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Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Rejonowy we Włocławku (Polonia) il 17 agosto 2023 – Procedimento penale a carico di K.P

(Causa C-530/23, Barało) 1

Lingua processuale: il polacco

Giudice del rinvio

Sąd Rejonowy we Włocławku

Parte nel procedimento penale principale

K.P

Questioni pregiudiziali

Se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 4, paragrafo 5, e l’articolo 9, in combinato disposto con i considerando 18, 19, 24 e 27 della direttiva (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell’ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell’ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d’arresto europeo 1 , e in combinato disposto con il contenuto dell’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e c) e dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari 2 , secondo l’interpretazione orientata dal contenuto delle sezioni 6, 7, 11 e 13 della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali 3 , debbano essere interpretati nel senso che introducono una norma direttamente efficace e imperativa, che rende inammissibile l’interrogatorio di una persona vulnerabile o in situazione di particolare difficoltà senza la partecipazione di un difensore, quando sussistono ragioni oggettive di fatto per concedere il patrocinio a spese dello Stato, quando, allo stesso tempo, l’autorità che svolge le indagini preliminari ometta di garantire il patrocinio a spese dello Stato d’ufficio (anche come misura provvisoria o di emergenza), senza indebito ritardo e prima dell’interrogatorio dell’interessato (persona vulnerabile in concreto) da parte della polizia, di un’altra autorità di contrasto o di un’autorità giudiziaria, o prima che siano svolti specifici atti investigativi o di raccolta delle prove.

Se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 4, paragrafo 5, e l’articolo 9, in combinato disposto con i considerando 18, 19, 24 e 27 della direttiva (UE) 2016/1919, in combinato disposto con il contenuto dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, secondo l’interpretazione orientata dal contenuto delle sezioni 6, 7, 11 e 13 della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali, debbano essere interpretati nel senso che la mancata identificazione processuale, nonostante i presupposti di fatto per procedere a una pronta identificazione, di un’eventuale situazione particolare o il mancato riconoscimento di una persona come vulnerabile e l’impossibilità di contestare la valutazione della eventuale situazione di particolare difficoltà e la mancata concessione a tale persona di un difensore d’ufficio senza indebito ritardo in ogni caso non sono consentite nelle cause relative ai reati punibili con la pena della detenzione e le circostanze della mancata individuazione e concessione di un difensore d’ufficio debbano essere espressamente indicate nella decisione, impugnabile in linea di principio, di procedere all’interrogatorio in assenza di un difensore.

Se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 4, paragrafo 5, e l’articolo 9, in combinato disposto con i considerando 18, 19, 24 e 27 della direttiva (UE) 2016/1919, in combinato disposto con il contenuto dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, secondo l’interpretazione orientata dal contenuto della sezione 3, paragrafo 7, della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali, debbano essere interpretati nel senso che la mancata introduzione da parte di uno Stato membro nell’ambito del procedimento penale della presunzione della vulnerabilità deve essere intesa come impedimento all’indagato di beneficiare delle garanzie derivanti dall’articolo 9 della direttiva (UE) 2016/1919, secondo l’interpretazione orientata dal contenuto della sezione 11 della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali, e, conseguentemente, che le autorità giudiziarie sono in quel caso obbligate ad applicare direttamente le disposizioni della direttiva.

In caso di risposta affermativa ad almeno una delle precedenti questioni – se le disposizioni di entrambe le direttive richiamate nelle suddette questioni debbano essere interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale come:

a)    l’articolo 301, secondo periodo del k.p.k, (codice di procedura penale, Polonia; in prosieguo: il «c.p.p.»), ai sensi del quale solo su richiesta dell’indagato quest’ultimo viene interrogato in presenza di un difensore nominato e la mancata comparizione del difensore dell’indagato non impedisce l’interrogatorio stesso;

b)    l’articolo 79, paragrafo 1, punti 3 e 4, c.p.p., ai sensi del quale durante un procedimento penale l’imputato (indagato) deve avere un difensore se vi è un ragionevole dubbio sul fatto che la sua capacità di comprendere il significato dell’atto o di orientare il proprio comportamento non fosse, al momento in cui tale atto è stato commesso, esclusa o significativamente compromessa e se vi è un ragionevole dubbio che lo stato della sua salute psichica gli consenta di partecipare al procedimento o di condurre la difesa in modo autonomo e ragionevole.

