Language of document : ECLI:EU:T:2024:359

Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

5 giugno 2024 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Retribuzione – Assegni familiari – Assegno per figli a carico – Indennità scolastica – Decisioni di revocare talune indennità – Presupposti per la concessione – Nozione di “completamento degli studi” – Parità di trattamento – Principio di buona amministrazione – Ripetizione dell’indebito – Articolo 85, primo comma, dello Statuto – Responsabilità»

Nella causa T‑123/23,

VA, rappresentato da N. de Montigny, avvocata,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da T. Bohr e M. Brauhoff, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, J. Svenningsen, J. Laitenberger, J. Martín y Pérez de Nanclares e M. Stancu (relatrice), giudici,

cancelliere: L. Ramette, amministratore

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 23 gennaio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso ai sensi dell’articolo 270 TFUE, il ricorrente, VA, chiede, da un lato, l’annullamento della decisione dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione europea dell’11 maggio 2022, che revoca il suo diritto a percepire, a decorrere dal 1° luglio 2021, l’assegno per figli a carico e l’indennità scolastica, nonché la detrazione fiscale connessa all’assegno per figli a carico, e della decisione del PMO del 13 giugno 2022 che comunica la ripetizione, ai sensi dell’articolo 85 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), di tali diritti pecuniari e, dall’altro lato, il risarcimento del danno che egli avrebbe subito di conseguenza.

 I.      Fatti

2        Il ricorrente è funzionario presso il segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea.

3        Sua figlia ha seguito studi universitari presso un’università belga. In particolare, ella ha sostenuto l’ultimo esame del suo ciclo di studi il 18 giugno 2021, ha appreso di aver superato gli esami il 2 luglio 2021 e ha ricevuto un attestato di proficuo completamento il 27 agosto 2021. L’anno accademico si è concluso il 13 settembre 2021.

4        Fino al settembre 2021, il ricorrente ha percepito, per sua figlia, l’assegno per figli a carico nonché l’indennità scolastica, di cui agli articoli 2 e 3 dell’allegato VII dello Statuto, e ha beneficiato della detrazione d’imposta connessa all’assegno per figli a carico, prevista dal regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 260/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, relativo alle condizioni e alla procedura d’applicazione dell’imposta a profitto delle Comunità europee (GU 1968, L 56, pag. 8) (in prosieguo, congiuntamente: i «diritti pecuniari in questione»).

5        Il 16 settembre 2021 il ricorrente ha inserito, nell’applicazione informatica «Sysper 2», la dichiarazione di completamento degli studi di sua figlia, indicando che il suo ultimo esame risaliva al 18 giugno 2021.

6        In forza della decisione (UE) 2019/792 del Consiglio, del 13 maggio 2019, che affida alla Commissione europea – Ufficio di gestione e liquidazione dei diritti individuali (PMO) – l’esercizio di taluni poteri conferiti all’autorità che ha il potere di nomina e all’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (GU 2019, L 129, pag. 3), il PMO è incaricato della gestione e della liquidazione dei diritti pecuniari individuali del personale del segretariato generale del Consiglio, compresi i diritti pecuniari in questione.

7        Il 24 settembre 2021, il PMO ha informato il ricorrente che, in considerazione della sua dichiarazione del 16 settembre 2021, i diritti pecuniari in questione sarebbero stati revocati con effetto retroattivo a decorrere dal 1° luglio 2021 (in prosieguo: la «decisione del 24 settembre 2021»). Tale decisione precisava inoltre che qualsiasi somma indebitamente percepita avrebbe dato luogo a ripetizione ai sensi dell’articolo 85 dello Statuto e che il ricorrente avrebbe ricevuto una nota separata per informarlo delle modalità di recupero di dette somme indebitamente percepite dal 1° luglio 2021. La decisione del 24 settembre 2021 ha comportato una trattenuta pari a EUR 2 619,66 sulla busta paga dell’ottobre 2021, corrispondente all’importo dei diritti pecuniari in questione per il periodo compreso tra i mesi di luglio e settembre 2021 (in prosieguo: il «periodo controverso»).

8        Il 3 gennaio 2022 il ricorrente ha presentato un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto avverso tale busta paga (in prosieguo: il «primo reclamo»).

9        Con decisione del 5 maggio 2022, l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») ha annullato la decisione del 24 settembre 2021 e il conseguente recupero, come applicato nella busta paga di ottobre 2021, e ha rinviato il fascicolo del ricorrente al servizio competente per un riesame del suo caso, con la motivazione che il ricorrente non era stato sentito prima dell’adozione di quest’ultima decisione.

10      A seguito della decisione del 5 maggio 2022, il PMO ha versato al ricorrente un anticipo pari a EUR 3 500. Tale importo corrisponde al versamento di quattro mensilità dei diritti pecuniari in questione.

