Language of document : ECLI:EU:T:2019:639

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

20 settembre 2019 (*)

«REACH – Definizione di un elenco di sostanze candidate all’eventuale inclusione nell’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1907/2006 – Integrazione all’iscrizione relativa alla sostanza bisfenolo A in tale elenco – Articoli 57 e 59 del regolamento n. 1907/2006 – Errore manifesto di valutazione – Certezza del diritto – Legittimo affidamento – Proporzionalità»

Nella causa T‑636/17,

PlasticsEurope, con sede a Bruxelles (Belgio), rappresentata da R. Cana, É. Mullier e F. Mattioli, avvocati,

ricorrente,

contro

Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), rappresentata da M. Heikkilä, M.W. Broere, C. Buchanan e A. Hautamäki, in qualità di agenti, assistiti inizialmente da S. Raes, avvocato,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica francese, rappresentata inizialmente da D. Colas, E. de Moustier e J. Traband, successivamente da D. Colas, J. Traband e A.‑L. Desjonquères, in qualità di agenti,

e da

ClientEarth, con sede a Londra (Regno Unito), rappresentata da P. Kirch, avvocato,

intervenienti

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione ED/30/2017 del direttore esecutivo dell’ECHA, del 6 luglio 2017, con la quale la voce esistente relativa al bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate all’eventuale inclusione nell’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE della Commissione (GU 2006, L 396, pag. 1, rettifica in GU 2007, L 136, pag. 3), conformemente all’articolo 59 di tale regolamento, è stata integrata nel senso che il bisfenolo A è stato identificato anche come sostanza avente proprietà che perturbano il sistema endocrino e che possono avere effetti gravi per la salute umana che danno adito a un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento, il tutto ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del medesimo regolamento,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

composto da D. Gratsias, presidente, I. Labucka e A. Dittrich (relatore), giudici,

cancelliere: F. Oller, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 aprile 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        Il bisfenolo A [2,2-bis(4-idrossifenil)propano o 4,4’-isopropilidendifenolo, n. CE 201-245-8, n. CAS 0000080-05-7] è una sostanza utilizzata principalmente come monomero nella fabbricazione di polimeri come il policarbonato e le resine epossidi. Esso è quindi utilizzato come sostanza intermedia. Inoltre, il bisfenolo A può essere utilizzato a fini non intermedi. Ciò si verifica in particolare nel caso del suo utilizzo nella fabbricazione della carta termica.

2        Nel 2012, la realizzazione di un programma di ricerca denominato «Consortium Linking Academic and Regulatory Insights on Bisphenol A Toxicity» («Consorzio che associa le conoscenze accademiche e normative sulla tossicità del bisfenolo A»; in prosieguo: il «programma Clarity-BPA») è stata avviata sotto gli auspici del National Toxicology Program (NTP, Programma nazionale di tossicologia, Stati Uniti), del National Center for Toxicological Research (NCTR, Centro nazionale di ricerca tossicologica, Stati Uniti), dell’U.S. Food and Drug Administration (FDA, Amministrazione dell’alimentazione e dei medicinali degli Stati Uniti) e del National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS, Istituto nazionale delle scienze della salute ambientale, Stati Uniti). Tale programma è stato avviato per verificare le conclusioni divergenti cui erano pervenuti, fino ad allora, una serie di studi tossicologici riguardanti il bisfenolo A. Esso è stato concepito per esaminare, in particolare, gli effetti potenziali sulla salute umana delle esposizioni a bassi livelli di agenti endocrini attivi e prende in considerazione un’ampia gamma di dosi e di nuovi parametri pertinenti che non sono mai stati utilizzati in precedenza. Più precisamente, il programma associa in particolare uno studio principale perinatale sulla tossicità cronica su due anni conforme alle direttive o alle raccomandazioni e alle buone pratiche di laboratorio, realizzato nei locali della FDA, da un lato, a parametri o a studi meccanici supplementari condotti da ricercatori universitari, dall’altro. A quest’ultimo riguardo, sono stati scelti dal NIEHS tredici progetti di ricerca universitari.

3        Sempre nel 2012, conformemente all’articolo 44, del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1, e rettifica in GU 2007, L 136, pag. 3), il bisfenolo A è stato inserito nel piano d’azione a rotazione a livello comunitario per la valutazione di tale sostanza.

