Language of document : ECLI:EU:T:2010:290

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

7 luglio 2010 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario denominativo CARLO RONCATO – Marchi nazionali figurativi RV RONCATO e denominativo RONCATO non registrati – Marchi nazionali figurativi anteriori RV RONCATO e denominativo anteriore RONCATO – Insussistenza di rischio di vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo e dalla notorietà dei marchi anteriori – Sussistenza di un giusto motivo per l’uso del marchio richiesto – Impedimenti relativi alla registrazione – Art. 8, nn. 4 e 5, del regolamento (CE) n. 40/94 [divenuto art. 8, nn. 4 e 5, del regolamento (CE) n. 207/2009]»

Nella causa T‑124/09,

Valigeria Roncato SpA, con sede in Campodarsego, rappresentata dagli avv.ti P. Perani e P. Pozzi,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. P. Bullock, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Roncato Srl, con sede in Campodarsego, rappresentata dagli avv.ti M. Cartella e M. Fazzini,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI 23 gennaio 2009 (procedimenti R 237/2008‑1 e R 236/2008‑1), relativa a un procedimento di opposizione tra la Valigeria Roncato SpA e la Roncato Srl,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto dal sig. O. Czúcz, presidente, dalla sig.ra I. Labucka (relatore) e dal sig. K. O’Higgins, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 marzo 2009,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 luglio 2009,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 luglio 2009,

dal momento che le parti non hanno presentato domanda di fissazione di udienza entro il termine di un mese dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo pertanto deciso, su relazione del giudice relatore e in applicazione dell’art. 135 bis del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 4 ottobre 2005, l’interveniente, Roncato Srl, ha presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo CARLO RONCATO.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione sono compresi nelle classi 3, 9 e 14 dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 3: «Preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; dentifrici»;

–        classe 9: «Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici, cinematografici, ottici, occhiali, apparecchi e strumenti di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi e strumenti per la conduzione, commutazione, trasformazione, accumulazione, regolazione o controllo dell’elettricità; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; distributori automatici e meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, corredo per il trattamento dell’informazione e gli elaboratori elettronici; estintori»;

–        classe 14: «Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici».

4        La domanda è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 9/2006, del 27 febbraio 2006.

5        Il 26 maggio 2006, la ricorrente, Valigeria Roncato SpA, ha proposto opposizione ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 41 del regolamento n. 207/2009).

6        A sostegno della propria opposizione basata sull’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 8, n. 5, del regolamento n. 207/2009), la ricorrente faceva valere:

–        il marchio figurativo italiano, registrato il 14 novembre 1995 con il numero 662773 e rinnovato nel 2005, per «cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; bauli e valigie; valigie, valigette, borse; borsette; borsette da viaggio, bauli da viaggio, bauletti, valigie da aereo» compresi nella classe 18, rappresentato di seguito:

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–        il marchio denominativo italiano RONCATO, registrato il 13 giugno 1989 e rinnovato nel 1997, per «valigie, bauli in qualsiasi materiale, forma e dimensioni, pelli, cuoio ed imitazioni del cuoio», compresi nella classe 18.

7        A sostegno della propria opposizione basata sull’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 8, n. 4, del regolamento n. 207/2009), la ricorrente invocava marchi non registrati che designano «orologi, portachiavi in metallo e in argento, portachiavi in metalli placcati, custodie portacomputer, adattatori, prese elettriche, mascherine antiluce per il viso, tappi per le orecchie» vale a dire:

–        il segno denominativo RONCATO;

–        il segno figurativo:

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–        il segno figurativo:

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8        Con decisione 29 novembre 2007, la divisione di opposizione ha accolto parzialmente l’opposizione e ha respinto la domanda di registrazione per «saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli» compresi nella classe 3, nonché per tutti i prodotti della classe 14. Essa ha respinto l’opposizione per tutti gli altri prodotti.

9        La ricorrente e l’interveniente hanno proposto ricorso, rispettivamente il 25 gennaio ed il 28 gennaio 2008, contro la decisione della divisione di opposizione.