11      Con decisione dell’11 maggio 2022, il PMO ha confermato la revoca retroattiva dei diritti pecuniari in questione a decorrere dal 1° luglio 2021 (in prosieguo: la «prima decisione impugnata»), informando contestualmente il ricorrente che tali diritti avrebbero potuto essere oggetto di riesame se lo stesso fosse stato in grado di fornire un documento ufficiale attestante che «l’ultimo esame, la presentazione e/o la discussione della tesi» di sua figlia aveva avuto luogo dopo il giugno 2021 e che avrebbe potuto presentare le sue osservazioni entro quindici giorni dal ricevimento di tale decisione. Il PMO ha inoltre comunicato al ricorrente che qualsiasi somma indebitamente percepita sarebbe stata recuperata ai sensi dell’articolo 85 dello Statuto e che gli sarebbe stata inviata una nota separata per informarlo delle modalità di recupero dei diritti pecuniari indebitamente percepiti dal 1° luglio 2021.

12      Il 13 giugno 2022 il ricorrente ha ricevuto una nota di recupero ai sensi dell’articolo 85 dello Statuto (in prosieguo: la «seconda decisione impugnata»). Tale decisione indicava che l’importo totale dovuto dal ricorrente ammontava a EUR 3 500, che tale somma sarebbe stata recuperata in tre rate mensili a partire dall’agosto 2022 e che lo stesso disponeva di quindici giorni a decorrere dalla ricezione della medesima decisione per presentare le proprie osservazioni.

13      A seguito di tale decisione, si è svolto uno scambio di messaggi di posta elettronica tra il ricorrente, il suo legale e il PMO, al fine di chiarire il contenuto della prima e della seconda decisione impugnata (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate»).

14      In particolare, con messaggio di posta elettronica del 22 giugno 2022, il PMO ha informato il ricorrente che, poiché sua figlia aveva superato gli esami nel giugno 2021 nel corso della prima sessione d’esami, egli non aveva più titolo a percepire i diritti pecuniari in questione a partire dal mese di luglio 2021. Il PMO ha inoltre sottolineato che il ricorrente non aveva fornito altri documenti che potessero dimostrare che sua figlia aveva proseguito gli studi universitari dopo il 30 giugno 2021. Per quanto riguarda la ripetizione della somma pari a EUR 3 500, il PMO ha precisato, in particolare, che il ricorrente aveva erroneamente ricevuto quattro mensilità dei diritti pecuniari in questione anziché tre (v. precedente punto 10).

15      Il 9 agosto 2022 il ricorrente ha presentato un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto avverso le decisioni impugnate (in prosieguo: il «secondo reclamo»), chiedendo altresì il rimborso delle spese legali sostenute nell’ambito del primo reclamo.

16      Il secondo reclamo è stato respinto con decisione dell’APN del 9 dicembre 2022.

 II.      Conclusioni delle parti

17      Il ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni impugnate;

–        condannare la Commissione al pagamento di un risarcimento pari a EUR 2 441,84;

–        condannare la Commissione alle spese.

18      All’udienza di discussione, il ricorrente ha precisato di chiedere l’annullamento della seconda decisione impugnata soltanto per un importo pari a EUR 2 619,66, corrispondente all’ammontare dei diritti pecuniari in questione, e non già per un importo pari a EUR 3 500, circostanza di cui si è preso atto nel verbale d’udienza.

19      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 III.      In diritto

 A.      Sulla domanda di annullamento

20      Il ricorrente deduce cinque motivi a sostegno della sua domanda di annullamento, di cui i primi tre sono diretti contro la prima decisione impugnata e gli altri due contro la seconda decisione impugnata.

 1.      Sui motivi di ricorso diretti contro la prima decisione impugnata

21      Tali motivi di ricorso vertono, in sostanza, il primo, sulla violazione degli articoli 2 e 3 dell’allegato VII dello Statuto, il secondo, sulla violazione del principio della parità di trattamento e, il terzo, sulla violazione del principio di certezza del diritto e del principio di buona amministrazione.

a)      Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione degli articoli 2 e 3 dellallegato VII dello Statuto

22      Con il suo primo motivo, il ricorrente sostiene che la Commissione ha violato gli articoli 2 e 3 dell’allegato VII dello Statuto (in prosieguo: le «disposizioni di cui trattasi»), ritenendo che sua figlia avesse terminato gli studi universitari il 18 giugno 2021, data del suo ultimo esame, e che, pertanto, egli non avesse più titolo a percepire i diritti pecuniari in questione per il periodo controverso. A suo avviso, la data di completamento degli studi di sua figlia che fa cessare, nel caso di specie, la concessione dei diritti pecuniari in questione è quella della conclusione dell’anno accademico, vale a dire il 13 settembre 2021, o, quantomeno, la data in cui sua figlia ha ricevuto l’attestato di proficuo completamento, vale a dire il 27 agosto 2021.

23      In subordine, il ricorrente ritiene che la data di completamento degli studi dovrebbe porsi non prima del momento in cui il figlio viene a conoscenza dei risultati degli esami, nel caso di specie il 2 luglio 2021, poiché a partire da tale momento lo stesso conosce l’esito del suo ultimo anno accademico e può quindi iniziare a cercare un impiego.

