Language of document : ECLI:EU:T:2003:250

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

30 settembre 2003 (1)

«Art. 82 CE - Sistemi di sconti - Abusi»

Nella causa T-203/01,

Manufacture française des pneumatiques Michelin, con sede in Clermont-Ferrand (Francia), rappresentata dagli avv.ti J.-F. Bellis, M. Wellinger, D. Waelbroeck e M. Johnsson, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. R. Wainwright, in qualità di agente, assistito dall'avv. A. Barav, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

sostenuta da

Bandag Inc., con sede in Muscatine, Iowa (Stati Uniti), rappresentata dagli avv.ti H. Calvet e R. Saint-Esteben, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 20 giugno 2001, 2002/405/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell'art. 82 del Trattato CE (COMP/E-2/36.041/PO - Michelin) (GU 2002, L 143, pag. 1),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composto dai sigg. K. Lenaerts, presidente, J. Azizi e M. Jaeger, giudici

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 3 aprile 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Politica commerciale della ricorrente nei mercati di cui trattasi

1.
    L'attività principale della Manufacture française des pneumatiques Michelin (in prosieguo: la «ricorrente» o la «Michelin Francia») consiste nella fabbricazione di pneumatici per vari autoveicoli. In Francia essa è presente, in particolare, nella produzione e vendita di pneumatici nuovi e ricostruiti per automezzi pesanti.

2.
    Per quanto riguarda i pneumatici nuovi si distingue il mercato dei pneumatici di primo equipaggiamento da quello dei pneumatici di ricambio. I pneumatici di primo equipaggiamento (altresì detti «di primo montaggio») sono venduti dal produttore direttamente all'industria automobilistica, senza ricorrere ad alcun intermediario. I pneumatici di ricambio, invece, sono venduti al consumatore finale principalmente tramite una vasta rete di rivenditori specializzati.

3.
    Il fabbisogno di pneumatici per automezzi pesanti non è coperto unicamente dall'offerta di pneumatici nuovi. Infatti, quando la carcassa è in buono stato i pneumatici usati possono essere rigenerati con un nuovo battistrada: trattasi dell'operazione di ricostruzione o rigenerazione.

4.
    La presente causa riguarda la politica commerciale condotta dalla ricorrente, in Francia, sui mercati dei pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti, da un lato, e, dall'altro, dei pneumatici rigenerati per lo stesso tipo di automezzi. Tale politica includeva i tre elementi seguenti, che verranno esaminati qui di seguito in modo più particolareggiato: le «condizioni generali di prezzo in Francia ai rivenditori professionali», la «convenzione per il rendimento ottimale degli pneumatici per automezzi pesanti Michelin» («convenzione PRO») e la «convenzione di cooperazione professionale e di assistenza [tecnica]» (detta «Club degli amici Michelin»).

Condizioni generali di prezzo in Francia ai rivenditori professionali

5.
    Le «condizioni generali di prezzo in Francia ai rivenditori professionali» (in prosieguo: le «condizioni generali») includevano, da un lato, un «prezzo di listino» denominato «tariffario di fatturazione» (tariffario fatturato netto, senza riduzioni o sconti) e, dall'altro, un insieme di riduzioni o abbuoni.

.

6.
    Dal 1980 al 1996 gli «sconti» previsti dalle condizioni generali erano suddivisi in tre categorie: gli «sconti quantitativi», gli sconti per la qualità del servizio del rivenditore agli utilizzatori («premio di servizio») e gli sconti in funzione della promozione di articoli nuovi («premio di progresso»; in prosieguo, anche: «premio di progressività»). Gli sconti non erano ottenuti «dietro fattura» ma si percepivano alla fine del mese di febbraio dell'anno successivo al periodo di riferimento.

7.
    Il sistema degli sconti quantitativi prevedeva un ristorno annuale espresso in una percentuale del volume di affari realizzato presso la ricorrente, la cui aliquota aumentava progressivamente in funzione delle quantità acquistate. Le condizioni generali prevedevano al riguardo tre griglie, in base ai pneumatici presi in considerazione («tutte le categorie», «[grandi opere di] genio civile» e «pneumatici ricostruiti»).

8.
    A titolo esemplificativo la griglia «tutte le categorie» includeva, nel 1995, 47 scaglioni. Le percentuali di sconto variavano dal 7,5% per un fatturato di franchi francesi (FRF) 9000 al 13% per un fatturato superiore a 22 milioni di FRF. Le categorie «[grandi opere di] genio civile» e «pneumatici ricostruiti» avevano ciascuna la propria «griglia». Ad esempio, nel 1995 gli sconti variavano, nel caso dei pneumatici ricostruiti, dal 2% per un fatturato di oltre FRF 7000 al 6% per un volume d'affari superiore a 3,92 milioni di FRF.

9.
    Nel 1995 e nel 1996 le condizioni generali prevedevano, a certe condizioni, tre anticipi sugli sconti quantitativi, versati rispettivamente a maggio, settembre e dicembre dell'esercizio in corso.

10.
    Il «premio di servizio» remunerava il rivenditore specializzato per il miglioramento del suo equipaggiamento e del suo servizio post vendita. Per ottenere tale premio, doveva essere stato realizzato nel corso dell'anno un fatturato annuo minimo con la ricorrente. Tale fatturato veniva fissato nella misura di FRF 160 000 nel 1980 e di FRF 205 000 nel 1985. In seguito è stato stabilito pari a FRF 50 000, per passare a FRF 45 000 nel 1995 e nel 1996. L'aliquota del premio, fissato all'inizio dell'anno mediante una convenzione annuale con il rivenditore in un documento denominato «premio di servizio», era stabilita in funzione del rispetto degli impegni assunti dal rivenditore in una serie di settori. Ogni impegno corrispondeva ad un certo numero di punti e il superamento di determinate soglie di punteggio conferiva il diritto a un premio corrispondente a una percentuale del fatturato realizzato con la ricorrente relativo a tutte le categorie di pneumatici. Tale percentuale arrivava fino l'1,5% per il periodo compreso tra il 1980 e il 1991, e fino al 2,25% per il periodo compreso tra il 1992 e il 1996. Il «punteggio» massimo era di 35 punti e il premio massimo risultava acquisito a partire da un «punteggio» di 31 punti su 35. Tra gli impegni a fronte dei quali potevano essere ottenuti punti figuravano quello di promuovere la vendita di nuovi prodotti della ricorrente e di fornire informazioni sul mercato alla ricorrente. Il rivenditore otteneva un punto supplementare se faceva sistematicamente ricostruire le carcasse Michelin presso la Michelin Francia. Nel 1996 era richiesta la realizzazione sistematica presso la ricorrente soltanto della prima ricostruzione delle carcasse Michelin. Il premio di servizio è stato abolito dal 1997.

11.
    Il «premio di progressività» era inteso a ricompensare i rivenditori che accettavano all'inizio dell'anno di impegnarsi per iscritto a superare una base minima (espressa in numeri di copertoni acquistati nel corso dell'anno), fissata di comune accordo, in funzione dell'attività precedente e delle prospettive future, e che riuscivano a mantenere tale impegno. La base era proposta tutti gli anni ed era oggetto di un negoziato con il rivenditore. Nel 1995 e nel 1996 un superamento superiore o pari al 20% della base consentiva l'accesso a un'aliquota di premio pari al 2 o al 2,5%, applicata alla totalità del fatturato globale per automezzi pesanti realizzato con la ricorrente.

12.
    Inoltre, i rivenditori che durante due esercizi consecutivi superavano un determinato tetto di fatturato con la ricorrente ottenevano il diritto di negoziare una «convenzione di cooperazione commerciale» (detta «convenzione individuale») da cui scaturiva il diritto a riduzioni supplementari. Dal 1993 al 1996 tra 16 e 18 importanti rivenditori hanno firmato questo tipo di convenzione.

13.
    A partire dal 1997 la ricorrente ha modificato sensibilmente le sue condizioni commerciali nei confronti dei rivenditori. Per quanto riguarda i pneumatici nuovi per automezzi pesanti, le principali modifiche sono state l'eliminazione degli sconti quantitativi, del premio di servizio e del premio di progresso, nonché la comparsa di nuove categorie di riduzioni: gli «sconti su fattura», il «premio per obiettivo raggiunto», gli «sconti di fine anno» e uno «sconto multiprodotto». Tali riduzioni sono state applicate nel corso del 1997 e del 1998. A partire dal 1997 la parte più consistente degli «sconti» , in precedenza versati alla fine di febbraio dell'anno successivo al periodo di riferimento, è stata «ricaricata in fattura».

14.
    Gli sconti su fattura (oscillanti tra il 15% e il 19%) venivano concessi in funzione del numero di copertoni nuovi «per automezzi pesanti/lavori pubblici/[piccole opere di] genio civile» acquistati nel corso dell'anno precedente, della media degli acquisti dei due anni precedenti o ancora della media degli acquisti dei tre anni precedenti, secondo la soluzione più favorevole per il rivenditore.

15.
    I rivenditori che desideravano ottenere sconti su fattura superiori all'importo cui avessero avuto diritto in forza di loro prestazioni anteriori avrebbero dovuto firmare un contratto per il raggiungimento di un obiettivo, fissato di comune accordo con la ricorrente e che doveva prendere in considerazione il potenziale del rivenditore e l'evoluzione prevedibile del mercato. Lo sconto su fattura che poteva essere ottenuto corrispondeva quindi alla fascia in cui si situava l'impegno assunto dal rivenditore.

16.
    I rivenditori che avevano firmato un contratto per il raggiungimento di un obiettivo ottenevano nel 1997 un «premio per obiettivo raggiunto» del 2% sul fatturato netto annuo, pagato alla fine di febbraio, se l'obiettivo veniva conseguito. Nel 1998 tale premio è stato fissato all'1,5%.

17.
    In funzione dello sconto su fattura concesso inizialmente, nonché del fatturato netto, alla fine di febbraio veniva versato uno «sconto di fine anno», che oscillava tra lo 0 e il 3%. Lo «sconto multiprodotto» veniva concesso ai rivenditori che realizzavano un fatturato «pneumatici», per tutti i tipi, superiore al 50% del loro fatturato totale e risultati significativi in almeno due delle quattro categorie seguenti: auto/furgoni, moto/scooter, automezzi pesanti e mezzi agricoli. Essi avevano diritto ad uno sconto di fine anno sul fatturato di prodotti nuovi (escluse le grandi opere di genio civile) e pneumatici ricostruiti, secondo una scala che variava dall'1% al 2,20% nel 1997 e dall'1,5% al 2,70% nel 1998.

18.
    Per quanto riguarda i pneumatici ricostruiti per automezzi pesanti il sistema includeva, a partire dal 1997, due sconti, ossia: in primo luogo, uno sconto su fattura del 5% applicato a tutti i prodotti ricostruiti e, in secondo luogo, uno sconto quantitativo di fine anno, funzione del fatturato netto totale relativo ai pneumatici ricostruiti (furgoni, automezzi pesanti, lavori pubblici, mezzi agricoli, piccole e grandi opere di genio civile), che aumentava progressivamente dall'1% (a partire da FRF 6 500) sino al 4% (oltre FRF 2 500 000) del fatturato netto totale relativo ai pneumatici ricostruiti, secondo una griglia comprendente 16 livelli, con variazioni di entità compresa tra l'1 % nella fascia più bassa e lo 0,1 % nella fascia più alta.

19.
    I rivenditori che avevano firmato una convenzione individuale continuavano a godere di riduzioni ulteriori (tanto per i pneumatici nuovi quanto per quelli ricostruiti).

Convenzione per il rendimento ottimale dei pneumatici per automezzi pesanti Michelin («convenzione PRO»)

20.
    Destinata esclusivamente ai rivenditori che acquistano copertoni nuovi di pneumatici per automezzi pesanti di Michelin France, la convenzione per il rendimento ottimale dei pneumatici per automezzi pesanti Michelin (la «convenzione PRO»), introdotta nel 1993, consentiva ai rivenditori di ottenere sconti supplementari. A tale scopo, il rivenditore doveva sottoscrivere diversi obblighi, vale a dire firmare con la ricorrente un impegno relativo al premio di progresso, concernente gli automezzi pesanti, per l'anno in corso e fornire per la ricostruzione le carcasse per automezzi pesanti Michelin giunte ai limiti legali di usura per il ritiro. In cambio, per ciascuna carcassa per automezzi pesanti confermata «idonea per la ricostruzione» dalla ricorrente, il rivenditore beneficiava di un versamento di FRF 45,65 o 120 in funzione del tipo di pneumatico interessato. Se le carcasse erano state inoltre sottoposte a riscolpitura e in seguito rimesse in circolazione, il rivenditore percepiva in più FRF 15,25 o 40. Quest'ultimo poteva quindi ottenere un massimo di FRF 160 di riduzione. Il premio era pagato sotto forma di credito sul conto del rivenditore, valido sugli acquisti di pneumatici nuovi per automezzi pesanti. Il numero massimo dei premi «PRO» era subordinato al numero di pneumatici nuovi per automezzi pesanti acquistati l'anno precedente. A partire dal 1997, l'importo dei premi accordati è stato subordinato al numero di pneumatici che il rivenditore si era impegnato ad acquistare durante l'anno in corso, nel suo contratto per il raggiungimento di un obiettivo relativo al 1997. Nel 1998 la «convenzione PRO» è stata soppressa.

3. Convenzione di cooperazione professionale e di assistenza [tecnica] («Club degli amici Michelin»)

21.
    Il «Club degli amici Michelin», creato nel 1990, è costituito da rivenditori di pneumatici che intendono impegnarsi in un partenariato più stretto con Michelin. La ricorrente partecipa allo sforzo finanziario del rivenditore, membro del Club, in particolare con un contributo agli investimenti e alla formazione, nonché con un contributo finanziario dello 0,75% del fatturato annuo «Servizio Michelin». Le contropartite richieste dalla ricorrente sono, in particolare, le seguenti: il rivenditore deve comunicare alla ricorrente varie informazioni riguardanti la sua impresa (comunicazione dei bilanci, statistiche sui fatturati e sulle prestazioni di servizio, informazioni sull'azionariato); il rivenditore, membro del club, deve consentire controlli sulla qualità del servizio, deve mettere in evidenza la marca Michelin e in particolare i nuovi prodotti, e mantenere scorte sufficienti di prodotti Michelin per poter rispondere immediatamente alla domanda del cliente. Fino al 1995 era tenuto a non sviare la domanda - spontanea - di prodotti Michelin dei clienti verso altre marche. Infine, era obbligato a realizzare la prima ricostruzione delle carcasse per automezzi pesanti presso Michelin France. Quest'ultima condizione, apparsa nel 1991, nel 1993 non compariva più per i furgoni ed è stata del tutto abolita nel 1995.

Procedimento amministrativo e decisione impugnata

22.
    Nel maggio 1996 la Commissione ha aperto d'ufficio un'istruttoria nei confronti della ricorrente. Essa riteneva di disporre di elementi tali da consentirle di sospettare che la ricorrente sfruttasse abusivamente la sua posizione dominante sul mercato francese dei pneumatici di ricambio per automezzi pesanti imponendo ai rivenditori inique condizioni commerciali, fondate in particolare su un sistema di sconti fidelizzanti. Venivano a più riprese sottoposte alla ricorrente, ai suoi concorrenti nonché a rivenditori e a importatori di pneumatici richieste di informazioni particolareggiate. Nel giugno 1997 presso la ricorrente venivano inoltre condotte verifiche ai sensi dell'art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204).

23.
    Con lettera 30 aprile 1998 la ricorrente si è impegnata nei confronti della Commissione a modificare le sue condizioni commerciali sul mercato francese dei pneumatici nuovi di ricambio e ricostruiti per automezzi pesanti, al fine di eliminare tutti gli aspetti della sua politica commerciale che sono stati posti in discussione dalla Commissione.

24.
    Il 28 giugno 1999 quest'ultima ha indirizzato una comunicazione degli addebiti alla ricorrente, che ha risposto l'8 novembre 1999. L'audizione della ricorrente ha avuto luogo il 20 dicembre 1999.

25.
    Il 20 giugno 2001 la Commissione ha adottato la decisione 2002/405/CE relativa ad un procedimento ai sensi dell'art. 82 del Trattato CE (COMP/E-2/36.041/PO - Michelin) (GU 2002, L 143, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata»). In detta decisione la Commissione constata anzitutto che nell'ambito dei pneumatici di ricambio per automezzi pesanti esistono due distinti mercati del prodotto, vale a dire il mercato dei pneumatici nuovi di ricambio e il mercato dei pneumatici ricostruiti. La ricorrente occuperebbe in Francia una posizione dominante sui suddetti due mercati del prodotto.

26.
    Secondo la Commissione la ricorrente avrebbe abusato su tali mercati della sua posizione dominante per il fatto di aver condotto in Francia una politica commerciale e di prezzi nei confronti dei rivenditori fondata su un sistema complesso di sconti, abbuoni e/o vari vantaggi finanziari aventi come obiettivo principale la loro fidelizzazione e la conservazione delle sue quote di mercato. Sono specificamente considerati abusivi i sistemi di riduzione introdotti dalle condizioni generali, la «convenzione PRO» e la «convenzione di cooperazione professionale e di assistenza [tecnica]».

27.
    Il dispositivo della decisione impugnata enuncia:

«Articolo 1

La Commissione constata che in un periodo compreso tra il 1° gennaio 1990 e il 31 dicembre 1998 la [ricorrente] ha violato l'articolo 82 del trattato CE applicando sistemi di sconti fidelizzanti ai rivenditori di pneumatici nuovi di ricambio e di pneumatici ricostruiti per autocarri e autobus in Francia.

Articolo 2

Per la violazione di cui all'articolo 1, alla [ricorrente] è inflitta un'ammenda di 19,76 milioni di EUR.

(...)

Articolo 3

[La ricorrente] si astiene dal ripetere i comportamenti di cui all'articolo 1 e da qualsiasi altro comportamento avente un effetto equivalente.

Articolo 4

La destinataria della presente decisione è la [ricorrente]».

Procedimento

28.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 settembre 2001 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

29.
    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 gennaio 2002 la Bandag Inc. (in prosieguo: la «Bandag») ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

30.
    Con lettera 8 febbraio 2002 la ricorrente ha chiesto che diversi elementi riservati venissero esclusi dal fascicolo che doveva essere inoltrato alla Bandag.

31.
    Con ordinanza del presidente della Terza Sezione del Tribunale 28 febbraio 2002 la Bandag è stata ammessa a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Alla Bandag sono state inviate versioni non riservate delle varie parti del fascicolo, predisposte dalla ricorrente.

32.
    Il 21 maggio 2002 la Bandag ha depositato la sua memoria di intervento in merito alla quale le parti principali hanno sottoposto le loro osservazioni.

33.
    Con ordinanza 15 ottobre 2002 il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha parzialmente accolto la domanda di trattamento riservato della ricorrente. Il cancelliere ha successivamente inoltrato alla Bandag una copia degli elementi del fascicolo ritenuti dal Tribunale non riservati.

34.
    Su relazione del giudice relatore il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di passare alla fase orale. A titolo delle misure di organizzazione del procedimento, ha sottoposto quesiti in forma scritta alle parti principali cui queste ultime hanno risposto entro i termini previsti.

35.
    Le difese e le risposte delle parti principali ai quesiti del Tribunale sono state sentite all'udienza del 3 aprile 2003. La Bandag non ha assistito all'udienza.

36.
    In seno a quest'ultima la Commissione ha comunicato al Tribunale le risposte dei rivenditori di pneumatici Michelin alle richieste di informazioni della Commissione in data 30 dicembre 1996 e 27 ottobre 1997 che, conformemente all'art. 67, n. 3, secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, non sono state comunicate alla ricorrente e alla Bandag. All'udienza le parti principali hanno espresso il loro esplicito consenso perché il Tribunale verificasse la conformità delle risposte dei rivenditori alle tabelle predisposte dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo che riportavano, in modo anonimo, tali risposte.

37.
    A fronte della richiesta del Tribunale il 24 aprile 2003 la Commissione ha messo a disposizione la corrispondenza intercorsa tra la Bandag e la stessa dall'ottobre al dicembre 1996 relativa ai rivenditori che avrebbero disposto di informazioni utili per l'indagine della Commissione. Nemmeno tale corrispondenza è stata inoltrata alla ricorrente. Le parti principali hanno espresso in udienza il loro esplicito consenso affinché il Tribunale verificasse se, come afferma la ricorrente, la Commissione si è limitata a contattare, nel corso del procedimento amministrativo, esclusivamente i rivenditori proposti dalla Bandag.

Conclusioni delle parti

38.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione impugnata;

-    quantomeno, annullare l'ammenda prescritta dalla decisione impugnata o ridurre sostanzialmente quest'ultima;

-    condannare la Commissione alle spese.

39.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

40.
    La Bandag conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese dell'intervento.

In diritto

41.
    Il ricorso consta di due parti. La prima riguarda l'asserita illegittimità della decisione impugnata nella parte in cui si constata una violazione dell'art. 82 CE. La seconda parte riguarda l'asserita illegittimità dell'ammenda imposta.

1. Sull'asserita illegittimità della decisione impugnata nella parte in cui si constata una violazione dell'art. 82 CE

Osservazioni preliminari

42.
    La ricorrente invoca cinque motivi relativi a varie violazioni dell'art. 82 CE. I primi tre riguardano rispettivamente gli sconti quantitativi, i premi di servizio e le caratteristiche del Club degli amici Michelin. Con il suo quarto motivo la ricorrente contesta l'esistenza di un effetto illecito addizionale risultante dal cumulo dei vari sistemi di sconti. Con il suo quinto motivo la ricorrente critica la Commissione per non aver effettuato una concreta analisi degli effetti relativi alle pratiche poste in discussione.

43.
    Il Tribunale constata che, con il suo ricorso, la ricorrente non mette in causa varie constatazioni realizzate dalla Commissione nella decisione impugnata.

44.
    Infatti la ricorrente non contesta la definizione dei mercati pertinenti accolta nella decisione impugnata, ossia il mercato francese dei pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti e il mercato francese dei pneumatici ricostruiti per automezzi pesanti (‘considerando’ 109-171 della decisione impugnata). Essa non contesta nemmeno la constatazione in base alla quale essa occupa una posizione dominante su tali mercati (‘considerando’ 172-208 della decisione impugnata).

45.
    La ricorrente non formula neppure specifici motivi nei confronti dell'analisi della Commissione relativa al carattere illecito del premio di progresso (‘considerando’ 67-74 e 260-271 della decisione impugnata) e della convenzione PRO (‘considerando’ 97-100 e punti 297-314 della decisione impugnata).

46.
    Interrogata in udienza sul come il ricorso potesse comportare l'annullamento totale della decisione impugnata chiesto dalla ricorrente (v. supra punto 38), quest'ultima ha spiegato di aver invocato un motivo di natura orizzontale nel suo atto che riguarda tutte le pratiche poste in discussione dalla decisione impugnata. Si tratta del quinto motivo, relativo a una violazione dell'art. 82 per il fatto che la Commissione non avrebbe effettuato una concreta analisi degli effetti relativi alle pratiche censurate (v. infra punti 235-246).

47.
    Pertanto, se il quinto motivo del ricorso della ricorrente non dovesse essere accolto il ricorso potrebbe almeno dar luogo a un annullamento parziale della decisione impugnata e a una riduzione dell'importo dell'ammenda.

Sul primo motivo: la Commissione avrebbe violato l'art. 82 CE nel ritenere che gli sconti quantitativi costituissero un abuso ai sensi di tale disposizione

Decisione impugnata

48.
    Ai ‘considerando’ 216 e 217 della decisione impugnata la Commissione spiega:

«(216) [Gl]i sconti [quantitativi] assumevano la forma di un abbuono annuo in percentuale sulla totalità del fatturato (automezzi pesanti, auto e furgoni) realizzato con Michelin France. Per poterli ottenere, era sufficiente raggiungere le soglie di fatturato previste nelle tabelle di riferimento. La Corte di giustizia, nella prima causa Michelin (...) come in una giurisprudenza costante e recente, condanna la semplice pratica di uno sconto quantitativo per un'impresa in posizione dominante quando supera un termine ragionevole di tre mesi (come nel caso di specie) perché non equivale ad una normale politica di concorrenza sui prezzi. Infatti, il semplice fatto di acquistare una quantità minima supplementare di prodotti Michelin fa beneficiare il rivenditore di uno sconto sulla totalità del fatturato realizzato con Michelin ed è quindi superiore alla giusta retribuzione marginale o altrimenti detta lineare dell'acquisto supplementare, il che produce in modo evidente un forte effetto incentivante all'acquisto. La Corte insiste sul fatto che uno sconto non può che corrispondere alle economie di scala realizzate dall'impresa grazie agli acquisti supplementari indotti dei consumatori.

(217) Inoltre, poiché tali sconti venivano pagati solo nel febbraio dell'anno successivo all'acquisto degli pneumatici (pratica messa in atto solo da Michelin, poiché tutti i suoi concorrenti accreditano subito la maggior parte degli sconti concessi), si facevano sentire [vari] effetti abusivi (...)».