4        Il 23 dicembre 2013 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), in applicazione dell’articolo 46, paragrafo 1, del regolamento n. 1907/2006, ha adottato una decisione sulla valutazione del bisfenolo A (in prosieguo: la «decisione sulla valutazione»). Nella sezione di tale decisione dedicata al «procedimento», è indicato quanto segue:

«L’[autorità competente per la valutazione] non ha proceduto a una valutazione in dettaglio delle proprietà [di perturbatore endocrino] connesse alla salute umana, ma ha tuttavia preso atto delle informazioni attualmente disponibili al riguardo. L’[autorità competente per la valutazione] ha constatato l’esistenza di altri studi in corso [lo studio del NIEHS, del NTP e della FDA sui roditori (Clarity-BPA; v. Schug e al. 2013)] realizzati da laboratori americani. Di conseguenza, la necessità di ottenere dati supplementari non è stata esaminata in questa fase. La necessità di effettuare test supplementari può dipendere dai risultati di tali altri studi e da altre informazioni pertinenti che potrebbero divenire disponibili. Per tale motivo, il rischio di perturbazione endocrina per l’essere umano potrà essere esaminato in una fase successiva. Si ricorda ai dichiaranti che sono tenuti a includere i risultati di ogni nuova informazione nelle considerazioni relative alla caratterizzazione dei rischi e ad aggiornare, di conseguenza, la [relazione sulla sicurezza chimica] non appena siffatti risultati saranno disponibili».

5        Le conclusioni della valutazione e la relazione di valutazione redatte dal Bundesanstalt für Arbeitsschutz und Arbeitsmedizin (BAuA, istituto federale di salute e di sicurezza sul lavoro, Germania) in quanto autorità competente ai sensi dell’articolo 45 del regolamento n. 1907/2006, risalenti a maggio 2017, sono state pubblicate il 31 agosto 2017.

6        Il 12 gennaio 2017 l’ECHA ha pubblicato sul suo sito Internet la sua decisione ED/01/2017, del 4 gennaio 2017, relativa all’iscrizione del bisfenolo A nell’«elenco delle sostanze candidate», vale a dire l’elenco delle sostanze candidate alla loro eventuale inclusione nell’allegato XIV del regolamento n. 1907/2006, per il motivo che tale sostanza era stata identificata come una sostanza tossica per la riproduzione ai sensi dell’articolo 57, lettera c), del regolamento n. 1907/2006.

7        Il 21 marzo 2017 la PlasticsEurope, ricorrente, ha proposto un ricorso di annullamento contro tale decisione, registrato dalla cancelleria del Tribunale con il numero T‑185/17. Con sentenza dell’11 luglio 2019, il Tribunale ha respinto tale ricorso. La ricorrente è un’associazione professionale internazionale, con sede in Belgio e disciplinata dal diritto belga, che rappresenta e tutela gli interessi di oltre 100 imprese membri, costituite da fabbricanti e da importatori di prodotti di materie plastiche. Essa gode di personalità e di capacità giuridica. Quattro imprese membri della ricorrente, facenti parte del gruppo «Policarbonato/Bisfenolo A» di quest’ultima, svolgono un ruolo attivo nella commercializzazione del bisfenolo A nel mercato dell’Unione europea. I membri di tale gruppo commercializzano il bisfenolo A per usi intermedi e non intermedi.

8        Il 2 marzo 2017 l’autorità francese competente in materia, vale a dire l’Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail (Anses, Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro; Francia, in prosieguo: l’«autorità francese competente»), ha presentato, in forza dell’articolo 59, paragrafo 3, del regolamento n. 1907/2006, un fascicolo conforme all’allegato XV di tale regolamento (in prosieguo: il «fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV»), proponendo che il bisfenolo A sia identificato come sostanza che perturba il sistema endocrino per la quale era scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per la salute umana. Più precisamente, tale fascicolo era inteso a integrare la voce relativa al bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate, che vi figurava dal 12 gennaio 2017 (v. punto 6 supra), al fine di identificare tale sostanza anche come sostanza estremamente problematica a norma dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

9        Il 9 marzo 2017 l’ECHA ha pubblicato il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV, come presentato dall’autorità francese competente.

10      Nello stesso giorno, conformemente all’articolo 59, paragrafo 4, del regolamento n. 1907/2006, l’ECHA ha invitato tutti gli interessati a presentare le proprie osservazioni su tale fascicolo.

11      Il 21 aprile 2017 la ricorrente, in nome dei suoi membri, ha presentato osservazioni sul fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV.

12      Successivamente, l’autorità francese competente ha preparato un documento (in prosieguo: il «documento RCOM»), che reca la data del 14 giugno 2017 e che contiene le risposte di tale autorità a tutti i commenti ricevuti dall’ECHA nel corso della consultazione pubblica.

13      Il 14 giugno 2017, in occasione della sua cinquantaquattresima riunione, il comitato degli Stati membri dell’ECHA ha raggiunto un accordo unanime sull’identificazione del bisfenolo A come sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 «poiché si tratt[erebbe] di una sostanza avente proprietà di perturbazione endocrina per le quali [era] scientificamente comprovato che [potevano] avere effetti gravi per la salute umana che da[va]no adito a (…) un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui alle lettere da a) a e) dell’articolo 57 del regolamento [n. 1907/2006]». Il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV è servito da base per l’elaborazione del documento sul quale si è fondato il comitato degli Stati membri prima di pervenire all’accordo unanime (in prosieguo: il «documento di supporto»).

