Language of document : ECLI:EU:T:2016:527

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

22 settembre 2016 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio dell’Unione europea figurativo SUN CALI – Marchio nazionale figurativo anteriore CaLi co – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 207/2009 – Rappresentanza dinanzi alla commissione di ricorso – Stabile organizzazione industriale o commerciale effettiva e seria nell’Unione – Persone giuridiche con legami economici – Articolo 92, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009»

Nella causa T‑512/15,

Sun Cali, Inc., con sede a Denver, Colorado (Stati Uniti), rappresentata da C. Thomas, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da E. Zaera Cuadrado, in qualità di agente,

convenuta,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO:

Abercrombie & Fitch Europe SA, con sede a Mendrisio (Svizzera),

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 3 giugno 2015 (cause riunite R 1260/2014-5 e R 1281/2014-5), relativa a un procedimento di nullità tra l’Abercrombie & Fitch Europe e la Sun Cali,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto, in sede di deliberazione, da S. Frimodt Nielsen, presidente, A. M. Collins e V. Valančius (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 settembre 2015,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 novembre 2015,

visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di tre settimane dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 20 novembre 2006, la ricorrente, la Sun Cali, Inc., ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo seguente:

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3        I prodotti e servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 18, 25, 35 e 45 di cui all’accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla descrizione seguente:

–        classe 18: «Borsette»;

–        classe 25: «Articoli d’abbigliamento femminile, ovvero biancheria intima, reggiseni, mutandine, bustini, tute, camicie da notte, accappatoi, copribusto, vestiti, T-shirt, camicette, maglioni, jeans, abiti, giacche, gonne, costumi da bagno, prendisole, pareo e mantelline; articoli d’abbigliamento maschile; articoli d’abbigliamento per bambini, scarpe»;

–        classe 35: «Negozi al dettaglio d’articoli d’abbigliamento, scarpe e borsette»;

–        classe 45: «Consulenza in materia di moda; gestione di guardaroba; consulenza in materia di immagine; servizi d’acquisti personali per conto terzi».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 20/2007, del 21 maggio 2007.

5        Il 21 novembre 2007, il segno figurativo è stato registrato come marchio dell’Unione europea con il numero 5482369.

6        Il 16 ottobre 2012, l’Abercrombie & Fitch Europe SA ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità del marchio figurativo della ricorrente, per tutti i prodotti e i servizi per i quali esso era stato registrato.

7        Siffatta domanda si basava sui motivi di nullità relativa di cui all’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.

8        La domanda di dichiarazione di nullità si basava sul seguente marchio figurativo italiano anteriore, registrato il 7 aprile 2008, che designa tutti i prodotti appartenenti alla classe 25:

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9        Con decisione del 17 marzo 2014, la divisione di annullamento ha parzialmente accolto la domanda di dichiarazione di nullità ed ha dichiarato la nullità del marchio controverso rispetto ai prodotti compresi nelle classi 18 e 25, ritenendo che, tenuto conto della coincidenza dell’elemento «cali», elemento dominante del marchio anteriore, sussistesse un rischio di confusione tra il marchio anteriore e il marchio controverso riguardo ai prodotti appartenenti a dette classi. La divisione di annullamento ha, invece, respinto la domanda di dichiarazione di nullità rispetto ai servizi compresi nelle classi 35 e 45, considerando che non sussistesse nessuna somiglianza tra detti servizi ed i prodotti di cui alla classe 25.

10      La ricorrente e l’Abercrombie & Fitch Europe hanno proposto, rispettivamente il 14 maggio 2014 e il 16 maggio 2014, un ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso la decisione della divisione di annullamento.

11      Con decisione del 3 giugno 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO, da un lato, ha respinto il ricorso proposto dalla ricorrente in quanto irricevibile, considerando che essa non fosse debitamente rappresentata, ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 e, dall’altro, ha parzialmente accolto il ricorso proposto dall’Abercrombie & Fitch Europe e dichiarato la nullità del marchio controverso parimenti rispetto ai servizi di cui alla classe 35. A tale proposito, essa ha ritenuto che, vista la somiglianza tra detti servizi ed i prodotti appartenenti alla classe 25, sussistesse un rischio di confusione tra il marchio anteriore ed il marchio controverso.