10      Con decisione 23 gennaio 2009 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso ha respinto il ricorso della ricorrente ed ha accolto quello dell’interveniente, respingendo l’opposizione. La commissione di ricorso ha in sostanza ritenuto che, da un lato, le prove presentate a sostegno della notorietà dei marchi non registrati fatti valere fossero insufficienti e, dall’altro, che la ricorrente non avesse dedotto argomenti convincenti in ordine all’indebito vantaggio che il marchio richiesto trarrebbe dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori registrati. La commissione di ricorso ha inoltre accertato la sussistenza di un giusto motivo per l’uso del marchio richiesto.

 Conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI e l’interveniente alle spese relative al procedimento dinanzi al Tribunale e a quelle sostenute per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

12      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

13      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso e confermare la decisione impugnata;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

14      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce due motivi, il primo attinente alla violazione dell’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94, ed il secondo riguardante la violazione dell’art. 8, n. 5, dello stesso regolamento.

 Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

15      La ricorrente addebita alla commissione di ricorso di avere preteso, ai fini dell’applicazione dell’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94 e dell’art. 12, n. 1, lett. b), del codice della proprietà industriale italiano (in prosieguo: il « CPI »), che il marchio in questione godesse di un elevato livello di notorietà in relazione ai prodotti per cui è utilizzato. A suo avviso, sarebbe sufficiente un uso serio. La ricorrente sostiene altresì che la commissione di ricorso non ha correttamente valutato le prove da essa prodotte, che sarebbero state sufficienti a dimostrare un uso effettivo, continuato e sufficientemente risalente nel tempo dei marchi anteriori non registrati in relazione ai prodotti per i quali è stato invocato il preuso.

16      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

17      Ai sensi dell’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94, il titolare di un marchio non registrato o di un altro segno utilizzato nella normale prassi commerciale e di portata non puramente locale può proporre opposizione alla registrazione di un marchio comunitario se ed in quanto, conformemente alla legislazione dello Stato membro che disciplina detto segno, da un lato, sono stati acquisiti diritti a detto contrassegno prima della data di presentazione della domanda di marchio comunitario, o della data di decorrenza del diritto di priorità invocato per la presentazione della domanda di marchio comunitario e, dall’altro, questo contrassegno dà al suo titolare il diritto di vietare l’uso di un marchio successivo.

18      Dalla locuzione «se ed in quanto, conformemente (...) alla legislazione dello Stato membro che disciplina detto segno» risulta che le due condizioni stabilite, successivamente a tale frase, dall’art. 8, n. 4, lett. a) e b), del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 8, n. 4, lett. a) e b), del regolamento n. 207/2009] costituiscono condizioni che, a differenza delle precedenti, sono da valutarsi alla luce dei criteri fissati dal diritto che disciplina il contrassegno fatto valere. Tale rinvio è giustificato dal fatto che il regolamento n. 40/94 riconosce a contrassegni estranei al sistema di marchio comunitario la possibilità di essere fatti valere contro un marchio comunitario. Pertanto, solo il diritto che disciplina il contrassegno fatto valere consente di stabilire se esso sia anteriore al marchio comunitario e se possa giustificare il divieto dell’uso di un marchio successivo [sentenza del Tribunale 24 marzo 2009, cause riunite da T‑318/06 a T‑321/06, Moreira de Fonseca/UAMI – General Óptica (GENERAL OPTICA), Racc. pag. II‑649, punto 34].

19      Ai fini dell’applicazione dell’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94, spetta alla commissione di ricorso prendere in considerazione sia la legislazione nazionale applicabile in forza del rinvio operato da tale disposizione sia le decisioni giurisdizionali pronunciate nello Stato membro considerato. Su tale base, la ricorrente deve dimostrare che il segno di cui trattasi rientra nella sfera di applicazione del diritto dello Stato membro invocato e che esso consentirebbe di vietare l’uso di un marchio successivo [v. sentenza del Tribunale 11 giugno 2009, cause riunite T‑114/07 e T‑115/07, Last Minute Network/UAMI – Last Minute Tour (LAST MINUTE TOUR), Racc. pag. II‑1919, punto 47, e la giurisprudenza citata].