14      Il 6 luglio 2017 il direttore esecutivo dell’ECHA ha adottato la decisione ED/30/2017 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), con la quale la voce esistente relativa alla sostanza bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate all’eventuale inclusione nell’allegato XIV del regolamento n. 1907/2006, conformemente all’articolo 59 di tale regolamento, è stata integrata nel senso che tale sostanza è stata identificata anche come sostanza avente proprietà che perturbano il sistema endocrino e che possono avere effetti gravi per la salute umana che danno adito a un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), di detto regolamento, il tutto ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del medesimo regolamento.

15      Il 7 luglio 2017 l’elenco delle sostanze candidate pubblicato sul sito Internet dell’ECHA è stato aggiornato conformemente alla decisione impugnata.

II.    Procedimento e conclusioni

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 settembre 2017, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

17      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 21 e il 27 dicembre 2017, la Repubblica francese e la ClientEarth hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni dell’ECHA.

18      Il controricorso è stato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 dicembre 2017.

19      Con atti separati, depositati presso la cancelleria del Tribunale il 29 gennaio 2018, la ricorrente ha presentato due domande di trattamento riservato di talune informazioni comunicate nel ricorso nei confronti, rispettivamente, della Repubblica francese e della ClientEarth.

20      La replica è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 29 gennaio 2018.

21      Con due ordinanze del 5 marzo 2018, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha accolto le istanze di intervento della Repubblica francese e della ClientEarth.

22      Poiché la Repubblica francese non si è opposta, entro il termine impartito, al trattamento riservato di talune informazioni comunicate nel ricorso, come chiesto dalla ricorrente il 29 gennaio 2018, tale domanda è stata accolta per quanto riguarda detto Stato membro conformemente al regolamento di procedura del Tribunale.

23      Il 12 marzo 2018 la controreplica è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale.

24      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 23 marzo 2018, la ClientEarth si è opposta alla domanda di trattamento riservato presentata nei suoi confronti dalla ricorrente il 29 gennaio 2018.

25      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 marzo 2018 la ricorrente, sul fondamento dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, ha chiesto al Tribunale di voler accettare un nuovo elemento di prova costituito da un documento, risalente a febbraio 2018, che porta il titolo «Progetto di relazione di ricerca del programma nazionale di tossicologia [degli Stati Uniti] sullo studio principale Clarity-BPA: Uno studio perinatale e cronico per la gamma posologica estesa del bisfenolo A nei ratti». La ricorrente ha accluso tale documento in allegato all’atto depositato il 29 marzo 2018.

26      Il 19 aprile 2018 la Repubblica francese e la ClientEarth hanno depositato presso la cancelleria del Tribunale le loro memorie di intervento redatte sulla base di una versione riservata del ricorso.

27      Con memoria del 25 aprile 2018, l’ECHA ha segnalato che, a suo avviso, gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente il 29 marzo 2018 erano irricevibili. L’ECHA ha aggiunto che, in ogni caso, tali elementi non aggiungevano alcunché di nuovo agli argomenti già presentati in tale causa. Di conseguenza, l’ECHA ha chiesto il loro rigetto.

28      Con ordinanza del 18 maggio 2018, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha respinto la domanda di trattamento riservato nei confronti della ClientEarth.

29      Il 4 giugno 2018 la ClientEarth ha depositato una memoria di intervento integrativa presso la cancelleria del Tribunale.

30      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 19 e il 20 luglio 2018, l’ECHA e la ricorrente hanno presentato le loro osservazioni sulle memorie di intervento.

31      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’ECHA alle spese;

–        disporre qualsiasi altra misura che riterrà utile.

32      L’ECHA chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

33      La ClientEarth chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere integralmente il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

34      La Repubblica francese chiede, a sua volta, al Tribunale di respingere il ricorso.

III. In diritto

A.      Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

35      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce sei motivi. Con il primo e il terzo motivo la ricorrente fa valere una violazione del principio di certezza del diritto e del principio di tutela del legittimo affidamento. Il secondo motivo verte sull’esistenza di errori manifesti di valutazione, nonché su una violazione da parte dell’ECHA del proprio dovere di diligenza. Il quarto motivo riguarda un’asserita violazione dell’articolo 57, lettera f), nonché dell’articolo 59 del regolamento n. 1907/2006. Con il quinto e il sesto motivo, la ricorrente invoca una violazione dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), di tale regolamento e del principio di proporzionalità.