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

13      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

1.     Sui documenti presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale

14      La ricorrente ha allegato al ricorso una serie di documenti a sostegno della conclusione secondo cui essa era debitamente rappresentata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso e a sostegno dell’affermazione secondo cui il marchio anteriore potrebbe essere percepito come una variante del termine italiano «calcio». Si tratta, in particolare, degli allegati 3 e da 18 a 22.

15      L’EUIPO fa valere che tali documenti devono essere dichiarati irricevibili, giacché non sono stati presentati nel corso dei procedimenti svoltisi dinanzi ad esso.

16      Occorre rammentare che il ricorso con cui viene adito il Tribunale è volto al controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO ai sensi dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009. Ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, il Tribunale può annullare o riformare la decisione di una commissione di ricorso dell’EUIPO solo «per incompetenza, per violazione di norme che prescrivono una determinata forma, per violazione del trattato, del regolamento [n. 207/2009] o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, o ancora per sviamento di potere». Da tale disposizione deriva che il Tribunale può annullare o riformare la decisione oggetto del ricorso solo se, al momento in cui essa è stata adottata, la medesima era viziata da uno di siffatti motivi di annullamento o di riforma. Invece, esso non può annullare o riformare detta decisione per motivi che emergerebbero dopo la sua pronuncia (v. sentenza del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). Da tale disposizione discende altresì che fatti non dedotti dalle parti dinanzi agli organi dell’EUIPO non possono più esserlo in fase di ricorso proposto dinanzi al Tribunale. Quest’ultimo è infatti chiamato a valutare la legittimità della decisione della commissione di ricorso, controllando l’applicazione del diritto dell’Unione europea da essa effettuata riguardo, specificamente, agli elementi di fatto che sono stati sollevati dinanzi a tale commissione, ma non può, invece, effettuare tale controllo tenendo conto di elementi di fatto prodotti ex novo dinanzi ad esso (sentenza del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 54). Pertanto, la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove presentate dinanzi ad esso per la prima volta [v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza ivi citata].

17      Nel caso di specie, nei limiti in cui i documenti menzionati al precedente punto 14 sono stati presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale, essi non possono essere presi in considerazione ai fini del controllo di legittimità della decisione impugnata e devono, pertanto, essere respinti.

2.     Nel merito

18      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce due motivi, di cui il primo verte sulla violazione dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 ed il secondo sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009

19      Nell’ambito del primo motivo, la ricorrente sostiene, da un lato, che, conformemente all’articolo 92, paragrafo 3, prima frase, del regolamento n. 207/2009, essa poteva essere rappresentata dinanzi all’EUIPO da uno dei dipendenti della sua succursale in Germania, dal momento che quest’ultima era una stabile organizzazione commerciale effettiva e seria nell’Unione, ai sensi di tale disposizione. Dall’altro, la ricorrente sostiene che, quand’anche tale succursale non sia riconosciuta come stabile organizzazione commerciale effettiva e seria nell’Unione ad essa appartenente, essa poteva, nondimeno, conformemente all’articolo 92, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento n. 207/2009, essere rappresentata dinanzi all’EUIPO da uno dei dipendenti di detto esercizio, visti i legami economici intercorrenti tra quest’ultimo e la ricorrente. Essa ne deduce che la commissione di ricorso avrebbe dovuto, in ogni caso, dichiarare il suo ricorso ricevibile.

20      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

21      Ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, le persone fisiche o giuridiche che hanno domicilio o sede o una stabile organizzazione industriale o commerciale effettiva e seria nell’Unione, possono essere rappresentate dinanzi all’EUIPO da un loro dipendente. Il dipendente di una siffatta persona giuridica può rappresentare anche altre persone giuridiche aventi legami economici con essa, anche se non hanno domicilio né sede né una stabile organizzazione industriale o commerciale effettiva e seria nell’Unione.

22      Ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, la rappresentanza delle persone fisiche o giuridiche dinanzi all’EUIPO può essere assunta soltanto da avvocati che siano abilitati a esercitare sul territorio di uno Stato membro e abbiano domicilio professionale nell’Unione, purché possano agire in tale Stato quali mandatari in materia di marchi oppure da mandatari abilitati iscritti nell’elenco tenuto a tal fine dall’EUIPO.