24      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

25      In primo luogo, essa replica che, poiché le disposizioni di cui trattasi danno diritto a prestazioni finanziarie, esse devono essere interpretate restrittivamente. La Commissione aggiunge che i diritti pecuniari in questione dipendono dall’effettiva continuità della formazione scolastica o professionale e dalla frequenza regolare e a tempo pieno alle lezioni di un istituto di insegnamento. In secondo luogo, dalla giurisprudenza dei giudici dell’Unione europea, in particolare dalle sentenze del 21 novembre 1991, Costacurta/Commissione (C‑145/90 P, EU:C:1991:435), e del 19 settembre 2018, HD/Parlamento (T‑604/16, non pubblicata, EU:T:2018:562), risulterebbe che i diritti pecuniari in questione devono essere valutati mese per mese e devono cessare nel momento in cui il figlio a carico non frequenta più regolarmente e a tempo pieno l’istituto di insegnamento superiore. Inoltre, il figlio che cessa di frequentare tale istituto potrebbe lavorare, disporre di un reddito e così provvedere effettivamente alle proprie necessità. In terzo luogo, la Commissione ricorda che l’articolo 6 della sua decisione del 16 dicembre 2013 recante disposizioni generali di esecuzione relative alla concessione dell’indennità scolastica opera una distinzione tra le vacanze scolastiche alla fine di un anno scolastico e quelle che seguono l’ultimo anno scolastico al termine del quale il figlio conclude gli studi. In quarto luogo, il ricorrente non sarebbe riuscito a dimostrare che, in mancanza del diploma universitario, a sua figlia sarebbe stato negato l’accesso ad un determinato impiego o che ella non avrebbe trovato un impiego adeguato. In quinto luogo, la nozione di «completamento degli studi» sarebbe autonoma e dovrebbe essere oggetto di un’interpretazione uniforme applicabile in tutti gli Stati membri in cui i figli dei membri del personale svolgono i loro studi. In sesto luogo, l’argomento del ricorrente relativo ad un’asserita violazione dell’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non sarebbe affatto dimostrato.

26      Infine, per quanto riguarda l’argomento dedotto in subordine, la Commissione fa valere che neppure la data di presa conoscenza dei risultati degli esami può essere tenuta in considerazione, in quanto dopo l’ultimo esame gli studenti cessano di frequentare i corsi e quindi di frequentare regolarmente e a tempo pieno l’istituto di insegnamento superiore.

27      Il Tribunale rileva che, con il primo motivo, il ricorrente deduce una violazione delle disposizioni di cui trattasi, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente interpretato la condizione relativa al «completamento degli studi» che fa cessare i diritti pecuniari in questione.

28      In particolare, le parti non concordano sulla data in cui si verifica tale condizione, vale a dire al momento del superamento dell’ultimo esame universitario, della conoscenza dei risultati degli esami finali, del rilascio dell’attestato di proficuo completamento oppure della conclusione dell’anno accademico. Nel caso di specie, tali quattro momenti si collocano, rispettivamente, tra il giugno e il settembre 2021.

29      In via preliminare, occorre ricordare le condizioni che danno titolo ai diritti pecuniari in questione, in particolare l’assegno per figli a carico e l’indennità scolastica, nonché il rapporto tra tale assegno e tale indennità.

30      Per quanto riguarda l’assegno per figli a carico, l’articolo 2 dell’allegato VII dello Statuto così recita:

«1. Il funzionario che abbia uno o più figli a carico beneficia, alle condizioni previste dai paragrafi 2 e 3, di un assegno pari a (…) al mese per ogni figlio a carico.

(…)

3. L’assegno è concesso:

a)      d’ufficio, per il fìglio che non ha ancora raggiunto l’età di 18 anni;

b)      su richiesta motivata del funzionario interessato, per il figlio dai 18 ai 26 anni che riceve una formazione scolastica o professionale.

(…)».

31      Per quanto riguarda l’indennità scolastica, l’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto dispone quanto segue:

«1. Alle condizioni fissate nelle disposizioni generali di esecuzione, il funzionario riceve un’indennità scolastica destinata a coprire le spese scolastiche effettivamente sostenute fino ad un massimo di (…) al mese per ogni figlio a carico ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2 del presente allegato, che abbia almeno cinque anni di età e che frequenti regolarmente e a tempo pieno una scuola primaria o secondaria a pagamento o un istituto di insegnamento superiore. (…)

Il diritto a tale indennità sorge il primo giorno del mese nel corso del quale il figlio comincia a frequentare un istituto d’insegnamento primario e termina alla fine del mese nel corso del quale il figlio completa gli studi o alla fine del mese in cui raggiunge l’età di 26 anni se anteriore. (…)».

32      Da tali disposizioni si evince che l’indennità scolastica è solo un corollario dell’assegno per figli a carico, poiché la prima non può essere concessa se non sono previamente soddisfatte le condizioni che consentono di ottenere il secondo. Infatti, precisando che l’indennità scolastica è versata «per ogni figlio a carico a sensi dell’articolo 2, paragrafo 2 [di detto] allegato, che abbia almeno cinque anni di età», il legislatore ha voluto subordinare il diritto a tale indennità al previo rispetto delle condizioni previste per la concessione dell’assegno per figli a carico. In altre parole, l’indennità scolastica può essere versata solo se il funzionario ha un figlio a carico di almeno cinque anni per il quale riceve un siffatto assegno.