36      Il Tribunale ritiene che sia opportuno cominciare con l’esame del secondo motivo.

1.      Sul secondo motivo, vertente sull’esistenza di errori manifesti di valutazione nonché su una violazione, da parte dell’ECHA, del suo dovere di diligenza

37      Il secondo motivo verte sull’esistenza di errori manifesti di valutazione, nonché su una violazione da parte dell’ECHA del proprio dovere di diligenza. Tale motivo si articola in due parti, di cui la prima si suddivide in diverse censure.

a)      Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sull’esistenza di un errore di diritto e di errori manifesti di valutazione

38      La prima parte del secondo motivo verte, in sostanza, sul fatto che l’identificazione, da parte dell’ECHA, del bisfenolo A come perturbatore endocrino estremamente problematico rispondente ai criteri dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 è viziata da un errore di diritto e da errori manifesti di valutazione.

1)      Sulla prima censura della prima parte del secondo motivo, vertente sull’esistenza di un errore di diritto per il motivo che l’ECHA avrebbe omesso di dimostrare il «livello di preoccupazione» previsto all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006

39      Nell’ambito della prima censura della prima parte del secondo motivo, la ricorrente sostiene che l’ECHA ha violato l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 in quanto essa non avrebbe dimostrato, oltre alle asserite proprietà di perturbazione endocrina della sostanza, che fosse scientificamente comprovato che essa comportava effetti gravi probabili per la salute umana che davano adito al livello di preoccupazione previsto dalla medesima disposizione. Infatti, l’ECHA sarebbe giunta alla conclusione nel documento di supporto che «il bisfenolo A era identificato come sostanza estremamente problematica ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 a motivo degli effetti gravi che esso poteva avere per la salute umana, in considerazione delle sue proprietà di perturbazione endocrina che davano adito a [un livello di preoccupazione equivalente]». Orbene, secondo la ricorrente, da tale dichiarazione risulterebbe che l’ECHA riteneva che le asserite proprietà di perturbazione endocrina suscitassero, di per sé, un livello di preoccupazione equivalente.

40      L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

41      Si deve rilevare che la prima censura della prima parte del secondo motivo muove dal postulato secondo cui il fatto che una sostanza sia un perturbatore endocrino non è sufficiente di per sé a dimostrare che essa dia adito a un livello di preoccupazione equivalente. A tale riguardo, occorre ricordare che l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 richiede, per l’identificazione di sostanze diverse da quelle che rispondono ai criteri di classificazione di cui all’articolo 57, lettere da a) a e) del medesimo regolamento, che venga accertato, caso per caso, sulla base di elementi scientifici, da un lato, che le sostanze interessate possano avere effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente e, dall’altro, che tali effetti diano adito a un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle sostanze contemplate all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006. Per quanto riguarda la condizione connessa all’accertamento di effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente, essa richiede un’analisi dei pericoli connessi alle proprietà intrinseche della sostanza considerata. Per quanto riguarda la condizione relativa all’esistenza di un certo livello di preoccupazione, essa richiede che la dimostrazione, secondo cui gli effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente della sostanza di cui trattasi danno adito un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle sostanze contemplate all’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento, sia fondata sull’analisi dei pericoli derivanti dalle proprietà intrinseche delle sostanze interessate senza tuttavia vietare la presa in considerazione di altri dati (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2017, Hitachi Chemical Europe e Polynt/ECHA, C‑324/15 P, EU:C:2017:208, punti 26, 27 e 40). In particolare, affinché una sostanza possa essere identificata come un perturbatore endocrino estremamente problematico, è necessario che sia accertato, caso per caso, sulla base di elementi scientifici, da un lato, che una sostanza avente proprietà che perturbano il sistema endocrino possa avere effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente e, dall’altro, che tali effetti diano adito a un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle sostanze contemplate all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006.

42      Orbene, la dichiarazione della ricorrente – nell’ambito della prima censura della prima parte del secondo motivo – secondo cui l’ECHA si sarebbe limitata a constatare che il bisfenolo A era un semplice perturbatore endocrino e non avrebbe dimostrato che quest’ultimo desse adito a un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006, è carente in fatto.

43      Infatti, tale dichiarazione è contraddetta dal documento di supporto (allegato A.13 al ricorso, pagine 160 e seguenti). Più precisamente, come risulta dalla sezione 6.3.2 di tale documento, facente seguito alle valutazioni dell’autorità francese competente, l’ECHA ha distinto molto chiaramente tra la natura del bisfenolo A come perturbatore endocrino in quanto tale, da un lato, e la questione se tale perturbatore endocrino desse adito al livello di preoccupazione di cui all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, dall’altro. Nel solco di tale distinzione, l’ECHA, sempre a seguito delle valutazioni dell’autorità francese competente, ha altresì indicato i criteri precisi che erano stati utilizzati nell’ambito dell’analisi della questione del livello di preoccupazione da attribuire al bisfenolo A. Tali criteri erano gli effetti sulla salute, l’incidenza sulla qualità della vita, le preoccupazioni della società e la questione se fosse possibile stabilire una concentrazione non pericolosa. Sono stati presi in considerazione più precisamente, per quanto riguarda gli effetti sulla salute, il tipo di possibili effetti sulla salute, l’irreversibilità degli effetti sulla salute e il ritardo nell’insorgenza degli effetti sulla salute.