23      In primo luogo, è pacifico che la ricorrente, titolare del marchio controverso, è una persona giuridica di diritto privato con sede a Denver, Colorado (Stati Uniti), e che essa è stata rappresentata, dinanzi alla commissione di ricorso, da una persona fisica che si presentava, come risulta dagli atti di causa, da un lato, come il suo direttore generale e, dall’altro, come dipendente di un esercizio commerciale, asseritamente detenuto dalla ricorrente, situato a Monaco di Baviera (Germania).

24      In secondo luogo, dagli atti di causa emerge che, con lettera del 3 marzo 2015, la ricorrente è stata invitata dall’EUIPO a designare, nell’ambito del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, un rappresentante professionale, ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009. Con tale lettera, l’EUIPO ha informato la ricorrente di nutrire seri dubbi circa la possibilità per essa di essere rappresentata da un dipendente, sulla base delle disposizioni dell’articolo 92, paragrafo 3, del medesimo regolamento. Con lettera di risposta del 23 aprile 2015, la ricorrente si è limitata ad affermare che, in ragione dell’esercizio commerciale da essa detenuto a Monaco di Baviera, in applicazione dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, essa aveva la possibilità di essere rappresentata da uno dei dipendenti di tale esercizio. La ricorrente non ha allegato alla sua risposta alcun elemento di prova idoneo a suffragare le sue affermazioni, nonostante i dubbi espressi dall’EUIPO, e si è limitata a rinviare agli orientamenti dell’EUIPO.

25      In terzo luogo, dagli atti di causa emerge altresì che la controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, l’Abercrombie & Fitch Europe, ha asserito, nelle sue osservazioni in risposta al ricorso proposto dalla ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso, che quest’ultima non era debitamente rappresentata dinanzi alla commissione di ricorso, in ragione, in particolare, dell’assenza di una stabile organizzazione commerciale effettiva e seria in Germania. A sostegno di tale tesi, l’Abercrombie & Fitch Europe ha fatto valere che, in applicazione delle disposizioni dell’articolo 13 del Handelsgesetzbuch (codice di commercio tedesco), la ricorrente, il cui domicilio e la cui sede erano stabiliti al di fuori della Germania, era tenuta a registrarsi presso il tribunale competente per il territorio nel quale essa desiderava gestire un esercizio commerciale, adempimento che non avrebbe osservato. Per suffragare le proprie affermazioni, l’Abercrombie & Fitch Europe ha allegato, da un lato, un estratto del Gemeinsames Registerportal der Länder (portale comune tedesco del registro delle imprese), da cui emergeva che nessun esercizio commerciale contenente i termini «sun cali» era stato registrato in Germania e, dall’altro, un estratto del registro delle imprese della città di Monaco di Baviera, che attestava l’iscrizione come impresa individuale, a nome del dipendente che rappresentava la ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso e che era altresì il suo direttore generale, di un esercizio commerciale contrassegnato dal nome commerciale SUN CALI Inc.

26      Nel caso di specie, per quanto attiene, in primo luogo, alla questione se la ricorrente possedesse una stabile organizzazione industriale o commerciale effettiva e seria nell’Unione, ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, prima frase, del regolamento n. 207/2009, occorre rilevare che questa ha prodotto, dinanzi alla commissione di ricorso, a sostegno delle sue affermazioni, elementi di prova consistenti in estratti di un sito Internet, www.suncali.de, che riportano un indirizzo postale a Monaco di Baviera in cui sarebbe ubicato un esercizio che commercializza prodotti venduti con il marchio controverso, e delle fotografie che dovrebbero ritrarre la facciata esterna di detto esercizio.

27      Inoltre, il 27 maggio 2014, la ricorrente ha prodotto dinanzi all’EUIPO un’attestazione, firmata dal suo direttore generale, con la quale quest’ultimo autorizzava se stesso a rappresentarla, in particolare nell’ambito del procedimento di ricorso di cui trattasi, in qualità di dipendente dell’esercizio commerciale situato a Monaco di Baviera.

