibilmente incompatibile di una disposizione nazionale diversa (sebbene simile) a quella effettivamente esaminata dalla Corte costituzionale.

106. In terzo luogo, atteso che la finalità stessa delle «sentenze interpretative» è quella di prendere posizione sulla compatibilità di una determinata interpretazione del diritto nazionale con un diritto di rango superiore, mi sembra di capire che una risposta a tale questione si rifletta nel loro dispositivo, come ha sostanzialmente spiegato durante l’udienza il governo polacco.

107. Sebbene il rispetto del principio di equivalenza (e, ancora una volta, l’imperativo della certezza del diritto) richieda di delimitare allo stesso modo la pertinente categoria di pronunce pregiudiziali interpretative, tale delimitazione potrebbe comportare risultati arbitrari alla luce della logica che governa tali pronunce.

108. Infatti, se in alcuni casi la Corte può formulare l’osservazione pertinente nel dispositivo della sua decisione, in altri casi tale osservazione può risultare dalla motivazione di essa. Ciò riflette il fatto che la finalità principale di tali pronunce è fornire un’interpretazione del diritto dell’Unione e che il loro oggetto preciso dipende dal modo in cui le questioni sono formulate, nonché dagli elementi specifici del contesto giuridico e fattuale nazionale.

109. Inoltre, occorre sottolineare che le condizioni per ottenere la riforma di una decisione giudiziaria definitiva includono l’aspetto decisivo dei termini. A questo proposito, il principio della certezza del diritto richiede una chiara determinazione del momento da cui essi decorrono. Nel caso in esame, tale momento sembra essere la pubblicazione della pertinente decisione della Corte costituzionale. Orbene, il giudice del rinvio sembra ritenere di potersi basare su qualsiasi delle tre diverse pronunce pregiudiziali per accogliere eventualmente la domanda di revocazione dinanzi ad esso pendente. Già tale approccio rivela, a mio avviso, le criticità insite nell’integrare la logica delle pronunce pregiudiziali nel meccanismo del mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi.

iv)    Quale sia l’elemento dirimente della giurisprudenza pertinente della Corte per determinare i termini applicabili

110. Il giudice del rinvio ha individuato tre pronunce pregiudiziali interpretative (Profi Credit Polska I, Profi Credit Polska II e Kancelaria Medius) da cui risulterebbe che, a suo avviso, la sentenza contumaciale è stata pronunciata in violazione delle norme nazionali che recepiscono gli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13. Ricordo che tale asserita violazione consiste nel fatto che il Tribunale circondariale ha pronunciato tale sentenza senza esaminare l’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali in discorso e, senza averne la disponibilità, non ha chiesto che venissero prodotte.

111. Pur concordando pienamente con il giudice del rinvio sul fatto che la suddetta giurisprudenza sia rilevante per la valutazione delle condizioni in cui è stata emessa la sentenza contumaciale e che possa portare alla conclusione suggerita dallo stesso (39), ritengo che solo una di tali sentenze (Kancelaria Medius) rientri effettivamente nei parametri che ho suggerito, in subordine, nella sezione precedente. Tuttavia, tale pronuncia pregiudiziale non è la prima che consentirebbe di trarre conseguenze simili.

112. A fini di chiarimento, nella sentenza Kancelaria Medius, la Corte ha fornito un’interpretazione di norme specifiche della direttiva 93/13 che escludeva una certa interpretazione del diritto nazionale (40), la quale, come sottolinea la Commissione, sembra essere la stessa di quella in discussione nel procedimento principale (41). Inoltre, tale statuizione figura nel dispositivo della pronuncia (e benché la normativa incompatibile non sia nominalmente identificata in tale sede, essa lo è in altri punti della sentenza della Corte).

113. In particolare, da tale sentenza si evince che il giudice, qualora nazionale dubiti del carattere abusivo delle clausole contrattuali pur non disponendo di un documento che le riporti, deve essere in grado di chiedere la produzione di detto documento (per procedere all’esame di tali clausole) (42).

114. Sebbene la conclusione sembri ben adattarsi alla situazione del procedimento principale, la suddetta sentenza si basa in realtà sulla giurisprudenza precedente, comprese (ma non solo) le altre due sentenze indicate dal giudice del rinvio.

115. In primo luogo, nella sentenza Profi Credit Polska I, la Corte ha concluso che la direttiva 93/13 osta a norme nazionali che rendono impossibile al giudice nazionale il controllo d’ufficio dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali in un contratto stipulato con i consumatori, se le modalità di esercizio del diritto di proporre opposizione all’ingiunzione di pagamento fossero, in definitiva, eccessivamente restrittive. In tale causa, la natura particolarmente restrittiva delle norme applicabili ha indotto la Corte a concludere che effettivamente così fosse (43).

116. A tale proposito, il giudice del rinvio osserva che, sebbene il procedimento principale non riguardi un’ingiunzione di pagamento (e quindi la stessa normativa nazionale), le condizioni di impugnazione della sentenza contumaciale di cui trattasi sono altrettanto restrittive.

117. In secondo luogo, la Corte ha affrontato specificamente le conseguenze da trarre dall’impossibilità per il giudice nazionale di procedere al controllo d’ufficio nella sentenza Profi Credit Polska II, chiarendo che il giudice nazionale che nutra dubbi sulla natura abusiva delle clausole contrattuali può richiedere la produzione dei documenti pertinenti (44).

118. In terzo luogo, il carattere obbligatorio di tale approccio proattivo è stato, a mio avviso, affermato nella sentenza Lintner (pronunciata prima della sentenza Kancelaria Medius) (45).

119. Considerati i suddetti elementi della giurisprudenza, mi chiedo quale sentenza della Corte debba essere presa in considerazione per verificare se sia stato rispettato il termine per la presentazione di un’istanza di revocazione nel procedimento.

120. A questo punto, ritengo utile ricordare che la Commissione ha sostenuto, nel caso in esame, l’equivalenza tra una «sentenza interpretativa negativa» e una pronuncia pregiudiziale interpretativa. Tuttavia, essa ha anche aggiunto che l’equivalenza dovrebbe sussistere solo nella misura in cui la conclusione relativa all’incompatibilità del diritto nazionale è chiara.

121. Un siffatto criterio di chiarezza è forse meglio associato alla sentenza Kancelaria Medius. Tuttavia, come ho appena spiegato, tale sentenza (pronunciata, per quel possa valere, senza conclusioni di un avvocato generale) (46) certamente non è la prima ad aver affrontato la questione generale sollevata nel procedimento principale.

122. Osservo che, stando alle informazioni presenti nel fascicolo, la domanda di revocazione della sentenza che ha concluso il procedimento deve essere proposta entro tre mesi dalla pubblicazione della relativa sentenza della Corte costituzionale (47).

123. Dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio deduco che FY ha proposto la domanda circa nove mesi dopo la pronuncia della sentenza Profi Credit Polska I, il che, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, potrebbe aver reso la sua domanda tardiva di sei mesi. È forse per questo motivo che il giudice del rinvio considera la possibilità di individuare il presunto vizio della sentenza contumaciale anche sulla base delle successive sentenze Profi Credit Polska II o Kancelaria Medius (pronunciate rispettivamente circa 4 e 12 mesi dopo la presentazione della domanda di FY).

124. Devo dire che queste considerazioni mi lasciano alquanto perplesso perché, a mio avviso, è difficile ammettere che il principio di equivalenza possa portare a un risultato in cui il termine di cui trattasi potrebbe iniziare a decorrere a ogni nuova pronuncia pregiudiziale della Corte che faccia ulteriore luce sulle conseguenze da trarre dal diritto dell’Unione ai fini dell’interpretazione di una determinata disposizione di diritto interno.