33      Il diritto all’indennità scolastica è, inoltre, subordinato al rispetto di una seconda condizione cumulativa, che è quella della frequenza regolare e a tempo pieno alle lezioni di un istituto di insegnamento da parte di tale figlio.

34      Poiché, come indicato al precedente punto 32, l’indennità scolastica può essere concessa solo se sono previamente soddisfatte le condizioni per l’ottenimento dell’assegno per figli a carico, ne consegue che la valutazione della condizione della frequenza regolare e a tempo pieno alle lezioni di un istituto di insegnamento (in prosieguo: la «condizione della frequenza») deve essere effettuata in una seconda fase, dopo che è stato accertato che il figlio per il quale è richiesta l’indennità scolastica è a carico del funzionario.

35      Tenuto conto di tali considerazioni, il Tribunale valuterà, in un primo tempo, se, durante il periodo controverso, fossero soddisfatte le condizioni per ottenere l’assegno per figli a carico e, in un secondo tempo, se la figlia del ricorrente soddisfacesse anche la condizione della frequenza, prevista all’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, al fine di far sorgere il diritto all’indennità scolastica.

1)      Sul rispetto delle condizioni per la concessione dell’assegno per figli a carico durante il periodo controverso

36      Occorre ricordare che, in un caso come quello in esame, in cui un figlio svolge studi universitari, il diritto all’assegno per figli a carico è subordinato al rispetto di tre condizioni, vale a dire che il funzionario mantenga effettivamente il figlio, che quest’ultimo abbia un’età compresa tra i 18 e i 26 anni e che segua una formazione scolastica o professionale (v., in tal senso, sentenza del 17 novembre 2021, KR/Commissione, T‑408/20, non pubblicata, EU:T:2021:788, punto 24).

37      Nel caso di specie, si deve constatare che la prima e la seconda condizione, nonché la natura «scolastica» della formazione impartita alla figlia del ricorrente, non sono contestate dalla Commissione. Per contro, ad avviso di quest’ultima, la terza condizione relativa alla partecipazione ad una formazione scolastica non sarebbe soddisfatta, in quanto la figlia del ricorrente non riceveva più tale formazione dal 18 giugno 2021, data del suo ultimo esame.

38      A tal riguardo, occorre rilevare che una «formazione» consta di più fasi, quali la partecipazione ai corsi previsti dal programma di studi e lo svolgimento degli esami relativi a tali corsi, la valutazione degli stessi e, al termine dell’ultimo di tali esami, la messa a disposizione, da parte dell’istituto di insegnamento che impartisce la formazione in questione, dei risultati finali che ne attestano il proficuo completamento. Tali fasi sono indissociabili l’una dall’altra, in quanto lo svolgimento degli esami consente di valutare l’acquisizione, da parte dello studente, delle competenze e delle conoscenze trasmesse nell’ambito dei corsi impartiti.

39      Orbene, poiché lo studente può venire a conoscenza del proficuo completamento della sua formazione solo dopo aver sostenuto tutti gli esami e dopo che i risultati di tali esami sono stati resi disponibili dall’istituto di insegnamento, si deve ritenere che lo studente non riceva più una formazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto a partire dal momento in cui i risultati finali sono disponibili.

40      Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il figlio di età compresa tra i 18 e i 26 anni che riceve una formazione scolastica o professionale rimane a carico del funzionario non già fino al momento in cui tale figlio supera il suo ultimo esame, bensì fino al momento in cui i risultati finali sono resi disponibili dall’istituto di insegnamento.

41      Tale interpretazione è peraltro conforme alla giurisprudenza, come quella tratta dalla sentenza del 17 aprile 2002, Sada/Commissione (T‑325/00, EU:T:2002:101, punto 37), secondo la quale le disposizioni del diritto dell’Unione che danno titolo a prestazioni finanziarie devono essere interpretate restrittivamente, e alla giurisprudenza derivante dalle sentenze del 21 novembre 1991, Costacurta/Commissione (C‑145/90 P, EU:C:1991:435, punto 6, e del 19 settembre 2018, HD/Parlamento (T‑604/16, non pubblicata, EU:T:2018:562, punto 133), secondo cui, poiché i diritti pecuniari in questione vengono erogati mensilmente, occorre valutare mese per mese se sussistano le condizioni per la concessione di questi ultimi.

42      Infatti, poiché l’assegno per figli a carico è un assegno versato mensilmente e, per il figlio di età compresa tra i 18 e i 26 anni, su «richiesta motivata», spetta al funzionario informare l’amministrazione del completamento degli studi del proprio figlio comunicandole senza indugio la data in cui i risultati finali sono stati resi disponibili dall’istituto di insegnamento, affinché la stessa possa immediatamente interrompere il versamento di tale assegno.