49.
    Secondo la Commissione gli effetti abusivi del sistema degli sconti quantitativi erano i seguenti.

50.
    In primo luogo, la Commissione sostiene che gli sconti quantitativi avevano un carattere non equo (‘considerando’ 218-225 della decisione impugnata). Essa, a tale proposito, illustra che i rivenditori si trovavano nell'impossibilità di conoscere con esattezza il prezzo finale di acquisto dei pneumatici Michelin. Infatti, «gli abbuoni si applicavano alla totalità del fatturato Michelin e, essendo calcolati solo un anno circa dopo i primi acquisti, non era possibile per i rivenditori conoscere prima delle ultime ordinazioni il livello del prezzo d'acquisto unitario reale degli pneumatici, cosa che li collocava in una situazione di incertezza e di insicurezza che li spingeva a ridurre al minimo i rischi, realizzando in modo privilegiato i loro acquisti presso Michelin» (‘considerando’ 220 della decisione impugnata). Inoltre, secondo la Commissione, «a causa dell'intensità concorrenziale e della scarsità dei margini nel settore (intorno al 3,7% secondo l'indagine della Commissione), i rivenditori sono stati obbligati a praticare la rivendita sottocosto nell'attesa dell'accredito degli sconti. Infatti, il prezzo pagato a Michelin era generalmente superiore al prezzo praticato dal rivenditore agli utilizzatori finali. Il rivenditore vendeva quindi inizialmente “in perdita”. Solo al momento del pagamento dei vari “bonus” e premi egli recuperava i suoi costi e un certo margine di redditività» (‘considerando’ 218 della decisione impugnata). Il sistema avrebbe pertanto posto i rivenditori, in modo ingiustificato, in una situazione debitrice sul piano finanziario (‘considerando’ 224 della decisione impugnata). Infine la Commissione osserva che: «tenuto conto del carattere estremamente tardivo del versamento degli sconti, i rivenditori si trovavano costretti a prendere impegni quantitativi nei confronti di Michelin (nel quadro del premio di [progressività]) ancora prima di avere incassato gli sconti quantitativi dell'anno precedente» (‘considerando’ 223 della decisione impugnata).

51.
    In secondo luogo, gli sconti quantitativi avrebbero carattere fidelizzante (‘considerando’ 223-239 della decisione impugnata). La Commissione spiega che: «[è] tipico di qualsiasi sistema di abbuoni, concessi in funzione dei quantitativi venduti nel corso di un periodo di riferimento relativamente lungo, che alla fine del periodo di riferimento aumenti la pressione sull'acquirente per la realizzazione della cifra di acquisti necessaria per ottenere il vantaggio in gioco o per non subire la perdita prevedibile per l'intero periodo» (‘considerando’ 228 della decisione impugnata). Essa aggiunge inoltre che il rivenditore nutriva un interesse a superare il fatturato massimo previsto «poiché gli consentiva di firmare una “convenzione commerciale” con Michelin, con tutti i vantaggi che questo comportava» (‘considerando’ 230 della decisione impugnata).

52.
    In terzo luogo, gli sconti quantitativi avrebbero un carattere di compartimentazione (‘considerando’ 240-247 della decisione impugnata). Secondo la Commissione, gli «sconti si applicavano esclusivamente agli acquisti realizzati presso Michelin France e scoraggiavano quindi gli acquisti all'estero o presso importatori. Viceversa, il livello elevato in Francia del tariffario di fatturazione prima dell'applicazione degli sconti scoraggiava gli acquisti in Francia in provenienza dall'estero» (‘considerando’ 240 della decisione impugnata).

Principi che presiedono all'accertamento del carattere illecito di un sistema di sconti applicato da un'impresa in posizione dominante

53.
    La ricorrente rileva che ogni sconto ha un effetto fidelizzante dal momento che incita gli acquirenti ad acquistare preferibilmente da chi offre lo sconto. Per dichiarare un'infrazione all'art. 82 CE la Commissione sarebbe tenuta a provare che gli sconti possono pregiudicare in definitiva la struttura concorrenziale del mercato e consentire, alla fine, di abusare del consumatore. Poiché lo scopo del diritto della concorrenza sarebbe proprio di promuovere una concorrenza sui prezzi, la ricorrente ritiene che un sistema di sconti possa essere qualificato come illecito solo se ha un effetto di preclusione o, in altre parole, se riduce a lungo termine la concorrenza e consente all'impresa in posizione dominante di ammortizzare i costi determinati dalla sua politica di sconti.

54.
    A tale proposito il Tribunale rammenta che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di sfruttamento abusivo è una nozione oggettiva, che riguarda i comportamenti di un'impresa in posizione dominante atti ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera l'impresa considerata, il grado di concorrenza è già sminuito, e che hanno come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza (sentenze della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 91; 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 70, e 3 luglio 1991, causa C-62/86, Akzo/Commissione, Racc. pag. I-3359, punto 69; sentenza del Tribunale 7 ottobre 1999, causa T-228/97, Irish Sugar/Commissione, Racc. pag. II-2969, punto 111).

55.
    Ne consegue che, sebbene l'accertamento dell'esistenza di una posizione dominante di per sé non implichi alcuna contestazione a carico dell'impresa considerata, a quest'ultima incombe, indipendentemente dalle cause di tale posizione, la particolare responsabilità di non compromettere con il suo comportamento lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune (sentenze Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 57, e Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 112). Del pari, sebbene l'esistenza di una posizione dominante non privi un'impresa che si trovi in questa posizione del diritto di tutelare i propri interessi commerciali, qualora questi siano insidiati, e la detta impresa abbia la facoltà, entro limiti ragionevoli, di compiere gli atti che essa ritenga opportuni per la protezione di tali interessi, non è però ammissibile un comportamento del genere che abbia lo scopo di rafforzare la posizione dominante e di farne abuso (sentenza della Corte 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands/Commissione, Racc. pag. 207, punto 189; sentenza del Tribunale 1° aprile 1993, causa T-65/89, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, Racc. pag. II-389, punto 69; 8 ottobre 1996, cause riunite da T-24/93 a T-26/93 e T-28/93, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, Racc. pag. II-1201, punto 107, e Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 112).

56.
    Per quanto riguarda in particolare la concessione di sconti da parte di un'impresa in posizione dominante, da una giurisprudenza costante emerge che uno sconto di fedeltà, fornito in cambio di un impegno del cliente a rifornirsi esclusivamente o quasi presso un'impresa in posizione dominante, è contrario all'art. 82 CE. Un tale sconto infatti mira a impedire, mediante la concessione di vantaggi finanziari, l'approvvigionamento dei clienti presso produttori concorrenti (sentenze della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 518; Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 54, punti 89 e 90, e Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 71; sentenza BPB Industries e British Gypsum/Commissione, cit. supra al punto 55, punto 120).

57.
    Più in generale, come sottolinea d'altronde la ricorrente, un sistema di sconti avente un effetto di preclusione sul mercato sarà considerato contrario all'art. 82 CE se è applicato da un'impresa in posizione dominante. Per tale motivo la Corte ha statuito che uno sconto connesso alla realizzazione di un obiettivo d'acquisto violava anche l'art. 82 CE (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54).

58.
    Si ritiene di regola che i sistemi degli sconti quantitativi, che dipendono solo dal volume degli acquisti effettuati presso un'impresa in posizione dominante, non comportino un effetto di preclusione vietato dall'art. 82 CE (v. sentenze della Corte Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 71, e 29 marzo 2001, causa C-163/99, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I-2613, punto 50). Se l'aumento della quantità fornita si traduce in un costo inferiore per il fornitore, quest'ultimo ha il diritto di far beneficiare il suo cliente di tale riduzione tramite una tariffa più vantaggiosa (conclusioni dell'avvocato generale Mischo presentate con riguardo alla sentenza Portogallo/Commissione, cit., Racc. pag. I-2618, punto 106). Si presume che gli sconti quantitativi riflettano guadagni in termini di efficienza ed economie di scala realizzate dall'impresa in posizione dominante.

59.
    Ne consegue che un sistema di sconti nell'ambito del quale l'entità dell'aliquota aumenti in funzione del volume acquistato non violerà l'art. 82 CE, salvo qualora i criteri e le modalità di concessione dello sconto facciano risultare che il sistema non si fonda su una contropartita economicamente giustificata, ma tende, analogamente a uno sconto di fedeltà diretto a realizzare un obiettivo, a impedire l'approvvigionamento dei clienti presso produttori concorrenti (v. sentenze Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 90; Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 85; Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 114, e Portogallo/Commissione, cit. al punto 58, punto 52).

60.
    Per stabilire l'eventuale carattere illecito di una pratica di prezzi, bisogna valutare tutte le circostanze e, in particolare, i criteri e le modalità di concessione degli sconti, e accertare se gli sconti mirino, mediante un vantaggio non basato su alcuna prestazione economica che li giustifichi, a sopprimere o limitare la possibilità dell'acquirente di scegliere la fonte di rifornimento, a chiudere l'accesso del mercato ai concorrenti, ad applicare a controparti commerciali condizioni dissimili per prestazioni equivalenti o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata (sentenze Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 90; Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 73, e Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 114).

Abusività del sistema di sconti quantitativi applicato dalla ricorrente

- Introduzione

61.
    In sostanza la ricorrente sostiene che gli sconti quantitativi sono reali sconti sulla quantità che un'impresa in posizione dominante può legittimamente concedere ai suoi clienti.

62.
    A tale riguardo il Tribunale rammenta che la qualificazione di un sistema di abbuoni come sistema di «sconti quantitativi» di per sé non è in grado di giustificare la concessione di siffatte riduzioni alla luce dell'art. 82 CE. Infatti, occorre valutare tutte le circostanze e, in particolare, i criteri e le modalità di concessione degli abbuoni, e accertare se gli sconti quantitativi mirino, mediante un vantaggio non basato su alcuna prestazione economica che li giustifichi, a sopprimere o limitare la possibilità dell'acquirente di scegliere la fonte di rifornimento, a chiudere l'accesso del mercato ai concorrenti, ad applicare a controparti commerciali condizioni dissimili per prestazioni equivalenti o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata (v. giurisprudenza citata supra al punto 60).

63.
    A differenza delle controversie che hanno dato luogo alle sentenze Suiker Unie e a./Commissione (cit. supra al punto 56, Hoffmann-La Roche/Commissione (cit. supra al punto 54), Irish Sugar/Commissione (cit. supra al punto 54) e Portogallo/Commissione (cit. supra al punto 58), nella fattispecie, la Commissione non ritiene che il sistema posto in discussione sia atto a condurre all'applicazione nei confronti di controparti commerciali di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti ai sensi dell'art. 82, secondo comma, lett. c), CE.

64.
    Infatti, dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ritiene che il sistema degli sconti quantitativi applicato dalla ricorrente costituisca una violazione dell'art. 82 CE in quanto risulta non equo, fidelizzante e con un effetto di compartimentazione (v. supra punti 48-52).

65.
    Si può tuttavia dedurre in modo generale dalla giurisprudenza che ogni sistema di sconti fidelizzanti applicato da un'impresa in posizione dominante crea effetti di preclusione vietati dall'art. 82 CE (v. supra punti 56-60), indipendentemente dalla questione se il sistema di sconti sia o meno discriminatorio. Nella sentenza Michelin/Commissione (cit. supra al punto 54), con cui si esaminava la legittimità della decisione della Commissione 7 ottobre 1981, 81/969/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell'articolo [82] del trattato CEE (IV/29 491 - Bandengroothandel Frieschebrug BV/NV Nederlandsche Banden-Industrie Michelin) (GU L 353, pag. 33; in prosieguo: la «decisione NBIM»), la Corte, pur non accogliendo la censura della Commissione secondo cui il sistema di sconti applicato dalla Michelin era discriminatorio, ha tuttavia statuito che esso violava l'art. 82 CE, in quanto creava un legame di dipendenza per i rivenditori nei confronti della Michelin.

66.
    Il Tribunale ritiene che occorra in primo luogo esaminare se la Commissione abbia potuto a buon diritto concludere, nella decisione impugnata, che il sistema di sconti quantitativi era fidelizzante o, in altri termini, che cercava di vincolare i rivenditori alla ricorrente e di impedire agli stessi di rifornirsi presso concorrenti della ricorrente. Come d'altronde ammette la Commissione nel suo controricorso, l'asserito carattere non equo del sistema era strettamente connesso al suo effetto fidelizzante. Inoltre, si deve considerare che un sistema di sconti fidelizzanti ha per sua natura un effetto di compartimentazione altrettanto incisivo nei limiti in cui sia inteso a impedire ai clienti di approvvigionarsi presso altri produttori.

- Carattere fidelizzante degli sconti quantitativi

67.
    La ricorrente osserva che l'equiparazione degli sconti quantitativi a sconti derivanti dal conseguimento di un obiettivo, se non addirittura sconti di fedeltà, ignora le caratteristiche fondamentali del sistema censurato, vale a dire un sistema costituito da una griglia progressiva di sconti, fondata su un elevato numero di soglie molto ravvicinate, la qual cosa renderebbe necessari solo esigui volumi d'acquisto al fine di superare la soglia successiva. Essa sottolinea che gli sconti venivano calcolati in rapporto ai volumi effettivamente acquistati e che la scala di sconti era decrescente, dal momento che lo sconto concesso per ciascuna soglia superata diminuiva in base alla progressione dell'acquirente sulla curva. Il sistema sarebbe stato pertanto del tutto trasparente per l'acquirente. Secondo la ricorrente si tratta proprio del tipo di sistema di sconti quantitativi non abusivo. La Corte e il Tribunale non avrebbero mai imposto un periodo di riferimento limitato per gli sconti quantitativi. A sostegno del suo argomento la ricorrente rinvia in particolare alla sentenza Portogallo/Commissione (cit. supra al punto 58).

68.
    Il Tribunale rammenta che esisteva una scala di sconti quantitativi per tutti i tipi di pneumatici ad eccezione dei pneumatici «grandi opere di genio civile» e di quelli ricostruiti, e due griglie distinte per queste due ultime categorie. La decisione impugnata riguarda esclusivamente gli sconti in quanto si applichino ai pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti e ai pneumatici rigenerati per tale genere di automezzi.

69.
    La griglia degli sconti quantitativi (per tutti i tipi di pneumatici) era composta, per il periodo dal 1990 al 1996, da un numero di scaglioni compreso tra 47 e 54. La scala degli sconti quantitativi che rientrava nelle condizioni generali del 1995, rappresentativa per gli altri anni, si presentava come segue:

Fatturato 1995 Sconto (Aliquota) Fatturato

1995

Sconto

(Aliquota)

Fatturato

1995

Sconto

(Aliquota)

Fatturato

1995

Sconto

(Aliquota)

9 000 7,50 172 000 10,65 5 855 000 11,85 10 660 000 12,45
15 000 8,50 241 000 10,75 6 242 000 11,90 11 170 000 12,50
25 000 9,00 492 000 10,85 6 604 000 11,95 11 730 000 12,55
30 000 9,25 757 000 10,95 6 934 000 12,00 12 520 000 12,60
35 000 9,50 1 030 000 11,05 7 280 000 12,05 13 380 000 12,65
45 000 9,85 1 306 000 11,15 7 640 000 12,10 14 314 000 12,70
60 000 10,00 1 656 000 11,25 8 020 000 12,15 15 314 000 12,75
80 000 10,10 2 100 000 11,35 8 415 000 12,20 16 385 000 12,80
100 000 10,20 2 663 000 11,45 8 830 000 12,25 17 532 000 12,85
118 000 10,35 3 376 000 11,55 9 260 000 12,30 18 792 000 12,90
142 000 10,50 4 280 000 11,65 9 710 000 12,35 20 145 000 12,95
5 136 000 11,75 10 180 000 12,40 22 000 000 13,00

70.
    Esisteva un'analoga tabella, figurante nelle condizioni generali del 1995 e composta da 18 scaglioni, per quanto riguarda i pneumatici ricostruiti durante il periodo compreso tra il 1990 e il 1996. Per il 1995 tale tabella si presentava come segue:

Fatturato Ricostruzione

IVA esclusa

Aliquota di sconto
<7 000 0,00
7 000 2,00
7 400 3,00
8 000 3,50
10 800 4,00
14 700 4,50
19 600 4,75
29 400 5,00
49 000 5,10
88 200 5,20
166 600 5,30
323 400 5,40
637 000 5,50
1 127 000 5,60
1 813 000 5,70
2 499 000 5,80
3 185 000 5,90
>3 920 000 6,00

71.
    Dalle tabelle riportate supra emerge che l'aliquota degli sconti quantitativi aumentava, come sottolinea la ricorrente, in funzione del fatturato realizzato con quest'ultima. Una rapida progressione dell'aliquota può essere constatata per i primi scaglioni mentre risulta nettamente meno celere per gli scaglioni più elevati.

72.
    Nella sua sentenza Portogallo/Commissione (cit. supra al punto 58, punto 51) la Corte ha statuito che «è un elemento essenziale di un sistema di riduzioni per quantità il fatto che i maggiori acquirenti o utilizzatori di un prodotto o di un servizio beneficino di prezzi medi unitari più contenuti o, ciò che è lo stesso, di tassi medi di riduzione superiori a quelli concessi agli acquirenti o utilizzatori meno importanti di tale prodotto o servizio. Si deve parimenti constatare che, anche in caso di progressione lineare dei tassi di riduzione in funzione delle quantità con una riduzione massima, il tasso medio di riduzione aumenta (o il prezzo medio diminuisce) matematicamente, in un primo tempo, in una proporzione superiore all'aumento degli acquisti e, in un secondo tempo, in una proporzione inferiore all'aumento degli acquisti, prima di tendere a stabilizzarsi verso il tasso massimo di riduzione. Il solo fatto che il risultato di un sistema di riduzioni per quantità porti al risultato che certi clienti beneficino, su date quantità, di un tasso medio di riduzione proporzionalmente più alto di altri rispetto alla differenza del loro volume di acquisti rispettivi è intrinseco a quel tipo di sistema e non può di per sé consentire di dedurne che il sistema è discriminatorio».

73.
    Non si può tuttavia desumere da tale punto della sentenza Portogallo/Commissione (cit. supra al punto 58) che il sistema di sconti quantitativi applicato dalla ricorrente debba essere automaticamente considerato come compatibile con l'art. 82 CE per il solo fatto che l'aliquota della riduzione per pneumatico aumenta in funzione delle quantità acquistate. Infatti, in tale sentenza la Corte ha verificato la legittimità della decisione della Commissione 10 febbraio 1999, 1999/199/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell'articolo [86] del trattato CE (Caso IV/35.703 - aeroporti portoghesi) (GU L 69, pag. 31), in cui un sistema di riduzioni era stato ritenuto discriminatorio. Orbene, la Corte ha inteso affermare al punto 51 della citata sentenza che l'applicazione di un sistema di sconti quantitativi conduce a una situazione in cui i «grossi clienti» beneficiano di un tasso medio di sconto più elevato di quello dei «piccoli clienti» e che tale fatto non è sufficiente «di per sé» per dichiarare il sistema discriminatorio.

74.
    Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante (v. supra punti 56-60), un sistema di sconti che mira a vincolare i rivenditori a un'impresa in posizione dominante con benefici non fondati su una contropartita economica e a impedire a detti rivenditori di rifornirsi presso concorrenti di tale impresa viola l'art. 82 CE.

75.
    Nel caso di specie la Commissione deduce il carattere fidelizzante degli sconti quantitativi dai seguenti elementi: il fatto che la riduzione viene calcolata sull'intero fatturato realizzato dal rivenditore con la Michelin e che il periodo di riferimento applicato in vista di tale riduzione è pari a un anno (v. ‘considerando’ 216 e 226-239 della decisione impugnata).

76.
    La ricorrente rileva tuttavia che la Commissione non le ha mai addebitato durante il procedimento amministrativo di aver applicato la percentuale di sconti quantitativi all'intero fatturato realizzato dai rivenditori. Si tratterebbe di una nuova censura e la decisione impugnata dovrebbe essere quindi annullata parzialmente per violazione dei diritti di difesa.

77.
    Occorre rammentare che la comunicazione degli addebiti dev'essere redatta in termini che, per quanto sommari, siano sufficientemente chiari per consentire agli interessati di prendere effettivamente atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico. Solo a questa condizione, infatti, detta comunicazione può assolvere la funzione ad essa attribuita dai regolamenti comunitari e consistente nel fornire alle imprese e alle associazioni d'imprese tutti gli elementi necessari per provvedere utilmente alla loro difesa prima che la Commissione adotti una decisione definitiva (sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T-25/95, T-26/96, da T-30/95 a T-32/95, da T-34/95 a T-39/95, da T-42/95 a T-46/95, T-48/95, da T-50/95 a T-65/95, da T-68/95 a T-71/95, T-87/95, T-88/95, T-103/95 e T-104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-491, punto 476).

78.
    Tuttavia la ricorrente ha dovuto rendersi conto, al momento della lettura della comunicazione degli addebiti, che la Commissione fondava il carattere fidelizzante degli sconti quantitativi, in particolare, sulla considerazione che tali sconti venivano calcolati sull'intero fatturato realizzato dai rivenditori con la ricorrente. Infatti, nella parte della comunicazione degli addebiti incentrata sul carattere fidelizzante degli sconti quantitativi si precisa, al punto 197, che «un rivenditore non poteva in un dato momento assumere il rischio di diversificare significativamente la sua gamma a detrimento di Michelin, poiché ciò avrebbe potuto compromettere la sua capacità di superare una soglia di sconti e di influire quindi fortemente sul costo globale di produzione dei pneumatici Michelin acquistati nell'anno» (evidenziazione aggiunta). Per i pneumatici nuovi, il punto 199 della comunicazione degli addebiti rammenta «l'esistenza di sconti quantitativi sulla totalità del fatturato Michelin» (evidenziazione aggiunta) e, per i pneumatici ricostruiti, al punto 200 si spiega che «le variazioni dell'aliquota di sconto derivanti da un'ultima ordinazione di pneumatici ricostruiti su un esercizio si ripercuotevano sul margine di profitto del rivenditore sulla totalità delle vendite di pneumatici ricostruiti di tutto l'anno» (evidenziazione aggiunta).

79.
    D'altronde, dalla risposta della ricorrente alla comunicazione degli addebiti emerge che quest'ultima si è resa conto del fatto che uno degli aspetti delle censure formulate dalla Commissione nei riguardi del sistema degli sconti quantitativi riguardava il fatto che l'aliquota dello sconto conseguito si applicava alla totalità del fatturato realizzato con la ricorrente e non solo alla quota dei quantitativi supplementari. Quindi, a pag. 136 della sua risposta, la ricorrente cerca di dimostrare che il superamento di una soglia di fatturato aveva solo un debole effetto sull'incremento dell'aliquota di sconto. Essa spiega che «l'esempio illustrato dalla Commissione al punto 198 della comunicazione degli addebiti è (...) eloquente: la Commissione evoca la situazione di un rivenditore il cui fatturato annuo con la Michelin sarebbe pari a FRF 9 000, dandogli diritto a uno sconto del 7,5%, e che sarebbe per così dire “considerevolmente” sottoposto a pressione per conseguire lo scaglione superiore, ossia FRF 15 000, per percepire l'1% di sconto addizionale sulla totalità dei suoi acquisti annuali. La Commissione non sembra rendersi conto che l'1% di un fatturato pari a FRF 15 000 costituisce la somma alquanto modica di FRF 150» (evidenziazione aggiunta).

80.
    L'argomento della ricorrente è quindi privo di fondamento in fatto e deve essere respinto.

81.
    Inoltre, quanto al se gli elementi menzionati supra al punto 75 attestino che il sistema di sconti quantitativi ha effetti fidelizzanti vietati, si deve rammentare che la Corte nella sentenza Michelin/Commissione (citata supra al punto 54, punto 81) ha statuito che «qualsiasi sistema di sconti concessi in funzione delle quantità vendute nel corso di un periodo di riferimento relativamente lungo esercita necessariamente, alla fine del periodo di riferimento, una maggiore pressione sull'acquirente, che è spinto ad acquistare il quantitativo necessario per ottenere il vantaggio o per non subire la perdita prevista per l'intero periodo». Come sottolinea a giusto titolo la Commissione nella decisione impugnata (‘considerando’ 230), «ciò che accresceva notevolmente la pressione è che un'ultima ordinazione di pneumatici per automezzi pesanti che permetteva di arrivare allo scaglione superiore poteva ripercuotersi sul margine di profitto del rivenditore per le vendite di pneumatici nuovi Michelin di tutte le categorie (...)».