44      Tenuto conto di tali elementi, la prima censura della prima parte del secondo motivo deve essere respinta.

2)      Sulla seconda censura della prima parte del secondo motivo, vertente sull’esistenza di un errore manifesto di valutazione in quanto l’ECHA non avrebbe soddisfatto i criteri enunciati all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 e non avrebbe rispettato taluni principi generali del diritto dell’Unione

45      Nell’ambito della seconda censura della prima parte del secondo motivo, la ricorrente rimette sostanzialmente in discussione la valutazione scientifica condotta dall’ECHA per dimostrare che il bisfenolo A è una sostanza che può avere effetti nefasti che danno adito a un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006.

46      In primo luogo, secondo la ricorrente, l’ECHA si è basata su un insieme di studi in un modo non rispettoso del principio di eccellenza.

47      Sotto un primo profilo, una parte degli studi invocati dall’ECHA a sostegno della decisione impugnata e indicati nel fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV come gli studi più istruttivi sarebbero stati riconosciuti, da altri comitati di esperti, come presentanti evidenti carenze e come non affidabili. Ad esempio, per quanto riguarda lo sviluppo della ghiandola mammaria, tutti gli studi segnalati come i più istruttivi nel fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV sarebbero già stati presi in considerazione nell’ambito di un esame condotto dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) nel 2015, che avrebbe fatto riferimento ai limiti significativi di tali studi. Tale sarebbe il caso degli studi Jenkins (2009), Tharp e al. (2012) e Ayyanan (2011). L’ECHA avrebbe ritenuto che questi ultimi consentissero di concludere per l’esistenza di un effetto grave per la salute. Per contro, in un documento intitolato «Parere scientifico sui rischi per la salute pubblica legati alla presenza di bisfenolo A (BPA) nei prodotti alimentari» del 25 marzo 2015 [sintesi: EFSA Journal 2015; 13(1):3978. DOI:10.2903/j.efsa.2015.3978; in prosieguo: il «parere dell’EFSA del 25 marzo 2015»], il gruppo dell’EFSA incaricato dei lavori sui materiali a contatto con gli alimenti, gli enzimi, gli aromatizzanti e i coadiuvanti tecnologici (in prosieguo: il «gruppo EFSA CEF») ha considerato i tre studi sopra menzionati come soltanto «favorevoli» (in inglese «sopportive») al fine di tenerne conto nell’ambito della sua valutazione di sicurezza. Per quanto riguarda le funzioni cognitive, l’EFSA avrebbe ritenuto che, secondo alcuni degli studi indicati come i più istruttivi nel fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV, un’esposizione di topi al bisfenolo A avesse mostrato, in tali animali, un cambiamento «incoerente» (in inglese «inconsistent change») sui ricettori NDMA situati nei loro ippocampi e che, di conseguenza, nessuna conclusione potesse essere tratta da tali risultati. Tale sarebbe il caso dello studio Xu (2010b). Per quanto riguarda un altro studio, vale a dire lo studio Inagaki (2012), l’EFSA sarebbe in particolare giunta alla conclusione che la sua concezione, le dosi e il numero di animali utilizzati nei vari test sembravano poco chiari. Inoltre, per quanto riguarda tale studio, l’ECHA avrebbe individuato essa stessa i seguenti limiti:

«[C]arenze: somministrazione in un’unica dose acuta — prova realizzata su un solo sesso; relazione di studio insufficiente; statistiche non corrette».

