Language of document : ECLI:EU:T:2008:317

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

9 settembre 2008 (*)

«Direttiva 91/414/CEE – Prodotti fitosanitari – Sostanza attiva endosulfan – Ritiro delle autorizzazioni di immissione in commercio – Procedimento di valutazione – Termini – Diritti della difesa – Principio di proporzionalità»

Nella causa T‑75/06,

Bayer CropScience AG, con sede in Monheim am Rhein (Germania),

Makhteshim-Agan Holding BV, con sede in Rotterdam (Paesi Bassi),

Alfa Georgika Efodia AEVE, con sede in Atene (Grecia),

Aragonesas Agro, SA, con sede in Madrid (Spagna),

rappresentate dagli avv.ti C. Mereu e K. Van Maldegem,

ricorrenti,

sostenute da

European Crop Protection Association (ECPA), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dagli avv.ti D. Waelbroeck e N. Rampal,

interveniente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. B. Doherty e L. Parpala, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Regno di Spagna, rappresentato dal sig. J. Rodríguez Cárcamo, abogado del Estado,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 2 dicembre 2005, 2005/864/CE, concernente la non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e il ritiro delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti detta sostanza attiva (GU L 317, pag. 25),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. O. Czúcz (relatore), presidente, dal sig. J. D. Cooke e dalla sig.ra I. Labucka, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 febbraio 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Disposizioni del Trattato

1        L’art. 95, n. 3, CE dispone che la Commissione, nelle sue proposte al Consiglio per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato comune in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici.

2        L’art. 152, n. 1, CE afferma che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.

 Direttiva 91/414/CEE

3        La direttiva del Consiglio 15 luglio 1991, 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU L 230, pag. 1), stabilisce il regime comunitario applicabile all’autorizzazione ed al ritiro dell’autorizzazione di immissione in commercio dei prodotti fitosanitari.

4        Ai sensi dell’art. 4, della direttiva 91/414 «[g]li Stati membri prescrivono che un prodotto fitosanitario possa essere autorizzato soltanto se (…) le sue sostanze attive sono elencate nell’allegato I».

5        I requisiti per l’iscrizione delle sostanze attive nell’allegato I sono precisati all’art. 5 della direttiva 91/414:

«1. In base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche una sostanza attiva viene iscritta nell’allegato I per un periodo iniziale non superiore a dieci anni se si può supporre che prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva soddisfino alle seguenti condizioni:

a)      che i loro residui derivanti da un’applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbiano effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali o sulle acque sotterranee né un influsso inaccettabile sull’ambiente e che detti residui, se significativi dal punto di vista tossicologico o ambientale, possano essere misurati con metodi di applicazione corrente;

b)      che il loro impiego derivante da un’applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbia effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali né un influsso inaccettabile sull’ambiente, come stabilito dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punti iv) e v).

2. Per iscrivere una sostanza attiva nell’allegato I si deve tenere conto in particolare degli elementi seguenti:

a)      se del caso, di una dose giornaliera accettabile (ADI) per l’uomo;

b)      se necessario, di un livello ammissibile di esposizione dell’operatore;

c)      se del caso, di una stima del destino e della distribuzione nell’ambiente, nonché dell’impatto sulle specie non bersaglio.

(…)».

6        L’art. 6 della direttiva 91/414 così dispone:

«1. L’iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I è decisa secondo la procedura prevista all’articolo 19.

(...).

2. Uno Stato membro che riceve una richiesta per ottenere l’inserimento della sostanza attiva nell’allegato I controlla che un fascicolo ritenuto conforme ai requisiti di cui all’allegato II venga trasmesso senza ritardo ingiustificato dall’interessato agli altri Stati membri e alla Commissione, unitamente ad un fascicolo conforme all’allegato III, concernente almeno un preparato contenente tale sostanza attiva. La Commissione affida al Comitato fitosanitario permanente di cui all’articolo 19 l’esame del fascicolo.

3. Fatte salve le disposizioni del paragrafo 4, su richiesta di uno Stato membro ed entro un termine di 3-6 mesi dopo la consultazione del Comitato di cui all’articolo 19, si accerta, secondo la procedura stabilita all’articolo 20, se il fascicolo è presentato conformemente ai requisiti dell’allegato II e dell’allegato III.

4. Qualora, in seguito alla valutazione del fascicolo di cui al precedente paragrafo 2 risultino necessarie informazioni supplementari, la Commissione può chiedere che il richiedente fornisca tali informazioni. Il richiedente o il suo rappresentante incaricato può essere invitato dalla Commissione a presentare le sue osservazioni, in particolare quando sia prevista una decisione negativa.

(...)».

7        Le sostanze attive non iscritte nell’allegato I della direttiva 91/414 possono beneficiare, a determinate condizioni, di un regime di deroga transitorio. L’art. 8, n. 2, della direttiva 91/414 dispone infatti che «uno Stato membro può, durante un periodo di dodici anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, autorizzare l’immissione in commercio nel proprio territorio di prodotti fitosanitari contenenti sostanze attive non elencate nell’allegato I e che si trovano già sul mercato due anni dopo la data della notifica della medesima». Tale periodo di dodici anni, che si è concluso il 26 luglio 2003, è stato prorogato per alcune sostanze dal regolamento (CE) della Commissione 20 novembre 2002, n. 2076, che prolunga il periodo di tempo di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414 e concernente la non iscrizione di talune sostanze attive nell’allegato I della suddetta direttiva e la revoca delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti dette sostanze (GU L 319, pag. 3), come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 12 agosto 2005, n. 1335, che modifica anche le decisioni 2002/928/CE, 2004/129/CE, 2004/140/CE, 2004/247/CE e 2005/303/CE per quanto riguarda il periodo di tempo di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e il mantenimento dell’impiego di alcune sostanze non iscritte nell’allegato I della suddetta direttiva (GU L 211, pag. 6). Ai sensi di tale regolamento il periodo di dodici anni è prolungato sino al 31 dicembre 2005, «a meno che anteriormente alla data in causa non sia stata o non venga presa una decisione circa l’iscrizione o meno della sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414».

8        Durante tale periodo transitorio, ai sensi dell’art. 8, n. 2, della direttiva 91/414, le sostanze attive di cui trattasi devono costituire oggetto di un programma di valutazione al termine del quale possono essere iscritte nell’allegato I della direttiva 91/414 oppure non esserlo, qualora non soddisfino i requisiti di sicurezza definiti all’art. 5 della direttiva 91/414 o qualora le informazioni e i dati richiesti non siano stati presentati entro il termine prescritto. Si precisa inoltre che tale procedimento si svolge secondo il procedimento previsto all’art. 19 della direttiva 91/414. Tale articolo, come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 14 aprile 2003, n. 806, recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti del Consiglio adottati secondo la procedura di consultazione (maggioranza qualificata) (GU L 122, pag. 1), prevede che la Commissione sia assistita da un comitato di regolamentazione, vale a dire dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali (in prosieguo: il «comitato»).

 Regolamento (CEE) n. 3600/92

9        Il regolamento (CEE) della Commissione 11 dicembre 1992, n. 3600, recante disposizioni d’attuazione della prima fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2 della direttiva 91/414 (GU L 366, pag. 10), organizza il procedimento di valutazione di diverse sostanze in vista della loro eventuale iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414. Una di tali sostanze è l’endosulfan.

10      Il procedimento istituito dal regolamento n. 3600/92 comincia con una notificazione di interesse, di cui all’art. 4, n. 1, del suddetto regolamento, il quale dispone che «[i]l produttore che desideri garantire l’iscrizione di una delle sostanze attive indicate nell’allegato I del presente documento o dei relativi sali, esteri o ammine nell’allegato I della direttiva [91/414] ne dà comunicazione alla Commissione entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento».

11      Dopo l’esame delle notificazioni di interesse, l’art. 5, n. 2, lett. b), del regolamento n. 3600/92 prevede che sia designato uno Stato membro relatore per valutare ciascuna sostanza attiva interessata.

12      Dopo la designazione dello Stato membro relatore, ogni notificante deve inviargli, ai sensi dell’art. 6, n. l, del regolamento n. 3600/92, una «sintesi della pratica» e una «pratica completa», come definite all’art. 6, nn. 2 e 3, del medesimo regolamento. La sintesi della pratica include, in particolare, una copia della notificazione, informazioni sulle condizioni d’uso raccomandate, nonché, per ciascun punto dell’allegato III della direttiva 91/414, le sintesi e i risultati delle prove pertinenti ai fini della valutazione dei requisiti di cui all’art. 5 della medesima. Tali informazioni riguardano una o più preparazioni rappresentative delle condizioni d’uso della sostanza attiva raccomandata in relazione alla sua iscrizione nell’allegato I della direttiva. La pratica completa deve contenere i protocolli e i rapporti di studio integrali riguardanti tutte le suddette informazioni. Ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 3600/92, come integrato dal regolamento (CE) 12 ottobre 2000, n. 2266 (GU L 259, pag. 27), «il notificante deve dimostrare che, in base alle informazioni presentate per uno o più preparati per una serie limitata di usi rappresentativi, possono essere soddisfatti i requisiti della direttiva [91/414] per quanto riguarda i criteri di cui all’articolo 5 della stessa».

13      I notificanti inviano la sintesi e la pratica completa allo Stato membro relatore entro un termine stabilito dalla Commissione. Nel caso dell’endosulfan, il termine ultimo per il deposito di tali pratiche è stato fissato al 30 aprile 1995 dal regolamento (CE) della Commissione 27 aprile 1994, n. 933, che determina le sostanze attive dei prodotti fitosanitari e designa gli Stati membri relatori per l’attuazione del regolamento (CEE) n. 3600/92 (GU L 107, pag. 8), poi prorogato al 31 ottobre 1995 dal regolamento (CE) della Commissione 21 settembre 1995, n. 2230, recante modifica del regolamento (CE) n. 933/94 (GU L 225, pag. 1). Ai notificanti incombe anche, in applicazione dell’art. 6, n. 1, del regolamento n. 3600/92, inviare la sintesi e la pratica completa ad esperti di altri Stati membri accettati dalla Commissione, in vista di un’eventuale consultazione ulteriore.

14      Lo Stato membro relatore esamina poi la pratica riassunta e quella completa e, a norma dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 3600/92, deve, «immediatamente dopo aver esaminato una pratica, garantire che i notificanti presentino la pratica riassunta aggiornata agli altri Stati membri e alla Commissione». L’art. 7, n. 2, del regolamento n. 3600/92, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 27 giugno 1997, n. 1199 (GU L 170, pag. 19), prevede che, fin dall’inizio del suo esame, «lo Stato membro relatore p[ossa] invitare i notificanti a presentare miglioramenti o integrazioni delle rispettive pratiche» e «p[ossa] consultare esperti di altri Stati membri nonché richiedere ad altri Stati membri ulteriori informazioni tecniche o scientifiche necessarie ai fini della valutazione».

15      Dopodiché lo Stato membro redige e trasmette alla Commissione, al più tardi dodici mesi dopo averle ricevute, un rapporto sulla valutazione delle pratiche depositate, come dispone l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 3600/92. Questo rapporto deve comprendere, in particolare, una raccomandazione sull’opportunità di iscrivere la sostanza attiva interessata nell’allegato I della direttiva 91/414.

16      L’art. 7, n. 3, del regolamento n. 3600/92, come modificato dal regolamento n. 1199/97, prevede che, dopo aver ricevuto la sintesi della pratica e il rapporto di cui al n. 1, la Commissione li sottopone entrambi all’esame del comitato. Prima di sottoporre pratica e rapporto al comitato, la Commissione invia, a titolo informativo, agli Stati membri il rapporto del relatore. Inoltre, prima di sottoporre pratica e rapporto al comitato, possono essere consultati esperti degli Stati membri e la Commissione può interpellare inoltre alcuni o tutti i notificanti delle sostanze attive elencate nel regolamento di cui all’art.5, n. 2, in merito al rapporto o a parti del rapporto sulla sostanza attiva pertinente.

17      L’art. 7, n. 3 bis, del regolamento n. 3600/92, come inserito dal regolamento n. 1199/97, prevede che, in seguito a tale esame, la Commissione sottoponga al comitato un progetto di direttiva recante iscrizione della sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414 oppure un progetto di decisione destinata agli Stati membri che revoca le autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva ovvero un progetto di decisione destinata agli Stati membri che dispone una revoca siffatta, ma mantenendo la possibilità di riconsiderare l’iscrizione della sostanza attiva nell’allegato I della direttiva in questione previa presentazione dei risultati di determinate prove supplementari o di ulteriori informazioni, o, infine, un progetto di decisione che differisce l’iscrizione della sostanza, nell’allegato I della direttiva stessa, nelle more della presentazione dei risultati di prove supplementari o di ulteriori informazioni.

18      Tuttavia l’art. 7, n. 4, primo comma, primo trattino, del regolamento n. 3600/92, come integrato dal regolamento n. 2266/2000, prevede che, ove risulti, a seguito dell’esame del comitato, che occorre acquisire i risultati di alcune prove complementari o ulteriori informazioni, la Commissione fissi il termine entro il quale questi risultati o informazioni devono essere trasmessi. Tale articolo precisa:

«Tale termine sarà il 25 maggio 2002, a meno che la Commissione stabilisca un termine anticipato per una particolare sostanza attiva, fatta eccezione per i risultati di studi a lungo termine identificati come studi necessari dallo Stato membro relatore e dalla Commissione nel corso dell’esame del fascicolo e la cui completa conclusione non è prevista entro il termine stabilito, sempre che dalle informazioni presentate risulti che tali studi sono stati commissionati e che i relativi risultati saranno presentati entro il 25 maggio 2003. In casi eccezionali, se lo Stato membro relatore e la Commissione non hanno potuto identificare tali studi entro il 25 maggio 2001, può essere stabilita una data alternativa per il completamento degli studi, a condizione che il notificante dimostri allo Stato membro relatore che essi sono stati commissionati entro tre mesi dalla richiesta della loro esecuzione e presenti un protocollo e una relazione sullo stato di avanzamento entro il 25 maggio 2002».

19      L’art. 7, n. 4, del regolamento n. 3600/92, come integrato dal regolamento n. 2266/2000, prevede anche quanto segue:

«(…) [N]on è ammessa la presentazione di nuovi studi. Lo Stato membro relatore, con l’accordo della Commissione, può richiedere ai notificanti di presentare altri dati per chiarire il fascicolo. La Commissione comunica senza indugio allo Stato membro relatore le sostanze attive in merito alle quali non sono stati presentati entro il termine stabilito i risultati o le informazioni di cui al primo trattino. La Commissione decide, conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, ultimo comma, della direttiva, di non iscrivere nell’allegato I della direttiva [91/414] dette sostanze (…), indicandone i motivi (…)».

20      L’art. 7, n. 5, del regolamento n. 3600/92 dispone che «[l]a Commissione present[i] al comitato un progetto di decisione di non iscrizione nell’allegato I in conformità all’articolo 8, paragrafo 2, ultimo comma della direttiva (91/414) ne[l] cas[o] in cui (...) lo Stato membro relatore abbia informato la Commissione che i risultati di cui al paragrafo 4, primo trattino non sono stati presentati entro i termini».

21      Ai sensi dell’art. 8 del regolamento n. 3600/92, come modificato dal regolamento n. 2266/2000, dopo aver ricevuto i risultati delle prove supplementari o le ulteriori informazioni, lo Stato membro relatore deve portare a termine l’esame, garantire che il notificante trasmetta i risultati delle prove complementari oppure le informazioni complementari agli altri Stati membri e alla Commissione e comunicare al più tardi, entro sei mesi dal ricevimento di tutte le informazioni richieste, la sua valutazione del fascicolo sotto forma di addendum al rapporto di valutazione già presentato alla Commissione corredato di una raccomandazione relativa all’iscrizione o meno della sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414.

22      A norma dell’art. 8, n. 3, del regolamento n. 3600/92, come modificato dal regolamento n. 2266/2000, dopo aver ricevuto il rapporto dello Stato membro relatore, la Commissione lo sottopone all’esame del comitato. Quest’articolo prevede che, «[p]rima di trasmettere il fascicolo e il rapporto al comitato, la Commissione trasmette agli Stati membri, per informazione, il rapporto del relatore e può organizzare una consultazione di esperti di uno o più Stati membri». Si aggiunge che «[l]a Commissione può consultare alcuni o tutti i notificanti delle sostanze attive in merito al rapporto sulla sostanza attiva o a parti di esso», precisando che «[l]o Stato membro relatore procura che venga fornita la necessaria assistenza tecnica e scientifica per dette consultazioni». Dopo l’esame del comitato, la Commissione presenta infine al comitato un progetto di decisione di iscrizione, o non iscrizione, della sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414.

 Fatti

 Procedimento di valutazione

23      L’endosulfan è una sostanza attiva segnatamente utilizzata per la fabbricazione di pesticidi. Essa agisce come un veleno per contatto su una grande varietà di insetti e di acari in numerose colture, tra cui il cotone e molte specie di frutta e di legumi.

24      Bayer CropScience AG, Makhteshim-Agan Holding BV, Alfa Georgika Efodia AEVE e Aragonesas Agro, SA, ricorrenti, sono società la cui attività è, in particolare, la produzione e immissione in commercio di endosulfan e di prodotti fitosanitari a base di endosulfan.

25      In applicazione del regolamento n. 933/94, il Regno di Spagna è stato designato quale Stato membro relatore incaricato dell’esame dell’endosulfan. Risulta dall’allegato III di quest’ultimo che tale Stato membro ha designato in qualità di autorità competente per tale missione, conformemente all’art. 3 del regolamento n. 3600/92, il Ministero spagnolo dell’Agricoltura, della Pesca e dell’Alimentazione (in prosieguo: il «MAPA»). Il MAPA ha affidato all’Instituto Nacional de Investigacíon y Tecnologia Agraria y Alimentaria (l’Istituto nazionale di investigazione agricola ed alimentare, in prosieguo: l’«INIA») l’elaborazione di rapporti di valutazione relativi alle sostanze attive ai fini della loro iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414. Conseguentemente l’INIA è stato incaricato di elaborare il progetto di rapporto di valutazione per l’endosulfan ed ha partecipato ai dibattiti tra esperti organizzati dalla Commissione.

26      Prima del termine del 31 ottobre 1995 fissato dal regolamento n. 933/94, come modificato, soltanto il Makhteshim Agan International Coordination Center e l’AgrEvo GmbH, denominata ormai Bayer CropScience AG, hanno presentato presso il Regno di Spagna pratiche, ai sensi dell’art. 6 del regolamento n. 3600/92, concernenti l’endosulfan. Il Makhteshim Agan International Coordination Center e l’AgrEvo hanno unito i loro sforzi in seno ad un gruppo di lavoro denominato «gruppo di lavoro endosulfan» (in prosieguo: il «gruppo di lavoro»).

27      Nel febbraio 2000 il Regno di Spagna ha inviato alla Commissione un progetto di rapporto di valutazione concernente l’endosulfan, trasmesso in seguito dalla Commissione agli Stati membri ed all’AgrEvo, quale rappresentante del gruppo di lavoro. Un progetto preliminare di tale rapporto era stato inviato qualche mese prima al gruppo di lavoro. Nel progetto del rapporto di valutazione, il Regno di Spagna ha concluso che la decisione di iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 avrebbe dovuto essere rinviata in attesa del ricevimento e dell’esame di informazioni supplementari individuate nel progetto di rapporto di valutazione.

28      Dal gennaio al luglio 2001 si sono svolte numerose riunioni di esperti di molti Stati membri al fine di esaminare il progetto di rapporto di valutazione ed i commenti da esso provocati nell’ambito del procedimento di valutazione da parte di esperti di altri Stati membri quale previsto all’art. 7, n. 2, del regolamento n. 3600/92 a norma del quale la Commissione ha istituito in collaborazione con le autorità nazionali competenti un quadro di discussioni per effettuare tale tipo di valutazioni, denominato European Commission Co-ordination (ECCO). I membri del gruppo di lavoro hanno partecipato a tali discussioni.

29      Il 27 giugno 2001 il rapporto redatto in seguito a tale esame è stato distribuito agli Stati membri e, il 25 agosto 2001, al gruppo di lavoro al fine di ottenere commenti e chiarimenti complementari.

30      Dopo aver constatato che occorrevano talune informazioni supplementari per l’esame dell’endosulfan, il 21 novembre 2001 la Commissione ha adottato la decisione 2001/810/CE, relativa alla decisione in merito all’eventuale iscrizione di determinate sostanze attive nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE (GU L 305, pag. 32), che proroga la data limite per la presentazione di nuovi dati concernenti l’endosulfan al 25 maggio 2002 ed al 31 maggio 2003 per studi previsti a lungo termine, scadenze analoghe a quelle fissate all’art. 7, n. 4, del regolamento n. 3600/92.

31      Nel maggio 2002 il gruppo di lavoro ha prodotto nuovi dati, conformemente al calendario previsto dalla decisione 2001/810. Nel luglio 2002 esso ha avviato con il Regno di Spagna discussioni concernenti la possibilità di notificare studi relativi ad una diversa formulazione dell’endosulfan. La formulazione inizialmente notificata era sotto forma di polvere emoliente (WP) o di concentrato emulsionabile (EC), mentre il nuovo prodotto si presentava sotto forma di sospensione di capsule (CS). Secondo il gruppo di lavoro tale nuova formulazione poteva chiarire taluni dei dubbi già manifestati dal Regno di Spagna. In occasione di una riunione svoltasi il 7 luglio 2002, i rappresentanti del Regno di Spagna hanno dichiarato che non potevano accettare tale nuova pratica, pur suggerendo alle ricorrenti di sollecitare l’accordo informale della Commissione in proposito. Le ricorrenti non hanno ottenuto l’accordo in questione.