43      Nel caso di specie, sia dall’allegato A.9 del ricorso, che contiene un attestato di proficuo completamento datato 27 agosto 2021, proveniente dall’università alla quale era iscritta la figlia del ricorrente, sia dal messaggio di posta elettronica del servizio giuridico della stessa università prodotto dal ricorrente nell’ambito della misura di organizzazione del procedimento del 7 dicembre 2023, emerge che i risultati finali sono stati resi disponibili dall’università sin dal 2 luglio 2021, data in cui la figlia del ricorrente poteva già, peraltro, scaricare un attestato di proficuo completamento. Di conseguenza, tenuto conto delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 38 a 40, si deve rilevare che, a partire dal mese successivo alla data in cui i risultati finali sono stati resi disponibili dall’istituto di insegnamento, vale a dire l’agosto 2021, la figlia del ricorrente non poteva più essere considerata a suo carico ed egli non aveva più diritto all’assegno per figli a carico.

44      Da quanto precede risulta che la Commissione ha commesso un errore di diritto rifiutando di concedere al ricorrente l’assegno per figli a carico per il mese di luglio 2021. Per contro, essa gli ha legittimamente negato tale assegno per i mesi di agosto e settembre 2021.

45      Un siffatto diniego non può essere messo in discussione dagli altri argomenti addotti dal ricorrente e volti a dimostrare che egli aveva diritto all’assegno per figli a carico sia per il mese di agosto sia per il mese di settembre 2021. In primo luogo, nei limiti in cui il ricorrente sostiene che, secondo l’università frequentata dalla figlia e secondo le autorità belghe, quest’ultima ha mantenuto la qualità di studentessa fino alla fine del mese di settembre 2021, occorre osservare, al pari della Commissione, che le disposizioni di cui trattasi devono essere interpretate in modo autonomo. Orbene, come sottolineato ai precedenti punti da 38 a 40, l’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto deve essere interpretato nel senso che a partire dal momento in cui i risultati finali sono stati resi disponibili dall’istituto di insegnamento si deve ritenere che il figlio non riceva più una «formazione» ai sensi di tale disposizione. Pertanto, è del tutto possibile che il figlio completi gli studi prima della fine dell’anno accademico, ancorché, secondo l’università o la legislazione dello Stato in cui quest’ultima ha sede, il figlio possa ancora godere dello status di studente fino alla fine di tale anno.

46      In secondo luogo, l’allegazione secondo cui sarebbe necessario il possesso del diploma universitario per accedere a talune professioni non è affatto suffragata e appare soprattutto in contraddizione con gli argomenti addotti nel presente ricorso. Infatti, si deve constatare che, sebbene tale diploma sia stato rilasciato alla figlia l’8 ottobre 2021 (v. punto 12 del ricorso), il ricorrente non sostiene che egli aveva titolo ai diritti pecuniari in questione anche per l’ottobre 2021. Inoltre, il ricorrente riferisce, al punto 93 del ricorso, che la figlia ha trovato un impiego dal 1° ottobre 2021, ossia una settimana prima del rilascio del diploma.

47      In terzo luogo, per quanto riguarda l’allegazione formulata dal ricorrente nella replica secondo la quale l’interpretazione delle disposizioni di cui trattasi adottata dalla Commissione sarebbe in contrasto con l’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali e con il principio della parità di trattamento, occorre rilevare che, da un lato, essa non è affatto suffragata né argomentata e che, dall’altro, in ogni caso, un argomento simile è stato sollevato anche nell’ambito del secondo motivo di ricorso, vertente su una violazione del principio della parità di trattamento, il quale sarà analizzato nel prosieguo.

2)      Sul rispetto della condizione della frequenza, prevista dall’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, durante il periodo controverso

48      Anzitutto, è necessario rilevare che, poiché il ricorrente non ha diritto all’assegno per figli a carico per i mesi di agosto e settembre 2021 (v. precedente punto 44), lo stesso non può aspirare neppure, come risulta dal precedente punto 32, all’indennità scolastica per tali mesi.

49      Di conseguenza, la Commissione non è incorsa in alcun errore di diritto negando al ricorrente, per i mesi di agosto e settembre 2021, anche l’indennità scolastica.

50      Per il resto, come indicato nel precedente punto 35, occorre analizzare se la condizione della frequenza fosse soddisfatta per il mese di luglio 2021.

51      Secondo la Commissione, in sostanza, tale condizione non è più soddisfatta quando il figlio supera l’ultimo esame, in quanto, a partire da tale momento, egli può trovare un impiego e provvedere al proprio sostentamento. Tale interpretazione muove dalla premessa, come per l’assegno per figli a carico, secondo cui il figlio conclude gli studi dopo aver superato l’ultimo esame.

52      Una siffatta premessa è tuttavia errata.

53      Infatti, come sottolineato ai precedenti punti da 38 a 40 nell’ambito dell’analisi delle condizioni per la concessione dell’assegno per figli a carico, il completamento degli studi ha luogo alla data in cui i risultati finali sono stati resi disponibili dall’istituto di insegnamento.

54      Pertanto, le considerazioni esposte ai precedenti punti da 38 a 44 in relazione all’assegno per figli a carico devono essere applicate all’analisi della condizione della frequenza di cui all’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto per la concessione dell’indennità scolastica.