125. Ricordo che la revocazione di cui trattasi nel procedimento in esame costituisce un mezzo di ricorso straordinario che, per sua natura, è un’eccezione al principio dell’intangibilità del giudicato. Al fine di tutelare il principio della certezza del diritto, le condizioni alle quali detto mezzo di ricorso può essere applicato devono essere chiaramente definite per garantire la prevedibilità, il che include un periodo di tempo specifico entro il quale tale mezzo di ricorso può essere proposto.

126. Il suddetto requisito impone quindi di determinare quale sia la prima pronuncia pregiudiziale nel tempo che consenta di concludere che una sentenza definitiva si sia basata su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione. Tuttavia, e per le ragioni che ho individuato in precedenza, ciò potrebbe rivelarsi alquanto difficoltoso se si volesse ottenere lo stesso livello di chiarezza nominale in merito a quale legge sia incompatibile con il diritto dell’Unione e quali siano le conseguenze precise di tale constatazione.

127. Alla luce delle suddette considerazioni, propongo di rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che il principio di equivalenza, in quanto una delle manifestazioni del dovere di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TFUE, non impone che il mezzo di ricorso straordinario che consente la revocazione della sentenza nell’ambito di un procedimento civile sulla base di una sentenza della Corte costituzionale nazionale i) che dichiari una disposizione di legge nazionale, invocata in tale procedimento, incompatibile con una legge di rango superiore e quindi invalida, o ii) che dichiari una determinata interpretazione di una disposizione di diritto nazionale, invocata in tale procedimento, incompatibile con una legge di rango superiore, sia reso disponibile anche nel caso di una sentenza della Corte di giustizia, pronunciata nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE e che interpreta una disposizione di diritto dell’Unione.

3.      Interpretazione conforme al diritto dell’Unione (e considerazioni più generali sull’effettività e sull’equivalenza)

128. Con la seconda questione, il giudice del rinvio si chiede se l’obbligo di interpretare il diritto nazionale conformemente al diritto dell’Unione implichi che il motivo di revocazione nell’ambito di un procedimento civile previsto dall’articolo 401, punto 2, k.p.c. debba essere interpretato estensivamente, in modo tale da far rientrare nella nozione giuridica di «illegittima privazione della possibilità di agire di una parte» la violazione da parte del giudice nazionale dell’obbligo di verificare d’ufficio l’eventuale carattere abusivo delle clausole contenute in un contratto stipulato con un consumatore.

129. Al fine di fornire una risposta utile alla seconda questione pregiudiziale, inizierò spiegando in primo luogo le ragioni probabilmente sottese alla formulazione di tale questione. Un siffatto esercizio richiede un’analisi più approfondita delle informazioni fornite dal giudice del rinvio sulla comprensione della nozione giuridica di «illegittima privazione della possibilità di agire di una parte» (a).

130. Tenendo conto della formulazione della seconda questione, spiegherò poi che il risultato preciso che può essere conseguito mediante un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione è una questione che rientra nella competenza del giudice nazionale (b).

131. È importante notare che, affinché tale metodo interpretativo possa avere una qualche utilità, occorre prima accertare quale sia l’esatta norma del diritto dell’Unione rispetto alla quale si vuole garantire la conformità. Al riguardo, la questione del giudice del rinvio sembra basarsi sulla premessa che il diritto dell’Unione impone agli Stati membri di prevedere un mezzo di ricorso straordinario che consenta di impugnare una decisione giudiziaria definitiva adottata in assenza di un esame delle clausole contrattuali di un contratto stipulato con un consumatore. In assenza di una norma specifica di diritto dell’Unione in tal senso, verificherò la premessa del giudice del rinvio esaminando se sia possibile desumere la sua esistenza dal principio di equivalenza (c) o dalla considerazione dell’effettività (d).

a)      Nozione di illegittima privazione della possibilità di agire di una parte

132. Dal fascicolo di causa emerge che una situazione in cui una parte è stata illegittimamente privata della possibilità di agire costituisce, nel diritto polacco, un motivo distinto di revocazione in un procedimento civile. Vi fa riferimento l’articolo 401, punto 2, k.p.c., unitamente ai motivi riguardanti una persona che «non aveva la capacità di stare in giudizio o la capacità processuale oppure non era debitamente rappresentata».

133. Tali motivi si riferiscono, conformemente alla formulazione della prima frase dell’articolo 401, punto 2, k.p.c., alla nullità di un procedimento e quindi, a mio avviso, a taluni vizi di procedura che hanno inficiato il procedimento concluso con una sentenza definitiva (48). In tale contesto, l’elenco dei vizi procedurali che possono comportare la revocazione, di cui all’articolo 401, punto 2, k.p.c., appare relativamente breve, il che, probabilmente, è dovuto al carattere eccezionale dei mezzi di ricorso straordinari in generale (49).

134. Il giudice del rinvio spiega che l’ipotesi specifica di illegittima privazione della possibilità di agire riguarda una situazione in cui una parte non ha potuto partecipare al procedimento, o a una parte sostanziale dello stesso, a causa di una violazione delle norme procedurali ad opera dell’organo giurisdizionale o della controparte.

135. Nella stessa ottica, il governo polacco ha spiegato in udienza che una illegittima privazione della possibilità di agire si verifica tipicamente quando il convenuto non è stato debitamente informato del procedimento avviato nei suoi confronti.

136. Tuttavia, il giudice del rinvio spiega altresì che tale nozione è stata applicata dalla Corte Suprema in una situazione in cui la revocazione era stata richiesta sulla base di una decisione (successiva e che presentava un nesso fattuale) della Corte EDU che aveva accertato una violazione del diritto a un processo equo, sancito all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU (50).

137. In assenza di ulteriori informazioni nella decisione di rinvio, e con riserva di verifica da parte del giudice a quo, ritengo che tale conclusione sia stata raggiunta a causa dell’assenza di motivazione da parte di un giudice nazionale nel respingere una richiesta di assistenza legale presentata da una parte in relazione alla presentazione di un ricorso per cassazione (per il quale era obbligatoria la rappresentanza legale). Mi risulta inoltre che la situazione di cui trattasi era stata considerata un ostacolo alla possibilità per il ricorrente di avvalersi di tale mezzo di ricorso procedurale.

138. Tale elemento della giurisprudenza nazionale sembra indurre il giudice del rinvio a chiedersi se il motivo di revocazione di cui trattasi debba essere interpretato (analogamente) in senso estensivo, in modo da ricomprendere l’omissione, da parte di un giudice nazionale, dell’esame d’ufficio della legittimità delle clausole inserite in un contratto stipulato con i consumatori, in violazione dei requisiti indicati nella giurisprudenza della Corte. È in siffatto contesto che il giudice del rinvio si chiede se un’interpretazione del genere possa essere imposta dal principio secondo cui il diritto nazionale deve essere interpretato conformemente al diritto dell’Unione. Mi accingo ora ad affrontare tale questione.

b)      Obbligo di interpretare il diritto nazionale conformemente al diritto dell’Unione e limiti della competenza della Corte

139. Secondo una giurisprudenza consolidata, i giudici nazionali devono interpretare «le disposizioni del diritto nazionale in modo quanto più possibile idoneo a consentirne un’applicazione che contribuisca all’attuazione del diritto dell’Unione» (51). Sebbene, a tal fine, i giudici nazionali debbano, in definitiva, utilizzare tutti i mezzi possibili previsti dall’ordinamento giuridico in questione, tale metodo non può servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (52).

140. Da tale descrizione si evince che, se il metodo dell’interpretazione conforme mira a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione (53), il suo utilizzo e l’individuazione dei suoi limiti sono necessariamente demandati ai giudici nazionali, sulla base delle indicazioni che la Corte può fornire, ove possibile, sul fondamento delle informazioni contenute nel fascicolo (54).