48      Sotto un secondo profilo, l’ECHA non avrebbe sufficientemente tenuto conto nella sua valutazione, dei dati che sarebbero stati riconosciuti scientificamente validi e affidabili da parte di altri organismi di regolamentazione dell’Unione. Ad esempio, per quanto riguarda le funzioni riproduttive, gli studi Tyl (2002), Tyl (2008), Ema (2001) e Delclos (2014), che sarebbero riconosciuti come studi chiave da parte di altri organismi di regolamentazione quali il comitato di valutazione dei rischi dell’ECHA, l’EFSA e il comitato scientifico per i limiti dell’esposizione professionale agli agenti chimici (in prosieguo: il «CSLEP»), non sarebbero menzionati nel fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV tra gli studi «più istruttivi». Riferendosi in modo particolare al parametro dei cicli estrali, la ricorrente osserva che vari studi non sono citati nel fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV benché conterrebbero ricerche effettuate sui cicli estrali in diverse fasi della vita. La maggior parte di tali studi non mostrerebbe effetti sui cicli estrali con riferimento a un livello di esposizione umano pertinente [Goodman (2009, 2006), Gray (2004), C[enter for the] E[valuation of] R[isks to] H[uman] R[eproduction] (2008), EFSA (2015), CSLEP (2014)]. A parere della ricorrente, se tutti i dati pertinenti fossero stati presi in considerazione nell’ambito di una valutazione fondata sull’approccio volto alla determinazione dell’efficacia probatoria, il bisfenolo A avrebbe potuto non essere considerato come perturbatore endocrino con riferimento ai cicli estrali. Per quanto riguarda lo sviluppo della ghiandola mammaria, lo studio completo di Delclos (2014) non sarebbe stato considerato come «particolarmente pertinente» sebbene l’EFSA avesse ritenuto che esso fosse pertinente. Per quanto riguarda le funzioni cognitive, taluni studi condotti dalla FDA e dal NQTR, benché disponibili e valutati dall’EFSA, non sarebbero stati presi in considerazione dall’ECHA.

49      Sotto un terzo profilo, le conclusioni dell’ECHA non sarebbero corroborate dagli studi sui quali essa si è basata. Ad esempio, per quanto riguarda le funzioni riproduttive, il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV avrebbe certamente indicato, in sostanza, che, secondo lo studio Lee (2013a), le prove su ratti adulti di sesso femminile del ceppo Sprague-Dawley dimostravano che «uno dei principali bersagli chiari del bisfenolo A era la riduzione dell’espressione dell’aromatase». Secondo la ricorrente, in altri termini, il bisfenolo A sarebbe un inibitore dell’aromatase. Tuttavia, la ricorrente fa valere che, secondo il gruppo di lavoro dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sui test e la valutazione dei perturbatori endocrini del programma di linee guida per le prove, uno dei vari effetti gravi dell’inibitore di aromatase sarebbe il drastico aumento del peso corporeo dei ratti femmine. Orbene, ad avviso della ricorrente, lo studio sopra citato non menzionerebbe l’aumento del peso corporeo tra i risultati e non confermerebbe quindi l’ipotesi proposta dall’ECHA. Inoltre, uno studio completo effettuato secondo le linee guida dell’OCSE per le prove di prodotti chimici n. 407 denominate «OECD TG 407» sarebbe disponibile a proposito del bisfenolo A. Si tratterebbe dello studio Yamasaki (2002). Orbene, secondo la ricorrente, non era stato segnalato alcun aumento del peso corporeo per nessuna delle dosi testate in tale studio. Poiché gli studi approfonditi, condotti su diverse generazioni, su animali adulti (la generazione F0) non riferirebbero nessun effetto costante sulla fertilità a una dose da 1 a 100 μg/kg [vale a dire il livello di dose preso in considerazione dallo studio Lee (2013a)], alcuni esperti sarebbero giunti alla conclusione, nelle loro valutazioni, che non esistevano, a tali livelli di dosi, effetti costanti e riproducibili [Hengstler (2011), EFSA (2015), ECHA (2014)]. Per quanto riguarda lo sviluppo della ghiandola mammaria, gli studi di un gruppo di ricerca menzionati nel fascicolo a sostegno di tale conclusione avrebbero seguito un protocollo non appropriato. Per quanto riguarda il metabolismo, l’autore del fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV avrebbe indicato che, «[a]nche se gli studi epidemiologici disponibili [fossero] poco concludenti, tali effetti [sarebbero tuttavia] considerati pertinenti per l’uomo a motivo delle somiglianze che [esistevano] tra animali e esseri umani». Orbene, secondo la ricorrente, non è comprensibile che dati umani non concludenti siano stati considerati pertinenti a motivo delle somiglianze esistenti tra gli animali e gli esseri umani.