55      Ne consegue che a partire dal momento in cui i risultati finali sono stati resi disponibili dall’istituto di insegnamento si deve ritenere che il figlio del funzionario non frequenti più regolarmente e a tempo pieno un istituto di insegnamento ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto.

56      Orbene, poiché i risultati finali sono stati resi disponibili, nel caso di specie, fin dal 2 luglio 2021, data in cui la figlia del ricorrente poteva già, peraltro, scaricare un attestato di proficuo completamento, occorre constatare che, fino a tale data, si doveva ritenere che la stessa frequentasse regolarmente e a tempo pieno l’istituto di insegnamento che impartiva la sua formazione, cosicché il ricorrente aveva diritto all’indennità scolastica per il mese di luglio 2021.

57      Di conseguenza, si deve concludere che la Commissione è incorsa in un errore di diritto rifiutando di concedere al ricorrente l’indennità scolastica per il mese di luglio 2021.

58      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre annullare la prima decisione impugnata, nella parte in cui essa nega al ricorrente i diritti pecuniari in questione per il mese di luglio 2021.

59      Si deve ora stabilire se gli altri motivi di ricorso diretti contro la prima decisione impugnata siano tali da comportare l’annullamento della stessa decisione anche nella parte in cui essa nega al ricorrente i diritti pecuniari in questione per i mesi di agosto e settembre 2021.

b)      Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento

60      Il ricorrente sostiene, in sostanza, che la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento, in quanto egli sarebbe discriminato rispetto ad un funzionario il cui figlio conclude gli studi al termine della seconda sessione di esami.

61      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

62      Secondo una costante giurisprudenza, il principio della parità di trattamento esige che situazioni comparabili non siano trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate allo stesso modo, a meno che una differenziazione non sia obiettivamente giustificata. Più concretamente, il requisito relativo alla comparabilità delle situazioni, al fine di determinare l’esistenza di una violazione del principio di parità di trattamento, deve essere valutato alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano [v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C‑205/20, EU:C:2022:168, punti 54 e 55 nonché giurisprudenza ivi citata].

63      Orbene, si deve constatare che la situazione di uno studente che supera gli esami nella prima sessione di esami differisce da quella di uno studente che dovrà presentarsi alla seconda sessione di esami con la possibilità di non superare nuovamente tali esami e, pertanto, di non completare gli studi nello stesso anno accademico. Infatti, nel primo caso, si può già ritenere che lo studente abbia terminato la sua formazione, mentre, nel secondo caso, lo studente proseguirà la sua formazione e dovrà sottoporsi a nuove prove prima di poter completare gli studi.

64      Pertanto, il ricorrente, la cui figlia ha potuto consultare i risultati finali sin dal 2 luglio 2021 (v. precedente punto 43), non può fondatamente equiparare la sua situazione a quella di un funzionario il cui figlio doveva ancora sostenere, dopo il 2 luglio 2021, la seconda sessione di esami.

65      Si deve pertanto respingere il secondo motivo di ricorso in quanto infondato.

c)      Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto e del principio di buona amministrazione

66      Per quanto riguarda l’asserita violazione del principio della certezza del diritto, il ricorrente sostiene che l’interpretazione da parte della Commissione delle disposizioni di cui trattasi genera un’incertezza giuridica, in quanto implica che si proceda d’ufficio al recupero retroattivo dei diritti pecuniari in questione. Infatti, il funzionario non può sapere nel momento in cui suo figlio sostiene l’ultimo esame, se lo stesso supererà o meno la prima sessione di esami, in quanto i risultati saranno comunicati solo successivamente.

67      Per quanto riguarda l’asserita violazione del principio di buona amministrazione, il ricorrente deduce che il suo fascicolo è stato trattato in modo confuso, poiché la Commissione ha adottato nella prima decisione impugnata una posizione identica a quella della decisione del 24 settembre 2021, la quale era stata tuttavia annullata. A tal riguardo, il ricorrente precisa che la Commissione non può sostenere di non essere tenuta a motivare la decisione di accoglimento del primo reclamo poiché quest’ultima non arrecava pregiudizio allo stesso. Tale confusione ha costretto il ricorrente a presentare un secondo reclamo avente il medesimo oggetto del primo.

68      La Commissione contesta tali argomenti.

69      Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura relativa alla violazione del principio della certezza del diritto, occorre rilevare che essa riguarda la situazione in cui un funzionario che dichiara il completamento degli studi del figlio nel momento in cui prende conoscenza dei suoi risultati può subire un recupero retroattivo ai sensi dell’articolo 85 dello Statuto, come sarebbe avvenuto, nel caso di specie, se il ricorrente avesse dichiarato come data di completamento degli studi il 2 luglio 2021. Orbene, poiché la violazione del principio della certezza del diritto, anche supponendola accertata, comporterebbe, nel caso di specie, l’annullamento della decisione impugnata solo per il mese di luglio 2021 e non già per i mesi di agosto e settembre 2021 (v. precedente punto 59), la presente censura deve essere respinta in quanto inoperante (v., in tal senso, sentenza del 1° giugno 2022, Cristescu/Commissione, T‑754/20, non pubblicata, EU:T:2022:316, punto 171).