141. Infatti, in linea con la separazione delle funzioni tra la Corte, da un lato, e i giudici nazionali, dall’altro, nell’ambito della procedura di cui all’articolo 267 TFUE, l’interpretazione del diritto nazionale rientra nella competenza esclusiva di questi ultimi (55). Ne consegue che la Corte non può statuire in modo formale se un determinato risultato interpretativo a livello nazionale sia prescritto dal principio dell’interpretazione conforme, poiché la possibilità di raggiungere la conformità al diritto dell’Unione in tal modo dipende dalla portata della disposizione interna di cui trattasi e dalla sua «elasticità interpretativa».

142. Tuttavia, al fine di fornire assistenza al giudice del rinvio, è necessario, non da ultimo per confermare l’importanza del principio dell’interpretazione conforme, determinare, a livello di diritto dell’Unione, quale sia l’esatta «misura di legalità» rispetto alla quale deve essere garantita la conformità.

143. Al riguardo, la seconda questione pregiudiziale sembra basarsi sulla premessa che il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/103, impone la possibilità di revocare una sentenza definitiva, con cui è stato definito un procedimento civile, per porre rimedio alla presunta mancanza di verifica, da parte del giudice nazionale, della legalità delle clausole di un contratto con i consumatori. Poiché nel diritto nazionale applicabile non sembra esistere un fondamento giuridico esplicito per la revocazione nell’ambito del procedimento civile che si adatti a tale situazione, il giudice del rinvio valuta un’interpretazione estensiva dell’articolo 401, punto 2, k.p.c. per ottenerlo.

144. In accordo con le posizioni espresse, in sostanza, dal governo polacco e dalla Commissione, osservo che la revocazione nell’ambito di un procedimento civile al fine di rimediare all’omessa verifica d’ufficio delle clausole di un contratto con i consumatori da parte di un giudice nazionale rafforzerebbe senza dubbio l’effettività della tutela dei consumatori. Tuttavia, la Corte ha sempre sottolineato che spetta agli Stati membri, in base al principio dell’autonomia procedurale, stabilire procedure interne per l’esame del carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (56).

145. Pertanto, in assenza di un’esplicita disposizione in tal senso nel diritto dell’Unione, non si può presumere, senza ulteriori approfondimenti, che l’inosservanza da parte del giudice nazionale di uno dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nei procedimenti conclusi con sentenza definitiva, comporti automaticamente che gli Stati membri devono prevedere un mezzo di impugnazione straordinario per consentire la riforma di tale sentenza definitiva.

146. A mio avviso, un siffatto obbligo potrebbe essere istituito solo come conseguenza del principio di equivalenza o sulla base di considerazioni relative all’effettività dei diritti derivanti dal diritto dell’Unione. Esaminerò in successione i suddetti aspetti nelle due sezioni che seguono.

c)      Considerazioni sul principio di equivalenza

147. Come già ricordato al paragrafo 43 delle presenti conclusioni, il principio di equivalenza vieta agli Stati membri di stabilire modalità processuali meno favorevoli per le domande attoree relative a una violazione del diritto dell’Unione rispetto a quelle applicabili a domande analoghe sulla base di una violazione del diritto nazionale.

148. In tale contesto, e come rilevato dalla Commissione, la Corte ha più volte spiegato che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (che prescrive in sostanza che le clausole abusive non debbano vincolare i consumatori) costituisce «una norma equivalente alle disposizioni nazionali che occupano, nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico» (57). La Corte ha inoltre osservato (in materia di consumatori e più in generale) che «le condizioni imposte dal diritto nazionale per applicare d’ufficio una norma di diritto [dell’Unione] non [devono essere] meno favorevoli di quelle che disciplinano l’applicazione d’ufficio delle norme di pari rango del diritto nazionale» (58).

149. Pertanto, qualora si dovesse stabilire che il motivo di revocazione nell’ambito di un procedimento civile basato sulla privazione della possibilità di agire della parte deve essere applicato, nel diritto interno, in modo da comprendere il mancato rilievo d’ufficio di questioni di ordine pubblico da parte dei giudici nazionali, interverrebbe allora il principio di equivalenza in modo da rendere tale motivo applicabile anche al procedimento principale (59).

150. Ciò detto, vorrei sottolineare che le informazioni disponibili nel fascicolo non indicano che l’interpretazione dell’articolo 401, punto 2, k.p.c., come evidenziato poc’anzi, sia stata effettivamente accolta. Pertanto, l’eventuale necessità di attivare il principio di equivalenza in tali circostanze rimane una situazione ipotetica che il giudice del rinvio è tenuto a verificare.

d)      Effettività della tutela del diritto dei consumatori a non essere vincolati da clausole contrattuali abusive

151. Partendo dalla premessa implicita nella domanda del giudice del rinvio, come spiegato al paragrafo 143 supra, si pone la questione se l’effettività dei diritti che i consumatori traggono dal diritto dell’Unione e, nello specifico, dalla direttiva 93/13, richieda che sia disponibile un mezzo di ricorso straordinario laddove si sostenga che tali diritti non sono stati adeguatamente tutelati. Ciò include situazioni – per quanto di rilevanza per il caso di specie – in cui si sostiene che il giudice nazionale avrebbe omesso di esaminare d’ufficio l’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali in un contratto con i consumatori.

152. A mio avviso, è abbastanza comprensibile che tale questione venga sottoposta alla luce della tutela piuttosto ampia che la giurisprudenza della Corte ha finora accordato ai diritti dei consumatori ai sensi del diritto dell’Unione, e in particolare della direttiva 93/13.

153. In quella che è ormai giurisprudenza consolidata, la Corte interpreta tale direttiva nel senso che implica l’obbligo per i giudici nazionali di controllare d’ufficio l’eventuale carattere abusivo delle clausole dei contratti con i consumatori. Senza che sia necessario entrare nei dettagli di tale giurisprudenza (60), la Corte ha innanzitutto confermato che il suddetto obbligo è subordinato all’acquisizione, da parte del giudice nazionale, degli «elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine» (61). La Corte ha inoltre confermato in sentenze successive, che, quando il giudice nazionale non dispone di tali elementi pertinenti (ma nutre dubbi sull’equità delle clausole in discorso), esso deve essere in grado di richiederne la produzione (62).

154. I rispettivi aspetti dell’obbligo imposto ai giudici nazionali di adottare un siffatto approccio proattivo sono stati progressivamente desunti dall’articolo 6, paragrafo 1, e dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, che impone, in sostanza, agli Stati membri di garantire che le clausole abusive non vincolino i consumatori e di fornire «mezzi adeguati ed efficaci» per far cessare l’inserzione di siffatte clausole.

155. Non vi è dubbio che i conseguenti doveri imposti ai giudici nazionali abbiano richiesto, in alcuni ordinamenti giuridici, un importante adeguamento del ruolo del giudice come tradizionalmente percepito che, nelle controversie civili, dovrebbe altrimenti rimettersi, in via generale, alle circostanze di fatto dedotte delle parti. Non vi è inoltre alcun dubbio sul fatto che il livello di protezione attualmente richiesto possa differire dai requisiti previsti in altri settori del diritto dell’Unione in cui i privati possono trovarsi parimenti in situazioni di vulnerabilità (63).

156. Tali requisiti specifici e, in alcuni casi imposti di recente, per i giudici nazionali nel settore della tutela dei consumatori appaiono ormai abbastanza ben noti e integrati.

157. Ciò detto, sebbene la giurisprudenza della Corte chiarisca, a mio avviso, che il controllo d’ufficio delle clausole inserite in un contratto con i consumatori deve avvenire, in linea di principio, in una qualche fase del procedimento, ritengo che le conseguenze dell’assenza di un siffatto controllo per la decisione giudiziaria risultante (divenuta definitiva) siano sfumate. In particolare, e pur se tale assenza può in taluni casi, escludere che si formi l’intangibilità del giudicato, ciò non significa, a mio avviso, che tale effetto di giudicato debba essere ignorato in tutte le situazioni in cui non siano state esaminate dal giudice le clausole di un contratto stipulato con un consumatore (i). Tuttavia, sono anche dell’opinione che le condizioni restrittive in cui la sentenza contumaciale, oggetto del procedimento principale, avrebbe potuto essere impugnata, implichino che il consumatore interessato debba disporre di un mezzo di ricorso per correggere la situazione che ne deriva. Tale mezzo di ricorso può assumere la forma della revocazione, se detto risultato può essere conseguito con un’interpretazione conforme, ma non deve necessariamente assumere tale forma (ii).

i)       Considerazioni sull’effettività e sugli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato

158. In linea con quanto ho già illustrato in precedenza, la posizione del diritto dell’Unione nei confronti degli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato è che non esiste un obbligo generale che imponga di rimettere in discussione, in particolare mediante l’istituzione di un mezzo di ricorso specifico, le decisioni giudiziarie definitive che violano il diritto dell’Unione (64).