32      Nel maggio 2003 le ricorrenti hanno presentato gli studi a lungo termine menzionati nella decisione 2001/810 aggiungendovi taluni nuovi dati, cioè una nuova pratica conforme all’allegato III della direttiva 91/414 (v. punto 6 supra) relativa alla formulazione CS (in prosieguo: il «fascicolo CS»).

33      Il 22 gennaio 2004 si è tenuta una nuova riunione cui hanno partecipato il gruppo di lavoro endosulfan e le autorità spagnole. In occasione di tale riunione un esperto nei settori dell’ambiente e dell’ecotossicologia ha manifestato al gruppo di lavoro endosulfan talune delle sue preoccupazioni riguardanti l’endosulfan.

34      Il 26 gennaio 2004 il gruppo di lavoro ha ricevuto dal Regno di Spagna il rapporto concernente la valutazione dei dati presentati dal gruppo medesimo nel corso dei mesi di maggio 2002 e maggio 2003 sotto forma di addendum al rapporto di valutazione ed una versione aggiornata delle tabelle di valutazione.

35      Il 17 maggio 2004 si è svolta una riunione tripartita cui hanno partecipato la Commissione, il Regno di Spagna ed il gruppo di lavoro ai sensi dell’art. 6, n. 4, della direttiva 91/414. In occasione di tale riunione la Commissione ha dato notizie dei problemi sollevati dall’endosulfan ed ha indicato che si prefiggeva di proporre al comitato di non iscrivere l’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414. Essa ha peraltro invitato il gruppo di lavoro a comunicare i suoi commenti prima del 21 giugno 2004, pur precisando che non si poteva accettare alcun nuovo studio a sostegno della sua argomentazione, poiché la scadenza del 31 maggio 2003 era già superata.

36      Il 25 giugno 2004 i rappresentanti del gruppo di lavoro hanno inviato una lettera alla Commissione al fine di contestare il modo in cui era stata condotta la valutazione dell’endosulfan e di ottenere l’autorizzazione a produrre talune spiegazioni tecniche complementari ed hanno presentato argomenti supplementari, ma anche nuovi studi.

37      Con lettera 12 luglio 2004 la Commissione ha chiesto allo Stato membro relatore di non tener conto dei nuovi studi prodotti dal gruppo di lavoro. Una copia di tale lettera è stata presentata al gruppo di lavoro.

38      Il 24 settembre 2004 il gruppo di lavoro ha inviato una lettera alla Commissione chiedendole in sostanza di rinviare l’esame dell’endosulfan allo Stato membro relatore con l’istruzione di esaminare tutti i dati pertinenti ed intimandogli di definire la sua posizione entro un termine di 60 giorni.

39      Con lettera 26 novembre 2004 la Commissione ha risposto informando che stava elaborando una proposta di decisione di non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 e si prefiggeva di sottoporre tale progetto al comitato in occasione della sua prima riunione del 2005. La Commissione indicava anche che si era riferita, nella lettera del 12 luglio 2004, al procedimento previsto dal regolamento n. 3600/92 nonché alle scadenze previste per finalizzare l’esame delle sostanze di cui al regolamento stesso.

40      Con atto introduttivo registrato nella cancelleria del Tribunale il 31 gennaio 2005, le ricorrenti hanno presentato un ricorso per carenza (causa T‑34/05, Bayer CropScience e a./Commissione).

41      Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 gennaio 2005, la Makhteshim-Agan Holding, l’Aragonesas Agro e l’Alfa Georgika Efodia hanno presentato una domanda diretta ad ottenere che fossero emessi taluni provvedimenti provvisori concernenti la valutazione dell’endosulfan ai fini della sua eventuale iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414.

42      Con ordinanza 27 aprile 2005 il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti urgenti in quanto manifestamente irricevibile o perlomeno perché doveva essere in parte oggetto di un non luogo a provvedere e, per il resto, essere dichiarata manifestamente irricevibile.

43      Con ordinanza 6 settembre 2006 la Terza Sezione ha deciso che non v’era più luogo a provvedere sul ricorso per carenza, alla luce dell’adozione da parte della Commissione della decisione 2 dicembre 2005, 2005/864/CE, concernente la non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e il ritiro delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti detta sostanza attiva (GU L 317, pag. 25; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Decisione impugnata

44      Nella decisione impugnata la Commissione conclude che i criteri di iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 non sono soddisfatti. Essa precisa quindi all’art. 1 della suddetta decisione che l’endosulfan non è iscritto come sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414. La Commissione riassume, al punto 8 del preambolo della decisione impugnata, i motivi di tale non iscrizione:

«Durante la valutazione di tale sostanza attiva sono state individuate varie fonti di preoccupazione, soprattutto circa il destino e il comportamento ambientale in quanto la via di degradazione della sostanza attiva non è del tutto chiara e studi sulla degradazione del suolo, sulla degradazione nell’acqua/sedimento e sul mesocosmo hanno evidenziato metaboliti sconosciuti. Sotto il profilo ecotossicologico permangono molte preoccupazioni in quanto il rischio a lungo termine, soprattutto a causa della presenza dei suddetti metaboliti, non può essere adeguatamente valutato sulla base dei dati disponibili; né il tema dell’esposizione degli operatori in ambiente chiuso è stato sufficientemente chiarito sulla scorta delle informazioni disponibili. Inoltre l’endosulfan è volatile, il suo principale metabolita è persistente e i risultati della sorveglianza ne hanno rivelato la presenza in regioni nelle quali la sostanza non era impiegata. Di conseguenza, visti tali punti irrisolti, le valutazioni effettuate sulla base delle informazioni fornite non hanno dimostrato che, nel rispetto delle condizioni d’impiego proposte, i prodotti fitosanitari contenenti endosulfan possano soddisfare le prescrizioni dell’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 91/414 (...)».

45      A norma dell’art. 2 della decisione impugnata gli Stati membri provvedono affinché le autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva endosulfan siano ritirate prima del 2 giugno 2006, a decorrere dal 3 dicembre 2005 non siano concesse o rinnovate autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti endosulfan e vengano indicate le condizioni a cui, per quanto riguarda taluni impieghi specifici, determinati Stati membri possono mantenere in vigore le autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti endosulfan fino al 30 giugno 2007.

46      Ai sensi dell’art. 3 della decisione impugnata una proroga può essere accordata da uno Stato membro al detentore di un’autorizzazione in scadenza, per gli impieghi le cui autorizzazioni devono essere ritirate entro il 2 giugno 2006, al più tardi il 2 giugno 2007 e, per gli impieghi le cui autorizzazioni devono essere revocate entro il 30 giugno 2007, al più tardi il 31 dicembre 2007.

47      Al punto 14 del preambolo della decisione impugnata la Commissione indica che la presente decisione non pregiudica la presentazione, conformemente a quanto previsto dall’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 91/414/CEE, di una richiesta ai fini del possibile inserimento dell’endosulfan nell’allegato I della citata direttiva.

48      L’art. 4 della decisione impugnata dispone che gli Stati membri ne sono i destinatari.

 Procedimento e conclusioni delle parti

49      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 febbraio 2006 le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

50      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 maggio 2006, il Regno di Spagna ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanza 30 giugno 2006 il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento.

51      Con atto depositato in cancelleria il 12 giugno 2006, l’European Crop Protection Association (ECPA) ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti. Tale domanda è stata accolta con ordinanza 19 ottobre 2006 del presidente della Terza Sezione del Tribunale. L’ECPA ha presentato la sua memoria e le altre parti hanno presentato le loro osservazioni su quest’ultima nei termini impartiti.

52      Il 14 giugno 2006 le ricorrenti hanno presentato una domanda di misure di organizzazione del procedimento concernente in sostanza la comparizione e la testimonianza orale di talune persone che erano state coinvolte per lo Stato membro relatore nel procedimento di valutazione e la designazione di un esperto al fine di rispondere a taluni quesiti da esse formulati. Le altri parti hanno presentato nei termini impartiti le loro osservazioni su tale domanda.

53      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il 24 ottobre 2007 il Tribunale ha invitato le ricorrenti, la Commissione ed il Regno di Spagna a rispondere a quesiti per iscritto, il che essi hanno fatto nel termine impartito.

54      Le parti sono state sentite nelle loro difese orali all’udienza del 12 febbraio 2008.

55      Le ricorrenti sostenute dall’ECPA chiedono che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso ricevibile e fondato o, in subordine, rinviare la sua decisione circa la ricevibilità all’esame del merito;

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

56      La Commissione sostenuta dal Regno di Spagna chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile o infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sulla ricevibilità

57      Senza per questo sollevare un’eccezione di irricevibilità, la Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, da un lato, formula dubbi quanto all’interesse ad agire delle ricorrenti e, dall’altro, contesta la legittimazione ad agire di talune delle medesime.

 Sull’interesse ad agire

 Argomenti delle parti

58      Secondo la Commissione l’annullamento della decisione impugnata non collocherebbe necessariamente le ricorrenti in una posizione più favorevole. L’autorizzazione di immissione in commercio dell’endosulfan sarebbe mantenuta in attesa della sua valutazione ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’art. 8, n. 2, della direttiva 91/414. Tale periodo di esame scadrebbe il 31 dicembre 2006. Qualora si annullasse la decisione impugnata, la sentenza sarebbe successiva a questa data. In tale ipotesi la Commissione sarebbe tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta, in conformità dell’art. 233 CE, ma la scadenza del periodo transitorio farebbe sì che non sussisterebbe più un fondamento normativo evidente al fine di autorizzare il mantenimento dell’endosulfan sul mercato in attesa di una nuova valutazione. La pratica delle ricorrenti dovrebbe quindi essere oggetto di una valutazione conformemente all’art. 6 della direttiva 91/414, piuttosto che nell’ambito del programma di esame. Dato che le ricorrenti sono libere di notificare l’endosulfan in virtù del suddetto art. 6, proprio mentre è pendente la causa in corso, la Commissione ritiene che l’annullamento della decisione impugnata non migliori la loro situazione, se non nei limiti in cui la sentenza fornisca eventualmente indicazioni riguardo ai procedimenti ed ai criteri di valutazione.

59      Le ricorrenti contestano gli argomenti della Commissione.

 Giudizio del Tribunale

60      Occorre rilevare che la Commissione rimette in questione l’interesse ad agire delle ricorrenti. Perlomeno sembra che essa faccia valere come queste ultime abbiano perso il loro interesse ad agire nel corso del procedimento, segnatamente a partire dal 31 dicembre 2006, data della fine del periodo transitorio previsto all’art. 8, n. 2, della direttiva 91/414, come modificato. La Commissione sembra sostenere che a decorrere da tale data, da una parte, i prodotti delle ricorrenti non fruivano più di un’autorizzazione di immissione in commercio, ma in tal caso esse avrebbero potuto notificare le loro sostanze attive sul fondamento dell’art. 6 della direttiva 91/414, il quale descrive il procedimento di notifica e d’iscrizione delle sostanze attive al di fuori del regime transitorio di cui all’art. 8, n. 2, della suddetta direttiva previsto per le sostanze attive in rapporto alle quali prodotti fitosanitari erano già sul mercato due anni dopo la data di notifica della direttiva e, dall’altra, non sussisteva più un fondamento normativo evidente diverso dal suddetto art. 6 per valutare l’endosulfan, poiché era scaduto il periodo di valutazione del regime transitorio previsto all’art. 8, n. 2, della direttiva 91/414. Le ricorrenti avrebbero quindi potuto ottenere il medesimo risultato finale, cioè l’esame dei loro dati supplementari, sia sul fondamento dell’art. 6 della direttiva 91/414, sia attraverso il loro ricorso di annullamento.

61      Il Tribunale constata che la decisione impugnata, prevedendo la non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 e imponendo il ritiro delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari da parte degli Stati membri, è un atto che arreca pregiudizio il cui annullamento procurerebbe un vantaggio alle ricorrenti, ai produttori ed ai venditori di prodotti fitosanitari a base di endosulfan. L’interesse ad agire delle ricorrenti al momento della presentazione del ricorso era quindi nato ed attuale.

62      Peraltro, contrariamente a quanto sembra argomentare la Commissione, né la scadenza del periodo transitorio di esame né l’esistenza del procedimento di notifica previsto all’art. 6 della direttiva 91/414 influiscono sulla permanenza del suddetto interesse ad agire.

63      Quanto all’asserita impossibilità della Commissione di adottare una nuova decisione sul fondamento dell’art. 8, n. 2, della direttiva 91/414 in esecuzione di un’eventuale sentenza di annullamento, essa non influisce sull’interesse ad agire delle ricorrenti. Infatti, conformemente all’art. 233, primo comma, CE, la Commissione è tenuta a prendere i provvedimenti che comporta l’esecuzione di una sentenza di annullamento. A fronte di un siffatto annullamento, con gli effetti retroattivi ad esso connessi, la Commissione dovrebbe nuovamente emanare una decisione sulla base del fascicolo notificato, interessato dall’annullamento, e pronunciarsi, collocandosi alla data della notificazione [v. in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 2 maggio 2006, causa T‑328/03, O2 (Germany)/Commissione, Racc. pag. II-1231, punto 48]. Il fatto che si sia verificato un qualsiasi cambiamento nella normativa alla base della decisione impugnata successivamente all’adozione di quest’ultima non è quindi rilevante per emettere un giudizio sull’opportunità per le ricorrenti di far valere le loro censure circa la procedura seguita ed il risultato ottenuto sotto la disciplina vigente all’epoca dei fatti.

64      Ne consegue che l’argomento fondato sul fatto che la Commissione dovrebbe, in seguito ad una sentenza di annullamento, valutare l’endosulfan secondo il procedimento di cui all’art. 6 della direttiva 91/414 è inoperante. Non si può negare comunque che la possibilità per le ricorrenti di procedere ad una nuova notificazione dell’endosulfan sul fondamento dell’art. 6 della direttiva 91/414, possibilità cui la decisione impugnata fa esplicito riferimento al punto 14 del preambolo, rappresenta per loro una soluzione meno vantaggiosa dell’eventuale ripresa, dopo una sentenza di annullamento, del primo procedimento di valutazione dal momento in cui è stato eventualmente commesso un atto illegittimo, talché la suddetta possibilità per le ricorrenti di far esaminare l’endosulfan grazie all’avvio di un nuovo procedimento su un altro fondamento normativo non influisce sul loro interesse ad ottenere una decisione del Tribunale sulla validità del primo procedimento.

65      Le ricorrenti hanno quindi interesse ad ottenere una decisione del Tribunale sui motivi avanzati contro la decisione.

 Sulla legittimazione ad agire

 Argomenti delle parti

66      La Commissione ammette che la Bayer CropScience è individualmente interessata dalla decisione impugnata, poiché ha partecipato al procedimento amministrativo. Essa contesta tuttavia il fatto che le altre ricorrenti abbiano partecipato al suddetto procedimento e, di conseguenza, possano considerarsi individualmente interessate dalla decisione impugnata.

67      Secondo le ricorrenti ognuna di esse è individualmente interessata dalla decisione impugnata.

 Giudizio del Tribunale

68      Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza consolidata, quando si tratta di stabilire la ricevibilità di un unico ricorso presentato da molti ricorrenti ed il ricorso è ricevibile per quanto riguarda uno di essi, non occorre esaminare la legittimazione degli altri ricorrenti (v., in tal senso, sentenza della Corte 24 marzo 1993, causa C‑313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I-1125, punto 31; sentenze del Tribunale 6 marzo 2002, cause riunite T‑127/99, causa T‑129/99 e T‑148/99, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, Racc. pag. II-1275, punto 52, e 8 luglio 2003, causa T‑374/00, Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione, Racc. pag. II‑2275, punto 57).

69      Dato che la prima ricorrente, la Bayer Cropscience, come riconosce la stessa Commissione, è direttamente e individualmente interessata dalla decisione impugnata, non è dunque necessario esaminare la legittimazione ed agire delle altre ricorrenti per concludere nel senso della ricevibilità del ricorso.

70      Risulta da tutto quanto precede che il ricorso è ricevibile.

 Sul merito

71      A sostegno del ricorso le ricorrenti avanzano tre motivi: il primo motivo è fondato su vizi di procedura, sul carattere non equo del procedimento di valutazione nonché sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento. Il secondo motivo è fondato sulla violazione, da un lato, dell’art. 95, n. 3, CE (prima parte) e, dall’altro, dell’art. 5, n. 2, della direttiva 91/414 (seconda parte). Il terzo motivo è fondato sulla violazione di taluni principi generali del diritto comunitario. Il Tribunale ritiene utile esaminare insieme il primo motivo e la seconda parte del secondo motivo.

 Sul primo motivo, fondato su vizi di procedura, sul carattere non equo del procedimento di valutazione e sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, e sulla seconda parte del secondo motivo, fondata sulla violazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414

72      Nell’ambito del primo motivo, le ricorrenti fanno valere numerosi addebiti che riguardano, segnatamente, il fatto che la decisione impugnata si fonda su criteri diversi da quelli specificati nella direttiva 91/414, il fatto che la valutazione dell’endosulfan è incompleta e basata su un’utilizzazione selettiva dei dati da essi forniti, sull’applicazione retroattiva di nuovi orientamenti e di nuovi criteri stabiliti dalla Commissione dopo la notifica e la presentazione dei dati, il rifiuto della Commissione di dar loro consiglio e di concertarsi nel contesto del cambiamento dei criteri e della politica di valutazione ed il rifiuto, opposto al termine del procedimento di valutazione, di esaminare nuovi dati trasmessi in risposta diretta all’applicazione da parte della Commissione di nuovi criteri e/o nuovi orientamenti relativi alla valutazione.

73      Tali addebiti si riferiscono in sostanza a sette problematiche concernenti, in primo luogo, il metabolita sconosciuto, in secondo luogo, il fascicolo CS, in terzo luogo, l’esposizione dell’operatore in ambiente chiuso, in quarto luogo, le buone pratiche agricole (BPA) riviste, in quinto luogo, la classificazione dell’endosulfan come inquinante organico persistente (POP) e sostanza persistente, bioaccumulabile e tossica (PBT), in sesto luogo, l’impiego in serra e, in settimo luogo, l’impatto del ritardo causato dallo Stato membro relatore e dalla Commissione nel procedimento di valutazione. Tali problematiche saranno esaminate ai punti 97-206 in prosieguo.

74      Talune delle sette problematiche summenzionate, nonché gli addebiti avanzati nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, fondata sulla violazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414, riguardano la questione se la Commissione aveva il diritto di rifiutare di esaminare taluni dati o studi che sarebbero stati presentati fuori termine. Il Tribunale ritiene utile esaminare anzitutto la questione dell’applicabilità dei termini procedurali per la presentazione di studi dato il fatto che, a norma dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414, la decisione di iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I della medesima direttiva deve essere presa «in base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche», in quanto tale questione concerne il contesto generale della valutazione del caso di specie.

 Sulla questione preliminare dell’applicazione dei termini procedurali e dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414

–       Argomenti delle parti

75      Le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, addebitano in sostanza alla Commissione di aver preso la decisione di non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 a causa di dubbi circa la sua innocuità fondati su una carenza di informazioni a una certa data prima della fine del periodo transitorio. Orbene, secondo le ricorrenti, l’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414, a norma del quale le suddette decisioni devono tener conto dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, implica che vanno presi in considerazione tutti i dati da esse forniti prima della fine del procedimento di valutazione. Il non prolungamento dei termini per la presentazione di studi nel caso di specie costituirebbe un errore manifesto di valutazione, tenuto conto del fatto che proprio il comportamento della Commissione e del Regno di Spagna avrebbe impedito alle ricorrenti di rispettare i termini legali. A sostegno della loro argomentazione esse invocano la sentenza della Corte 18 luglio 2007 (causa C‑326/05 P, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, Racc. pag. I-6557; in prosieguo: la «sentenza IQV»).

76      La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, considera che l’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 dev’essere letto alla luce dell’obiettivo generale dell’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari e del sistema istituito a tale effetto. La valutazione dei prodotti fitosanitari servirebbe a migliorare la produzione agricola, ma anche a tutelare la sanità e l’ambiente. Secondo la Commissione i procedimenti di valutazione devono permettere un esame molto approfondito pur garantendo che le decisioni siano prese entro un termine ragionevole. Infine esse dovrebbero assicurare la parità di trattamento tra le imprese che hanno notificato sostanze attive pur tenendo conto delle caratteristiche proprie delle diverse sostanze. L’interpretazione estensiva del suddetto articolo effettuata dalle ricorrenti condurrebbe ad uno scenario che paralizzerebbe l’insieme del sistema di immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, il che sarebbe contrario agli obiettivi della direttiva 91/414. Peraltro la sentenza IQV, punto 75 supra, riguarderebbe un caso particolare e non sarebbe rilevante per la soluzione della controversia nella fattispecie.

–       Giudizio del Tribunale

77      Le ricorrenti asseriscono che la Commissione aveva l’obbligo di prendere in considerazione taluni dati e studi da esse presentati fuori termine, il che equivale a sostenere in sostanza che avrebbero dovuto fruire di una proroga dei termini procedurali o che avrebbero dovuto esser loro accordati nuovi termini.

78      Occorre ricordare che esistono precise disposizioni regolamentari concernenti la durata del procedimento generale di valutazione delle sostanze attive ed i termini di presentazione di una pratica completa e delle informazioni complementari. Infatti il regolamento n. 3600/92, come modificato dal regolamento n. 2266/2000, nonché la decisione 2001/810 prevedevano la scadenza per l’endosulfan al 25 marzo 2002, quanto alla presentazione degli studi e di dati supplementari, e al 31 maggio 2003, per studi a lungo termine qualificati come necessari. La legittimità di tali disposizioni non è rimessa in questione nel caso di specie.