82.
    La ricorrente rileva peraltro che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione nella decisione impugnata (‘considerando’ 216), il giudice comunitario non ha mai imposto un periodo di riferimento limitato a tre mesi per gli sconti quantitativi. La Commissione avrebbe, invece, sempre ammesso che gli sconti di quantità vengono calcolati su base annua [decisione della Commissione 2 gennaio 1973, 73/109/CEE, relativa ad una procedura d'applicazione degli articoli [81] e [82] del trattato CEE (IV/26.918 - Industria europea dello zucchero) (GU L 140, pag. 17, punto 16) e decisione della Commissione 19 dicembre 1990, 91/300/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo [82] del trattato CEE (IV/33.133-D: Carbonato di sodio - ICI) (GU 1991, L 152, pag. 40, punto 6); comunicazioni effettuate conformemente all'articolo 19, paragrafo 3, del regolamento n. 17 che si riferisce ai sistema di sconti applicati dalla British Gypsum (GU 1992, C 321, pagg. 9-11)]. La ricorrente sottolinea che la pressione esercitata al fine di raggiungere uno scaglione superiore nel sistema di sconti messo in causa nella presente fattispecie era sensibilmente inferiore rispetto a quella presente nel sistema di sconti derivanti dal conseguimento di un obiettivo che è stata esaminata nella sentenza Michelin/Commissione (cit. supra al punto 54). Infatti, contrariamente alla pressione risultante dall'esistenza di un unico obiettivo di alto livello, situazione in cui il rivenditore ha tutto da perdere qualora non lo consegua, nella fattispecie l'elevato numero di soglie garantirebbe, da un lato, che il rivenditore raggiunga facilmente il livello necessario atto a dargli diritto a uno sconto e che passi facilmente a uno scaglione superiore e, dall'altro, che non rischi di perdere la totalità dello sconto qualora si approvvigioni parzialmente presso altri fornitori. Essa segnala altresì che più il rivenditore ascende la griglia degli sconti meno guadagna in termini di sconto supplementare nel superare ogni soglia.

83.
    E' giocoforza constatare che, nella prassi decisionale cui fa riferimento la ricorrente, la Commissione non si è pronunciata sulla compatibilità con l'art. 82 CE dei sistemi di riduzioni connessi al volume degli acquisti annuali effettuati presso un'impresa in posizione dominante. Nelle decisioni 73/109 e 91/300, menzionate al punto precedente, la Commissione ha posto in discussione sistemi di sconti di fedeltà concessi da un'impresa in posizione dominante in cambio di impegni di approvvigionamento esclusivi o quasi esclusivi.

84.
    Per quanto riguarda le comunicazioni della Commissione relative alla politica commerciale della British Gypsum, menzionate supra al punto 82, si deve senz'altro constatare la dichiarazione della Commissione in merito alla sua intenzione di adottare un atteggiamento favorevole nei confronti di sistemi di sconti caratterizzati da un periodo di riferimento annuale. Tuttavia, in tali comunicazioni, la Commissione ha evidenziato varie particolarità dei sistemi di sconto applicati dalla British Gypsum che nel caso di specie non sussistono. Infatti, gli sconti concessi dalla British Gypsum venivano determinati sulla base del fatturato annuale previsto e non del fatturato reale. Nei suddetti sistemi non era stato effettuato alcun adeguamento dello sconto per un cliente il cui fatturato annuo era inferiore a quello inizialmente previsto, il che diminuiva notevolmente la pressione esercitata sul cliente affinché effettuasse ulteriori acquisti presso la British Gypsum alla fine del periodo di riferimento. Inoltre, gli sconti della British Gypsum venivano concessi trimestralmente. Prima del 1995 gli sconti quantitativi applicati dalla ricorrente venivano accordati una sola volta alla fine del mese di febbraio dell'anno successivo a quello di riferimento. Infine la Commissione ha insistito, nelle sue comunicazioni, sul fatto che gli sconti quantitativi applicati dalla British Gypsum erano fondati su economie di costo reali per tale impresa. Una siffatta giustificazione difetta nel caso di specie (v. infra punti 107-110). La ricorrente non può quindi trarre alcun argomento dalle comunicazioni della Commissione relative ai sistemi di sconto applicati dalla British Gypsum.

85.
    Si deve inoltre constatare che, nella controversia che ha condotto alla sentenza Michelin/Commissione, il sistema di abbuoni controverso era fondato, come nella presente fattispecie, su un periodo di riferimento annuale (v. sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 81). E' vero che, contrariamente a quanto risulta dalla decisione impugnata (‘considerando’ 216), la Corte non ha formalmente statuito che il periodo di riferimento non poteva eccedere tre mesi. Tuttavia, non si può negare che il carattere fidelizzante di un sistema di riduzioni calcolati sulla totalità del fatturato realizzato aumenta proporzionalmente alla lunghezza del periodo di riferimento. Infatti, l'effetto fidelizzante di un sistema di sconti quantitativi è nullo quando gli sconti vengono concessi su fattura in funzione del volume dell'ordine. Se uno sconto viene accordato per gli acquisti effettuati durante un periodo di riferimento l'effetto fidelizzante è meno rilevante qualora la riduzione addizionale si applichi esclusivamente ai quantitativi che eccedano una determinata soglia rispetto al caso in cui la riduzione riguardi l'intero fatturato realizzato durante il periodo di riferimento. In tale ultima ipotesi, il guadagno che si può ottenere mediante il superamento di uno scaglione superiore si ripercuote sulla totalità del fatturato realizzato laddove, nella prima ipotesi, si ripercuote solo sull'acquisto supplementare.

86.
    La ricorrente assume peraltro che la questione se la riduzione venga calcolata sul volume globale degli acquisti o sul solo acquisto addizionale costituisce esclusivamente una questione di modalità di presentazione. Essa chiarisce, a tale proposito, che una riduzione di un determinato importo può sempre essere espressa, indifferentemente, o sotto forma di una percentuale del «volume addizionale» acquistato o di una percentuale del «volume globale», restando inteso che la percentuale sarà più consistente quando la base della riduzione è il volume addizionale anziché il volume globale.

87.
    Tale argomento deve essere respinto. Infatti, quando la riduzione viene concessa «per fascia» lo sconto ottenuto per l'acquisto di un'unità supplementare non eccede mai la percentuale prevista per la fascia di cui trattasi. Ammettendo che la tabella riportata supra al punto 69 comporti un sistema di sconti quantitativi in cui la riduzione venga calcolata «per fascia», occorrerebbe dichiarare che il fatto di, ad esempio, superare la soglia di FRF 30 000 in termini di fatturato avrebbe comportato che, per l'acquisto delle unità che oltrepassino tale soglia di fatturato, il rivenditore beneficiasse di una riduzione pari al 9,25%, in luogo del 9%. In altri termini, se il rivenditore avesse aumentato il proprio fatturato realizzato presso la ricorrente da FRF 29 999 a FRF 30 000 avrebbe beneficiato, in un sistema di sconti calcolati «per fascia», di una riduzione supplementare pari allo 0,25% o a FRF 0,0025 (0,25% di riduzione supplementare su un importo di FRF 1). L'interesse per un rivenditore di superare una tale soglia è relativamente limitato. Per contro, se, come nella fattispecie, la riduzione si applica al volume totale acquistato, il passaggio del fatturato realizzato presso la ricorrente da FRF 29 999 a FRF 30 000 frutta al rivenditore una riduzione supplementare pari a FRF 75 (0,25% di riduzione supplementare su un importo di FRF 30 000), equivalente al 7 500% del fatturato supplementare conseguito (FRF 75 di riduzione supplementare su un fatturato addizionale conseguito di FRF 1). L'interesse del rivenditore al superamento di una soglia supplementare è effettivo sia per le soglie posizionate in fondo alla griglia, come dimostra l'esempio precedente, sia per quelle situate all'apice della stessa. Invero, il fatto, ad esempio, di incrementare il fatturato da FRF 16 384 999 a FRF 16 387 000 avrebbe fruttato al rivenditore una riduzione supplementare di FRF 1 in un sistema di riduzioni «per fascia» (0,05% di riduzione supplementare su un importo di FRF 2 001). Nel sistema applicato dalla ricorrente la riduzione supplementare ammontava a FRF 8 193,5 (0,05% di riduzione supplementare su un importo di FRF 13 687 000), ossia una riduzione supplementare equivalente a circa il 410% del fatturato supplementare conseguito (FRF 8 193,5 di riduzione supplementare su un fatturato addizionale di FRF 2 001).

88.
    L'incitamento all'acquisto causato da un sistema di sconti quantitativi è quindi molto più rilevante quando le riduzioni vengono calcolate sulla totalità del volume d'affari realizzato durante un determinato periodo che qualora siano calcolate unicamente fascia per fascia. Il sistema di sconti quantitativi è tanto più fidelizzante quanto più è lungo il periodo di riferimento.

89.
    Si deve inoltre sottolineare che nella controversia che ha condotto alla sentenza Portogallo/Commissione (cit. supra al punto 58), cui la ricorrente si riferisce in più occasioni per giustificare la liceità degli sconti quantitativi esaminati nella presente fattispecie, l'aliquota di riduzione prevista era applicabile «per fascia» e il periodo di riferimento corrispondeva a un mese.

90.
    La ricorrente attira inoltre l'attenzione sul fatto che le aliquote delle riduzioni per gli ultimi scaglioni della griglia variavano solo in minima misura.

91.
    Dalle tabelle riportate supra ai punti 69 e 70 emerge che il sistema di sconti quantitativi applicato dalla ricorrente comportava una variazione rilevante delle aliquote di riduzioni tra gli scaglioni inferiori e superiori. E' vero, come sottolinea la ricorrente, che nella parte inferiore della griglia la progressione delle aliquote di riduzione era maggiore rispetto a quella rilevata nella parte superiore della stessa (0,05% per gli ultimi scaglioni). Si deve tuttavia evidenziare che la Corte, nella sua sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 81, ha statuito che «le variazioni dell'aliquota dello sconto [oscillanti tra lo 0,2 e lo 0,4%] in ragione di un ultimo ordinativo, anche di piccola entità, nel corso di un anno si ripercuotevano sul margine di utile del rivenditore relativo alle vendite di pneumatici Michelin per autoveicoli pesanti effettuate nell'intero anno. Di conseguenza, anche variazioni esigue potevano esercitare una pressione rilevante sui rivenditori».

92.
    Inoltre, le variazioni delle aliquote di riduzione non erano così esigue come assume la ricorrente. L'abusività del sistema di sconti quantitativi non può essere valutata isolatamente. Infatti, il superamento dello scaglione massimo previsto per gli sconti quantitativi ha consentito al rivenditore di firmare una convenzione commerciale con la ricorrente (v. supra punto 51). Il rivenditore ha potuto pertanto beneficiare di una «proroga» delle tabelle corrispondenti agli sconti quantitativi e usufruire, in tal modo, di una riduzione supplementare fino al 2% del fatturato.

93.
    In seguito a una questione sottoposta in udienza la ricorrente ha tuttavia contestato, per la prima volta, la constatazione effettuata ai ‘considerando’ 76 e 230 della decisione impugnata secondo cui le convenzioni commerciali offrivano ai rivenditori interessati una «proroga» delle tabelle di cui agli sconti quantitativi. Secondo la ricorrente la riduzione supplementare che si sarebbe potuta ottenere stipulando una convenzione commerciale riguardava il premio di progressività e non gli sconti quantitativi.

94.
    Tale argomento deve essere respinto. Da un lato, la Commissione ha allegato al suo controricorso una copia della convenzione commerciale per il 1994. Orbene, l'art. 1 di tale convenzione, intitolato «sconti quantitativi», sancisce in modo inequivocabile che la griglia di sconti allegata alla convenzione commerciale «completa» la griglia degli sconti quantitativi delle condizioni generali e «si incorpora alla stessa». L'oscillazione tra l'aliquota inferiore e quella superiore della griglia annessa alla convenzione commerciale, il cui punto di partenza è rappresentato dall'ultimo scaglione degli sconti quantitativi di cui alle condizioni generali, ammonta al 2%. Ne consegue dunque che la Commissione ha giustamente constatato nella decisione impugnata che la proroga delle tabelle corrispondenti agli sconti quantitativi poteva «comportare una differenza sino al 2 % del fatturato» (‘considerando’ 76). D'altro lato, la ricorrente ha ammesso al punto 18 della sua replica che «la griglia cui un rivenditore poteva accedere firmando una convenzione commerciale» rientrava nel sistema degli sconti quantitativi.

95.
    Da tutto quanto precede risulta che il sistema degli sconti quantitativi che comporta una rilevante oscillazione delle aliquote di riduzioni tra gli scaglioni inferiori e superiori, caratterizzato da un periodo di riferimento pari a un anno e da una determinazione della riduzione in funzione del fatturato globale realizzato durante il periodo di riferimento, presenta le caratteristiche di un sistema di riduzioni fidelizzante.

96.
    Certo, come sottolinea la ricorrente, tutte le forma di concorrenza sui prezzi e tutti i sistemi di riduzioni cercano di incoraggiare il cliente a effettuare acquisti per un quantitativo più ingente presso il medesimo fornitore.

97.
    Tuttavia, un'impresa in posizione dominante è tenuta in modo particolare a non compromettere col suo comportamento lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 57). Qualsiasi concorrenza effettuata facendo leva sui prezzi non è dunque automaticamente legittima (sentenze Akzo/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 70, e Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 111). Un'impresa in posizione dominante non può quindi fare ricorso a mezzi diversi da quelli rientranti nella concorrenza fondata sui meriti (sentenza Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 111).

98.
    Pertanto, occorre esaminare se, malgrado le apparenze, il sistema degli sconti quantitativi applicato dalla ricorrente si fondi su una contropartita economicamente giustificata (v., in tal senso, sentenze Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 73; Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 114, e Portogallo/Commissione, cit. supra al punto 58, punto 52) o, in altri termini, se remuneri un'economia di scala attuata dalla ricorrente sulla base di ordini relativi a elevati quantitativi. Infatti, se l'aumento della quantità fornita si traduce in un costo inferiore per il fornitore, quest'ultimo ha il diritto di far beneficiare il suo cliente di tale riduzione tramite una tariffa più vantaggiosa (conclusioni dell'avvocato generale Mischo presentate con riguardo alla sentenza Portogallo/Commissione, cit. supra al punto 58, punto 106).

99.
    A tale riguardo, la ricorrente denuncia anzitutto il fatto che la Commissione avrebbe formulato, per la prima volta nel suo controricorso (punti 60 e 100), l'addebito secondo cui gli sconti quantitativi nel caso di specie non sarebbero giustificati da economie di scala. Dal momento che tale censura non è stata presa in considerazione né nella comunicazione degli addebiti né nella decisione impugnata, la ricorrente sostiene che tutti gli argomenti della Commissione ad essa relativi devono essere dichiarati irricevibili.

100.
    Occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, gli sconti concessi da un'impresa in posizione dominante devono fondarsi su una contropartita economicamente giustificata (v. sentenze Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 85; Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 114, e Portogallo/Commissione, cit. supra al punto 58, punto 52). Un sistema di sconti quantitativi è quindi compatibile con l'art. 82 CE se il beneficio accordato ai rivenditori è «giustificato dal volume d'affari da essi apportato e dalle eventuali economie di scala che essi consentono di realizzare al fornitore» (sentenza Portogallo/Commissione, cit. supra al punto 58, punto 52).

101.
    Si deve anzitutto rammentare che, nella decisione impugnata, la Commissione rammenta esplicitamente la suddetta giurisprudenza chiarendo che «uno sconto non può che corrispondere alle economie di scala realizzate dall'impresa grazie agli acquisti supplementari indotti dei consumatori» (‘considerando’ 216). Dopo un'analisi, e parafrasando la sentenza Michelin/Commissione, la Commissione conclude che il sistema degli sconti quantitativi «non [era] basato su alcuna prestazione economica che l[i] giustific[asse]» (‘considerando’ 227 della decisione impugnata).

102.
    Ne consegue che la Commissione non ha modificato la portata della decisione impugnata laddove nel suo controricorso sostiene che gli sconti quantitativi non erano giustificati da economie di scala.

103.
    Inoltre si deve constatare che esiste anche una concordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata in merito a tale aspetto, cosicché la ricorrente non può appellarsi a una violazione dei suoi diritti di difesa nel corso del procedimento amministrativo.

104.
    Infatti, al punto 195 della sua comunicazione degli addebiti, la Commissione imputava già alla ricorrente il fatto che gli sconti quantitativi «non [erano] basat[i] su alcuna prestazione economica che l[i] giustific[asse]».

105.
    Occorre infine dichiarare che la ricorrente ha perfettamente compreso tale censura dal momento che, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, essa ha osservato che, nella fattispecie, «[l]a concessione di sconti [era] (...) economicamente giustificata per il produttore che realizza economie di scala nella fabbricazione e nella distribuzione» (pag. 129). Parimenti, all'udienza, la ricorrente ha rammentato la liceità di un sistema di sconti quantitativi riferendosi all'«economia di scala nella produzione e nella distribuzione che risulta dall'acquisto di crescenti quantitativi» (verbale dell'udienza, pag. 82).

106.
    Pertanto, l'argomento riprodotto supra al punto 99 deve essere respinto.

107.
    Si deve esaminare, inoltre, se la ricorrente abbia attestato che il sistema degli sconti quantitativi, avente le caratteristiche di un sistema di sconti fidelizzanti, si fondava su un'oggettiva giustificazione economica (v., in tal senso, sentenze Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 188, e Portogallo/Commissione, cit. supra al punto 58, punto 56).

108.
    E' giocoforza constatare che la ricorrente non fornisce alcuna concreta indicazione a tale proposito. Essa rammenta solo «che gli ordinativi di elevati quantitativi comportano risparmi e che il cliente ha il diritto di ottenere che tali risparmi si ripercuotano sui prezzi che lo stesso paga» (punto 57 del ricorso). Essa si riferisce, inoltre, alla sua risposta alla comunicazione degli addebiti e al verbale dell'udienza (punto 91 della replica). Lungi dal provare che gli sconti quantitativi erano fondati su economie di costo reali (conclusioni dell'avvocato generale Mischo presentate con riguardo alla sentenza Portogallo/Commissione, cit. supra al punto 58, punto 118), la ricorrente si limita ad affermare, in modo generale, che gli sconti quantitativi erano giustificati dalle «economie di scala nell'ambito dei costi di produzione e della distribuzione» (verbale dell'udienza, pag. 62).

109.
    Orbene, tale argomento è troppo generico e non basta a fornire una giustificazione economica che consenta di spiegare concretamente la scelta dei tassi delle riduzioni fissati per i vari scaglioni del sistema di sconti censurato (v., in tal senso, sentenza Portogallo/Commissione, cit. supra al punto 58, punto 56).

110.
    Da quanto sopra precede risulta che la Commissione ha potuto a buon diritto concludere nella decisione impugnata che il sistema di sconti quantitativi controverso mirava, con la concessione di benefici che non erano basati su alcuna prestazione economica che li giustificasse, a vincolare alla ricorrente i rivenditori di pneumatici per automezzi pesanti in territorio francese. Dato tale carattere fidelizzante il sistema di sconti quantitativi era in grado di impedire ai rivenditori di poter scegliere, in qualsiasi momento, liberamente e in funzione della situazione del mercato, l'offerta più favorevole tra quelle loro avanzate da vari concorrenti e di cambiare fornitore senza un rilevante svantaggio economico. Il sistema di sconti riduceva in tal modo la possibilità di scelta a favore dei rivenditori per quanto riguarda le loro fonti di approvvigionamento e rendeva più difficoltoso per i concorrenti l'accesso al mercato senza che la situazione di dipendenza dei rivenditori, determinata dal sistema di sconti controverso, si basasse su una contropartita economicamente giustificata (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 85).

111.
    La ricorrente non può desumere nulla dal carattere trasparente del sistema degli sconti quantitativi di cui trattasi. Un sistema di sconti fidelizzante è contrario all'art. 82 CE, a prescindere dal fatto che esso sia o meno trasparente. Inoltre, si deve sottolineare che gli sconti quantitativi rientravano in un complesso sistema di riduzioni di cui la ricorrente non contesta, per alcuni dei medesimi, l'abusività (v. supra punto 45). La contemporanea applicazione di vari sistemi di «sconti» - ossia gli sconti quantitativi, il premio di servizio, il premio di progresso, e i premi connessi alla convenzione PRO e al Club degli amici Michelin - che non si ottenevano su fattura, rendeva impossibile per il rivenditore il calcolo esatto dei prezzi di acquisto dei pneumatici Michelin nel momento in cui effettuava l'acquisto. Tale situazione ha necessariamente posto in una situazione di incertezza e di dipendenza nei confronti della ricorrente.

112.
    Anche l'argomento della ricorrente relativo all'asserita approvazione del sistema degli sconti quantitativi da parte della direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi (in prosieguo: la «DGCCRF») deve essere respinto. Infatti, da un lato, i documenti invocati dalla ricorrente non provano in alcun modo un'approvazione da parte della DGCCRF (v. infra punti 305-308). Dall'altro, è comunque irrilevante che la concessione degli sconti sia conforme al diritto francese o sia stata approvata dalla DGCCRF, tenuto conto della preminenza del diritto comunitario in materia e dell'effetto diretto riconosciuto alle disposizioni dell'art. 82 CE (sentenze della Corte 30 gennaio 1974, causa 127/73, BRT e a., Racc. pag. 51, punti 15 e 16, e 11 aprile 1989, causa 66/86, Ahmed Saeed Flugreisen e a., Racc. pag. 803, punto 23; sentenza Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 211). Nella presente fattispecie non è nemmeno pertinente l'asserita conformità del sistema degli sconti quantitativi al diritto americano della concorrenza.

113.
    Da quanto precede risulta che la Commissione ha potuto a buon diritto constatare che il sistema degli sconti quantitativi applicato dalla ricorrente violava l'art. 82 CE, in particolare a causa del suo carattere fidelizzante. Pertanto non occorre più esaminare le parti della decisione impugnata consacrate specificamente al carattere non equo (‘considerando’ 218-225 della decisione impugnata) e al carattere di compartimentazione (‘considerando’ 240-247 della decisione impugnata) del sistema di sconti quantitativi (v. supra punto 66).

114.
    Ne consegue che il primo motivo deve essere interamente rigettato.

Sul secondo motivo: la Commissione avrebbe violato l'art. 82 CE nel ritenere che il sistema del premio di servizio costituisse un abuso ai sensi di tale disposizione

Decisione impugnata

115.
    Al ‘considerando’ 60 della decisione impugnata la Commissione illustra che il «premio di servizio» costituiva un incentivo complementare proposto dalla Michelin al rivenditore specializzato «per il miglioramento della sua attrezzatura e del servizio di assistenza alla clientela». Essa descrive il sistema come segue al ‘considerando’ 62 della decisione impugnata:

«L'aliquota del premio, fissato all'inizio dell'anno con una convenzione annua con il rivenditore in un documento denominato “premio di servizio”, era stabilita in funzione del rispetto degli impegni assunti dal rivenditore in una serie di settori. Ogni impegno corrispondeva ad un certo numero di punti e il superamento di determinate soglie di punteggio conferiva il diritto ad un premio corrispondente ad una percentuale del fatturato per tutte le categorie di pneumatici realizzato con Michelin France. Tale percentuale variava da 0 all'1,5% dal 1980 al 1991 e da 0 al 2,25 % dal 1992 al 1996».

116.
    La Commissione ha ritenuto che il premio di servizio violasse l'art. 82 CE perché, in primo luogo, aveva un carattere non equo a causa delle modalità di fissazione, in secondo luogo esercitava un effetto fidelizzante e, in terzo luogo, esercitava un effetto di vendite collegate (decisione impugnata, ‘considerando’ 249).

117.
    Per quanto riguarda il carattere non equo del premio di servizio al ‘considerando’ 250 della decisione impugnata si spiega:

«La concessione dei punti non era esente da soggettività e lasciava a Michelin un margine di discrezionalità nella valutazione. Inoltre, certi punti erano subordinati alla condizione della trasmissione di informazioni strategiche molto precise sul mercato (dal 1980 al 1992), che non erano nell'interesse del rivenditore (che, ad esempio, non riceveva in cambio studi di mercato)».

118.
    La Commissione aggiunge al ‘considerando’ 252 della decisione impugnata che «certe voci comportavano, per loro stessa natura, una valutazione soggettiva e/o il numero di punti assegnati poteva variare “secondo la qualità del servizio prestato”. Il bilancio della realizzazione dei punti era effettuato dal rappresentante di Michelin, che fissava anche gli impegni e i punti corrispondenti all'esercizio in corso. La possibilità effettiva per Michelin di diminuire il premio in modo unilaterale, nel corso dell'anno, se gli impegni non erano rispettati, è un altro elemento che permetteva a Michelin di subordinare le condizioni concordate con i rivenditori alla propria valutazione soggettiva. Il fatto, presentato da Michelin, che questa possibilità sia stata attuata solo eccezionalmente non toglierebbe nulla al carattere abusivo della pratica». La Commissione si riferisce, inoltre, ad alcune risposte fornite dai rivenditori di pneumatici Michelin alle richieste di informazioni della Commissione durante il procedimento amministrativo.

119.
    Il carattere fidelizzante del premio di servizio viene descritto come segue al ‘considerando’ 254 della decisione impugnata:

«Sino al 1992, venivano assegnati punti se il rivenditore rispettava una percentuale minima di rifornimento di prodotti Michelin. Il rispetto di tale impegno richiesto da Michelin nel quadro del premio di servizio rafforzava fortemente i legami tra Michelin e i rivenditori esercitando un effetto di fidelizzazione che deve essere considerato abusivo. Almeno sino al 1992, infatti, una voce “servizio nuovi prodotti” prevedeva la possibilità per il rivenditore di ottenere punti supplementari se si riforniva di nuovi prodotti nella misura di una determinata percentuale rispetto alla quota regionale di tali prodotti. Poiché l'ottenimento dei punti non dipendeva dai quantitativi, ma dal rispetto di una percentuale determinata rispetto alla quota regionale dei prodotti, ci si trova di fronte alla variante di un premio di fedeltà, che deve essere considerato abusivo, dato che è richiesto da un'impresa in posizione dominante. Questa voce costituiva infatti un incentivo alla promozione dei nuovi prodotti Michelin, a detrimento dei prodotti concorrenti».