159. È tuttavia vero che in diversi casi la Corte è giunta a una conclusione contraria, basata su considerazioni di garanzia dell’effettività rispetto ad alcune norme del diritto dell’Unione.

160. Ciò si è verificato, in primo luogo, in una situazione in cui una sentenza nazionale definitiva impediva, in violazione del diritto dell’Unione, il recupero di un aiuto di Stato erogato illegalmente e, di conseguenza, incideva sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri in tale ambito (65).

161. In secondo luogo, ciò si è verificato anche nel caso in cui gli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato erano definiti in modo così ampio da rendere strutturalmente impossibile ottenere risultati conformi al diritto dell’Unione in altri casi analoghi. La Corte è giunta a tale conclusione in cause riguardanti l’IVA e, nuovamente, gli aiuti di Stato (66).

162. Nessuna delle due categorie di situazioni (sia in termini del settore coperto sia, soprattutto, di difficoltà strutturali affrontate) appare pertinente nella fattispecie di cui al procedimento principale.

163. In terzo luogo, la Corte ha adottato un approccio piuttosto rigoroso nei confronti degli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato in materia di tutela dei consumatori. Più specificamente, essa ha chiarito che garantire l’effettiva tutela del diritto dei consumatori di non essere vincolati da clausole contrattuali considerate abusive ai sensi della direttiva 93/13 richiede l’inosservanza degli effetti del giudicato nazionale sia nella fase di impugnazione del procedimento ordinario sia durante il procedimento di esecuzione.

164. Per quanto riguarda il primo aspetto, nella sentenza Unicaja Banco (67), la Corte ha imposto di non tenere conto del carattere definitivo di una sentenza emessa in primo grado, allorché tale sentenza impediva, in sostanza, il recupero da parte del consumatore di una parte della somma versata al professionista sulla base di una «clausola di tasso minimo» ritenuta abusiva. Infatti, pur ordinando il rimborso delle somme versate in base a tale clausola, la decisione di primo grado imponeva un limite temporale a tale obbligo restitutorio, conformemente alla giurisprudenza (di allora) della Corte suprema nazionale (68).

165. Successivamente, la Corte ha dichiarato che tale limitazione nel tempo era contraria alla direttiva 93/13 (69). Tuttavia, la suddetta constatazione è intervenuta dopo la scadenza dei termini di impugnazione in quella causa, in quanto solo la banca interessata l’aveva proposta (contestando la decisione del giudice di primo grado che la condannava alla totalità delle spese). Tale impugnazione era stata accolta. In risposta a una questione sollevata dal Tribunal Supremo (Corte Suprema, Spagna), la Corte ha chiarito che il giudice d’appello era in realtà tenuto a ritornare sulla parte della sentenza di primo grado passata in giudicato e a sollevare d’ufficio il carattere abusivo della limitazione temporale, sebbene, in primo luogo, tale parte della sentenza di primo grado non fosse stata contestata e, in secondo luogo, che la situazione risultante peggiorasse la posizione giuridica della banca che aveva proposto l’appello per contestare un aspetto diverso della decisione di primo grado.

166. Per quanto riguarda il secondo aspetto menzionato al paragrafo 164 supra, la Corte ha imposto di riformare il giudicato delle decisioni giudiziarie emesse nei procedimenti di ingiunzione di pagamento o nei procedimenti di esecuzione ipotecaria.

167. Più specificamente, nella sentenza Finanmadrid EFC, la Corte ha richiesto di riformare l’autorità di cosa giudicata nella fase di esecuzione di un procedimento d’ingiunzione di pagamento, conferendo al giudice nazionale il potere di valutare d’ufficio se una clausola del contratto sottostante avesse carattere abusivo, allorché tale giudice non ne aveva il potere in base al diritto nazionale e le clausole contrattuali non erano state riesaminate nelle fasi precedenti del procedimento (70).

168. Inoltre, nella sentenza Banco Primus, la Corte ha applicato tale approccio a situazioni in cui, nell’ambito di un procedimento di esecuzione ipotecaria, era stato effettuato un esame, ma solo limitatamente ad alcune clausole del contratto sottostante. La Corte ha concluso, in sostanza, che la protezione da fornire ai consumatori ai sensi della direttiva 93/13 si rivelerebbe «incompleta e insufficiente» se si impedisse al giudice dell’esecuzione ipotecaria di esaminare d’ufficio il carattere abusivo delle altre clausole rimaste non controllate (71).

169. La sentenza Ibercaja Banco (72) richiedeva analogamente, e in linea di principio, di non tenere conto, nei procedimenti di esecuzione ipotecaria, degli effetti nazionali dell’intangibilità del giudicato qualora il giudice nazionale avesse esaminato le clausole contrattuali controverse senza, tuttavia, alcuna dichiarazione esplicita in tal senso nella decisione finale. La Corte ha sottolineato che, in tali circostanze, il consumatore non era stato informato dell’esistenza di un siffatto controllo né, almeno sommariamente, della motivazione in base alla quale il giudice aveva ritenuto che le clausole in discussione non avessero carattere abusivo, il che gli aveva impedito di prendere una decisione informata sull’opportunità di proporre ricorso avverso suddetta decisione (73).

170. A prima vista, da tale giurisprudenza potrebbe discendere che l’autorità di cosa giudicata insita in una decisione giurisdizionale resiste al controllo dell’effettività della tutela da accordare ai consumatori, in ogni caso preso in considerazione, solo qualora tale decisione sia stata pronunciata in esito ad un controllo delle clausole contrattuali pertinenti (e solo quando venga dato esplicitamente atto del risultato di tale controllo) (74).

171. Tuttavia, a mio avviso, siffatta conclusione generale non è del tutto corretta.

172. In primo luogo, rilevo che una siffatta conclusione renderebbe immediatamente prive di oggetto le due questioni sollevate nella presente causa, in quanto la sua logica conseguenza sarebbe che gli effetti giuridici dell’intangibilità del giudicato semplicemente non si applicano: benché formalmente definitiva, una decisione giudiziaria emessa senza esame del rapporto principale non può impedire una qualche forma di nuovo contenzioso. Di conseguenza, non sarebbe necessario considerare la questione dei mezzi di ricorso straordinari perché questi, come ho già spiegato, sono strumenti eccezionali che consentono di riformare una decisione giudiziaria definitiva.

173. In secondo luogo, e soprattutto, è difficile, a mio avviso, conoscere in anticipo le conseguenze più ampie di una siffatta lettura della giurisprudenza della Corte, soprattutto se collocata nel contesto della sua giurisprudenza sui termini dell’azione promossa da un consumatore per arricchimento ingiustificato (75).

174. In terzo luogo, altrettanto importante, la giurisprudenza discussa supra deve essere letta alla luce del precedente orientamento giurisprudenziale della Corte relativo alla «completa passività del consumatore» (76), di cui la Corte ha recentemente confermato la rilevanza.