50      Sotto un quarto profilo, studi che sarebbero considerati, sul piano scientifico, meglio realizzati, più dettagliati o più completi non sarebbero stati presi in considerazione, o soltanto parzialmente. Per quanto riguarda le funzioni riproduttive, il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV non terrebbe conto del documento n. 150 dell’OCSE intitolato «Documento di orientamento sulle linee guida di prova standardizzata per la valutazione dei prodotti chimici nell’ambito della perturbazione endocrina» e avrebbe considerato le sperimentazioni in vivo di livello 3 condotte sui roditori ovariectomizzati come «studi particolarmente istruttivi», sebbene fossero stati disponibili studi di livello 4 e studi multigenerazionali completi di livello 5. Infine, per quanto riguarda la ghiandola mammaria, il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV menzionerebbe le pubblicazioni di un gruppo di ricerca per sostenere l’ipotesi secondo cui le alterazioni dell’espressione dei geni EZH2 rivestono un carattere essenziale per la modalità d’azione cancerogena del bisfenolo A legata alla ghiandola mammaria [Bhan (2014a), Bhan (2014b), Hussain (2015)]. Tuttavia, il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV non avrebbe menzionato l’esame dell’espressione dei geni EZH2 e di altri geni in altri studi, ad esempio in uno studio di 90 giorni del NCTR vertente su una generazione, e condotto da Delclos (2014) sotto gli auspici del NTP. Inoltre, quando detto fascicolo cita studi sull’esposizione di animali adulti, esso non menzionerebbe il fatto che erano disponibili studi completi sulla cancerogenicità cronica per due specie, vale a dire per i ratti F344 e per i topi B6C3F1. Orbene, la relazione intitolata «The EU Risk Assessment Report» («La relazione di valutazione dei rischi dell’UE») elaborata nel 2008, sarebbe giunta alla conclusione da tali studi che «il [bisfenolo A] non era cancerogeno (…) in entrambe le specie». Per quanto riguarda le funzioni cognitive, uno studio condotto da Stump nel 2010 avrebbe esaminato l’istopatologia cerebrale e i parametri di sviluppo della neurotossicità. Nessun effetto di neurotossicità sullo sviluppo sarebbe stato riferito a nessuna dose testata in nessuno dei parametri studiati. Infine, neppure gli altri studi completi di livello 5, come gli studi Tyl (2002), Tyl (2008) e Ema (2001), indicherebbero effetti sulla neurotossicità.

51      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, per quanto riguarda le proprietà di perturbazione endocrina del bisfenolo A, l’ECHA è giunta in parte a conclusioni diverse da quelle dell’EFSA. Infatti, nel suo parere del 25 marzo 2015, l’EFSA sarebbe giunta alla conclusione che le conoscenze scientifiche sul modo in cui il bisfenolo A agiva nell’uomo erano ancora poco chiare e che non esisteva un’unica ipotesi riguardo alla sua potenziale capacità di incidere sull’uomo. Ad avviso della ricorrente, secondo l’EFSA, il bisfenolo A «può avere» effetti sulle «funzioni pertinenti ai fini di tale valutazione» piuttosto che non averne. In sostanza, l’EFSA avrebbe ritenuto che non fosse possibile giungere alla conclusione che il bisfenolo A fosse un perturbatore endocrino. Orbene, l’ECHA non avrebbe fornito alcuna spiegazione riguardo alle ragioni per le quali le sue conclusioni differirebbero da quelle di altri organismi scientifici dell’Unione, come le conclusioni espresse nel parere dell’EFSA del 25 marzo 2015, utilizzando a tal fine l’iter previsto all’articolo 95, paragrafo 3, del regolamento n. 1907/2006.

52      Infine, «maggiori incoerenze» che inciderebbero sulla selezione e sulla valutazione degli studi individuali effettuati dall’ECHA e dall’EFSA renderebbero il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV incoerente e non trasparente, senza che il protocollo intitolato «ToxRTool» utilizzato dall’ECHA al fine di analizzare gli studi utilizzati e, in particolare, gli studi più recenti, abbia potuto porvi rimedio. A tale riguardo, la ricorrente, non contestata su questo punto dall’ECHA, osserva che il ToxRTool è un protocollo fondato su un software che è stato sviluppato dal Centro comune di ricerca della Commissione (JRC) al fine di fornire criteri e orientamenti completi per garantire l’affidabilità delle valutazioni dei dati tossicologici. Esso si applicherebbe a diversi tipi di dati sperimentali, di parametri e di studi (relazioni di studio, pubblicazioni oggetto di revisione inter pares) e porterebbe a una classificazione che tiene conto di una metodologia internazionalmente riconosciuta e denominata la scala Klimisch (come descritta in un articolo di Klimisch, H.J., Andreae, M., e Tillmann, U., «A Systematic Approach for Evaluating the Quality of Experimental Toxicological and Ecotossicological Data», Regulatory Toxicology and Pharmacology, 1997, vol. 25, pag. da 1 a 5). Secondo le indicazioni della ricorrente, non contestate su tale punto dall’ECHA, il ToxRTool classifica gli studi utilizzati in tre categorie: Klimisch 1 (affidabile senza restrizioni), Klimisch 2 (affidabile con restrizioni) e Klimisch 3 (non affidabile). Tuttavia, la ricorrente sostiene che l’utilizzo del ToxRTool nel caso di specie non è stato trasparente, poiché non vi sarebbe stato alcun protocollo da seguire, alcuna indicazione di prova di esperti, né alcuna informazione sul contesto della valutazione utilizzata.