Se l’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2013/48/UE, in combinato disposto con i principi del primato e dell’effetto diretto delle direttive, impongano alle autorità delle indagini preliminari, agli organi giurisdizionali e a qualsiasi autorità statale di disapplicare le disposizioni di diritto nazionale incompatibili con la direttiva, come quelle indicate nella quarta questione e, di conseguenza, data la scadenza del termine di recepimento, a sostituire la norma nazionale con le suddette norme della direttiva direttamente applicabili.

Se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 4, paragrafo 5 e l’articolo 9, in combinato disposto con i considerando 19, 24 e 27 della direttiva (UE) 2016/1919, debbano essere interpretati nel senso che in assenza di emissione della decisione di concedere il patrocinio a spese dello Stato o in caso di mancata concessione del patrocinio a spese dello Stato d’ufficio a una persona vulnerabile o a una persona che si presume si trovi in una situazione di particolare difficoltà ai sensi della sezione 3, punto 7, della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali e, successivamente, in conseguenza del compimento, da parte della polizia o di altre autorità di contrasto, di atti di indagine con la partecipazione di tale persona, compresi gli atti che non possono essere ripetuti davanti all’autorità giudiziaria, il giudice nazionale che tratta la causa in un procedimento penale, nonché tutte le altre autorità dello Stato che amministrano la giustizia in un procedimento penale (e quindi le autorità delle indagini preliminari), sono tenuti a disapplicare le disposizioni del diritto nazionale incompatibili con la direttiva, come quelle indicate nella quarta questione e, di conseguenza, data la scadenza del termine di recepimento, a sostituire le norme nazionali con le suddette norme della direttiva direttamente applicabili, anche nell’ipotesi in cui tale persona, al termine delle indagini (o dell’azione penale) e dopo che il pubblico ministero ha depositato in tribunale l’atto di imputazione, abbia nominato un difensore di fiducia.

Se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 4, paragrafo 5 e l’articolo 9, in combinato disposto con i considerando 19, 24 e 27 della direttiva (UE) 2016/1919, e in combinato disposto con il contenuto dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, secondo l’interpretazione orientata dal contenuto delle sezioni 6, 7, 11, 13 della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali, debbano essere interpretati nel senso che lo Stato membro è tenuto a garantire che gli indagati o gli imputati in procedimenti penali che si presume si trovino in una situazione di particolare difficoltà o che siano vulnerabili siano immediatamente identificati e riconosciuti come tali e che gli venga concesso il patrocinio a spese dello Stato d’ufficio e tale patrocinio è obbligatorio anche in assenza di ricorso da parte dell’autorità competente a un esperto indipendente per valutare la gravità della vulnerabilità, le esigenze della persona vulnerabile e l’adeguatezza di qualsiasi misura adottata o prevista in relazione alla persona vulnerabile, fino a quando la valutazione dell’esperto indipendente non sia stata adeguatamente effettuata.

In caso di risposta affermativa alla settima questione, se le citate disposizioni della direttiva e della raccomandazione della Commissione debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una disposizione nazionale, come l’articolo 79, paragrafo 1, punti 3 e 4, del c.p.p., ai sensi del quale, in un procedimento penale, un imputato deve essere assistito da un difensore solo se sussiste un ragionevole dubbio sul fatto che la sua capacità di comprendere il significato dell’atto o di orientare la propria condotta al momento della commissione dell’atto non fosse esclusa o significativamente compromessa e quando sussiste un ragionevole dubbio che la sua salute mentale gli consenta di partecipare al procedimento o di condurre la propria difesa in modo autonomo e ragionevole.

Se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 4, paragrafo 5 e l’articolo 9, in combinato disposto con i considerando 19, 24 e 27 della direttiva (UE) 2016/1919, e in combinato disposto con il contenuto dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, secondo l’interpretazione orientata dal contenuto delle sezioni 6, 7, 11, 13 della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali nonché il principio della presunzione della vulnerabilità, debbano essere interpretati nel senso che le autorità competenti (Procura, polizia), al più tardi prima del primo interrogatorio dell’indagato da parte della polizia o di un’altra autorità competente, devono procedere immediatamente all’identificazione e al riconoscimento procedurale della vulnerabilità dell’indagato nel procedimento penale e garantire che all’indagato venga concesso il patrocinio legale o il patrocinio urgente (provvisorio) nonché di astenersi dall’interrogare l’indagato fino a quando all’indagato non venga concesso il patrocinio legale d’ufficio o il patrocinio urgente (provvisorio).