28      È giocoforza constatare che tali elementi di prova dedotti dalla ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso, ossia, in primo luogo, taluni estratti di un sito Internet, in secondo luogo, talune fotografie che dovrebbero ritrarre la facciata di un esercizio commerciale situato a Monaco di Baviera e, in terzo luogo, un’attestazione con cui si autorizza un dipendente a rappresentarla, non sono indicazioni e spiegazioni rilevanti, viste le peculiari circostanze del caso di specie, tali da dimostrare l’esistenza di una stabile organizzazione commerciale effettiva e seria nell’Unione, ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009.

29      Infatti, da un lato, tali elementi di prova consentono certamente di comprendere che la natura dell’attività economica rivendicata da detto esercizio è quella della vendita al dettaglio di capi d’abbigliamento, scarpe e accessori. Tuttavia, i semplici estratti di un sito Internet, così come le fotografie, in quanto tali e senza altri elementi, sono insufficienti ai fini della dimostrazione dell’esistenza di una stabile organizzazione commerciale effettiva e seria nell’Unione.

30      Dall’altro, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il concetto di succursale implica un centro operativo che si manifesti in modo duraturo verso l’esterno come un’estensione della casa madre, provvisto di direzione e materialmente attrezzato in modo da poter trattare affari con terzi, di guisa che questi, pur sapendo che un eventuale rapporto giuridico si stabilirà con la casa madre la cui sede si trova all’estero, sono dispensati dal rivolgersi direttamente a questa, e possono concludere affari nel centro operativo che ne costituisce l’estensione (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 1978, Somafer, 33/78, EU:C:1978:205, punto 12). Gli elementi di prova dedotti dalla ricorrente a sostegno dell’affermazione secondo cui essa avrebbe una succursale tedesca sono manifestamente inidonei a dimostrare che tale esercizio commerciale, che essa fa valere, sia stato la sua estensione e, pertanto, che esso possa essere considerato una succursale della ricorrente.

31      Inoltre, i documenti prodotti dinanzi alla commissione di ricorso dall’Abercrombie & Fitch Europe, in particolare l’estratto del registro delle imprese tedesco, dal quale non emerge che la ricorrente dispone di un esercizio registrato in Germania, corroborano la conclusione tratta da elementi di prova presentati dalla ricorrente, secondo cui il presunto esercizio situato a Monaco di Baviera non può essere considerato come una stabile organizzazione commerciale effettiva e seria nell’Unione appartenente alla ricorrente.

32      Ne deriva che la commissione di ricorso ha correttamente considerato che la prova della detenzione da parte della ricorrente di una stabile organizzazione effettiva e seria nell’Unione, ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 non era stata fornita.

33      In secondo luogo, per quanto concerne la questione se il dipendente di una persona giuridica che ha sede o domicilio o una stabile organizzazione effettiva e seria nell’Unione possa rappresentare un’altra persona giuridica con sede al di fuori dell’Unione, ossia la ricorrente, in ragione dell’esistenza di legami economici tra queste due persone giuridiche, ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento n. 207/2009, occorre rilevare che la ricorrente si è limitata ad effettuare, dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, mere asserzioni relative alla sussistenza di tali legami, senza fornire elementi di prova diversi da quelli richiamati ai precedenti punti 26 e 27.

34      Orbene, da un lato, dagli atti di causa emerge, come rilevato al precedente punto 25, che l’esercizio situato in Germania è iscritto nel registro delle imprese della città di Monaco di Baviera come impresa individuale a nome della persona fisica che la ricorrente presenta come dipendente di detto esercizio. Occorre necessariamente constatare che un’impresa individuale, sprovvista di personalità giuridica, non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 92, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento n. 207/2009, sicché, in applicazione di tale disposizione, non le è possibile rappresentare una persona giuridica stabilita al di fuori dell’Unione con la quale essa avrebbe, eventualmente, legami economici ai sensi di detta disposizione.

35      Dall’altro, quand’anche l’esercizio situato in Germania, che la ricorrente fa valere, avesse personalità giuridica, occorre in ogni caso rilevare che gli elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso non permettono, nel caso di specie, di accertarsi della sussistenza di legami economici tra tale esercizio e la ricorrente.