175. A titolo di chiarimento, la Corte ha osservato nella precedente sentenza Asturcom Telecomunicaciones che il principio di effettività non si spinge fino a imporre al giudice nazionale investito di un’azione di esecuzione forzata di un lodo arbitrale (emesso in assenza del consumatore) l’obbligo di valutare d’ufficio se una clausola compromissoria contenuta in un contratto stipulato con un consumatore sia abusiva, qualora il consumatore non abbia chiesto l’annullamento di tale lodo e il termine applicabile di due mesi, fissato a tal fine, non possa essere considerato problematico (77).

176. La Corte ha fatto riferimento a tale giurisprudenza precedente nella sua recente sentenza Unicaja Banco, esaminata supra, per confermare che gli elementi di fatto alla base della suddetta sentenza non deponevano per un’inerzia totale da parte del consumatore: sebbene egli non avesse impugnato la sentenza di primo grado emessa nel procedimento principale, ciò era dovuto al fatto che la sentenza della Corte nella causa Gutierrez Naranjo, che ha dichiarato incompatibile con la direttiva 93/13 la giurisprudenza nazionale su cui si basava la suddetta sentenza di primo grado, era stata pronunciata solo dopo la scadenza dei termini per la presentazione del ricorso (78).

177. Alla luce di ciò, ritengo che l’eventuale assenza di controllo del carattere abusivo delle clausole di un contratto stipulato con un consumatore possa comunque determinare un vero e proprio effetto di autorità di cosa giudicata laddove, in particolare, il consumatore non abbia partecipato ad alcuna fase del procedimento.

178. Si deve quindi valutare se nelle circostanze del procedimento principale si sia verificata una tale situazione.

179. Dalla decisione di rinvio risulta che FY non ha partecipato al procedimento conclusosi con la sentenza contumaciale e che non ha provato a impugnare la sentenza (sebbene le sia stata debitamente notificata tale sentenza). Questi elementi sono prima facie indicativi della sua passività nell’accezione della summenzionata giurisprudenza della Corte.

180. Tuttavia, la sua situazione specifica deve essere valutata nel contesto generale delle norme procedurali nazionali applicabili alla fattispecie.

181. Con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, sembra che le norme procedurali applicabili alla sentenza contumaciale abbiano impedito al relativo giudice di primo grado di controllare le clausole contrattuali in esame, in quanto detto giudice ha dovuto rimettersi alle affermazioni di fatto della ricorrente (79).

182.  Dalla sentenza Prof Credit Polska I si evince, a mio avviso, che tale soluzione procedurale non è di per sé incompatibile con i requisiti della direttiva 93/13, purché il controllo possa avvenire in seconda istanza e le condizioni del ricorso siano definite in modo tale da non rendere eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’effettivo esercizio dell’azione da parte del consumatore.

183. A questo proposito, dalla decisione di rinvio si evince che la sentenza contumaciale è diventata immediatamente esecutiva e che avrebbe potuto essere impugnata entro due settimane, durante le quali FY avrebbe dovuto indicare le censure e gli elementi di prova su cui intendeva basarsi.

184. Come osservano sia il giudice del rinvio sia la Commissione, tali condizioni appaiono piuttosto simili a quelle che la Corte ha ritenuto eccessivamente restrittive nella sentenza Profi Credit Polska I (80). Ritengo che, unitamente all’assenza di un esame dell’eventuale carattere abusivo delle clausole in primo grado, esse possano effettivamente condurre a una conclusione analoga, vale a dire che non consentono di garantire il rispetto dei diritti che il consumatore trae dalla direttiva 93/13. Ciò premesso, le questioni pregiudiziali nel presente procedimento non riguardano questo aspetto specifico e spetta al giudice del rinvio verificare se tale descrizione delle norme procedurali applicabili sia corretta.

185. Se la loro natura eccessivamente restrittiva dovesse essere confermata, ne conseguirebbe, a mio avviso, che non si può ritenere che FY abbia dato prova di una totale passività.

186. In un siffatto caso, ritengo che l’effettività del diritto dei consumatori di non essere vincolati da clausole contrattuali abusive imponga che le venga fornito un mezzo di ricorso.

187. Tuttavia, non ritengo che detto mezzo di ricorso debba necessariamente consistere nella revocazione. Nella sezione che segue mi occuperò di tale argomento.

ii)    Possibili rimedi per ripristinare il diritto del consumatore a non essere vincolato da una clausola contrattuale asseritamente abusiva

188. Innanzitutto, ho già ricordato che l’obbligo del giudice nazionale di controllare la legittimità delle clausole contrattuali che riguardano i consumatori può estendersi ai procedimenti esecutivi (81). Al riguardo, le informazioni disponibili nel fascicolo di causa non indicano se sia stato avviato o concluso un procedimento di esecuzione o se, forse, FY abbia già eseguito volontariamente la sentenza contumaciale. Tuttavia, nel caso in cui la prospettiva di un’esecuzione forzata sia ancora aperta, e nel caso in cui tale procedura di esecuzione forzata sia avviata, a mio avviso dalla giurisprudenza sopra citata emerge che FY dovrebbe avere la possibilità di invocare, in tale contesto, l’eventuale carattere abusivo del contratto sottostante (82).

189. In secondo luogo, a mio avviso risulta anche che le particolari circostanze procedurali in cui la sentenza contumaciale è stata emessa ed è passata in giudicato portano a concludere che l’autorità di cosa giudicata non può impedire a FY di invocare l’eventuale carattere abusivo delle clausole di cui trattasi per presentare una domanda di restituzione dei rispettivi importi.

190. A mio avviso, tale interpretazione è corroborata dalla sentenza nella causa Ibercaja Banco, in cui la Corte ha affermato il diritto del consumatore di chiedere un risarcimento (al professionista in questione, secondo la mia interpretazione) nel caso in cui il giudice nazionale non abbia adempiuto correttamente l’obbligo di controllare l’eventuale carattere abusivo del contratto di mutuo sottostante, ma in cui il procedimento di esecuzione ipotecaria si sia già concluso, con il conseguente trasferimento della proprietà del bene immobile a un terzo (83). Ritengo che tale ragionamento debba valere, a maggior ragione, qualora, semplicemente, il corrispettivo pecuniario sia stato versato dal consumatore al professionista (sulla base di una clausola contrattuale che deve essere considerata abusiva e, di conseguenza, nulla e qualora le condizioni per opporsi a una sentenza contumaciale siano incompatibili con il livello di tutela che deve essere garantito nei confronti dei consumatori ai sensi della direttiva 93/13, come ho già osservato supra).

191. Infine, il rispettivo mezzo di ricorso nazionale potrebbe anche assumere la forma del mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi, a condizione che il diritto nazionale consenta di interpretare la nozione di privazione illegittima della possibilità di agire in modo da includervi la situazione di cui trattasi.

192. Al riguardo, le informazioni contenute nel fascicolo mi conducono a ritenere che il giudice del rinvio potrebbe valutare se il quadro procedurale applicabile, come descritto supra ai paragrafi 183 e 184, possa essere considerato un ostacolo all’accesso di FY a uno specifico mezzo di ricorso, analogamente a quanto sembra essere stato ritenuto (con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio) dalla Corte Suprema in una situazione in cui il giudice nazionale non ha motivato le ragioni per cui a un ricorrente è stata negata l’assistenza legale ai fini della presentazione di un ricorso per cassazione (84).

193. Ciò detto, anche se tale interpretazione conforme risultasse possibile, il ricorso di cui trattasi dovrebbe comunque rispettare il termine applicabile (85). Il termine rilevante, sulla base della mia interpretazione della lettera dell’articolo 401, punto 7, k.p.c., inizia a decorrere dal momento in cui la parte è venuta a conoscenza della «sentenza» (86). La decisione di rinvio non contiene ulteriori informazioni su come tale norma debba essere intesa. A prima vista, mi sembra che la formulazione di detta norma si riferisca alla sentenza definitiva emessa in un procedimento in cui il convenuto è stato asseritamente privato della possibilità di agire. La valutazione di tale questione spetta ovviamente al giudice del rinvio.