79      Si deve anche rilevare che risulta dall’art. 7, n. 4, del regolamento n. 3600/92 (v. punto 18 supra) che la Commissione ha la possibilità di procrastinare il termine per gli studi a lungo termine solo in casi eccezionali, cioè se lo Stato membro relatore e la Commissione non hanno potuto identificare, prima del 25 maggio 2001, gli studi a lungo termine giudicati necessari per l’esame del fascicolo. Inoltre il notificante deve dimostrare allo Stato membro relatore che essi sono stati commissionati entro tre mesi dalla richiesta della loro esecuzione e presentare un protocollo e una relazione sullo stato di avanzamento relativi allo studio entro il 25 maggio 2002. Orbene, ciò non si è verificato nella fattispecie poiché i dati e gli studi controversi non riguardavano studi a lungo termine richiesti dai valutatori.

80      Nonostante la chiarezza di tale contesto normativo, tenuto conto del caso di specie, vanno esaminate le circostanze in cui avrebbe potuto sussistere un obbligo in capo alla Commissione di accordare una proroga di termini, soprattutto in considerazione del fatto che il periodo transitorio per l’autorizzazione di immissione in commercio dell’endosulfan doveva terminare in linea di principio nel luglio 2003, ma era stato prorogato, nel 2002, sino al 31 dicembre 2005 e, finalmente, nel 2005, sino al 31 dicembre 2006 (v. punto 7 supra), a meno che una decisione di iscrivere o di non iscrivere la sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414 non fosse stata adottata prima di tale data.

81      In proposito, si deve ricordare che, come emerge dal quinto, sesto e nono ‘considerando’ della direttiva 91/414, questa mira all’eliminazione degli ostacoli agli scambi intracomunitari di prodotti fitosanitari, mantenendo nel contempo un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana ed animale (sentenza della Corte 14 settembre 2006, causa C‑138/05, Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, Racc. pag. I‑8339, punto 43).

82      In tale ambito dev’essere riconosciuto alla Commissione un ampio potere discrezionale affinché questa possa perseguire efficacemente l’obiettivo assegnatole e in considerazione delle complesse valutazioni tecniche che essa deve effettuare (sentenza IQV, punto 75 supra, punto 75). Il potere di concedere una proroga di termini è molto simile ad un potere discrezionale il quale dipende dalle circostanze della fattispecie.

83      L’esercizio di tale potere non è tuttavia sottratto al sindacato giurisdizionale. Infatti da una costante giurisprudenza risulta che, nell’ambito di tale sindacato, il giudice comunitario deve verificare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati dalla Commissione, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o l’insussistenza di sviamento di potere (sentenze della Corte 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke, Racc. pag. 69, punto 5, e 22 ottobre 1991, causa C‑16/90, Nölle, Racc. pag. I‑5163, punto 12)

84      In particolare, quando una parte invoca un errore manifesto di valutazione commesso dall’istituzione competente, il giudice comunitario deve valutare se tale istituzione ha esaminato, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie sui quali si fondano le conclusioni che ne vengono tratte (v., in particolare, sentenza della Corte 21 novembre 1991, causa C‑269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I‑5469, punto 14).

85      Si deve anche ricordare che risulta dall’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 3600/92, come completato dal regolamento n. 2266/2000, che proprio il notificante deve dimostrare che, in base alle informazioni presentate per uno o più preparati per una serie limitata di usi rappresentativi, possono essere soddisfatti i requisiti della direttiva per quanto riguarda i criteri di cui all’art. 5 della stessa. L’onere della prova dell’innocuità della sostanza attiva incombe quindi al notificante, il che non è peraltro contestato dalle ricorrenti.

86      Inoltre è evidente che una proroga indeterminata del termine di valutazione di una sostanza attiva sarebbe contrario all’obiettivo perseguito dalla direttiva 91/414 che consiste nel garantire un livello elevato di protezione della salute umana ed animale.

87      Quanto alla menzione della sentenza IQV, punto 75 supra, occorre precisare che la causa all’origine di tale sentenza concerneva un contesto molto particolare, diverso da quello del caso di specie, dato che la decisione di rifiuto di iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 della sostanza attiva in questione in quella causa era stata presa per la totale assenza di valutazione, non essendo stata presentata una pratica iniziale completa. La controversia riguardava quindi la questione relativa al termine applicabile per la presentazione di una pratica di notificazione completa. Orbene, nel caso di specie, la decisione di non iscrizione è stata adottata in esito ad un procedimento di valutazione che poggia, segnatamente, su una notificazione iniziale reputata completa, un progetto di rapporto di valutazione, una consultazione di esperti degli Stati membri e sulla possibilità per il gruppo di lavoro di produrre argomenti e studi supplementari al fine di rispondere ai dubbi emessi dallo Stato membro relatore nel progetto di rapporto di valutazione e nel corso del processo di consultazione di esperti degli Stati membri.

88      Ad onta del contesto fattuale molto diverso all’origine della sentenza IQV, punto 75 supra, in rapporto al caso di specie, occorre rilevare che la Corte, dopo aver riconosciuto l’esistenza di un ampio potere discrezionale della Commissione nell’esercizio delle sue competenze nell’ambito della direttiva 91/414, ha concluso che essa aveva commesso un errore manifesto di valutazione rifiutando di accordare alla Industrias Químicas del Vallés SA (in prosieguo: l’«IQV») una proroga del termine impartito per la presentazione di una pratica iniziale completa poiché, da un lato, l’impossibilità per l’IQV di osservare i suddetti termini era dovuta, almeno in parte, al comportamento contraddittorio delle autorità competenti e, dall’altro, una proroga dei termini controversi era possibile sulla base della normativa in questione (sentenza IQV, punto 75 supra, punti 84-88).

89      Si può dedurre dalla giurisprudenza citata che, nell’ambito di una decisione concernente l’iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 di una sostanza di cui alla procedura prevista all’art. 8, n. 2, della suddetta direttiva, si impone la moratoria se, da un lato, non è impossibile derogare ai termini procedurali fissati dalla normativa in parola e, dall’altro, le parti che hanno notificato la sostanza attiva si sono trovate in una situazione di forza maggiore che ha impedito loro di osservare i termini procedurali, circostanza che potrebbe sussistere se l’impossibilità di osservare i suddetti termini sia stata dovuta, almeno in parte, al comportamento contraddittorio delle autorità competenti.

90      Per quanto riguarda il punto se fosse impossibile per la Commissione derogare ai termini procedurali in questione nel caso di specie, va constatato che la Commissione non fornisce convincenti argomenti al riguardo. Essa invoca necessità pratiche e politiche derivanti dal fatto che si è impegnata nel 2001 nei confronti del Consiglio e del Parlamento a prendere un massimo di decisioni prima del luglio 2003 sottolineando che qualsiasi proroga sarebbe eccezionale e limitata. Inoltre essa sostiene che tutte le imprese notificanti sostanze attive devono rispettare i termini procedurali ed il fatto di riservare un trattamento speciale alle ricorrenti solleverebbe problemi di lesione della parità di trattamento, in particolare nei confronti delle imprese che si sono ritirate dal procedimento a causa della scadenza dei termini procedurali che esse ritenevano imperativi. Parimenti, secondo la Commissione, se alle ricorrenti fosse lecito aggiungere continuamente nuovi elementi alla loro pratica, occorrerebbe consacrare risorse supplementari all’endosulfan a detrimento di altre sostanze la cui valutazione sarebbe ritardata.

91      Si deve constatare che considerazioni politiche o pratiche non costituiscono un motivo sufficiente per rifiutare una proroga dei termini in un caso particolare, nell’ipotesi in cui una proroga siffatta sarebbe necessaria al fine di garantire un procedimento di valutazione corretto ed equo. Peraltro l’argomento della Commissione fondato sulla lesione della parità di trattamento non può essere accolto dal momento che la proroga si rende necessaria a causa delle particolari circostanze di un determinato procedimento di valutazione e dei suoi partecipanti. È infatti giurisprudenza consolidata che il principio di parità di trattamento non osta a qualunque trattamento differenziato, ma vieta di trattare in modo diverso situazioni comparabili, causando con ciò un pregiudizio a taluni operatori rispetto ad altri, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del Tribunale 5 aprile 2006, causa T‑351/02, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II-1047, punto 137 e giurisprudenza ivi citata).

92      Va comunque constatato che la decisione 2001/810 prevede essa stessa termini di presentazione di dati e studi supplementari differenti per talune sostanze. Infatti, ad esempio, il termine per la presentazione di studi, che è il 25 maggio 2002 per la maggior parte delle sostanze di cui a tale decisione, è nondimeno fissato al 30 novembre 2002 per il clortoluron, al 31 dicembre 2002 per il dinocap ed al 31 gennaio 2003 per il benalaxil. Quanto ai termini per la presentazione di studi previsti a lungo termine, quello per l’endosulfan è fissato al 31 maggio 2003. Per la maggior parte delle altre sostanze considerate nella suddetta decisione, esso è fissato al 25 maggio 2003. Orbene, quello per il benomil, il clortoluron ed il dinocap è nondimeno fissato al 31 dicembre 2003. La Commissione indica nella decisione 2001/810 che tali sostanze costituiscono casi eccezionali. Tuttavia è necessario constatare che l’art. 7, n. 4, del regolamento n. 3600/92, come completato dal regolamento n. 2266/2000, prevede prolungamenti di termini solo in «casi eccezionali» per gli studi a lungo termine. Orbene, la decisione 2001/810 accorda deroghe anche al termine generale del 25 maggio 2002 per cui il regolamento n. 3600/92 non prevede alcuna possibilità di prolungamento (v. punto 18 supra). Ne consegue che la Commissione non ha dimostrato che sarebbe stato impossibile nel caso di specie prorogare i termini procedurali.

93      È però importante precisare ulteriormente che non può dedursi dal riferimento nell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 «alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche» che imprese che hanno notificato una sostanza attiva e che si trovano di fronte alla probabilità di una decisione di non iscrizione di tale sostanza nell’allegato I della direttiva 91/414 dovrebbero fruire della possibilità di produrre nuovi dati fintantoché persistono dubbi concernenti l’innocuità della suddetta sostanza attiva. Un’interpretazione siffatta della suddetta disposizione sarebbe contraria all’obiettivo di un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana ed animale inerente all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 nel senso che equivarrebbe ad accordare alla parte notificatrice della sostanza attiva, che ha, da un lato, l’onere della prova della sua innocuità e, dall’altro, la migliore conoscenza della sostanza in questione, un diritto di veto rispetto ad un’eventuale decisione di non iscrizione della sostanza stessa nell’allegato I della direttiva 91/414.

94      Peraltro un diritto di veto siffatto è tanto più inconcepibile, considerata l’esistenza, come indicato al punto 14 del preambolo della decisione impugnata, della possibilità di (ri)notificare la sostanza attiva in vista della sua eventuale iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 sul fondamento dell’art. 6, n. 2, di quest’ultima.

95      Occorre quindi esaminare alla luce delle considerazioni precedenti gli addebiti avanzati dalle ricorrenti al fine di verificare se, nel caso di specie, esse siano state poste, a causa del comportamento contraddittorio dei valutatori, in una situazione di forza maggiore che ha loro impedito di osservare i termini legali.

 Sulla prima problematica concernente il metabolita sconosciuto

–       Argomenti delle parti

96      Le ricorrenti argomentano in sostanza nel senso che la conclusione figurante al punto 8 della decisione impugnata secondo cui la via di degradazione della sostanza attiva non è chiara e che studi sulla degradazione nel suolo, sulla degradazione nell’acqua/sedimento e sul mesocosmo hanno evidenziato metaboliti sconosciuti, nonché la conclusione secondo cui, sotto il profilo ecotossicologico, permangono molte preoccupazioni dato che le informazioni disponibili non permettono uno studio sufficiente del rischio a lungo termine risultante in particolare dalla presenza dei suddetti metaboliti poggiano su errori manifesti di valutazione e violano i loro diritti della difesa ed il loro legittimo affidamento, talché il procedimento di valutazione è risultato non equo.

97      In primo luogo, le ricorrenti affermano di essere state informate tardivamente, cioè solo nel gennaio 2004, della problematica del metabolita sconosciuto, e segnatamente del suo carattere cruciale per il procedimento di valutazione, talché era per loro impossibile soddisfare tale preoccupazione dei valutatori nei termini legali. Orbene, esse avrebbero segnalato la presenza di un metabolita sconosciuto nel processo di degradazione dell’endosulfan nel maggio 2002.

98      In secondo luogo, esse sarebbero state poste di fronte ad orientamenti in evoluzione costante comprendenti criteri di rilevanza dei metaboliti mutanti che sarebbero stati applicati in maniera retroattiva. Orientamenti del 2002 la cui applicazione era prevista solo riguardo a sostanze attive notificate nel corso della terza fase del programma di esame ma che sarebbero stati applicati retroattivamente poiché l’endosulfan rientra nella prima fase avrebbero segnatamente introdotto il criterio di rilevanza dei metaboliti, presenti solo per un livello inferiore al 10% della sostanza attiva iniziale, cui i valutatori avrebbero fatto ricorso.

99      In terzo luogo, la presenza di un metabolita sconosciuto sarebbe stata rilevata in uno studio concernente la via di degradazione e non la velocità di degradazione, la cui realizzazione non costituiva nemmeno un obbligo in capo alle ricorrenti poiché riguardava test a partire dal metabolita solfato di endosulfan e non dall’endosulfan medesimo. I valutatori avrebbero quindi preso in considerazione uno studio inappropriato per sollevare tale problema che pertanto non sussisterebbe.

100    In quarto luogo, la presa in considerazione del criterio della soglia di rilevanza del 10% per «metaboliti di metaboliti» (cioè per metaboliti dell’endosulfan solfato, esso stesso un metabolita di endosulfan) sarebbe contrario agli orientamenti che non prevederebbero alcuna analisi a partire da metaboliti delle sostanze attive, ma soltanto studi a partire dalla sostanza attiva medesima. Peraltro la Commissione, valutando i diversi aspetti della sostanza attiva delle ricorrenti e i prodotti formulati che ne risultano, avrebbe cercato di raggiungere un «rischio zero» il che equivarrebbe in sostanza a chiedere alle ricorrenti una probatio diabolica, riconosciuta come illegittima in tutti i sistemi giuridici degli Stati membri e nella giurisprudenza.

101    In quinto luogo, vi sarebbe una carenza di interazione costante con lo Stato membro relatore sulla problematica del metabolita sconosciuto poiché non vi sarebbe stato un ritorno di informazione su questioni ambientali, problema che sarebbe comparso nel modo più palese nel periodo 2001-2004.

102    In sesto luogo, le ricorrenti avrebbero fornito le prove scientifiche secondo cui il metabolita di metabolita non raggiungeva neppure la soglia di rilevanza del 10% per cui il metabolita del solfato di endosulfan in parola non era significativo e non poteva quindi rappresentare un rischio per l’ambiente. Ciò emergerebbe segnatamente da un’estrapolazione operata sulla base dello studio sulle vie di degradazione nel suolo presentato entro i termini nel maggio 2002. Inoltre le ricorrenti avrebbero prodotto studi i quali dimostravano che il metabolita di metabolita trovato nel suolo non era rilevante ai fini della valutazione dell’ecotossicologia e del comportamento dell’endosulfan nell’ambiente perché esso sarebbe meno tossico della sostanza attiva medesima.

103    In settimo luogo, il problema del metabolita sconosciuto sarebbe stato risolto attraverso le BPA riviste, la formulazione CS e l’impiego in serra, che riguardano tutti studi ed argomenti che la Commissione ha rifiutato di prendere in considerazione perché sarebbero stati presentati fuori termine.

104    La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, contesta gli argomenti delle ricorrenti.

105    In primo luogo, la Commissione fa valere che risultava già dal progetto del rapporto di valutazione che la via di degradazione dell’endosulfan costituiva un problema e che la questione era stata sollevata anche nel corso di una riunione del 20 gennaio 2000.

106    In secondo luogo, gli orientamenti sarebbero privi di qualsiasi valore giuridico di modo che non esisterebbe alcuna regola di diritto positivo che prescrive se sia possibile, al di qua di una certa soglia, non tener conto delle preoccupazioni ambientali.

107    In terzo luogo, lo Stato membro relatore e la Commissione avrebbero il diritto di basare le loro conclusioni su qualsiasi tipo di studio prodotto dalle ricorrenti, indipendentemente dal punto relativo al tipo di questione cui risponderebbe lo studio di cui trattasi.

108    In quarto luogo, per quanto concerne la questione della soglia di rilevanza dei metaboliti di metaboliti, la Commissione pone l’interrogativo se gli argomenti delle ricorrenti siano ricevibili in quanto non sarebbero sufficientemente chiari per essere conformi all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale. Per scrupolo di esaustività, la Commissione replica nondimeno ai suddetti argomenti menzionando un parere del comitato scientifico dei pesticidi del 30 novembre 2000 che corroborerebbe la conclusione secondo cui non si può escludere il rischio di una contaminazione delle acque sotterranee attraverso i metaboliti generati ad un tasso inferiore alla soglia del 10%. Peraltro emergerebbe dall’allegato II della direttiva 91/414 che si dovevano presentare anche i dati relativi a metaboliti in proporzione inferiore al 10%. Comunque la questione della soglia di rilevanza dei metaboliti rientrerebbe nell’ampio potere discrezionale della Commissione.

109    In quinto luogo, quanto all’asserita carenza di interazione, la Commissione ed il Regno di Spagna deducono in sostanza che le ricorrenti hanno fruito di numerose opportunità durante il procedimento di valutazione per far conoscere il loro punto di vista e produrre dati supplementari. La normativa applicabile non conterrebbe peraltro alcuna indicazione circa il grado di interazione o il ritorno di informazione richiesto.

110    In sesto luogo, sarebbe irricevibile l’argomento secondo cui le ricorrenti avrebbero fornito prove in base alle quali il metabolita di metabolita non raggiungerebbe la soglia di rilevanza del 10% non sarebbe persistente e sarebbe comunque meno tossico dell’endosulfan. Le ricorrenti avrebbero solo rimesso in questione le conclusioni scientifiche del procedimento di valutazione nella fase della replica, poiché il ricorso si limita a criticare il modo in cui il procedimento è stato condotto. Sarebbe in ogni caso erronea l’argomentazione delle ricorrenti secondo cui si potrebbe non prendere in considerazione il problema del metabolita sconosciuto. Il Regno di Spagna, dal canto suo, contesta anche le conclusioni scientifiche degli studi presentati dalle ricorrenti al riguardo.

111    In settimo luogo, per quanto riguarda la questione se il problema del metabolita sia stato risolto attraverso le soluzioni proposte dalle ricorrenti ai fini del procedimento concernente in particolare le BPA riviste, la formulazione CS e l’impiego in serra, la Commissione e lo Stato membro relatore avrebbero avuto il diritto di rifiutare di tener conto degli studi in parola in quanto presentati fuori termine.

–       Giudizio del Tribunale

112    Va precisato in via preliminare che la problematica del metabolita sconosciuto concerne essenzialmente la questione se la Commissione potesse legittimamente fondare il rifiuto di iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 sull’assenza di dati sufficienti concernenti talune sostanze risultanti dal processo di degradazione dell’endosulfan, segnatamente metaboliti o residui che compaiono soltanto in una seconda fase della degradazione, cioè nella fase della degradazione del metabolita primario, appunto l’endosulfan solfato.

113    Per quanto concerne, in primo luogo, la questione se le ricorrenti siano state informate in tempo utile della problematica del metabolita sconosciuto nonché del suo carattere essenziale per le analisi dei rischi ambientali dell’endosulfan, segnatamente prima della riunione del gennaio 2004, nel corso della quale a loro avviso il problema del metabolita sconosciuto è stato sollevato per la prima volta, occorre rilevare anzitutto come dalla pratica risulti che diversi commenti e richieste di dati formulati prima del 2004 si riferiscono alla preoccupazione dei valutatori di comprendere il percorso di degradazione dell’endosulfan e dei suoi metaboliti, al pari della velocità di degradazione.

114    Si afferma infatti nel progetto di rapporto di valutazione del dicembre 1999 che «è necessaria una più ampia investigazione delle vie di degradazione nel suolo e nell’acqua» e che «si dovrebbe proporre una cinetica di decomposizione corretta (via e tasso)». Vi si indica anche che «la maggior parte dei prodotti di decomposizione di endosulfan sono organoclorati che potrebbero essere persistenti e sollevare un problema di ambiente».

115    Inoltre le conclusioni del suddetto progetto di rapporto di valutazione fanno riferimento ad «un’elevata persistenza di un residuo nel suolo costituito da numerosi metaboliti clorati i quali possono singolarmente non superare il livello del 10% della dose applicata, ma possono tutti insieme rappresentare una grande quantità di residuo». Vi si precisa anche che:

«sulla base della loro struttura chimica, ci si può attendere a che le proprietà fisico-chimiche di tali composti siano similari nonché generalmente persistenti e bioaccummulabili. Di conseguenza uno studio approfondito del progredire della degradazione di tale composto doveva essere obbligatorio e la sua realizzazione indispensabile».

116    Inoltre il verbale di una visita all’INIA nel dicembre 1999 redatto dalle ricorrenti indica che «era chiaramente dimostrato che il nucleo clorato si scompone con identificazione dei prodotti di degradazione».