20      La legislazione nazionale applicabile nel caso di specie è l’art. 12, n. 1, lett. b), del CPI, che prevede quanto segue:

«Non sono nuovi (...) i segni che alla data del deposito della domanda (…) siano identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. (…) L’uso precedente del segno, quando non importi notorietà di esso, o importi notorietà puramente locale, non toglie la novità, ma il terzo preutente ha diritto di continuare nell’uso del marchio, anche ai fini della pubblicità, nei limiti della diffusione locale, nonostante la registrazione del marchio stesso (...)».

21      Dalla normativa nazionale emerge che, ai fini dell’opposizione alla registrazione come marchio di un segno, il marchio non registrato deve avere acquisito notorietà non soltanto locale, essendo precisato che i segni il cui uso non è notorio possono continuare ad essere utilizzati. Il diritto nazionale opera così una distinzione tra i segni anteriori che non hanno acquisito notorietà, i segni la cui notorietà è solamente locale ed i marchi non registrati notori, che sono gli unici idonei ad impedire il riconoscimento della novità di un marchio. Pertanto, solo i marchi notoriamente conosciuti e la cui notorietà non è meramente locale possono ostare alla registrazione del marchio richiesto.

22      Dalla sentenza della Corte d’appello di Firenze 12 luglio 1984, allegata al controricorso dell’UAMI, emerge inoltre che «la notorietà generale del marchio preusato costituisce l’indispensabile presupposto per escludere il diritto di chi abbia brevettato il marchio».

23      La commissione di ricorso ha rilevato, ai punti 28 e 77 della decisione impugnata, che la ricorrente non aveva provato che i marchi da essa fatti valere fossero notoriamente utilizzati per designare i prodotti per i quali era stato invocato il preuso, vale a dire gli orologi, i portachiavi in metallo e in argento ed i portachiavi in metalli placcati, appartenenti alla classe 14, e le custodie portacomputer, gli adattatori, le prese elettriche, le mascherine antiluce per il viso ed i tappi per le orecchie, compresi nella classe 9.

24      Per quanto riguarda, in primo luogo, le prove del preuso, la commissione di ricorso non ha potuto valutare il livello di notorietà dell’uso dei marchi non registrati dedotti per i prodotti di cui trattasi, poiché la dichiarazione solenne sul fatturato e sulle spese pubblicitarie e promozionali fornita dalla ricorrente non faceva distinzioni tra i suoi prodotti tradizionali ed i suoi altri prodotti. La commissione di ricorso ha peraltro rilevato che i cataloghi pubblicitari forniti dalla ricorrente erano destinati ai negozianti e non al pubblico generico. Le prove apportate dalla ricorrente sono quindi state considerate insufficienti a dimostrare l’uso notorio ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. b), del CPI.

25      Tali considerazioni della commissione di ricorso devono essere condivise. Infatti, le prove fornite dalla ricorrente, come descritte dalle parti, non contengono alcuna informazione relativa al livello di conoscenza o di riconoscimento dei marchi anteriori non registrati o alcun altro elemento che consenta di dedurre che essi sono notoriamente conosciuti in Italia o su una parte sostanziale del territorio italiano.

26      La ricorrente sostiene che la giurisprudenza italiana distingue la nozione di «notorietà» da quella di «rinomanza», precisando che, per «notorietà generale», deve intendersi la semplice conoscenza del marchio da parte del pubblico. Occorre in proposito rilevare che, contrariamente alle affermazioni della ricorrente, la commissione di ricorso non ha preteso che venisse provata l’elevata notorietà del marchio non registrato, ma soltanto la conoscenza del marchio da parte del pubblico, come previsto dal CPI.