36      A tale proposito, si deve necessariamente constatare che i semplici estratti di un sito Internet, così come le fotografie, in quanto tali e senza altri elementi, sono insufficienti ai fini della dimostrazione della sussistenza di legami economici tra l’esercizio situato in Germania e la ricorrente. Tali elementi non sono, infatti, idonei a contraddistinguere, ad esempio, l’appartenenza di queste due persone a uno stesso gruppo o ancora il fatto che i meccanismi di gestione esistenti siano tali che una delle due persone giuridiche controlli l’altra.

37      Ne deriva che la commissione di ricorso ha correttamente considerato che la prova della sussistenza di legami economici tra la ricorrente e l’esercizio situato in Germania, ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 non era stata fornita.

38      Conseguentemente, la commissione di ricorso non ha commesso un errore nel considerare, al punto 37 della decisione impugnata, che il ricorso proposto dalla ricorrente non fosse conforme all’articolo 92 del regolamento n. 207/2009 e che, quindi, non fosse ricevibile.

39      Pertanto, il primo motivo deve essere respinto. Ne consegue che la ricorrente non è legittimata a richiedere l’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui verte sul ricorso che essa aveva proposto dinanzi alla commissione di ricorso.

40      Per quanto concerne il ricorso proposto dall’Abercrombie & Fitch Europe dinanzi alla commissione di ricorso, occorre rilevare che, in applicazione dell’articolo 59 del regolamento n. 207/2009, la ricorrente, benché non fosse rappresentata e non avesse, comunque, presentato osservazioni, era, ipso iure, parte del procedimento di ricorso. Pertanto, in applicazione dell’articolo 65, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, essa rimane legittimata a richiedere l’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui accoglie parzialmente il ricorso proposto dall’Abercrombie & Fitch Europe e, di conseguenza, occorre esaminare il secondo motivo dedotto dalla ricorrente dinanzi al Tribunale.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

41      Nell’ambito del secondo motivo, la ricorrente fa valere che la commissione di ricorso è giunta all’erronea conclusione che sussistesse un rischio di confusione tra i segni in conflitto. In particolare, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia erroneamente ravvisato una somiglianza, da un lato, tra i segni in conflitto e, dall’altro, tra i prodotti ed i servizi designati, che l’ha indotta a concludere nel senso che sussiste un rischio di confusione riguardo ai servizi compresi nella classe 35.

42      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

43      Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento, su domanda del titolare di un marchio anteriore, il marchio dell’Unione europea registrato è dichiarato nullo qualora, a causa della sua identità o della sua somiglianza con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi che i due marchi designano, sussista un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

44      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi in questione, e prendendo in considerazione tutti i fattori rilevanti nel caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi contraddistinti [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33, e giurisprudenza ivi citata].

45      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto che un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

 Sulla motivazione della decisione impugnata

46      Benché la motivazione contenuta nel punto 45 della decisione impugnata sia molto succinta, occorre tenere conto della motivazione, sullo stesso punto, più dettagliata contenuta nella decisione della divisione di annullamento. Infatti, atteso che la commissione di ricorso ha confermato tale decisione per quanto concerne il confronto tra i segni, e tenuto conto della continuità funzionale tra divisioni di annullamento e commissioni di ricorso, attestata dall’articolo 64, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 [v., in tal senso, sentenze del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 30, e del 10 luglio 2006, La Baronia de Turis/UAMI – Baron Philippe de Rothschild (LA BARONNIE), T‑323/03, EU:T:2006:197, punti 57 e 58], tale decisione, nonché la sua motivazione, fanno parte del contesto nel quale la decisione impugnata è stata adottata, contesto che è noto alla ricorrente e che consente al giudice di esercitare pienamente il proprio controllo di legittimità sulla fondatezza della valutazione del rischio di confusione [v., in tal senso, sentenza del 21 novembre 2007, Wesergold Getränkeindustrie/UAMI – Lidl Stiftung (VITAL FIT), T‑111/06, non pubblicata, EU:T:2007:352, punto 64].

 Sul pubblico di riferimento

47      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre altresì tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

48      Nel caso di specie, alla luce della natura dei prodotti e dei servizi in questione, e visto che il marchio anteriore invocato a sostegno della domanda di annullamento è tutelato in Italia, occorre confermare la constatazione effettuata dalla commissione di ricorso ai punti 43 e 44 della decisione impugnata, secondo cui, in sostanza, il rischio di confusione deve essere analizzato dal punto di vista del pubblico di riferimento costituito dal grande pubblico, ossia il consumatore medio, italiano.