120.
    Infine, per quanto concerne l'effetto di vendite collegate, la Commissione osserva al ‘considerando’ 256 della decisione impugnata:

«Un punto veniva assegnato se il rivenditore si impegnava a fare sistematicamente ricostruire le carcasse Michelin presso Michelin. Il premio di servizio era quindi anche uno strumento che permetteva di realizzare vendite collegate, pratica abusiva che consentiva a Michelin di utilizzare la propria posizione dominante sul mercato degli pneumatici nuovi per mezzi pesanti al fine di confortare la propria posizione sul mercato contiguo della ricostruzione».

121.
    Essa aggiunge altresì al punto 257 della decisione impugnata:

«(...) L'eventuale perdita di questo punto e la possibile riduzione dell'importo totale del premio annuo che poteva risultarne faceva[no] aumentare direttamente il costo unitario di tutti gli pneumatici acquistati da Michelin, poiché il rivenditore non perdeva soltanto il premio in relazione agli pneumatici ricostruiti, ma anche quello riferito all'insieme del suo fatturato totale con Michelin».

Carattere abusivo del sistema del premio di servizio

- Introduzione

122.
    Nell'ambito di tale motivo la ricorrente rileva, anzitutto, che i suoi diritti di difesa sono stati violati nel corso del procedimento amministrativo in quanto non avrebbe avuto accesso alle risposte dei rivenditori di pneumatici Michelin alle richieste di informazioni della Commissione datate 30 dicembre 1996 e 27 ottobre 1997. Inoltre, la stessa osserva che la decisione impugnata non tiene conto dell'art. 82 CE nonché delle caratteristiche fondamentali del sistema del premio di servizio nella parte in cui sostiene che il sistema del premio di servizio in primo luogo avrebbe avuto un carattere non equo, in secondo luogo avrebbe avuto un carattere fidelizzante e, in terzo luogo, avrebbe avuto un effetto di vendite collegate per quanto riguarda i pneumatici ricostruiti.

- Sulla violazione dei diritti di difesa

123.
    La ricorrente lamenta il fatto di non aver mai avuto accesso, durante il procedimento amministrativo, alle risposte dei rivenditori alle richieste di informazioni della Commissione. Quest'ultima le avrebbe esclusivamente inoltrato le tabelle annesse in quanto allegati 10 e 16 al ricorso. Pertanto, le risposte fornite dai rivenditori non potrebbero essere considerate come validi mezzi di prova (sentenza della Corte 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punti 23 e segg.; sentenza del Tribunale 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-1775, punti 58 e segg.). La ricorrente ritiene che durante il procedimento amministrativo avrebbe dovuto aver accesso ai documenti stessi del fascicolo. Essa a tale riguardo si riferisce alle sentenze del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione (Racc. pag. II-1711, punto 54), e 10 marzo 1992, cause riunite T-68/89, T-77/89 e T-78/89, SIV e a./Commissione (Racc. pag. II-1403, punti 91-95), nonché alla comunicazione della Commissione relativa alle regole procedurali interne per l'esame delle domande di accesso al fascicolo nei casi di applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato CE, degli articoli 65 e 66 del Trattato CECA e del regolamento n. 4064/89 (GU 1997, C 23, pag. 3). L'omesso inoltro da parte della Commissione dei suddetti documenti avrebbe privato la ricorrente della possibilità di verificare che non vi fossero errori nell'elaborazione delle tabelle cui ha avuto accesso. Inoltre, se essa fosse stata informata in merito all'identità dei rivenditori che affermavano di essere stati pregiudicati, avrebbe potuto conoscere i reali motivi che li avevano presumibilmente indotti a formulare un'eventuale opinione critica nei suoi confronti.

124.
    A tale proposito, il Tribunale rammenta che, per quanto concerne le risposte dei terzi alle richieste di informazioni da parte della Commissione, tale istituzione è tenuta a considerare il rischio che un'impresa in posizione dominante sul mercato adotti misure di ritorsione nei confronti dei concorrenti, dei fornitori o dei clienti che hanno collaborato all'istruttoria condotta dalla Commissione (sentenza della Corte 6 aprile 1995, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, causa C-310/93 P, Racc. pag. I-865, punto 26; sentenza del Tribunale 25 ottobre 2002, causa T-5/02, Tetra Laval/Commissione, Racc. pag. II-4381, punto 98).

125.
    Considerato tale rischio, la ricorrente non può addebitare alla Commissione l'omessa comunicazione alla stessa dell'identità dei rivenditori che hanno risposto alle richieste di informazioni. Occorre sottolineare a tale riguardo che la Commissione ha solo negato alla ricorrente l'accesso agli elementi di risposta dei rivenditori alle richieste di informazioni che avrebbero consentito la loro identificazione. In tal modo, al fine di evitare qualsivoglia identificazione, da parte della ricorrente, dei rivenditori interessati, la Commissione ha inoltrato alla ricorrente una tabella che riportava, in modo anonimo, le risposte di ciascuno dei rivenditori alle richieste di informazioni da essa inviate a questi ultimi (allegati 10 e 16 al ricorso). Nel predisporre una versione non riservata delle suddette risposte la stessa ha scrupolosamente rispettato i requisiti posti dalla giurisprudenza, che mirano a effettuare un bilanciamento tra la tutela delle informazioni riservate e la garanzia del diritto, a favore dei destinatari di una comunicazione degli addebiti, di accedere all'intero fascicolo (v. sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. supra al punto 77, punto 147).

126.
    Per quanto riguarda l'argomento relativo all'impossibilità per la ricorrente di verificare se non fossero occorsi errori nella predisposizione delle tabelle cui essa ha avuto accesso, si deve rammentare che all'udienza le parti hanno espressamente dato il loro consenso affinché il Tribunale proceda a tale controllo (v. supra punto 36). Dopo la disamina il Tribunale constata che le tabelle elaborate dalla Commissione comportano solo un'inesattezza materiale. La percentuale rappresentata dal marchio Michelin nel fatturato del primo rivenditore menzionato al quesito sub 2) della richiesta di informazioni datata 30 dicembre 1996 si collocherebbe, in base alla tabelle della Commissione (allegato 10 al ricorso), tra il 25 e il 30%, mentre in realtà era pari al 23,4% (documento 36041-14745). Si tratta di un'inesattezza che non ha potuto ledere i diritti di difesa della ricorrente dal momento che l'indicazione riportata nella tabella non si discosta dalla cifra esatta.

127.
    Inoltre, dall'esame comparativo delle risposte dei rivenditori e delle tabelle poste a disposizione della ricorrente durante il procedimento amministrativo emerge che la ricorrente ha avuto accesso a tutti gli elementi non riservati di risposta - concernenti i rivenditori - alle richieste di informazioni fatta eccezione per lo stralcio di una risposta menzionato al ‘considerando’ 252 della decisione impugnata. Si tratta del seguente stralcio: «un altro rivenditore spiega, per quanto lo riguarda, di aver subito mediante l'uso di misure di ritorsione il “brutale decremento di alcuni premi: premi di servizio”» (documento 36041-15166). La ricorrente aveva d'altronde osservato nel suo ricorso di non aver potuto essere informata in merito al suddetto elemento a carico durante il procedimento amministrativo.

128.
    La Commissione ammette che, in seguito a un errore amministrativo, la ricorrente non ha avuto accesso a tale elemento di risposta durante il procedimento amministrativo.

129.
    A tale proposito si deve rammentare che, conformemente a una giurisprudenza costante, la risposta individuata supra al punto 127 deve essere esclusa quale mezzo di prova (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. supra al punto 77, punto 364, e giurisprudenza citata). Tale esclusione comporterebbe l'annullamento della decisione impugnata nella parte in cui essa si riferisce al premio di servizio ed esclusivamente se la censura relativa a tale premio può essere provata solo con riferimento a tale documento (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. supra al punto 77, punto 364, e giurisprudenza citata).

130.
    Dalla decisione impugnata (‘considerando’ 252) emerge che la Commissione cita la risposta di cui trattasi solo per dimostrare che il premio di servizio ha carattere non equo. Orbene, la Commissione deduce l'abusività del premio di servizio non soltanto dal suo carattere non equo ma altresì dal suo carattere fidelizzante e dal suo effetto di vendite collegate.

131.
    Inoltre, dall'analisi che verrà effettuata nel prosieguo (v. infra punti 136-150) emerge che, anche volendo escludere la risposta di cui trattasi, il carattere non equo del premio di servizio è stato sufficientemente attestato nella decisione impugnata.

132.
    Infine la ricorrente rileva che la Commissione durante il procedimento amministrativo ha contattato solo i rivenditori proposti dalla Bandag. Tale situazione sarebbe stata pregiudizievole per la ricorrente.

133.
    Tale argomento deve essere respinto. Infatti, dalla corrispondenza intercorsa tra la Bandag e la Commissione, consegnata al Tribunale il 24 aprile 2003 (v. supra punto 37), risulta che la Bandag ha suggerito alla Commissione i nomi di sei rivenditori che avrebbero detenuto informazioni utili per l'indagine della Commissione. Se è vero che tali sei rivenditori figurano tutti tra i destinatari della richiesta di informazioni del 30 dicembre 1996, quest'ultima è stata indirizzata anche ad altri tredici rivenditori. Inoltre, nessuno dei rivenditori proposti dalla Bandag rientra tra i venti destinatari della richiesta di informazioni del 27 ottobre 1997. I nomi dei rivenditori segnalati dalla Bandag sono stati pertanto utilizzati solo per una minima parte delle richieste di informazioni.

134.
    In ogni caso dalla decisione impugnata emerge che, per stabilire la violazione dell'art. 82 CE, la Commissione si è basata principalmente sulle caratteristiche dei sistemi di sconti applicati dalla ricorrente e non sulle risposte dei rivenditori alle richieste di informazioni. E' infatti giocoforza dichiarare che la Commissione si è riferita alle risposte dei rivenditori al solo fine di dimostrare l'esistenza di una posizione dominante - non contestata dalla ricorrente - (‘considerando’ 201 della decisione impugnata) e dare prova del carattere non equo del premio di servizio (‘considerando’ 252 della decisione impugnata). Come è stato già indicato precedentemente, la Commissione ha desunto l'abusività del premio di servizio non solo dal suo carattere non equo ma anche dal suo carattere fidelizzante e dal suo effetto di vendite collegate (v. supra punto 130).

135.
    Da quanto precede risulta che l'argomento relativo a una violazione dei diritti di difesa deve essere respinto.

- Sul carattere non equo del premio di servizio

136.
    Nel suo ricorso la ricorrente rammenta che l'obiettivo del premio di servizio consisteva nell'incitare i rivenditori a migliorare la qualità dei loro servizi nonché l'immagine del marchio dei prodotti Michelin e a fornire loro, in cambio, una particolare ricompensa. La ricorrente chiarisce che l'aliquota del premio di servizio era stabilita mediante una convenzione annuale con il rivenditore in funzione degli impegni assunti da quest'ultimo, definiti e quantificati in un allegato alle condizioni generali. Il premio di servizio non costituiva uno sconto ma un compenso per servizi resi.

137.
    A tale riguardo si deve rilevare che il fatto che il premio di servizio remunererebbe servizi prestati dai rivenditori è privo di pertinenza per quanto riguarda la questione se il premio di cui trattasi violi l'art. 82 CE. Infatti, se risulta che, come sostiene la Commissione, il sistema del premio di servizio non aveva carattere equo, era caratterizzato da un effetto fidelizzante e da un effetto di vendite collegate, occorrerebbe concludere che tale sistema, applicato da un'impresa in posizione dominante, non corrisponde a una normale politica di concorrenza sui prezzi e che, di conseguenza, è vietato dall'art. 82 CE.

138.
    Si deve inoltre constatare che la ricorrente non nega il fatto che la concessione dei punti, da cui scaturiva il diritto al premio di servizio, fosse caratterizzata da soggettività. Essa osserva tuttavia che la qualità di un servizio prestato da un rivenditore può obiettivamente meritare un compenso anche se nel valutare la qualità di un servizio ricorre sempre una certa soggettività.

139.
    Il Tribunale constata che, come indicano espressamente le tabelle relative ai premi di servizio, il premio era stabilito in funzione della «qualità nel servizio che il rivenditore era in grado di garantire». L'ottenimento dei punti - 31 punti su 35 davano diritto al massimo premio - dipendeva dal rispetto di vari impegni assunti dai rivenditori. Spesso la valutazione dell'osservanza di tali impegni lasciava alla ricorrente un margine di valutazione non trascurabile e discrezionale. Dalla tabella per il 1996 deriva ad esempio che il rivenditore poteva ottenere tre punti se «contribui[va] positivamente al lancio dei nuovi prodotti Michelin» o se forniva alla Michelin «informazioni pertinenti sulle sue statistiche e previsioni di vendita per prodotto» (evidenziazione aggiunta).

140.
    Occorre rammentare che la concessione di uno sconto a un rivenditore da parte di un'impresa in posizione dominante si deve fondare su una giustificazione economica obiettiva (Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 218). La concessione di uno sconto non può dipendere da una valutazione soggettiva da parte dell'impresa in posizione dominante del fatto che il rivenditore rispetti i suoi impegni atti a garantirgli lo sconto. Come evidenzia la Commissione nella decisione impugnata (‘considerando’ 251), una tale valutazione circa l'osservanza degli impegni consentirebbe all'impresa in posizione dominante «di esercitare una forte pressione sul rivenditore (...) e gli da[rebbe] la possibilità, se necessario, di utilizzare il meccanismo in modo discriminatorio».

141.
    Ne consegue che un sistema di riduzioni applicato da un'impresa in posizione dominante, che riserva a quest'ultima un margine di valutazione non trascurabile e discrezionale per quanto riguarda la possibilità per il rivenditore di beneficiare dello sconto, deve essere considerato non equo e costituisce uno sfruttamento abusivo da parte di un'impresa della sua posizione dominante sul mercato ai sensi dell'art. 82 CE (v., in tal senso, sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 105). Infatti, considerata la valutazione soggettiva dei criteri che fanno sorgere il diritto al premio di servizio, i rivenditori si trovavano in una situazione di incertezza e non potevano generalmente prevedere in modo sicuro l'aliquota dello sconto di cui avrebbero beneficiato in forza del premio di servizio (v., in tal senso, sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 83).

142.
    La Commissione rafforza ulteriormente tale constatazione facendo riferimento a tre risposte di rivenditori di cui una deve essere esclusa quale elemento di prova (v. supra punto 129). Le altre due risposte confermano la soggettività attestata dalla ricorrente nell'applicare il sistema del premio di servizio. I rivenditori in questione confermano infatti che «[l]a valutazione è effettuata con il beneplacito di Michelin» o ancora che «[c]on questo premio, Michelin può fare quello che vuole. Noi abbiamo subito (...) cambiamenti unilaterali».

143.
    Tuttavia, la ricorrente sostiene che la citazione di una risposta di un rivenditore al ‘considerando’ 252 della decisione impugnata, secondo cui «[c]on questo premio, Michelin può fare quello che vuole. Noi abbiamo subito (...) cambiamenti unilaterali» è stato estrapolato dal contesto. Dalla risposta integrale di tale rivenditore risulterebbe che quest'ultimo, «esercitando una pressione sulla Michelin» e «senza modificare la natura dei [suoi] rapporti [con la Michelin]», era riuscito a ottenere la massima aliquota del premio.

144.
    Il passaggio della risposta del rivenditore cui si riferisce la ricorrente recita come segue:

«Nel 1993, ho esercitato una pressione sulla Michelin. Infatti, avevo preso visione del premio di servizio 1992 di un collega la cui portata era notevolmente inferiore alla nostra e che non lavorava nel settore degli automezzi pesanti. Quest'ultimo percepiva una percentuale di premio più consistente. La Michelin ha allora modificato il numero di punti relativi ad alcuni criteri e noi abbiamo ottenuto, senza che intervenisse alcun mutamento nel 1993: (...)% di premio di progresso. Nel 1995, ho continuato a esercitare una pressione sulla Michelin e, sempre senza trasformare la natura delle nostre relazioni, (...) ho ottenuto (...)% di premio di progresso. Persistendo nel 1996, sono riuscito a ottenere il massimo, ossia il 2,25%».

145.
    Il summenzionato passaggio non fornisce peraltro alcun sostegno all'argomento della ricorrente. Esso conferma piuttosto la soggettività della Michelin nella concessione del premio che, come sottolinea la Commissione, è «fonte di discriminazioni difficilmente evitabili» (‘considerando’ 253 della decisione impugnata).

146.
    La ricorrente contesta inoltre il fatto che la Commissione avrebbe selezionato due risposte di rivenditori negative nei suoi confronti senza citare le altre risposte dei rivenditori che sarebbero invece favorevoli al premio di servizio.

147.
    Anche tale argomento deve essere respinto. La soggettività nella concessione del premio di servizio emerge già dalle modalità di fissazione di tale premio. Inoltre, altri rivenditori confermano: «la Michelin è [la] sola a decidere» e «se noi non rientriamo nel criterio, la Michelin può sopprimere il premio» oppure la «possibilità di ridimensionamento del premio durante l'anno in caso di mancato rispetto degli impegni di servizio». La ricorrente stessa conferma inoltre nel suo ricorso che, «beninteso, il premio non poteva essere dovuto se i rivenditori non fornivano agli utenti i servizi corrispondenti» (punto 136 del ricorso). Orbene, è stata in particolare la valutazione dell'osservanza degli impegni a determinare un approccio soggettivo da parte della Michelin.

148.
    Infine, la ricorrente osserva che, al fine di garantire un'omogenea applicazione del premio di servizio, essa ha predisposto una nota esplicativa intitolata «Nota di utilizzo del premio di servizio comunicato».

149.
    Tuttavia da tale documento non emerge affatto che la valutazione della qualità del servizio effettuato dal rivenditore non aveva carattere soggettivo. Per quanto riguarda, ad esempio, informazioni sul mercato che dovevano essere fornite dai rivenditori, la nota precisa soltanto che «le informazioni pertinenti [dovevano] concernere statistiche o proiezioni realizzate sulla base di dati numerici affidabili». Quanto al servizio «nuovi prodotti», la nota chiarisce che il rivenditore [doveva] proporre «sistematicamente alla sua clientela, facendo leva su un argomento tecnico», i nuovi prodotti Michelin. Si tratta di un impegno la cui osservanza è difficilmente controllabile e che apre la via, da parte della ricorrente, a una valutazione soggettiva.

150.
    Pertanto da tutto quel che precede risulta che la Commissione ha potuto a buon diritto constatare, nella decisione impugnata (‘considerando’ 253), che il premio di servizio era provvisto di un carattere non equo, a causa della soggettività atta a colpire la valutazione dei criteri da cui scaturisce il diritto al premio, da ritenersi illecita ai sensi dell'art. 82 CE.

- Sul carattere fidelizzante del premio di servizio

151.
    La ricorrente constata anzitutto che la Commissione nella decisione impugnata (‘considerando’ 254) contesta solo una voce del sistema del premio di servizio in quanto provvista di un effetto di fidelizzazione, vale a dire la voce «servizi nuovi prodotti». Si tratterebbe della possibilità per il rivenditore di ottenere fino a due punti supplementari qualora si sia rifornito di nuovi prodotti Michelin nella misura di una percentuale stabilita con riferimento alla quota di mercato regionale di tali prodotti. Ora, tale requisito sarebbe stato previsto per la prima volta nelle condizioni generali del 1991. I fatti denunciati non si sarebbero quindi verificati durante quasi tutto il periodo disciplinato dalla decisione impugnata.

152.
    Si deve dichiarare che la Commissione non ha mai asserito che l'impegno menzionato al punto precedente sia esistito fino alla fine del periodo di infrazione. Essa menziona, nella decisione impugnata, il fatto che «[s]ino al 1992, venivano assegnati punti se il rivenditore rispettava una percentuale minima di rifornimento di prodotti Michelin» (‘considerando’ 254 della decisione impugnata).

153.
    Certo, la Commissione non ha fornito la prova del fatto che la clausola contestata era in vigore fino al 1992. Infatti, le condizioni generali per il 1992 non includevano più tale clausola. La Commissione ammette d'altronde, nella sua risposta a un quesito scritto del Tribunale, che la formulazione «fino al 1992» deve essere intesa come diretta ad escludere il 1992.

154.
    Tale constatazione non ha tuttavia alcuna conseguenza sulla legittimità della decisione impugnata.

155.
    Infatti, la ricorrente non contesta che la clausola sia stata in vigore durante il 1990 e il 1991. Orbene, non si può seriamente contestare che la possibilità per un rivenditore di ottenere fino a un massimo di due punti qualora si rifornisca di nuovi prodotti nella misura di una percentuale determinata con riferimento alla quota di mercato regionale di tali prodotti abbia un effetto fidelizzante. Come dichiara la Commissione, «[q]uesta voce costituiva (...) un incentivo [illecito] alla promozione dei nuovi prodotti Michelin, a detrimento dei prodotti concorrenti. Il rivenditore non poteva rischiare una perdita di due punti, che poteva comportare una riduzione dell'importo totale del premio annuale» (‘considerando’ 254 della decisione impugnata), corrispondente a una percentuale (in grado di raggiungere il 2,25%) del suo fatturato, tutti i tipi di pneumatici, realizzato con la Michelin France.

156.
    La constatazione effettuata al punto 153 non incide nemmeno sul modo di determinare la durata dell'infrazione, dal momento che l'abusività del premio di servizio è stata desunta anche dal suo carattere non equo e che tale elemento è già di per sé sufficiente a dichiarare l'abuso di posizione dominante commesso dalla ricorrente (v. supra punti 136-150), durante l'intero periodo di applicazione del premio di cui trattasi, ossia fino al 1997.

157.
    La ricorrente rileva inoltre che dalle risposte dei rivenditori alle richieste di informazioni della Commissione emerge che il premio di servizio non ha avuto alcun effetto fidelizzante.

158.
    Il Tribunale appura tuttavia che le risposte fornite dai rivenditori al quesito relativo al significato della voce «servizi nuovi prodotti» erano alquanto disparate. Per taluni tale voce non comportava «impegni»; per altri si traduceva in un obbligo di detenere scorte; per altri ancora si trattava di obblighi in materia di pubblicità sugli aspetti della vendita o della promozione. Le risposte dei rivenditori confermano pertanto che l'applicazione di criteri valutati in modo soggettivo ha comportato una discriminazione tra i rivenditori.

159.
    La ricorrente sostiene inoltre che un rivenditore era in grado di conseguire il massimo sconto senza dover accettare obblighi che normalmente verrebbero considerati fidelizzanti, atteso che sui 35 punti possibili era sufficiente ottenerne 31 per conseguire il massimo sconto.

160.
    E' giocoforza constatare che il rivenditore avrebbe potuto ottenere due punti se avesse venduto i nuovi prodotti Michelin in una misura superiore alla quota di mercato regionale prevista per tali prodotti e un punto se avesse venduto i nuovi prodotti Michelin in una misura identica alla quota di mercato regionale. Si trattava di un impegno non oneroso, mentre tale risultava spesso in misura ben maggiore l'osservanza di altri impegni, come quelli relativi alla qualità degli impianti, all'attrezzatura del punto vendita e alla disponibilità ne riguardi della clientela. In ogni caso non si può negare che, mediante l'impegno in questione, la ricorrente tentava di impedire, ricorrendo alla concessione di un vantaggio finanziario, l'approvvigionamento dei rivenditori presso produttori concorrenti.

- Sull'effetto di vendite collegate al premio di servizio

161.
    La ricorrente rammenta che la Commissione al ‘considerando’ 256 della decisione impugnata dichiara che «[u]n punto veniva assegnato se il rivenditore si impegnava a fare sistematicamente ricostruire le carcasse Michelin presso Michelin». L'osservanza di tale impegno sarebbe equivalsa a un solo punto su 35, laddove 31 punti erano sufficienti per ottenere il pagamento di un importo massimo del premio. Stando così le cose, la ricorrente non comprende come tale voce avrebbe potuto costituire uno strumento atto a consentirle di realizzare vendite collegate.

162.
    Il Tribunale constata quanto segue: dal fascicolo emerge che, dal 1992, il rivenditore avrebbe potuto ottenere un punto addizionale se avesse fatto sistematicamente ricostruire le carcasse Michelin dalla ricorrente. Tale condizione è stata modificata nel 1996. Nelle condizioni generali per il 1996 si prevede infatti che il rivenditore che «[f]a realizzare sistematicamente la prima ricostruzione delle carcasse per automezzi pesanti Michelin dalla Michelin .... [riceve] un punto».

163.
    La ricorrente si è pertanto avvalsa del suo peso economico nel settore dei pneumatici in generale, e nel mercato dei pneumatici nuovi in particolare, come una leva per assicurarsi la preferenza dei rivenditori per la ricostruzione. Infatti, l'osservanza di detto impegno - se venivano rispettati anche altri criteri - poteva determinare una riduzione calcolata sulla totalità del fatturato realizzato dal rivenditore con la ricorrente. L'applicazione di tale condizione aveva pertanto un effetto di vendite collegate, vietato dall'art. 82 CE (v. sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II-755, punto 137, e giurisprudenza citata).