194. Qualora, tuttavia, il giudice del rinvio concludesse che il mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi non può essere attivato, a causa dei limiti dell’interpretazione conforme o a causa dei termini applicabili, non ritengo che l’esigenza dell’effettività del diritto dei consumatori di cui trattasi giunga fino al punto di imporre la messa a disposizione del mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi, nonostante le condizioni in cui può essere applicato, come definite dal diritto nazionale.

195. La Corte ha spiegato che la natura adeguata ed efficace della protezione procedurale offerta ai consumatori deve essere valutata alla luce dei mezzi di ricorso già disponibili (87).

196. Al riguardo, dalla decisione di rinvio si evince che l’omissione del giudice nazionale di cui si discute nel caso di specie costituisce la base per un altro mezzo di ricorso straordinario, ossia un ricorso straordinario. Il giudice del rinvio osserva che detto mezzo di ricorso può essere proposto unicamente dal Mediatore e dal Procuratore generale, il che comporta che solo un numero esiguo di casi viene riesaminato in tal modo. Resta, nondimeno, che tale mezzo di ricorso fa ancora parte del contesto procedurale nazionale complessivo.

197. Inoltre, e forse anche più importante, ritengo che l’attuale giurisprudenza della Corte colga, in modo abbastanza esaustivo, i diversi aspetti della procedura nazionale che potrebbero altrimenti ostacolare i consumatori (che non hanno dato prova di completa passività) dall’opporsi all’esecuzione di un titolo il cui eventuale carattere abusivo non è stato verificato o nell’ottenere un risarcimento per ciò che hanno pagato (o perso) sulla base di tale fondamento illegittimo.

198. In siffatte circostanze, non vedo la necessità di introdurre un ulteriore livello di protezione che imporrebbe, sulla base del diritto dell’Unione, la revocazione, soprattutto se si considera la natura eccezionale di tale mezzo di ricorso.

199. Come ho spiegato supra, l’applicabilità di mezzi di ricorso straordinari si basa, in generale, su un equilibrio complessivo raggiunto dal legislatore nazionale tra i valori in gioco. Richiedere un ampliamento della portata (sostanziale o personale) di tali mezzi di ricorso per compensare, nello specifico, il mancato esame da parte del giudice nazionale della legittimità di un contratto stipulato con un consumatore, potrebbe turbare tale equilibrio complessivo qualora, ad esempio, non esista una protezione procedurale analoga in altri settori del diritto, sebbene anche tali settori possano ingenerare situazioni di l’illegittima negazione di una protezione che deve altrimenti essere garantita a persone in una situazione di vulnerabilità (88).

200. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che l’obbligo di garantire una tutela effettiva dei diritti dei consumatori ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, non imponga la messa a disposizione di un rimedio straordinario per consentire la revocazione di una sentenza definitiva emessa all’esito di un procedimento senza esame dell’eventuale carattere abusivo delle clausole inserite in un contratto con i consumatori. Tuttavia, tale obbligo rende necessario prevedere un mezzo di ricorso, da individuare nell’ordinamento giuridico nazionale interessato, qualora tale decisione giudiziale definitiva sia stata emessa e sia divenuta definitiva sulla base di norme procedurali che non consentono di garantire il rispetto dei diritti di cui il consumatore gode in forza della direttiva 93/13.

V.      Conclusione

201. Propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Sąd Okregowy Warszawa-Praga w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia-Praga, Varsavia, Polonia) nel seguente modo:

(1)      Il principio di equivalenza, in quanto una delle manifestazioni del dovere di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TFUE,

deve essere interpretato nel senso che non impone che un mezzo di ricorso straordinario che consenta la revocazione nell’ambito di un procedimento civile sulla base di:

–        una sentenza della Corte costituzionale nazionale che dichiari una disposizione di legge nazionale, invocata in tale procedimento, incompatibile con una legge di rango superiore e quindi invalida, o

–        che dichiari una determinata interpretazione di una disposizione di diritto nazionale, invocata in tale procedimento, incompatibile con una legge di rango superiore,

sia disponibile sulla base di una sentenza della Corte di giustizia, pronunciata nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE e che interpreta una disposizione del diritto dell’Unione.

(2)      L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori

devono essere interpretati nel senso che essi non impongono la messa a disposizione di un rimedio straordinario per consentire la revocazione di una decisione giudiziale definitiva emessa all’esito di un procedimento senza l’esame dell’eventuale carattere abusivo delle clausole inserite in un contratto con i consumatori. Tuttavia, le suddette disposizioni devono essere interpretate nel senso che esse impongono di mettere a disposizione, e di individuare nell’ordinamento giuridico nazionale interessato, un mezzo di ricorso qualora tale decisione giudiziale definitiva sia stata emessa e sia divenuta definitiva sulla base di norme procedurali che non consentono di garantire il rispetto dei diritti di cui il consumatore beneficia in forza della direttiva 93/13.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).


3      La decisione di rinvio non fornisce ulteriori dettagli sulle ragioni che hanno indotto il giudice del rinvio a ritenere di non poter emettere un’ingiunzione di pagamento.


4      Sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska (C‑176/17, EU:C:2018:711; in prosieguo: la «sentenza Profi Credit Polska I»).


5      Il Rzecznik Finansowy (mediatore in materie finanziarie) ha fatto riferimento alla sentenza Profi Credit Polska I e all’ordinanza del 28 novembre 2018, PKO Bank Polski (C‑632/17, EU:C:2018:963).


6      Facendo riferimento alla sentenza del 4 giugno 2020, Kancelaria Medius (C‑495/19, EU:C:2020:431; in prosieguo: la «sentenza Kancelaria Medius»).


7      Sentenza del 7 novembre 2019, Profi Credit Polska (C‑419/18 e C‑483/18, EU:C:2019:930; in prosieguo: la «sentenza Profi Credit Polska II»).


8      Per il tenore di tali disposizioni, v. paragrafi 7 e 8 delle presenti conclusioni.


9      Sentenza del 1o giugno 1999, Eco Swiss (C‑126/97, EU:C:1999:269, punto 46).


10      V., ad esempio, sentenza dell’11 settembre 2019, Călin (C‑676/17, EU:C:2019:700; in prosieguo: la «sentenza Călin», punti da 28 a 30 e giurisprudenza ivi citata).


11      V., ad esempio, sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853; in prosieguo: la «sentenza XC»; punto 52 e giurisprudenza ivi citata).


12      V., al riguardo e per una riflessione più ampia, Turmo, A., «Res Iudicata in European Union Law – A multi-faceted principle in a multilevel judicial system», EU Law Live Press, 2022, pag. 46.


13      V. altresì Wiśniewski, T., «Extraordinary remedies in Polish civil procedure», Studia Prawnicze – The Legal Studies, N. 4 (220), 2019, pag. 107.


14      Corte EDU, 19 maggio 2020, REDQUEST LIMITED c. Slovacchia, ECLI:CE:ECHR:2020:0519JUD000274917, § 29 (in prosieguo: la «sentenza Corte EDU nella causa REDQUEST»).


15      Corte EDU, 25 giugno 2009, OOO LINK OIL SPB c. Russia, ECLI:CE:ECHR:2009:0625DEC004260005 (in prosieguo: la «sentenza Corte EDU nella causa Link Oil», il testo non è strutturato in paragrafi).


16      Sentenze Corte EDU nella causa REDQUEST, § 29; nella causa Link Oil e Corte EDU, 9 giugno 2015, PSMA, SPOL.  S R.O. c. Slovacchia, ECLI:CE:ECHR:2015:0609JUD004253311, §§ da 68 a 70.


17      V., tra tanti esempi, sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco (C‑869/19, EU:C:2022:397, in prosieguo: la «sentenza Unicaja Banco», punto 22 e giurisprudenza ivi citata).


