Language of document : ECLI:EU:T:2007:22

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

30 gennaio 2007 (*)

«Concorrenza − Abuso di posizione dominante − Mercato dei servizi d’accesso ad Internet ad alta velocità − Prezzi predatori»

Nella causa T‑340/03,

France Télécom SA, già Wanadoo Interactive SA, con sede in Parigi (Francia), rappresentata dagli avv.ti O. Brouwer, H. Calvet, M. Pittie, J. Philippe e T. Janssens,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dai sigg. S. Rating ed É. Gipponi Fournier, in qualità di agenti, successivamente dal sig. Gippini Fournier,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 16 luglio 2003, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo [82 CE] (caso COMP/38.233 − Wanadoo Interactive), o, in subordine, una domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, dai sigg. F. Dehousse, D. Šváby e dalla sig.ra K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 26 aprile 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti e procedimento

1        Nell’ambito dello sviluppo dell’accesso ad Internet ad alta velocità, la Commissione ha deciso di avviare, nel luglio del 1999, in seno all’Unione europea, un’indagine settoriale in base ai poteri che le sono conferiti dall’art. 12, n. 1, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE e 82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), riguardo specificamente alla fornitura di servizi relativi all’accesso alla rete locale e all’utilizzazione della rete locale residenziale. In tale contesto, le informazioni raccolte hanno condotto la Commissione ad esaminare nel dettaglio le condizioni tariffarie di fornitura, da parte della Wanadoo Interactive SA (in prosieguo: la «WIN»), di servizi d’accesso ad Internet ad alta velocità a destinazione della clientela residenziale in Francia. A tal fine, essa ha avviato d’ufficio un procedimento nel settembre del 2001.

2        La WIN era all’epoca della controversia una società del gruppo France Télécom. Il suo capitale era detenuto al 99,9% dalla Wanadoo SA. La partecipazione della France Télécom nel capitale della Wanadoo ha oscillato tra il 70% e il 72,2% durante il periodo controverso. Il gruppo formato dalla Wanadoo e dalle sue controllate (in prosieguo: il «gruppo Wanadoo») riuniva tutte le attività relative ad Internet del gruppo France Télécom così come le attività di edizione di elenchi telefonici. In seno al gruppo Wanadoo, la WIN assicurava le responsabilità operative e tecniche connesse ai servizi di accesso ad Internet in territorio francese, inclusi i servizi ADSL (Asymmetric Digital Subscriber Line, linea digitale simmetrica per l’abbonato).

3        La Commissione inviava alla WIN, il 19 dicembre 2001, una prima comunicazione degli addebiti (in prosieguo: la «prima comunicazione degli addebiti») e, il 9 agosto 2002, una comunicazione degli addebiti supplementare (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementare»), alle quali la WIN rispondeva rispettivamente il 4 marzo e il 23 ottobre 2002.

4        Il 16 gennaio 2003, la Commissione inviava alla WIN una missiva qualificata come «lettera sui fatti» (in prosieguo: la «lettera sui fatti»), in cui le dava accesso al fascicolo che era servito alla redazione di tale lettera. La WIN consultava effettivamente il fascicolo il 23 e il 27 gennaio 2003. Con lettera del 26 febbraio 2003, la WIN chiedeva alla Commissione di fornirle chiarimenti su diversi aspetti della lettera sui fatti. La Commissione rispondeva con lettera datata 28 febbraio 2003, di modo che, il 4 marzo 2003, la WIN presentava una memoria in risposta alla lettera sui fatti.

5        Con decisione 16 luglio 2003, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo [82 CE] (caso COMP/38.233 − Wanadoo Interactive) (in prosieguo: la «decisione»), la Commissione constatava che «[la WIN] ha violato l’art. 82 [CE], praticando per i suoi servizi eXtense e Wanadoo ADSL prezzi predatori che non le hanno permesso di coprire i suoi costi variabili fino all’agosto 2001 e che non le hanno permesso di coprire i suoi costi totali a partire dall’agosto 2001, nell’ambito di un disegno diretto ad appropriarsi prioritariamente del mercato dell’accesso ad Internet ad alta velocità in una fase importante del suo sviluppo» (art. 1). La Commissione le ingiungeva di mettere fine a tale infrazione (art. 2) e le infliggeva un’ammenda di EUR 10,35 milioni (art. 4).

6        La decisione definisce il mercato in causa come il mercato francese dell’accesso ad Internet ad alta velocità per la clientela residenziale. I prodotti interessati dall’infrazione sono i servizi di accesso ad Internet ad alta velocità attraverso la tecnologia ADSL (Wanadoo ADSL e eXtense).

7        Secondo la decisione, nel caso di Wanadoo ADSL, l’abbonato, durante il periodo controverso, doveva pagare mensilmente un abbonamento alla France Télécom a fronte della prestazione del servizio, la locazione del modem ADSL dalla France Télécom, così come un abbonamento alla WIN nella sua qualità di fornitore di accesso ad Internet (in prosieguo: il «FAI»). Nell’ambito del servizio eXtense, il modem veniva acquistato dall’utilizzatore e quest’ultimo pagava un solo abbonamento mensile alla WIN, corrispondente al servizio fornito dalla France Télécom e all’accesso forfettario illimitato ad Internet.

8        Dopo l’esame di differenti elementi, tra cui le quote di mercato (punti 211-222 della decisione) e gli effetti dell’«addossamento» alla France Télécom (punti 223-228), la Commissione giunge alla conclusione dell’esistenza di una posizione dominante della WIN nel mercato in causa. Essa si sofferma poi a dimostrare che l’applicazione di prezzi al di sotto dei costi attuata dalla WIN si è inserita nell’ambito di una strategia intenzionale predatoria avente il fine di «appropriarsi prioritariamente» del mercato e, perciò, ha costituito un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE (punto 254).

9        La decisione fissa l’inizio del periodo d’infrazione al 1° marzo 2001 e la fine al 15 ottobre 2002, data di entrata in vigore del rimedio proposto dalla France Télécom nel marzo 2002. I costi variabili non sarebbero stati coperti dai prezzi praticati dal marzo all’agosto 2001 e i costi totali non lo sarebbero stati a partire da tale ultima data (art. 1 della decisione; v. punto 5 supra).

10      Il 23 luglio 2003, tale decisione veniva notificata alla WIN, che ne chiedeva l’annullamento con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 ottobre 2003.

11      A seguito di un’operazione di fusione intervenuta il 1° settembre 2004, la France Télécom SA subentra nei diritti della WIN.

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione;

–        in subordine, annullare o ridurre l’importo della sanzione;

–        condannare la convenuta alle spese.

13      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

I –  Sulla domanda di annullamento della decisione

14      A sostegno della sua domanda di annullamento, la ricorrente ha dedotto diversi motivi relativi alla forma, alla violazione del principio della personalità della pena e alla violazione dell’art. 82 CE.

A –  Sul motivo relativo alla violazione dei diritti della difesa e delle forme sostanziali

1.     Argomenti delle parti

15      Secondo la WIN, in una causa concernente prezzi predatori, il calcolo dei costi dev’essere considerato un elemento centrale della censura in questione. Orbene, a suo avviso, non solo essa ha incontrato difficoltà nella consultazione del fascicolo, ma, in più, importanti elementi del calcolo dei costi variabili e totali contenuto nella decisione non sono mai stati oggetto di una comunicazione degli addebiti e sono stati comunicati solo con la lettera sui fatti. Si tratterebbe di una violazione dei diritti della difesa della WIN e di una violazione delle forme sostanziali. Infatti, la WIN sostiene che essa non poteva sapere quale importanza, né quale ruolo tali elementi dovessero avere nel ragionamento e nelle censure della Commissione e non poteva esercitare quindi validamente i diritti della difesa a tale riguardo.

16      Inoltre, nella decisione la Commissione avrebbe sviluppato calcoli che, tanto sul piano del metodo utilizzato quanto a livello dei risultati, sarebbero differenti da quelli utilizzati nella comunicazione degli addebiti supplementare. Modificando il proprio test di copertura, la Commissione avrebbe modificato la sua censura. Inoltre, la decisione prenderebbe in considerazione una durata dell’infrazione superiore a quella menzionata nella comunicazione degli addebiti, senza che le parti abbiano potuto esprimersi a tale riguardo.

17      La Commissione ritiene che gli argomenti della WIN siano inesatti nei fatti e infondati in diritto. Essa afferma di non aver fatto altro, nella lettera sui fatti, che correggere errori di calcolo evidenziati dalla WIN nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti supplementare, senza modificare né il test né le censure. Essa evidenzia inoltre che la WIN è stata sentita sul contenuto della lettera sui fatti. Questa avrebbe avuto precisamente come scopo di dare la possibilità all’impresa di formulare utilmente le proprie osservazioni sulla veridicità e sulla rilevanza dei fatti affermati, ciò che la WIN non avrebbe mancato di fare. Con lettera del 26 febbraio 2003, la WIN avrebbe così richiesto alla Commissione di fornirle qualche chiarimento su diversi aspetti della lettera sui fatti. La Commissione afferma di aver risposto con lettera del 28 febbraio 2003, permettendo così alla WIN di rispondere a sua volta alla lettera sui fatti, il 4 marzo 2003. Al momento dell’invio della lettera sui fatti, la Commissione dice di aver dato alla WIN accesso alla totalità del fascicolo che era servito alla redazione di questa. La WIN avrebbe consultato effettivamente il fascicolo il 23 e il 27 gennaio 2003. Per ciò che riguarda la durata dell’infrazione, il fatto che essa fosse ancora in corso, quando è stata inviata la comunicazione degli addebiti, avrebbe impedito alla Commissione di spingersi oltre la determinazione del momento iniziale dell’infrazione.

2.     Giudizio del Tribunale

18      Si deve anzitutto rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, la comunicazione degli addebiti dev’essere redatta in termini che, per quanto sommari, siano sufficientemente chiari per consentire agli interessati di prendere atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico. Solo a questa condizione, infatti, la comunicazione degli addebiti può assolvere la funzione ad essa attribuita dai regolamenti comunitari e che consiste nel fornire alle imprese ed associazioni di imprese tutti gli elementi necessari per provvedere utilmente alla propria difesa, prima che la Commissione adotti una decisione definitiva. D’altro canto, secondo giurisprudenza costante, quest’obbligo è rispettato allorché la decisione non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione solo fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di manifestare il proprio punto di vista. La decisione definitiva della Commissione, tuttavia, non dev’essere necessariamente una copia della comunicazione degli addebiti (sentenza del Tribunale 28 febbraio 2002, causa T-86/95, Compagnie générale maritime e a./Commissione, Racc. pag. II-1011, punto 442 e la giurisprudenza ivi citata). Sono quindi ammissibili supplementi alla comunicazione degli addebiti predisposti alla luce della memoria di risposta delle parti, i cui argomenti dimostrino che queste ultime hanno potuto effettivamente esercitare i loro diritti della difesa. La Commissione può altresì, alla luce del procedimento amministrativo, rivedere od aggiungere argomenti di fatto o di diritto a sostegno degli addebiti da essa formulati (sentenza del Tribunale 22 ottobre 2002, causa T‑310/01, Schneider Electric/Commissione, Racc. pag. II‑4071, punto 438).

19      È alla luce di quanto precede che occorre valutare il presente motivo.

20      È giocoforza constatare che, al termine della fase d’indagine, la Commissione ha inviato alla WIN, il 19 dicembre 2001, la prima comunicazione degli addebiti. La WIN ha presentato le sue osservazioni nella sua risposta del 4 marzo 2002 e in occasione di un’audizione che ha avuto luogo il 18 marzo 2002 (punto 153 della decisione). Il 9 agosto 2002, la Commissione ha inviato alla WIN la comunicazione degli addebiti supplementare. La WIN ha depositato le sue osservazioni in merito il 23 ottobre 2002 e non ha richiesto che si tenesse un’audizione (punto 157 della decisione). La WIN ha potuto quindi esercitare i diritti della difesa riguardo alle censure dedotte dalla Commissione nelle comunicazioni degli addebiti sia nell’ambito delle sue risposte a queste, sia nella sua audizione.

21      Orbene, gli addebiti accertati dalla Commissione nella sua decisione non divergono da quelli esposti nelle comunicazioni degli addebiti.

22      Infatti, nella comunicazione degli addebiti 19 dicembre 2001, la Commissione esponeva, come introduzione, ciò che segue:

«La presente comunicazione degli addebiti concerne le pratiche in materia di prezzi della [WIN], una società del gruppo France Télécom, per i suoi servizi di accesso ad Internet ad alta velocità Wanadoo ADSL e Pack [eXtense] durante il 2001.

(…)

Durante l’indagine, è stato riscontrato che la [WIN] si dedica dal 2001 a praticare un prezzo per i servizi in questione al di sotto dei costi, condotta qualificabile come comportamento predatorio, che costituisce una violazione dell’art. 82 [CE]».

23      Nella stessa comunicazione degli addebiti, al termine della sua analisi, la Commissione conclude come segue:

«[A tale stadio,] la politica di prezzi predatori condotta dalla [WIN], a partire dall’inizio del 2001, costituisce un abuso di posizione dominante [ai sensi dell’]art. 82, lett. a) e b), [CE]. Le pratiche in causa sono intervenute in una fase critica dello sviluppo del mercato dell’accesso ad Internet ad alta velocità per la clientela residenziale, contemporanea allo sviluppo dell’ADSL in Francia. Esse hanno fornito alla [WIN] un vantaggio considerevole sui suoi concorrenti o hanno impedito il loro accesso o la loro permanenza su tale mercato».

24      Orbene, l’art. 1 della decisione è così formulato:

«Dal marzo 2001 all’ottobre 2002, la [WIN] ha violato l’art. 82 [CE], praticando per i suoi servizi eXtense e Wanadoo ADSL prezzi predatori che non le hanno permesso di coprire i suoi costi variabili fino all’agosto 2001 e che non le hanno permesso di coprire i suoi costi totali a partire dall’agosto 2001, nell’ambito di un disegno diretto ad appropriarsi prioritariamente del mercato dell’accesso ad Internet ad alta velocità in una fase importante del suo sviluppo».

25      Il confronto tra la prima comunicazione degli addebiti e la decisione evidenzia che la società, il mercato e i prodotti interessati sono identici, al pari dell’infrazione censurata, ovvero la pratica di prezzi predatori contraria all’art. 82 CE.

26      La decisione è certamente molto più precisa riguardo alla copertura dei costi. Contrariamente alla prima comunicazione degli addebiti, la decisione menziona i costi variabili e i costi totali e distingue i periodi considerati a tale riguardo.

27      Tuttavia, tale precisazione è stata inserita in una comunicazione degli addebiti supplementare il cui punto 5.4 è intitolato: «Elementi concreti dell’abuso: mancata copertura dei costi variabili e dei costi totali nell’ambito di una strategia di appropriazione prioritaria del mercato». Nelle due note a piè di pagina, alle quali rinvia tale titolo, la Commissione precisa che, «[a] tale riguardo, la presente comunicazione degli addebiti completa [il punto] 3.4 della prima comunicazione degli addebiti» e che «[l’]esame della copertura dei costi totali è un elemento nuovo rispetto alla prima comunicazione degli addebiti». La metodologia utilizzata era dunque già conosciuta a questo stadio dalla WIN, la quale ha potuto manifestare le proprie osservazioni.

28      Riguardo alla lettera sui fatti, il suo scopo è quello, secondo i suoi stessi termini, di «indicare alcuni elementi di fatto non esplicitamente menzionati nelle comunicazioni degli addebiti, ai quali la Commissione potrà riferirsi nel testo di una tale decisione[; t]ali elementi consistono in parte in fatti descritti nei documenti del fascicolo della Commissione, ai quali gli avvocati hanno già avuto accesso, e in parte in elementi raccolti durante le indagini che sono proseguite oltre il 9 agosto 2002».

29      Secondo la WIN, tale lettera modifica il test di copertura e quindi la corrispondente censura, di modo che essa avrebbe dovuto essere oggetto di una comunicazione degli addebiti.

30      Occorre innanzi tutto evidenziare che, a parte la semplice menzione della differente suddivisione dei periodi di analisi, la WIN non ha precisato nel suo ricorso in cosa consisterebbero le differenze di metodo o di risultati, né quali sarebbero i nuovi elementi introdotti con la lettera sui fatti. Essa si è accontentata di effettuare un rinvio alla prima comunicazione degli addebiti, alla comunicazione degli addebiti supplementare e alla lettera sui fatti, che ha annesso in allegato. Orbene, non spetta al Tribunale cercare ed identificare in tali allegati gli elementi che potrebbero stare a fondamento del ricorso. Benché il testo del ricorso possa essere suffragato e completato su punti specifici da rinvii a determinati passaggi di documenti ad esso allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche se annessi al ricorso, non può rimediare all’assenza di elementi essenziali in quest’ultimo (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, Racc. pag. II-1881, punto 113). Non occorre quindi procedere ad un confronto dettagliato delle comunicazioni degli addebiti e della lettera sui fatti, annessa in allegato al ricorso, al fine di cercare nella lettera sui fatti differenze di metodo o elementi nuovi. Ad abundantiam, occorre nondimeno rilevare che tale lettera sui fatti non contiene alcuna censura e non annuncia né introduce alcun cambiamento di metodo per calcolare il tasso di copertura dei costi. Spesso in risposta a osservazioni della WIN, essa aggiorna, affina o corregge elementi già presenti nelle comunicazioni degli addebiti. Essa non modifica dunque le censure dedotte in queste ultime.

31      Quanto alla differente suddivisione dei periodi di analisi, unico elemento dedotto nel ricorso a sostegno dell’affermazione della modifica del test di copertura, la decisione ha effettivamente accorciato il periodo di mancata copertura dei costi variabili e ha allungato quello di mancata copertura dei costi totali. Ciò nonostante, la censura di mancata copertura dei costi si estende, come nella comunicazione degli addebiti, a tutto il periodo di infrazione preso in considerazione. Inoltre, lo spostamento dell’inizio della violazione dal gennaio 2001, nella comunicazione degli addebiti, al marzo 2001, nella decisione, è favorevole alla WIN. Non può quindi essere rimproverato alla Commissione di avere tenuto conto delle osservazioni della WIN nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti supplementari. Secondo tali osservazioni, la Commissione giungeva alla conclusione di una mancata copertura dei costi variabili tra l’agosto e l’ottobre 2001 solo a causa di un errore di calcolo. Nella decisione, alla fine, la Commissione ha fatto concludere quindi il periodo di mancata copertura dei costi variabili nell’agosto 2001.

32      Anche supponendo che, con tale argomento, la ricorrente deduca la modifica della suddivisione dei periodi di analisi dei costi variabili, occorre rilevare che, in effetti, nella decisione, il terzo periodo non finisce più il 31 dicembre 2001, ma dura fino al 15 febbraio 2002. Secondo la Commissione, tale modifica è ispirata dall’intento di far coincidere meglio la periodizzazione prescelta con l’evoluzione dei costi sopportati dalla WIN. Essa afferma che tale cambiamento comporta solo una semplificazione dei calcoli, senza modificare le conclusioni generali cui era pervenuta la Commissione nella comunicazione degli addebiti supplementare.