 Sul confronto dei prodotti e dei servizi

49      Secondo una costante giurisprudenza, per valutare la somiglianza tra i prodotti o i servizi di cui trattasi, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra gli stessi. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità. Si può tenere conto anche di altri fattori quali, ad esempio, i canali di distribuzione dei prodotti in esame [v. sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, EU:T:2007:219, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

50      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha considerato, al punto 41 della decisione impugnata, che i servizi di vendita al dettaglio, di cui alla classe 35, costituivano uno dei canali di distribuzione dei prodotti rientranti nella classe 25, sicché il livello di somiglianza tra tali prodotti e tali servizi era sufficiente per indurre il pubblico di riferimento a ritenere che essi provenissero dalla stessa impresa o da imprese con legami economici.

51      La ricorrente contesta tale analisi e fa valere, in sostanza, che il tenue grado di somiglianza tra i segni in conflitto deve essere preso in considerazione per valutare il grado di somiglianza tra i prodotti e i servizi in esame.

52      A tale proposito, occorre anzitutto ricordare che il grado di somiglianza tra i segni in conflitto è irrilevante ai fini della valutazione della somiglianza tra i prodotti e i servizi contraddistinti da tali segni [v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2014, Hut.com/UAMI – Intersport France (THE HUT), T‑330/12, non pubblicata, EU:T:2014:569, punto 28]. Infatti, l’interdipendenza tra questi due fattori può essere esaminata solo al momento della valutazione globale del rischio di confusione. È in tal modo, ad esempio, che un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i segni e viceversa.

53      Pertanto, la tesi della ricorrente vertente sull’asserita interdipendenza tra il grado di somiglianza tra i segni in conflitto, da un lato, e il grado di somiglianza tra i prodotti e i servizi in discussione, dall’altro, deve essere respinta.

54      Inoltre, occorre ricordare che i prodotti o i servizi complementari sono quelli tra i quali esiste una stretta correlazione, nel senso che l’uno è indispensabile o importante per l’uso dell’altro, di modo che i consumatori possono essere indotti a ritenere che la responsabilità della fabbricazione di tali prodotti o della fornitura di tali servizi gravi sulla stessa impresa [v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2014, Hut.com/UAMI – Intersport France (THE HUT), T‑330/12, non pubblicata, EU:T:2014:569, punto 24].

55      Nel caso di specie, i servizi di «vendita al dettaglio d’articoli d’abbigliamento, scarpe e borsette», rientranti nella classe 35, quali indicati al precedente punto 3, per i quali il marchio controverso è stato registrato, vertono su prodotti identici a quelli coperti dal marchio anteriore, vale a dire, in particolare, gli «articoli d’abbigliamento» e le «scarpe», di cui alla classe 25.

56      Occorre necessariamente constatare che il rapporto tra tali servizi e prodotti è caratterizzato da una stretta correlazione, nel senso che detti prodotti sono indispensabili o, quanto meno, importanti per la prestazione dei servizi contraddistinti dal marchio controverso, poiché questi ultimi sono forniti proprio in occasione della vendita di detti prodotti. I servizi e prodotti contraddistinti dai marchi in conflitto, di conseguenza, sono legati da un rapporto di complementarietà, come rilevato correttamente dalla commissione di ricorso al punto 41 della decisione impugnata.

57      Ciò premesso, occorre concludere, analogamente a quanto considerato dalla commissione di ricorso al punto 41 della decisione impugnata, che i prodotti e servizi contraddistinti dai marchi in conflitto presentano un certo grado di somiglianza.