In caso di risposta affermativa alla nona questione, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 4, paragrafo 5 e l’articolo 9, in combinato disposto con i considerando 19, 24 e 27 della direttiva (UE) 2016/1919, e in combinato disposto con il contenuto dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, secondo l’interpretazione orientata dal contenuto delle sezioni 6, 7, 11 e 13 della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali, debbano essere interpretati nel senso che impongono agli Stati membri di stabilire espressamente nel loro diritto nazionale le ragioni e i criteri di deroga all’identificazione immediata e al riconoscimento della vulnerabilità di un indagato in un procedimento penale e di garantire che tale persona ottenga il patrocinio legale o un patrocinio urgente (provvisorio) e di prevedere che qualsiasi eventuale deroga debba essere proporzionata, limitata nel tempo e non lesiva del principio del giusto processo e che, allo stesso tempo, le deroghe devono assumere la forma processuale di una decisione che autorizzi una deroga temporanea, e che la parte, in linea di principio, deve avere il diritto di richiedere un riesame della decisione da parte di un giudice.

Se l’articolo 19, paragrafo 1, comma 2, TUE e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 3, paragrafo 3, lettere a) e b), della direttiva 2013/48/UE, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 2, e con il considerando 27 nonché con l’articolo 8 della direttiva (UE) 2016/1919, debbano essere interpretati nel senso che in assenza di concessione e specificazione da parte dell’autorità processuale dei motivi per cui non ha adottato la decisione di concedere il patrocinio legale d’ufficio a una persona che si presume essere in una situazione particolarmente difficile e/o vulnerabile (in conformità ai nn. 7 e 11 della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali), tale persona ha il diritto a un ricorso effettivo e che deve essere ritenuto tale l’istituto del diritto processuale nazionale previsto dall’articolo 344a c.p.p., che ordina la restituzione del caso al pubblico ministero al fine di:

a) consentire all’autorità del procedimento per le indagini preliminari l’identificazione e il riconoscimento della vulnerabilità di un indagato in un procedimento penale;

b) consentire all’indagato di consultarsi con il proprio difensore prima dell’interrogatorio;

c) condurre l’interrogatorio dell’indagato in presenza di un difensore con la registrazione audiovisiva dell’interrogatorio stesso;

d) consentire al difensore di prendere conoscenza del fascicolo del procedimento e di formulare eventuali richieste di prova da parte della persona vulnerabile e del difensore nominato d’ufficio o del difensore nominato dall’indagato;

Se l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 2, del Trattato sull’Unione europea nonché con l’articolo 6, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea in combinato disposto con l’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali adottata a Roma il 4 novembre 1950, modificata successivamente con i Protocolli numero 3, 5 e 8 e integrata con il Protocollo numero 2 in relazione alla presunzione di vulnerabilità in conformità con il contenuto del n. 7 della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali, debbano essere interpretati nel senso che l’interrogatorio di un indagato, da parte di un agente di polizia o di un’altra persona autorizzata a compiere tale atto investigativo, in un ospedale psichiatrico, senza tener conto dello stato di incertezza e in condizioni di libertà di espressione particolarmente limitate e di peculiare debolezza psicologica nonché in assenza di un difensore, costituisce un trattamento inumano e, in quanto tale, esclude tale atto procedurale di interrogatorio in generale, in quanto contrario ai diritti fondamentali dell’Unione.