33      Occorre osservare che la WIN non ha censurato tale giustificazione e non spiega quale pregiudizio le porti tale prolungamento del terzo periodo.

34      Peraltro, la lettera sui fatti invita la WIN a formulare le sue osservazioni su tali elementi di fatto e le offre la possibilità di consultare tutti i documenti del fascicolo.

35      Occorre sottolineare che, nella parte introduttiva del suo ricorso, la WIN si limita a far riferimento alle difficoltà di consultazione del fascicolo, ma non ne deduce un motivo di annullamento. Essa non sostiene del resto di non aver ottenuto i documenti domandati, ma di aver dovuto formulare ripetute richieste e di dovere «solo alla sua estrema vigilanza e alla sua perseveranza (…) di aver potuto, nei limiti dei suoi mezzi, far valere il suo diritto di consultare il fascicolo». Occorre dedurne che, malgrado le difficoltà che abbia potuto incontrare, la WIN ha potuto consultare il fascicolo.

36      Pertanto, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 18, la ricorrente è stata informata degli elementi di fatto essenziali ed è stata messa in grado di manifestare utilmente le proprie osservazioni. Il 18 marzo 2002 aveva già avuto luogo un’audizione, mentre un’altra audizione non era necessaria. Del resto, la WIN non l’ha richiesta, né a seguito dell’invio della comunicazione degli addebiti supplementare né a seguito dell’invio della lettera sui fatti.

37      Da quanto precede risulta che l’argomento secondo cui era necessaria una terza comunicazione degli addebiti non può essere accolto. Inoltre, la WIN ha potuto esercitare i diritti della difesa a tale riguardo e non ha mancato di farlo. Infatti, con lettera del 26 febbraio 2003, essa ha chiesto alla Commissione di fornirle chiarimenti su diversi aspetti della lettera sui fatti. La Commissione ha risposto a ciò con lettera del 28 febbraio 2003. La ricorrente ha allora inviato alla Commissione una memoria in risposta alla lettera sui fatti. La WIN ha inoltre consultato effettivamente il fascicolo il 23 e il 27 gennaio 2003. La WIN non ha dunque dimostrato che l’invio della lettera sui fatti comportasse una violazione delle forme sostanziali e dei diritti della difesa.

38      Ad abundantiam, se occorresse considerare che incombe al Tribunale di procedere esso stesso ad un confronto dettagliato tra la lettera sui fatti e le comunicazioni degli addebiti, ricercando gli elementi atti a corroborare il ricorso, occorre rilevare che gli elementi di fatto circostanziati nella lettera sui fatti completavano o sviluppavano informazioni già contenute nelle comunicazioni degli addebiti. Infatti, l’esame, nella lettera sui fatti, del ricavo medio reale e del ricavo teorico all’inizio del 2002 non fa che ampliare i calcoli effettuati nella comunicazione degli addebiti supplementare, in quanto tiene conto della lettera della WIN del 13 dicembre 2002. Inoltre, nella prima comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementare, già si era toccata la questione della larghezza di banda fatturata dalla France Télécom nell’ambito del servizio di raccolta. La lettera sui fatti prende in considerazione, a tal riguardo, le informazioni fornite dalla France Télécom il 3 maggio e il 21 novembre 2002. Allo stesso modo, il costo della «connettività» internazionale era già stato affrontato nella prima comunicazione degli addebiti. La lettera sui fatti è diretta a prendere in considerazione le spiegazioni fornite su tale punto dalla France Télécom in una lettera del 13 novembre 2002. Infine, una prima stima dei costi prevedibili per i nuovi abbonati così come una stima dei costi totali erano già state presentate nella comunicazione degli addebiti supplementare.

39      Inoltre, taluni elementi della lettera sui fatti sono chiaramente forniti a titolo informativo in risposta ad osservazioni della WIN. Così, a seguito della lettera della WIN del 27 settembre 2002, la Commissione fa riferimento, nella lettera sui fatti, ai costi legati ai traslochi degli abbonati, evidenziando che essa non intende inserire tali costi nei suoi calcoli. Riguardo all’effetto della dinamica delle vendite, la Commissione evidenzia, nella lettera sui fatti, che tale elemento non permette di giungere ad una conclusione in merito al comportamento predatorio, ma è atto ad essere utilizzato nell’ambito della discussione della proposta, formulata dalla WIN nella sua memoria in risposta del 23 ottobre 2002, di studiare separatamente ciascuna generazione di nuovi abbonati, indipendentemente dalle generazioni anteriori o posteriori. Le considerazioni, nella lettera sui fatti, sulle spese pubblicitarie o promozionali della WIN sono dirette a confermare la loro presa in considerazione tra i costi variabili nella comunicazione degli addebiti supplementare, ciò che la WIN aveva posto in dubbio nella sua risposta a quest’ultima.

40      Gli unici elementi che possono essere presentati come fonti di un cambiamento a livello dell’applicazione del metodo utilizzato dalla Commissione sono, da un lato, la differente suddivisione dei periodi di analisi e, dall’altro, il calcolo delle medie ponderate di copertura dei costi in funzione dei ricavi generati dal parco abbonati ai due servizi in questione.

41      Riguardo alla suddivisione dei periodi di analisi, occorre rinviare ai precedenti punti 31-33.

42      Riguardo al calcolo delle medie ponderate di copertura dei costi in funzione dei ricavi generati dal parco abbonati, la Commissione spiega che «tale cambiamento si impone di per se stesso da un semplice punto di vista aritmetico, tenuto conto della forte differenza tra i costi e i ricavi del servizio eXtense, da un lato, [e] i costi e i ricavi del servizio Wanadoo ADSL, dall’altro, i quali sono inferiori di due volte a quelli di eXtense». Nella nota a piè di pagina n. 77 della decisione, la Commissione aggiunge che «essa ritiene di non poter considerarsi vincolata da un errore di calcolo realizzato in una fase anteriore del procedimento, dal momento che essa dà all’impresa l’occasione di far valere le sue osservazioni sulla rettificazione dell’errore nell’ambito dei diritti della difesa, come essa ha fatto nel presente caso attraverso la [lettera sui fatti]».

43      Quanto alla correzione degli errori, occorre rilevare che la WIN la ammette perfettamente, quando essa le è favorevole. Nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti supplementare, la WIN attira l’attenzione della Commissione su errori che questa avrebbe commesso nei suoi calcoli. Nella lettera sui fatti la Commissione corregge tali errori senza contestazione da parte della WIN o, quando la Commissione si rifiuta di farlo, ne spiega le motivazioni. Al contrario la Commissione non potrebbe, secondo la WIN, correggere, in una lettera relativa ad elementi di fatto, un errore in un senso che non le sia favorevole, dal momento che ciò equivarrebbe a modificare la censura formulata contro di lei.

44      Occorre quindi verificare se tale correzione rappresenti un cambiamento di metodo all’origine di una nuova censura.

45      Orbene, è giocoforza constatare che il metodo resta quello del calcolo del tasso di copertura dei costi variabili e totali rettificati e che la correzione o la modifica apportata nel calcolo della media ponderata non modifica in nulla la censura della pratica di prezzi predatori a partire dall’inizio del 2001, contenuta nelle due comunicazioni degli addebiti. L’assenza del calcolo della media nella prima comunicazione degli addebiti non impedisce alla Commissione di giungere alla conclusione della mancata copertura dei costi, in quanto il calcolo del tasso di copertura si effettua innanzi tutto per prodotto (eXtense o Wanadoo ADSL).

46      Inoltre, risulta dalla risposta della WIN alla lettera sui fatti che, poiché i nuovi elementi presi in considerazione dalla Commissione nella lettera sui fatti conducevano ad un tasso di copertura dei costi variabili rettificati superiore al 100% a partire dal 1° agosto 2001, la Commissione avrebbe modificato il suo metodo di calcolo per ridurre tale tasso e mantenere la sua censura di mancata copertura dei costi variabili per il periodo compreso tra il 1° agosto e il 15 ottobre 2001. Un tale obiettivo non sembra tuttavia conciliabile con il fatto che, nella decisione, la Commissione ha fissato, in definitiva, la conclusione del periodo di mancata copertura dei costi variabili rettificati al 31 luglio 2001. Tale argomento non può essere quindi accolto. La WIN, pertanto, non ha dimostrato un cambiamento di metodo realizzato con la lettera sui fatti.

47      La WIN ha anche sostenuto che la decisione considera una durata dell’infrazione più lunga rispetto a quella menzionata nella comunicazione degli addebiti, senza che le parti abbiano avuto la possibilità di esprimersi a tale riguardo.

48      Occorre rilevare, innanzi tutto, che la WIN non ha contestato il momento d’inizio dell’infrazione e il suo slittamento da parte della Commissione dal gennaio al marzo del 2001 tra la comunicazione degli addebiti e la decisione.

49      Quanto al prolungamento della durata dell’infrazione dal luglio al 15 ottobre 2002, è giocoforza constatare che, benché le due comunicazioni degli addebiti fissassero l’inizio dell’infrazione nel gennaio 2001, né l’una né l’altra asserivano che l’infrazione fosse terminata. Proprio al contrario, entrambe avvertivano che la Commissione si proponeva di adottare una decisione che invitasse la WIN a «porre fine all’infrazione». Una formulazione di tal genere indicava senza equivoci che, ad avviso della Commissione, l’infrazione in questione non era ancora terminata. Certamente, la prima comunicazione degli addebiti evocava fatti che coprivano una durata di dodici mesi, mentre la comunicazione degli addebiti supplementare copriva una durata di diciotto mesi. Tale limitazione nel tempo degli elementi di prova, e non della durata dell’infrazione, ad un periodo trascorso non rimette in causa le conclusioni esplicite dei due documenti. A titolo di delucidazione, la comunicazione degli addebiti supplementare indica quanto segue:

«Al termine della sua analisi, la Commissione considera che in questa fase la politica di prezzi predatori condotta dalla [WIN] dall’inizio del 2001 costituisce un abuso di posizione dominante (…). Per le ragioni esposte qui di seguito, la Commissione si propone di adottare una decisione che stabilisca che [… la WIN] ponga fine all’infrazione (…)».

50      Da ciò risulta chiaramente che entrambe le comunicazioni degli addebiti indicavano la durata determinata dalla Commissione sulla base delle informazioni di cui essa disponeva al momento della sua elaborazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 15), poiché l’infrazione non era terminata. La WIN non ha del resto sostenuto di aver adottato misure particolari che avrebbero posto fine alla pretesa infrazione. È solo nella decisione che la Commissione spiega che «l’abuso è terminato il 15 ottobre 2002, data di entrata in vigore del rimedio proposto dalla France Télécom nel marzo 2002».

51      La frase della lettera sui fatti secondo cui «tali elementi di fatto non conducono in alcun modo al prolungamento del periodo considerato nella comunicazione degli addebiti» dev’essere intesa alla luce delle considerazioni che precedono. Il fatto che la lettera sui fatti evochi i «costi totali rettificati nel 2002» (v. pag. 6) e che diversi dati coprano i primi nove mesi, se non addirittura i dodici mesi del 2002 (v., in particolare, gli allegati 15.1 e 15.2, 20, 21 e 22), si inserisce nella prospettiva del proseguimento dell’infrazione. D’altronde, si desume dalla risposta della WIN alla lettera sui fatti che essa è stata in grado di comprendere che l’infrazione stava proseguendo. Diversi suoi elementi di risposta si riferiscono, infatti, ai primi nove mesi, ovvero ai dodici mesi del 2002. Essa ha prodotto, infatti, una tabella, intitolata «Pubblicità/Crescita del parco clienti dell’ADSL», che riguardava un periodo che andava fino al dicembre 2002 e, con lo stesso titolo, un grafico che copriva il periodo compreso tra gennaio 2001 e settembre 2002. In più, sempre in tale risposta, la WIN si è espressa sul tasso di copertura dei costi variabili fino al 30 settembre 2002. Infine, nella stessa risposta, la WIN contesta il ricavo di EUR 37,03 per abbonamento, che la Commissione ha preso in considerazione per il periodo compreso tra il 15 febbraio e il settembre 2002. La WIN non può quindi sostenere che i diritti della difesa siano stati violati (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-491, punto 576).

52      Occorre quindi respingere l’argomento della ricorrente relativo al prolungamento della durata dell’infrazione.

53      Poiché non è stata dimostrata alcuna violazione dei diritti della difesa, occorre respingere il presente motivo.

B –  Sul motivo relativo ad un difetto di motivazione

1.     Argomenti delle parti

54      Nell’ambito della sua censura di violazione delle forme sostanziali, la WIN sostiene anche che la Commissione rimette in questione, senza alcuna motivazione, il diritto riconosciuto ad ogni impresa di allinearsi in buona fede ai prezzi dei suoi concorrenti. Tale diritto sarebbe riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte e dalla prassi decisionale anteriore della Commissione. La WIN aggiunge che, quando la decisione va sensibilmente oltre le decisioni precedenti, incombe alla Commissione sviluppare il suo ragionamento in maniera esplicita.

55      La Commissione ritiene, da parte sua, che sia sufficiente riferirsi ai punti 314-331 della decisione per constatare che il motivo relativo ad un difetto di motivazione su tale aspetto è manifestamente privo di fondamento.

2.     Giudizio del Tribunale

56      È giocoforza constatare che la decisione dedica 18 punti (314-331) all’argomento dell’allineamento ai prezzi dei concorrenti. La Commissione esamina prima di tutto l’allineamento sul piano dei principi, successivamente la posizione effettivamente occupata nel mercato dai concorrenti interessati e finisce con elementi di fatto che, a suo avviso, inficiano la tesi della WIN. 

57      La Commissione ha dunque adempiuto al suo obbligo di motivazione sulla questione. Conformemente alla giurisprudenza citata dalla WIN, la Commissione ha motivato la sua decisione facendo riferimento ai dati di fatto da cui dipende la giustificazione giuridica del provvedimento e alle considerazioni che l’hanno indotta ad adottare la decisione (sentenza della Corte 26 novembre 1975, causa 73/74, Fabricants de papiers peints/Commissione, Racc. pag. 1491, punto 30).

58      In ogni caso, anche se occorresse ammettere nella fattispecie un obbligo per la Commissione di sviluppare il suo ragionamento in modo più esplicito, essa non avrebbe mancato di farlo.

59      Infatti, contrariamente a quanto afferma la WIN, la Commissione non si è accontentata di una motivazione sommaria, affermando puramente e semplicemente che un operatore dominante non può allinearsi ai prezzi dei suoi concorrenti qualora il suo prezzo sia inferiore ai suoi costi. Essa specifica la sua posizione al punto 315 della decisione, accompagnandola nella nota a piè di pagina con diversi riferimenti giurisprudenziali. Tale punto ha il seguente tenore letterale:

«In primo luogo, sul piano dei principi, è vero che nuovi operatori o imprese che non esercitano una posizione dominante hanno il diritto di praticare prezzi promozionali per durate limitate nel tempo. Il loro solo obbiettivo consiste nell’attirare l’attenzione del consumatore sull’esistenza stessa del prodotto, in modo più persuasivo che attraverso un semplice messaggio pubblicitario, e tali offerte non esercitano effetti negativi sul mercato. Al contrario, l’allineamento dell’operatore dominante ai prezzi promozionali dell’operatore non dominante non è giustificato. Benché sia vero che non è vietato, in assoluto, all’operatore dominante allinearsi ai prezzi dei concorrenti, ciò non toglie che tale facoltà deve essergli negata qualora essa comporti per l’impresa dominante la mancata copertura dei costi del servizio in questione. Benché una posizione dominante non possa privare un’impresa che si trovi in una tale posizione del diritto di preservare i propri interessi commerciali, qualora questi siano minacciati, non si possono ammettere tali comportamenti quando essi abbiano precisamente per oggetto di rinforzare tale posizione dominante e di abusarne. Incombe così all’impresa dominante una speciale responsabilità di non pregiudicare con il suo comportamento una concorrenza effettiva e leale nel mercato comune».

60      Nemmeno il motivo relativo al difetto di motivazione in materia può essere quindi accolto, di modo che occorre respingere la totalità dei motivi relativi alla forma.

C –  Sul motivo relativo alla violazione del principio della personalità della pena

1.     Argomenti delle parti

61      Secondo la WIN, la Commissione ha manifestamente violato il principio della personalità della pena, ponendo a suo carico elementi che essa imputa al gruppo France Télécom e sui quali né la WIN né la France Télécom sono state in grado di presentare le proprie osservazioni. La Commissione opererebbe una confusione tra le pratiche censurate alla WIN e quelle della France Télécom. Essa le descriverebbe come l’attuazione di un’azione concertata o di una strategia unica definita dal gruppo France Télécom. Orbene, il procedimento riguarderebbe solo la WIN. Si tratterrebbe pertanto di una «grave anomalia procedurale».

62      A sostegno della sua tesi, la WIN cita, nel suo ricorso, diversi passaggi della decisione e della comunicazione degli addebiti supplementare.

63      La WIN sostiene così che la Commissione ha denunciato, al punto 145 della decisione, le manovre attuate da essa e dal suo azionista principale per limitare lo sviluppo dei concorrenti e deviare a proprio profitto la crescita del mercato dell’alta velocità. La WIN cita anche il punto 285 della decisione che fa riferimento ad un «piano d’insieme» e evidenzia che la «strategia seguita dalla controllata non è totalmente dissociabile dagli obiettivi della società controllante», così come il punto 286 nel quale la Commissione ritiene «interessante riferirsi al comportamento della France Télécom sul mercato all’ingrosso».

64      Allo stesso modo, secondo la WIN, nella comunicazione degli addebiti supplementare, la Commissione aveva sostenuto che una parte dei fatti che essa rilevava erano «imputabili alla France Télécom», affermando anche che «l’intensità delle relazioni tra [la WIN] e la France Télécom [era] tale (…) che [era] impossibile considerare che le strategie dei due enti non [fossero] state strettamente connesse». La Commissione avrebbe anche affermato che la politica tariffaria della WIN risultava da un’«azione concertata» tra questa e la France Télécom.

65      La Commissione risponde che è sufficiente riferirsi al dispositivo della decisione per constatare che la sola impresa interessata è proprio la WIN. La decisione non è stata indirizzata alla France Télécom, poiché non le è stato imputato alcun abuso di posizione dominante. La Commissione ammette, per contro, che la decisione contiene riferimenti frequenti alla France Télécom a causa della sua posizione centrale come operatore della rete telefonica e della sua qualità di azionista maggioritario in seno alla WIN. Tali elementi sarebbero rilevanti per comprendere il contesto del mercato durante il periodo di infrazione.