 Sul confronto dei segni

58      Secondo la giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti rilevanti [v. sentenza del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), EU:T:2002:261, punto 30]. La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi operata dal consumatore medio dei prodotti o dei servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce generalmente un marchio come un tutt’uno e non ne esamina i vari dettagli (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

–       Sugli elementi distintivi

59      Ai fini della valutazione del carattere distintivo di un elemento costitutivo di un marchio, occorre esaminare la maggiore o minore attitudine di tale elemento a concorrere ad identificare i prodotti o i servizi per i quali il marchio è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e, quindi, a distinguere tali prodotti o servizi da quelli di altre imprese. Nell’ambito di siffatta valutazione vanno prese in considerazione in particolare le qualità intrinseche dell’elemento di cui trattasi, per accertare se esso sia o meno privo di qualsiasi carattere descrittivo dei prodotti o servizi per i quali il marchio è stato registrato [sentenze del 13 giugno 2006, Inex/UAMI – Wiseman (Raffigurazione di una pelle di mucca), T‑153/03, EU:T:2006:157, punto 35, e del 13 dicembre 2007, Cabrera Sánchez/UAMI – Industrias Cárnicas Valle (el charcutero artesano), T‑242/06, non pubblicata, EU:T:2007:391, punto 51].

60      Nel caso di specie, la ricorrente fa valere, in sostanza, che gli elementi figurativi del marchio controverso presentano un carattere distintivo molto elevato.

61      Occorre richiamare, da un lato, la giurisprudenza del Tribunale secondo cui, quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi, giacché il consumatore medio farà più facilmente riferimento al prodotto o al servizio in questione, citandone il nome, piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio [v. sentenza del 7 febbraio 2013, AMC‑Representações Têxteis/UAMI – MIP Metro (METRO KIDS COMPANY), T‑50/12, non pubblicata, EU:T:2013:68, punto 29 e giurisprudenza ivi citata].

62      Dall’altro, occorre altresì rilevare che, vista la moltitudine di forme utilizzate nel settore dell’abbigliamento, la rappresentazione grafica di un cuore o di una metà di cuore non è tanto diversa da attirare specificamente l’attenzione del consumatore. Infatti, quest’ultimo ravviserà solamente una configurazione decorativa, alla quale non presterà tuttavia particolare attenzione e che non si sforzerà di analizzare.

63      Pertanto, occorre considerare, contrariamente a quanto eccepito dalla ricorrente, che gli elementi figurativi del marchio controverso, pur non essendo trascurabili, non presentano un carattere distintivo elevato rispetto ai prodotti rientranti nella classe 25 e rispetto ai servizi rientranti nella classe 35.

–       Sulla somiglianza visiva e sulla somiglianza fonetica

64      Al punto 45 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha avvallato l’analisi della divisione di annullamento secondo cui i segni in conflitto erano simili. La commissione di ricorso ha rilevato che, sul piano visivo e fonetico, i segni in conflitto erano simili, giacché coincidevano per l’elemento comune «cali».

65      La ricorrente afferma, in sostanza, che i segni sono differenti, sul piano visivo e fonetico. Essa fa valere che il consumatore medio generalmente presta maggiore attenzione agli elementi che si situano all’inizio di un marchio e che non esiste nessuna somiglianza tra l’elemento denominativo «sun», che si trova all’inizio del marchio controverso, e l’elemento denominativo «cali», che si trova all’inizio del marchio anteriore.

66      A tale riguardo, pur essendo certamente vero che il consumatore medio presta generalmente maggiore attenzione agli elementi che si trovano all’inizio del marchio, rimane nondimeno il fatto che le circostanze specifiche di taluni marchi non possano costituire un’eccezione a tale regola [v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2007, Castellani/UAMI – Markant Handels und Service (CASTELLANI), T‑149/06, EU:T:2007:350, punto 54].

67      Inoltre, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza richiamata al precedente punto 58, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti rilevanti.

68      Nel caso di specie, la sola posizione all’inizio del segno controverso dell’elemento denominativo «sun» non è sufficiente a renderlo l’elemento dominante nell’impressione complessiva prodotta da tale segno, sicché la valutazione globale del rischio di confusione deve basarsi, per quanto riguarda la somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva generata da questi, e non unicamente sull’elemento denominativo situato all’inizio.

69      Occorre rilevare, da un lato, che gli elementi denominativi dei segni in conflitto coincidono parzialmente, in ragione della presenza nei due marchi in conflitto dell’elemento denominativo «cali», il quale rappresenta quattro lettere su sette del marchio controverso e quattro lettere su sei del marchio anteriore. Pertanto, gli elementi denominativi dei marchi in conflitto coincidono per più della metà delle lettere che li compongono.