18      Ibidem, punto 23, sentenze Călin, punto 35, e XC, punto 27. Talvolta la Corte ha fatto riferimento solo all’«oggetto» e agli «elementi essenziali», come nella sentenza del 26 gennaio 2010, Transportes Urbanos y Servicios Generales (C‑118/08, EU:C:2010:39; in prosieguo: la «sentenza Transportes Urbanos», [punto] 35). La differenza tra i due approcci è, in ogni caso, minima, atteso che la categoria degli «elementi essenziali» è abbastanza ampia da coprire qualsiasi aspetto rilevante del procedimento giudiziario.


19      V., per un esempio di tutto ciò, sentenza Transportes Urbanos.


20      Sentenza del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti (C‑213/13, EU:C:2014:2067; in prosieguo: la «sentenza Impresa Pizzarotti»).


21      Sentenza del 29 luglio 2019, Hochtief Solutions Magyarországi Fióktelepe (C‑620/17, EU:C:2019:630, in prosieguo: la «sentenza Hochtief»).


22      Sentenza Impresa Pizzarotti, punto 55.


23      Sentenza Hochtief, punto 63.


24      Infatti, al punto 63 di tale sentenza, la Corte ha concluso che «[s]petta (...) al giudice del rinvio stabilire se le norme processuali ungheresi comportino la possibilità di ritornare su una sentenza passata in giudicato, al fine di rendere la situazione originata da tale sentenza compatibile con una precedente decisione giurisdizionale definitiva, di cui il giudice che ha pronunciato tale sentenza nonché le parti della causa che l’ha originata erano già a conoscenza. Se così fosse (...)». Il corsivo è mio.


25      Sentenza XC, punti 31 e 34.


26      V., in tal senso, conclusioni presentate dall’avvocato generale Bobek nella causa Călin (C‑676/17, EU:C:2019:94; paragrafi da 72 a 74).


27      V. supra paragrafo 28 delle presenti conclusioni.


28      V. anche Granat, M. and Granat, K., The Constitution of Poland: A Contextual Analysis, Hart Publishing, 2019, pagg. da 147 a 148. Dalla decisione di rinvio e dalle spiegazioni fornite dal governo polacco in udienza risulta inoltre che, pur esistendo tre tipi di procedimenti in cui la Corte costituzionale può emettere una sentenza che può servire da base per la revocazione ai sensi dell’articolo 4011 k.p.c. [quando detto giudice è adito i) da un organismo pubblico abilitato a tal fine; ii) da un giudice nazionale nell’ambito di un procedimento pendente; o iii) da un singolo ricorrente], la questione di quale procedimento sia stato effettivamente utilizzato non incide sulla possibilità di rivendicare il motivo di revocazione di cui trattasi.


29      Delibera del Sąd Najwyższy (Corte suprema) del 17 dicembre 2009, III PZP 2/09.


30      V., ad esempio, sentenza del 4 marzo 2020, Telecom Italia (C‑34/19, EU:C:2020:148; in prosieguo: la «sentenza Telecom Italia», punto 56 e giurisprudenza ivi citata).


31      V., segnatamente, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:799, punti da 27 a 30, e giurisprudenza ivi citata). V., per quanto riguarda il linguaggio su finalità «limitata» e «di ampio respiro», conclusioni presentate dall’avvocato generale Bobek nella causa Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:291, paragrafo 55).


32      V., su tale principio, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530; in prosieguo: la «sentenza Popławski», punto 53 e giurisprudenza ivi citata).


33      Come chiarito nella sentenza Popławski, punto 64.


34      V., per un esempio correlato, sentenza nella causa Kancelaria Medius, punti da 47 a 51, in cui la Corte ha invitato il giudice del rinvio a verificare innanzitutto le possibilità dell’interpretazione conforme della norma nazionale in discorso prima di richiamare l’obbligo (sussidiario) di disapplicarla.


35      Ricordo che una pronuncia pregiudiziale interpretativa è vincolante non solo ai fini della sua applicazione nella controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio (effetti inter partes), ma essa deve essere rispettata anche in altri procedimenti in cui la stessa norma interpretata del diritto dell’Unione diventi rilevante (effetti giuridici erga omnes), il che corrisponde alle finalità, limitata e di ampio respiro, del procedimento pregiudiziale, descritte supra al paragrafo 83.


36      La stessa discussione ha parimenti riguardato gli effetti giuridici ex tunc. Secondo giurisprudenza consolidata, il significato di una determinata norma di diritto dell’Unione, come chiarito dalla Corte, deve essere considerato esistente dal momento della sua entrata in vigore. Sentenza del 6 luglio 2023, Minister for Justice and Equality (Richiesta di assenso – Effetti del mandato d’arresto europeo iniziale) (C‑142/22, EU:C:2023:544, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). Al riguardo, la Commissione ha sottolineato che gli effetti giuridici delle sentenze della Corte costituzionale si estendono (come minimo) a tal punto a ritroso nel tempo tanto da consentire la revocazione. Da parte sua, il governo polacco ha dichiarato che le sentenze della Corte costituzionale hanno effetti pro futuro.


37      V., a tal fine, Lenaerts, K., Maselis, I., e Gutman, K., EU Procedural Law, Oxford European Union Law Library, 2015, pag. 238.


38      Ricordo che il governo polacco sostiene che la categoria delle sentenze interpretative negative non costituisce un motivo di revocazione in un procedimento civile, altrimenti previsto dall’articolo 4011 k.p.c. V. supra, paragrafo 64.


39      Tale materia, tuttavia, non è oggetto del presente procedimento e, quindi, non è stata discussa. V. paragrafo 28 delle presenti conclusioni.


40      V. dispositivo della sentenza Kancelaria Medius, punto 52.


41      Ciò premesso, osservo che le norme specifiche a cui fa riferimento la sentenza Kancelaria Medius derivano dal paragrafo 2 dell’articolo 339 del k.p.c., riportato al punto 8 di detta sentenza, mentre la decisione di rinvio nella presente causa fa riferimento solo al paragrafo 1 dell’articolo 339 k.p.c. sulla possibilità, in generale, di emettere una sentenza contumaciale. V. supra, paragrafo 10 delle presenti conclusioni.


42      Sentenza Kancelaria Medius, punti da 37 a 40.


43      Sentenza nella causa Profi Credit Polska I, punti da 64 a 71. Tali norme riguardavano: i) un termine di decadenza di due settimane per proporre opposizione, e ii) l’obbligo di a) indicare se l’ingiunzione era contestata nella sua integralità o in parte, b) formulare le eccezioni sollevate e addurre fatti e mezzi di prova; e c) versare spese giudiziarie tre volte più elevate rispetto a quelle sostenute dalla controparte.


44      Sentenza Profi Credit Polska II, punto 77.


45      Sentenza dell’11 marzo 2020, Lintner (C‑511/17, EU:C:2020:188, punto 37). Per un commento sul carattere imperativo del controllo, v. conclusioni presentate dall’avvocato generale Medina nella causa Tuk Tuk Travel (C‑83/22, EU:C:2023:245, nota 32).


46      Ricordo che dall’articolo 20, ultimo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea si evince che una causa può essere decisa senza tali conclusioni qualora non sollevi alcuna nuova questione di diritto.


47      Ai sensi dell’articolo 407, paragrafo 2, k.p.c. V. supra, paragrafo 15 delle presenti conclusioni.


48      È forse utile osservare che entrambi i motivi dedotti nel caso di specie sembrano riguardare diversi tipi di violazione: sostanziale (articolo 4011 k.p.c., richiamato nel contesto della prima questione pregiudiziale) o procedurale (articolo 401, punto 2, k.p.c., richiamato nel contesto della seconda questione pregiudiziale). Tuttavia, entrambi i motivi sono dedotti in relazione alla stessa presunta omissione da parte del giudice nazionale di effettuare una verifica d’ufficio. Suppongo che tale inadempienza possa essere classificata come sostanziale o procedurale, ma non in entrambi i modi. Ciò premesso, il fascicolo non contiene ulteriori informazioni sulla delimitazione tra le violazioni del diritto nazionale di natura sostanziale e di natura procedurale che possono attivare il mezzo di ricorso straordinario di cui trattasi. Le presenti conclusioni procedono pertanto sulla base di quella che sembra essere la premessa del giudice del rinvio, secondo cui in tale contesto è possibile una duplice classificazione.