2.     Giudizio del Tribunale

66      Occorre ricordare che, in virtù del principio di personalità della pena e della sanzione, un’impresa può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti, principio applicabile in qualsiasi procedimento amministrativo suscettibile di concludersi con l’inflizione di sanzioni in forza delle regole comunitarie di concorrenza (sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T‑45/98 e T‑47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II‑3757, punto 63).

67      È giocoforza constatare che non risulta dalla decisione che la Commissione rimproveri alla WIN infrazioni che sarebbero state commesse dalla France Télécom e che le sarebbero state imputate. Infatti, i passaggi della decisione da cui la WIN pretende di desumere una messa in causa del comportamento della France Télécom si situano tutti in due parti della decisione [parte I, G, punto 4, e parte II, D, punto 3, lett. c)], che si riferiscono ad elementi del contesto dell’infrazione e che sono diretti chiaramente a descrivere l’ambito nel quale si inserisce il comportamento incriminato della WIN. 

68      I riferimenti alla France Télécom si giustificano quindi con la descrizione del contesto del mercato interessato. Infatti, la France Télécom occupava una posizione particolare sul mercato in questione nella sua qualità di operatore telefonico ineludibile per la maggior parte dei fornitori di accesso ad Internet. La France Télécom è l’operatore storico delle telecomunicazioni in Francia. Essa gestisce le reti di lunga distanza in territorio francese utilizzate per veicolare il traffico di Internet. Essa è proprietaria della rete di accesso locale di telecomunicazioni che connette alla sua rete la totalità degli abbonati telefonici. Orbene, a quel tempo, l’utilizzazione della rete di accesso locale della France Télécom era indispensabile per la fornitura di un servizio ADSL (punto 231 della decisione). La France Télécom fattura i suoi servizi ai suoi clienti, di cui la WIN fa parte (punti 42-59 della decisione). L’abbassamento delle tariffe della France Télécom ha quindi un impatto sui costi della WIN. Tale posizione centrale della France Télécom e la sua qualità di azionista maggioritario della WIN l’hanno portata, del resto, a partecipare al procedimento amministrativo.

69      Peraltro, la Commissione si prende cura di precisare che tali elementi del contesto, «benché siano imputabili alla [WIN] solo in parte e non costituiscano censure nei suoi confronti», rivestono importanza per la comprensione del caso (punto 145 della decisione), o ancora che, «al fine di valutare meglio la portata della politica della [WIN] e il suo inserimento in un piano d’insieme, è utile mettere in prospettiva il comportamento della controllata nella problematica del gruppo France Télécom» (punto 285 della decisione), aggiungendo poi che gli elementi descritti ai punti 286-290 «non costituiscono censure nei confronti della [WIN]», ma che «la strategia perseguita dalla controllata non è completamente dissociabile dagli obiettivi della società controllante».

70      Risulta pertanto dalla decisione, nella quale la Commissione si è sempre presa cura di precisare che gli elementi del contesto non costituivano censure nei confronti della ricorrente, che la Commissione non ha imputato alla WIN comportamenti attuati dalla France Télécom.

71      Occorre quindi respingere questo motivo relativo alla violazione del principio della personalità della pena.

D –  Sulla violazione dell’art. 82 CE

72      Secondo la WIN, la Commissione ha violato l’art. 82 CE sotto diversi aspetti. Quanto alla posizione dominante, la Commissione avrebbe impiegato una definizione inesatta del mercato e avrebbe considerato a torto che la WIN vi deteneva una posizione dominante. Riguardo all’abuso di posizione dominante, la Commissione avrebbe applicato un test di copertura dei costi contrario all’art. 82 CE, sia riguardo ai costi presi in considerazione, sia quanto al metodo applicato; essa avrebbe inoltre commesso grossolani errori di calcolo. Nell’ambito del test sulla strategia predatoria, la Commissione avrebbe negato alla WIN il diritto fondamentale ad allinearsi ai suoi concorrenti. Essa avrebbe inoltre commesso un errore di diritto e allo stesso tempo un errore manifesto di valutazione, giudicando accertata l’esistenza di un disegno predatorio e sostenendo che la dimostrazione del recupero delle perdite non era necessaria.

1.     Sulla posizione dominante

a)     Sull’erronea definizione del mercato

 Argomenti delle parti

73      Secondo la WIN, la distinzione operata dalla Commissione tra l’accesso ad Internet a bassa velocità e l’accesso ad Internet ad alta velocità per la clientela residenziale si fonda su un’analisi gravemente lacunosa e contraddittoria. A suo avviso, esiste un solo mercato dell’accesso ad Internet, che si presenta come un continuum dalla bassa fino all’alta velocità. Ciò sarebbe dimostrato dall’emergere di offerte ADSL a velocità media.

74      La Commissione riconoscerebbe l’esistenza di usi comuni e di un certo grado di sostituibilità tra l’accesso ad Internet ad alta velocità e l’accesso ad Internet a bassa velocità, ma si rifiuterebbe di trarne le necessarie conclusioni.

75      Inoltre, esisterebbe una vera concorrenza tra l’alta velocità e la bassa velocità, la quale trova la sua origine nel carattere illimitato delle offerte dei due tipi d’accesso ad Internet, in quanto gli utilizzatori si mostrano relativamente indifferenti alle loro caratteristiche.

76      Infine, secondo la prassi decisionale della Commissione, una semplice differenza nel grado di comodità o di qualità sarebbe insufficiente per distinguere mercati rilevanti distinti, quando l’uso è simile. Orbene, risulterebbe da un sondaggio prodotto dalla WIN che, nell’80% dei casi, gli abbonati utilizzano gli stessi tipi di applicazioni e di funzionalità.

77      La Commissione rinvia, per parte sua, alle spiegazioni che ha dedicato nella decisione (punti 169-204) alla distinzione tra alta e bassa velocità. Essa afferma di aver messo in evidenza differenze di uso, di specificità tecniche e di prestazioni, così come differenze di prezzo dei servizi e di ricavo per abbonato che obbligano a distinguere i due mercati. Quanto al grado di sostituibilità, la Commissione afferma che l’unica sostituzione constatata è completamente asimmetrica, poiché essa opera solo in un senso, ovvero dalla bassa velocità verso l’alta velocità. La Commissione ritiene, inoltre, che la distinzione tra alta e bassa velocità sia oggi universalmente riconosciuta.

 Giudizio del Tribunale

78      Si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza (v. sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 37; sentenze del Tribunale 30 marzo 2000, causa T‑65/96, Kish Glass/Commissione, Racc. pag. II‑1885, punto 62, e 17 dicembre 2003, causa T‑219/99, British Airways/Commissione, Racc. pag. II‑5917, punto 91), ai fini della valutazione della posizione, eventualmente dominante, di un’impresa su un mercato settoriale determinato, le possibilità di concorrenza vanno valutate nell’ambito del mercato comprendente tutti i prodotti o servizi che, per le loro caratteristiche, sono particolarmente idonei a soddisfare esigenze costanti e non sono facilmente intercambiabili con altri prodotti o servizi. Inoltre, dato che la determinazione del mercato rilevante serve a valutare se l’impresa interessata sia in grado di ostacolare il mantenimento di una concorrenza effettiva e di tenere un comportamento rimarcabilmente indipendente rispetto a quello dei suoi concorrenti e, nella fattispecie, dei suoi prestatori di servizi, non ci si può limitare, a tale scopo, all’esame delle sole caratteristiche obiettive dei servizi di cui trattasi, ma bisogna anche prendere in considerazione le condizioni della concorrenza e la struttura della domanda e dell’offerta sul mercato.

79      Quando un prodotto può essere impiegato a fini diversi e quando questi usi diversi rispondono ad esigenze economiche anch’esse diverse, si deve riconoscere che questo prodotto può appartenere, a seconda dei casi, a mercati distinti, che presentano eventualmente, sotto l’aspetto sia della loro struttura sia delle condizioni di concorrenza, caratteristiche diverse. Questa constatazione non giustifica tuttavia la conclusione che tale prodotto costituisce un solo ed unico mercato insieme con tutti gli altri che, nei vari usi cui esso si presta, possono essere sostituiti ad esso e con i quali si pone, a seconda dei casi, in concorrenza.

80      La nozione di mercato rilevante (relevant market) implica, in realtà, che vi possa essere concorrenza effettiva tra i prodotti che ne fanno parte, il che presuppone un sufficiente grado di intercambiabilità per lo stesso uso fra tutti i prodotti che fanno parte dello stesso mercato (sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 28).

81      Risulta anche dalla comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5, punto 7; in prosieguo: la «comunicazione sulla definizione del mercato rilevante») che «[i]l mercato del prodotto rilevante comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati».

82      È giocoforza constatare che non esiste solo una semplice differenza di comodità o di qualità tra l’alta e la bassa velocità. Risulta dagli elementi forniti dalla Commissione (punto 175 della decisione), senza obiezioni da parte della WIN, che alcune applicazioni disponibili con l’alta velocità non possono essere utilizzate con la bassa velocità, tra cui, ad esempio, lo scaricamento di documenti molto voluminosi e i giochi interattivi in rete. La WIN, del resto, ha confermato, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti del 4 marzo 2002, che esistevano «attività audiovisive/multimediali davvero specifiche dell’ADSL». Inoltre, lo studio realizzato dal Centre de recherche pour l’étude et l’observation des conditions de vie (Centro di ricerca per lo studio e l’osservazione delle condizioni di vita, Crédoc) per conto della WIN, e prodotto da quest’ultima in allegato al suo ricorso, menziona anche nuovi impieghi sviluppati su Internet attraverso il servizio eXtense e che sono specifici dell’alta velocità, ossia praticare giochi in rete, ascoltare una radio in linea, guardare un video in linea ed effettuare acquisti in linea. Inoltre, secondo questo stesso studio, l’abbonato all’alta velocità è connesso molto più spesso e in media molto più a lungo dell’utente della bassa velocità.

83      Per ciò che riguarda le differenze di specificità tecniche e di prestazioni, risulta dalle affermazioni della Commissione (punti 181-187 della decisione), le quali non sono state smentite dalla ricorrente, che una particolarità tecnica importante dell’accesso a Internet ad alta velocità risiede nella specificità dei modem utilizzati. Un modem di accesso ad Internet ad alta velocità non può essere utilizzato per la bassa velocità e viceversa (punto 181 della decisione). Peraltro, nel caso dell’alta velocità, la connessione è permanente e la linea telefonica resta libera.

84      Inoltre, nel caso del mercato francese, occorre osservare che, per il periodo esaminato, le offerte per l’alta velocità prevedevano velocità in senso discendente dell’ordine di 512 kb/s (punto 185 della decisione). Le offerte a bassa velocità tradizionali (limitate a 56 kb/s) e le offerte RNIS («réseau numérique à intégration de services» [equivalente francese dell’ISDN; v. qui di seguito; N.d.T.]) o ISDN (Integrated Services Digital Network: rete digitale per servizi integrati) (64 o 128 kb/s) permettevano solo velocità inferiori da quattro a dieci volte. Le offerte ADSL a 128 kb/s in senso discendente, che testimonierebbero, secondo la ricorrente, la continuità tra la bassa e l’alta velocità, sono apparse solo alla fine del periodo considerato dalla decisione. In più, anche nel caso di un’offerta a 128 kb/s, la differenza tra la bassa e l’alta velocità resta molto rilevante. La differenza di prestazioni era dunque significativa durante il periodo considerato.

85      A tali differenze di impieghi, di specificità e di prestazioni, si aggiunge un’importante differenza di prezzo tra la bassa e l’alta velocità (punti 188-192 della decisione).

86      Riguardo al grado di sostituibilità, occorre ricordare, oltre alla giurisprudenza citata al precedente punto 78, gli elementi di valutazione presentati dalla Commissione nella sua comunicazione sulla definizione del mercato rilevante (v. punto 81 supra).

87      Secondo tale comunicazione, la valutazione della sostituibilità della domanda comporta una determinazione del ventaglio dei prodotti percepiti come sostituibili dai consumatori. Una delle tecniche per compiere tale analisi è un esercizio teorico, che consiste nel postulare una variazione piccola, ma non transitoria, dei prezzi relativi e nel valutare le presumibili reazioni dei clienti a tale variazione. Al punto 17 di tale comunicazione, la Commissione precisa che «l’interrogativo al quale occorre dare risposta è se i clienti delle parti passerebbero a prodotti sostitutivi prontamente disponibili (…) in risposta ad un ipotetico piccolo incremento (dell’ordine del 5-10%) di carattere permanente del prezzo dei prodotti stessi nell’area considerata».

88      Al punto 193 della decisione, la Commissione ammette certamente che la bassa velocità e l’alta velocità presentano un certo grado di sostituibilità. Essa tuttavia aggiunge, al punto 194, che questa funziona in modo profondamente asimmetrico e che le migrazioni dei clienti dalle offerte ad alta velocità verso le offerte a bassa velocità sarebbero minime rispetto alle migrazioni nell’altro senso. Orbene, secondo la Commissione, se i prodotti fossero perfettamente sostituibili dal punto di vista della domanda, i tassi di migrazione dovrebbero essere, se non identici, almeno di un ordine di grandezza comparabile.

89      A tale riguardo è giocoforza constatare, in primo luogo, che risulta dai dati raccolti presso la WIN e riprodotti nella tabella n. 7 della decisione che i tassi di migrazione degli abbonati ad alta velocità verso le offerte integrali di bassa velocità erano alquanto trascurabili all’epoca in questione, malgrado la differenza di prezzo tra tali servizi, che avrebbe dovuto incoraggiare numerosi internauti a trasferirsi verso la bassa velocità. Tale forte sproporzione nel tasso di migrazione tra l’alta e la bassa velocità e viceversa non accredita la tesi dell’intercambiabilità di tali servizi agli occhi dei consumatori. Nel ricorso la WIN non ha presentato, per di più, alcun elemento preciso che rimetta in questione tale analisi.

90      In secondo luogo, è accertato che un sondaggio effettuato per conto della Commissione e presentato dalla WIN in allegato al suo ricorso mostra che, in caso di un aumento del prezzo dell’alta velocità di circa il 5-10%, l’80% degli abbonati ad alta velocità conserverebbero il loro abbonamento. Orbene, in applicazione del punto 17 della comunicazione della Commissione sulla concorrenza (v. punto 87 supra), tale percentuale elevata di abbonati, che non abbandonerebbero l’alta velocità in caso di aumento del prezzo del 5-10%, costituisce un forte indizio d’assenza di sostituibilità dal lato della domanda.

91      Di conseguenza, sulla base dell’insieme degli elementi che precedono, occorre considerare che è a giusto titolo che la Commissione ha concluso che non sussiste un sufficiente grado di intercambiabilità tra l’alta velocità e la bassa velocità e ha definito il mercato in questione come quello dell’accesso ad Internet ad alta velocità per la clientela residenziale.

b)     Sull’esame lacunoso della posizione dominante

 Argomenti delle parti

92      Secondo la WIN, la Commissione ha considerato a torto la sua posizione come dominante. Infatti, l’analisi della Commissione conterrebbe gravi lacune.

93      Il potere di mercato non potrebbe in nessun caso essere valutato in relazione alle quote di mercato detenute in un mercato emergente. In un tale mercato, occorrerebbe porsi in una prospettiva dinamica, e valutare non solo la concorrenza effettiva, ma anche la concorrenza potenziale. Orbene, secondo la WIN, il numero di abbonati potenziali è molto importante considerata la dotazione insufficiente delle famiglie francesi. La WIN ritiene di aver dimostrato l’emergere di nuovi attori in tale mercato e la moltiplicazione delle offerte che è stata accompagnata da una riduzione dei prezzi.

94      Tali elementi testimonierebbero il vigore della concorrenza su un mercato senza barriere sul quale la WIN non potrebbe, di conseguenza, detenere una posizione dominante.

95      La WIN rimprovera alla Commissione di non averne tenuto alcun conto e di essersi limitata ad analizzare la sua quota di mercato nel segmento dell’alta velocità tra il 31 dicembre 2000 e il 31 agosto 2002. Orbene, la caduta di più di dieci punti della sua quota di mercato tra l’agosto 2002 e il marzo 2003 proverebbe il carattere concorrenziale ed evolutivo del mercato.

96      Inoltre, sempre secondo la WIN, l’appartenenza ad un gruppo con mezzi finanziari importanti e una rete di distribuzione estesa non può essere valutato senza considerare la situazione dei concorrenti. Orbene, la Commissione non avrebbe proceduto ad alcun esame approfondito della situazione delle società AOL, T‑Online/Club-Internet e Tiscali, le quali sono «addossate» a grandi gruppi che godono di una potenza finanziaria eccezionale e che beneficiano anch’esse di un’ampia rete di distribuzione.

97      Infine, la WIN sostiene che il raggruppamento delle sue attività di edizione di elenchi telefonici e di accesso ad Internet non potrebbe essere considerata come se le conferisse un potere finanziario di natura tale da provare la sua posizione dominante sul mercato francese dell’accesso ad Internet ad alta velocità. Infatti, da un lato, altri concorrenti, quali la T-Online, avrebbero anch’essi tale possibilità e, dall’altro, il gruppo Wanadoo potrebbe perfettamente rispondere ai bisogni della sua attività di FAI senza ricorrere alla liquidità generata dall’edizione delle pagine gialle dell’elenco telefonico.

98      La Commissione nega il carattere emergente del mercato in questione durante il periodo considerato. Essa sostiene che la quota di mercato della WIN è cresciuta in maniera sostenuta durante il periodo controverso. Essa ritiene che la WIN non abbia in alcun modo rimesso in questione l’analisi, svolta nella decisione, delle sinergie e dei vantaggi derivanti per la WIN stessa dal suo «addossamento» tecnico, logistico e commerciale al gruppo France Télécom.

 Giudizio del Tribunale

99      Va ricordato, a titolo preliminare, che, secondo una giurisprudenza costante, una posizione dominante è dimostrata dal fatto che l’impresa di cui trattasi si trova in una posizione di potenza economica che le consente di ostacolare il mantenimento di una concorrenza effettiva sul mercato in esame, fornendo alla stessa la possibilità di comportamenti rimarcabilmente indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e, in ultima analisi, dei consumatori (sentenza Michelin/Commissione, cit. al punto 78 supra, punto 30, e sentenza del Tribunale 23 ottobre 2003, causa T-65/98, Van den Bergh Foods/Commissione, Racc. pag. II-4653, punto 154). Va rilevato d’acchito che per provare l’esistenza di una posizione dominante la Commissione non ha bisogno di dimostrare che i concorrenti di un’impresa verranno, anche a termine, esclusi dal mercato.