70      Per quanto concerne, in secondo luogo, la censura vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione, si deve osservare, anzitutto, che, nei limiti in cui il ricorrente deduce un asserito difetto di motivazione della decisione di accoglimento del primo reclamo e un’asserita cattiva gestione del suo fascicolo che l’ha costretto a rivolgersi ad un avvocato per redigere il primo reclamo, tali argomenti sono parimenti inoperanti, in quanto riguardano la legittimità della decisione del 24 settembre 2021, la quale tuttavia non è oggetto del presente ricorso.

71      Inoltre, il fatto che l’amministrazione adotti, a seguito di un annullamento per violazione del diritto di essere sentiti, una soluzione identica nel merito non è in contrasto con il principio di buona amministrazione, in quanto una siffatta violazione implica soltanto che il procedimento amministrativo sia ripreso a partire dalla fase viziata dall’illegittimità e non necessariamente che il risultato di tale procedimento sia diverso.

72      Infine, e in ogni caso, come sostiene giustamente la Commissione, il ricorrente non dimostra che l’asserita violazione del principio di buona amministrazione abbia inciso sulla fondatezza della prima decisione impugnata in modo tale da comportarne l’annullamento.

73      Il presente motivo di ricorso dev’essere pertanto respinto in quanto infondato.

74      In considerazione di tutto quanto precede, occorre annullare la prima decisione impugnata nella parte in cui essa nega al ricorrente i diritti pecuniari in questione per il mese di luglio 2021.

 2.      Sui motivi di ricorso diretti contro la seconda decisione impugnata

75      Tali motivi di ricorso vertono, in sostanza, il primo, sulla violazione del diritto del ricorrente a percepire i diritti pecuniari in questione e, il secondo, sulla violazione dell’articolo 85 dello Statuto.

a)      Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto del ricorrente a percepire i diritti pecuniari in questione

76      Il ricorrente sostiene che, poiché la seconda decisione impugnata è fondata sulla prima decisione impugnata, la quale è illegittima per le ragioni illustrate nell’ambito dei primi tre motivi di ricorso diretti contro la prima decisione impugnata, anche tale seconda decisione deve essere annullata.

77      La Commissione replica che, poiché la prima decisione impugnata è legittima, la seconda decisione impugnata non deve essere annullata.

78      Dal momento che il Tribunale ha accertato, al precedente punto 74, che la prima decisione impugnata doveva essere annullata nella parte in cui nega al ricorrente i diritti pecuniari in questione per il mese di luglio 2021, lo stesso vale per la seconda decisione impugnata. Infatti, poiché tale mensilità non è, come risulta dall’analisi del primo motivo di ricorso diretto contro la prima decisione impugnata, «percepita indebitamente», ai sensi dell’articolo 85 dello Statuto, ne consegue che la seconda decisione impugnata deve essere annullata nella parte in cui riguarda i diritti pecuniari in questione per il mese di luglio 2021.

79      Occorre adesso stabilire se il secondo motivo di ricorso diretto contro la seconda decisione impugnata sia tale da comportare l’annullamento della stessa decisione anche nella parte in cui riguarda i diritti pecuniari in questione per i mesi di agosto e settembre 2021.

b)      Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 85 dello Statuto

80      Il ricorrente sostiene di essere stato fermamente convinto di poter percepire i diritti pecuniari in questione fino al settembre 2021, in particolare, da un lato, per il fatto che non esiste alcuna disposizione né giurisprudenza che confermi la prassi del PMO e, dall’altro, per il fatto che l’amministrazione gli aveva versato EUR 3 500 «a seguito dell’annullamento» della decisione del 24 settembre 2021. Inoltre, la Commissione non avrebbe fornito la prova né che egli fosse effettivamente a conoscenza dell’irregolarità dei versamenti dei diritti pecuniari in questione né che tale irregolarità fosse così evidente che egli non poteva non accorgersene.

81      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

82      L’articolo 85 dello Statuto dispone che «[q]ualsiasi somma percepita indebitamente dà luogo a ripetizione se il beneficiario ha avuto conoscenza dell’irregolarità del pagamento o se tale irregolarità era così evidente che egli non poteva non accorgersene». Da tale testo risulta che, affinché una somma versata senza giustificazione possa essere ripetuta, è necessario fornire la prova che il beneficiario avesse una conoscenza effettiva del carattere irregolare del pagamento o che l’irregolarità del versamento fosse così evidente che il beneficiario non poteva non accorgersene (v. sentenza del 14 giugno 2018, Spagnolli e a./Commissione, T‑568/16 e T‑599/16, EU:T:2018:347, punto 145 e giurisprudenza ivi citata).

83      Nel caso di specie, occorre rilevare che, come risulta dalla decisione di rigetto del secondo reclamo e come precisato dalla Commissione all’udienza di discussione, l’APN ha inteso fondare la seconda decisione impugnata sulla seconda ipotesi prevista dall’articolo 85 dello Statuto.

84      Pertanto, il Tribunale si limiterà, nella sua analisi, a verificare se la Commissione potesse ritenere che l’irregolarità del versamento fosse così evidente che il ricorrente non poteva non accorgersene.