27      Con riguardo, in secondo luogo, all’argomento della ricorrente secondo cui, in base alle direttive relative ai procedimenti dinanzi all’UAMI, la prova del preuso del marchio non registrato deve essere valutata secondo i medesimi criteri previsti all’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 42, n. 2, del regolamento n. 207/2009), si deve osservare che le suddette direttive riguardano la qualificazione e la produzione della prova e che da tali direttive non emerge affatto che gli stessi criteri debbano essere applicati all’ipotesi dei marchi anteriori non registrati. Le menzionate direttive precisano soltanto che le prove fornite saranno esaminate alle stesse condizioni. Peraltro, le direttive relative ai procedimenti dinanzi all’UAMI, pubblicate sul suo sito Internet, costituiscono solo la codificazione di una linea di condotta che lo stesso si propone di adottare e, pertanto, a condizione che siano conformi alle disposizioni di diritto di rango superiore, ne discende un’autolimitazione dell’UAMI, in quanto esso è tenuto ad adeguarsi a tali regole che si è imposto. Per contro, le suddette direttive non possono derogare al regolamento n. 40/94 e, quindi, occorre trattare un procedimento di opposizione unicamente in base a tale regolamento [sentenza del Tribunale 12 maggio 2009, causa T‑410/07, Jurado Hermanos/UAMI (JURADO), Racc. pag. II‑1345, punto 20].

28      Occorre ricordare a tale proposito che l’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94 è volto a tutelare i marchi non registrati assimilandoli a marchi registrati, mentre l’art. 43, n. 2, del medesimo regolamento definisce le condizioni alle quali il titolare di un marchio anteriore registrato può proporre opposizione contro una domanda di registrazione. Si deve altresì rammentare che la normativa italiana non richiede la prova di un uso serio del marchio, ma la notorietà di detto uso presso il pubblico.

29      Pertanto, la giurisprudenza relativa al preuso ai sensi dell’art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94 richiamata dalla ricorrente non è applicabile nel caso di specie.

30      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre concludere che è corretta l’affermazione della commissione di ricorso secondo cui i marchi anteriori non registrati non avevano acquisito notorietà generale e, pertanto, non integravano i requisiti individuati dalla legislazione e dalla giurisprudenza italiane per vietare l’uso di un marchio successivo.

31      Dato che i presupposti richiesti dall’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94 sono cumulativi, è sufficiente che uno di essi non sia soddisfatto perché un’opposizione sia respinta. Conseguentemente, il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, attinente alla violazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

32      Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che i suoi argomenti si riferissero al rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 8, n. 1, del regolamento n. 207/2009), mentre essa faceva valere la violazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94. A tale riguardo, essa ritiene che sussistano tutte le condizioni di applicazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94. Più in particolare, la ricorrente sostiene che il pubblico, in presenza di prodotti contrassegnati dal marchio richiesto, potrebbe stabilire un’associazione tra essa e detti prodotti, il che costituirebbe un indebito vantaggio, poiché i prodotti dell’interveniente sfrutterebbero gratuitamente i suoi investimenti nelle campagne pubblicitarie. Essa contesta altresì le affermazioni della commissione di ricorso relative alla sussistenza di un giusto motivo ai sensi della citata disposizione.

33      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

34      Ai sensi dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresì esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio comunitario anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nella Comunità o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o arrecare pregiudizio agli stessi.

35      Peraltro, l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 deve essere interpretato nel senso che esso può essere invocato a sostegno di un’opposizione diretta sia contro una domanda di marchio comunitario concernente prodotti e servizi non identici o simili a quelli designati dal marchio anteriore sia contro una domanda di marchio comunitario concernente prodotti identici o simili a quelli del marchio anteriore [sentenza del Tribunale 22 marzo 2007, causa T‑215/03, SIGLA/UAMI – Elleni Holding (VIPS), Racc. pag. II‑711, punto 33].