In caso in risposta affermativa alla dodicesima questione, se le disposizioni richiamate nella medesima questione debbano essere interpretate nel senso che esse autorizzano (eventualmente – obbligano) un giudice nazionale, che tratta una causa in un procedimento penale rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2016/1919, in combinato disposto con il al n. 7 della raccomandazione della Commissione, del 27 novembre 2013, sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali nonché nell’ambito di applicazione della direttiva 2013/48/UE, nonché tutte le altre autorità di un procedimento penale che compiono atti processuali nella causa, a disapplicare le disposizioni di diritto nazionale incompatibili con la direttiva, compreso, in particolare, l’articolo 168a c.p.p., e, conseguentemente, data la scadenza del termini di recepimento, a sostituire le norme nazionali con le suddette norme della direttiva direttamente applicabili, anche nel caso in cui tale persona, dopo la conclusione delle indagini (inchiesta) e il deposito da parte del pubblico ministero dell’atto di imputazione in tribunale, abbia nominato un difensore di fiducia.

Se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 4, paragrafo 5, e l’articolo 9, in combinato disposto con i considerando 19, 24 e 27 della direttiva (UE) 2016/1919, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 2, lettere a), b) e c) nonché l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2013/48/UE, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, e con il principio di effettività del diritto dell’Unione, debbano essere interpretati nel senso che il pubblico ministero, quando agisce nella fase delle indagini preliminari in una causa penale, è tenuto ad agire nel pieno rispetto delle prescrizioni della direttiva (UE) 2016/1919 aventi efficacia diretta e quindi a garantire che a un indagato o a un imputato, coperto dalla tutela prevista della suddetta direttiva, sia garantita nel procedimento la tutela giurisdizionale effettiva a partire dal primo dei seguenti momenti:

a)    prima del suo interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o da parte dell’autorità giudiziaria;

b)    al momento in cui le autorità di contrasto, o altre autorità competenti, svolgono atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove ai sensi del paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2013/48/UE;

c)    immediatamente dopo la privazione della libertà (intendendo con ciò anche il ricovero in un ospedale psichiatrico) e, se necessario, è tenuto a disattendere eventuali ordini di procuratori superiori quando è convinto che la loro applicazione pregiudicherebbe l’effettiva tutela di un indagato che si presume vulnerabile e in una situazione particolarmente difficile, compreso il suo diritto a un giusto processo o qualsiasi altro diritto riconosciutogli dalla direttiva (UE) 2016/1919 in combinato disposto con la direttiva 2013/48/UE.

In caso di risposta affermativa alla quattordicesima questione – se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che stabilisce il principio della tutela giurisdizionale effettiva in combinato disposto con l’articolo 2 TUE, in combinato disposto con il principio del rispetto dello Stato di diritto come interpretato nella giurisprudenza della Corte (v. sentenza del 27 maggio 2019 nella causa C-508/18), il principio della indipendenza dei giudici stabilito dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, conformemente all’interpretazione fornita nella giurisprudenza della Corte (v. sentenza del 27 febbraio 2018, Associaęao Sindical dos Juizes Portugueses, C-64/16, EU:C:2018:l17), debbano essere interpretati nel senso che tali principi, in considerazione della possibilità che il Prokurator Generalny (Procuratore generale, Polonia) o un procuratore superiore impartisca ai procuratori di livello inferiore ordini vincolanti di disapplicare le disposizioni del diritto dell’Unione direttamente applicabili o che ostacolino la loro applicazione, ostano a una normativa nazionale da cui risulti la diretta dipendenza della Procura dal potere esecutivo, ovvero il Minister Sprawiedliwosci (il Ministro della giustizia, Polonia) e ostano, altresì, a una normativa nazionale che limiti l’indipendenza del pubblico ministero nell’ambito dell’applicazione del diritto dell’Unione, in particolare:

all’articolo 1, paragrafo 2, all’articolo 3, paragrafo 1, punti 1 e 3 e all’articolo 7, paragrafi da 1 a 6 e 8, nonché all’articolo 13, paragrafi 1 e 2, della ustawa z dnia 28 stycznia 2016 roku Prawo o prokuraturze (legge del 28 gennaio 2016 sull’ordinamento della Procura, Polonia), dalla cui formulazione risulta che il Ministro della giustizia, che è allo stesso tempo Procuratore generale e la principale autorità della Procura, ha il potere di impartire istruzioni vincolanti ai procuratori di livello inferiore anche nella misura in cui limitano o impediscono l’applicazione diretta del diritto dell’Unione.

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1 Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.

1 GU.2017, L 91, pag. 40.

1 GU 2013, L 294, pag 1.

1 GU 2013, C 378, pag 8.