164.
    Per quanto riguarda l'argomento relativo al fatto che si tratterebbe di un solo punto su 35, si deve sottolineare, analogamente a quanto fa la Commissione nella decisione impugnata (‘considerando’ 255), che l'impegno relativo alla ricostruzione era uno dei più facili da rispettare. L'osservanza di altri impegni era spesso più onerosa, come nel caso di quelli relativi alla qualità degli impianti, all'attrezzatura del punto vendita e alla disponibilità verso la clientela. Comunque, non si può negare che mediante la condizione in questione la ricorrente tentava di garantirsi da parte dei rivenditori la sistematica ricostruzione dei pneumatici Michelin. Tale presupposto mirava pertanto a privare i rivenditori della possibilità di scelta in merito alla ricostruzione e a impedire agli altri ricostruttori l'accesso al mercato.

165.
    Infine, la ricorrente osserva in linea generale che la DGCCRF è stata favorevole al premio di servizio. Essa, a tale proposito, si riferisce ai resoconti delle riunioni del 7 febbraio e 23 maggio 1991 intercorse tra la DGCCRF e la ricorrente (allegati 8-12 del ricorso). Nemmeno il diritto americano della concorrenza osterebbe a tale premio.

166.
    Tale argomento deve essere respinto per i motivi illustrati supra al punto 112. Infatti, da un lato, i resoconti invocati dalla ricorrente non provano affatto un'approvazione del premio di servizio da parte della DGCCRF. Emerge anche dal resoconto della riunione 23 maggio 1991 che la DGCCRF ritiene che il premio di servizio «potrebbe essere contestabile qualora si tratti di un vantaggio concesso in modo globale e soggettivo». Dall'altro, non occorre, in ogni caso, che la concessione del premio di servizio sia conforme al diritto francese o sia stata approvata dalla DGCCRF, tenuto conto della preminenza del diritto comunitario in materia e dell'effetto diretto riconosciuto alle disposizioni dell'art. 82 CE (sentenze BRT e a., cit. supra al punto 112, punti 15 e 16; Ahmed Saeed Flugreisen e a., cit. supra al punto 112, punto 23, e Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 211). Non è pertinente nemmeno l'asserita conformità del premio di servizio al diritto americano della concorrenza per la valutazione di detto premio dal punto di vista dell'art. 82 CE.

167.
    Da tutto quanto sopra emerge che nemmeno il secondo motivo può essere accolto.

Sul terzo motivo: la Commissione avrebbe violato l'art. 82 CE nel ritenere che il «Club degli amici Michelin» costituisse un abuso ai sensi di tale disposizione

Decisione impugnata

168.
    Il «Club degli amici Michelin» (in prosieguo: il «Club»), creato nel 1990, è costituito da rivenditori di pneumatici che intendono impegnarsi in un partenariato più stretto con la Michelin. La ricorrente partecipa allo sforzo finanziario del rivenditore, membro del Club, con, in particolare, un contributo agli investimenti e alla formazione, nonché un contributo finanziario dello 0,75% del fatturato annuo «Servizio Michelin».

169.
    La Commissione distingue tre caratteristiche illecite del Club.

170.
    In primo luogo, la Commissione sostiene che il Club è stato «utilizzato da Michelin come strumento di cristallizzazione, se non di miglioramento, della sua posizione sul mercato degli pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti» (‘considerando’ 317 della decisione impugnata). Essa si riferisce, al riguardo, anzitutto all'obbligo dei rivenditori membri del Club di «mettere in evidenza la marca Michelin» e di non sviare la domanda spontanea di pneumatici Michelin della loro clientela. Essa spiega che, «[s]e si considera che la domanda spontanea di prodotti Michelin è molto elevata, un tale obbligo deve necessariamente essere considerato abusivo, poiché mira direttamente ad eliminare la concorrenza degli altri produttori, nonché a garantire il mantenimento della posizione di Michelin e a limitare il grado di concorrenza su questo mercato» (‘considerando’ 317 della decisione impugnata). Essa aggiunge che «questa clausola si è concretata nell'obbligo per il rivenditore di garantire una certa quota di prodotti Michelin [(la “temperatura Michelin”) [in prosieguo, anche: il “termometro Michelin”], probabilmente ad un livello variabile in funzione dei rivenditori e delle regioni, ma certamente intorno al [...] (2)% delle vendite (solo per il mercato degli pneumatici nuovi)» (‘considerando’ 318 della decisione impugnata).

171.
    Secondo la Commissione: «[l]a volontà di Michelin di obbligare i membri del club a garantire [un] [“termometro”] Michelin è evidenziata anche dalla clausola della convenzione relativa all'obbligo di mantenere una riserva di prodotti Michelin “sufficiente per rispondere immediatamente alla domanda del cliente”. Viene specificato testualmente, infatti, che potrà essere stabilito uno schema di stoccaggio personalizzato “che terrà conto delle segmentazioni: mercato locale, regionale e nazionale” e che si esprimerà “in percentuale”. (...) Ma proprio a causa di questa clausola [i rivenditori] avranno sempre una riserva di prodotti Michelin “all'altezza della quota di mercato di Michelin” e non all'altezza di quanto vorrebbero. Ne risulta una barriera all'ingresso per gli altri produttori e una cristallizzazione delle quote del fabbricante in questione» (‘considerando’ 321 della decisione impugnata).

172.
    In secondo luogo, la convenzione «Club» vincolerebbe «i rivenditori con una serie di impegni che conferiscono a Michelin un eccezionale diritto di controllo sulle attività degli aderenti e che non sembrano in alcun caso giustificati, se non dalla volontà di Michelin di controllare il più strettamente possibile la distribuzione» (‘considerando’ 322 della decisione impugnata). Lo stesso si verificherebbe nel caso dell'obbligo per il membro del Club «di comunicare a Michelin informazioni finanziarie dettagliate o l'identità di tutti i detentori del capitale dell'impresa, nonché di tenere informata Michelin di ogni circostanza tale da influire sul controllo della società e sui suoi orientamenti strategici» (‘considerando’ 323 della decisione impugnata). La Commissione censura inoltre altri obblighi imposti ai membri del Club, in particolare il fatto che «[i]l rivenditore deve permettere a Michelin di effettuare una “verifica” del punto vendita con riferimento a numerosi aspetti e soprattutto [il fatto che] deve accettare gli “assi di progresso” (in prosieguo, anche: “assi di progressione”] proposti da Michelin, pena l'annullamento dei vantaggi finanziari promessi. Il rivenditore deve inoltre partecipare a numerosi programmi di dinamizzazione - in particolare per gli pneumatici automezzi pesanti - e utilizzare la segnaletica e la pubblicità Michelin. Il personale segue inoltre una formazione presso il centro di formazione Michelin. L'evoluzione dell'azienda, su tutti i piani e in particolare in termini di investimenti, è quindi inevitabilmente influenzata dalla volontà di Michelin» (‘considerando’ 324 della decisione impugnata). Infine, la Commissione menziona altresì «l'obbligo per il rivenditore di fornire a Michelin i propri dati statistici e le previsioni di vendita, per ciascuna categoria e ogni marca, nonché l'evoluzione delle quote di mercato del fabbricante» (‘considerando’ 325 della decisione impugnata). Tale obbligo riconoscerebbe alla Michelin «un “diritto di controllo” sulla politica commerciale del rivenditore. Dato che Michelin dispone di un'importante forza di vendita incaricata di raccogliere queste informazioni, il rivenditore non potrà in alcun caso decidere di vendere prodotti concorrenti senza che Michelin lo sappia. Il “Club” esige uno spirito di collaborazione, nonché il rispetto dei volumi e [del “termometro”] Michelin» (‘considerando’ 325 della decisione impugnata).

173.
    Ne deriva, secondo la Commissione, «una dipendenza totale del rivenditore nei confronti di Michelin, che esercita necessariamente un effetto di fidelizzazione. Ogni cambiamento di politica commerciale e/o strategica potrebbe comportare misure di ritorsione da parte de Michelin. I membri del Club condividono, del resto, il parere che un arretramento non è più possibile. Sarebbe infatti molto difficile per un membro del club rinunciare non soltanto ai contributi finanziari, ma anche a tutto il know-how offerto dal produttore dominante» (‘considerando’ 326 della decisione impugnata).

174.
    In terzo luogo, la Commissione lamenta il fatto che «sino all'ottobre 1995, la convenzione di cooperazione professionale e di assistenza tecnica esigeva testualmente l'impegno del rivenditore specializzato a fare effettuare la prima ricostruzione delle carcasse Michelin automezzi pesanti e genio civile presso Michelin» (‘considerando’ 330 della decisione impugnata). Si tratterebbe «di pratiche di esclusività aventi effetti analoghi a quelli delle vendite collegate e che devono perciò essere considerate abusive ai sensi dell'articolo 82 del trattato CE» (‘considerando’ 330 della decisione impugnata). Infatti, secondo la Commissione, «i rivenditori sono infatti messi sotto pressione affinché presentino le carcasse a Michelin, poiché non intendono mettere a rischio il loro “partenariato” con Michelin e i vantaggi che ne derivano per l'insieme della loro attività a seguito di considerazioni legate alla ricostruzione, attività tutto sommato minore rispetto alla totalità dell'attività “pneumatici”. Ne risulta una limitazione della scelta del rivenditore, che non potrà inviare le carcasse Michelin per la ricostruzione presso altre ditte, le quali si trovano di fronte ad una barriera abusiva che ostacola loro l'accesso a questo mercato» (‘considerando’ 331 della decisione impugnata).

Osservazioni preliminari

175.
    Nella sua replica nonché all'udienza la ricorrente, riferendosi ai punti 225 e 228 del controricorso, osserva che la Commissione non sostiene più che i vari obblighi dei membri del Club costituirebbero, singolarmente, abusi di posizione dominante ai sensi dell'art. 82 CE. La Commissione nel suo controricorso avrebbe spiegato che tutti gli obblighi costituivano nel loro insieme un abuso, dal momento che sarebbero connessi all'obbligo di «termometro». Si tratterebbe di un'inversione di tendenza nella posizione della Commissione rispetto alla decisione impugnata. Ora, la ricorrente rammenta di non aver mai imposto un obbligo di «termometro» ai suoi rivenditori. Di conseguenza, la nuova posizione della Commissione confermerebbe la validità delle clausole come l'obbligo di porre in evidenza la marca Michelin e l'obbligo imposto ai rivenditori di non sviare la domanda spontanea di pneumatici Michelin.

176.
    Il Tribunale constata che, al punto 225 del suo controricorso, la Commissione chiarisce che «l'obbligo di “mettere in evidenza la marca Michelin” e di “non sviare la domanda spontanea di pneumatici Michelin”, nonché l'obbligo di [“termometro”] costituiscono aspetti di un solo e unico comportamento abusivo: l'uso del Club come strumento di cristallizzazione delle quote del mercato Michelin». Al punto 228 del controricorso si menziona che la decisione impugnata si riferisce all'obbligo di mantenere una riserva sufficiente «come un indizio supplementare circa l'esistenza di un obbligo di “termometro”».

177.
    Si deve tuttavia constatare che la presentazione effettuata dalla Commissione ai punti 225 e 228 del suo controricorso corrisponde esattamente a quella figurante ai ‘considerando’ 317, 318 e 321 della decisione impugnata (v. supra punti 170 e 171). Infatti, sia nella decisione impugnata sia nel controricorso, la Commissione si riferisce all'obbligo di «mettere in evidenza la marca Michelin» e di «non sviare la domanda spontanea di pneumatici Michelin» nonché l'obbligo di [«termometro»], al fine di dimostrare una delle tre caratteristiche abusive del Club, vale a dire il ricorso al Club da parte della ricorrente «come strumento di cristallizzazione, se non di miglioramento, della sua posizione sul mercato degli pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti» (‘considerando’ 317 della decisione impugnata). L'argomento deve essere quindi respinto.

Carattere abusivo delle varie caratteristiche del Club

- Sulla qualificazione del Club come strumento di cristallizzazione e di miglioramento della posizione della Michelin sul mercato dei pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti

178.
    La ricorrente nega l'esistenza di un obbligo di «termometro» Michelin imposto ai membri del Club. La Commissione avrebbe violato le norme relative all'amministrazione della prova non dimostrando in modo sufficiente l'esistenza di tale obbligo di «termometro» e avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere che i rivenditori membri del Club fossero soggetti a un siffatto obbligo.

179.
    E' giocoforza constatare che la Commissione ha dedotto l'esistenza di un obbligo di «termometro» Michelin da varie prove documentali dirette, ossia una nota interna della ricorrente in data 6 giugno 1997 intitolata «Ampliamento del numero di aderenti al Club» (‘considerando’ 315 della decisione impugnata) e i documenti menzionati alla nota in calce alla pag. 43 della decisione impugnata, che sono stati tutti radunati durante la verifica del 12 giugno 1997 effettuata presso la ricorrente. Anche altri elementi confermerebbero l'esistenza nonché il contenuto dell'obbligo di «termometro», vale a dire le quote di mercato di prodotti Michelin rispettate dai rivenditori membri del Club (‘considerando’ 319 della decisione impugnata) e l'obbligo di mantenere una riserva sufficiente per soddisfare immediatamente la domanda della clientela (‘considerando’ 321 della decisione impugnata).

180.
    Occorre pertanto esaminare se i vari elementi sui quali la Commissione si basa dimostrino l'esistenza di un obbligo di «termometro» imposto ai membri del Club nonché il suo contenuto.

181.
    Occorre anzitutto verificare le prove documentali sulle quali si fonda la Commissione.

182.
    La nota interna della Michelin in data 6 giugno 1997, intitolata «Ampliamento del numero di aderenti al Club» (documento 36041-1772 e 1773), menziona quale secondo «criterio (...) di accesso al Club», la «quota di partnership o di mercato della clientela». Nella nota si illustra quanto segue: «Si tratta certamente di un criterio che non risulta in nessun testo ma che condiziona, inter alia, l'accesso al club». Nella stessa viene spiegato inoltre che «[u]n cliente presso il quale rappresentiamo (...) (3)% o più del suo [fatturato] è una controparte che può e deve fare affidamento sul nostro sostegno all'altezza della sua partnership. Noi dobbiamo proporgli tutti i servizi che gli consentono di mantenere o di sviluppare il suo professionalismo».

183.
    Si deve dichiarare che la nota interna della Michelin in data 6 giugno 1997 prova in modo inequivocabile che un rivenditore avrebbe potuto aderire al Club esclusivamente se avesse conseguito una determinata quota di mercato di prodotti Michelin. Da tale nota emerge pertanto che un «obbligo di quota di mercato Michelin» o di «termometro» Michelin costituiva una condizione da cui dipendeva l'accesso al Club. La nota infatti, inoltre, fa emergere che un rivenditore di cui la «quota di mercato Michelin» rappresentava il (...) (4) del suo fatturato rispettava la suddetta condizione.

184.
    La ricorrente osserva tuttavia che lo stralcio riportato supra al punto 182 è seguito da una domanda atta a dimostrare che, secondo il modo di vedere del suo autore, non era evidente che un obbligo di «termometro» fosse una condizione di accesso al Club.

185.
    Lo stralcio menzionato dalla ricorrente è il seguente:

«Un cliente dalle buone potenzialità, rivolto verso il consumatore, dinamico e in grado di garantire un buon servizio, ma che è una controparte solo nella misura del (...) (5)% e con il quale siamo in sintonia può far parte del Club ? Al di là delle questioni commerciali (strategia locale), mi sembra importante fornire alla Route [ossia i rappresentanti commerciali della Michelin] una posizione chiara».

186.
    Si deve rammentare che, come prova il suo titolo, l'oggetto della nota in data 6 giugno 1997 era di riflettere sull'«ampliamento del numero di aderenti al Club». Nella nota viene chiarito che, «per conseguire tale obiettivo», è importante «riflettere particolarmente su due criteri di accesso al Club», tra cui risulta l'obbligo per il rivenditore di ottenere una «quota di mercato Michelin» di un certo livello. Lungi dal suggerire un dubbio dell'autore per quanto riguarda l'esistenza di tale criterio di accesso al Club, la domanda cui si riferisce la ricorrente dimostra esclusivamente che, secondo il modo di vedere dell'autore della nota, l'entità del «termometro» potrebbe rivelarsi troppo elevata.

187.
    Altri documenti confermano l'esistenza di un obbligo di «termometro» Michelin e inoltre, forniscono indicazioni sulla relativa entità.

188.
    Anzitutto, nel resoconto di due riunioni intercorse il 15 e 28 febbraio 1995 (documento 36041-1515 a 1517) tra un rappresentante della Michelin e un rivenditore, l'autore spiega di aver confermato a tale rivenditore, intenzionato a entrare a far parte del Club, che «l'accesso al club dipende[va] dalle quote di mercato». Questo stesso rivenditore è stato informato del fatto che «non vi è club con il (...) (6)% [di fatturato] Nuovi Automezzi Pesanti» ma che, per contro, la Michelin era «dispost[a] a fare il necessario durante l'anno qualora le sue quote di mercato fossero risultate compatibili con [le] posizioni nazionali [della Michelin]». Inoltre, si illustra che il rivenditore ha confermato «la sua intenzione di realizzare gli obiettivi e di entrare a far parte del club», il che, a suo giudizio, era «l'unico mezzo per incrementare [i suoi] compensi presso la Michelin».

189.
    Il suddetto resoconto conferma quindi in modo indiscusso l'esistenza di un obbligo di quota di mercato o di «termometro» Michelin come condizione di adesione al Club. Inoltre, da tale resoconto emerge che «le quote di mercato [dovevano essere] compatibili con [le] posizioni nazionali». Dal momento che non si contesta che la Michelin all'epoca dei fatti controversi disponeva di una quota di mercato superiore al (...) (7)% sul mercato dei pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti (‘considerando’ 176-178 della decisione impugnata), si può desumere da tale nota che anche il «termometro» Michelin per i suddetti pneumatici era superiore a tale livello.

190.
    Inoltre, un resoconto di una riunione intercorsa nel 1996 tra un rappresentante Michelin e un rivenditore (documento 36041-1545 e 1546) attesta che durante la riunione sono stati discussi i seguenti punti:

«a) Perché il Club ?

b) L'obiettivo del Club.

c) I mezzi.

d) Le quote di mercato».

191.
    Nel resoconto si spiega: «[Il rivenditore] valuta la struttura Club nonché l'obiettivo previsto. La quota di mercato costituisce allo stato l'ostacolo all'accesso al Club, ma [il rivenditore] rifletterà sulle possibilità in Michelin, in quanto non può immaginare un avvicinamento a un fabbricante diverso dalla Michelin».

192.
    Una nota, datata 26 novembre 1996, predisposta da uno dei destinatari del resoconto menzionato supra al punto 190 e riguardante lo stesso rivenditore (documento 36041-1547), dà atto di una visita dell'autore della nota, rappresentante della Michelin, che era presso tale rivenditore il giorno della redazione della nota. Quest'ultima fornisce anzitutto un'indicazione sul «termometro» Michelin rispettata a quell'epoca dal rivenditore di cui trattasi: «T° M ammonta al (...) (8)%». Nella nota si illustra che un «rimaneggiamento dell'offerta prodotto (soppressione di uno o addirittura due marchi di seconda linea) nonché un lavoro DPV [dinamizzazione dei punti vendita] diretto a orientare le vendite verso prodotti più nobili uscendo dal condizionamento prezzi dovrebbero consentirci di guadagnare dieci punti di T°». Secondo l'autore della nota il rivenditore «è consapevole del fatto che deve evolvere, diventare più fattivo, fidelizzare» e spiega di aver confermato nei riguardi del medesimo l'«intenzione [della Michelin] di integrarlo agli inizi del 1998, dopo un esercizio 1997 che gli consentirebbe di raggiungere la quota di mercato desiderata» {(...) (9)% [di prodotti] Michelin}. Tuttavia, il rivenditore, che confidava di poter entrare a far parte del Club già nel 1997, era «profondamente deluso». L'autore della nota, dopo aver rammentato che il rivenditore in questione è «un uomo di parola legato agli stessi valori della [Michelin]», propone alla Michelin di «rivedere [la sua] posizione integrandola dal 97, per un anno, con precisi obiettivi di percentuali di T°, (...) (10)% a fine [luglio], (...) (11)% alla fine del 97 [il che] consentirebbe di (...) vincolare tale soggetto [alla Michelin]».

193.
    Si deve constatare che dai due documenti esaminati supra ai punti 190-192 emerge che una quota di mercato o «termometro» Michelin di un certo livello costituiva una condizione di adesione al Club. Infatti, nel caso del rivenditore in questione, la sua quota di mercato era un «ostacolo a un accesso al Club». Il «termometro» minimo si aggirava almeno attorno a (...) (12)%.

194.
    Infine, una nota manoscritta del 30 gennaio 1996 di un rappresentante della Michelin (documento 36041-1564 e 1565) conferma, nuovamente, l'esistenza di un obbligo di «termometro» Michelin. Nella nota viene menzionata l'introduzione nei confronti di un rivenditore «di un tentativo di accesso al [Club] (orizzonte 96-97) accompagnato da una progressione [delle] quote di mercato e [delle] vendite effettuate presso tale cliente». La nota stabilisce l'«Obiettivo quote di mercato per accesso al Club» pari al (...) (13)% per furgoni e auto e al (...) (14)% per automezzi pesanti. Il «termometro» Michelin si attesterebbe pertanto, in base a tale nota, sul (...) (15)% per i pneumatici destinati ad automezzi pesanti.

195.
    Dall'analisi di cui sopra emerge che la ricorrente imponeva, quale presupposto di accesso al Club, l'osservanza, da parte del rivenditore, di una quota di mercato o «termometro» Michelin. Solo l'esatta percentuale imposta della quota di mercato Michelin non può essere desunta con certezza dai documenti menzionati. Del resto è pienamente possibile che tale livello variasse in funzione dei rivenditori e delle regioni (v. ‘considerando’ 318 della decisione impugnata). Ma si può ragionevolmente ricavare dai summenzionati documenti che la quota minima di mercato per l'adesione al Club era superiore al (...) (16)%.

196.
    Ne consegue quindi che le prove documentali esaminate supra ai punti 182-194 stabiliscono in quanto tali l'esistenza di un obbligo di «termometro» per i rivenditori che intendano aderire al Club. Non si può per contro concludere solo sulla base di tale documentazione che il livello del «termometro» si aggirasse «certamente intorno al (...) (17)% delle vendite», come afferma la Commissione al ‘considerando’ 318 della decisione impugnata. Si dovrà successivamente verificare se gli altri elementi sui cui la Commissione si fonda nella decisione impugnata attestino l'esistenza di un obbligo di «termometro» posto a tale elevato livello.

197.
    Secondo la ricorrente non si deve attribuire particolare importanza alle prove documentali sopra citate. Si tratterebbe di dichiarazioni isolate che, inoltre, verrebbero contraddette dalle risposte dei rivenditori alle richieste di informazioni della Commissione. Infatti, tutti i rivenditori, eccettuati due, avrebbero dichiarato di non essere stati soggetti ad alcun impegno in termini di «termometro» Michelin.

198.
    Il Tribunale rammenta anzitutto che i cinque documenti esaminati supra sono stati redatti da rappresentanti della ricorrente e si possono considerare come un'emanazione di quest'ultima. Ora, i cinque documenti di cui trattasi confermano tutti l'esistenza di una politica seguita dalla Michelin nella prospettiva dell'adesione dei rivenditori al Club, ossia l'imposizione di un obbligo di «termometro» Michelin.

199.
    Si deve inoltre constatare che due rivenditori nella propria risposta alle richieste di informazioni della Commissione confermano l'esistenza di un obbligo di «termometro». Infatti, un rivenditore precisa: «Il “termometro” Turismo raccomandato dalla Michelin era pari al (...) (18)%. Il “termometro” Nuovi Automezzi Pesanti era di circa il (...) (19)%». L'altro rivenditore spiega: «Il “termometro” non è ufficiale ma è indubbio che risulta fondamentale per far parte del club. Esso si fonda su quote di mercato/vendita».

200.
    Certo, alcuni rivenditori negano il fatto che l'appartenenza al Club abbia implicato impegni in termini di quote di mercato. Tuttavia, tale constatazione non è tale da inficiare la forza probatoria dei summenzionati cinque documenti che provengono dalla Michelin e che ne esprimono chiaramente la politica commerciale. La risposta di detti rivenditori d'altronde non è affatto sorprendente se si considera che l'obbligo di «termometro» era «sicuramente un criterio che non figura in alcun testo» (nota interna della Michelin in data 6 giugno 1997 intitolata «Ampliamento del numero di aderenti al Club»). Un rivenditore formula una semplice spiegazione della risposta negativa alla questione se l'appartenenza al Club implichi impegni in termini di quote di mercato. Lo stesso osserva: «Infatti, nelle regioni in cui operiamo stabilmente (...), la domanda di prodotti Michelin è sempre stata significativa e la scelta della nostra impresa non è mai stata di contrastare tale domanda. Pertanto tale fornitore ha sempre certamente considerato il nostro “termometro” Michelin di buon livello e non ci è stata sottoposta alcuna richiesta per qualsivoglia categoria».