100    Inoltre, benché l’importanza delle quote di mercato possa variare da un mercato all’altro, quote molto alte costituiscono di per sé, salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 80, punto 41, e sentenza del Tribunale 28 aprile 1999, causa T-221/95, Endemol/Commissione, Racc. pag. II-1299, punto 134). Nella sentenza 3 luglio 1991, causa C-62/86, AKZO/Commissione (Racc. pag. I-3359, punto 60), la Corte ha dichiarato tale il caso di una quota di mercato del 50%.

101    L’esistenza di una concorrenza, anche vivace, su un determinato mercato non esclude l’esistenza di una posizione dominante sullo stesso mercato, giacché siffatta posizione è caratterizzata essenzialmente dalla possibilità di agire senza dover tener conto, nella propria politica di mercato, della detta concorrenza e pertanto senza subire per questo conseguenze pregiudizievoli (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra al punto 80, punto 70; v. anche, in tal senso, sentenza della Corte 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands/Commissione, Racc. pag. 207, punti 108-129). Infatti, l’eventuale esistenza di una concorrenza sul mercato è certamente una circostanza che rileva, in particolare, per valutare la sussistenza di una posizione dominante, ma non è di per sé una circostanza determinante al riguardo.

102    Occorre verificare alla luce di tali criteri se, come affermato dalla Commissione, la WIN si trovi in posizione dominante sul mercato in questione.

103    Riguardo alle quote di mercato, è giocoforza constatare che, secondo la tabella n. 8 della decisione, la quota detenuta dalla WIN nel mercato dell’alta velocità ha raggiunto il 50% al 31 marzo 2001, è arrivata fino al 72% al 31 marzo 2002 ed è rimasta stabile a tale livello fino all’agosto 2002. Risulta dalle risposte delle parti ai quesiti posti dal Tribunale che tale quota si è successivamente abbassata, nell’ottobre 2002, al 63,6% secondo la WIN e ad una cifra che la Commissione situa tra il 63,4% e il 71% a seconda delle fonti. La WIN ha quindi avuto durante tutto il periodo controverso una quota di mercato estremamente importante che costituisce, salvo circostanze eccezionali, la prova dell’esistenza di una posizione dominante ai sensi della citata giurisprudenza.

104    Riguardo alla diminuzione intervenuta tra l’agosto e l’ottobre 2002, la riduzione di quote di mercato tuttora assai rilevanti non può costituire, di per sé, la prova dell’insussistenza di una posizione dominante (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 ottobre 1996, cause riunite da T‑24/93 a T‑26/93 e T‑28/93, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, Racc. pag. II‑1201, punto 77). Anche partendo dalle cifre presentate dalla WIN, la quota di mercato della WIN restava, infatti, notevole alla fine del periodo dell’infrazione.

105    La WIN sostiene, tuttavia, che le quote di mercato costituiscono un indizio poco affidabile nel contesto di un mercato emergente caratterizzato da una clientela ancora limitata.

106    Il Tribunale considera che, secondo le informazioni relative alla situazione del mercato esposte al punto 218 della decisione e non contestate dalla WIN, il mercato interessato aveva certamente sorpassato, nel marzo 2001, data di inizio dell’infrazione secondo la Commissione, la fase di lancio o di sperimentazione. Infatti, il mercato dell’alta velocità si è sviluppato in Francia a partire dal 1997. I servizi ADSL della WIN e le prime offerte dei concorrenti sono state lanciate su base commerciale fin dalla fine del 1999. Alla fine del mese di giugno del 2000, il mercato dell’accesso ad Internet ad alta velocità per la clientela residenziale contava già circa 100 000 abbonati e, alla fine del 2000, sorpassava i 180 000 abbonati in Francia. Durante il primo trimestre del 2001, il mercato aumentava di più di 5 000 nuovi abbonati a settimana. Facendo risalire l’infrazione solo al mese di marzo 2001, come indicato dal punto 71 della decisione, poiché riteneva che il mercato fino ad allora non avesse «raggiunto uno stadio di sviluppo sufficiente affinché un “test sulla strategia predatoria” [fosse] significativo», la Commissione ha debitamente escluso dalla sua analisi la fase di avvio.

107    Si trattava, certamente, di un mercato in forte crescita, ma tale elemento non può escludere l’applicazione delle regole di concorrenza, specificamente quelle di cui all’art. 82 CE.

108    Tale mercato in forte crescita non è stato caratterizzato da una forte instabilità durante il periodo controverso. Al contrario, è accertato che una gerarchia piuttosto stabile vi si era creata, con la WIN in posizione di leader.

109    A tale riguardo occorre rilevare che, ai punti 213-215 della decisione, la Commissione completa la sua analisi della posizione dominante della WIN con l’esame comparativo delle quote di mercato detenute, durante il periodo controverso, dalla WIN e dai suoi concorrenti. Secondo tale analisi, non contestata dalla ricorrente, è accertato che la WIN ha sempre detenuto un numero di abbonati all’ADSL superiore più di otto volte a quello degli abbonati del primo dei suoi concorrenti. Orbene, secondo la giurisprudenza, le quote di mercato detenute dall’impresa interessata in relazione a quelle dei suoi concorrenti costituiscono indizi validi di posizione dominante (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. al punto 80 supra, punto 48).

110    La WIN ha tuttavia sostenuto che, su un tale mercato, occorreva mettersi in una prospettiva dinamica valutando non solo la concorrenza effettiva, ma anche la concorrenza potenziale.

111    A tale riguardo è sufficiente constatare che, secondo le sue stesse analisi prospettiche, datate al mese di marzo del 2001, la WIN avrebbe conservato una quota pari al 55% del totale del mercato alla fine del 2004. Nel giugno 2001, la WIN ha essa stessa rivalutato tali previsioni di penetrazione del mercato. Essa pensava allora di arrivare a detenere più di tre quarti del segmento dell’ADSL alla fine del 2004 e almeno il 60% del mercato dell’alta velocità residenziale (punto 220 e nota a piè di pagina n. 255 della decisione). Elementi di tal genere indicano che la WIN stessa considerava la concorrenza potenziale come limitata. Di conseguenza, la situazione del mercato in questione non giustifica la considerazione delle quote di mercato come un indizio poco affidabile.

112    Peraltro, nell’ambito del suo esame della posizione della WIN nel mercato, la Commissione ha anche preso in considerazione, ai punti 223-246 della decisione, il fatto che la WIN avesse beneficiato, grazie al suo «addossamento» al gruppo France Télécom, di vantaggi molto considerevoli che hanno contribuito alla sua posizione dominante.

113    A tal riguardo occorre constatare che, contrariamente a ciò che pretende la WIN, la Commissione ha ben esaminato nella decisione, ai punti 226-228, la situazione dei concorrenti menzionati dalla WIN, ovvero le società AOL, T-Online e Tiscali. Essa ha concluso, al punto 228, che, qualunque fosse la disponibilità dei gruppi in questione a sostenere gli investimenti e le iniziative commerciali delle loro controllate francesi, nessuno di essi poteva pretendere di far usufruire queste di un «addossamento» tecnico, di un «addossamento» logistico e di un «addossamento» in termini di rete commerciale in Francia così determinante come quello che offriva la France Télécom alla WIN. 

114    In primo luogo, quanto all’ampia rete di distribuzione di cui avrebbero disposto, secondo la WIN, i gruppi concorrenti, occorre sottolineare che, nel territorio francese, l’unico considerato dalla decisione, essa non può in ogni caso raggiungere, neanche lontanamente, l’importanza di quella della France Télécom, operatore storico delle telecomunicazioni in Francia.

115    Tra i vantaggi commerciali di cui ha beneficiato la WIN, senza che essa del resto lo neghi, occorre menzionare soprattutto la rete di agenzie della France Télécom, che hanno assicurato la distribuzione dei prodotti della WIN su tutto il territorio francese.

116    In secondo luogo, la WIN non ha nemmeno negato i vantaggi tecnici risultanti, secondo la Commissione, dal suo «addossamento» alla France Télécom. La Commissione ha sostenuto, senza essere contraddetta dalla WIN, che quest’ultima ha beneficiato di un trattamento preferenziale nel corso di tutto il 2000 e dei primi sette mesi del 2001, che si è tradotto in un’offerta su misura molto meno costrittiva di quella proposta ai suoi concorrenti e in un accesso in tempo reale ai dati delle linee convertibili.

117    Tali vantaggi, del resto, sono stati sottolineati dal Conseil de la concurrence (Commissione di vigilanza sulla concorrenza) francese nella sua decisione 27 febbraio 2002, 02-MC-03, relativa alla domanda di misure cautelari presentata dinanzi al detto Conseil dalla società T-Online, prodotta in allegato al controricorso. Il Conseil de la concurrence ha ordinato alla France Télécom di mettere a disposizione dell’insieme dei FAI un server Extranet, che permettesse di accedere alle stesse informazioni di cui disponeva la WIN, e di imporre ai servizi tecnici competenti della France Télécom di effettuare materialmente la connessione ADSL alle stesse condizioni di efficacia accordate alla WIN. Nell’attesa dell’attuazione di tale sistema, il Conseil de la concurrence ha ingiunto alla France Télécom di sospendere la commercializzazione dei servizi ADSL della WIN nelle sue agenzie commerciali. Come evidenziato dal punto 146 della decisione, la decisione del Conseil de la concurrence è stata confermata dalla Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) nella sua sentenza 9 aprile 2002.

118    Pertanto, è giocoforza constatare che è a giusto titolo che la Commissione ha considerato che l’«addossamento» della WIN alla France Télécom ha procurato alla prima vantaggi sui suoi concorrenti di natura tale da contribuire alla sua posizione dominante.

119    L’ultimo elemento avanzato dalla Commissione nell’esame della posizione dominante della WIN nel mercato in questione è il vantaggio derivante per il gruppo Wanadoo dalla sua presenza nel mercato degli elenchi telefonici. Essa sostiene che le attività molto redditizie su tale mercato sono di natura tale da attenuare in modo considerevole l’effetto per il gruppo della vendita in perdita praticata dalla WIN sul mercato dell’accesso ad Internet ad alta velocità.

120    A tale riguardo occorre rilevare che tale valutazione della Commissione si collega ad un altro mercato rispetto a quello della fornitura di Internet ad alta velocità. A tale titolo, come sostenuto dalla WIN, la presenza del gruppo Wanadoo sul mercato degli elenchi telefonici non costituisce un elemento che corrobora in modo decisivo la posizione dominante della WIN nel mercato qui esaminato.

121    Pertanto, tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare che la Commissione ha valutato a giusto titolo che la WIN deteneva una posizione dominante nel mercato in questione durante il periodo considerato.

2.     Sull’abuso di posizione dominante

a)     Sulla censura relativa al test di copertura dei costi

122    La controversia verte a tale riguardo sul metodo di calcolo del tasso di copertura dei costi e su errori di calcolo che la Commissione avrebbe commesso nella sua applicazione.

 Sull’errore di metodo per calcolare il tasso di copertura dei costi

–       Argomenti delle parti

123    Secondo la WIN, la Commissione ha commesso un errore di diritto poiché ha utilizzato un test di copertura dei costi statico il quale non riflette assolutamente la realtà economica della redditività degli abbonati della WIN. Infatti, nel caso degli abbonamenti, una parte dei costi e la totalità dei ricavi sarebbero ripartiti nel tempo su un lungo periodo e i costi varierebbero nel corso del tempo. Orbene, il metodo della Commissione consisterebbe nel sommare i costi di acquisizione ad una cifra pari a 48 volte l’importo dei costi ricorrenti mensili, esistenti alla data della sottoscrizione dell’abbonamento, e nel confrontare tale totale con una cifra pari a 48 volte i ricavi ricorrenti mensili, esistenti alla stessa data, senza tenere conto dell’adattamento dei costi ricorrenti mensili nel tempo.

124    Quanto ai costi da prendere in considerazione, la WIN sostiene che, per determinare se i costi siano effettivamente coperti, la Commissione ha l’obbligo di esaminare ogni informazione di cui dispone alla data della decisione, una volta che essa riconosce la validità di tale informazione. Orbene, tutte le riduzioni dei costi accertate e riconosciute tra la sottoscrizione di un abbonamento e il mese di ottobre 2002 sarebbero state ignorate dalla Commissione o, più precisamente, la riduzione dei costi sarebbe stata presa in considerazione dalla Commissione per tutti coloro che si sono abbonati dopo tale data, ma non per aggiornare i costi ricorrenti di coloro che si erano già abbonati. Prendendo l’esempio di un cliente che si è abbonato presso di essa il 1° giugno 2001, la WIN afferma che la Commissione le attribuisce un costo iniziale ricorrente di EUR 54,39 al mese, fino alla fine del maggio 2005 (ossia durante 48 mesi), allorquando tale costo non corrisponde più al costo reale fin dal mese di agosto 2001 poiché, secondo l’allegato 3 alla decisione, da tale data esso ammonta solo a EUR 34,72 al mese.

125    La WIN ha presentato alla Commissione risultati fondati sul metodo dei flussi di cassa attualizzati per calcolare il valore attualizzato netto (in prosieguo: il «VAN») degli abbonati. Tale metodo consisterebbe nell’elencare, per ciascun abbonato, la totalità dei costi e delle entrate che genera, nell’attualizzarli applicando loro un tasso di attualizzazione determinato dai mercati finanziari e nel sommare i flussi di cassa così ottenuti. Il costo del prodotto sarebbe costituito dal costo di acquisizione pagato inizialmente al quale si aggiungerebbero i costi ricorrenti mensili. La WIN afferma che tale metodo, il solo affidabile sul piano economico, è universalmente riconosciuto ed è conforme ai conteggi economici degli investimenti realizzati dagli economisti e dagli operatori finanziari. Tale metodo sarebbe stato applicato dal Conseil de la concurrence francese e la sua validità sarebbe stata riconosciuta dal rapporto stabilito dalla Oxera [società di consulenza britannica; N.d.T.] per l’Office of Fair Trading (OFT, autorità di vigilanza sulla concorrenza del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord). Esso dimostrerebbe che i costi totali – eccetto quelli del marzo 2001, coperti solo al 98% o al 99% a seconda del prodotto – e a maggior ragione i costi variabili della WIN sono coperti per la totalità del periodo.

126    La Commissione concorda con la WIN sulla necessità di ripartire alcuni costi, ma non sul metodo da utilizzare. Per valutare l’equilibrio economico dei servizi della WIN, essa afferma di aver scelto un metodo dinamico che tiene conto del fatto che alcune voci di costi variabili, e specificamente quelli legati all’acquisizione di un abbonato, sarebbero compensati dai ricavi che l’impresa conta di ottenere da tale abbonato, nel corso di tutta la relazione commerciale. Ripartendo su 48 mesi tali costi variabili non ricorrenti, essa avrebbe così tenuto in considerazione la durata di vita tipica di un abbonamento che potrebbe servire come riferimento per un’impresa interessata ad un ritorno sull’investimento ad una scadenza ragionevole.

127    Nell’applicazione del suo metodo, la Commissione sostiene di aver tratto tutti i dati utilizzati da informazioni fornite dalla WIN. Si tratterebbe quindi di cifre constatate ex post. Non vi sarebbe alcuna voce di costo fittizia. La Commissione afferma di aver preso pienamente in conto, per tutti gli abbonati, le diminuzioni del costo al momento preciso in cui queste si verificavano.

128    Peraltro, la Commissione ha contestato la fondatezza, nella fattispecie, del ricorso al metodo dei flussi di cassa attualizzati raccomandato dalla WIN. Tale metodo non permette, a suo avviso, di trarre conclusioni riguardo alla strategia predatoria. La WIN non avrebbe del resto utilizzato i calcoli del VAN al momento dei fatti per il prodotto in questione. L’utilizzo del metodo dei flussi di cassa attualizzati nella presente fattispecie non troverebbe inoltre alcun fondamento nella giurisprudenza comunitaria o nella prassi decisionale della Commissione. In ogni caso, il metodo proposto dalla ricorrente non sarebbe il metodo tradizionale, poiché la WIN proporrebbe di suddividere i flussi entranti dai nuovi clienti in altrettante «coorti» e di analizzare, per ciascuna di esse, se il flusso di cassa attualizzato sia positivo su un periodo di cinque anni. La WIN integrerebbe inoltre nella sua analisi la redditività incrementata in ragione della fine dell’infrazione.

–       Giudizio del Tribunale

129    A titolo preliminare occorre ricordare che, quando la scelta del metodo di calcolo del tasso di copertura dei costi implica da parte della Commissione una valutazione economica complessa, occorre riconoscere ad essa un ampio potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza della Corte 28 maggio 1998, causa C‑7/95 P, Deere/Commissione, Racc. pag. I-3111, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). Il controllo del giudice deve limitarsi pertanto alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza d’errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere.

130    Risulta dalla giurisprudenza relativa ai prezzi predatori che, da un lato, prezzi inferiori alla media dei costi variabili permettono di presumere il carattere eliminatorio di una pratica di prezzi e che, dall’altro, prezzi inferiori alla media dei costi totali, ma superiori alla media dei costi variabili, sono da considerarsi illeciti allorché sono fissati nell’ambito di un disegno inteso a eliminare un concorrente (sentenza AKZO/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 71 e 72; sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II-755, punti 148 e 149, confermata dalla sentenza della Corte 14 novembre 1996, causa C-333/94 P, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. I-5951, punto 41).

131    Nella decisione, la Commissione ha presentato tre analisi differenti per chiarire il suo modo di procedere. La prima, esposta ai punti 73-75 della decisione, costituisce un’analisi su un semplice fondamento contabile che integra in modo immediato i ricavi e i costi. Si tratta, secondo la WIN stessa, di una misura lorda delle entrate e delle uscite registrate nella sua contabilità. Le due parti concordano nel riconoscere il carattere inadeguato di tale metodo. Benché la WIN neghi ogni significato a tale prima analisi, essa non disconosce le cifre ivi considerate. In maniera generale, essa riconosce che «la quasi totalità dei dati relativi ai costi proviene dalla WIN e pochi dati provengono dalla France Télécom».

132    La seconda analisi, descritta ai punti 76-86 della decisione, riguarda la copertura effettiva dei costi rettificati. Secondo il principio dell’ammortamento di un’immobilizzazione, la Commissione ha considerato l’ipotesi di spalmare i costi di acquisizione della clientela su 48 mesi. Su tale fondamento, essa ha esaminato separatamente la copertura dei costi variabili rettificati e quella dei costi totali rettificati, affermando che la Corte prevede due test di copertura dei costi a seconda che i comportamenti dell’impresa dominante si iscrivano o meno nell’ambito di un disegno finalizzato ad escludere i concorrenti. È questa analisi che è stata a fondamento della decisione della Commissione.