36      La tutela estesa riconosciuta al marchio anteriore dall’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 presuppone quindi la coesistenza di varie condizioni. In primo luogo, i marchi anteriori asseritamente notori devono essere registrati. In secondo luogo, questi ultimi e quello di cui si chiede la registrazione devono essere identici o simili. In terzo luogo, devono godere di notorietà nella Comunità, nel caso di un marchio comunitario anteriore, o nello Stato membro interessato, nel caso di un marchio nazionale anteriore. In quarto luogo, l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto deve determinare il rischio che si possa trarre un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o che si possa arrecare pregiudizio al carattere distintivo o alla notorietà dei marchi anteriori. Poiché tali condizioni sono cumulative, la mancanza di una di esse è sufficiente a rendere inapplicabile la suddetta disposizione [sentenze del Tribunale VIPS, cit., punti 34 e 35; 30 gennaio 2008, causa T‑128/06, Japan Tobacco/UAMI – Torrefacção Camelo (CAMELO), non pubblicata nella Raccolta, punto 45, 21 gennaio 2010, causa T‑309/08, G-Star Raw Denim/UAMI – ESGW (G Stor), non pubblicata nella Raccolta, punto 23].

37      La ricorrente e l’UAMI concordano nel ritenere soddisfatte nel caso di specie le prime tre condizioni poste dall’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94: i marchi anteriori sono stati registrati in Italia, gli elementi dominanti nei marchi in questione sono identici e la notorietà dei marchi anteriori in Italia è stata dimostrata.

38      L’interveniente, invece, ritiene che i marchi in conflitto non siano né simili né identici.

39      Occorre iniziare dalla verifica della sussistenza, nel caso di specie, della quarta condizione posta dall’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94.

40      Tale disposizione ha ad oggetto tre tipi di rischi distinti ed alternativi, cioè che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto, in primo luogo, arrechi pregiudizio al carattere distintivo del marchio anteriore, in secondo luogo, arrechi pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore o, in terzo luogo, tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore. Il primo tipo di rischio previsto da detta disposizione ricorre nel momento in cui il marchio anteriore non risulta più in grado di suscitare un’immediata associazione con i prodotti per i quali è stato registrato ed utilizzato. Esso riguarda la diluizione del marchio anteriore a causa della dispersione dell’identità e della sua influenza sul pubblico. Il secondo tipo di rischio previsto si realizza quando i prodotti o i servizi oggetto del marchio richiesto influiscono sulla percezione del pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio anteriore ne risulta compromesso. Il terzo tipo di rischio considerato è quello che l’immagine del marchio notorio o le caratteristiche da quest’ultimo proiettate siano trasferite ai prodotti designati dal marchio richiesto, così che la commercializzazione di questi ultimi sarebbe facilitata da tale associazione con il marchio anteriore notorio. Occorre tuttavia sottolineare che in nessuno di questi casi è richiesta la sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto, in quanto il pubblico di riferimento deve solamente poter stabilire un nesso tra i medesimi senza tuttavia doverli necessariamente confondere (v. sentenza VIPS, cit., punti 36‑42, e la giurisprudenza citata).

41      Occorre ricordare che il titolare dei marchi anteriori non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale dei suoi marchi. Quando, infatti, è prevedibile che dall’uso che il titolare del marchio posteriore potrebbe fare del proprio marchio deriverà una tale violazione, il titolare dei marchi anteriori non deve essere obbligato ad attendere che questa si avveri per poter far vietare detto uso. Egli deve tuttavia dimostrare l’esistenza di elementi che permettano di concludere per un rischio serio che la violazione abbia luogo in futuro (v., per analogia, sentenza della Corte 27 novembre 2008, causa C‑252/07, Intel Corporation, Racc. pag. I‑8823, punto 38).

42      Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che esiste il rischio che il marchio richiesto tragga indebito vantaggio dall’elevato carattere distintivo e dalla notorietà dei marchi anteriori. Più precisamente, l’interveniente potrebbe stabilire un nesso tra i suoi prodotti e quelli della ricorrente, nonché con la tradizione di quest’ultima, sfruttando la capacità di attrazione, l’avviamento e l’immagine di eccellenza e qualità associata al segno distintivo della ricorrente. L’interveniente sfrutterebbe così gratuitamente gli investimenti, le campagne pubblicitarie e l’attenzione costantemente dedicata dalla ricorrente ai prodotti ed ai consumatori.