201.
    Si deve inoltre dichiarare che, nella decisione impugnata, la Commissione fissa il livello del «termometro» nella misura di, circa, il (...) (20)%, riferendosi, in particolare, alla quota di mercato media di pneumatici Michelin dei membri del Club che sarebbe del (...) (21)% (laddove la quota di mercato Michelin dei rivenditori specializzati indipendenti sarebbe soltanto del (...) (22)%) (‘considerando’ 319 della decisione impugnata).

202.
    La ricorrente rileva che anche se tale percentuale dovesse risultare corretta, potrebbe semplicemente riflettere uno stato di fatto indipendente da un qualsiasi obbligo di «termometro». In ogni caso, per quanto riguarda il calcolo nella decisione impugnata (‘considerando’ 319) della quota di mercato Michelin dei membri del Club, la ricorrente sostiene che la Commissione non fornisce alcuna precisazione in merito al metodo di calcolo che le avrebbe consentito di prendere in considerazione la cifra del (...) (23) %. La ricorrente afferma che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, oltre il 31% dei rivenditori del Club interrogati non raggiungevano l'asserita soglia del (...) (24) % in pneumatici Michelin per automezzi pesanti.

203.
    E' vero che la Commissione non spiega come ha calcolato la quota di mercato pari al (...) (25)%. Tuttavia, come si è dichiarato ante, l'esistenza di un obbligo di «termometro» quale condizione di adesione al Club emerge in modo inequivoco dai cinque documenti analizzati supra ai punti 182-194. La questione se tale «termometro» si situasse a un livello del (...) (26) % o del (...) (27) % non riveste importanza al fine di valutare la legittimità della decisione impugnata. Infatti, quel che la Commissione ha lamentato, nel riferirsi all'obbligo di «termometro», è il fatto che la Michelin ha utilizzato il Club come «strumento di cristallizzazione, se non di miglioramento, della sua posizione sul mercato degli pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti» (‘considerando’ 317 della decisione impugnata).

204.
    Orbene, dai documenti esaminati supra ai punti 182-194 emerge chiaramente che l'obbligo di «termometro» è stato imposto in tale ottica. Infatti, tali documenti provano che i rivenditori di cui trattasi sono stati obbligati ad aumentare considerevolmente il loro «termometro» Michelin per poter accedere al Club laddove tale accesso veniva percepito come «l'unico mezzo per incrementare [i suoi] compensi presso la Michelin» (v. nota cit. supra al punto 188). Allo stesso modo, risulta espressamente dalla nota datata 26 novembre 1996 (v. supra punto 192) che la Michelin ha proposto ai rivenditori, per aumentare il loro «termometro», di riesaminare l'ambito dei prodotti offerti e di sopprimere i prodotti di altri marchi.

205.
    Quanto all'obbligo di mantenere una riserva di prodotti Michelin, la ricorrente rammenta che la Commissione basa la sua tesi sulla possibilità che potesse essere stabilito uno «schema di stoccaggio personalizzato» “che terrà conto delle segmentazioni: mercato locale, regionale e nazionale”. Su tale fondamento la Commissione dichiara nella decisione impugnata (‘considerando’ 321): «Sembra quindi che tale schema sia stabilito in funzione delle quote di mercato di Michelin o almeno delle quote che quest'ultimo desidera ottenere». Ora, secondo la ricorrente, dalla decisione impugnata (‘considerando’ 321) emerge che la tesi della Commissione fa leva su una mera supposizione («sembra quindi»). La ricorrente sostiene di non aver mai stabilito schemi di stoccaggio personalizzati. Inoltre, tutti i rivenditori interrogati dalla Commissione avrebbero assicurato che non sarebbe mai stato concordato con la ricorrente uno schema di stoccaggio personalizzato.

206.
    La ricorrente lamenta inoltre il fatto che la Commissione ha designato come illecito l'obbligo, per i membri del Club, di mettere in evidenza il marchio Michelin. Si tratterebbe solo di un obbligo per il rivenditore di installare nei propri punti vendita la pubblicità fornita. La Commissione in passato avrebbe ritenuto che tale obbligo non fosse illecito [v. decisione della Commissione 14 luglio 1999, 2000/74/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 82 del trattato CE (IV/D-2/34.780 - Virgin/British Airways) (GU 2000, L 30, pag. 1)]. L'obbligo di non sviare la domanda spontanea di pneumatici Michelin deriverebbe ragionevolmente dal principio di lealtà che incomberebbe a ogni distributore e gli imporrebbe di non denigrare il prodotto da distribuire.

207.
    Il Tribunale rammenta che la Commissione nella decisione impugnata (‘considerando’ 321) considera quanto segue: «La volontà di Michelin di obbligare i membri del club a garantire un [“termometro”] Michelin è evidenziata anche dalla clausola della convenzione relativa all'obbligo di mantenere una riserva di prodotti Michelin sufficiente per rispondere immediatamente alla domanda del cliente» (v. art. 6.1 della convenzione Club). Inoltre, si afferma testualmente nella convenzione Club che potrà essere stabilito uno schema di stoccaggio personalizzato “che terrà conto delle segmentazioni: (...) mercato locale (...), regionale e (...) nazionale”.

208.
    Alla luce del fatto che un rivenditore doveva realizzare una determinata, considerevole quota di mercato di prodotti Michelin per poter entrare a far parte del Club Michelin, si deve constatare che una clausola che obbligava il rivenditore a mantenere una riserva di prodotti Michelin sufficiente per rispondere immediatamente alla domanda del cliente costituisce un mezzo per consolidare la posizione dominante della ricorrente sul mercato interessato. Inoltre, la possibilità prevista dalla Michelin nella convenzione Club di stabilire uno schema personalizzato - anche se tutti i rivenditori interrogati dalla Commissione affermano che un siffatto schema non è mai stato stabilito - conferma che gli obblighi di riserva sono stati imposti dalla ricorrente nella convenzione Club nell'ambito di un piano finalizzato a consolidare le sue quote di mercato e di sbarrare l'accesso al mercato degli altri produttori di pneumatici (v., in tal senso, sentenza Akzo/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 72).

209.
    Per quanto riguarda gli obblighi dei membri del Club di porre in evidenza il marchio Michelin e di non sviare la domanda spontanea di pneumatici Michelin, si deve osservare che, a differenza di quanto illustrato nel ricorso, la Commissione nella decisione impugnata non ha inteso gli obblighi in questione come isolati. La stessa si è infatti riferita a tali due obblighi, connessi a quello di «témperature», per concludere che il Club è stato «utilizzato da Michelin come strumento di cristallizzazione, se non di miglioramento, della sua posizione sul mercato degli pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti» (‘considerando’ 317 della decisione impugnata).

210.
    Ora, nel caso di specie, in considerazione del fatto che un rivenditore poteva accedere al Club solo previo raggiungimento di una determinata, considerevole quota di mercato di prodotti Michelin e che tale rivenditore, una volta divenuto membro del Club, doveva porre in evidenza il marchio Michelin, non poteva sviare la domanda spontanea di prodotti Michelin ed era tenuta a mantenere riserve sufficienti per poter rispondere in modo immediato a detta domanda spontanea, la Commissione ha potuto legittimamente concludere che l'insieme di tali condizioni mirava a «eliminare la concorrenza degli altri produttori, nonché a garantire il mantenimento della posizione di Michelin e a limitare il grado di concorrenza su[l] mercato» dei pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti (‘considerando’ 317 della decisione impugnata). Il rivenditore era infatti incoraggiato a osservare tali obblighi dal momento che l'appartenenza al Club comportava numerosi vantaggi non contestati dalla ricorrente (‘considerando’ 104-106 della decisione impugnata).

211.
    Inoltre, non esiste alcuna incompatibilità tra l'analisi effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata e quella di cui alla decisione 2000/74 (cit. supra al punto 206). In tale decisione, la Commissione ha constatato la violazione, da parte della British Airways, dell'art. 82 CE per il fatto di applicare, nei confronti delle agenzie di viaggi britanniche presso le quali acquistava servizi di agenzia per il trasporto aereo, sistemi di commissioni e altri incentivi (art. 1). Orbene, uno dei sistemi di incentivi previsti dalla suddetta decisione era costituito dagli accordi di marketing («Marketing Agreements») che includevano, per le agenzie di viaggi, l'obbligo di porre in evidenza prodotti British Airways e, in generale, l'obbligo di non riservare alla British Airways un trattamento meno favorevole di quello dalle stesse accordato a ogni altro vettore (v. punti 6 e 19 della decisione 2000/74). La Commissione ha ritenuto che tali clausole, anche se non costituivano di per sé un abuso, dovessero essere considerate vietate dall'art. 82 CE in quanto rafforzavano - come nella fattispecie - l'effetto del sistema di sconti censurato (punto 104 della decisione 2000/74).

212.
    Sulla base di tutto quanto precede si deve concludere che la Commissione ha opportunamente considerato nella decisione impugnata che «[i]l “Club” è stato utilizzato da Michelin come strumento di cristallizzazione, se non di miglioramento» della posizione della Michelin sul mercato interessato (‘considerando’ 317 della decisione impugnata). Dal momento che un'impresa in posizione dominante è tenuta in modo particolare a non compromettere col suo comportamento lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 57), la Commissione ha potuto legittimamente qualificare come abuso di posizione dominante, ai sensi dell'art. 82 CE, gli sforzi della ricorrente di usufruire del Club ai summenzionati fini.

- Sugli obblighi di informazione e di osservanza degli assi di progressione

213.
    La ricorrente osserva che le informazioni richieste ai rivenditori non avevano carattere eccezionale. Anche un'impresa in posizione dominante avrebbe il diritto di verificare la situazione dei suoi distributori al fine di gestire nel miglior modo possibile la sua rete distributiva e di limitare gli insoluti. La maggior parte delle informazioni in questione sarebbero pubbliche, d'altronde.

214.
    Le informazioni organizzative sarebbero state richieste per consentire alla ricorrente di valutare le caratteristiche dei punti vendita così da proporre ai rivenditori interessati modifiche o miglioramenti di questi ultimi. Le informazioni chieste sarebbero paragonabili a quelle che ineriscono a ogni tipo di franchising e che sarebbero state riconosciute legittime dalla Corte nella sua sentenza 28 gennaio 1986, causa 161/84, Pronuptia (Racc. pag. 353, punto 17), e successivamente dalla stessa Commissione nel suo regolamento (CEE) 30 novembre 1988, n. 4087, concernente l'applicazione dell'articolo [81], paragrafo 3 del trattato a categorie di accordi di franchising (GU L 359, pag. 46). Inoltre, dalle risposte dei rivenditori alle richieste di informazioni della Commissione emergerebbe che le informazioni fornite dai rivenditori alla ricorrente erano molto generiche. Quanto alle verifiche dei punti vendita e agli assi di progressione proposti (‘considerando’ 324 della decisione impugnata), la ricorrente sostiene che anch'essi erano finalizzati ad assistere il rivenditore nel miglioramento dei suoi punti vendita.

215.
    Il Tribunale rammenta che la convenzione Club impone al rivenditore vari obblighi di informazione nonché un obbligo di rispettare gli assi di progressione proposti dalla ricorrente. Il rivenditore si impegna a comunicare alla ricorrente non solo il bilancio e la relazione sui risultati ma altresì «il dettaglio del fatturato e delle prestazioni di servizi» (allegato I alla convenzione Club). Il rivenditore deve inoltre comunicare alla ricorrente «l'identità di tutti i detentori diretti o indiretti del capitale dell'impresa che dirige e [deve mantenere] la Michelin informat[a] su ogni circostanza tale da incidere sul controllo della società titolare dei fondi di commercio e/o sui suoi orientamenti strategici» (allegato I alla convenzione Club). Il rivenditore deve altresì comunicare alla Michelin «le sue statistiche e previsioni di vendita» (art. 6.2 della convenzione Club). Non si contesta che tali statistiche e previsioni riguardino l'evoluzione delle vendite, per ciascuna categoria e ogni marca, nonché l'evoluzione delle quote di mercato Michelin dei rivenditori (‘considerando’ 325 della decisione impugnata, e documento n. 36041/2726). Infine, la Michelin ha il diritto di effettuare una verifica dei punti vendita del rivenditore (art. 1.1 della convenzione Club). Tale verifica «consentirà la fissazione da parte del [rivenditore] e della Michelin di un impegno annuale di progresso nell'uno o [nell'altro] ambito (...) o di qualsiasi altro asse di progresso proposto e accettato congiuntamente. Dalla realizzazione di tale impegno debitamente accertata dai rappresentanti Michelin dipenderà il versamento annuale di un premio pari allo 0,75% dell'importo del Fatturato Servizio» (art. 1.1 della convenzione Club).

216.
    E' giocoforza constatare che, a differenza di quanto sostiene la ricorrente, gli obblighi imposti ai rivenditori eccedono ampiamente gli obblighi di informazione che possono essere imposti nell'ambito di un accordo di franchising in forza del regolamento n. 4087/88. Infatti, l'art. 3, n. 2, del suddetto regolamento menziona come unici obblighi di informazione compatibili con l'art. 81, n. 1, CE l'obbligo per l'affiliato di «comunicare all'affiliante l'esperienza ottenuta sfruttando il franchising e concedere a lui e ad altri affilianti una licenza non esclusiva per il know-how da essa risultante» e l'obbligo di «segnalare all'affiliante le violazioni dei diritti di proprietà industriale o intellettuale». Comunque, l'analisi che può essere riservata alla convenzione Club alla luce dell'art. 81, n. 1, CE è priva di pertinenza nell'ambito dell'esame degli obblighi d'informazione imposti ai rivenditori dal punto di vista dell'art. 82 CE (v., in tal senso, sentenze 16 marzo 2000, cause riunite C-395/96 P e C-396/96 P, Compagnie Maritime Belge Transports e a./Commissione, Racc. pag. I-1365, punti 30 e 130-136, e 6 aprile 1995, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, cit. supra al punto 124, punto 11; sentenza del Tribunale 10 luglio 1990, causa T-51/89, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II-309, punto 25).

217.
    Si deve inoltre rammentare che un'impresa che occupa una posizione dominante è tenuta in modo particolare a non compromettere col suo comportamento lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 57). Considerato il fatto che gli obblighi menzionati supra al punto 215 consentono alla ricorrente di ottenere dettagliati elementi d'informazione sulle attività dei membri del Club occorre verificare se tali obblighi siano obiettivamente giustificati (v., in tal senso, sentenze Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 73; Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 114, e Portogallo/Commissione, cit. supra al punto 58, punto 52).

218.
    A tale proposito la ricorrente si riferisce alla necessità di gestire nel miglior modo possibile la sua rete distributiva e di evitare fatture insolute. Detti obblighi consentirebbero anche alla ricorrente di valutare le caratteristiche dei punti vendita dei rivenditori interessati allo scopo di proporre a questi ultimi modifiche o miglioramenti.

219.
    Si deve peraltro constatare che, mediante i propri argomenti, la ricorrente si limita ad ammettere la conclusione cui la Commissione è giunta nella decisione impugnata, ossia che gli obblighi d'informazione imposti al rivenditore nonché l'obbligo per il rivenditore di attenersi agli assi di progressione proposti dalla Michelin traducono solo la volontà di quest'ultima di controllare il più strettamente possibile la distribuzione (‘considerando’ 322 della decisione impugnata). Se alcune delle informazioni richieste sono pubbliche (vale a dire il bilancio e il rapporto sui risultati), la maggior parte delle stesse non lo sono. L'unico obiettivo perseguito dalla ricorrente quando impone ai rivenditori obblighi di comunicazione di informazioni particolareggiate sul fatturato, sulle statistiche e previsioni di vendita, sugli orientamenti strategici e l'evoluzione delle quote di mercato Michelin è di ottenere informazioni sul mercato che non sono pubbliche e che risultano preziose per la determinazione della sua politica commerciale (v., in tal senso, sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 107). Inoltre, il diritto ottenuto dalla ricorrente di esercitare un controllo particolareggiato e di carattere eccezionale sulle attività dei membri del Club può solo incrementare la dipendenza dei suddetti membri nei riguardi della Michelin, che in cambio dell'osservanza degli obblighi ricevono vantaggi finanziari (‘considerando’ 104-106 della decisione impugnata). Infatti, i rivenditori non sono in grado di aumentare la quota di mercato di prodotti contraddistinti da marchi concorrenti della Michelin senza che quest'ultima lo sappia.

220.
    Gli obblighi menzionati supra al punto 215 mirano pertanto a controllare gli aderenti al Club, a vincolarli alla ricorrente e a eliminare la concorrenza degli altri produttori. Era quindi legittimo che la Commissione nella decisione impugnata designasse tali obblighi come illeciti.

- Sull'obbligo di far effettuare la prima ricostruzione delle carcasse Michelin presso la ricorrente

221.
    La ricorrente osserva che l'obbligo di effettuare la prima ricostruzione di carcasse Michelin presso la stessa veniva abolito nel 1995 e che, prima di tale data, l'osservanza di tale obbligo non è mai stata verificata. Tale fatto sarebbe confermato dalle risposte dei rivenditori alle richieste di informazioni della Commissione. Per quanto riguarda l'affermazione della Commissione secondo cui la ricorrente ha «minacciato di rifiutare l'ingresso nel club ai rivenditori che desideravano lavorare con ditte concorrenti di ricostruzione» (‘considerando’ 329 della decisione impugnata), la ricorrente osserva che la Commissione non cita alcun documento a sostegno di tale affermazione.

222.
    E' giocoforza constatare che la ricorrente non contesta che «sino all'ottobre 1995, la convenzione [Club] esigeva testualmente l'impegno del rivenditore specializzato a fare effettuare la prima ricostruzione delle carcasse Michelin automezzi pesanti e genio civile presso Michelin» (‘considerando’ 329 della decisione impugnata).

223.
    In risposta all'argomento della ricorrente secondo cui essa non ha mai accertato l'osservanza di tale obbligo, la Commissione nella decisione impugnata rileva che è pur vero che «la vasta maggioranza delle ricostruzioni dei rivenditori Club è stata effettuata da Michelin, anche dopo il 1996». La ricorrente non contesta tale affermazione, che è d'altronde confermata dalle dichiarazioni dei rivenditori.

224.
    L'obbligo imposto agli aderenti al Club di effettuare la prima ricostruzione presso la Michelin viola l'art. 82 CE, dal momento che essa oppone agli altri ricostruttori, come dichiara la Commissione al ‘considerando’ 331 della decisione impugnata, una «barriera abusiva che ostacola loro l'accesso a[l] mercato».

225.
    Tale conclusione non è confutata dal fatto che la Commissione non illustra su quale elemento di prova si fondi la sua affermazione secondo cui la Michelin ha minacciato di rifiutare l'ingresso nel club ai rivenditori che desideravano lavorare con ditte concorrenti di ricostruzione (‘considerando’ 329 della decisione impugnata). Infatti, tale obbligo risultava testualmente nella convenzione Club.

Conclusioni sul Club

226.
    Da tutto quanto precede risulta che la Commissione ha potuto legittimamente designare come illecite le tre caratteristiche del Club identificate supra ai punti 170-174.

227.
    Tuttavia, la ricorrente contesta altresì la determinazione della durata dell'infrazione. Essa osserva che, anche supponendo che la Commissione avesse sufficientemente provato l'esistenza dell'obbligo di «termometro» per i rivenditori membri del Club non avrebbe dimostrato la permanenza di tale obbligo durante l'intero periodo controverso. Infatti, le poche dichiarazioni invocate dalla Commissione riguarderebbero solo il periodo compreso tra il 1995 e il 1997. Orbene, incombe alla Commissione provare non solo l'esistenza dell'infrazione, ma anche la durata di quest'ultima (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. supra al punto 77, punto 4270).

228.
    A tale riguardo, si deve constatare anzitutto che, nella decisione impugnata, la convenzione Club è stata ritenuta un sistema di sconti contrario all'art. 82 CE. Si tratta di uno dei sistemi di sconti fidelizzanti che, secondo la Commissione, sono stati in vigore durante il periodo compreso tra il 1° gennaio 1990 e il 31 dicembre 1998 (art. 1 della decisione impugnata). In nessun passaggio della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che sarebbe stata accertata per l'intero periodo controverso l'infrazione relativa al Club (v. infra punti 266 e 267) e, a maggior ragione, che lo sarebbe stata ciascuna delle tre caratteristiche abusive del detto Club.

229.
    Anche ammettendo che l'obbligo di «termometro» sia esistito solo durante il periodo 1995-1997, tale constatazione non sarebbe tale da pregiudicare la legittimità della decisione impugnata.

230.
    Infine, occorre dichiarare che il carattere di infrazione del Club è stato stabilito quantomeno per il periodo dal 1° gennaio 1990 al 15 giugno 1998. Infatti, non si contesta assolutamente che il Club esistesse fin dal 1990 e che, a tale epoca, sussistessero le tre caratteristiche abusive identificate dalla Commissione. Una di tali tre caratteristiche, ossia gli obblighi di informazione e di osservanza degli assi di progressione, interessa tutto il periodo compreso, almeno, tra il 1° gennaio 1990 e il 15 giugno 1998. Il 30 aprile 1998 la ricorrente ha infatti assunto l'impegno di abolire le clausole relative al Club che sono state considerate abusive dalla Commissione per il 15 giugno 1998, al più tardi.

231.
    Da tutto quanto sopra risulta che anche il terzo motivo deve essere respinto.

Sul quarto motivo: la Commissione avrebbe commesso un errore di valutazione nel ritenere che il cumulo delle varie condizioni imposte ai rivenditori comportasse un effetto addizionale

232.
    La ricorrente rammenta che, al ‘considerando’ 274 della decisione impugnata, la Commissione evidenzia che «il cumulo e l'interazione delle diverse condizioni contribuivano a rafforzarne l'impatto e, quindi, il carattere abusivo del “sistema” considerato nel suo insieme». Ora, la ricorrente ritiene che gli sconti legittimi non possano divenire illegittimi mediante l'effetto cumulativo o di contaminazione risultante dalla coesistenza di vari sistemi di sconti paralleli. La Commissione avrebbe omesso in ogni caso di spiegare i motivi per i quali uno scopo legittimo diverrebbe illegittimo già solo a causa dell'esistenza in parallelo di un altro sconto.

233.
    La premessa su cui la ricorrente basa il suo argomento è erronea. Infatti, la Commissione nella decisione impugnata ha dimostrato l'illegittimità dei vari sistemi di «sconti» applicati dalla ricorrente. La Commissione in detta decisione non ha pertanto desunto il carattere illegittimo dello stesso «sistema» applicato dalla Michelin dall'effetto cumulativo di sistemi di sconti di per sé legittimi.

234.
    Nemmeno il quarto motivo può essere accolto.

Sul quinto motivo: la Commissione avrebbe dovuto effettuare una concreta analisi degli effetti delle pratiche messe in discussione

235.
    La ricorrente osserva che la nozione di sfruttamento abusivo riguarda i comportamenti dell'impresa in posizione dominante «che hanno come effetto di ostacolare (...) la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza» (sentenze Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 91). L'effetto della prassi controversa costituirebbe quindi un essenziale presupposto di applicazione dell'art. 82 CE.

236.
    Ora, nel caso di specie, la Commissione non avrebbe verificato il concreto effetto economico dei comportamenti contestati. Se essa avesse effettuato tale esame avrebbe constatato che i comportamenti in questione non hanno comportato né un rafforzamento della posizione della ricorrente né una limitazione del grado di concorrenza esistente sul mercato. La ricorrente sottolinea, al riguardo, che le sue quote di mercato e i suoi prezzi sono in costante diminuzione, che i suoi concorrenti hanno sensibilmente rafforzato la loro posizione sul mercato e che nuovi produttori stranieri hanno fatto il loro ingresso in quest'ultimo. Tuttavia, dopo l'abolizione delle condizioni poste in discussioni, le quote di mercato della ricorrente si sarebbero rafforzate, il che dimostrerebbe ancora la mancanza di un effetto fidelizzante delle condizioni prescritte dalla ricorrente.

237.
    Il Tribunale rammenta che l'art. 82 CE vieta, qualora possa essere pregiudizievole per il commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo. Contrariamente all'art. 81, n. 1, CE, l'art. 82 CE non contiene alcun riferimento all'oggetto o all'effetto anticoncorrenziale della pratica interessata. Tuttavia, alla luce del contesto in cui rientra l'art. 82 CE, un comportamento verrà considerato abusivo solo se può restringere la concorrenza.

238.
    A sostegno del suo argomento, la ricorrente si riferisce alla giurisprudenza costante secondo cui la nozione di sfruttamento abusivo è una nozione oggettiva, che riguarda i comportamenti di un'impresa in posizione dominante atti ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera l'impresa considerata, il grado di concorrenza è già sminuito, e che hanno come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza (sentenze Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 91; Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 70; Akzo/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 69, e Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 111; evidenziazione aggiunta).

239.
    L'«effetto» menzionato dalla giurisprudenza citata al punto precedente non riguarda necessariamente l'effetto concreto del comportamento abusivo censurato. Al fine di accertare una violazione dell'art. 82 CE, è sufficiente attestare che il comportamento abusivo dell'impresa in posizione dominante mira a restringere a concorrenza o, in altri termini, che il comportamento è tale da avere o può avere un simile effetto.