133    La Commissione ha effettuato peraltro, ai punti 97-106 della decisione, una terza analisi, supplementare, della copertura dei costi rettificati prevedibili ex ante. Certamente, come affermato dalla WIN nella sua risposta ai quesiti posti dal Tribunale, tale terza analisi rivela un approccio molto differente, poiché la Commissione non cerca di determinare i costi e i ricavi reali. Ciò nondimeno, tale analisi è diretta, secondo la decisione, solo ad «apportare un chiarimento supplementare». Infatti, la Commissione espone espressamente, al punto 72 della decisione, che «solo l’approccio dei costi rettificati permette verosimilmente di giungere ad una conclusione». La Commissione ha fatto ricorso dunque al secondo metodo, quello dei costi rettificati, per concludere nel senso della mancata copertura dei costi. Occorre di conseguenza verificarne la legittimità, senza che sia necessario pronunciarsi sulla legittimità dell’analisi supplementare della copertura dei costi prevedibili ex ante.

134    Risulta chiaramente dai punti 73-75 della decisione che l’applicazione del metodo contabile adottato nelle cause che hanno condotto alla sentenza AKZO/Commissione, citata al precedente punto 100, e alle sentenze 6 ottobre 1994 e 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, citate al precedente punto 130, che considera i costi come risultano puramente e semplicemente dalla contabilità dell’impresa conduce, nella fattispecie, a tassi di copertura molto bassi, ovvero, a un tasso del 30% per il periodo compreso tra gennaio e luglio 2001, a uno del 60% per quello compreso tra agosto e dicembre 2001 e a uno dell’ 83% per quello compreso tra gennaio e giugno 2002 (tabella 2 della decisione).

135    Tuttavia la Commissione ha ritenuto, al punto 75 della decisione, che in un mercato in fase di crescita, poiché i costi di acquisizione della clientela rappresentano una parte significativa delle spese, «i tassi di copertura indicati nella tabella 2 non [potevano] risultare dunque di per se stessi decisivi per qualificare i prezzi come predatori».

136    Come spiegato dalla Commissione al punto 76 della decisione, essa ha considerato che, nel presente contesto, «l’obiettivo per l’impresa non [fosse] quello di realizzare subito un risultato contabile positivo immediato», ma «di raggiungere un livello di copertura dei costi ricorrenti (costi di rete e costi di produzione) sufficiente affinché il margine risultante su tali costi ricorrenti coprisse, in un orizzonte di tempo ragionevole, i costi variabili non ricorrenti investiti nello sviluppo commerciale dei prodotti in questione». La Commissione ha quindi deciso di rettificare i costi variabili non ricorrenti ripartendoli su un certo periodo di tempo, secondo il principio dell’ammortamento.

137    La Commissione ha scelto così di ripartire i costi di acquisizione della clientela su 48 mesi, approccio che la WIN ha approvato proprio indicando che la durata media degli abbonamenti sarebbe piuttosto ormai nell’ordine di cinque anni e che quattro anni costituirebbero una stima minima. Occorre tuttavia osservare che la WIN non pratica tali ammortamenti, in quanto le spese in questione sono contabilizzate, al momento del loro venire in essere, come costi correnti ordinari. Inoltre, taluni dei suoi concorrenti procedono, nei loro piani d’impresa, a una ripartizione nel tempo dei costi variabili non ricorrenti, ma su periodi di tempo inferiori a quelli utilizzati dalla Commissione nella fattispecie (punto 79 e note a piè di pagina nn. 70 e 71 della decisione). Il periodo di ripartizione scelto non sembra pertanto errato.

138    Applicando tale metodo, la Commissione ha considerato che i prezzi praticati dalla WIN non le permettessero di coprire i suoi costi variabili fino all’agosto 2001, né i suoi costi totali dal gennaio 2001 all’ottobre 2002 (tabelle 3 e 4 della decisione), mentre non vi erano dubbi sulla mancata copertura dei costi totali fino all’agosto 2001, considerato il livello di copertura dei costi variabili.

139    Occorre valutare quindi il metodo adottato dalla Commissione riguardo all’obiettivo perseguito, ossia il test di copertura dei costi nell’ambito dell’art. 82 CE e in relazione alle critiche formulate dalla WIN.

140    In primo luogo occorre constatare che, contrariamente a ciò che ha sostenuto la WIN, la Commissione non ha usato un test di copertura statica, il quale sarebbe stato, del resto, molto più sfavorevole alla WIN (v. precedente punto 134).

141    Risulta chiaramente dalla decisione (punti 76 e 77) che, per tenere in considerazione il fatto che, nel caso degli abbonamenti, i costi e i ricavi generati dall’abbonato sono ripartiti nel tempo su un lungo periodo, la Commissione ha deciso di rettificare i costi di acquisizione della clientela su 48 mesi.

142    Inoltre, contrariamente a quanto afferma la WIN, il metodo non equivale assolutamente ad addizionare i costi di acquisizione ad una cifra pari a 48 volte l’importo dei costi ricorrenti mensili, quali esistevano alla data della sottoscrizione dell’abbonamento, e a confrontare tale totale con una cifra pari a 48 volte i ricavi mensili quali esistevano alla stessa data.

143    Al contrario, è giocoforza constatare, leggendo la decisione e i suoi allegati, che la Commissione ha integrato, per ogni periodo di infrazione considerato e per tutti gli abbonati, le riduzioni successive delle tariffe intervenute nel corso del periodo controverso. Essa ha addirittura strutturato la sua analisi in funzione di tali riduzioni.

144    Infatti, la fine, il 31 luglio 2001, del primo periodo preso in considerazione dalla Commissione per l’analisi dei costi variabili rettificati (tabella 3 della decisione) coincide con la riduzione delle tariffe della raccolta nazionale e regionale del traffico. Il secondo periodo prende in considerazione tale riduzione dei costi applicando le nuove tariffe. La fine del secondo periodo, il 15 ottobre 2001, coincide con l’inizio di un periodo in cui le spese della messa in servizio, normalmente fatturate dalla France Télécom ai prestatari, erano gratuite. Anche qui, si è tenuto conto della riduzione dei costi così generata. Infine, il limite tra il terzo e il quarto periodo, stabilito al 15 febbraio 2002, coincide con il cambiamento dei prezzi del servizio di «connettività» internazionale e il ristabilimento della fatturazione delle spese della messa in servizio da parte della France Télécom.

145    Pertanto, contrariamente alle affermazioni della WIN, appare chiaramente che i differenti periodi presi in considerazione sono precisamente finalizzati a tenere in conto la dedotta riduzione dei costi.

146    Inoltre, risulta specificamente dalla comparazione degli allegati 1, 3, 5 e 7 alla decisione, per il servizio eXtense, così come dagli allegati 2, 4, 6 e 8 alla decisione, per la Wanadoo ADSL, che, ad ogni periodo considerato, le nuove tariffe e le altre componenti dei costi sono applicate non solamente agli abbonamenti sottoscritti a partire dall’inizio del periodo di infrazione, ma vengono anche riflesse sull’insieme del parco abbonati accumulato.

147    Se si confrontano, ad esempio, i costi variabili ricorrenti che si trovano nella tabella concernente il servizio eXtense, prodotta come allegato 1 alla decisione e vertente sul periodo compreso tra l’8 gennaio e il 31 luglio 2001, con quelli della stessa natura che si trovano nell’allegato 3, ma che coprono il periodo compreso tra il 1° agosto e il 15 ottobre 2001, si accerta che, da un periodo all’altro, il prezzo della raccolta nazionale o regionale del traffico è passato da 151 a 52,43 franchi francesi (FRF) e quello del costo del servizio di accesso all’ADSL da FRF 185 a FRF 140. Orbene, tali diminuzioni del prezzo sono state prese in considerazione non solo per gli abbonamenti sottoscritti a partire dall’inizio del periodo di infrazione (tabella 3.2 dell’allegato 3 alla decisione), ma anche per tutto il parco abbonati accumulato (tabella 3.1. dello stesso allegato).

148    Allo stesso modo, dal confronto degli allegati 2 e 4 della decisione risulta, per i costi variabili rettificati di Wanadoo ADSL, che il prezzo della raccolta nazionale o regionale del traffico è passato, per l’insieme del parco abbonati accumulato, tra il primo e il secondo periodo, da FRF 151 a FRF 52.

149    Inoltre, la gratuità dei costi della messa in servizio per i nuovi abbonati al servizio eXtense (tabella 5.2 dell’allegato 5 alla decisione), a partire dal 15 ottobre 2001, comporta un abbassamento delle spese di messa in servizio per la totalità del parco abbonati accumulato (tabella 5.1 dello stesso allegato) da EUR 53,40 a EUR 27,16. In senso inverso, tali ultime spese passano a EUR 32,37 (tabella 7.1 dell’allegato 7 della decisione) quando sono ristabilite le spese della messa in servizio per i nuovi abbonati al servizio eXtense a partire dal 15 febbraio 2002 (tabella 7.2 dello stesso allegato).

150    Quanto al costo della «connettività» internazionale, il confronto degli allegati 5 e 7 alla decisione per il servizio eXtense, così come quello degli allegati 6 e 8 alla decisione per Wanadoo ADSL mostrano che la diminuzione da EUR 3,19 a EUR 1,62, intervenuta tra il terzo e il quarto periodo, si è ripercossa non solo sui nuovi abbonati, ma anche sulla totalità del parco abbonati cumulato (tabella 7.1 dell’allegato 7 o tabella 8.1 dell’allegato 8 alla decisione, a seconda del prodotto).

151    La Commissione ha pertanto tenuto conto, nella sua valutazione dei costi, delle differenti modifiche tariffarie.

152    A tale riguardo occorre sottolineare che è a giusto titolo che la Commissione considera che i ricavi e i costi successivi all’infrazione non possono entrare nel calcolo per valutare il tasso di copertura dei costi durante il periodo considerato. Infatti, secondo la giurisprudenza, l’art. 82 CE contempla la posizione occupata sul mercato comune dall’impresa interessata nel momento in cui questa ha commesso l’infrazione considerata di natura abusiva (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 450). La WIN non può quindi includere nei suoi calcoli prezzi e costi successivi all’ottobre 2002. Pertanto, le affermazioni della ricorrente fondate sui prezzi e i costi successivi all’ottobre 2002 non possono rimettere in questione la valutazione della Commissione.

153    Infine, quanto all’affermazione della WIN secondo cui solo il metodo dei flussi di cassa attualizzati sarebbe pertinente per calcolare i tassi di copertura nella presente fattispecie, occorre osservare che, anche se la WIN provasse il carattere appropriato, sotto certi profili, del metodo che raccomanda, ciò non potrebbe essere sufficiente a provare l’illegittimità del metodo utilizzato nella fattispecie dalla Commissione. Spetta alla ricorrente provare tale illegittimità. Orbene, l’esame che precede ha rilevato che la Commissione non aveva commesso alcun errore manifesto di valutazione scegliendo tale metodo.

154    In conclusione, la WIN non ha dimostrato che, utilizzando i dati registrati nella contabilità della WIN e correggendoli in senso favorevole a questa in modo da tenere in conto il contesto particolare del mercato in questione, rispettando al tempo stesso le regole inderogabili dell’esame richiesto dall’art. 82 CE, la Commissione abbia applicato, nella fattispecie, un illegittimo test di copertura dei costi.

155    Ad abundantiam, è giocoforza constatare, da un lato, che non risulta dalla giurisprudenza che il ricorso al metodo dei flussi di cassa attualizzati si imponesse nella presente fattispecie e, dall’altro, che la WIN non ha proposto alcun argomento che provasse che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione a tale riguardo.

156    Di conseguenza, le affermazioni relative al metodo di calcolo del tasso di copertura dei costi devono essere respinte.

 Sugli errori di calcolo al momento dell’applicazione del metodo adottato

–       Argomenti delle parti

157    Secondo la WIN, la Commissione ha commesso errori nell’applicazione del proprio metodo di calcolo, in particolare nel suo calcolo dei costi fissi e variabili. La Commissione avrebbe utilizzato valori differenti per rappresentare i medesimi costi, in modo sistematicamente sfavorevole alla WIN. Essa avrebbe anche detratto in maniera arbitraria alcune differenze che riteneva equivalessero ad offerte di mesi di abbonamento gratuiti ai clienti. Tali errori spiegherebbero in gran parte la constatazione della mancata copertura dei costi alla quale perviene la Commissione. Per maggiori sviluppi riguardo a tali errori di calcolo, la WIN rinvia ad uno degli allegati al suo ricorso.

158    La Commissione ritiene che il ricorso stesso non identifichi i pretesi errori di calcolo commessi nella decisione, poiché il rinvio al documento allegato è generale. Tale motivo in subordine dovrebbe essere dunque dichiarato irricevibile.

159    Inoltre, secondo la Commissione, la WIN non giunge a sostenere che la correzione di tali errori avrebbe condotto ad un risultato differente, in quanto il tasso di copertura sarebbe rimasto inferiore al 100%. Tale motivo sarebbe, quindi, in ogni caso ininfluente.

160    Nella sua replica, la WIN ha risposto che, poiché solo l’elenco particolareggiato degli errori di calcolo era incluso in allegato, il motivo presentato in modo preciso nel ricorso era ricevibile. Esso non è neanche, a suo avviso, ininfluente. Infatti, tale motivo dimostrerebbe che i tassi di copertura dei costi totali passano da una forbice tra il 90% e il 91% ad una forbice tra il 98% e il 99%. Orbene, la Commissione avrebbe ritenuto che un tasso di copertura del 99,7% non costituisse un’infrazione.

161    La WIN si è opposta, nella sua replica, all’inclusione della pubblicità nei costi variabili e al calcolo della media dei tassi di copertura dei costi per i due servizi in questione.

–       Giudizio del Tribunale

162    A titolo preliminare, occorre distinguere tra l’applicazione del metodo di determinazione del tasso di copertura dei costi e i calcoli propriamente detti, che si limitano a semplici operazioni matematiche. Risulta dagli atti della WIN che questa non mette in dubbio la sostanza dei calcoli aritmetici, ma la considerazione di alcuni elementi erronei.

163    L’applicazione del metodo della determinazione del tasso di copertura dei costi, a differenza dei calcoli stessi, implica da parte della Commissione una valutazione economica complessa ed occorre riconoscere alla detta istituzione un ampio potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza Deere/Commissione, cit. al punto 129 supra, punto 34). Il controllo del giudice deve limitarsi pertanto alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza d’errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere.

164    Indipendentemente dalla ricevibilità del presente motivo, occorre rilevare che, come affermato dalla Commissione, anche se tutti gli errori affermati fossero presi in conto e fossero provati, il tasso di copertura dei costi totali al quale giungerebbe la WIN resterebbe, secondo la WIN stessa, inferiore al 99% e persino al 98% per il servizio eXtense. Ciò farebbe rimanere valida, di conseguenza, la censura della mancata copertura dei costi totali su tutto il periodo considerato.

165    A tale riguardo, il fatto che, utilizzando il suo potere discrezionale, la Commissione abbia potuto ammettere che un tasso di copertura dei costi variabili pari al 99,7% non costituisca un’infrazione non può obbligare la medesima a giungere alla stessa conclusione per un tasso del 98% o del 99%, a seconda dei casi, dei costi totali. Occorre quindi respingere tale motivo come ininfluente.

166    Ad abundantiam, quanto alla pretesa irricevibilità del presente motivo, ai sensi dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, ogni ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto (ordinanza del Tribunale 29 novembre 1993, causa T‑56/92, Koelman/Commissione, Racc. pag. II‑1267, punto 21).

167    Occorre anche ricordare che, benché il ricorso possa essere sostenuto ed integrato, riguardo a punti specifici, mediante rinvii ad estratti di documenti ad esso allegati, gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (sentenza del Tribunale 7 novembre 1997, causa T-84/96, Cipeke/Commissione, Racc. pag. II-2081, punto 34). Gli allegati non possono servire pertanto a sviluppare un motivo spiegato in modo sommario nel ricorso, proponendo censure o argomenti non contenuti in questo. La ricorrente deve indicare nel suo ricorso i motivi esatti sui quali il Tribunale è chiamato a pronunciarsi nonché, quanto meno sommariamente, gli elementi di diritto e di fatto sui quali detti motivi si fondano (sentenza della Corte 31 marzo 1992, causa C-52/90, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-2187, punto 17, e ordinanza del Tribunale 28 aprile 1993, causa T‑85/92, De Hoe/Commissione, Racc. pag. II‑523, punto 20).

168    Pertanto, tale motivo è ricevibile limitatamente agli errori chiaramente enunciati nel ricorso, ossia la scelta di valori differenti per rappresentare gli stessi costi e la detrazione di differenze che si ritiene rivelassero offerte di mesi di abbonamento gratuito ai clienti. Esso non è invece ricevibile per ciò che concerne l’inclusione della pubblicità nei costi variabili e il calcolo della media dei tassi di copertura dei costi per i due servizi esaminati, elementi che sono menzionati e sviluppati solo in uno degli allegati al ricorso.

169    Occorre quindi dichiarare tale motivo in parte irricevibile e, in ogni caso, ininfluente, come indicato al punto 165.

b)     Sulla censura relativa al test sulla strategia predatoria

170    Secondo la WIN, la Commissione ha commesso un errore di diritto e diversi errori manifesti di valutazione nell’attuazione del test sulla strategia predatoria, i quali dovrebbero portare all’annullamento della decisione per violazione dell’art. 82 CE. La WIN deduce la giustificazione relativa ad un suo diritto di allinearsi ai prezzi dei suoi concorrenti, l’assenza di una strategia predatoria e di riduzione della concorrenza e la necessità di provare il recupero delle perdite.

 Sulla giustificazione relativa ad un diritto della WIN di allinearsi ai prezzi dei suoi concorrenti

–       Argomenti delle parti

171    Secondo la WIN, il diritto per un operatore, qualunque esso sia, di allinearsi in buona fede ai prezzi anteriormente praticati da un concorrente costituisce l’essenza del processo concorrenziale. Tale diritto sarebbe riconosciuto dalla Commissione stessa nella sua prassi decisionale, dalla giurisprudenza e dall’insegnamento unanime della dottrina e dell’analisi economica. Il fatto che i prezzi praticati dai concorrenti corrispondano a prezzi che sarebbero inferiori ai costi dell’impresa interessata non rivestirebbe alcuna importanza a tale riguardo.

172    Questa è la ragione per cui la Commissione stessa, nella sua decisione 29 luglio 1983, 83/462/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo [82 CE] (IV/30.698 – ECS/AKZO – Provvedimenti provvisori; GU L 252, pag. 13), avrebbe espressamente autorizzato l’impresa dominante interessata a praticare prezzi inferiori ai suoi costi per allinearsi in buona fede ai prezzi anteriormente praticati dai concorrenti. Da parte sua la Corte, nell’ambito del ricorso contro tale decisione, avrebbe rilevato precisamente che la Commissione non metteva in causa, sul piano dei principi, il diritto di un’impresa dominante ad allinearsi e avrebbe essa stessa riconosciuto tale principio in maniera molto netta.

173    Peraltro, nelle sue considerazioni ultronee, la Commissione avrebbe snaturato i fatti, censurando ingiustamente l’allineamento della WIN ai suoi concorrenti.