85      Secondo una giurisprudenza costante, l’espressione «così evidente» che caratterizza l’irregolarità del versamento ai sensi dell’articolo 85, primo comma, dello Statuto non significa che il beneficiario di pagamenti indebiti sia dispensato da qualsiasi sforzo di riflessione o di controllo. Al contrario, la restituzione è dovuta ove si tratti di un errore che non sfugge ad un funzionario di normale diligenza, il quale si suppone conosca le norme applicabili alla propria retribuzione (v. sentenza del 18 giugno 2019, Quadri di Cardano/Commissione, T‑828/17, non pubblicata, EU:T:2019:422, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

86      Peraltro, non è necessario che il funzionario interessato, nel rispetto del dovere di diligenza a lui incombente, possa determinare con precisione la portata dell’errore commesso dall’amministrazione. Basta, a detto riguardo, che egli nutra dubbi sulla fondatezza dei pagamenti di cui trattasi perché sia obbligato a rivolgersi all’amministrazione affinché quest’ultima conduca le necessarie verifiche (v. sentenza del 18 giugno 2019, Quadri di Cardano/Commissione, T‑828/17, non pubblicata, EU:T:2019:422, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

87      Nel caso di specie, si deve rilevare che, come si evince dal precedente punto 43, i risultati finali della formazione impartita alla figlia del ricorrente sono stati resi disponibili dall’istituto di insegnamento dal 2 luglio 2021, data in cui la stessa già poteva, peraltro, scaricare un attestato di proficuo completamento. Inoltre, dal fascicolo di cui dispone il Tribunale non risulta che la figlia del ricorrente abbia proseguito la formazione di cui trattasi, o qualsiasi altra formazione, dopo il 2 luglio 2021, il che avrebbe potuto giustificare la legittimazione ai diritti pecuniari in questione a partire dal mese di agosto 2021.

88      Alla luce di tali circostanze, il ricorrente avrebbe potuto rendersi conto di non avere più titolo ai diritti pecuniari in questione a partire dall’agosto 2021.

89      Pertanto, poiché l’irregolarità di tale versamento era evidente, il ricorrente non poteva non accorgersene.

90      Tenuto conto di quanto precede, occorre respingere il presente motivo di ricorso e annullare la seconda decisione impugnata solo nella parte in cui riguarda i diritti pecuniari in questione per il mese di luglio 2021.

 B.      Sulla domanda di risarcimento del danno

91      Il ricorrente sostiene, in sostanza, di aver subito un danno materiale pari a EUR 2 441,84, corrispondente all’importo delle spese legali sostenute per la redazione del suo primo reclamo, a causa della violazione, da parte della Commissione, dei principi di buona amministrazione, di certezza del diritto e di «prevedibilità», in quanto le decisioni impugnate erano identiche a quelle annullate dalla decisione di accoglimento del primo reclamo.

92      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

93      Si deve ricordare che le spese legali sostenute nel corso del procedimento precontenzioso, salvo circostanze eccezionali, non possono costituire un danno materiale risarcibile in quanto l’assistenza di un avvocato non è imposta dalle norme dello Statuto nella fase precontenziosa e rientra quindi nella sola responsabilità personale del funzionario interessato. Orbene, nulla nel fascicolo della presente causa consente di dimostrare l’esistenza di simili circostanze eccezionali (v., in tal senso, sentenza del 23 febbraio 2022, OA/CESE, T‑671/20, non pubblicata, EU:T:2022:82, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

94      Inoltre, come sottolineato al precedente punto 71, il fatto che l’amministrazione adotti, a seguito di un annullamento per violazione del diritto di essere sentiti, una soluzione identica nel merito non è in contrasto con il principio di buona amministrazione, né, peraltro, con il principio di certezza del diritto né con il «principio di prevedibilità», sui quali il ricorrente non ha in alcun modo argomentato, e non può quindi costituire un’illegittimità che consenta di far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

95      Pertanto, la domanda del ricorrente diretta ad ottenere il risarcimento di un asserito danno materiale deve essere respinta in quanto infondata.

96      In considerazione di tutto quanto precede, occorre annullare le decisioni impugnate nella parte in cui riguardano i diritti pecuniari in questione per il mese di luglio 2021 e respingere il ricorso quanto al resto.

 IV.      Sulle spese

97      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

98      Poiché il ricorrente ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente nella parte essenziale delle sue conclusioni, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione europea dell’11 maggio 2022, che revoca il diritto di VA a percepire, a decorrere dal 1° luglio 2021, l’assegno per figli a carico e l’indennità scolastica, nonché la detrazione fiscale connessa all’assegno e all’indennità suddetti, e la decisione del PMO del 13 giugno 2022 che comunica la ripetizione, ai sensi dell’articolo 85 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, di tali diritti pecuniari sono annullate nella parte in cui riguardano detti diritti per il mese di luglio 2021.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Commissione è condannata a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute da VA.

Papasavvas

Svenningsen

Laitenberger

Martín y Pérez de Nanclares

 

      Stancu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 giugno 2024.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.