70      Dall’altro, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, occorre osservare che il segno anteriore, così come il segno controverso, non è composto da un solo elemento denominativo, bensì da due, ossia «cali» e «co». Infatti, tenuto conto dell’utilizzo di lettere di grandi dimensioni per l’elemento denominativo «cali», dell’esistenza di uno spazio tra i due elementi denominativi e dell’utilizzo di lettere di piccole dimensioni per l’elemento denominativo «co», non si può considerare che il segno anteriore fosse composto da un unico elemento denominativo, «calico». Per questo motivo, i segni in conflitto coincidono per la presenza in ciascuno di essi dell’elemento denominativo «cali» e presentano, quindi, un’uguaglianza parziale per quanto riguarda i loro elementi denominativi.

71      Occorre, peraltro, necessariamente rilevare che la ricorrente non ha formulato nessun argomento idoneo a mettere in discussione l’affermazione secondo cui, alla luce della presenza nei segni in conflitto dell’elemento denominativo comune «cali», questi presentino un certo grado di somiglianza sul piano visivo e fonetico. Vista l’identità degli elementi denominativi «cali» nei segni in conflitto, occorre considerare che gli elementi di diversità, consistenti in particolare negli elementi figurativi e negli elementi denominativi «co» e «sun», non sono tali da evitare nel pubblico di riferimento l’impressione che detti segni, valutati globalmente, presentino una certa somiglianza sul piano visivo e fonetico.

–       Sulla somiglianza concettuale

72      La commissione di ricorso ha rilevato, al punto 45 della decisione impugnata, che, sul piano concettuale, i segni in conflitto erano simili per quella parte del pubblico di riferimento che avrebbe associato l’elemento comune «cali» a «California», uno Stato degli Stati Uniti.

73      L’affermazione secondo cui, per il pubblico di riferimento, il marchio anteriore avrebbe potuto essere percepito come una variante del termine italiano «calcio» non è suffragata da nessun elemento di prova ammissibile (v. punti da 14 a 17 supra) e non può, quindi, considerarsi comprovata.

74      Pertanto, occorre considerare che la commissione di ricorso non ha commesso nessun errore nel ritenere che, sul piano concettuale, i segni in conflitto fossero simili per quella parte del pubblico di riferimento che avrebbe associato l’elemento comune «cali» a «California».

75      Da quanto precede, risulta che la commissione di ricorso non ha commesso nessun errore nel considerare che, secondo l’impressione complessiva, i segni in conflitto fossero simili.

 Sul rischio di confusione

76      La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti e i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa [sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 74].

77      La commissione di ricorso ha considerato che, alla luce della somiglianza dei segni in conflitto, sussistesse un rischio di confusione riguardo ai servizi compresi nella classe 35, nei limiti in cui essi presentavano una certa somiglianza con i prodotti compresi nella classe 25.

78      La ricorrente fa valere che, poiché i segni in conflitto sono differenti, non sussiste alcun rischio di confusione.

79      Nel caso di specie, dall’analisi effettuata ai precedenti punti da 49 a 75 emerge che, visti il grado di somiglianza tra i prodotti e i servizi interessati, la somiglianza dei segni in conflitto sul piano visivo e fonetico nella parte in cui coincidono parzialmente per la presenza dell’elemento denominativo comune «cali», la loro somiglianza, per una parte del pubblico di riferimento, sul piano concettuale, nonché il livello d’attenzione medio di detto pubblico, sussiste un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

80      Pertanto, la commissione di ricorso non ha commesso un errore nel considerare, al punto 47 della decisione impugnata, che, vista la somiglianza dei segni in conflitto, sussistesse un rischio di confusione rispetto ai servizi contrassegnati dal marchio controverso compresi nella classe 35, dal momento che essi presentavano una certa somiglianza con i prodotti compresi nella classe 25.

81      Il secondo motivo va quindi respinto.

82      Alla luce di quanto precede, si deve respingere il ricorso.

 Sulle spese

83      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

84      La ricorrente, essendo rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Sun Cali, Inc., è condannata alle spese.

Frimodt Nielsen

Collins

Valančius

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 settembre 2016.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.