174    La Commissione considera che, benché l’allineamento ai prezzi dei concorrenti non sia vietato, in assoluto, ad un’impresa in posizione dominante, tale possibilità non le è accordata se essa implica l’applicazione di prezzi inferiori ai costi del servizio in questione. Nella fattispecie, secondo la Commissione, poiché la politica in materia di prezzi dell’impresa dominante non le permetteva di coprire i suoi costi, l’allineamento su prezzi promozionali di un altro operatore non dominante non sarebbe giustificato. Peraltro, la Commissione ha ritenuto che i concorrenti della WIN non fossero in posizione dominante e ha negato, ad abundantiam, l’esattezza delle affermazioni della WIN secondo cui le sue pratiche in materia di prezzi costituivano solo un allineamento a quelle dei suoi concorrenti.

175     In ogni caso, secondo la Commissione, la discussione relativa all’allineamento è improduttiva. La decisione, infatti, si limiterebbe a rimproverare alla WIN di aver mantenuto stabili i suoi prezzi dopo il marzo 2001, in un periodo in cui le società Noos e Mangoosta avevano aumentato i loro prezzi di più del 20% e in cui la questione dell’allineamento non si poteva più porre. Essa rinvia, a tale riguardo, al punto 331 della decisione.

–       Giudizio del Tribunale

176    È giocoforza constatare, innanzi tutto, che la Commissione non nega assolutamente il diritto per un operatore di allinearsi ai prezzi precedentemente praticati da un concorrente. Essa afferma, al punto 315 della decisione, che, «[b]enché sia vero che non è vietato, in assoluto, all’operatore dominante allinearsi ai prezzi dei concorrenti, ciò non toglie che tale facoltà debba essergli negata, qualora essa implichi per l’impresa dominante una mancata copertura dei costi del servizio in questione».

177    La WIN ritiene tuttavia che la Commissione ignori così la propria prassi decisionale e la giurisprudenza della Corte.

178    A tal riguardo occorre osservare che, nei precedenti dedotti dalla WIN, il riconoscimento di un diritto all’allineamento a favore di un’impresa dominante era limitato. Tale osservazione vale sia per la decisione 83/462 che ha ordinato misure provvisorie, sia per la sentenza della Corte che ha fatto ad essa seguito (sentenza AKZO/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 134).

179    Infatti, nella decisione 83/462, la Commissione non autorizzava un allineamento generale dei prezzi dell’AKZO ai prezzi dei concorrenti, ma solo l’allineamento, nel caso di un particolare cliente, ai prezzi di un altro produttore che sarebbe stato in grado di rifornirlo. Inoltre, tale autorizzazione all’allineamento in condizioni molto precise non era contenuta nella decisione definitiva resa nello stesso caso (decisione della Commissione 14 dicembre 1985, 85/609/CEE, relativa ad una procedura in applicazione dell’articolo [82 CE] (IV/30.698 – ECS/AKZO), GU L 374, pag. 1).

180    La WIN non può quindi pretendere solo su tale base che nella sua prassi decisionale la Commissione abbia riconosciuto alle imprese dominanti un diritto di allinearsi ai prezzi dei suoi concorrenti, anche nel caso in cui ciò le portasse a praticare prezzi inferiori ai loro costi.

181    Nella sentenza AKZO/Commissione, citata al precedente punto 100, che costituisce l’unico riferimento giurisprudenziale citato dalla WIN a sostegno della sua tesi, la Corte non ha certamente rimesso in questione, sul piano dei principi, il diritto di un’impresa dominante all’allineamento. Tuttavia, avendo giudicato che la Commissione aveva constatato a buon diritto l’assenza di un’offerta concorrente, la Corte non ha dovuto pronunciarsi sulla legittimità di un allineamento ai prezzi dei concorrenti da parte di un’impresa dominante nel caso in cui un tale allineamento implicasse prezzi inferiori ai costi.

182    Non si può dunque sostenere che il diritto di un’impresa dominante di allineare i suoi prezzi a quelli della concorrenza sia assoluto e che sia stato riconosciuto in quanto tale dalla Commissione nella sua prassi decisionale e dalla giurisprudenza, in particolare quando tale diritto conduca a giustificare il ricorso a prezzi predatori, peraltro vietati dal Trattato.

183    Nella presente fattispecie la Commissione considera che tale facoltà di allineamento debba essere negata all’impresa dominante, quando essa comporta una mancata copertura dei costi del servizio in questione da parte dell’impresa dominante.

184    Occorre dunque verificare la compatibilità di tale restrizione con il diritto comunitario.

185    Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, benché una posizione dominante non possa privare un’impresa che si trova in siffatta posizione del diritto di tutelare i propri interessi commerciali, qualora essi siano insidiati, e benché le si debba concedere, entro limiti ragionevoli, la facoltà di compiere gli atti che essa ritiene opportuni per la protezione dei suoi interessi, non si possono ammettere comportamenti del genere qualora essi abbiano appunto lo scopo di rafforzare la posizione dominante e di abusarne (sentenza United Brands/Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 189; sentenze del Tribunale 1° aprile 1993, causa T‑65/89, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, Racc. pag. II‑389, punto 117, e Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 146).

186    Gli obblighi specifici imposti alle imprese in posizione dominante sono stati confermati dalla giurisprudenza in diverse occasioni. Il Tribunale ha dichiarato, nella sua sentenza 17 luglio 1998, causa T-111/96, ITT Promedia/Commissione (Racc. pag. II-2937, punto 139), che risulta dalla natura degli obblighi imposti dall’art. 82 CE che, in circostanze specifiche, le imprese in posizione dominante possono essere private del diritto di adottare comportamenti, o di compiere atti, che non sono in se stessi abusivi e che sarebbero persino incensurabili se fossero adottati, o compiuti, da imprese non dominanti.

187    La WIN non può dedurre un diritto assoluto ad allinearsi ai prezzi dei concorrenti per giustificare il proprio comportamento. Benché sia vero che l’allineamento da parte dell’impresa dominante ai prezzi dei concorrenti non è in sé abusivo o condannabile, non può essere escluso che esso lo divenga qualora non sia diretto solo a proteggere i propri interessi, ma abbia per obiettivo di rafforzare tale posizione dominante e di abusarne.

 Sulla pretesa assenza di una strategia predatoria e di riduzione della concorrenza

–       Argomenti delle parti

188    Secondo la WIN, il comportamento predatorio presuppone una riduzione significativa della concorrenza. A suo avviso, se non vi è alcuna possibilità che i concorrenti vengano esclusi o, almeno, frenati o vincolati nei loro comportamenti, una strategia predatoria non può in nessun caso essere considerata razionale. Inoltre, la Commissione avrebbe commesso una grave violazione dell’art. 82 CE sanzionando la WIN, allorquando essa riconosce che la sua quota di mercato è diminuita in misura importante durante la durata della pretesa infrazione e che la concorrenza, alla fine del periodo in questione, è vivace. La WIN non avrebbe avuto alcuna possibilità di eliminare i suoi concorrenti dal mercato mantenendo prezzi troppo bassi. Inoltre, poiché le barriere all’ingresso in tale settore sono basse, sarebbe particolarmente irrazionale cercare di escludere concorrenti su un segmento di tale tipo, poiché ciò comporterebbe, anche se vi fosse esclusione, di dover affrontare un possibile ingresso in ogni momento, il che annullerebbe l’eventuale interesse all’esclusione dei concorrenti.

189    La Commissione commetterebbe un grave errore di valutazione quando rimprovera alla WIN l’esclusione della società Mangoosta. Infatti, il fallimento di tale impresa sarebbe dovuto solo ad una politica strategica particolarmente arrischiata e non sarebbe assolutamente dovuto alla politica in materia di prezzi della WIN. 

190    La WIN si oppone, inoltre, al fatto che la Commissione imputi la lentezza d’espansione di alcuni concorrenti all’impossibilità da parte di questi ultimi di allinearsi ai prezzi della WIN. La Commissione non avrebbe tenuto conto della volontà dei concorrenti della WIN di concentrarsi sullo sviluppo della bassa velocità a detrimento dell’ADSL, considerato privo di prospettive.

191    La Commissione avrebbe anche commesso un errore manifesto di valutazione nel considerare come predatori prezzi che erano perfettamente razionali in un contesto di forte concorrenza, che hanno contribuito allo sviluppo del mercato e che sono all’origine della concorrenza vivace che esiste oggi. In ogni caso, il consumatore non sarebbe mai stato danneggiato, poiché ha approfittato dei prezzi bassi.

192    Infine, secondo la WIN, la strategia da essa adottata non può assolutamente essere considerata come rivelatrice di un qualsiasi intento predatorio. La Commissione si sarebbe accontentata di rilevare elementi orientati a provare un supposto intento della WIN di eliminare i suoi concorrenti, ma non avrebbe evidenziato un oggettivo piano di eliminazione. L’essenza dell’argomento della Commissione relativo al preteso intento eliminatorio si fonderebbe su una scelta arbitraria ed equivoca di documenti interni sequestrati presso gli uffici della WIN. 

193    La Commissione, da parte sua, ritiene che la dimostrazione degli effetti concreti dei prezzi predatori praticati dalla WIN non sia determinante per la constatazione dell’infrazione in questione. Essa sostiene che l’art. 82 CE dev’essere applicato non appena vi sia un rischio di eliminazione della concorrenza, senza che sia necessario attendere che tale obiettivo sia raggiunto.

194    Riguardo al disegno predatorio, la Commissione afferma che risulta dalla giurisprudenza che l’elemento intenzionale è presunto nel caso di prezzi inferiori alla media dei costi variabili e dev’essere provato, sulla base di indizi gravi e concordanti, nel caso di prezzi inferiori alla media dei costi totali, ma superiori alla media dei costi variabili. La Commissione ritiene di aver presentato nella decisione indizi gravi che provano che l’impresa si era impegnata intenzionalmente in una strategia di «appropriazione prioritaria» del mercato e di limitazione della concorrenza.

–       Giudizio del Tribunale

195    Quanto alle condizioni d’applicazione dell’art. 82 CE e alla distinzione tra oggetto ed effetto della pratica abusiva, occorre sottolineare che, ai fini dell’applicazione del detto articolo, la prova in merito all’oggetto e quella relativa all’effetto anticoncorrenziale possono, eventualmente, confondersi. Infatti, se si dimostra che il comportamento di un’impresa in posizione dominante ha lo scopo di restringere la concorrenza, detto comportamento sarà anche idoneo a produrre un effetto di tal genere. Quindi la Corte, per quanto concerne le pratiche in materia di prezzi, ha statuito nella sua sentenza AKZO/Commissione, citata precedentemente al punto 100, che prezzi inferiori alla media dei costi variabili praticati da un’impresa che detiene una posizione dominante sono giudicati di per sé abusivi, in quanto l’unico interesse che l’impresa può avere a praticare simili prezzi è quello di eliminare i propri concorrenti e che prezzi inferiori alla media dei costi totali, ma superiori alla media dei costi variabili, sono abusivi allorché sono fissati nell’ambito di un disegno inteso ad eliminare un concorrente. La Corte non ha preteso in tale causa nessuna dimostrazione degli effetti concreti delle pratiche di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T-203/01, Michelin/Commissione, Racc. pag. II-4071, punti 241 e 242).

196    Peraltro, occorre aggiungere che, qualora un’impresa in posizione dominante attui effettivamente una pratica il cui fine sia l’estromissione di un concorrente, il fatto che il risultato atteso non si realizzi non è sufficiente ad escludere la qualifica di abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE (sentenze del Tribunale Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 149, e 7 ottobre 1999, causa T-228/97, Irish Sugar/Commissione, Racc. pag. II-2969, punto 191).

197    Da ciò risulta chiaramente che, riguardo ai prezzi predatori, il primo elemento della pratica abusiva attuata dall’impresa dominante è costituito dalla mancata copertura dei suoi costi. Nel caso della mancata copertura dei costi variabili, il secondo elemento, vale a dire l’intento predatorio, è presunto, mentre, per i prezzi inferiori alla media dei costi totali, è necessario provare l’esistenza di un disegno volto all’eliminazione della concorrenza. Secondo la sentenza 6 ottobre 1994, Tetra Pak/Commissione (cit. al punto 130 supra, punto 151), tale intento eliminatorio dev’essere provato sul fondamento di indizi gravi e concordanti.

198    Nella fattispecie, la Commissione ha dimostrato la posizione dominante della WIN e le ha addebitato, nell’art. 1 della decisione, la mancata copertura dei suoi costi variabili fino all’agosto del 2001 così come la mancata copertura dei suoi costi totali a partire da tale data e fino all’ottobre del 2002. Per il periodo di mancata copertura dei costi totali, essa era dunque tenuta, per provare l’infrazione, a fornire indizi gravi dell’esistenza di una strategia di «appropriazione prioritaria» del mercato.

199    Al punto 110, la decisione menziona diversi documenti, ripartiti sull’insieme del periodo controverso, che attestano l’esistenza di una strategia di «appropriazione prioritaria» del mercato dell’alta velocità da parte della WIN, in particolare:

–        un documento del luglio 2000, che manifesta il seguente obiettivo per il secondo semestre del 2000 e per il 2001: «Appropriarsi prioritariamente del mercato dell’ADSL con offerta tutto compreso [più] pacchetto e accelerare gli investimenti 2001, ma bilancio finanziario negativo»;

–         un messaggio di posta elettronica del luglio 2000, relativo ad una discussione sull’adeguato livello dei prezzi, che indicava: «Non riusciremo ad appropriarci prioritariamente di questo mercato con un prezzo troppo alto»;

–        la lettera quadro per il 2001 contenente le indicazioni seguenti: «La nostra appropriazione prioritaria del mercato dell’ADSL è una necessità»;

–        una presentazione del 28 febbraio 2001, la quale menziona una «campagna di appropriazione prioritaria del territorio alta velocità da parte della [WIN]»;

–        il piano strategico per il 2002-2004, che ricorda per il periodo 2001-2003 il forte sviluppo dell’alta velocità e l’obiettivo di «appropriazione prioritaria di un mercato considerato come generatore di valore».

200    Peraltro, documenti della WIN provano che essa tentava di acquisire, e successivamente di conservare, quote di mercato molto importanti. La lettera quadro per il 2001 indica, ad esempio, che «tra il 70% (…) e l’80% del mercato dell’ADSL deve ritornare alla [WIN]». Una presentazione del presidente direttore generale della WIN al comitato esecutivo della France Télécom, datata giugno 2001, indica una quota di mercato dell’80% su tutto il periodo 2001-2004 nel segmento delle «offerte “dissociate ” di tipo Wanadoo ADSL» e una quota di mercato, che aumenta dal 50% in media nel 2001 al 72% nel 2004, nel segmento delle «offerte “a pacchetto ” di tipo eXtense».

201    Certamente, la WIN ha posto in dubbio la portata di tali documenti e specificamente il significato del termine «appropriazione prioritaria» [«préemption», in francese] in essi usato. A suo parere, tali affermazioni informali e spontanee, se non addirittura impulsive, sarebbero solo il riflesso della dialettica del processo decisionale ed impegnerebbero soltanto il loro autore e non l’impresa.

202    Tuttavia, occorre rilevare che tali affermazioni derivano da quadri appartenenti al personale direttivo dell’impresa e che alcune di esse sono state pronunciate nell’ambito di presentazioni ufficiali per organi decisionali o di una lettera quadro molto elaborata. Il loro carattere spontaneo e impulsivo appare quindi dubbio.

203    Peraltro, la WIN sostiene nel proprio ricorso, e soprattutto in alcuni allegati al medesimo, che la maggior parte dei documenti e delle dichiarazioni che le vengono addebitati sono estrapolati dal loro contesto e che la Commissione ha consapevolmente omesso di prendere in considerazione numerose dichiarazioni a discarico.

204    È giocoforza constatare che, nel suo ricorso, la WIN si è limitata a sostenere che la Commissione utilizza numerosi passaggi, estratti da documenti interni, che omette di collocare nel loro reale contesto. Un’affermazione così vaga non può consentire alla convenuta di predisporre le proprie difese e al Tribunale di decidere sul ricorso, se del caso, senza altre informazioni a sostegno (ordinanza Koelman/Commissione, cit. al punto 166 supra, punto 21). Sarebbe contrario alla funzione puramente probatoria e strumentale degli allegati che questi possano servire ai fini di una dimostrazione dettagliata di un’affermazione presentata in maniera insufficientemente chiara e precisa nel ricorso.

205    Occorre dunque respingere tale censura che la WIN intende derivare dalla presa in considerazione, al di fuori del loro contesto, di documenti che si pretendono a carico e dalla mancata considerazione di numerose dichiarazioni a discarico.

206    Ad abundantiam, occorre rilevare che, anche se si collocasse nel suo contesto il passaggio «non riusciremo ad appropriarci prioritariamente di questo mercato con un prezzo troppo alto», vale a dire facendolo precedere da «siamo sovrapposizionati in termini di prezzi» e facendolo seguire da «i nostri concorrenti saranno al di sotto in termini di prezzi», l’idea di un intento di esclusione della concorrenza non scompare.

207    Allo stesso modo, il passaggio «la nostra appropriazione prioritaria del mercato dell’ADSL è una necessità» non può essere letto in un modo differente da un’intenzione di «appropriazione prioritaria», anche se lo si ricolloca nel contesto, proposto dalla WIN, di una concorrenza generalizzata. Il fatto che la dichiarazione considerata dalla Commissione sia seguita dalla dichiarazione secondo cui «la realizzazione della concorrenza nell’ADSL provocherà un movimento di riduzione delle tariffe di Netissimo (al dettaglio e all’ingrosso) fin dall’inizio del 2001» e «la fissazione delle condizioni tariffarie della disaggregazione della rete locale contribui[rà] senza dubbio alla riduzione delle tariffe all’ADSL» non invalida la necessità espressa dalla WIN di «appropriarsi prioritariamente» del mercato.

208    Quanto al passaggio secondo cui «tra il 70% (…) e l’80% del mercato dell’ADSL deve ritornare alla Wanadoo», esso non è in realtà contestato. La WIN afferma semplicemente che non è fatta nessuna menzione di un eventuale ricorso a prezzi bassi e che non vi è pertanto alcuna connessione tra i prezzi fissati e i suoi obiettivi in termini di quote di mercato. Nondimeno, il fatto che il modo di pervenire ad ottenere tra il 70% e l’80% del mercato dell’ADSL non sia menzionato non toglie nulla all’obiettivo perseguito.

209    In ogni caso, tali dichiarazioni, che si trovano in documenti interni della società, costituiscono un indizio dell’esistenza di un disegno predatorio che è confortato da altri elementi.

210    Secondo i punti 279 e seguenti della decisione, l’intento di limitazione della concorrenza risulta anche dal fatto che la WIN sapeva che la sua strategia in materia di prezzi non redditizi, in combinazione con volumi di vendita importanti, non era sostenibile dai suoi concorrenti.