240.
    Infatti, nella sentenza Michelin/Commissione (cit. supra al punto 54), la Corte, dopo aver rammentato il principio riportato supra al punto 238, ha spiegato che occorre «valutare tutte le circostanze e, in particolare, i criteri e le modalità di concessione degli sconti, e accertare se gli sconti mirino, mediante un vantaggio non basato su alcuna prestazione economica che li giustifichi, a sopprimere o limitare la possibilità dell'acquirente di scegliere la fonte di rifornimento, a chiudere l'accesso del mercato ai concorrenti, ad applicare a controparti commerciali condizioni dissimili per prestazioni equivalenti o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata» (punto 73). Essa ha concluso che la Michelin aveva violato l'art. 82 CE dal momento che il suo sistema di sconti era «in grado di impedire ai rivenditori di poter scegliere, in qualsiasi momento, liberamente e in funzione della situazione del mercato, l'offerta più favorevole tra quelle loro avanzate da vari concorrenti e di cambiare fornitore senza un rilevante svantaggio economico» (punto 85).

241.
    Ne consegue che, ai fini dell'applicazione dell'art. 82 CE, la prova in merito all'oggetto e quella relativa all'effetto anticoncorrenziale si confondono (v. in tal senso, Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 170). Infatti, se si dimostra che lo scopo perseguito dal comportamento di un'impresa in posizione dominante è di restringere la concorrenza, detto comportamento potrà anche avere tale effetto.

242.
    Così la Corte, per quanto concerne le pratiche in materia di prezzo, ha statuito nella sua sentenza Akzo/Commissione (cit. supra al punto 54) che i prezzi inferiori alla media dei costi variabili praticati da un'impresa che detiene una posizione dominante sono ritenuti di per sé illeciti in quanto l'unico interesse che l'impresa può avere a praticare simili prezzi è quello di eliminare i propri concorrenti (punto 71) e che prezzi inferiori alla media dei costi totali ma superiori alla media dei costi variabili, sono illeciti allorché sono fissati nell'ambito di un disegno inteso ad eliminare un concorrente (punto 72). La Corte non ha preteso in tale causa nessuna dimostrazione degli effetti concreti delle pratiche di cui trattasi.

243.
Seguendo una stessa logica il giudice comunitario ha statuito che, sebbene l'esistenza di una posizione dominante non privi un'impresa che si trovi in questa posizione del diritto di tutelare i propri interessi commerciali, qualora questi siano insidiati, e la detta impresa abbia la facoltà, entro limiti ragionevoli, di compiere gli atti che essa ritenga opportuni per la protezione di tali interessi, non è però ammissibile un comportamento del genere che abbia lo scopo di rafforzare la posizione dominante e di farne abuso (sentenze United Brands/Commissione, cit. supra al punto 55, punto 189; 1° aprile 1993, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, cit. supra al punto 55, punto 69; 8 ottobre 1996, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, cit. supra al punto 55, punto 107, e Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 112; evidenziazione aggiunta).

244.
    Ebbene, nella decisione impugnata, la Commissione ha dimostrato che i sistemi di sconti applicati dalla ricorrente erano diretti a vincolare i rivenditori alla ricorrente. Tali pratiche potevano restringere la concorrenza perché miravano in particolare a rendere più difficoltoso l'accesso al mercato interessato dei concorrenti della ricorrente.

245.
    La ricorrente non può ricavare un argomento dal fatto che le sue quote di mercato e i suoi prezzi sono calati durante il periodo controverso. Infatti, quando un'impresa attua effettivamente pratiche il cui fine sia la restrizione della concorrenza, il fatto che il risultato atteso non si realizzi non è sufficiente ad escludere l'applicazione dell'art. 82 CE (sentenza Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, cit. supra al punto 55, punto 149). Comunque, è alquanto probabile che il calo delle quote di mercato (v. ‘considerando’ 336 della decisione impugnata) e dei suoi prezzi di vendita (‘considerando’ 337 della decisione impugnata) sarebbe stato più rilevante in mancanza delle pratiche censurate dalla decisione impugnata.

246.
    Pertanto, anche il quinto motivo, relativo al fatto che la Commissione avrebbe dovuto effettuare una concreta analisi degli effetti in questione, deve essere respinto.

2. Sull'asserita illegittimità dell'ammenda imposta

247.
    La ricorrente formula cinque motivi attinenti ai vari aspetti di cui alla determinazione dell'importo dell'ammenda inflittale dalla Commissione. Con il primo motivo la ricorrente contesta la fissazione dell'importo utilizzato come base per calcolare l'ammenda nella misura di 8 milioni di euro. Il secondo motivo riguarda il calcolo della durata dell'infrazione e il terzo concerne l'aumento dell'importo base dell'ammenda per circostanze aggravanti. Il quarto motivo attiene all'asserita mancata presa in considerazione di alcune circostanze attenuanti da parte della Commissione. Il quinto motivo, infine, concerne l'asserita violazione dell'art. 7, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

Sul primo motivo: la Commissione avrebbe violato i principi di equità, di proporzionalità e di parità di trattamento, l'art. 253 CE e l'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, nel determinare l'importo base per il calcolo dell'ammenda pari a 8 milioni di euro

Decisione impugnata

248.
    Ai ‘considerando’ 354-358 della decisione impugnata si illustra quanto segue:

«(354) Il comportamento in questione, vale a dire un sistema di sconti     fidelizzant[i] simil[i] a quelli che la Commissione e la Corte di giustizia hanno sistematicamente condannato in passato, costituisce un grave abuso di posizione dominante che mirava ad eliminare o, almeno, ad impedire la crescita dei concorrenti di Michelin sui mercati francesi degli pneumatici nuovi e ricostruiti di ricambio per automezzi pesanti. Siffatto comportamento deve essere considerato un'infrazione grave al diritto comunitario della concorrenza.

(355)    La Francia è l'unico paese della Comunità in cui Michelin detiene una quota di mercato degli pneumatici ricostruiti superiore a quella degli pneumatici nuovi di ricambio. L'effetto di vendite collegate tra pneumatici nuovi e ricostruiti prodotto dall'abbinamento del premio di progresso e della convenzione PRO può per lo meno essere considerato uno dei fattori esplicativi di questo singolare fenomeno.

(356)    Il mercato francese è il mercato in cui Michelin possiede le quote di mercato più elevate rispetto agli altri Stati membri. Questa situazione potrebbe certo spiegarsi in termini storici, ma anche il potere del club degli amici Michelin sul mercato francese potrebbe in particolare essere un elemento esplicativo. Infatti, il risultato della politica “Club” contribuisce certamente al mantenimento delle quote di mercato di Michelin presso i “rivenditori Club”, che sono - logicamente - molto più elevate che presso i rivenditori specializzati indipendenti.

(357)    Le infrazioni constatate sono situate su una parte sostanziale del mercato comune e i loro effetti si estendono, per la compartimentazione del mercato comune che comportano, al di là del mercato rilevante, vale a dire il mercato francese.

(358)    Per questi motivi, l'ammontare dell'ammenda inflitta deve essere fissato a 8 milioni di EUR, data la gravità, l'ampiezza e gli effetti dell'infrazione considerata».

Esame degli argomenti della ricorrente

249.
    In primo luogo, la ricorrente rileva che la Commissione ha violato i principi di equità, di proporzionalità e di parità di trattamento, l'art. 253 e l'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 nel determinare l'importo base per il calcolo dell'ammenda a un livello corrispondente al doppio di quello preso in considerazione per fatti analoghi nella decisione 2000/74 (cit. supra al punto 206). Nel far riferimento ai punti 96 e 118-121 di quest'ultima decisione la ricorrente osserva che i comportamenti censurati in quella e nella presente causa sono identici e limitati a uno Stato membro. Inoltre, le dimensioni delle imprese interessate sarebbero analoghe. Anche se la Commissione ha il diritto di differenziare l'entità generale dell'ammenda, la ricorrente sottolinea che la Commissione è tenuta a trattare in modo identico situazioni tra loro equiparabili (sentenza del Tribunale 12 luglio 2001, cause riunite T-202/98, T-204/98 e T-207/98, Tate & Lyle e a./Commissione, Racc. pag. II-2035, punto 118). Inoltre, il fatto che la Commissione abbia adottato orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell'articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell'articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti») imporrebbe ormai obblighi particolari di rigore, di obiettività e di trasparenza nella determinazione del suddetto importo.

250.
    La ricorrente aggiunge che, nella decisione impugnata, l'importo base per il calcolo dell'ammenda avrebbe dovuto essere notevolmente inferiore rispetto a quello preso in considerazione dalla Commissione nella decisione 2000/74 (cit. supra al punto 206), dal momento che il volume d'affari della British Airways, impresa interessata dalle pratiche censurate in tale decisione, sarebbe stato ampiamente superiore a quello della ricorrente nel mercato in questione. Peraltro, pena la violazione dell'art. 253 CE, la Commissione, discostandosi dalla sua prassi decisionale precedente, avrebbe almeno dovuto motivare in modo più esplicito la sua valutazione in merito alla gravità dell'infrazione onde consentire alla ricorrente di comprendere la giustificazione dell'elevato importo di partenza preso in considerazione dalla Commissione per il calcolo dell'importo base dell'ammenda (sentenze della Corte 26 novembre 1975, causa 73/74, Groupement des fabricants de papiers peints de Belgique e a./Commissione, Racc. pag. 1491, punto 31, e 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 15).

251.
    Il Tribunale rammenta anzitutto che la Commissione, negli orientamenti, designa come grave infrazione gli «sconti accordati da un'impresa in posizione dominante per rendere fedele la clientela ed estromettere i concorrenti dal mercato». Ai sensi degli orientamenti, gli importi di partenza proposti per siffatte infrazioni oscillano tra 1 e 20 milioni di euro. L'importo di partenza di 8 milioni di euro imposto alla ricorrente nella presente fattispecie si colloca al di sotto del valore intermedio di tale intervallo di valori.

252.
    E' vero che nella decisione 2000/74 (cit. supra al punto 206), riguardante anch'essa un sistema di sconti fidelizzanti, l'importo base per il calcolo dell'importo dell'ammenda è stato fissato nella misura di 4 milioni di euro.

253.
    Tuttavia, la ricorrente non può sostenere che la Commissione nel caso di specie ha violato il principio di non discriminazione. Infatti, da un lato esistono differenze oggettive tra la causa che ha dato luogo alla decisione 2000/74 e la presente causa. La British Airways, impresa interessata dalle pratiche di cui trattasi nella decisione 2000/74, occupava una posizione dominante di minor rilievo rispetto a quella della ricorrente nel caso di specie, e il numero dei comportamenti abusivi fatti valere nei confronti della British Airways era inferiore a quello dei comportamenti illeciti imputati alla ricorrente.

254.
    D'altro lato, comunque, è lecito che la Commissione aumenti l'entità delle ammende al fine di rafforzarne l'effetto dissuasivo. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazione non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17 e dagli orientamenti, se ciò è necessario per garantire l'attuazione della politica comunitaria della concorrenza (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française/Commissione, punti 105-108; sentenze del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-13/89, ICI/Commissione, Racc. pag. II-1021, punto 385, e Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punti 245-247). La precedente prassi decisionale della Commissione non funge quindi di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza, poiché quest'ultimo è definito, esclusivamente, dal regolamento n. 17 e dagli orientamenti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II-1705, punti 234 e 337).

255.
    Pertanto, la Commissione non era nemmeno tenuta a motivare nella decisione impugnata i motivi per i quali l'importo di base scelto per il calcolo dell'ammenda non era identico a quello stabilito nella decisione 2000/74 (cit. supra al punto 206) (v. altresì infra punto 280)

256.
    In secondo luogo, la ricorrente constata che, nella decisione impugnata (‘considerando’ 355-358), la Commissione si è basata sugli asseriti effetti dell'infrazione, senza procedere a un concreto esame, per valutare la gravità di quest'ultima. Ora, la Commissione avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione nel suo giudizio sugli asseriti effetti dell'infrazione al fine di determinarne la gravità. Infatti, secondo la ricorrente, le pratiche censurate non avrebbero mai avuto gli effetti anticoncorrenziali che la Commissione addebita alle stesse.

257.
    A tale proposito, la ricorrente sottolinea che le sue quote di mercato sono considerevolmente diminuite durante gli ultimi vent'anni e che i prezzi dei suoi pneumatici nuovi per automezzi pesanti sono notevolmente calati durante il periodo controverso. Una corretta valutazione degli effetti reali relativi alle pratiche censurate avrebbe dovuto indurre alla constatazione che la gravità dell'infrazione era sensibilmente inferiore a quella fatta valere dalla Commissione nella decisione impugnata. L'importo di base dell'ammenda avrebbe dovuto essere quindi ben inferiore a 8 milioni di euro.

258.
    Il Tribunale rammenta che la Commissione nella decisione impugnata non ha esaminato gli effetti concreti delle pratiche abusive. D'altronde essa non era tenuta a procedere a un tale esame (v. supra punti 237-245). Certamente la Commissione ha espresso qualche speculazione sugli effetti dei comportamenti abusivi nell'ambito dei ‘considerando’ 355-357 della decisione impugnata. Tuttavia, la gravità dell'infrazione è stata accertata con riferimento alla natura e all'oggetto dei comportamenti abusivi. Infatti, la Commissione ha ritenuto che i sistemi di sconti applicati dalla ricorrente costituissero un grave abuso della sua posizione dominante in quanto rappresentavano sistemi di sconti fidelizzanti che «mirava[no] ad eliminare o, almeno, ad impedire la crescita dei concorrenti di Michelin sui mercati francesi degli pneumatici nuovi e ricostruiti di ricambio per automezzi pesanti» (‘considerando’ 354 della decisione impugnata).

259.
    L'argomento relativo all'evoluzione delle quote di mercato e dei prezzi di vendita della ricorrente non è tale da confutare la constatazione inerente alla gravità dell'infrazione. Da un lato, è alquanto probabile che il calo delle quote di mercato e dei suoi prezzi di vendita sarebbe stato più rilevante in mancanza delle pratiche censurate dalla decisione impugnata. Dall'altro, da una giurisprudenza costante (sentenze 11 marzo 1999, causa T-141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. II-347, punto 636, e 13 dicembre 2001, cause riunite T-45/98 e T-47/98, Krupp Thyssen Stainless/Commissione, Racc. pag. II-3757, punto 199) emerge che elementi relativi all'oggetto di un comportamento possono rivestire rilevanza maggiore per la determinazione dell'importo dell'ammenda di quelli relativi ai suoi effetti.

260.
    Da quanto precede, risulta che il primo motivo deve essere respinto.

Sul secondo motivo: la Commissione avrebbe commesso manifesti errori di valutazione, violato le norme relative all'amministrazione della prova, i principi di equità e di legittimo affidamento, l'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, gli orientamenti nonché l'art. 253 CE nel determinare la durata dell'infrazione

Decisione impugnata

261.
    Ai ‘considerando’ 359 e 360 della decisione impugnata la Commissione spiega:

«(359)    L'infrazione considerata si è estesa su un periodo superiore o uguale a 19 anni, poiché la politica commerciale in questione è in vigore almeno dal 1980 e Michelin, come indicato nella sezione E, ha accettato di modificare le sue convenzioni a decorrere dal 1° gennaio 1999. Tuttavia, considerato che la Commissione ha focalizzato la parte centrale delle ricerche sul periodo 1990-1999, per determinare la durata dell'infrazione si terrà conto solo del periodo compreso tra il 1° gennaio 1990 e il 31 dicembre 1998. La durata degli abusi considerata ai fini della presente decisione è quindi di nove anni.

(360)        Da quanto precede risulta che l'ammontare dell'ammenda inflitta in funzione della gravità dell'infrazione deve quindi essere aumentato del 90%, per tenere conto della durata. Ciò porta l'ammontare di base dell'ammenda a 15,2 milioni di EUR».

Esame degli argomenti della ricorrente

262.
    In primo luogo, la ricorrente rileva che la decisione impugnata (‘considerando’ 359 e 360) menziona la durata dell'infrazione (al singolare). I vari «abusi» sarebbero quindi considerati un'unica infrazione. Contrariamente a quanto sostiene la Commissione (‘considerando’ 359 della decisione impugnata) l'infrazione addotta non sarebbe stata uniforme, continua e costante. A giudizio della ricorrente le pratiche censurate o sono state caratterizzate da un'intensità decrescente o la loro applicazione ha interessato solo una parte del periodo controverso. Infatti, il regime degli sconti quantitativi sarebbe stato modificato nel 1995 (concessione di anticipi trimestrali) e definitivamente abolito a decorrere dal 1° gennaio 1997. Sarebbe stato sostituito da un sistema di sconti su fattura che la Commissione riconoscerebbe essere «più equo e meno fidelizzante» (‘considerando’ 282 della decisione impugnata). La ricorrente avrebbe successivamente modificato, con effetto dal 1° gennaio 1999, il sistema degli sconti su fattura e abolito le ultime caratteristiche che conferirebbero loro, agli occhi della Commissione, un certo effetto anticoncorrenziale. Il premio di servizio sarebbe stato definitivamente soppresso il 1° gennaio 1997. Il premio per obiettivo raggiunto avrebbe sostituito nel 1997 il premio di progressività e il 30 aprile 1998 sarebbe stato ulteriormente modificato al fine di abolire per il 1998, con efficacia retroattiva, qualsiasi effetto che si asseriva essere fidelizzante. La convenzione PRO sarebbe stata introdotta solo dal 1993 e sostituita il 1° gennaio 1998 dal «servizio qualità carcasse» che, come ammetterebbe la Commissione (‘considerando’ 311 della decisione impugnata), avrebbe soppresso gli elementi del precedente sistema ritenuti illeciti. Anche gli elementi del Club censurati dalla Commissione sarebbero stati gradualmente aboliti dalla ricorrente. L'obbligo di «termometro» non sarebbe mai esistito. L'obbligo del rivenditore di far realizzare la prima ricostruzione delle sue carcasse presso la ricorrente sarebbe stato caducato nell'ottobre 1995 e tutti gli altri elementi censurati soppressi il 30 aprile 1998.

263.
    Infine, la tesi sull'infrazione uniforme, continua e costante sarebbe contraddetta dalla stessa Commissione al ‘considerando’ 80 della decisione impugnata.

264.
    Il Tribunale rammenta che, all'art. 1 della decisione impugnata, la Commissione dichiara che, «in un periodo compreso tra il 1° gennaio 1990 e il 31 dicembre 1998 la [ricorrente] ha violato l'articolo 82 del trattato CE applicando sistemi di sconti fidelizzanti (...)».

265.
    La Commissione ha dimostrato il carattere abusivo, ai sensi dell'art. 82 CE, di ogni sistema di sconti individuato nella decisione impugnata. Ha scarsa rilevanza sapere se la decisione impugnata consideri i suddetti diversi sistemi di sconti illeciti come un'unica o come più infrazioni dell'art. 82 CE. Infatti, la Commissione ha il diritto di imporre un'unica ammenda per una pluralità di infrazioni (v. sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, Tetra Pak/Commissione, cit. supra al punto 163, punto 236, e 6 aprile 1995, causa T-144/89, Cockerill Sambre/Commissione, Racc. pag. II-947, punto 92). Il Tribunale nella sua sentenza Tetra Pak/Commissione (cit. supra, punto 236) ha d'altronde indicato che la Commissione non è tenuta a specificare nella motivazione della decisione impugnata il modo in cui per determinare l'ammenda ha preso in considerazione ciascuno degli elementi illeciti addebitati.

266.
    Nella decisione impugnata la Commissione non ha mai sostenuto che tutti gli elementi illeciti specificati fossero esistiti durante l'intero periodo controverso, ossia dal 1° gennaio 1990 al 31 dicembre 1998. Nella decisione impugnata viene indicata ogni volta la data in cui è stato introdotto ed eventualmente accantonato uno o l'altro dei sistemi di «sconti».

267.
    L'ammenda unica imposta alla ricorrente include tutte le infrazioni accertate che nel loro insieme interessano tutto il periodo controverso. E' sufficiente osservare, al riguardo, che gli sconti quantitativi sono stati in vigore fino al 31 dicembre 1996 e sostituiti da riduzioni su fattura nel 1997, applicate almeno fino al 31 dicembre 1998, come emerge dall'impegno della ricorrente del 30 aprile 1998. E' vero che la Commissione nella decisione impugnata ammette che il sistema di sconti quantitativi è evoluto in un sistema «più equo e meno fidelizzante» (‘considerando’ 282 della decisione impugnata), ma ha poi illustrato ai ‘considerando’ 283-285 le ragioni per le quali gli sconti su fattura dovrebbero essere ancora ritenuti illeciti ai sensi dell'art. 82 CE. La ricorrente non propone alcun argomento tale da contestare la suddetta valutazione della Corte.

268.
    L'infrazione relativa al Club riguarda almeno il periodo dal 1° gennaio 1990 al 15 giugno 1998 (v. supra punto 230).

269.
    Il premio di progresso, già esistente in data 1° gennaio 1990 e cui nel 1997 è subentrato il premio per obiettivo raggiunto, è stato applicato almeno fino al 30 aprile 1998. Mediante il suo impegno risalente al 30 aprile 1998 la ricorrente si è infatti obbligata a versare a ogni rivenditore il premio massimo per il 1998, a prescindere dal volume di vendite ottenuto durante detto anno.

270.
    Anche se alcuni sistemi di riduzioni previsti dalla decisione impugnata non interessano l'intero periodo controverso - circostanza di cui la Commissione tiene conto, d'altronde, nella decisione impugnata (v. ‘considerando’ 250, 259, 297 e 311 della decisione impugnata) - la Commissione ha potuto legittimamente dichiarare all'art. 1 della decisione impugnata che, «in un periodo compreso tra il 1° gennaio 1990 e il 31 dicembre 1998», la ricorrente ha violato l'art. 82 CE «applicando sistemi di sconti fidelizzanti (...)».

271.
    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che l'aliquota di maggiorazione dell'ammenda pari al 10% per anno di infrazione, applicata dalla Commissione, era sproporzionata, discriminatoria e insufficientemente motivata.

272.
    La ricorrente, riferendosi alla sentenza della Corte 14 novembre 1996, causa C-333/94 P, Tetra Pak/Commissione (Racc. pag. I-5951, punto 48), e alla sentenza del Tribunale 21 ottobre 1997, causa T-229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II-1689, punto 127), osserva che l'aliquota di maggiorazione applicata è eccessiva per i seguenti motivi: l'infrazione che le viene addebitata sarebbe stata decrescente in termini di intensità; le pratiche sanzionate non avrebbero assolutamente influito sul mercato mentre gli orientamenti riserverebbero l'aliquota massima del 10% alle infrazioni che avrebbero «arrecato un pregiudizio durevole ai consumatori»; essa avrebbe collaborato in modo continuativo ed esemplare con la Commissione durante il procedimento amministrativo; il territorio interessato dalle pratiche sanzionate dalla Commissione sarebbe limitato alla Francia.

273.
    Anche l'aliquota di maggiorazione applicata sarebbe discriminatoria. Infatti, alla luce della precedente prassi decisionale della Commissione [decisione della Commissione 28 gennaio 1998, 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo [81] del trattato CE (IV/35.733 - VW) (GU L 124, pag. 60, punti 260 e segg.), che applica un'aliquota di maggiorazione pari al 5% all'anno; decisione della Commissione 20 marzo 2001, 2001/354/CE, in un procedimento a norma dell'articolo 82 del trattato CE (Caso COMP/35.141 Deutsche Post AG) (GU L 125, pag. 27, punti 50 e 51) che applica un'aliquota di maggiorazione pari al 3% all'anno], risulta che la Commissione abbia adottato nei riguardi della ricorrente una posizione ben più rigida di quella adottata verso altre imprese perseguite per infrazioni al diritto comunitario della concorrenza.

274.
    La decisione impugnata sarebbe parimenti inficiata da una violazione dell'art. 253 CE nella parte in cui non prevederebbe una motivazione sufficiente che consenta alla ricorrente di comprendere in base a quali motivi la Commissione abbia considerato che una maggiorazione dell'importo dell'ammenda sarebbe stata adeguata e giustificata nel caso di specie.

275.
    Il Tribunale constata anzitutto che in base agli orientamenti «[per le] infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a 5 anni)» l'importo di maggiorazione dell'ammenda «per ciascun anno può essere pari al 10% dell'ammenda applicabile in funzione della gravità dell'infrazione». La maggiorazione del 10% all'anno è quindi del tutto conforme ai principi espressi dalla Commissione negli orientamenti.

276.
    Al punto 1 B degli orientamenti la Commissione annuncia che «la maggiorazione delle ammende per le infrazioni di lunga durata sarà più consistente che in precedenza, nell'intento di sanzionare realmente le restrizioni che hanno arrecato un pregiudizio durevole ai consumatori». Ora, considerata la natura, l'oggetto e la durata degli abusi in questione, è lecito ritenere che i comportamenti della ricorrente abbiano notevolmente falsato il gioco della concorrenza sul mercato e che, di conseguenza, abbiano dovuto arrecare un pregiudizio durevole ai consumatori. Gli effetti dei sistemi di sconto, mediante la compartimentazione del mercato che implicano, si sono necessariamente estesi oltre il mercato francese.