117    Si può ancora far riferimento al verbale di una riunione del 25 agosto 2001 che indica quanto segue:

«La questione della rilevanza di metaboliti diversi dall’endosulfan solfato nel suolo ed il loro impatto ecotossicologico è stata sollevata e diviene molto importante nella prospettiva del chiaro messaggio del D.T. secondo cui studi ecotossicologici recentemente presentati per gli altri metaboliti conducono chiaramente alla condizione che essi sono rilevanti sotto il profilo della tossicità. Per tale ragione la loro rilevanza deve in definitiva basarsi sui risultati degli studi in corso di chimica ambientale riguardo al suolo ed ai sedimenti. Se essi compaiono soltanto in quantità minori, la loro rilevanza sarà esclusa. In caso contrario ci si può attendere notevoli conseguenze per il programma di test ecotossicologici».

118    Risulta dal precedente esame delle prove documentali che le ricorrenti non possono negare di essere state informate in merito alla necessità di chiarire le vie di decomposizione dell’endosulfan in una fase precoce del procedimento, poiché domande al riguardo sono state formulate il più tardi all’inizio del 2000. Ne deriva anche che, in questo stesso periodo e al più tardi nell’agosto 2001, esse erano informate della preoccupazione dei valutatori a proposito della persistenza di taluni metaboliti e del fatto che, se questi ultimi fossero dichiarati rilevanti, l’impatto sarebbe considerevole ai fini delle analisi tossicologiche. Pertanto le ricorrenti hanno avuto l’opportunità di chiarire la maniera in cui l’endosulfan si decomponeva, questione essenziale per l’esame dei rischi ambientali. Tuttavia, sulla base degli studi presentati sino al maggio 2003, è stato in seguito concluso che il percorso di degradazione non era sufficientemente chiaro, conclusione che le ricorrenti contestano e riguardo alla quale esse hanno potuto peraltro fornire argomenti supplementari. Orbene, un siffatto disaccordo nel merito non può essere confuso con la questione se le ricorrenti abbiano avuto l’effettiva opportunità, nel corso del procedimento di valutazione, di chiarire il percorso di degradazione dell’endosulfan, né con quella se i valutatori abbiano rivelato l’importanza di tale questione per l’esame dei rischi.

119    In secondo luogo, circa la questione se durante il procedimento di valutazione alle ricorrenti siano stati eccepiti orientamenti che sono stati oggetto di numerose modifiche rendendo impossibile il rispetto dei termini procedurali del maggio 2002 e del maggio 2003, occorre precisare anzitutto che la Commissione ha la facoltà di imporre a se stessa indirizzi per l’esercizio del suo potere discrezionale con atti non prescritti all’art. 249 CE nei limiti in cui tali atti contengano regole indicative sulla condotta da tenere e non deroghino alle norme del Trattato. Il giudice comunitario verifica se l’atto impugnato sia conforme a tali indirizzi. Tuttavia testi costituenti solo progetti non possono implicare un’autolimitazione del suddetto potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 11 settembre 2002, causa T‑70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag. II‑3495, punti 140-142). Di conseguenza la legittimità della decisione impugnata dev’essere valutata alla luce non dei citati orientamenti, ma del disposto della direttiva 91/414 (v. in tal senso e per analogia, citata sentenza Alpharma/Consiglio, punto 146).

120    Inoltre l’esame di tale addebito, formulato in maniera molto ampia nel ricorso, dev’essere limitato agli esempi concreti, prodotti dalle ricorrenti in quest’ultimo, di casi in cui regole derivanti da orientamenti oggetto di numerose modifiche sarebbero stati loro eccepiti, poiché, ai sensi dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 53, primo comma, del medesimo, e ai sensi dell’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che il ricorso deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni dello Statuto della Corte e del regolamento di procedura (sentenza del Tribunale 12 gennaio 1995, causa T‑102/92, Viho/Commissione, Racc. pag. II-17, punto 68).

121    L’addebito fondato sul fatto che alle ricorrenti si sarebbero eccepiti orientamenti oggetto di numerose modifiche, come illustrato nel ricorso, riguarda, in primo luogo, un progetto di orientamenti sulla rilevanza dei metaboliti delle sostanze regolamentate in acque di superficie che avrebbe inserito nella sua versione del novembre 2001 un nuovo criterio di rilevanza, segnatamente un valore assoluto superiore di 10μg/l in acque di superficie per tutti i metaboliti, indipendentemente dalla loro tossicità. Tali orientamenti sarebbero stati completati solo nel febbraio 2003. Occorre constatare in proposito che le ricorrenti non chiariscono perché non sarebbe stato più possibile nel novembre 2001 presentare studi incorporanti tale criterio. Comunque va constatato che esse sostengono di aver presentato nei termini, nel maggio 2003, studi che tenevano conto di tale criterio. Peraltro, come sollevato dalla Commissione, esiste un parere del comitato scientifico dei pesticidi del novembre 2000, accessibile via Internet, secondo il quale l’identificazione dei metaboliti doveva essere spinta al massimo. Risulta inoltre dall’allegato II della direttiva 91/414, come modificata nel 1995 dalla direttiva della Commissione 14 luglio 1995, 95/36/CE (GU L 172, pag. 8), che le imprese notificanti una sostanza attiva ai fini della sua iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 devono «identificare, se possibile, i singoli componenti presenti in percentuale inferiore al 10% della quantità di sostanza attiva». Le ricorrenti non possono quindi pretendere che il criterio in parola fosse «nuovo» nel 2001 o che sarebbe stato applicato retroattivamente.

122    L’addebito fondato sulla circostanza che alle ricorrenti si sarebbero eccepiti orientamenti già oggetto di numerose modifiche riguarda, in secondo luogo, orientamenti sull’ecotossicità acquatica e terrestre adottati nell’ottobre 2002 che avrebbero richiesto per la prima volta di operare una distinzione tra i metaboliti nel suolo «minori» (<10%) ed i metaboliti nel suolo «maggiori» (>10%) al fine di valutarne la rilevanza per la misurazione degli effetti nocivi della sostanza attiva. Orbene, deriva da quanto procede che tale criterio non era nuovo, figurando già dal 1995 nell’allegato II della direttiva 91/414.

123    In ogni caso la posizione dei valutatori consistente nel prendere in considerazione metaboliti che non superavano, presi singolarmente, la soglia del 10%, ma che la superano potenzialmente con altri metaboliti, è stata formulata nelle conclusioni del progetto di rapporto di valutazione (v. punto 115 supra).

124    Infine va ancora osservato che le ricorrenti contestano in realtà la rilevanza di tale soglia per i metaboliti di metaboliti. Orbene, l’addebito fondato sulla contestazione della soglia e della sua applicazione nel caso di specie sarà esaminato in prosieguo (v. in prosieguo i punti 134 e segg.).

125    In terzo luogo, quanto alla questione se i valutatori potessero legittimamente sollevare il problema del metabolita di metabolita e del rischio della sua persistenza nel suolo nei limiti in cui quest’ultimo risultava da uno studio realizzato dalle ricorrenti ad altro scopo, occorre rilevare che, evidentemente, non è pertinente, ai fini dell’iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414, in quale studio sia stato sollevato un problema potenziale per l’ambiente, posto che si tratta di un documento su cui le ricorrenti hanno potuto prendere posizione. Nella fattispecie emerge dalla pratica che proprio uno studio delle ricorrenti medesime ha confermato ai valutatori l’esistenza del problema del metabolita di metabolita. Va constatato che le ricorrenti non forniscono alcun argomento valido che impedisca alla Commissione di prendere in considerazione i risultati di uno studio siffatto.

126    Per quanto concerne, in quarto luogo, la questione se la presa in considerazione della soglia di rilevanza del 10% per i metaboliti di metaboliti sia contraria agli orientamenti e poggi quindi su un criterio non risultante dal contesto normativo applicabile, deve constatarsi che la formulazione del suddetto addebito secondo cui «non sussiste alcun requisito o indirizzo comunitario in materia di valutazione del metabolita quando la materia di origine non è la sostanza madre» riveste un carattere molto astratto. Tale addebito è connesso alla contestazione da parte delle ricorrenti di un’affermazione figurante nel progetto di rapporto di valutazione secondo cui gli studi concernenti la decomposizione dell’endosulfan suggerivano «una persistenza elevata di un residuo nel suolo costituito da numerosi metaboliti clorati i quali possono non superare singolarmente il livello del 10% della dose applicata, ma che (tutti insieme) possono costituire una grande quantità di residuo». Al fine di rispondere a tale addebito, occorre esaminare se le nozioni utilizzate nella direttiva 91/414 e nei suoi allegati siano definite in maniera sufficientemente ampia da permettere ai valutatori di prendere in considerazione gli effetti potenzialmente nocivi dei metaboliti di metaboliti.

127    Nell’ambito di tale esame occorre rilevare che l’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 91/414 prevede che una sostanza attiva venga iscritta nell’allegato I se si può supporre che prodotti fitosanitari contenenti tale sostanza attiva soddisfino segnatamente la condizione: che: «i loro residui (…) non abbiano effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali o sulle acque sotterranee né un influsso inaccettabile sull’ambiente e che detti residui, se significativi dal punto di vista tossicologico o ambientale, possano essere misurati con metodi di applicazione corrente». L’art. 2, n. 2, della suddetta direttiva definisce i termini «residui di prodotti fitosanitari» in maniera ampia come «una o più sostanze presenti in o su vegetali o prodotti di origine vegetale, prodotti animali commestibili, o altrove nell’ambiente, e costituenti residui dell’impiego di un prodotto fitosanitario, compresi i loro metaboliti e i prodotti derivanti dalla degradazione o dalla reazione». Peraltro gli allegati II e III della direttiva 91/414 concernenti le pratiche di valutazione contengono numerosi riferimenti a richieste di dati relative ai prodotti di degradazione delle sostanze attive in senso ampio. Ne discende che la direttiva 91/414 medesima autorizza i valutatori ad esaminare il comportamento dei prodotti derivati. Dati tali elementi ed in assenza di prove concrete che dimostrino il contrario, non si può ritenere che i valutatori abbiano commesso un errore manifesto di valutazione volendo chiarire il percorso di degradazione del metabolita dell’endosulfan solfato e applicando la soglia di rilevanza in parola ai suoi prodotti derivati. L’addebito relativo alla circostanza che un esame siffatto sarebbe contrario a determinati orientamenti è perciò infondato. Ne risulta quindi che le ricorrenti non hanno provato che la Commissione aveva commesso un errore manifesto di valutazione o aveva violato il loro diritti della difesa considerando rilevanti, nel caso di specie, prodotti derivati da endosulfan che costituiscono, presi singolarmente, meno del 10% della sostanza attiva endosulfan, ma più del 10% del metabolita endosulfan solfato.

128    Infine dev’essere respinto anche l’argomento secondo cui i valutatori hanno voluto in tal modo raggiungere un «rischio zero» e hanno imposto alle ricorrenti una probatio diabolica fondando la decisione di non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 su una carenza di informazione piuttosto che su rischi riconosciuti, poiché dall’esame condotto supra emerge che la Commissione voleva avere la prova di un’utilizzazione sicura, ma che ciò implicava, a suo avviso, la necessità di comprendere il comportamento del metabolita di endosulfan solfato. Orbene, non è stato dimostrato che tale posizione fosse manifestamente erronea. In ogni caso le ricorrenti asseriscono di aver provato un impiego sicuro e dimostrato un livello di persistenza e di tossicità accettabile per il suddetto metabolita di modo che l’argomento secondo cui la Commissione ha loro imposto di fornire prove scientificamente impossibili da ottenere va dichiarato inoperante.

129    In quinto luogo, quanto all’addebito fondato sull’asserita carenza di interazione con lo Stato membro relatore concernente la problematica del metabolita sconosciuto, segnatamente l’asserita assenza un ritorno di informazioni su questioni ambientali nel periodo 2001-2004, va ricordato che, come rilevano la Commissione ed il Regno di Spagna, la normativa applicabile non contiene obblighi di comunicazione o di ritrasmissione di informazione rispetto ai quali si sarebbe potuto dichiarare insufficienti i numerosi contatti e scambi di informazioni tra lo Stato membro relatore e le ricorrenti. Per quanto riguarda il commento nel rapporto ECCO 106, fatto valere dalle ricorrenti, secondo cui esse erano invitate a «lavorare molto strettamente con il relatore spagnolo al fine di non creare malintesi concernenti i dati che [dovevano] essere forniti o i termini da osservare», è necessario constatare che è difficile misurare, considerata l’esigenza formulata in maniera così generale, se fosse sufficiente l’interazione con lo Stato membro relatore.

130    Occorre tuttavia ricordare che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e idoneo a sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma disciplinante la procedura. Tale principio impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 giugno 2006, causa C‑28/05, Dokter e a., Racc. pag. I-5431, punto 74 e la giurisprudenza ivi citata).

131    Per quanto concerne la questione se in considerazione di tale giurisprudenza, circa il periodo controverso agosto 2001 - gennaio 2004 e durante il quale le ricorrenti non avrebbero fruito di una ritrasmissione di informazione sul destino della sostanza in parola e sul suo comportamento nell’ambiente nonché sulla sua ecotossicologia ed avrebbero sofferto di un insufficiente ritorno di informazione da parte di una persona in particolare, il sig. T., esperto contrattuale specializzato in tali settori, le circostanze in parola avrebbero potuto condurre ad una violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti, occorre constatare che il loro argomento è contradditorio nella parte in cui asseriscono di aver prodotto nel maggio 2002 studi che a loro avviso hanno risolto la questione del metabolita sconosciuto. È quindi difficile comprendere come un più elevato numero di riunioni avrebbe potuto condurre ad un altro risultato finale nella decisione impugnata. Ora, un’irregolarità può condurre all’annullamento della decisione impugnata solo in quanto sia tale da influire concretamente sui diritti della difesa della ricorrente e, di conseguenza, sul contenuto della predetta decisione (v., in tal senso, sentenza della Corte 10 luglio 1980, causa 30/78, Distillers Company/Commissione, Racc. pag. 2229, punto 26). L’addebito è quindi inoperante.

132    Esso concerne comunque, almeno in parte, la questione già esaminata supra, se la problematica del metabolita sconosciuto, in particolare il suo carattere essenziale per l’esame dei rischi ambientali dell’endosulfan, sia stata sollevata solo alla riunione del gennaio 2004. Orbene, come rilevato supra, le ricorrenti sono state informate ben prima di tale riunione della necessità di individuare la via di degradazione dell’endosulfan e all’importanza di tale questione per l’analisi dei rischi. Esse hanno quindi avuto l’occasione di produrre studi delucidanti la via della degradazione, ma sono in disaccordo con i valutatori quanto alle conclusioni dei suddetti studi, segnatamente per quanto riguarda la rilevanza del metabolita dell’endosulfan solfato, la sua persistenza e la sua tossicità. Orbene, l’esistenza di un disaccordo nel merito circa le conseguenze da trarre da un determinato studio non costituisce una prova dell’assenza di possibilità di far conoscere il proprio punto di vista e non può essere definita una violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti.

133    Per quanto concerne, in sesto luogo, l’addebito delle ricorrenti secondo cui esse hanno fornito prove scientifiche che dimostrano, da una parte, che il metabolita dell’endosulfan solfato non corrispondeva al più restrittivo criterio di rilevanza del 10% per il metabolita di metabolita e, dall’altro, che tale metabolita di metabolita trovato nel suolo non era rilevante per la valutazione dell’ecotossicologia e del comportamento dell’endosulfan nell’ambiente in quanto non persistente e meno tossico della sostanza attiva medesima, si deve constatare come le ricorrenti asseriscano in sostanza che l’endosulfan avrebbe dovuto essere iscritto nell’allegato I della direttiva 91/414, perché le conclusioni dei valutatori circa la rilevanza del metabolita di metabolita erano erronee. Il presente addebito riguarda quindi il fatto di rimettere in questione le conclusioni scientifiche su cui si basa la decisione impugnata. È però necessario constatare che il suddetto addebito è stato presentato per la prima volta nella replica.

134    Tuttavia, dal combinato disposto dell’art. 44, n. 1, lett. c), e dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale risulta che l’atto introduttivo del ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti e che la deduzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Un motivo che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio e che sia strettamente connesso con questo va considerato ricevibile. Viceversa un motivo che non possa essere considerato come fondato su elementi di diritto o di fatto emersi nel corso del procedimento dev’essere dichiarato irricevibile. Infatti, in tali circostanze, niente impediva alle ricorrenti di dedurre tale motivo in fase di ricorso (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 novembre 2001, causa C‑430/00 P, Dürbeck/Commissione, Racc. pag. I-8547, punti 17-19).

135    In risposta a un quesito per iscritto del Tribunale che invitava le ricorrenti a rispondere all’argomento della Commissione secondo cui il fatto di rimettere in discussione la valutazione scientifica all’origine della decisione impugnata costituisce un argomento nuovo che non figura nel ricorso e dovrebbe per tale ragione essere dichiarato irricevibile, esse sostengono che i motivi giuridici fatti valere nel ricorso, segnatamente la violazione dell’art. 95, n. 3, CE, dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 e del principio dell’eccellenza e dell’indipendenza dei pareri scientifici, lasciano chiaramente intendere come ritenessero inesatta la valutazione scientifica inerente alla decisione impugnata, in particolare perché tale valutazione non teneva conto di tutti i dati disponibili da esse forniti. Le ricorrenti sono peraltro del parere che, esaminando le questioni scientifiche di cui trattasi più dettagliatamente nella replica, si limitano a contestare gli argomenti fattuali presentati dalla Commissione senza introdurre nuovi motivi di annullamento.

136    Va in proposito rilevato che, per quanto riguarda il riferimento, operato nel ricorso, all’art. 95, n. 3, CE, all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 ed al principio dell’eccellenza e dell’indipendenza dei pareri scientifici, emerge incontestabilmente dall’argomentazione sviluppata nell’ambito dei motivi fatti valere nel medesimo che essi riguardano la questione se la Commissione avesse l’obbligo di tener conto nella sua analisi degli studi prodotti dalle ricorrenti dopo una determinata data limite, il che è una questione relativa al modo in cui la Commissione ha condotto il procedimento di valutazione, ma non concernono una contestazione nel merito delle sue conclusioni, anche se la presa in considerazione dei documenti rifiutati avrebbe ipoteticamente potuto comportare una diversa decisione finale nel merito. Circa l’argomento secondo cui l’addebito delle ricorrenti si limita a contestare argomenti fattuali presentati nel corso del procedimento, nemmeno esso può riuscire vittorioso giacché risulta chiaramente dalla replica che, tramite il suddetto addebito, le ricorrenti considerano che la conclusione della Commissione secondo cui le vie di degradazione della sostanza attiva non sono chiare e che metaboliti sconosciuti sono stati scoperti in occasione degli studi sulla degradazione nel suolo, sulla degradazione nell’acqua/sedimento nonché sul mesocosmo è basata su una premessa materialmente e scientificamente erronea. Ora, come rilevato supra, i motivi avanzati nel ricorso avevano chiaramente per scopo di rimettere in questione il modo in cui la Commissione è arrivata a tale conclusione, segnatamente il suo rifiuto di prendere in considerazione talune prove e non il tenore della conclusione stessa.

137    Dati tali elementi, non si può accogliere l’argomento che l’addebito in parola si limita ad un ampliamento di un motivo enunciato in precedenza. Non è stato inoltre dimostrato che le ricorrenti non avrebbero potuto sollevare tale motivo in fase di ricorso. L’addebito fondato sul carattere erroneo delle conclusioni della decisione impugnata circa la rilevanza dei metaboliti di metaboliti è quindi irricevibile.

138    In ogni caso sussiste un disaccordo manifesto tra le parti in merito alle conclusioni scientifiche degli studi delle ricorrenti.

139    Per quanto riguarda la questione se il metabolita di endosulfan solfato raggiunga la soglia di rilevanza, le ricorrenti deducono che il metabolita secondario sconosciuto rappresenta il 17% del metabolita endosulfan solfato che di per sé rappresenta il 13,4% della sostanza madre endosulfan di modo che il metabolita secondario rappresenta solo il 2,3% di quest’ultima. La Commissione ed il Regno di Spagna non contestano tali calcoli, ma si ritengono autorizzati, come chiarito supra, a considerare come rilevanti metaboliti al di sotto del 10% rispetto alla sostanza madre endosulfan.

140    Circa la persistenza del metabolita dell’endosulfan solfato, quest’ultima si misura principalmente in rapporto alla sua capacità di trasformarsi in CO2 (mineralizzazione) ed alla determinazione del suo tasso di decomposizione pari al 50 ed al 90%. Secondo le ricorrenti risulta da uno studio presentato nel maggio 2002 che l’endosulfan si degrada del 35% in un anno, il che corrisponde ad un tasso di decomposizione del 9,5% in 100 giorni. Le ricorrenti fanno valere che i pertinenti orientamenti della Commissione esigono un tasso di mineralizzazione superiore al 5% su un periodo di 100 giorni e che tale criterio è quindi chiaramente soddisfatto. Orbene, il Regno di Spagna sostiene che dallo studio in parola risulta che la mineralizzazione dell’endosulfan nel suolo è probabilmente inferiore al 5%. La vita media del solfato di endosulfan (tasso di decomposizione del 50%) si collocherebbe in una fascia da 123 a 391 giorni e la mineralizzazione in 120 giorni oscillerebbe tra l’1,101 ed il 13,08%. La mineralizzazione media del solfato di endosulfan sarebbe conforme a quella dell’endosulfan. Sarebbe quindi lecito dedurne che l’endosulfan si degrada in solfato di endosulfan e che la mineralizzazione del solfato di endosulfan si colloca in una fascia tra l’1,01% ed il 13,08% in 120 giorni e tra il 5 ed il 35% in 365 giorni, a seconda del tipo di suolo. Nessuno dei metaboliti scoperti e individuati nei precedenti esperimenti sarebbe stato accertato in tale studio. Sussisterebbe nondimeno un metabolita comparso a livelli superiori al 10% della radioattività applicata (endosulfan). Tutti gli esperimenti realizzati al fine di individuare tale metabolita sarebbero falliti, ma la sua struttura sarebbe analoga a quella dei metaboliti acido dicarbossilico o dihidrodiol. L’individuazione di tale metabolita sarebbe indispensabile per determinare il progredire della degradazione dell’endosulfan e la definizione del residuo da utilizzare per gli studi di dispersione nel terreno.