211    In un messaggio di posta elettronica destinato al presidente direttore generale della WIN, datato fine aprile 2001 (punto 279 della decisione e nota a piè di pagina n. 319), il responsabile dei servizi ADSL menziona i concorrenti che o non sottoscrivono l’offerta di servizi di supporto della France Télécom, o sono «allo stremo».

212    La WIN sapeva anche che l’impossibilità di seguire le sue tariffe al dettaglio senza subire perdite tratteneva l’AOL dall’ingresso nel mercato dell’alta velocità. Infatti un messaggio di posta elettronica della France Télécom al direttore del marketing strategico della WIN del 29 giugno 2001 include in allegato un intervento del presidente direttore generale dell’AOL France, avente il seguente tenore letterale (nota a piè di pagina n. 321 della decisione):

«Sin dal tempo in cui il nostro azionista era la Cégétel, avevamo lanciato un’offerta con la Monaco Telecom e disponevamo di 500 abbonati. Non l’abbiamo lanciata in Francia, poiché l’offerta di rivendita ADSL della France Télécom non ci permette oggi di guadagnare soldi. Tecnicamente siamo pronti, ma non abbiamo la vocazione a perdere soldi».

213    Risulta anche da un documento intitolato «Analisi di nota – Telecomunicazioni – Il punto sulla normativa Internet in Francia», del 20 luglio 2001, che la WIN aveva analizzato in dettaglio i vantaggi di cui essa beneficiava nella sua qualità di primo attore del mercato (punto 280 e nota in calce n. 322 della decisione). Tale documento metteva in evidenza che un concorrente, che disponesse di un traffico inferiore a quello della WIN, avrebbe beneficiato di margini sui costi di rete inferiori di diversi punti rispetto a quelli previsti per la WIN.

214    Da quanto precede risulta che la presentazione da parte della WIN nel 2001 e all’inizio del 2002 di obiettivi commerciali alquanto ambiziosi, che un’impresa non dominante poteva avere difficoltà a raggiungere nelle condizioni di redditività sfavorevoli del momento, aveva per effetto di scoraggiare le imprese rivali. Ciò derivava dall’obiettivo di esclusione della concorrenza perseguito dall’impresa.

215    Sulla base dell’insieme delle considerazioni che precedono, è giocoforza constatare che la Commissione ha fornito indizi gravi e concordanti in merito all’esistenza di un disegno predatorio durante tutto il periodo d’infrazione. La logica alla quale obbedisce tale strategia risulta chiaramente da una nota della direzione strategica della WIN, datata dicembre 2001, secondo cui:

«L’alta velocità e il mercato dell’ADSL obbediranno ancora per alcuni anni a una logica di conquista, poiché l’obiettivo strategico sarà di guadagnare una posizione dominante in termini di quote di mercato, mentre la fase di redditività interverrà solo successivamente».

216    Conformemente alla sentenza AKZO/Commissione, citata al precedente punto 100, e alle sentenze 6 ottobre 1994 e 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, citate al precedente punto 130, la Commissione ha pertanto dimostrato i due elementi che richiede la prova di una pratica di prezzi predatori inferiori ai costi totali da parte di un’impresa dominante.

217    Gli argomenti avanzati dalla WIN sulle economie di scala e gli effetti dell’apprendimento, che giustificherebbero, nella fattispecie, i prezzi al di sotto dei costi, non sono di natura tale da rimettere in causa la conclusione alla quale è giunto il Tribunale. Infatti, l’impresa che pratica prezzi predatori può beneficiare di economie di scala e di effetti dell’apprendimento a causa di una produzione aumentata proprio grazie a tale pratica. Le economie di scala e gli effetti dell’apprendimento ottenuti non possono quindi esonerare l’impresa dalla sua responsabilità ai sensi dell’art. 82 CE.

218    Ne consegue che la censura relativa all’assenza di una strategia predatoria non può essere accolta.

 Sul recupero delle perdite

–       Argomenti delle parti

219    La WIN sostiene che il recupero delle perdite costituisce una componente integrale del test sulla strategia predatoria di cui la Commissione deve fornire la prova. Essa ritiene che, se l’impresa in posizione dominante non può ragionevolmente sperare di ridurre la concorrenza nel lungo periodo per recuperare le perdite, in particolare perché l’ingresso nel mercato considerato è facile, non sia razionale per essa impegnarsi in una politica di prezzi predatori. In tale ipotesi, la politica di bassi prezzi condotta dall’impresa troverebbe necessariamente la sua spiegazione al di fuori di una strategia predatoria.

220    Secondo la WIN, tale posizione è condivisa dalla totalità della dottrina economica e giuridica, così come da numerosi organi giurisdizionali e autorità di vigilanza sulla concorrenza, tra le quali figurano quelle degli Stati Uniti, ma anche quelle di diversi Stati membri dell’Unione europea. La stessa giurisprudenza comunitaria non avrebbe mai escluso che si debba procedere ad una tale dimostrazione.

221    Orbene, le condizioni di concorrenza sul mercato dell’accesso ad Internet ad alta velocità sarebbero totalmente differenti da quelle che il Tribunale e la Corte hanno avuto modo di accertare nelle precedenti cause in materia di strategie predatorie. Infatti, le barriere all’ingresso in tale mercato sarebbero basse, la crescita sarebbe forte, la situazione concorrenziale non sarebbe rigida e sarebbero numerosi i nuovi operatori effettivi e potenziali. La Commissione commetterebbe quindi un grave errore di diritto nel sostenere che non sarebbe necessaria la dimostrazione del recupero delle perdite.

222    Peraltro, secondo la WIN, la Commissione ha commesso un altro errore manifesto di valutazione, accompagnato da un errore di diritto, nel ritenere di aver fornito la prova di una possibilità di recupero delle perdite.

223    La Commissione afferma che la dimostrazione di un recupero delle perdite non costituisce un presupposto per la constatazione di prezzi predatori contrari all’art. 82 CE. Essa ritiene che la giurisprudenza sia chiara a tale riguardo. A titolo subordinato, la Commissione rileva che il recupero delle perdite è reso plausibile, nella presente fattispecie, dalla struttura del mercato e dalle prospettive di ricavi ad esso associate.

–       Giudizio del Tribunale

224    Nella sentenza AKZO/Commissione, citata al precedente punto 100 (punti 71 e 72), la Corte ha sancito l’esistenza di due diversi metodi di analisi per verificare se un’impresa abbia o meno praticato prezzi predatori. In primo luogo, vanno sempre considerati abusivi i prezzi inferiori alla media dei costi variabili. In questo caso, non è immaginabile una finalità economica diversa dall’eliminazione di un concorrente, dal momento che ogni unità prodotta e venduta comporta una perdita per l’impresa. In secondo luogo, prezzi inferiori alla media dei costi totali, ma superiori alla media dei costi variabili devono essere considerati abusivi soltanto quando si possa dimostrare l’esistenza del disegno di eliminazione di un concorrente (sentenza 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, citata al punto 130 supra, punto 41).

225    Nella sua sentenza 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, citata al precedente punto 130 (punti 42 e 43), la Corte ha constatato che, nella sentenza impugnata, il Tribunale aveva seguito lo stesso ragionamento, che essa ha avallato. La Corte ha spiegato quanto segue:

«42 (…) Per quanto riguarda i cartoni non asettici, in Italia, tra il 1976 e il 1981, [il Tribunale] ha rilevato che i prezzi erano largamente inferiori alla media dei costi variabili. Non era dunque necessaria la prova dell’intento di eliminazione dei concorrenti. Nel 1982 il prezzo dei cartoni si situava tra la media dei costi variabili e la media dei costi totali. Per questo motivo, al punto 151 della sentenza impugnata, il Tribunale ha cercato di dimostrare, senza peraltro essere criticato a questo proposito dalla ricorrente, che la Tetra Pak intendeva eliminare un concorrente.

43 Parimenti a giusto titolo il Tribunale, ai punti 189-191 della sentenza impugnata, ha svolto esattamente lo stesso ragionamento riguardo alle vendite di macchine non asettiche nel Regno Unito tra il 1981 e [il] 1984».

226    Riguardo al recupero delle perdite la Corte ha aggiunto, al punto 44 della citata sentenza, quanto segue:

«(…) [N]elle circostanze del caso di specie, non sarebbe opportuno esigere anche, come prova supplementare, la dimostrazione del fatto che la Tetra Pak disponeva di una effettiva possibilità di recupero delle perdite subite. Infatti, una pratica di prezzi predatori deve potersi sanzionare non appena sussista il rischio di eliminazione dei concorrenti. Ebbene, nella fattispecie il Tribunale ha riscontrato un simile rischio ai punti 151 e 191 della sentenza impugnata. L’obiettivo perseguito, che è quello di preservare una concorrenza non falsata, non consente di aspettare che una strategia del genere pervenga all’effettiva eliminazione dei concorrenti».

227    Seguendo la giurisprudenza comunitaria, la Commissione poteva dunque considerare abusivi i prezzi inferiori alla media dei costi variabili. In tale caso, il carattere eliminatorio di una tale pratica in materia di prezzi è presunto (v., in tal senso, sentenza 6 ottobre 1994, Tetra Pak/Commissione, cit. al punto 130 supra, punto 148). Per ciò che riguarda i costi totali, la Commissione doveva fornire in più la prova che la pratica di prezzi predatori della WIN si iscriveva nell’ambito di un disegno volto ad «appropriarsi prioritariamente» del mercato. In entrambe le ipotesi, non era necessario dimostrare, a titolo di prova supplementare, che la WIN avesse la reale possibilità di recuperare le sue perdite.

228    È pertanto a giusto titolo che la Commissione ha considerato che la dimostrazione di un recupero delle perdite non costituiva una condizione per la constatazione di una pratica di prezzi predatori.

229    Viceversa, secondo le sentenze 6 ottobre 1994 e 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, citate al precedente punto 130, e AKZO/Commissione, citata al precedente punto 100, occorre verificare, nel caso di prezzi inferiori ai costi totali ma superiori ai costi variabili, se essi si inseriscano nell’ambito di un disegno di eliminazione della concorrenza. Orbene, al precedente punto 215, il Tribunale è giunto alla conclusione che la Commissione abbia fornito indizi gravi e concordanti in merito all’esistenza di un disegno predatorio durante tutto il periodo d’infrazione.

230    Occorre pertanto respingere tutti i motivi proposti a sostegno della domanda di annullamento della decisione.

II –  Sulle conclusioni in subordine, volte all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda

231    In via subordinata, la WIN contesta l’ammontare dell’ammenda che le è stata inflitta e domanda l’annullamento o una riduzione notevolissima di tale sanzione. Essa deduce, a sostegno di tali conclusioni, la violazione del principio di personalità e di legalità della pena, l’assenza di effetti delle pratiche in causa, la determinazione errata della durata dell’infrazione e la violazione del principio di proporzionalità.

A –  Violazione dei principi di personalità e di legalità della pena

1.     Sulla violazione del principio di personalità della pena

a)     Argomenti delle parti

232    Secondo la WIN, la Commissione ha violato il principio di personalità della pena, poiché si è fondata su comportamenti della France Télécom per sanzionarla. Da un lato, la Commissione avrebbe ammesso che è l’intervento della France Télécom che ha posto fine all’infrazione. Dall’altro, la Commissione avrebbe preso in considerazione il comportamento della France Télécom per valutare il carattere doloso dell’infrazione imputata alla WIN. 

233    La Commissione respinge tale motivo rinviando essenzialmente alla sua risposta allo stesso motivo avanzato dalla WIN nell’ambito della sua domanda principale. La Commissione aggiunge che l’intento eliminatorio della WIN è sufficientemente provato da documenti interni dell’impresa, mentre i riferimenti occasionali alla France Télécom non sono assolutamente determinanti.

b)     Giudizio del Tribunale

234    Tale motivo coincide in gran parte con quello dedotto a titolo principale dalla WIN nell’ambito del suo ricorso d’annullamento. Occorre quindi rinviare ai precedenti punti 66-71.

235    Peraltro, stabilire la fine dell’infrazione della WIN alla data della riduzione delle tariffe praticate dalla France Télécom non equivale a fondarsi sul comportamento di quest’ultima per sanzionare la WIN. L’infrazione in questione è imputata molto chiaramente alla WIN e non alla France Télécom. La WIN avrebbe potuto essa stessa far cessare l’infrazione prima dell’intervento della France Télécom e senza tale intervento. Il fatto che la fine dell’infrazione non risulti da un comportamento della WIN non toglie nulla all’infrazione di questa. L’infrazione è connessa direttamente al livello dei costi. Siccome alcuni di tali costi derivano direttamente dai prezzi stabiliti dalle imprese fornitrici, la fine dell’infrazione può logicamente risultare in certi casi dal comportamento di tali imprese.

236    Occorre dunque respingere tale argomento, relativo alla violazione del principio di personalità della pena.

2.     Sul motivo relativo alla violazione del principio di legalità della pena

a)     Argomenti delle parti

237    Secondo la WIN, la decisione l’ha sanzionata sul fondamento di due nuovi criteri giuridici. Da un lato, sulla questione dell’allineamento, vi sarebbe un capovolgimento totale da parte della Commissione riguardo alla sua prassi decisionale anteriore. Dall’altro, la Commissione avrebbe usato un test sulla strategia predatoria inedito ed imprevedibile.

238    Non vi sarebbero precedenti in materia di prezzi predatori in un mercato emergente. La Commissione applicherebbe per la prima volta il metodo di calcolo che essa ha utilizzato nella fattispecie definendolo nel corso del procedimento. Seguendo il metodo adottato da diverse autorità nazionali di vigilanza sulla concorrenza, la WIN ritiene che essa potesse legittimamente considerare che i suoi prezzi non erano predatori.

239    La Commissione sostiene, da parte sua, che l’art. 82 CE e l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 costituiscono gli unici fondamenti normativi dell’imposizione dell’ammenda nella presente causa e che tali disposizioni non sono assolutamente nuove. Essa deduce la giurisprudenza costante, secondo cui la sua prassi decisionale anteriore non serve di per se stessa come quadro giuridico ai fini dell’imposizione di ammende in materia di concorrenza.

240    Essa aggiunge, ad abundantiam, che, nella giurisprudenza, una pratica di prezzi predatori è già stata qualificata come violazione dell’art. 82 CE.

b)     Giudizio del Tribunale

241    La WIN non può pretendere che il comportamento sanzionato non costituisse un’infrazione nel momento in cui esso è stato commesso. Infatti, ogni sfruttamento abusivo da parte di un’impresa della sua posizione dominante nel mercato comune o in una parte sostanziale di questo rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 82 CE.

242    Secondo una giurisprudenza costante, l’elencazione delle pratiche abusive, contenuta all’art. 82 CE, non esaurisce i modi di sfruttamento abusivo di posizione dominante vietati dal Trattato (sentenze della Corte 21 febbraio 1973, causa 6/72, Europemballage e Continental Can/Commissione, Racc. pag. 215, punto 26, e 16 marzo 2000, cause riunite C‑395/96 P e C‑396/96 P, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, Racc. pag. I-1365, punto 112).

243    Peraltro, una pratica di prezzi predatori è già stata qualificata come violazione dell’art. 82 CE. Essa è stata sanzionata dalla Commissione e ha dato luogo alla sentenza AKZO/Commissione, citata al precedente punto 100, e alle sentenze 6 ottobre 1994 e 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, citate al precedente punto 130, che hanno applicato un test sulla strategia predatoria fondato sulla distinzione tra costi variabili e costi totali, quale quello usato nella presente fattispecie.

244    Tuttavia, la Commissione ha adattato tale test nella fattispecie, spalmando in modo favorevole alla WIN i costi di acquisizione della clientela per tener conto delle caratteristiche del mercato in questione.

245    A tale riguardo è giocoforza constatare che l’applicazione del metodo utilizzato in tali cause avrebbe potuto permettere in ogni caso alla WIN di prevedere che essa sarebbe eventualmente incorsa in una condanna ai sensi dell’art. 82 CE. La WIN non può dedurre il fatto che essa non ha potuto prevedere un adattamento di tale metodo, ad essa favorevole.

246    Non risulta, inoltre, dalla prassi decisionale della Commissione né dalla giurisprudenza che la WIN potesse legittimamente attendersi il riconoscimento, nelle circostanze della fattispecie, di un diritto di allinearsi ai prezzi dei suoi concorrenti (v. punti 176-187 supra), né l’applicazione del metodo dei flussi di cassa attualizzati (punti 153 e 156 supra), né la considerazione dei margini successivi alla fine dell’infrazione (v. punto 152 supra). Peraltro, il mercato non era più nella fase di partenza durante il periodo considerato (v. punto 106 supra).

247    La WIN ha tuttavia dedotto la decisione della Commissione 20 marzo 2001, 2001/354/CE, in un procedimento a norma dell’articolo 82 (…) CE (Caso COMP/35.141 – Deutsche Post AG) (GU L 125, pag. 27, punto 47), nella quale la Commissione non ha imposto ammende per la mancata copertura dei costi incrementali, poiché fino ad allora non era stato chiarito quale criterio di copertura dei costi si dovesse applicare ai servizi forniti in regime di concorrenza da un’impresa fornitrice di più prodotti o di più servizi che godesse di un settore riservato.

248    In tale vicenda, il denunciante aveva sostenuto che la Deutsche Post AG utilizzava i ricavi derivanti dalle sue attività redditizie di invio di posta, le quali costituivano il suo settore riservato, per finanziare vendite in perdita nel settore dei servizi di inoltro di pacchi commerciali, al fine di escludere i suoi concorrenti da tale settore. Nella sua decisione la Commissione ha sanzionato la concessione di sconti di fedeltà da parte della Deutsche Post, condannandola a tale titolo ad un’ammenda di EUR 24 milioni. Tuttavia, l’ammenda imposta non riguardava l’inoltro di pacchi a prezzi inferiori ai costi incrementali.

249    Occorre rilevare che la situazione della Deutsche Post presentava, in tale caso, caratteristiche molto particolari. L’impresa esercitava attività rientranti, a seconda delle ipotesi, nel monopolio fondato sui suoi compiti di interesse generale o in un ambito concorrenziale. Tale caso presentava quindi il problema della definizione del criterio di copertura dei costi per un’impresa che disponeva di un settore riservato e che poteva utilizzare i guadagni realizzati in tale settore per coprire le sue perdite in un altro settore aperto alla concorrenza. In un contesto simile, l’impresa poteva avere incertezze quanto alle regole applicabili. Orbene, la situazione della WIN, che operava esclusivamente sul mercato concorrenziale, non può essere comparata a quella della Deutsche Post e, a tale riguardo, è da comparare piuttosto con quelle dell’AKZO e della Tetra Pak.