277.
    Quanto all'argomento relativo a una violazione del principio di non discriminazione, il fatto che la Commissione in passato abbia applicato un determinato tasso di maggiorazione dell'importo dell'ammenda, in funzione della durata dell'infrazione, non può impedirle di aumentare tale aliquota entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17 e dagli orientamenti, se ciò è necessario per garantire l'attuazione della politica comunitaria della concorrenza (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française/Commissione, cit. supra al punto 254, punto 309, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-304/94, Europa Carton/Commissione, Racc. pag. II-869, punto 89). In ogni caso, in alcune sue recenti pronunce, la Commissione ha aumentato l'ammenda fino al 10% all'anno in funzione della durata dell'infrazione [decisione 2000/74 (cit. supra al punto 206) e decisione della Commissione 21 ottobre 1998, 1999/60/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo [81] del trattato CE (Caso n. IV/35.691/E-4: intesa tubi preisolati) [GU 1999, L 24, pag. 1)].

278.
    Per quanto concerne l'affermazione secondo cui l'infrazione imputata alla ricorrente sarebbe stata decrescente in termini di intensità, occorre osservare che, nella sua sentenza Tate & Lyle e a./Commissione (cit. supra al punto 249, punto 106), il Tribunale ha statuito che un'aumento dell'ammenda in funzione della durata non è limitato all'ipotesi in cui esista un rapporto diretto tra la durata e un danno maggiore apportato agli obiettivi della Comunità sanciti dalle regole di concorrenza. Comunque, i sistemi di sconti fidelizzanti applicati dalla ricorrente durante tutto il periodo controverso (v. supra punti 264-270) costituivano una grave infrazione delle regole di concorrenza per il fatto di giustificare un aumento dell'importo dell'ammenda fino al 10% per anno di infrazione anche se alcuni elementi illeciti hanno potuto essere più o meno incisivi durante il periodo controverso.

279.
    Inoltre si è tenuto conto della cooperazione della ricorrente applicando circostanze attenuanti (v. supra punto 294).

280.
    Infine, per quanto riguarda l'obbligo di motivazione, occorre rammentare che i requisiti della formalità sostanziale costituita dall'obbligo di motivazione vengono soddisfatti allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell'infrazione (sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-248/98 P, KNP BT/Commissione, Racc. pag. I-9641, punto 42). Orbene, la Commissione ha soddisfatto tali requisiti nei ‘considerando’ 348-365 della decisione impugnata. Nella suddetta motivazione sono illustrati i criteri utilizzati dalla Commissione per calcolare l'ammenda in funzione della gravità e della durata dell'infrazione. Inoltre, al di là dei requisiti formali di cui all'art. 253 CE, la motivazione in questione include i dati che hanno ispirato la Commissione nell'esercizio del suo potere discrezionale in materia di determinazione delle ammende (sentenza KNP BT/Commissione, cit., punto 45).

281.
    Ne consegue che il secondo motivo deve essere integralmente respinto.

Sul terzo motivo: la Commissione avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione e violato l'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e gli orientamenti, nell'aumentare l'importo base dell'ammenda in ragione di asserite circostanze aggravanti

Decisione impugnata

282.
    La Commissione chiarisce ai ‘considerando’ 361-363 della decisione impugnata:

«(361)    Michelin è già stata condannata dalla Commissione nel 1981, condanna confermata dalla sentenza della Corte di giustizia nella causa NBIM per lo stesso tipo di abuso di posizione dominante, vale a dire un sistema di sconti fidelizzanti. La recidiva è esplicitamente considerata dalla comunicazione della Commissione sugli orientamenti (...) come una circostanza aggravante che può comportare una maggiorazione dell'importo dell'ammenda.

(362)        Michelin ritiene che il fatto che la Corte si sia pronunciata in riferimento ad un altro mercato geografico invalidi il carattere di recidiva delle pratiche abusive di Michelin. La Commissione ritiene invece che sia responsabilità di un'impresa in posizione dominante, condannata dalla Commissione, cessare non soltanto le pratiche abusive sul mercato rilevante, ma anche conformare la propria politica commerciale in tutta la Comunità alla decisione individuale notificatale, cosa che Michelin non ha invece fatto.

(363)        Si deve quindi constatare che gli abusi commessi da Michelin sui mercati rilevanti definiti sono aggravati dal fatto che costituiscono una recidiva, il che giustifica un aumento dell'importo di base dell'ammenda del 50%, ossia di 7,6 milioni di EUR».

283.
    La ricorrente rileva che la Commissione nella decisione impugnata non può validamente invocare un suo comportamento recidivo. In primo luogo, essa ritiene che le pratiche sanzionate nella decisione impugnata non siano dello stesso tipo di quelle condannate nell'ambito della decisione NBIM (cit. supra al punto 65) e della sentenza Michelin/Commissione (cit. supra al punto 54).

284.
    A tale proposito, il Tribunale rammenta che la nozione di recidiva, come è intesa in un buon numero di ordinamenti giuridici nazionali, implica che una persona abbia commesso nuove infrazioni dopo essere stata punita per violazioni analoghe (sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. supra al punto 259, punto 617). Uno degli esempi di circostanze aggravanti menzionati dagli orientamenti è costituito dalla «recidiva della medesima (...) impresa (...) per un'infrazione del medesimo tipo».

285.
    La Commissione ha potuto a buon diritto considerare che l'infrazione prevista dalla decisione NBIM (cit. supra al punto 65), che ha dato luogo alla sentenza Michelin/Commissione (cit. supra al punto 54), era paragonabile a quella prevista dalla decisione impugnata.

286.
    Infatti, sia nella decisione NBIM (cit. supra al punto 65) sia nella decisione impugnata la Commissione ha posto in causa l'applicazione, da parte di un'impresa che occupi una posizione dominante sul mercato dei pneumatici nuovi di ricambio per automezzi pesanti, di un sistema di «sconti» «in grado di impedire ai rivenditori di poter scegliere, in qualsiasi momento, liberamente e in funzione della situazione del mercato, l'offerta più favorevole tra quelle loro avanzate da vari concorrenti e di cambiare fornitore senza un rilevante svantaggio economico» (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 72). I sistemi di sconti esaminati nelle due decisioni «riduceva[no] in tal modo la possibilità di scelta a favore dei rivenditori per quanto riguarda le loro fonti di approvvigionamento e rendeva[no] più difficoltoso per i concorrenti l'accesso al mercato» (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 85). Nelle due decisioni la Commissione ha quindi messo in discussione sconti che non potevano essere equiparati a «semplic[i] scont[i] quantitativ[i] subordinat[i] esclusivamente al volume degli acquisti» (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 72), ma che dovrebbero, al contrario, essere considerati come sconti fidelizzanti atti a porre i rivenditori in una «situazione di dipendenza» (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 85).

287.
    L'argomento della ricorrente, relativo al fatto che la decisione NBIM (cit. supra al punto 65) riguarda un sistema di sconti derivanti dal conseguimento di un obiettivo, non può assolutamente avere prospettive dal momento che, da un lato, nella decisione NBIM (cit. supra al punto 65), la Commissione lamenta, al pari di quanto avviene nella decisione impugnata, il carattere fidelizzante dei sistemi di sconto e che, dall'altro, la decisione impugnata censura, in particolare, anche un vero sistema di sconti per obiettivo, ossia il «premio di progresso» divenuto «premio per obiettivo raggiunto» (‘considerando’ 67-74 e 260-271 della decisione impugnata).

288.
    Ne consegue pertanto che la decisione NBIM (cit. supra al punto 65) e la decisione impugnata riguardano infrazioni analoghe.

289.
    In secondo luogo la ricorrente osserva che, in passato, essa non è mai stata condannata dalla Commissione per abuso di posizione dominante o per altre pratiche anticoncorrenziali. La Commissione non avrebbe quindi avuto diritto di maggiorare l'ammenda imposta alla ricorrente prendendo in considerazione l'infrazione commessa dalla società NBIM nella decisione NBIM (cit. supra al punto 65).

290.
    Si deve constatare che la ricorrente, nel rispondere a un quesito scritto del Tribunale, ha confermato che la società prevista dalla decisione NBIM (cit. supra al punto 65) e quella interessata dalla decisione impugnata costituiscono filiali il cui capitale è detenuto direttamente o indirettamente in misura superiore al 99% dalla medesima società madre, ossia la Compagnie Générale des Établissements Michelin, con sede in Clermont-Ferrand. E' quindi lecito concludere ragionevolmente che tali filiali non determinano in modo autonomo il loro comportamento sul mercato. Dal momento che il diritto comunitario della concorrenza ammette che varie società appartenenti a uno stesso gruppo costituiscono un'entità economica e quindi un'impresa ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE se le società interessate non determinano in modo autonomo il loro comportamento sul mercato (sentenza della Corte 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydrotherm, Racc. pag. 2999, punto 11; sentenza del Tribunale 12 gennaio 1995, causa T-102/92, Viho/Commissione, Racc. pag. II-17, punto 50) e che, conformemente alla giurisprudenza, la Commissione avrebbe potuto, se avesse voluto, imporre l'ammenda alla stessa società madre nelle due decisioni (sentenze della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione, Racc. pag. 619, punti 130-140; 21 febbraio 1973, causa 6/72, Europemballage Corporation et Continental Can Company/Commissione, Racc. pag. 215, punto 15, e 6 marzo 1974, causa 6/73, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione, Racc. pag. 223, punti 36-41; sentenza 1° aprile 1993, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, cit. supra al punto 55, punto 154), la Commissione ha potuto considerare a giusto titolo nella decisione impugnata che la stessa impresa era già stata condannata nel 1981 per il medesimo tipo di infrazione.

291.
    In terzo luogo la ricorrente rileva che la Commissione, per il fatto di applicare un'aliquota di maggiorazione pari al 50% all'importo base dell'ammenda per comportamento recidivo, ha violato l'art. 253 CE, i principi di equità e di parità di trattamento nonché l'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e gli orientamenti. Da un lato, la Commissione non illustrerebbe i motivi che hanno determinato la sua scelta di applicare un'aliquota di maggiorazione del 50%. Dall'altro, tale aliquota sarebbe eccessiva considerate le differenze tra le pratiche incriminate nella causa che ha dato luogo alla sentenza Michelin/Commissione (cit. supra al punto 54) e nella presente causa e considerata la prassi decisionale precedente della Commissione [v. decisione della Commissione 16 febbraio 1994, 94/215/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell'articolo 65 del trattato CECA concernente gli accordi e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di travi (GU L 116, pag. 1) in cui è stata applicata una maggiorazione del 33,3%].

292.
    Occorre rammentare che, nella determinazione dell'importo dell'ammenda, la Commissione dispone di un potere discrezionale (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59). Essa non è tenuta ad applicare precise formule matematiche. Il mero fatto che, in un'altra decisione, essa abbia maggiorato un importo base del 33% per comportamento recidivo non implica che essa sarebbe stata tenuta ad applicare un'identica percentuale di maggiorazione nella decisione impugnata. Infatti, la precedente prassi decisionale della Commissione non funge di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza, poiché quest'ultimo è definito, esclusivamente, dal regolamento n. 17 e dagli orientamenti (v., in tale senso, sentenza LR AF 1998/Commissione, cit. supra al punto 254, punti 234 e 337).

293.
    Si deve rammentare inoltre che la Commissione, per stabilire l'importo dell'ammenda, deve vigilare sul carattere dissuasivo della propria azione (sentenza Irish Sugar/Commissione, cit. supra al punto 54, punto 245). Ora, la recidiva costituisce una circostanza che giustifica un notevole aumento dell'importo base dell'ammenda, poiché infatti prova che la sanzione precedentemente imposta non è stata abbastanza dissuasiva. Nel caso di specie la Commissione poteva maggiorare l'importo base dell'ammenda nella misura del 50% al fine di orientare il comportamento della Michelin verso l'osservanza delle regole di concorrenza del Trattato.

Sul quarto motivo: la Commissione, per il fatto di non prendere in considerazione alcune circostanze attenuanti, avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione, violato i principi di equità, di proporzionalità, di parità di trattamento, di legittimo affidamento, l'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, gli orientamenti nonché l'art. 253 CE

Decisione impugnata

294.
    Al ‘considerando’ 364 della decisione impugnata, viene spiegato quanto segue:

«(364)    Come indicato nella sezione E, Michelin ha presentato nel febbraio 1999 alcune modifiche alla sua politica commerciale, entrate in vigore il 1° gennaio 1999, che avevano lo scopo di porre fine all'infrazione. Tali modifiche, realizzate effettivamente prima dell'invio all'impresa della comunicazione degli addebiti, danno diritto a circostanze attenuanti, che comportano una riduzione dell'importo di base dell'ammenda del 20%, ossia di 3,04 milioni di EUR».

Esame degli argomenti della ricorrente

295.
    In primo luogo la ricorrente rileva che la Commissione nella decisione impugnata non ha tenuto sufficientemente conto della sua esemplare cooperazione.

296.
    Da un lato, la Commissione avrebbe sottovalutato la cooperazione della ricorrente durante il procedimento amministrativo. Quest'ultima avrebbe infatti collaborato con la Commissione dal dicembre 1997. Dall'altro, tale cooperazione sarebbe stata fraintesa dall'istituzione dal momento che la modifica delle condizioni commerciali della ricorrente nel senso voluto dalla prima risalirebbe a un periodo di gran lunga precedente al febbraio 1999. Infatti, nel dicembre 1996 la ricorrente avrebbe modificato unilateralmente le sue condizioni commerciali e abolito pratiche che successivamente sono state messe in discussione dalla Commissione. Il 30 aprile 1998 essa avrebbe assunto l'impegno formale verso quest'ultima di modificare le sue condizioni commerciali nel senso auspicato dalla stessa.

297.
    La posizione della Commissione nella decisione impugnata risulta tanto più sorprendente dal momento che in altre cause, nell'ambito delle quali era stata accertata una cooperazione molto più tardiva delle imprese interessate e i comportamenti censurati rivestivano un carattere ben più grave delle pratiche contestate alla ricorrente, la Commissione avrebbe ultimato il procedimento senza adottare una decisione o comminando un'ammenda simbolica. Una corretta valutazione della cooperazione della ricorrente avrebbe dovuto quindi comportare una riduzione d'ammenda ampiamente superiore al 20%.

298.
    A tale riguardo il Tribunale rammenta che la ricorrente, durante un lungo periodo di almeno nove anni, ha commesso una grave infrazione dell'art. 82 CE. Si tratta inoltre di un caso di recidiva. Anche se la ricorrente ha avviato discussioni con la Commissione dal 1997, è pur vero che l'infrazione si è protratta fino al 31 dicembre 1998. Certo, la ricorrente ha posto fine all'infrazione prima di inviare la comunicazione degli addebiti ma tale circostanza ha dato luogo in particolare a una riduzione dell'importo base dell'ammenda pari al 20%. Per quanto riguarda i riferimenti ad altre cause, che sono state concluse o hanno comportato l'imposizione di un'ammenda meno rilevante o simbolica, occorre rammentare che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza, poiché quest'ultimo è definito, esclusivamente, dal regolamento n. 17 e dagli orientamenti (v. in tal senso, sentenza LR AF 1998/Commissione, cit. supra al punto 254, punto 234). Pertanto, il fatto che la Commissione abbia ritenuto, nella sua prassi decisionale precedente, che taluni elementi costituissero circostanze attenuanti ai fini della determinazione dell'importo dell'ammenda che ha dato luogo a un notevole ridimensionamento dell'ammenda o alla chiusura di un procedimento non implica che essa sia stata costretta a effettuare la medesima valutazione nella presente causa (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-347/94, Mayr-Melnhof Kartongesellschaft/Commissione, Racc. pag. II-1751, punto 368, e LR AF 1998/Commissione, cit. supra al punto 254, punto 337).

299.
    In ogni caso la Commissione ha debitamente tenuto conto della cooperazione della ricorrente riducendo l'ammenda del 20%.

300.
    In secondo luogo, la ricorrente osserva che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione ulteriori circostanze attenuanti. Essa rileva, anzitutto, di aver contattato la Commissione di propria iniziativa nel luglio 1996. Il 16 dicembre 1997, per la prima volta, quest'ultima si sarebbe espressamente opposta alle suddette pratiche. La ricorrente avrebbe modificato le sue condizioni commerciali nel senso auspicato dalla Commissione in poco più di quattro mesi (il 30 aprile 1998). Ora, la ricorrente sostiene che la durata dell'infrazione si sarebbe potuta ridurre se la Commissione avesse chiarito la sua posizione in modo più celere (v. sentenza Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione, cit. supra al punto 290, punto 51; sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, LVM e a./Commissione, Racc. pag. II-931, punto 1158). Inoltre, la ricorrente sostiene di aver intrattenuto regolari contatti con la DGCCRF: si riferisce in particolare alla lettera della DGCCRF del 31 maggio 1989, al resoconto della riunione tenutasi tra la DGCCRF e la ricorrente il 6 agosto 1991, e a una testimonianza del sig. de La Laurencie, ex caposervizio della DGCCRF. Dal 1991 i contatti avrebbero riguardato in particolare la compatibilità della politica di prezzo della ricorrente con il diritto francese della concorrenza. La DGCCRF si sarebbe soffermata nel suo esame anche sul diritto comunitario della concorrenza. A giudizio della ricorrente, come emerge dal resoconto della riunione 6 agosto 1991, la DGCCRF ha osservato che la politica dei prezzi della ricorrente non provoca «compartimentazione nell'ambito dei paesi della CEE» e che «Bruxelles non potrebbe formulare censure a tale proposito». Il comportamento della ricorrente proverebbe quindi che essa non avrebbe cercato di dissimulare i suoi sistemi di sconti. Al contrario, li avrebbe sottoposti in buona fede all'autorità competente del suo Stato membro per approvazione. La ricorrente sostiene che i contatti con la DGCCRF hanno creato nella stessa un legittimo affidamento per quanto riguarda la legittimità delle sue condizioni di vendita, compresi i sistemi di sconti (che sarebbero stati esaminati in modo specifico dalla DGCCRF), o, almeno, la legittima aspettativa di non venire sanzionata per tali comportamenti. La ricorrente aggiunge inoltre che, per le stesse ragioni, la Commissione non può sostenere che l'infrazione è stata commessa per un deliberato proposito.

301.
    Infine, la ricorrente osserva che la Commissione per la prima volta ha condannato la mera pratica di uno sconto quantitativo in quanto il periodo di riferimento eccederebbe un termine di tre mesi. Alla luce della novità data dalla qualificazione di abuso, la Commissione non avrebbe dovuto imporre un'ammenda o avrebbe dovuto imporne una simbolica.

302.
    Il Tribunale dichiara anzitutto che il fatto che la ricorrente abbia contattato al Commissione di propria iniziativa nel luglio 1996 non può costituire una circostanza attenuante, dal momento che la stessa Commissione aveva già avviato un'indagine dal maggio 1996 (‘considerando’ 2 della decisione impugnata).

303.
    Inoltre, quanto all'argomento secondo cui si sarebbe potuta abbreviare la durata dell'illecito se la Commissione avesse chiarito la propria posizione in modo più celere, si deve constatare che il protrarsi dell'istruttoria compiuta dalla Commissione, durata tre anni, indi dello stesso procedimento amministrativo, durato due anni, si spiegano per via della complessità e dell'ampiezza delle indagini della Commissione, le quali vertevano su vari complessi sistemi di «sconti» applicati dalla ricorrente (v., in tal senso, sentenza 6 ottobre 1994, Tetra Pak/Commissione, cit. supra al punto 163, punto 245).

304.
    Comunque, la ricorrente non necessitava di alcun chiarimento della Commissione per rendersi conto del fatto che sistemi di sconti fidelizzanti erano contrari all'art. 82 CE. Tale conclusione emerge infatti da una giurisprudenza costante (v. supra punti 56-60).

305.
    Per quanto riguarda i contatti intercorsi con la DGCCRF, nessun documento dimostra che tale direzione abbia approvato i sistemi di sconti applicati dalla ricorrente dal punto di vista dell'art. 82 CE. Certo, da una lettera del 31 maggio 1989 risulta che tali sistemi sono stati oggetto di discussione con la DGCCRF in quanto quest'ultima riteneva che «l'insieme degli sconti, riduzioni e ristorni “di cui è accertato il fondamento”» dovesse «figurare su[lle] fatture (...) indipendentemente dalla data del regolamento». Infatti, la menzione degli sconti su fattura consentirebbe, secondo la DGCCRF, al rivenditore «di calcolare il suo prezzo di rivendita a partire da una base più prossima alla realtà». Anche se la DGCCRF ha tollerato nell'immediato la proposta avanzata dalla ricorrente, ossia «la determinazione (...) all'inizio dell'anno di una “tabella estimativa delle condizioni Michelin” per l'anno in corso», la DGCCRF ha ritenuto «che in definitiva il solo criterio corretto per un'applicazione della disciplina consiste nella menzione su fattura [di tutti gli sconti ammessi in via di principio]». Da tale lettera non emerge dunque che la DGCCRF abbia ritenuto che i sistemi di sconti applicati dalla ricorrente fossero compatibili con l'art. 82 CE o con il diritto francese. Come emerge dalla testimonianza del sig. de La Laurencie, le discussioni hanno riguardato le difficoltà che causerebbe il sistema di sconti attuato dalla Michelin per determinare il «livello di soglia di rivendita sotto costo». La normativa francese infatti vietava la rivendita sotto costo.

306.
    Dal resoconto di una riunione intercorsa il 7 febbraio 1991 tra la ricorrente e la DGCCRF emerge che quest'ultima, lungi dall'approvare il sistema delle riduzioni applicate dalla ricorrente, ha sottoposto quesiti sulla «legittimità del sistema (...) degli sconti di fine anno». Il sistema degli «sconti» veniva considerato una «distorsione della concorrenza» e la DGCCRF ha avvisato la ricorrente del fatto che se essa «avesse proseguito con la sua attuale prassi, avrebbe rischiato di ritrovarsi implicata in un processo che rischiava di risultare molto oneroso».

307.
    Per quanto attiene al resoconto della riunione del 6 agosto 1991, è giocoforza constatare che da tale documento si evince che durante tale riunione la ricorrente ha informato la DGCCRF in merito all'aumento dei suoi prezzi nella misura del 10%. In risposta al quesito se tale «operazione si estende[sse] alla CEE» la ricorrente ha risposto in modo affermativo. La reazione della DGCCRF era all'epoca la seguente: «Non ci sarà pertanto compartimentazione in seno ai paesi della CEE. La Michelin non potrà essere accusata di frammentare il mercato. Bruxelles non potrebbe opporsi al riguardo». La ricorrente in varie occasioni si basa su tale stralcio per sostenere che il suo sistema di sconti è stato approvato dalla DGCCRF. Tuttavia si deve affermare che la riunione si è incentrata solo sull'aumento dei prezzi da parte della ricorrente e non sulla legittimità del sistema di riduzioni applicato dalla ricorrente.

308.
    Ne consegue che i contatti intercorsi tra la ricorrente e la DGCCRF non hanno potuto determinare un legittimo affidamento della prima sul fatto che il suo sistema di sconti fosse conforme all'art. 82 CE. Tali contatti non possono essere ritenuti una circostanza attenuante né un elemento che confuterebbe l'affermazione secondo cui l'infrazione sarebbe stata commessa con deliberato proposito.

309.
    Infine, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, gli sconti quantitativi da essa applicati non costituiscono meri sconti di quantità. Si tratta di un sistema di sconti fidelizzanti che, in conformità a una giurisprudenza e a una prassi decisionale costanti, è vietato dall'art. 82 CE quando viene applicato da un'impresa in posizione dominante (v. giurisprudenza menzionata supra ai punti 56-60). Non vi è pertanto alcuna «novità» nella designazione delle pratiche della ricorrente come abuso di posizione dominante.

310.
    Ne consegue che nemmeno il quarto motivo può essere accolto.

Sul quinto motivo, relativo a una violazione dell'art. 7, n. 1, della CEDU

311.
    La ricorrente rileva che la Commissione ha violato l'art. 7, n. 1, della CEDU imponendole sanzioni per gli abusi che si asserisce siano stati commessi. Essa osserva che numerose censure tra quelle mosse nei suoi confronti non si conformano alla prassi precedente della Commissione in materia di abuso di posizione dominante. Essa a tale riguardo si riferisce esplicitamente all'approccio adottato dalla Commissione nella decisione impugnata riguardante gli sconti quantitativi e l'obbligo per i rivenditori di reclamizzare la Michelin. Ora, l'art. 7, n. 1, della CEDU vieterebbe improvvise modifiche di pratiche decisionali che rendano sanzionabili comportamenti considerati fino a quel momento come legittimi.

312.
    Anche tale motivo deve essere respinto. Infatti, è erroneamente fondato sull'asserita novità dei quesiti di diritto risolti nella decisione impugnata (v. supra punto 309).

3. Conclusioni generali

313.
    Da tutto quanto precede risulta che il ricorso deve essere interamente respinto.

Sulle spese

314.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, essa va condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle della Commissione, in conformità alle conclusioni di quest'ultima.

315.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte interveniente sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)        Il ricorso è respinto.

2)        La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

3)        La Bandag Inc. sopporterà le proprie spese.

Lenaerts
Azizi
Jaeger

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 settembre 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

K. Lenaerts


1: Lingua processuale: il francese.

Racc.


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