141    Occorre ricordare in proposito che, come già rilevato supra, secondo una giurisprudenza costante, le istituzioni comunitarie dispongono, in materia di politica agricola comune, di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione degli scopi perseguiti e la scelta degli opportuni strumenti d’azione. In tale contesto il sindacato del giudice comunitario relativamente al merito deve limitarsi a verificare se l’esercizio di siffatto potere discrezionale non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere, oppure se le istituzioni comunitarie non abbiano palesemente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale. Inoltre, per giurisprudenza consolidata, allorché un’autorità comunitaria è chiamata, nell’esercizio delle sue attribuzioni, a compiere valutazioni complesse, il potere discrezionale di cui gode si applica parimenti, in una determinata misura, alla constatazione degli elementi di fatto alla base della sua azione. Ne deriva, relativamente al caso di specie nell’ambito del quale spettava alle istituzioni comunitarie procedere ad una valutazione scientifica dei rischi e stimare elementi fattuali di ordine scientifico e tecnico altamente complessi, che il controllo giurisdizionale relativo all’assolvimento di tale compito da parte delle istituzioni comunitarie dev’essere limitato. In tali circostanze il giudice comunitario non può, infatti, sostituire il suo apprezzamento degli elementi di fatto a quello delle istituzioni comunitarie, alle quali il Trattato ha conferito tale compito in via esclusiva. Egli deve invece limitarsi a verificare se l’esercizio da parte delle istituzioni comunitarie del loro potere discrezionale in tale ambito non sia inficiato da errore manifesto o da sviamento di potere, oppure se le istituzioni comunitarie non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del proprio potere discrezionale (v. sentenza del Tribunale 11 settembre 2002, causa T‑70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag. II‑3495, punto 119 supra, punti 177-180 e la giurisprudenza ivi citata).

142    Tenendo conto di tale giurisprudenza, si deve constatare che le ricorrenti non hanno fornito la prova che la Commissione, dichiarando rilevante il metabolita di metabolita in parola e decidendo, data la sua persistenza nel suolo, che la mancanza di una conoscenza esatta del comportamento del suddetto metabolita non permetteva una valutazione adeguata dei rischi dell’endosulfan per l’ambiente aveva commesso un errore manifesto di valutazione, dimostrato uno sviamento di potere o manifestamente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale.

143    In settimo luogo, circa la questione se la formulazione CS, le BPA riviste o l’impiego in serra avrebbero effettivamente permesso di risolvere i dubbi espressi quanto alla presenza di un metabolita sconosciuto, è necessario constatare che, oltre al fatto che i motivi invocati nel ricorso riguardavano soltanto la questione se la Commissione potesse rifiutare di tener conto dei suddetti dati, il Tribunale non può comunque pronunciarsi sull’impatto della formulazione CS, delle BPA riviste e della soluzione consistente nell’impiego in serra giacché la Commissione ha rifiutato di prenderli in considerazione a causa della presentazione tardiva e non spetta al Tribunale sostituire il suo esame a quello della Commissione. Riguardo alla questione se la Commissione avesse il diritto di rifiutare di tener conto degli studi concernenti tali problematiche, essa sarà trattata infra.

144    Risulta da tutto quanto procede che gli addebiti delle ricorrenti concernenti la problematica del metabolita sconosciuto vanno respinti nella loro totalità.

 Sulla seconda problematica concernente la pratica CS

–       Argomenti delle parti

145    Secondo le ricorrenti l’esame dell’endosulfan è stato incompleto nel senso che la pratica CS presentata nei termini non è stata presa in considerazione. Tuttavia, pur riconoscendo che la pratica CS è stata presentata fuori termine, la Commissione avrebbe dovuto tenerne conto, in quanto le ricorrenti non avrebbero potuto presentarla prima. Peraltro, contrariamente a quanto sostengono la Commissione ed il Regno di Spagna, poiché la pratica CS completa la pratica inizialmente notificata concernente la formulazione EC, l’esame della stessa avrebbe richiesto solo poco tempo (al massimo tre mesi), soprattutto considerato il fatto che lo Stato membro relatore si era già familiarizzato con la formulazione CS attraverso la sua notificazione nazionale. La presa in considerazione della pratica CS avrebbe consentito di individuare un impiego sicuro all’esterno e, di conseguenza, l’iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414, poiché i valutatori avevano già lasciato intendere alle ricorrenti che un impiego sicuro era stato individuato in ambiente chiuso con la formulazione EC.

146    Secondo la Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, la pratica CS è stata presentata fuori termine ed essa aveva quindi il diritto di rifiutare di tenerne conto. Peraltro un esame della pratica CS avrebbe condotto lo Stato membro relatore a rivedere la valutazione dell’endosulfan nel suo complesso.

–       Giudizio del Tribunale

147    Risulta dagli atti di causa che le ricorrenti hanno presentato per la prima volta la formulazione CS allo Stato membro relatore alla riunione del 17 luglio 2002, dopo aver annunciato tale tema di discussione in una lettera del 31 maggio 2002. Dal verbale della suddetta riunione emerge che le ricorrenti non volevano sostituire la formulazione EC dell’endosulfan inizialmente notificata, ma aggiungere la tecnologia CS alla pratica per ottenere un uso sicuro dell’endosulfan all’esterno. Risulta anche dal suddetto verbale che l’INIA ed il MAPA hanno comunicato alla riunione summenzionata che la presentazione di una nuova pratica sul fondamento dell’allegato III della direttiva 91/414 non sarebbe ragionevole a causa del carico di lavoro e della difficoltà di ottenere l’accordo ad un procedimento siffatto da parte della Commissione. Nondimeno le ricorrenti hanno presentato una pratica CS sulla base dell’allegato III della direttiva 91/414 nel maggio 2003.

148    In primo luogo, le ricorrenti asseriscono in sostanza che la pratica CS è stata presentata nei termini. Tuttavia tale affermazione non è corretta. Il termine per la presentazione di dati fissato dal regolamento n. 2266/2000, che modifica l’art. 7, n. 4, del regolamento n. 3600/92, era il 25 maggio 2002, fatta eccezione per i risultati di studi a lungo termine commissionati e identificati come studi necessari dallo Stato membro relatore e dalla Commissione nel corso dell’esame del fascicolo, la cui conclusione non sarebbe prevista prima di tale data. Tali studi dovevano essere identificati al più tardi il 25 maggio 2001 e potevano quindi essere presentati sino al 25 maggio 2003. In un caso eccezionale come quello in cui lo Stato membro relatore e la Commissione non avessero potuto identificare tali studi entro il 25 maggio 2001, poteva essere stabilita una data alternativa per il completamento degli studi, a condizione che il notificante dimostrasse allo Stato membro relatore che erano stati commissionati entro tre mesi dalla richiesta della loro esecuzione e presentasse entro il 25 maggio 2002 un protocollo e una relazione sullo stato di avanzamento dello studio. Le ricorrenti sostengono che potevano anche presentare la suddetta pratica nel maggio 2003, ma è chiaro che la legislazione applicabile prevedeva tale possibilità in casi ben definiti diversi da quello di specie.

149    In secondo luogo, in risposta ad un quesito per iscritto del Tribunale, le ricorrenti hanno affermato di aver presentato la pratica CS per soddisfare una preoccupazione specifica da parte dei valutatori concernente la tossicità in ambiente idrico dell’endosulfan di cui erano state informate nell’ottobre 2001.

150    Orbene, va constatato che le ricorrenti non forniscono alcuna spiegazione che permetta di comprendere perché esse non hanno presentato la pratica CS prima della data di scadenza del 25 maggio 2002 o, almeno, intrapreso passi presso la Commissione per far riconoscere formalmente che la pratica CS poteva essere presentata in quanto studio a lungo termine sino alla data del 31 maggio 2003 conformemente alla decisone 2001/810, mentre esse si limitano a vaghe affermazioni in base alle quali la preparazione di una pratica siffatta richiede tempo e gli studi scientifici per esaminare il problema dell’ecotossicologia in ambiente idrico non erano disponibili nell’ottobre 2001 a causa di asseriti cambiamenti, da esse peraltro non individuati, negli orientamenti sull’ecotossicologia in parola.

151    In terzo luogo, risulta dagli atti di causa che le ricorrenti lavoravano su tale formulazione da molti anni. In tale situazione è dunque difficilmente comprensibile che esse abbiano atteso la fine del procedimento per presentare la pratica CS quale ultima soluzione al fine di dimostrare un impiego sicuro dell’endosulfan. Neppure costituisce un argomento credibile al riguardo il fatto che la possibilità di limitare le sperimentazioni per un impiego sicuro sia stata introdotta solo nel 2000 attraverso il regolamento n. 2266/2000, giacché all’epoca restava ancora molto tempo per la preparazione di una pratica da presentare nei termini procedurali.

152    Da quanto precede risulta che il rifiuto della Commissione di prendere in considerazione la pratica CS non era inficiato da un errore manifesto di valutazione poiché le ricorrenti non hanno fornito la prova che per loro era stato impossibile presentare la pratica CS prima del 25 maggio 2002. La risposta alla questione se il riesame della pratica CS avrebbe preso qualche mese non è quindi rilevante per la soluzione della presente controversia e pertanto non è più necessario accogliere la domanda delle ricorrenti di nominare esperti o interrogare in proposito l’INIA.

153    Peraltro, quanto al fatto che lo Stato membro relatore avrebbe suggerito nel corso della riunione del luglio 2002 di chiedere registrazioni nazionali in taluni Stati membri al fine di ottenere nei medesimi un sostegno alla formulazione CS e che rappresentanti del MAPA avrebbero dato ad intendere alle ricorrenti che quest’ultimo avrebbe valutato la pratica CS sulla base della pratica relativa alla registrazione nazionale, circostanza questa la cui unica prova è peraltro costituita da una corrispondenza interna delle ricorrenti, occorre constatare che, malgrado un’eventuale presa di posizione divergente del MAPA e dell’INIA a tale riguardo, non si può dedurre da tali circostanze di fatto che abbia potuto sorgere in capo alle ricorrenti un legittimo affidamento circa la presa in considerazione della pratica CS nel procedimento di valutazione. Infatti risulta dal verbale di una riunione del 24 settembre 2002 tra le ricorrenti e il MAPA che una pratica «allegato III» ai fini di una seconda formulazione doveva, secondo il MAPA, essere presentata al più tardi nel maggio 2003, ma con riserva di accordo da parte della Commissione. Orbene, le ricorrenti non contestano il fatto di non aver ottenuto tale accordo informale. Il legittimo affidamento delle ricorrenti non è stato quindi violato, in quanto non è stato provato che esse disponevano di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti nonché emananti da fonti autorizzate ed affidabili che hanno potuto far sorgere in capo alle medesime aspettative fondate circa la presa in considerazione della pratica CS e, per tale via, circa l’iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 dicembre 2006, causa T‑162/04, Branco/Commissione, punto 119 e la giurisprudenza ivi citata).

154    Infine, quanto alla questione di merito se la formulazione CS avrebbe permesso di individuare un impiego sicuro per l’endosulfan all’esterno, il che viene contestato dalla Commissione e dal Regno di Spagna, è necessario constatare che, dato che la pratica CS non è stata presa in considerazione nel processo di valutazione che ha condotto alla decisione impugnata, la risposta a tale questione supera i limiti della controversia quale presentata al Tribunale.

155    Gli addebiti delle ricorrenti concernenti la problematica della pratica CS vanno quindi respinti nel loro complesso.

 Sulla terza problematica concernente l’esposizione dell’operatore in ambiente chiuso

–       Argomenti delle parti

156    Le ricorrenti asseriscono in sostanza che la problematica dell’esposizione dell’operatore era stata sollevata nel progetto di rapporto di valutazione, ma successivamente risolta. In proposito esse fanno riferimento in particolare all’addendum al rapporto di valutazione del novembre 2003 in cui lo Stato membro relatore afferma che lo studio presentato dalle medesime riguardo alla tutela dell’operatore era «ben documentato» e che lo scenario di applicazione dell’endosulfan proposto, implicante l’utilizzazione di un’attrezzatura di protezione comprendente, in particolare, guanti, abiti protettivi ed una maschera, era «accettabile». Esse fanno riferimento anche a tabelle di valutazione ECCO del marzo 2004 nonché al verbale della riunione tripartita da cui emergeva che lo Stato membro relatore aveva individuato un’utilizzazione sicura per gli operatori. La riapparizione della problematica dell’esposizione dell’operatore dopo la riunione tripartita nel 2004 e la sua presa in considerazione quale motivo determinante della non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 violerebbero quindi il legittimo affidamento ed i diritti della difesa delle ricorrenti. Peraltro le ricorrenti chiedono al Tribunale una misura di organizzazione del procedimento che esige dalla Commissione la produzione di commenti degli Stati membri che avrebbero provocato tale mutamento di rotta.

157    In ogni caso il problema sarebbe stato risolto dalle BPA ridotte, proposte dopo la scadenza dei termini procedurali e da nuovi studi concernenti l’impiego dell’endosulfan in serra di cui la Commissione non avrebbe tenuto conto.

158    La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, asserisce che il gruppo di lavoro «valutazione», il quale dipende dal comitato, ha esaminato la questione dell’esposizione dell’operatore l’11 marzo 2004, cioè ben prima della riunione tripartita, e che le ricorrenti hanno avuto la possibilità di comunicare le loro osservazioni al riguardo. La reazione inizialmente positiva dello Stato membro relatore avrebbe poggiato su un’estrapolazione realizzata a partire da dati raccolti sul terreno, all’interno di frutteti. Tuttavia, dopo una discussione più approfondita, sarebbero emersi dubbi circa l’affidabilità di tale estrapolazione. Proprio per tale ragione il gruppo di lavoro «valutazione» avrebbe finalmente concluso che il problema dell’esposizione dell’operatore non era risolto.

–       Giudizio del Tribunale

159    Va preliminarmente precisato che gli addebiti delle ricorrenti rispetto a tale problematica riguardano la conclusione figurante al punto 8 del preambolo della decisione impugnata in base alla quale «il tema dell’esposizione degli operatori in ambiente chiuso [non] è stato sufficientemente chiarito sulla scorta delle informazioni disponibili».

160    Occorre anzitutto rilevare che è pacifico per le ricorrenti che l’insufficienza dei dati inizialmente presentati dalle medesime relativamente a tale problematica è stata sollevata all’inizio del 2000 nel progetto di rapporto di valutazione il quale indicava segnatamente che, poiché gli studi di tossicità inizialmente presentati non avevano permesso di stabilire una dose senza effetto nocivo osservato (DSENO) che fosse corretta per il calcolo del livello accettabile di esposizione dell’operatore (NAEO), gli studi a breve termine di tossicità cutanea e per inalazione non erano stati giudicati accettabili. Le ricorrenti hanno quindi avuto la possibilità di presentare studi supplementari al fine di dimostrare l’innocuità dell’endosulfan su tale punto in seguito ai dubbi formulati al riguardo nel progetto di rapporto di valutazione.

161    Va poi rilevato che risulta dalla lettera delle ricorrenti alla Commissione del 24 settembre 2004 che esse erano consapevoli del fatto che, in seguito alla riunione del gruppo di lavoro «Valutazione» dell’11 marzo 2004, occorrevano dati supplementari, relativi alla questione dell’esposizione dell’operatore. Circa la riunione tripartita del 17 maggio 2004, emerge dal verbale che, pur se vi si menziona l’individuazione di un impiego sicuro da parte dello Stato membro relatore, si dovevano ancora fornire dati supplementari, segnatamente quanto ai lavoratori in serra ed ai passanti. Le ricorrenti hanno quindi presentato nuovi calcoli, ma le informazioni così fornite sono state infine giudicate insufficienti dal gruppo di lavoro «Valutazione».

162    Tuttavia si deve anche rilevare che la Commissione ed il Regno di Spagna non contestano la circostanza che quest’ultimo ha individuato, ad un certo momento del procedimento di valutazione, un impiego sicuro quanto all’esposizione dell’operatore. Orbene, a loro avviso, si trattava dell’estrapolazione di uno studio in ambiente esterno sulla cui base lo Stato membro relatore ha accettato il fatto che la circostanza di indossare abiti protettivi offrisse una protezione sufficiente all’operatore parimenti in ambiente chiuso, ma gli esperti degli altri Stati membri non sarebbero stati del medesimo avviso.

163    Dato quanto precede, va esaminato se le ricorrenti avrebbero dovuto essere autorizzate a presentare nuovi studi dopo la riunione tripartita e non soltanto argomenti, del che erano state autorizzate in maniera esplicita, tenuto conto del fatto che lo Stato membro relatore avrebbe dato loro ad intendere in una determinata fase del procedimento che un impiego sicuro era stato individuato. La questione è connessa a quella del rifiuto dell’esame delle BPA riviste (v. infra), il quale, secondo le ricorrenti, avrebbe permesso di risolvere il problema della protezione dell’operatore, ma non è stato preso in considerazione perché tardivo.

164    Si deve anzitutto rilevare come risulti chiaramente dal contesto normativo che la posizione dello Stato membro relatore nel processo di valutazione non è decisiva. Esso raccoglie i dati e propone una decisione, ma la Commissione è quella che, in ultima istanza, decide sulla base del parere del comitato. La sola presa di posizione dello Stato membro relatore, in una determinata fase del procedimento di valutazione, circa l’individuazione di un impiego sicuro per l’esposizione dell’operatore non può quindi considerarsi sufficiente a far sorgere in capo alle ricorrenti la certezza che tale problema fosse regolato nella sua totalità, soprattutto in considerazione del fatto che, anche nella fase della riunione tripartita, la posizione finale era riservata sino al ricevimento di dati supplementari.

165    Non si può nemmeno considerare che i diritti della difesa delle ricorrenti, più specificatamente il loro diritto di essere sentite, sono stati violati relativamente alla questione dell’operatore in generale e della sua protezione in ambiente chiuso, in particolare, poiché emerge dalla lettura dei fatti precedenti che esse hanno avuto numerose occasioni per presentare studi ed hanno inoltre potuto presentare efficacemente il loro punto di vista (v., in tal senso, sentenza Dokter e a., punto 130 supra, punto 74 e la giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, secondo le ricorrenti, i loro studi hanno dimostrato l’assenza di rischio per l’operatore in ambiente chiuso, ma il comitato e la Commissione erano di un altro avviso. Orbene, un disaccordo al riguardo nel merito non può essere assimilato ad una violazione del loro diritto di essere sentite. Le ricorrenti avevano infatti la possibilità di impugnare dinanzi al Tribunale le conclusioni che la Commissione aveva desunto nella decisione impugnata dagli studi in parola, il che non hanno fatto, avendo basato il loro ricorso sull’obbligo della Commissione di accordare loro nuovi termini e, più specificamente, di accettare un riesame della questione sul fondamento delle BPA ridotte. In ogni caso occorre ancora precisare che, come rilevano la Commissione ed il Regno di Spagna, emerge chiaramente dal punto 8 del preambolo della decisione impugnata che la decisione di non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 poggia principalmente sulle incertezze connesse alla mancata individuazione del progredire della degradazione dell’endosulfan ed alla presenza di un metabolita sconosciuto. Ne consegue che, in tali circostanze, è inconcepibile che la possibilità per le ricorrenti di delucidare ulteriormente la questione dell’operatore in ambiente esterno avrebbe potuto in quanto tale portare all’annullamento della suddetta decisione (v., in tal senso, sentenza Distillers Company/Commissione, punto 131 supra, punto 26).

166    Deriva da quanto precede che il fatto che uno dei motivi della decisione impugnata fosse quello dell’insufficienza dello studio sull’esposizione dell’operatore in ambiente chiuso a proposito del quale le ricorrenti hanno potuto essere indotte a credere che un impiego sicuro era stato preliminarmente individuato dallo Stato membro relatore non è una base sufficiente a concludere nel senso di una violazione dei loro diritti della difesa e non costituisce nemmeno un errore manifesto di valutazione nell’ambito dell’applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414.

167    Infine, quanto alla domanda di produzione di documenti formulata dalle ricorrenti nella replica che invita il Tribunale a chiedere alla Commissione di produrre le osservazioni degli Stati membri successive alla riunione tripartita del 17 maggio 2004 in cui sarebbero stati espressi dubbi circa la questione della protezione dell’operatore in ambiente chiuso, la Commissione ha affermato nella controreplica ed all’udienza di non disporre di siffatti documenti scritti. Discende in ogni caso da quanto precede che il Tribunale si ritiene sufficientemente edotto dagli atti processuali per cui non è necessario accogliere la suddetta domanda.

168    Risulta dalle precedenti considerazioni che gli addebiti delle ricorrenti relativi alla problematica dell’esposizione dell’operatore in ambiente chiuso vanno respinti nella loro integralità.

 Sulla quarta problematica concernente le BPA riviste

–       Argomenti delle parti

169    Secondo le ricorrenti la decisione impugnata non tiene conto dei loro argomenti concernenti le BPA riviste, che riguardano la proposta di esaminare l’endosulfan in una forma più diluita di quella che è stata oggetto della valutazione e per una sola applicazione a stagione, benché la Commissione avesse accettato alla riunione tripartita la presentazione di nuove BPA.