250    Peraltro, occorre rilevare che, benché non imponga ammende per tale ragione, la decisione 2001/354 constata effettivamente, nel suo art. 2, una violazione dell’art. 82 CE commessa dalla Deutsche Post, poiché essa offriva di assicurare il trasporto dei colli per il settore della vendita per corrispondenza a prezzi inferiori ai costi incrementali. Poiché tale decisione è stata resa il 20 marzo 2001 ed è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 5 maggio 2001, la WIN doveva quindi sapere all’epoca dell’infrazione controversa – marzo 2001-ottobre 2002 – che condotte di tal genere costituivano un’infrazione. Si rileva anche che, nell’ambito della presente causa, è la stessa WIN che si è opposta al ricorso ai costi incrementali e si è rallegrata, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti supplementare, che la Commissione avesse abbandonato tale metodo. Quindi, la WIN non può rimproverare adesso alla Commissione tale cambiamento.

251    Infine, ad ogni modo, anche supponendo che, benché la pratica dei prezzi predatori non costituisca una nuova infrazione, occorresse tenere in considerazione le caratteristiche proprie del mercato dell’accesso a Internet ad alta velocità, la decisione della Commissione di non irrogare un’ammenda in una decisione anteriore, data l’indole relativamente nuova delle infrazioni accertate, non può conferire un’immunità alle imprese che commettono infrazioni non sanzionate dalla Commissione fino a quel momento. Infatti, proprio nell’ambito specifico di ciascun caso la Commissione, nell’esercizio della sua discrezionalità, decide dell’opportunità di irrogare un’ammenda onde punire l’infrazione accertata e salvaguardare l’efficacia del diritto della concorrenza (sentenza del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96, SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. II‑1739, punto 239).

252    Di conseguenza, la Commissione nella fattispecie non ha violato il principio di legalità della pena.

B –  Assenza di effetti delle pratiche in causa

1.     Argomenti delle parti

253    Secondo la WIN, la Commissione non è stata in grado di fornire la prova di un qualunque effetto delle asserite pratiche della WIN nel mercato. Quindi, anche a tale titolo, l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta dovrebbe essere ridotto.

254    Quanto alla sua quota di mercato, la WIN sostiene che la Commissione stessa afferma nella sua decisione che essa si manterrebbe intorno al 50% allorquando essa si elevava al 72% nell’ottobre del 2002, data della cessazione dell’infrazione, il che significherebbe una riduzione di un terzo in solo nove mesi. Ciò sarebbe sufficiente a dimostrare che le strutture del mercato non sono state pregiudicate in modo duraturo dalle sue pretese pratiche anticoncorrenziali.

255    In più, anche durante il periodo controverso, la concorrenza sarebbe stata molto vivace sul mercato dell’accesso ad Internet. Nel settembre 2002 vi sarebbero state più di 70 offerte destinate ai consumatori. Nuovi FAI sarebbero entrati nel mercato, mentre i prezzi delle offerte sarebbero diminuiti sotto l’impulso dei concorrenti. Lo sviluppo dei concorrenti non sarebbe stato ostacolato e la scomparsa della società Mangoosta non sarebbe imputabile alla WIN. 

256    La WIN considera a tal riguardo che l’affermazione della Commissione secondo cui le pretese pratiche della WIN avrebbero pregiudicato profondamente la struttura del mercato costituisce una semplice presunzione che non è corroborata da alcun fatto concreto che dimostri le difficoltà effettive dei concorrenti della WIN. 

257    La Commissione contesta i dati forniti dalla WIN, sostenendo che essi concernono alternativamente la totalità dell’attività di fornitura d’accesso ad Internet, mescolando l’alta e la bassa velocità, o il segmento della fornitura d’accesso ad Internet ad alta velocità ADSL, in funzione di ciò che è più favorevole alle tesi della WIN. 

258    La Commissione afferma che un confronto tra l’aumento delle vendite dei differenti attori presenti sul mercato durante il 2001 fino all’autunno del 2002 indica chiaramente che la strategia della WIN le ha permesso di contenere la concorrenza e di rafforzare la sua posizione. Non vi sarebbero stati, ad esempio, nuovi ingressi significativi nel mercato durante il periodo controverso.

2.     Giudizio del Tribunale

259    Conformemente agli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende»), la valutazione della gravità dell’infrazione deve tener conto della natura propria dell’infrazione, il suo impatto concreto sul mercato e l’estensione del mercato geografico rilevante.

260    Orbene, la WIN ha negato che l’infrazione in questione abbia avuto un impatto sul mercato. Tuttavia, differenti elementi provano il contrario.

261    In primo luogo, la quota della WIN sul mercato dell’alta velocità, in un primo momento, è aumentata dal 50% al 72% (punto 400 e tabella 8 della decisione) tra l’inizio dell’infrazione e l’agosto del 2002 anche se, secondo i dati forniti dalla WIN nella sua risposta ai quesiti scritti posti dal Tribunale, essa si è in seguito ridotta per raggiungere il 63,6% nell’ottobre del 2002. Peraltro, occorre evidenziare che il concorrente più vicino alla WIN deteneva una quota di mercato dell’8%, mentre gli altri concorrenti si situavano tutti al di sotto del 2,5% (punto 376 della decisione). Risulta dalla tabella 9 della decisione, la quale non è stata contestata dalla WIN, che durante tutto il periodo la WIN ha aumentato il suo scarto rispetto al primo concorrente in modo notevole.

262    In secondo luogo, un concorrente, la società Mangoosta, è scomparso dal mercato (punto 400 della decisione). Certamente, la WIN ritiene che il fallimento della Mangoosta sia dovuto esclusivamente a scelte strategiche particolarmente arrischiate e in nessun caso alla politica di prezzi della WIN. Tuttavia, occorre rilevare che, avendo lanciato i suoi prodotti ad un prezzo leggermente superiore a quello della WIN, la Mangoosta aveva perdite tali che alla fine ha innalzato i suoi prezzi del 20% nel marzo del 2001, ciò che non ha impedito che fosse posta in amministrazione controllata il 2 agosto 2001 (punto 384 della decisione). La scomparsa di un concorrente molto marginale che praticava tariffe inferiori ai propri costi, ma leggermente superiori ai prezzi della WIN costituisce, per lo meno, nella fattispecie, un elemento a testimonianza della difficoltà di penetrare nel mercato.

263    In terzo luogo, durante il periodo considerato, si è registrata una forte diminuzione delle quote di mercato degli operatori via cavo concorrenti (tabella 14 della decisione), mentre i concorrenti sul segmento dell’ADSL erano mantenuti a livelli di penetrazione molto bassi. La WIN non nega la diminuzione delle quote di mercato degli operatori via cavo, ritenendo però che essa non sia dovuta alla sua politica di prezzi, ma allo sviluppo dell’ADSL a detrimento del cavo. Occorre nondimeno evidenziare che nel settembre del 2001 la WIN riteneva che gli operatori via cavo fossero gli unici veri concorrenti sul mercato d’accesso ad Internet ad alta velocità (nota a piè di pagina n. 444 della decisione) e che l’ADSL costituisse un «mercato alla fine del 2001 da [essa] dominato, ma nell’insieme poco attivo».

264    In quarto luogo, le pratiche della WIN hanno avuto un effetto dissuasivo sull’ingresso o lo sviluppo dei concorrenti. Diversi di questi hanno infatti confermato che era impossibile per essi allinearsi ai prezzi della WIN, tenuto conto dei costi sopportati, senza registrare perdite (v. punto 379 e nota a piè di pagina n. 451 della decisione). I nuovi ingressi sono stati, del resto, marginali. La WIN ha menzionato il caso delle società Dixinet e Net pratique. Tuttavia, alla fine dell’agosto 2002, la Dixinet aveva solo dieci abbonati ai suoi servizi ADSL e di telefonia, mentre la Net pratique, la quale ha lanciato il suo servizio solo nell’estate del 2002, vale a dire alla fine dell’infrazione, contava solo 1 400 abbonati sei mesi più tardi.

265    A tale riguardo l’argomento della WIN, che attribuisce la lentezza d’espansione di taluni concorrenti ad una scelta strategica e alla volontà di concentrarsi sulla bassa velocità a detrimento dell’ADSL, considerato privo di prospettive, non è convincente. Benché sia vero che taluni concorrenti abbiano potuto all’inizio dubitare dello sviluppo dell’alta velocità, non si può presumere che abbiano mantenuto tale opinione di fronte alla crescita importante di tale mercato. L’azione avviata dalla società T-Online, fornitrice d’accesso ad Internet con il marchio Club Internet, dinanzi alle autorità francesi della concorrenza fa piuttosto presumere il contrario. Allo stesso modo, la dichiarazione del presedente direttore generale dell’AOL France, citata al precedente punto 212, fa pensare che la ragione dell’assenza di tale impresa sul mercato dell’alta velocità fosse all’epoca connessa alle perdite che essa avrebbe subìto a causa dell’offerta elevata della WIN e non alla sua volontà di limitarsi alla bassa velocità.

266    Riguardo all’argomento della WIN secondo cui i consumatori non sono stati danneggiati dalle sue pratiche in materia di prezzi, ma ne sono stati, invece, i beneficiari, occorre ricordare che la Corte ha affermato che l’art. 82 CE non riguarda soltanto le pratiche suscettibili di causare direttamente un danno ai consumatori, bensì anche quelle che recano loro pregiudizio, modificando un regime di concorrenza effettiva (sentenza Europemballage e Continental Can/Commissione, cit. al punto 242 supra, punto 26).

267    Occorre pertanto respingere tale motivo relativo all’assenza di effetti delle pratiche in causa.

C –  Determinazione errata della durata dell’infrazione

1.     Argomenti delle parti

268    La WIN sostiene, da un lato, che la fine dell’infrazione che le viene addebitata è dovuta, secondo la Commissione, alla riduzione delle tariffe praticata dalla France Télécom il 15 ottobre 2002. Orbene, la France Télécom avrebbe annunciato tale riduzione fin dall’aprile del 2002, mentre l’attuazione di tale misura è stata ritardata dal processo di omologazione dell’Autorité de régulation des télécommunications (Autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni; in prosieguo: l’«ART»). Quindi, la WIN non potrebbe essere comunque ritenuta responsabile dell’infrazione oltre il mese di marzo 2002, di modo che la durata dell’infrazione dovrebbe essere solo di tredici mesi.

269    D’altro canto, la Commissione avrebbe considerato nella sua decisione una durata dell’infrazione superiore a quella considerata nelle comunicazioni degli addebiti. Il Tribunale dovrebbe constatare dunque che la durata dell’infrazione imputabile alla WIN è al massimo di 17 mesi e, quindi, dovrebbe ridurre l’ammenda di conseguenza.

270    A tale ultimo argomento la Commissione risponde che non si possono interpretare le comunicazioni degli addebiti come se esse avessero enunciato una durata limitativa dell’infrazione, allorquando essa era ancora in corso.

271    Quanto all’argomento relativo al ritardo verificatosi nella riduzione delle tariffe della France Télécom a causa del processo di omologazione dell’ART, la Commissione ritiene che la WIN non possa avvalersene.

2.     Giudizio del Tribunale

272    Per ciò che riguarda il preteso allungamento della durata dell’infrazione rispetto alle comunicazioni degli addebiti, occorre rinviare ai precedenti punti 49-52, da cui risulta che tale argomento dev’essere respinto.

273    Riguardo all’annuncio fatto dalla France Télécom della riduzione delle sue tariffe all’ingrosso a partire dall’aprile 2002, occorre evidenziare che l’infrazione non è terminata a tale data, bensì al momento dell’applicazione effettiva di tale riduzione delle tariffe. In modo meccanico, tale riduzione delle tariffe della France Télécom ha generato una riduzione dei costi. I prezzi della WIN hanno smesso di essere inferiori a suoi costi totali e l’infrazione è terminata. Senza attendere tale riduzione delle tariffe della France Télécom, la WIN avrebbe potuto in ogni momento porre fine all’infrazione, ad esempio attraverso un innalzamento delle sue tariffe o riducendo altre voci di costo. Essa non ha tuttavia adottato alcun provvedimento in tale senso.

274    Ne risulta che non occorre ridurre l’importo dell’ammenda inflitta in considerazione della pretesa durata dell’infrazione.

D –  Violazione del principio di proporzionalità

1.     Argomenti delle parti

275    La WIN lamenta, in primo luogo, l’assenza di considerazione, nella determinazione dell’importo dell’ammenda, del suo atteggiamento di cooperazione e trasparenza. Essa critica, in secondo luogo, il fatto che la Commissione non abbia considerato l’eliminazione progressiva dell’infrazione, né al momento della determinazione dell’importo di base dell’ammenda né a titolo di circostanza attenuante. La portata dell’infrazione sarebbe stata ridotta a partire dall’agosto 2001 a causa di una riduzione delle tariffe all’ingrosso da parte della France Télécom, addirittura prima che quest’ultima fosse informata delle indagini della Commissione. La France Télécom non avrebbe smesso di dimostrare la sua volontà permanente di risolvere il più velocemente possibile il problema rilevato dalla Commissione.

276    La Commissione considera che non vi sono circostanze attenuanti o aggravanti nel caso di specie.

2.     Giudizio del Tribunale

277    Riguardo, in primo luogo, alla pretesa collaborazione, secondo una giurisprudenza costante, una collaborazione all’inchiesta che non oltrepassi quanto risulta dagli obblighi che incombono alle imprese in forza dell’art. 11, nn. 4 e 5, del regolamento n. 17 non giustifica una riduzione dell’ammenda (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-12/89, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-907, punti 341 e 342, e 14 maggio 1998, causa T‑317/94, Weig/Commissione, Racc. pag. II‑1235, punto 283).

278    Al punto 412 della decisione, la Commissione menziona il fatto che la WIN ha dedotto come circostanza attenuante la sua trasparenza e la sua piena cooperazione nello svolgimento del presente procedimento. La Commissione constata tuttavia «che l’impresa si è semplicemente conformata in modo normale agli obblighi di informazione della Commissione che le incombono in virtù del regolamento n. 17».

279    Nel suo ricorso, la WIN sostiene che la Commissione non ha tenuto conto del fatto che essa ha sempre cooperato pienamente al procedimento e ha adottato un comportamento totalmente trasparente. La WIN aggiunge che è d’altra parte su suo invito che la Commissione ha effettuato una visita presso i suoi uffici e si è procurata copie dei documenti relativi ai suoi costi e all’elaborazione delle sue offerte commerciali. Né il suo ricorso né la sua replica contengono altre precisazioni su tale cooperazione.

280    È giocoforza constatare che la WIN non ha fornito alcun elemento di natura tale da invalidare l’affermazione secondo cui essa si è semplicemente conformata agli obblighi che le incombevano in virtù del regolamento n. 17. La WIN non prova in particolare che sia stata essa stessa ad invitare la Commissione nei suoi uffici prima dell’avvio dell’indagine. Infatti, la Commissione afferma, nel suo controricorso, che la ricorrente non può derivare una circostanza attenuante dal fatto che la Commissione si sia accontentata di effettuare tali verifiche in loco sulla base dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 17 «fissando un appuntamento con l’impresa nei suoi uffici».

281    A titolo subordinato, anche supponendo che fosse accertato, il fatto che essa stessa abbia potuto invitare la Commissione ad effettuare una visita nella sua sede, senza attendere che quest’ultima ordinasse verifiche mediante decisione, non può essere sufficiente a provare una cooperazione stretta a tal punto da giustificare la sua presa in considerazione a titolo di circostanza attenuante. Occorre rilevare che l’art. 14 del regolamento n. 17 prevede che, per l’assolvimento dei compiti che le sono affidati dall’art. 81 CE, la Commissione possa procedere a tutti gli accertamenti necessari presso le imprese. Gli agenti da essa incaricati possono, in particolare, accedere a tutte le sedi e procurarsi copie dei documenti aziendali. Gli accertamenti della Commissione possono essere effettuati in base a un semplice mandato (art. 14, n. 2) o ordinati mediante decisione (art. 14, n. 3). Il fatto che la Commissione non abbia proceduto nella fattispecie mediante decisione non può implicare, di per se stesso, una «collaborazione effettiva dell’impresa alla procedura» ai sensi degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA.

282    Quanto, in secondo luogo, agli argomenti relativi all’eliminazione progressiva dell’infrazione, occorre sottolineare, da un lato, che la WIN non ha essa stessa adottato alcun provvedimento in tal senso. Essa non può dedurre a suo discarico gli sforzi effettuati dalla France Télécom. D’altro canto, anche se le mosse di quest’ultima hanno potuto avere un’incidenza positiva sul mercato prima della fine dell’infrazione, esse non possono modificare la qualificazione dell’infrazione commessa dalla WIN, rendendola meno grave. Infatti, i prezzi predatori praticati dalla WIN sul mercato in questione costituiscono un’infrazione grave alle norme in materia di concorrenza. Il fatto che l’intensità di certi elementi del comportamento abusivo abbia potuto variare durante il periodo controverso non può modificare tale qualificazione (v., in tal senso, sentenza 30 settembre 2003, Michelin/Commissione, cit. al punto 195 supra, punto 278).

283    Risulta da quanto precede che non si deve accogliere il motivo proposto dalla WIN riguardo alla violazione del principio di proporzionalità, di modo che le conclusioni volte all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda devono essere respinte.

284    Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, occorre quindi respingere il ricorso.

 Sulle spese

285    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.

Vilaras

Martins Ribeiro

Dehousse

Šváby

 

      Jürimäe

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 gennaio 2007.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Vilaras

Indice


Fatti e procedimento

Conclusioni delle parti

In diritto

I –  Sulla domanda di annullamento della decisione

A –  Sul motivo relativo alla violazione dei diritti della difesa e delle forme sostanziali

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

B –  Sul motivo relativo ad un difetto di motivazione

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

C –  Sul motivo relativo alla violazione del principio della personalità della pena

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

D –  Sulla violazione dell’art. 82 CE

1.  Sulla posizione dominante

a)  Sull’erronea definizione del mercato

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

b)  Sull’esame lacunoso della posizione dominante

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2.  Sull’abuso di posizione dominante

a)  Sulla censura relativa al test di copertura dei costi

Sull’errore di metodo per calcolare il tasso di copertura dei costi

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sugli errori di calcolo al momento dell’applicazione del metodo adottato

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

b)  Sulla censura relativa al test sulla strategia predatoria

Sulla giustificazione relativa ad un diritto della WIN di allinearsi ai prezzi dei suoi concorrenti

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulla pretesa assenza di una strategia predatoria e di riduzione della concorrenza

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sul recupero delle perdite

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

II –  Sulle conclusioni in subordine, volte all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda

A –  Violazione dei principi di personalità e di legalità della pena

1.  Sulla violazione del principio di personalità della pena

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

2.  Sul motivo relativo alla violazione del principio di legalità della pena

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

B –  Assenza di effetti delle pratiche in causa

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

C –  Determinazione errata della durata dell’infrazione

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

D –  Violazione del principio di proporzionalità

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

Sulle spese



* Lingua processuale: il francese.