43      La commissione di ricorso ha ritenuto che gli argomenti della ricorrente non fossero sufficienti a dimostrare il vantaggio indebito tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori e il pregiudizio arrecato alla notorietà di detti marchi.

44      Si deve rammentare che l’esistenza di un nesso tra i marchi in conflitto non esonera il titolare dei marchi anteriori dal fornire la prova di una violazione effettiva ed attuale dei suoi marchi, come prevede l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, o di un rischio serio che una tale violazione si produca in futuro (v., per analogia, sentenza Intel Corporation, cit., punto 71).

45      Nel caso di specie, occorre rilevare che la ricorrente non ha fornito alcuna prova idonea a dimostrare che il marchio richiesto traesse indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori.

46      La ricorrente sostiene inoltre che il settore dei prodotti della classe 3 contrassegnati dal marchio richiesto rappresenta per essa un mercato di potenziale espansione.

47      A tale riguardo, occorre aggiungere che un danno ipotetico non è sufficiente a dimostrare che in futuro si produrrà un rischio serio di violazione dei marchi anteriori.

48      Peraltro, il vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo del marchio anteriore o dalla sua notorietà deve essere inteso nel senso che esso abbraccia i casi in cui vi sono sfruttamento e parassitismo manifesti o un tentativo di approfittare della sua rinomanza [sentenza del Tribunale 25 maggio 2005, causa T‑67/04, Spa Monopole/UAMI – Spa‑Finders Travel Arrangements (SPA‑FINDERS), Racc. pag. II‑1825, punto 51].

49      Così evidentemente non è nel caso di specie. Infatti, tali elementi della storia comune dei marchi in conflitto non permettono di constatare un’azione di parassitismo manifesto o un tentativo di approfittare della rinomanza dei marchi anteriori da parte del marchio richiesto. Come osservato dalla commissione di ricorso, la ricorrente e l’interveniente avevano fatto parte di uno stesso gruppo di società sciolto nel 1995, richiamando in particolare l’accordo concluso tra i due fratelli Carlo e Giovanni Roncato con il quale essi si riconoscevano reciprocamente il diritto di utilizzare il marchio RONCATO. Essa ha altresì rilevato che il pubblico italiano era esposto da anni all’uso simultaneo di marchi contenenti l’elemento «roncato», con alcune differenziazioni. Successivamente, essa ha indicato che Roncato era il cognome di due persone tra loro imparentate e che l’impresa all’origine delle due società era stata fondata dal loro padre. Essa ha fatto inoltre osservare che la ricorrente aveva tollerato la presenza del marchio dell’interveniente sul mercato delle valigie e delle borse. La commissione di ricorso ha infine aggiunto che la controversia in questione era abbastanza diversa dal caso classico del concorrente disonesto che decide di registrare a proprio nome un altro marchio celebre allo scopo di trarne un indebito vantaggio.

50      Ne consegue che la ricorrente non ha dimostrato che la commissione di ricorso, affermando che l’indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori ed il pregiudizio arrecato alla notorietà di detti marchi non erano stati provati, aveva violato l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94.

51      Si deve rilevare che l’esame dell’esistenza di almeno uno dei tre tipi di rischio considerati dalla quarta condizione d’applicazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 deve, logicamente, precedere la valutazione di eventuali «giusti motivi». Qualora risulti che non sussiste alcuno di questi tre tipi di rischio, non si possono impedire la registrazione e l’uso del marchio richiesto, non essendo pertinente, in tal caso, l’esistenza o la mancanza di giusti motivi per l’uso del marchio richiesto (sentenza VIPS, cit., punto 60).

52      Poiché una delle condizioni necessarie per l’applicazione delle disposizioni dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 non è soddisfatta, il motivo attinente alla violazione di tale disposizione è infondato. Dal momento che nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente è fondato, il ricorso va respinto.

 Sulle spese

53      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

54      Avendone l’UAMI e l’interveniente fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Valigeria Roncato SpA è condannata alle spese.

Czúcz

Labucka

O’Higgins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 luglio 2010.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.