170    La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, asserisce che le BPA riviste sono state proposte fuori termine e che quindi non era obbligata a tenerne conto, soprattutto in considerazione del fatto che la loro presa in considerazione avrebbe avuto per conseguenza di rimettere in questione un’intera parte della valutazione.

–       Giudizio del Tribunale

171    Occorre preliminarmente specificare che, in generale, le BPA costituiscono le regole da osservare nell’impianto e nella condotta delle colture sì da ottimizzare la produzione agricola, pur riducendo i rischi nei confronti dell’uomo e dell’ambiente. Per quanto concerne i prodotti fitosanitari, tali regole sono anche denominate «buone pratiche fitosanitarie». Risulta dal contesto normativo e dagli atti di causa che, ai fini dei procedimenti di valutazione ai sensi della direttiva 91/414, una sostanza attiva viene esaminata osservando determinate regole di applicazione in termini, segnatamente, di dosaggio e di frequenza di applicazione dei prodotti fitosanitari che la contengono.

172    Nel caso di specie la problematica delle BPA ridotte concerne la proposta delle ricorrenti di esaminare l’endosulfan in una forma più diluita di quella già oggetto della valutazione e per una sola applicazione a stagione, presentata dopo la riunione tripartita, segnatamente nella lettera del 25 giugno 2004. La Commissione fa valere che, in tale fase del procedimento, essa ha ancora accettato nuovi argomenti, mentre l’introduzione di nuove BPA sarebbe equivalsa a rimettere in questione un’intera parte della valutazione.

173    Occorre anzitutto constatare che l’argomentazione delle ricorrenti concernente tale aspetto del procedimento di valutazione è poco elaborata, poiché le ricorrenti si limitano nel ricorso a richiamare il fatto che la Commissione non ha esaminato le BPA ridotte in parola pur avendo accettato di farlo alla riunione tripartita. Va rilevato in proposito come non risulti dai verbali della riunione tripartita che la Commissione ha accettato la presentazione di nuove BPA. Inoltre l’affermazione della Commissione secondo cui la presa in considerazione delle BPA ridotte avrebbe avuto come conseguenza di rimettere in questione un’intera parte della valutazione non è contraddetta dai commenti delle ricorrenti medesime nella lettera del 25 giugno 2004 con cui esse hanno presentato le nuove BPA ai valutatori, giacché esse vi indicano che le BPA riviste faciliterebbero l’esame dei rischi, in particolare quanto all’ecotossicologia ed alla valutazione del destino dell’endosulfan, il che ha chiaramente come conseguenza di rimettere in questione aspetti importanti del processo di valutazione e non concerne soltanto nuovi argomenti rispetto alla valutazione in essere. Va peraltro rilevato che le ricorrenti non hanno provato che le BPA riviste non avrebbero potuto essere presentate in una fase anteriore del procedimento, poiché risulta dagli elementi del fascicolo che una revisione delle BPA era già avvenuta in fasi precoci del procedimento, segnatamente nel 2001 per soddisfare l’esigenza di presentare un impiego sicuro quale introdotto dal regolamento n. 2226/2000.

174    Occorre quindi concludere nel senso che le ricorrenti non hanno provato qualsivoglia situazione di forza maggiore, di modo che l’omessa presa in considerazione da parte dei valutatori delle BPA riviste nel luglio 2004 sarebbe inficiata da un errore manifesto di valutazione.

175    Infine, quanto all’asserzione delle ricorrenti secondo cui le BPA riviste sarebbero state presentate per ovviare al rischio di esposizione per l’operatore, oltre al fatto che l’argomentazione delle ricorrenti è contraddittoria nella parte in cui pretendono di aver compreso alla riunione tripartita che la questione dell’esposizione dell’operatore era risolta nella sua integralità, occorre ricordare che, come già rilevato supra, essendo la questione dell’esposizione dell’operatore di natura secondaria rispetto ai dubbi formulati dai valutatori relativi all’esistenza di un metabolita sconosciuto, un’eventuale irregolarità su tale punto non può portare all’irregolarità della decisione impugnata giacché, pur se il problema dell’esposizione dell’operatore fosse stato risolto, quello del metabolita sconosciuto avrebbe condotto alla medesima decisione di non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414.

176    Risulta dalle precedenti considerazioni che gli addebiti delle ricorrenti concernenti le BPA riviste vanno respinti.

 Sulla quinta problematica concernente l’asserita classificazione dell’endosulfan come POP e PBT

–       Argomenti delle parti

177    Le ricorrenti fanno valere in sostanza che vi sono due criteri scientifici alla base della decisione impugnata e della valutazione inerente a quest’ultima, i quali non sono specificati nella direttiva 91/414. Si tratterebbe in particolare della classificazione di una sostanza quale POP o PBT che sarebbe rilevante nell’ambito della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2000, 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327, pag. 1), ma non nell’ambito della direttiva 91/414. Infatti la Commissione chiarirebbe, al punto 8 del preambolo della decisione impugnata, che l’endosulfan solleva preoccupazioni a causa della sua persistenza e delle sue caratteristiche volatili scoperte nell’ambito di risultati di sorveglianza transfrontalieri, conclusione che deriverebbe dall’applicazione del criterio POP. Inoltre il termine «POP» figurerebbe espressamente nel verbale della riunione tripartita che consacrerebbe un intero capitolo a tale questione e le conclusioni di una riunione del gruppo di lavoro «Valutazione» dell’11 marzo 2004 indicherebbero molto chiaramente che le preoccupazioni che sussisterebbero a proposito di tale molecola risultavano segnatamente dal fatto che «la sostanza poteva anche essere un POP». La decisione impugnata violerebbe quindi l’art. 5, n.1, della direttiva 91/414 nonché il legittimo affidamento delle ricorrenti nel fatto che la valutazione sarebbe fondata unicamente su criteri scientifici rientranti nell’ambito della suddetta direttiva.

178    In ogni caso il problema sarebbe risolto se la Commissione avesse preso in considerazione i dati sull’impiego in serra.

179    Peraltro, contrariamente all’art. 5 della direttiva 91/414, i criteri POP e BPT e la direttiva 2000/60 sarebbero fondati sulla nozione di pericolo e non di rischio.

180    La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, contesta la tesi secondo cui la decisione impugnata sarebbe fondata su criteri diversi da quelli di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414.

–       Giudizio del Tribunale

181    La problematica dell’asserita classificazione dell’endosulfan quale POP e PBT concerne la conclusione figurante al punto 8 del preambolo della decisione impugnata secondo cui l’endosulfan è volatile, il suo principale metabolita è persistente e i risultati della sorveglianza ne hanno rivelato la presenza in regioni nelle quali la sostanza non era impiegata.

182    Va preliminarmente rilevato che, nell’ambito di tale censura, le ricorrenti argomentano in sostanza che la suddetta conclusione poggia su un’analisi che non si inserisce nel contesto della direttiva 91/414, ma rientra nella direttiva 2000/60. Quest’ultima direttiva è volta a migliorare la qualità delle acque attraverso l’individuazione e l’eliminazione progressiva di una serie di sostanze ritenute pericolose e di taluni inquinanti nelle acque dell’Unione europea. Le definizioni delle sostanze pericolose e degli inquinanti nella direttiva 2000/60 includono un riferimento alle nozioni di POP e PBT. Secondo le ricorrenti la direttiva 2000/60 poggia su una valutazione del pericolo per l’ambiente idrico, mentre la direttiva 91/414 richiede l’applicazione del criterio più restrittivo di rischio per l’ambiente.

183    Si deve constatare che, come rilevato dalle ricorrenti, i criteri POP e PBT sono stati oggetto di discussioni durante il periodo di valutazione e la classificazione dell’endosulfan quale POP o PBT è stata presa in considerazione nel corso del procedimento di valutazione. Il verbale, redatto dalla Commissione, della riunione tripartita del 17 maggio 2004 vi consacra segnatamente un capitolo ove si menziona la presentazione delle conclusioni dello Stato membro relatore circa la classificazione dell’endosulfan quale sostanza pericolosa nell’ambito della direttiva 2000/60. Vi si indica anche che, nell’ambito di tale direttiva, la completa mineralizzazione della sostanza dev’essere dimostrata. Il medesimo verbale menziona anche talune obiezioni delle ricorrenti circa il ricorso ai criteri POP e PBT nell’ambito della direttiva 91/414 e la loro argomentazione secondo cui la completa mineralizzazione di una sostanza non è un obiettivo della direttiva 91/414. L’affermazione della Commissione secondo cui essa ha adottato la decisione impugnata a prescindere da qualunque discussione sul punto se l’endosulfan sia un POP o un PBT o da qualsiasi classificazione dell’endosulfan in forza della direttiva 2000/60 va quindi respinta.

184    Non si può tuttavia inferire dalla circostanza che la classificazione dell’endosulfan quale POP o PBT o la sua classificazione in forza della direttiva 2000/60 è stata oggetto di un esame nel corso del procedimento di valutazione che la decisione impugnata viola l’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414. Al contrario, è necessario constatare che la conclusione in parola della decisione impugnata (v. punto 44 supra) non appare prima facie incompatibile con i criteri del suddetto art. 5, n. 1, i quali sono formulati in maniera ampia e si basano su un’analisi di rischi di effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali o sulle acque sotterranee o di effetti inaccettabili per l’ambiente (v. punto 5 supra).

185    Occorre anche ricordare che, indipendentemente dalla questione se l’endosulfan possa classificarsi quale POP o PBT nell’ambito della direttiva 2000/60, spettava alle ricorrenti provare nel corso del procedimento di valutazione che erano soddisfatte le condizioni di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414. Tuttavia le ricorrenti non chiariscono sotto quale profilo la classificazione di una sostanza come POP o PBT escluderebbe che abbia gli effetti nocivi di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414. Il solo fatto che la classificazione dell’endosulfan quale POP o PBT o la sua classificazione in forza della direttiva 2000/60 sia stata oggetto di un esame nel corso del procedimento di valutazione non può quindi essere una ragione sufficiente per annullare la decisione impugnata in assenza di argomenti persuasivi che dimostrino che le conclusioni della suddetta decisione sono contrarie all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414. L’addebito è pertanto infondato.

186    Peraltro deriva da quanto precede che gli argomenti fondati sul fatto che la direttiva 2000/60 poggia su un’analisi del pericolo e la direttiva 91/414 su un’analisi del rischio nonché quello fondato sulla violazione del legittimo affidamento delle ricorrenti nell’applicazione esclusiva di criteri rientranti nell’ambito della direttiva 91/414 sono inoperanti.

187    Dati tali elementi, gli addebiti concernenti la problematica dell’asserita classificazione dell’endosulfan quale POP o PBT vanno respinti nella loro integralità.

188     Circa la questione se la soluzione dell’impiego in serra proposta dalle ricorrenti ai fini del procedimento di valutazione avrebbe comunque fugato i dubbi connessi ad una possibile classificazione dell’endosulfan quale POP o PBT, occorre riferirsi all’esame della problematica dell’impiego in serra sviluppata in prosieguo.

 Sulla sesta problematica concernente l’impiego in serra

–       Argomenti delle parti

189    Le ricorrenti fanno valere che la decisione impugnata non tiene conto della soluzione ultima da esse proposta, consistente nel limitare l’endosulfan all’impiego in serra con BPA ridotte, il che costituisce una violazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 e dei loro diritti della difesa. Orbene, l’impiego in serra avrebbe risolto il problema del metabolita sconosciuto, in quanto l’endosulfan non potrebbe penetrare nel suolo o nell’acqua all’esterno della serra.

190    Nella replica le ricorrenti aggiungono che la non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 per un uso limitato in serra viola i principi di proporzionalità e di parità di trattamento.

191    La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, asserisce che aveva il diritto di rifiutare di esaminare la soluzione dell’impiego in serra, in quanto presentata fuori termine. In ogni caso essa non fugherebbe i dubbi suscitati dal metabolita sconosciuto poiché una serra non sarebbe un ambiente completamente chiuso.

–       Giudizio del Tribunale

192    La problematica dell’impiego in serra concerne una proposta presentata dalle ricorrenti in seguito alla riunione tripartita in una lettera indirizzata alla Commissione il 25 giugno 2004, a tenore della quale esse indicavano di essere disposte a sopportare quale «scenario più pessimista» l’impiego dell’endosulfan per pomodori in serra.

193    In risposta ad un quesito per iscritto del Tribunale che le interrogava sulle ragioni della presentazione tardiva di cui trattasi, le ricorrenti hanno risposto di non essere state in grado di presentare prima la proposta, poiché la preoccupazione connessa all’esposizione dell’operatore sarebbe stata manifestata solo nel corso della riunione tripartita ed esse erano state indotte a credere in precedenza che tale questione era regolata. Occorre però constatare che emerge dalla lettera del 25 giugno 2004 nonché dall’argomentazione delle ricorrenti nella replica che la soluzione dell’impiego dell’endosulfan in serra per la coltura di pomodori è stata proposta per soddisfare le rimanenti preoccupazioni dei valutatori, in particolare quella del metabolita sconosciuto riguardo al quale si è constatato supra che le ricorrenti avevano potuto individuarlo al più tardi nel 2000.

194    Le ricorrenti argomentano anche che la Commissione non può fondare il rifiuto di esaminare tale soluzione di ultima istanza sull’asserito carattere incompleto dell’analisi per i pomodori in serra, poiché tale impiego rientrava nella notificazione iniziale. Esse deducono inoltre che, tra il 2001 ed il 2004, sono state persino indotte a credere che l’applicazione dell’endosulfan ai pomodori in serra giustificherebbe l’iscrizione del medesimo nell’allegato I della direttiva 91/414. Tale addebito va anch’esso respinto, poiché, come chiarito dal Regno di Spagna all’udienza, senza essere contraddetto dalle ricorrenti, l’endosulfan era stato notificato per dieci impieghi in aperta campagna e un impiego in serra. L’esame dell’endosulfan è stato quindi manifestamente focalizzato sugli effetti ambientali dell’impiego potenzialmente più problematico, cioè l’impiego dell’endosulfan all’esterno. Non si può quindi dedurre dal fatto che le conclusioni del procedimento di valutazione riguardassero in sostanza il rischio di effetti nocivi dell’endosulfan all’esterno che l’impiego in serra dovesse ritenersi compatibile con l’art. 5, n. 1 della direttiva 91/414. Le ricorrenti hanno peraltro continuato a chiedere l’autorizzazione per tutti gli impieghi notificati sino alla fine del procedimento di valutazione.

195    Deriva da quanto precede che le ricorrenti non hanno fornito argomenti validi concernenti la questione del perché non erano state in grado di presentare tale soluzione in precedenza nell’ambito del procedimento di valutazione. Va peraltro constatato che, presentandola così tardivamente e continuando a voler ottenere l’iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 per l’impiego più ampio possibile, le ricorrenti hanno scientemente corso il rischio di non potere dimostrare, nei termini procedurali, che l’endosulfan rispondeva ai criteri di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414. Infine, quanto agli argomenti fondati sull’asserita violazione dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento, gli stessi sono trattati in prosieguo nell’ambito dell’esame del terzo motivo.

196    In ogni caso occorre rilevare ulteriormente che sussiste un disaccordo manifesto tra le parti sulla questione se una serra costituisca un ambiente chiuso. Le ricorrenti sostengono che la Commissione solleva in proposito obiezioni non pertinenti circa la tossicità per gli uccelli, poiché non vi sarebbero uccelli nella serra. Risulta tuttavia dal fascicolo del procedimento e dai commenti del Regno di Spagna all’udienza che sono in gioco anche altre preoccupazioni concernenti, ad esempio, una possibile penetrazione dell’acqua nel suolo. Quindi, la Commissione ed il Regno di Spagna manifestamente non accettano la tesi delle ricorrenti secondo cui la soluzione dell’impiego in serra permette di disattendere il problema del metabolita sconosciuto. Oltre al fatto che, come rilevato supra, occorre riconoscere un ampio potere discrezionale della Commissione in rapporto a tale tipo di valutazioni scientifiche complesse, tale discussione dimostra anche che, pur se il Tribunale considerasse che la mancata presa in considerazione della soluzione dell’impiego in serra presentata fuori termine costituisse un vizio di procedura che ha condotto alla violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti, non sarebbe affatto provato che la sua presa in considerazione avrebbe potuto portare ad una diversa decisione. Quindi la suddetta irregolarità non potrebbe implicare l’illegittimità e, pertanto, l’annullamento della decisione impugnata.

197    Ne consegue che occorre respingere gli addebiti concernenti la problematica dell’impiego in serra.

 Sulla settima problematica concernente l’impatto del ritardo causato dallo Stato membro relatore e dalla Commissione sul procedimento di valutazione

–       Argomenti delle parti

198    Secondo le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, lo Stato membro relatore ha presentato il suo progetto di rapporto di valutazione solo nel febbraio 2000 in violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 3600/92, che prevede un termine di dodici mesi a decorrere dal ricevimento della pratica completa. Nel caso di specie la versione aggiornata della pratica delle ricorrenti era stata depositata alla fine del 1996. Non sarebbe quindi possibile eccepire alle ricorrenti termini per la presentazione di dati alla fine del procedimento di valutazione, poiché lo Stato membro relatore sarebbe perlomeno corresponsabile del ritardo occorso. Peraltro le ricorrenti respingono la tesi della Commissione e del Regno di Spagna secondo cui esse sarebbero in parte responsabili del ritardo occorso durante il procedimento di valutazione.

199    Secondo la Commissione le ricorrenti stesse hanno contribuito ad una parte del ritardo oggi criticato dalle medesime. Essa ammette che i procedimenti condotti in forza della direttiva 91/414, in particolare per la prima fase del programma di esame, hanno richiesto più tempo del previsto, ma ciò è vero per tutte le sostanze e tutti gli autori delle notificazioni. Sarebbe però ingiusto da parte delle ricorrenti imputare tutti i ritardi allo Stato membro relatore e/o alla Commissione. Inoltre tutti i ritardi nei procedimenti non sarebbero stati necessariamente sfavorevoli alle ricorrenti, poiché l’endosulfan ha potuto restare più a lungo sul mercato. Peraltro, se il procedimento fosse stato meno lungo, non ci sarrebbe motivo di supporre che il risultato sarebbe stato differente.

200    Il Regno di Spagna sostiene gli argomenti della Commissione e fa anche valere che la maggior parte dei ritardi nel procedimento sono stati causati dalle ricorrenti medesime, il che è manifestamente rivelatore di un’incontestabile intenzione di non porre fine al procedimento.

–       Giudizio del Tribunale

201    Va precisato in via preliminare che la presente problematica concerne in sostanza la questione dell’impatto potenziale del ritardo iniziale occorso nel procedimento di valutazione durante il periodo di preparazione del progetto del rapporto di valutazione sulla possibilità per le ricorrenti di rispettare i termini procedurali del maggio 2002 e del maggio 2003.

202    Va anzitutto constatato che la presentazione del progetto di rapporto di valutazione da parte dello Stato membro relatore è stata effettuata con un ritardo considerevole rispetto al calendario previsto all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 3600/92, come modificato, a norma del quale il suddetto rapporto viene inviato alla Commissione entro un termine di dodici mesi a decorrere dal ricevimento delle pratiche. Orbene, nel caso di specie, la pratica completa era stata depositata nell’aprile 1995 ed una versione aggiornata era stata depositata un anno più tardi, ma il rapporto di valutazione è stato presentato alla Commissione solo il 22 febbraio 2000. Orbene, è necessario constatare che, nelle loro memorie, né la Commissione né il Regno Unito forniscono una spiegazione per questo considerevole ritardo rispetto al calendario regolamentare, ma si limitano a far valere taluni ritardi nel prosieguo del procedimento di esame che sarebbero dovuti alle ricorrenti, il che è contestato da queste ultime. In risposta ad un quesito per iscritto del Tribunale, il Regno di Spagna ha richiamato l’attenzione sulle difficoltà organizzative incontrate all’inizio del procedimento di valutazione tenuto conto della novità del procedimento e del numero di sostanze per cui era stato designato quale Stato membro relatore. Il Regno di Spagna precisa che non esisteva alcun organismo accreditato prima del 10 maggio 1996 per procedere alle valutazioni e che, dal 1996 al 1998, l’organismo accreditato ha proceduto alla valutazione della sostanza attiva dell’endosulfan tenendo le ricorrenti informate di pari passo con le sue conclusioni. Il Regno di Spagna indica anche che, a partire dal luglio 1998, le ricorrenti hanno fornito documenti supplementari modificando anche le BPA, il che ha ritardato ancora di più la presentazione del progetto di rapporto di valutazione.

203    È chiaro che l’argomentazione della Commissione e del Regno Unito spiega solo in parte il considerevole ritardo con cui il progetto di rapporto di valutazione è stato presentato. Occorre tuttavia ricordare che un’irregolarità procedurale può comportare l’annullamento totale o parziale di una decisione solo se è dimostrato che, in mancanza della stessa, la suddetta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso (sentenza della Corte 23 aprile 1986, causa 150/84, Bernardi/Parlamento, Racc. pag. 1375, punto 28; sentenze del Tribunale 6 luglio 2000, causa T‑62/98, Volkswagen/Commissione, Racc. pag. II‑2707, punto 283, e 5 aprile 2006, causa T‑279/02, Degussa/Commissione, Racc. pag. II‑897, punto 416; v. anche, in tal senso, sentenza della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78-215/78 e 218/78, van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 47).