49      Con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, la portata apparentemente limitata di tale disposizione sembra essere confermata dall’articolo 379 k.p.c. (richiamato in parte nella decisione di rinvio), che sembra fare riferimento a un elenco più ampio di sei categorie di vizi procedurali che comportano la nullità del procedimento (senza tuttavia, necessariamente e di per sé, consentire anche la revocazione).


50      Decisione della Corte suprema polacca I PZ 5/07, del 17 aprile 2007, e, a quanto mi risulta, soggetta a verifica da parte del giudice del rinvio, Corte EDU, 27 giugno 2006, Tabor c. Polonia (ECLI:CE:ECHR:2006:0627JUD001282502).


51      V., ad esempio, sentenza dell’11 novembre 2015, Klausner Holz Niedersachsen (C‑505/14, EU:C:2015:742; in prosieguo: la «sentenza Klausner», punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


52      Ibidem, punto 32 e giurisprudenza ivi citata.


53      Sentenza Popławski, punto 55 e giurisprudenza ivi citata.


54      V., ad esempio, sentenze del 29 giugno 2017, Popławski, (C‑579/15, EU:C:2017:503, punti 39 e 40 e giurisprudenza ivi citata), e Klausner, punti da 32 a 37.


55      V., in tal senso, sentenza Telecom Italia, punto 56.


56      V., ad esempio, sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco (C‑600/19, EU:C:2022:394; in prosieguo: la «sentenza Ibercaja Banco», punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


57      Sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615, in prosieguo: la «sentenza Asturcom Telecomunicaciones», punto 52), o, in tal senso, sentenza Ibercaja Banco, punto 43.


58      In materia di consumatori, v., ad esempio, sentenza Asturcom Telecomunicaciones, punto 49. V. altresì sentenza del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen (C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:441, punto 13 e giurisprudenza ivi citata) o sentenza del 17 marzo 2016, Bensada Benallal (C‑161/15, EU:C:2016:175, punti 30, 31 e 35).


59      Fermi restando i termini applicabili. V. articolo 407, paragrafo 1, k.p.c. riportato al paragrafo 13 delle presenti conclusioni.


60      Per una panoramica, v. Werbrouck, J. and Dauw, E., «The national courts’ obligation to gather and establish the necessary information for the application of consumer law – the endgame?», European Law Review, Vol. 46, n. 3, 2021, pagg. da 225 a 244.


61      Come ricordato, ad esempio, nella sentenza Profi Credit Polska I, punto 42 e giurisprudenza ivi citata. V. altresì sentenza del 4 giugno 2009, Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 32).


62      V. paragrafi 117 e 118 delle presenti conclusioni.


63      V., per confronto, sentenza del 22 giugno 2023, K.B. e F.S.  (Rilevabilità d’ufficio di una questione in ambito penale) [C‑660/21, EU:C:2023:498, in prosieguo: la «sentenza K.B. e F.S. (Rilevabilità d’ufficio di una questione in ambito penale)»],  secondo cui le disposizioni applicabili del diritto dell’Unione non ostano, in linea di principio, a una normativa nazionale che vieta al giudice di merito statuente in materia penale di rilevare d’ufficio, ai fini dell’annullamento del procedimento, la violazione dell’obbligo incombente alle autorità competenti di informare prontamente le persone indagate o imputate del loro diritto di restare in silenzio.


64      Conclusioni presentate dall’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:391, in prosieguo: le «conclusioni nella causa XC», paragrafo 41). V. altresì sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60; in prosieguo: la «sentenza Banco Primus», punto 47 e giurisprudenza ivi citata) o sentenza XC, punto 51.


65      Sentenza del 18 luglio 2007, Lucchini (C‑119/05, EU:C:2007:434, punto 63). In seguito, la Corte ha sottolineato il carattere eccezionale di tale conclusione, v. sentenza Impresa Pizzarotti, punto 61.


66      V., in materia di IVA, sentenze del 3 settembre 2009, Fallimento Olimpiclub (C‑2/08, EU:C:2009:506, punti da 29 a 31); o sentenza del 1o luglio 2020, UR (Assoggettamento degli avvocati all’IVA) (C‑424/19, EU:C:2020:581), punti 32 e 33. In materia di aiuti di Stato, v. sentenza Klausner, punti da 43 a 45. V. altresì conclusioni nella causa XC, paragrafo 61.


67      Cui fa riferimento la nota 17 supra.


68      Gli effetti restitutori della declaratoria di nullità di una «clausola di tasso minimo» erano limitati agli importi pagati dal consumatore dopo la pronuncia della decisione in cui era stato rilevato il carattere abusivo della clausola in esame.


69      Sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punti da 72 a 75).


70      Sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC (C‑49/14, ECLI:EU:C:2016:98, punti da 45 a 54).


71      Sentenza Banco Primus, punto 52.


72      V. nota 56 delle presenti conclusioni.


73      Sentenza Ibercaja Banco, punto 49. V. altresì sentenza del 17 maggio 2022, SPV Project 1503 e a. (C‑693/19 e C‑831/19, EU:C:2022:395; in prosieguo: la «sentenza SPV Project 1503», punti 65 e 66).


74      Sentenza Ibercaja Banco, punto 50.


75      V., per esempio, sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia (C‑485/19, EU:C:2021:313, punti da 63 a 66).


76      Sentenza Asturcom Telecomunicaciones, punto 47.


77      Sentenza Asturcom Telecomunicaciones, punti da 33 a 48. Da tale sentenza emerge che un siffatto obbligo potrebbe derivare solo dal principio di equivalenza, qualora il giudice nazionale possa procedere a tale valutazione nell’ambito di ricorsi analoghi di natura interna. V. punto 53 e dispositivo e della sentenza. V. altresì sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637; in prosieguo: la «sentenza ERSTE Bank Hungary», punto 62 e giurisprudenza ivi citata).


78      Sentenza Unicaja Banco, punti 28 e 38. V. altresì dispositivo della sentenza.


79      Il giudice del rinvio ha fornito, nel presente procedimento, solo il testo dell’articolo 399, paragrafo 1, k.p.c., relativo alla possibilità generale di adottare una sentenza contumaciale. Come ho già rilevato, la normativa nazionale oggetto della sentenza Kancelaria Medius riguardava anche l’articolo 399, paragrafo 2, k.p.c. che stabilisce l’obbligo per il giudice nazionale di rimettersi alle allegazioni fattuali dedotte dal ricorrente. Spetta ovviamente al giudice del rinvio verificare la pertinenza e il contenuto preciso di tale norma per il caso di specie.


80      Per una descrizione delle norme applicabili in tal caso, v. nota 43 supra. L’unica differenza, lo sottolineo, riguarda i costi. A differenza delle circostanze nella sentenza Profi Credit Polska I, la decisione di rinvio si limita ad affermare che le «imposte» da pagare in tale contesto devono essere ridotte della metà.


81      V. supra, paragrafi da 167 a 170, nonché 175 e 176 delle presenti conclusioni.


82      Il fascicolo non contiene informazioni sulle norme di esecuzione applicabili.


83      V. sentenza. Ibercaja Banco, punti da 57 a 59.


84      Come già discusso supra, ai paragrafi 136 e 137.


85      Analogamente a quanto ho osservato nel contesto del principio di equivalenza. V. supra paragrafo 149 e nota 59.


86      V. supra paragrafo 13.


87      Sentenza ERSTE Bank Hungary, punto 52.


88      V., per confronto, la situazione descritta nella sentenza K.B. e F.S.  (Rilevabilità d’ufficio di una questione in ambito penale), riassunta nella nota 63.