204    In considerazione di tale giurisprudenza, occorre rilevare che l’argomentazione delle ricorrenti è contraddittoria. In primo luogo, esse non possono far valere in maniera credibile il ritardo nella presentazione del progetto di rapporto di valutazione come causa della loro impossibilità di fornire dati entro un determinato termine, dal momento che la loro argomentazione poggia integralmente sul fatto che i dati non presi in considerazione rispondono a preoccupazioni formulate in maniera tardiva nel procedimento di valutazione. Infatti, solo qualora il bisogno di presentare uno studio supplementare fosse emerso dal progetto di rapporto, il carattere tardivo della presentazione di quest’ultimo avrebbe potuto impedire alle ricorrenti di rispettare i suddetti termini e, quindi, avere un impatto reale sulla decisione impugnata. In secondo luogo, le ricorrenti si lamentano di una carenza di interazione con lo Stato membro relatore prima del 2000. Ora, è chiaro che interazioni ancora più intense di quelle risultanti dai documenti che provano la comunicazione tra le ricorrenti e lo Stato membro relatore, presentati con gli atti processuali e rilevati nella risposta di quest’ultimo al quesito per iscritto del Tribunale, avrebbero solo potuto ritardare la presentazione del progetto di rapporto di valutazione. Inoltre le suddette prove documentali indicano piuttosto che le ricorrenti sono state strettamente coinvolte nella redazione del progetto di rapporto di valutazione, il che avrebbe dovuto permettere alle medesime di migliorare la valutazione. In terzo luogo, risulta dagli atti processuali che le ricorrenti hanno talvolta contribuito esse stesse al ritardo presentando nuovi dati o parametri o, in occasione della seconda fase di esame, non rispettando sempre le date convenute per la presentazione di studi di modo che sarebbe azzardato provare in quale misura la presentazione del progetto di rapporto di valutazione ad una data precoce avrebbe permesso di individuare prima taluni dubbi dei valutatori.

205    Conseguentemente l’addebito relativo alla problematica dell’impatto del ritardo causato dallo Stato membro relatore e dalla Commissione va respinto.

206    Risulta dall’insieme delle considerazioni precedenti che l’esame delle sette problematiche singolarmente prese non ha permesso di individuare l’esistenza di un errore manifesto di valutazione da parte della Commissione nell’applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 o di una violazione dei diritti della difesa o di un qualsiasi legittimo affidamento delle ricorrenti. Data tale situazione, non si può neppure ammettere che l’effetto combinato dei diversi aspetti del procedimento di valutazione posti in discussione nell’ambito delle suddette problematiche possa costituire un fondamento sufficiente per l’annullamento della decisione impugnata, poiché non ne discende che le ricorrenti si sono trovate in una situazione di forza maggiore che ha impedito loro di rispettare i termini procedurali. Vanno quindi respinti, da un lato, il primo motivo nella sua integralità e, dall’altro, la seconda parte del secondo motivo.

 Sulla prima parte del secondo motivo, fondata sulla violazione dell’art. 95, n. 3, CE

–       Argomenti delle parti

207    Le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, asseriscono che la Commissione, non esaminando tutti i dati forniti, compresi quelli presentati prima dei termini del maggio 2002 e del maggio 2003 e basando la valutazione dell’endosulfan su una serie limitata e incompleta di dati, ha violato l’art. 95, n. 3, CE. Infatti, mentre la direttiva 91/414 si fonderebbe formalmente sull’art. 43 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 37 CE), che istituisce una politica agricola comune, discenderebbe dai punti del preambolo che essa persegue obiettivi connessi al mercato interno e l’art. 95 CE sarebbe quindi applicabile. Infatti l’art. 4 della direttiva 91/414 garantirebbe la libera circolazione dei prodotti fitosanitari, vietando agli Stati membri di ostacolare per motivi connessi agli aspetti armonizzati dalla suddetta direttiva l’importazione, la vendita o l’autorizzazione di prodotti fitosanitari che rispettino le disposizioni armonizzate. Peraltro la questione del fondamento normativo della direttiva 91/414 non sarebbe rilevante.

208    A norma dell’art. 95, n. 3, CE la Commissione, adottando misure in materia di sanità o di protezione dell’ambiente, avrebbe l’obbligo di tener conto dei dati più recenti, compresi eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Inoltre l’art. 152, n. 1, primo comma, CE prevederebbe che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità è garantito un livello elevato di protezione della salute umana. L’effetto combinato di tali disposizioni consisterebbe nel fatto che tutte le decisioni adottate ai sensi della direttiva 91/414 dovrebbero permettere di raggiungere un grado di protezione elevato valutato con riferimento ai dati più recenti.

209    La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, fa valere che l’art. 95, n. 3, CE non è applicabile poiché serve unicamente come fondamento normativo degli atti adottati dal Consiglio nell’ambito della procedura di codecisione, quale prevista all’art. 251 CE, aventi ad oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato comune. Orbene, la direttiva 91/414, che è il fondamento normativo della decisione impugnata e dei procedimenti di valutazione ad essa inerenti, sarebbe stata adottata sulla base dell’art. 43 CE il quale non determinerebbe l’avvio della codecisione.

210    Peraltro una normativa agricola come la direttiva 91/414 potrebbe implicare l’armonizzazione di disposizioni nazionali senza che sia necessario ricorrere all’art. 100 CE (divenuto art. 94 CE) nei limiti in cui l’art. 38, n. 2, CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 32, n. 2, CE) assicura il primato delle disposizioni specifiche del settore agricolo in rapporto alle disposizioni generali relative all’instaurazione del mercato comune. Il fatto che una misura agricola tenga conto anche delle questioni ambientali o di sanità non implicherebbe che essa rientri nelle regole del Ttrattato in materia di ambiente. Per ragioni similari l’art. 152 CE sarebbe del pari irrilevante.

211    Peraltro la Commissione ricorda che essa ha un ampio potere discrezionale nel settore agricolo e che sia il Tribunale sia la Corte hanno esplicitamente dichiarato che tale regola era applicabile ai procedimenti previsti dalla direttiva 91/414.

212    La Commissione indica infine di non comprendere perché l’obbligo di tener conto dei più recenti dati scentifici disponibili sarebbe diversa per le regole inerenti alla normativa sul mercato interno.

–       Giudizio del Tribunale

213    L’art. 95, n. 3, CE, la cui applicabilità nella fattispecie è contestata dalla Commissione, dispone che la Commissione, nelle sue proposte al Consiglio per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato comune in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici.

214    Va constatato al riguardo che le ricorrenti confermano nelle loro memorie di non contestare la legittimità della direttiva 91/414 in rapporto all’art. 95, n. 3, CE, ma quella degli atti adottati dalla Commissione sul fondamento della suddetta direttiva. Esse riconoscono che la direttiva 91/414 non è per di sé contraria alle condizioni dettate dall’art. 95, n. 3, CE, ma ritengono che essa rafforzi tali condizioni, dato che l’art. 5 della direttiva 91/414 riprende i termini dell’art. 95, n. 3, CE esigendo che le decisioni siano adottate «in base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche». È quindi necessario constatare che l’argomentazione svolta dalle ricorrenti nell’ambito di tale parte si confonde con quella svolta nell’ambito del primo motivo e della seconda parte del secondo motivo in merito ai quali si è deciso che erano infondati. Gli addebiti fondati sull’asserita violazione dell’art. 95, n. 3, CE vanno quindi anch’essi respinti senza che il Tribunale debba pronunciarsi sull’applicabilità della suddetta disposizione.

215    Quanto all’art. 152, n. 1, CE che le ricorrenti invocano in via subordinata ed a norma del quale nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Commissione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana, va constatato che non viene sviluppata alcuna argomentazione autonoma, ma che le ricorrenti si limitano a ripetere il riferimento all’obbligo in capo alla Commissione di tener conto dei dati più recenti. Anche tale addebito va quindi respinto.

216    Risulta da quanto precede che la prima parte del secondo motivo dev’essere respinta.

 Sul terzo motivo, fondato sulla violazione di taluni principi generali di diritto comunitario

217    Nell’ambito del terzo motivo le ricorrenti deducono, più particolarmente, la violazione del principio di proporzionalità (prima parte), dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto (seconda parte), del divieto di agire ultra vires [(incompetenza) terza parte)], dell’obbligo di procedere ad una valutazione diligente e imparziale (quarta parte), del divieto di sviamento di potere (quinta parte), dei diritti della difesa e del diritto di essere sentito (sesta parte), del principio dell’eccellenza e dell’indipendenza dei pareri scientifici (settima parte), del principio della parità di trattamento (ottava parte), del principio del primato delle disposizioni speciali sulle disposizioni generali (nona parte) e del principio dell’estoppel (decima parte). Il Tribunale ritiene utile esaminare anzitutto separatamente la prima parte fondata sulla violazione del principio di proporzionalità e l’ottava parte fondata sulla violazione del principio della parità di trattamento prima di esaminare complessivamente le altre parti del terzo motivo.

 Sulla prima parte, fondata sulla violazione del principio di proporzionalità

–       Argomenti delle parti

218    Secondo le ricorrenti deriva dalla giurisprudenza che, al fine di stabilire se la decisione di un’istituzione comunitaria rispetti il principio di proporzionalità, occorre verificare se i motivi da essa impiegati siano adeguati a realizzare l’obiettivo contemplato e se gli stessi non vadano oltre quanto necessario a realizzarlo. Nel caso di specie la decisione di non esaminare tutti i dati forniti dalle ricorrenti sarebbe contraria all’obiettivo di cui alla direttiva 91/414 che sarebbe di valutare la sicurezza dei prodotti fitosanitari e dei loro ingredienti attivi in considerazione degli specifici criteri della suddetta direttiva e «in base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche», e non costituirebbe il mezzo meno restrittivo per realizzare un obiettivo siffatto, in quanto la decisione di non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 avrebbe per conseguenza il ritiro dell’endosulfan dal mercato dell’Unione europea con effetti commerciali irreparabili per le ricorrenti. Un risultato siffatto sarebbe totalmente sproporzionato, segnatamente in quanto deriverebbe unicamente dalla volontà di rispettare termini artificialmente fissati, come nel caso di specie.

219    Le ricorrenti invocano le ordinanze del presidente della Corte 21 ottobre 2003, causa C‑365/03 P(R), Industrias Químicas del Vallés/Commissione (Racc. pag. I‑12389), e del presidente del Tribunale 5 agosto 2003, causa T‑158/03 R, Industrias Químicas del Vallés/Commissione (Racc. pag. II‑3041), da cui emergerebbe che la Commissione non può far valere i termini come solo motivo per rifiutare di esaminare i nuovi dati da esse forniti. Il leggero ritardo che l’esame di questi dati avrebbe comportato sarebbe pertanto ben inferiore al termine supplementare accordato all’IQV per la presentazione di nuovi dati relativi al metalaxil e certamente trascurabile rispetto al periodo totale di valutazione dell’endosulfan, che sarebbe stato ritardato dalla valutazione tardiva dello Stato membro relatore, e che correva in ogni caso sino al 31 dicembre 2005 e sarebbe stato ancora prolungato sino al 31 dicembre 2006.

220    Nella replica le ricorrenti aggiungono che l’endosulfan avrebbe dovuto essere iscritto nell’allegato I della direttiva 91/414 almeno per un impiego in serra e che tale soluzione sarebbe stata proporzionata agli obiettivi della suddetta direttiva e avrebbe del pari garantito che l’endosulfan sarebbe stato trattato allo stesso modo di altre sostanze attive. La Commissione avrebbe infatti accettato l’iscrizione del beta-ciflutrin nell’allegato I della direttiva 91/414 per il motivo che «gli impieghi diversi da quelli ornamentali in serra o relativi al trattamento delle sementi non [erano] sufficientemente documentati e non [si erano] rivelati accettabili alla luce dei criteri di cui all’allegato VI» e che, «[p]er corroborare l’autorizzazione di tali impieghi, dati ed informazioni che provassero la loro accettabilità nei confronti dei consumatori umani e dell’ambiente [dovevano] essere forniti agli Stati membri». Lo stesso ragionamento sarebbe stato svolto riguardo alla sostanza attiva ciflutrin e avrebbe potuto esserlo per l’endosulfan.

221    L’ECPA sostiene gli argomenti delle ricorrenti e aggiunge che il rifiuto della Commissione di tener conto di tutti i dati disponibili è particolarmente sproporzionato nel caso di specie, poiché l’endosulfan ed i prodotti che lo contengono non presentano alcun pericolo o rischio imminente o identificato. Infine l’ECPA sostiene che esistono quanto meno, per raggiungere lo scopo perseguito, mezzi meno restrittivi del rifiuto puro e semplice dell’iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414. Al riguardo le opzioni disponibili per fugare i dubbi sussistenti sarebbero la riduzione del periodo di iscrizione nell’allegato I della suddetta direttiva, il miglioramento dei fattori di sicurezza, prescrizioni supplementari in materia di dati nonché l’impegno cogente da parte del notificante ad effettuare test complementari.

222    La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, si oppone agli argomenti delle ricorrenti. Inoltre essa contesta la ricevibilità della censura fondata sul carattere sproporzionato della non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 unicamente ai fini di un impiego in serra poiché a suo avviso il ricorso si riferisce al principio di proporzionalità solo in rapporto alla questione dei termini.

–       Giudizio del Tribunale

223    Va ricordato che il principio generale di proporzionalità richiede che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di quanto sia idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa in questione, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza della Corte 9 marzo 2006, causa C‑174/05, Zuid-Hollandse Milieufederatie e Natuur en Milieu, Racc. pag. I-2443, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).

224    Ne consegue che, per quanto riguarda il sindacato giurisdizionale sulle condizioni di attuazione di un principio siffatto, alla luce dell’ampio potere discrezionale di cui dispone la Commissione nell’adottare decisioni relative all’iscrizione di sostanze attive nell’allegato I della direttiva 91/414, solo il carattere manifestamente sproporzionato di una misura, in relazione allo scopo che intende perseguire, può inficiare la validità di tale misura (v., in tal senso, sentenza Zuid-Hollandse Milieufederatie e Natuur en Milieu, punto 223 supra, punto 29).

225    Peraltro, come rilevato al punto 81 supra, risulta dai ‘considerando’ della direttiva 91/414 che quest’ultima ha per obiettivo, da una parte, l’eliminazione degli ostacoli agli scambi intracomunitari di prodotti fitosanitari nonché il miglioramento della produzione vegetale e, dall’altra, la protezione della salute dell’uomo e degli animali nonché dell’ambiente.

226    Circa l’applicazione del principio di proporzionalità alla decisione della Commissione di non prendere in considerazione dati presentati fuori dei termini procedurali, occorre ricordare che emerge dall’esame combinato del contesto normativo e dalla sentenza IQV cui ha proceduto il Tribunale nell’ambito dell’esame del primo motivo e della seconda parte del secondo motivo che, nel contesto del procedimento che sfocia nell’adozione di una decisione concernente l’iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 di una sostanza contemplata dal procedimento di cui all’art. 8, n. 2, della direttiva, si impone una moratoria se le parti che hanno notificato la sostanza attiva si sono trovate in una situazione di forza maggiore che ha impedito loro di rispettare i termini procedurali per la presentazione di informazioni complementari al fine di provare un impiego sicuro della sostanza attiva in parola.

227    Orbene, risulta dall’esame delle diverse problematiche effettuato supra che le ricorrenti non hanno provato di essersi trovate in una situazione di forza maggiore che impedisse loro di presentare i dati che la Commissione ha rifiutato di prendere in considerazione nei termini procedurali. Non si può quindi concludere che la decisione della Commissione di non tener conto dei dati e degli studi in parola abbia violato il principio di proporzionalità.

228    Peraltro, dati tali elementi, la decisione di non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 non è neppure sproporzionata, in quanto si fonda sulla mancanza di informazioni sufficienti che permettano di concludere per l’assenza di rischi, come quelli definiti all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414, tenuto conto del fatto che, da una parte, gli obiettivi di protezione della salute dell’uomo e degli animali nonché dell’ambiente perseguiti dalla direttiva 91/414 ostano ad un rinvio della decisione di iscrizione o meno della sostanza attiva in parola nell’allegato I della direttiva 91/414 lasciato alla discrezione dei produttori della sostanza di cui trattasi e, dall’altra, che i suddetti produttori hanno comunque la possibilità di far riesaminare la sostanza attiva attraverso la procedura prevista all’art. 6, n. 2, della direttiva 91/414.

229    Infine, per quanto concerne l’addebito delle ricorrenti fondato sul fatto che, nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe dovuto prevedere l’iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 ai fini di un impiego in serra, occorre precisare che gli addebiti avanzati nel ricorso nell’ambito di tale parte riguardano la decisione della Commissione di non accordare alle stesse una proroga dei termini regolamentari per la presentazione di dati. Tali addebiti non riguardano quindi il carattere assertivamente sproporzionato della decisione impugnata nei limiti in cui ha imposto il ritiro dal mercato dell’endosulfan, mentre una soluzione meno restrittiva avrebbe potuto essere accolta. In tale situazione la censura delle ricorrenti fondata sul fatto che la Commissione avrebbe potuto prevedere l’iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 ai fini di un impiego in serra, fatta valere per la prima volta nella replica, va dichiarata irricevibile sulla base della giurisprudenza richiamata supra al punto 134. Peraltro il fatto che l’ECPA abbia menzionato il suddetto addebito nella sua memoria di intervento non rimette in discussione la conclusione secondo cui si tratta in realtà di un nuovo motivo che le ricorrenti avrebbero potuto sollevare in fase di ricorso (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 3 aprile 2003, causa T‑114/02, BaByliss/Commissione, Racc. pag. II‑1279, punto 417). Risulta in ogni caso dall’esame del primo motivo e della seconda parte del secondo motivo effettuato supra che la Commissione non ha commesso alcun errore manifesto di valutazione rifiutando di prendere in considerazione la soluzione dell’impiego in serra che le ricorrenti avevano presentato dopo la scadenza dei termini procedurali. In tali circostanze non si può addebitare alla Commissione di non aver autorizzato l’iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 ai fini di un impiego in serra.

230    Deriva da tutte le considerazioni che precedono che la prima parte del terzo motivo è infondata.

 Sull’ottava parte, fondata sulla violazione del principio della parità di trattamento

–       Argomenti delle parti

231    Le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, sostengono che la valutazione dell’endosulfan è stata oggetto di un trattamento meno favorevole di quello riservato ad altre molecole soggette ai medesimi requisiti di esame, ad esempio il metalaxil e il clorpirifos, che hanno fruito di periodi addizionali per la presentazione e la valutazione di nuovi dati rilevanti.

232    Inoltre la Commissione avrebbe deciso di prorogare il termine per l’iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 per otto sostanze attive sino al 31 dicembre 2006. A seguito della proroga del termine applicabile alla fine del 2006, otto sostanze appartenenti alla prima fase di esame, compresi il fenarimol ed il vinclozolin, fruirebbero di periodi di immissione in commercio più lunghi e gli autori di notificazioni avrebbero la possibilità di presentare nuovi dati. Infatti il vinclozolin avrebbe fruito di una proroga del termine dal 1998 al 2006 ed il fenarimol dal 1997 al 2006, mentre l’endosulfan avrebbe fruito di una proroga solo dal 2001 al 2005. Le ricorrenti presentano una tabella che illustra l’effetto del ritardo della valutazione iniziale da parte dello Stato membro relatore sul numero di riunioni per la valutazione dei dati e sulla ritrasmissione di informazioni tra gli autori di notificazioni e le autorità di valutazione. Il fenarimol ed il vinclozolin avrebbero quindi fruito di riunioni più frequenti e di molti anni supplementari per l’elaborazione di nuovi dati in risposta alla valutazione e tenuto conto del progresso tecnico ai sensi della direttiva 91/414. Ne risulta che la Commissione avrebbe trattato, almeno in alcuni casi, situazioni simili in maniera differente, violando quindi il principio della parità di trattamento e l’art. 40, n. 3, CE.

233    Peraltro la disparità di trattamento coprirebbe non soltanto il periodo di valutazione più lungo accordato alle altre sostanze appartenenti allo stesso elenco dell’endosulfan, ma anche una disparità quanto ai criteri utilizzati per la valutazione globale e nel risultato finale della valutazione dell’endosulfan.

234    La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, contesta gli argomenti delle ricorrenti.

–       Giudizio del Tribunale

235    Occorre anzitutto precisare che l’art. 40 CE concerne l’estensione dei poteri del Consiglio in materia di libera circolazione dei lavoratori e non presenta dunque alcun nesso con gli addebiti avanzati nell’ambito della parte di motivo in questione. Le ricorrenti non hanno peraltro apportato alcuna delucidazione circa la sua pertinenza. Gli addebiti fondati sulla violazione della suddetta disposizione vanno quindi dichiarati irricevibili sulla base della giurisprudenza citata al punto 120 supra.

236    In secondo luogo, è necessario ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il principio della parità di trattamento risulta violato soltanto quando situazioni analoghe vengono trattate in maniera differente o quando situazioni differenti vengono trattate in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del Tribunale 29 novembre 2005, causa T‑52/02, SNCZ/Commissione, Racc. pag. II‑5005, punto 109 e la giurisprudenza ivi citata).

237    Va constatato in proposito che, come indica la Commissione, gli argomenti delle ricorrenti circa la soluzione accolta per altre sostanze attive si limitano ad un’elencazione degli esempi di altre sostanze attive per le quali la soluzione è stata diversa senza spiegare perché l’endosulfan avrebbe dovuto essere trattato allo stesso modo. Tali addebiti vanno quindi dichiarati irricevibili sulla base della giurisprudenza citata al punto 120 supra. Peraltro, ed in ogni caso, la questione essenziale posta nell’ambito della parte di motivo in questione è di nuovo quella relativa all’omessa presa in considerazione dei dati forniti tardivamente, poiché la Commissione avrebbe potuto accogliere una soluzione diversa da quella della non iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 dell’endosulfan in tutte le sue applicazioni solo se avesse accettato di esaminare gli argomenti concernenti le BPA ridotte, la formulazione CS o l’impiego in serra.

238    In secondo luogo, circa gli argomenti fondati sul raffronto tra lo svolgimento dei procedimenti di valutazione dell’endosulfan e di altre sostanze, va constatato che le ricorrenti adducono elementi di raffronto unicamente per il fenarimol ed il vinclozolin. Esse presentano in particolare nel ricorso una tabella comparativa che sarebbe prodotta dalla Commissione e da cui risulta, a loro avviso, che queste altre sostanze attive hanno fruito di riunioni più frequenti e di un processo di valutazione più lungo che ha offerto occasioni supplementari per presentare nuovi dati. Esse affermano che l’endosulfan è stato oggetto di un numero inferiore di riunioni di valutazione e possibilità di discussioni ulteriori a causa del ritardo iniziale nel procedimento di valutazione. Inoltre, per il fenarimol ed il vinclozolin, la Commissione non avrebbe fissato alcuna data limite per la presentazione di nuovi dati. Peraltro, per queste due sostanze, la decisione relativa all’iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 non sarebbe stata ancora adottata al momento della presentazione del ricorso, cioè nell’aprile 2006.

239    In risposta ad un quesito per iscritto del Tribunale, la Commissione ha indicato che il numero di discussioni era più elevato nel caso di sostanze per le quali le decisioni in materia di valutazione e gestione dei rischi risultavano difficili. Peraltro, circa il fatto che i termini di presentazione dei dati sarebbero stati diversi per le suddette sostanze, la Commissione contesta la circostanza che le imprese notificatrici di tali sostanze abbiano potuto presentare nuovi dati sino al dicembre 2003 o all’aprile 2004. D’altro canto, le suddette imprese sarebbero state anche confrontate a termini legali e non avrebbero potuto continuare a presentare nuovi dati. Inoltre non sarebbe neppure corretto supporre che la presentazione più tardiva del progetto di rapporto di valutazione avrebbe un impatto negativo sulla sentenza in questione poiché, ad esempio, il progetto di rapporto di valutazione della sostanza MCPB sarebbe stato presentato solo nel dicembre 2001, ma quest’ultima sarebbe stata iscritta nell’allegato I della direttiva 91/414 tramite la direttiva 2005/57/CE della Commissione 21 settembre 2005, recante modifica della direttiva 91/414 per includervi le sostanze attive MCPA e MCPB (GU L 246, pag. 14).

240    Quanto al fenarimol, la Commissione chiarisce che trattasi di una sostanza controversa su cui era difficile statuire. Il comitato non avrebbe dato alcun parere su un progetto di direttiva che approvasse la sostanza e la Commissione avrebbe proposto due atti distinti nel giugno e nel settembre 2006. Il fenarimol sarebbe finalmente stato iscritto nell’allegato I della direttiva 91/414 nel 2006 con riserva di osservanza di condizioni rigorose, segnatamente una valutazione dopo 18 mesi, mentre all’endosulfan sarebbe stato concesso un periodo di ritiro progressivo di quasi due anni.

241    Per quanto riguarda il vinclozolin, il comitato ancora una volta non avrebbe emesso alcun parere e la Commissione avrebbe proposto una direttiva ai fini della sua iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 nel giugno 2006. La Commissione indica che il Consiglio ha respinto tale proposta e che essa non ha proposto alcun altro testo. Essa precisa che, di conseguenza, a decorrere dal 1º gennaio 2007, tale sostanza non era più coperta dalle disposizioni transitorie dell’art. 8, n. 2, della direttiva ed ha dovuto essere ritirata dal mercato.

242    Il Tribunale reputa che da tali chiarimenti, peraltro non contestati dalle ricorrenti all’udienza, emerge come non sia stato provato che il fenarimol ed il vinclozolin avevano fruito di un trattamento più favorevole dell’endosulfan. Occorre quindi concludere che, tenuto conto in particolare della specificità di ciascun procedimento di esame, che rende estremamente difficili i raffronti nonché del potere discrezionale della Commissione circa il modo in cui essa conduce investigazioni di tale tecnicità e complessità, potere a più riprese menzionato supra, le ricorrenti non hanno provato che le differenze nello svolgimento dei procedimenti di valutazione sottoposte al raffronto non fossero obiettivamente giustificate.

243    Risulta da quanto precede che l’ottava parte del terzo motivo è infondata.

 Sulle altre parti del terzo motivo

244    Come già rilevato supra, nell’ambito delle parti seconda, terza, quarta, quinta, sesta, settima, nona e decima, le ricorrenti fanno valere la violazione, rispettivamente, dei principi del legittimo affidamento e di certezza del diritto, del divieto di agire ultra vires, dell’obbligo di realizzare una valutazione diligente ed imparziale, del divieto di sviamento di potere, dei diritti della difesa e del diritto di essere sentito, del principio dell’eccellenza e dell’indipendenza dei pareri scientifici, del principio del primato delle disposizioni speciali sulle disposizioni generali e del principio dell’estoppel.

–       Argomenti delle parti

245    Anzitutto, quanto all’asserita violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, sostengono che la decisione della Commissione di valutare l’endosulfan sulla scorta di criteri non figuranti nella direttiva 91/414 come i criteri PBT e POP, o di regole che sono state modificate nel corso della valutazione, come gli orientamenti relativi ai metaboliti, viola il loro legittimo affidamento ed il principio di certezza del diritto relativamente alla valutazione della loro sostanza attiva unicamente nell’ambito della suddetta direttiva. La Corte avrebbe costantemente riaffermato i principi di certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento in virtù dei quali gli effetti della legislazione comunitaria dovrebbero presentare caratteristiche di chiarezza e prevedibilità per gli amministrati (sentenza della Corte 12 novembre 1981, cause riunite 212/80‑217/80, Meridionale Industria Salumi e a., Racc. pag. 2735, punto 10). La Commissione, avendo modificato a più riprese i criteri di valutazione, avrebbe dovuto, quanto meno, dare alle ricorrenti un termine e occasioni sufficienti al fine di adattare la loro notificazione ai nuovi criteri. Inoltre incomberebbe al legislatore comunitario includere qualsiasi nuovo criterio di valutazione nella direttiva, su proposta della Commissione e conformemente ai procedimenti legislativi appropriati, e non alla Commissione stabilire nuove regolamentazioni di sua propria iniziativa. Il fatto di utilizzare criteri di valutazione non espressamente previsti dalla direttiva 91/414 infirmerebbe le decisioni fondate su tali nuovi criteri, come nel caso dell’endosulfan.

246    In secondo luogo, circa il divieto di agire ultra vires le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, sostengono che la Commissione non è competente a valutare l’endosulfan sulla scorta dei criteri PBT e POP o in rapporto alle regole concernenti i metaboliti non esplicitamente menzionati nella direttiva 91/414. Risulterebbe dalla giurisprudenza consolidata che una misura di attuazione, adottata conformemente alle disposizioni di una direttiva base, dev’essere annullata quando «ha modificato la portata degli obblighi imposti (...) dalla direttiva base, senza che sia stato espletato il procedimento normativo prescritto dal trattato» (sentenza della Corte 18 giugno 1996, causa C‑303/94, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑2943). In ogni caso la valutazione delle caratteristiche POP e PBT condotta dalla Commissione sarebbe stata superficiale e praticata senza competenza tecnica o giuridica.

247    Inoltre, quanto all’asserita violazione dell’obbligo di procedere ad una valutazione diligente ed imparziale, le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, sostengono che la Commissione non può valutare l’innocuità dell’endosulfan sulla base dei risultati derivanti da dati relativi ad un’altra sostanza, il solfato di endosulfan e/o di altri metaboliti sconosciuti, e discendenti da una valutazione effettuata in rapporto al criterio PBT, fondata sul pericolo, realizzata unicamente a livello del gruppo di lavoro e non accompagnata da una conclusione a norma della direttiva 2000/60. La Commissione sarebbe tenuta a valutare l’endosulfan rispetto alle sue proprie proprietà, sulla base di una completa valutazione dei rischi, e non rispetto ad asserite proprietà pericolose di sostanze chimicamente distinte, come i metaboliti, utilizzando una serie di dati incompleta. Peraltro, secondo le ricorrenti, emerge dal verbale della riunione tripartita del 17 maggio 2004 che lo Stato membro relatore e la Commissione sembrano aver selezionato arbitrariamente taluni risultati derivanti da dati relativi all’endosulfan che corroborano una conclusione particolare ed hanno deliberatamente ignorato altri risultati ed i riaggiustamenti da esse effettuati per rispondere alle rimanenti preoccupazioni dei valutatori circa l’uso sicuro connesso alla formulazione CS. Così agendo, la Commissione non avrebbe condotto una valutazione diligente ed imparziale dell’endosulfan.

248    Inoltre, circa l’asserita esistenza di uno sviamento di potere, le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, sostengono che la Commissione ha sviato i suoi poteri procedendo alla non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 sulla scorta di criteri non figuranti nella suddetta direttiva e sulla base di una serie di dati arbitrariamente selezionati non comprendenti i dati più recenti forniti dalle medesime. Le conclusioni della Commissione quanto all’endosulfan sarebbero basate su risultati incompleti e limitati o su risultati ottenuti applicando una metodologia orientata sul pericolo in virtù di principi posti dalla direttiva 2000/60, ma non secondo il processo di valutazione di cui alla direttiva 91/414, il che darebbe l’impressione di una decisione arbitraria al solo scopo di corroborare le conclusioni PBT e/o POP al fine di sostenere una decisione di non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414. Inoltre la Commissione ed il relatore avrebbero richiesto la presentazione di determinati studi che non rientravano nell’ambito della direttiva 91/414 e non connessi a condizioni d’uso reali. In ogni caso l’endosulfan ed i suoi metaboliti dovrebbero essere valutati separatamente. Le asserite proprietà PBT o altre preoccupazioni relative ai metaboliti dell’endosulfan non possono quindi, secondo le ricorrenti, avere un impatto negativo sulla valutazione dell’endosulfan medesimo a norma della direttiva 91/414, ma presuppongono una valutazione distinta che lo Stato membro relatore ha scelto di non effettuare. La Commissione, utilizzando i risultati dei metaboliti dell’endosulfan (o l’assenza di risultati) per la non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414, avrebbe sviato i poteri conferitile dalla suddetta direttiva.

249    Peraltro, quanto all’asserita violazione dei diritti della difesa e del diritto di essere sentiti, le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, fanno valere che la Commissione, non esaminando i loro nuovi dati e gli argomenti presentati a loro sostegno, modificando i criteri di valutazione a più riprese senza dar loro tempo sufficiente per adattarsi ed applicando criteri non figuranti nella direttiva 91/414, le ha private dell’occasione di presentare effettivamente la loro difesa. Lo Stato membro relatore non avrebbe valutato l’endosulfan conformemente ai criteri della direttiva 91/414, non avrebbe comunicato con gli autori della notificazione, avrebbe chiesto la presentazione di studi che erano irrilevanti o che andavano oltre il contesto della direttiva 91/414 ed avrebbe rifiutato di esaminare taluni dati forniti, che tuttavia erano determinanti per effettuare una buona valutazione dell’endosulfan. Di fronte a tali manifesti errori e violazioni, la Commissione avrebbe dovuto intervenire, in forza del suo dovere di buona amministrazione provvedendo a che, in primo luogo, la valutazione sia operata in maniera scientificamente e giuridicamente ragionevole e, in secondo luogo, le ricorrenti disponessero di tempo sufficiente e di occasioni per difendere effettivamente le loro posizioni e adattarsi alle regole modificate a più riprese.

250    Poi, per quanto riguarda l’asserita violazione del principio dell’eccellenza e dell’indipendenza dei poteri scientifici, le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, invocano la comunicazione della Commissione 30 aprile 1997 sulla salute dei consumatori e la sicurezza alimentare ove si indicherebbe che dati scientifici di alta qualità per la redazione e la modifica delle regole comunitarie concernenti la protezione del consumatore in generale, e della salute del consumatore, in particolare sono della massima importanza. Inoltre, in forza della decisione della Commissione 23 luglio 1997, 97/579/CE, che istituisce i comitati scientifici nel settore della salute dei consumatori e della sicurezza dei generi alimentari (GU L 237, pag. 18), pareri scientifici relativi alle questioni vertenti sulla salute dei consumatori dovrebbero, nell’interesse dei consumatori e dell’industria, essere fondati su principi di eccellenza e di indipendenza. Peraltro il Tribunale avrebbe già dichiarato che «lo svolgimento di una valutazione scientifica dei rischi il più esaustiva possibile, sulla base di pareri scientifici fondati sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza, costituisce una garanzia procedurale rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie» (sentenza del Tribunale 11 settembre 2002, causa T‑13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II‑3305, punto 172). Orbene, nel caso dell’endosulfan, lo Stato membro relatore avrebbe raccomandato la non iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 in gran parte sul fondamento di preoccupazioni relative ai metaboliti e ad asserite proprietà PBT e POP non previste dalla direttiva 91/414 e che non sarebbero state utilizzate per valutare altre molecole. Inoltre gli orientamenti modificati di continuo avrebbero reso la valutazione della pratica delle ricorrenti del tutto imprevedibile. La valutazione sarebbe quindi totalmente soggettiva e non fornirebbe i richiesti pareri obiettivi e di alto livello scientifico.

251    Inoltre, per quanto riguarda l’asserita violazione del principio del primato delle disposizioni speciali sulle disposizioni generali, le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, sostengono che la Commissione non poteva pervenire ad una decisione di non iscrizione dell’endosulfan nell’allegato I della direttiva 91/414 utilizzando criteri, come i criteri PBT e POP, che sarebbero fondati sul pericolo e che sarebbero previsti nell’ambito della valutazione non in forza della direttiva 91/414, bensì in forza della direttiva 2000/60. La direttiva 91/414 sarebbe più specifica e dovrebbe quindi essere la normativa che prevale. Di conseguenza, in caso di conflitto tra la direttiva 2000/60 e la direttiva 91/414, quest’ultima prevarrebbe sulla prima (lex specialis).

252    Infine, secondo le ricorrenti, sostenute dall’ECPA, in virtù del principio dell’estoppel, non è possibile far valere un fatto o un’irregolarità che avrebbe potuto essere la conseguenza del proprio comportamento. Nella fattispecie le ricorrenti ritengono che l’applicazione di tale principio osta a che la Commissione rifiuti di esaminare i nuovi dati da loro presentatile per il motivo che taluni termini artificialmente fissati vanno rispettati, quando invece una decisione siffatta sia unicamente ed esclusivamente provocata da un ritardo globale nella valutazione dei prodotti fitosanitari in generale, e dell’endosulfan in particolare, ritardo dovuto al fatto che la Commissione stessa non ha prontamente manifestato le sue preoccupazioni concernenti l’endosulfan, non ha dato alle ricorrenti un termine sufficiente per rispondere alle sue preoccupazioni e non ha esaminato entro i termini le loro memorie. Parimenti, quando un termine non può essere rispettato a causa dell’istituzione di nuovi criteri di valutazione non previsti nel corso del processo di valutazione, il termine per la presa di decisione non sarebbe più valido in virtù del principio dell’estoppel. Nella fattispecie la Commissione avrebbe adottato nuovi criteri ed orientamenti nel corso del processo di valutazione dando quindi luogo essa stessa ad un ostacolo per il rispetto dei termini di cui trattasi.

253    La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, contesta gli argomenti delle ricorrenti.

–       Giudizio del Tribunale

254    Anzitutto, per quanto concerne l’asserita esistenza di uno sviamento di potere, occorre ricordare che la nozione di sviamento di potere ha una portata ben precisa nel diritto comunitario e riguarda la situazione in cui un’autorità amministrativa esercita i suoi poteri per uno scopo diverso da quello per cui le sono stati conferiti. Una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati (sentenza della Corte 25 giugno 1997, causa C‑285/94, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑3519, punto 52; sentenze del Tribunale 28 settembre 1999, causa T‑254/97, Fruchthandelsgesellschaft Chemnitz/Commissione, Racc. pag. II‑2743, punto 76, e causa T‑612/97, Cordis/Commissione, Racc. pag. II‑2771, punto 41).

255    Occorre constatare che, al fine di provare l’esistenza di uno sviamento di potere, le ricorrenti non apportano indizi oggettivi, pertinenti e concordanti che permettano di concludere che la decisione di chiedere tale o tal altro studio nel corso del procedimento di valutazione o la stessa decisione impugnata risultano adottate per scopi diversi da quelli dichiarati, segnatamente la realizzazione degli obiettivi della direttiva 91/414, cioè, da una parte, l’eliminazione degli ostacoli agli scambi intracomunitari di prodotti fitosanitari nonché il miglioramento della produzione vegetale e, dall’altra, la protezione della salute dell’uomo e degli animali nonché dell’ambiente.

256    Per quanto riguarda poi il principio dell’eccellenza e dell’indipendenza dei pareri scientifici, risulta dai punti 170-172 della sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 250 supra, citata dalle ricorrenti, quanto segue:

«[I]l principio di precauzione permette alle istituzioni comunitarie di adottare, nell’interesse della salute umana ma sulla base di conoscenze scientifiche ancora lacunose, misure di protezione che possono ledere, finanche in modo profondo, posizioni giuridiche tutelate e, a questo proposito, conferisce alle istituzioni un margine notevole. Orbene, conformemente ad una giurisprudenza consolidata della Corte e del Tribunale, in tali casi il rispetto delle garanzie previste dall’ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi riveste un’importanza ancor più fondamentale. Tra tali garanzie figura in particolare l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie. Ne consegue che lo svolgimento di una valutazione scientifica dei rischi il più esaustiva possibile, sulla base di pareri scientifici fondati sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza, costituisce una garanzia procedurale rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie».

257    Sulla base di tale giurisprudenza e contrariamente al parere della Commissione, la circostanza che le ricorrenti facciano valere la necessità di fondare la decisione impugnata su pareri scientifici eccellenti ed indipendenti non è sprovvista di rilevanza. Va però osservato che talune specificità del procedimento di valutazione, quali la consultazione di esperti degli Stati membri e la possibilità per le imprese autrici di una notificazione di fornire dati e studi complementari sulla base di riunioni e di discussioni con i vari attori che intervengono nel procedimento di valutazione, rispondono chiaramente alla preoccupazione dell’osservanza delle garanzie procedurali menzionate nella sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, punto 250 supra. Orbene, si è concluso supra che la Commissione non aveva commesso nell’ambito del procedimento alcuna irregolarità tale da implicare l’annullamento della decisione impugnata. Occorre peraltro rilevare che le ricorrenti confondono il rispetto delle garanzie procedurali con la possibilità di una divergenza di opinioni nel merito.

258    Per di più va constatato che le ricorrenti non elaborano un’argomentazione diversa da quella avanzata nell’ambito del primo e del secondo motivo, che sono stati entrambi respinti. Vanno quindi disattesi gli argomenti avanzati a sostegno delle altre parti del primo motivo.

259    Date tutte le precedenti considerazioni, il presente motivo va disatteso e, pertanto, il ricorso dev’essere respinto nella sua integralità.

 Sulle misure di organizzazione del procedimento e di istruzione

260    Oltre alle domande respinte ai punti 152 e 167 supra, le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di far comparire taluni esperti o di interrogarli per iscritto circa talune questioni precise relative alla rilevanza dei dati da esse presentati, ma non presi in considerazione dalla Commissione, e al tempo necessario per il loro esame nonché circa una relazione di esperto sulle questioni tecniche sollevate nella presente causa. Il Tribunale ritiene che tali misure siano inutili tenuto conto segnatamente delle constatazioni operate nell’ambito dell’esame del primo motivo e della seconda parte del secondo motivo e che quindi tali domande vanno respinte.

 Sulle spese

261    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti sono risultate soccombenti nelle loro conclusioni e la Commissione ha chiesto la loro condanna alle spese, occorre condannarle a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

262    Ai sensi dell’art. 84, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Di conseguenza il Regno di Spagna sopporterà le proprie spese.

263    In applicazione dell’art. 87, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura, l’ECPA, parte interveniente, sopporterà anch’essa le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Bayer CropScience AG, Makhteshim-Agan Holding BV, Alfa Georgika Efodia AEVE e Aragonesas Agro, SA, sopporteranno le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

3)      Il Regno di Spagna e l’European Crop Protection Association sopporteranno le proprie spese.

Czúcz

Cooke

Labucka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2008.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       O. Czúcz

Indice


Contesto normativo

Disposizioni del Trattato

Direttiva 91/414/CEE

Regolamento (CEE) n. 3600/92

Fatti

Procedimento di valutazione

Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità

Sull’interesse ad agire

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla legittimazione ad agire

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul merito

Sul primo motivo, fondato su vizi di procedura, sul carattere non equo del procedimento di valutazione e sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, e sulla seconda parte del secondo motivo, fondata sulla violazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414

Sulla questione preliminare dell’applicazione dei termini procedurali e dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla prima problematica concernente il metabolita sconosciuto

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla seconda problematica concernente la pratica CS

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla terza problematica concernente l’esposizione dell’operatore in ambiente chiuso

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla quarta problematica concernente le BPA riviste

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla quinta problematica concernente l’asserita classificazione dell’endosulfan come POP e PBT

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla sesta problematica concernente l’impiego in serra

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla settima problematica concernente l’impatto del ritardo causato dallo Stato membro relatore e dalla Commissione sul procedimento di valutazione

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla prima parte del secondo motivo, fondata sulla violazione dell’art. 95, n. 3, CE

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sul terzo motivo, fondato sulla violazione di taluni principi generali di diritto comunitario

Sulla prima parte, fondata sulla violazione del principio di proporzionalità

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sull’ottava parte, fondata sulla violazione del principio della parità di trattamento

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulle altre parti del terzo motivo

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulle misure di organizzazione del procedimento e di istruzione

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.