53      In terzo luogo, la ricorrente ritiene che le informazioni sulle quali l’ECHA si è basata per giungere alla conclusione che il bisfenolo A aveva una modalità d’azione propria di un perturbatore endocrino non raggiungono il livello di prova previsto all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

54      Sotto un primo profilo, come risulterebbe dalla sessantaduesima riga della versione integrale del documento RCOM, secondo l’autorità francese competente, il «nesso tra gli effetti nefasti e la modalità d’azione era definito come un nesso plausibile sul piano biologico». Secondo la ricorrente, dal momento che l’ECHA ha fatto proprie le valutazioni contenute nel documento RCOM, il criterio di «plausibilità» aggiunto dall’ECHA alla definizione di perturbatore endocrino fornita dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) come elaborata nell’ambito del «Programma internazionale per la sicurezza delle sostanze chimiche» (in prosieguo: la «definizione dell’OMS»), non soddisferebbe le prescrizioni dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 per quanto riguarda il livello di prova. Infatti, il livello di prova contemplato in tale disposizione richiederebbe che gli effetti nefasti accertati siano «probabili». Orbene, il criterio di «plausibilità» sarebbe meno elevato del criterio di «probabilità» di cui all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

55      Sotto un secondo profilo, a parere della ricorrente, gli elementi di prova presentati dall’ECHA per dimostrare l’esistenza, riguardo al bisfenolo A, di un meccanismo o di una modalità d’azione di perturbatore endocrino, non forniscono alcuna descrizione dettagliata di una modalità d’azione coerente legata al sistema endocrino. In realtà, il fatto di «associare un certo effetto a una certa modalità d’azione endocrina» non sarebbe sufficiente per giungere alla conclusione che sia stato scientificamente comprovato che un perturbatore endocrino avesse effetti nefasti per la salute umana. Affinché l’identificazione di una sostanza estremamente problematica in considerazione delle sue proprietà di perturbazione endocrina possa soddisfare i criteri di cui all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, sarebbe necessario dimostrare, in modo concludente, che esiste una modalità d’azione o un meccanismo d’azione proprio, pertinente per l’effetto nefasto osservato. A tale riguardo, soltanto un’osservazione accompagnata dalla prova di una risposta biologica definita e costante sarebbe sufficientemente precisa per essere collegata a una modalità d’azione o a un meccanismo d’azione specifico. Inoltre, secondo la ricorrente, poiché non è stata fornita la prova del meccanismo endocrino, l’ECHA non ha dimostrato che la sostanza avesse proprietà che perturbano il sistema endocrino o che essa rispondesse ai criteri di cui all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 per quanto riguarda uno dei quattro effetti asseriti, ossia gli effetti sul sistema riproduttivo, sulla ghiandola mammaria, sulle funzioni cognitive e sul metabolismo. Secondo la ricorrente, gli elementi di prova non forniscono alcuna descrizione dettagliata di una modalità d’azione precisa e coerente connessa al sistema endocrino. Nella conclusione generale della valutazione dei pericoli per la salute umana, che sarebbe contenuta nel capo 4.6 del fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV, sarebbe indicato che il bersaglio principale del bisfenolo A resta sconosciuto, che diverse modalità d’azione possono interagire e che ulteriori risultati indicano il coinvolgimento di altri elementi negli effetti indiretti del bisfenolo A. L’ECHA riconoscerebbe l’esistenza di incertezze nel giungere alla conclusione che, «quando si esamina la definizione di un perturbatore endocrino, il nesso tra gli effetti nefasti e la modalità d’azione è definito come un nesso plausibile sul piano biologico e non come un nesso causale». In tale contesto, la ricorrente aggiunge che l’ECHA ha commesso un errore manifesto di valutazione nel dichiarare di fondarsi «qualitativamente sulla base del giudizio di esperti» senza ricorrere a un metodo rigoroso che fornisca criteri che consentano di corroborare l’analisi sottostante e di screditare gli elementi di prova scientifici. L’inciso «qualitativamente sulla base del giudizio di esperti» non avrebbe in realtà alcun senso. Secondo la ricorrente, l’ECHA avrebbe dovuto utilizzare un protocollo sviluppato al fine di valutare i rischi connessi al bisfenolo A per dimostrarne l’effetto, simile a quello messo a punto dall’EFSA per la valutazione del bisfenolo A nell’ambito degli usi di tale sostanza che implicano un contatto con gli alimenti.

56      In quarto luogo, secondo la ricorrente, l’ECHA non ha dimostrato che gli asseriti effetti negativi del bisfenolo A dessero adito a un «livello di preoccupazione equivalente» a quella suscitata dagli effetti delle sostanze che rispondono ai criteri di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006. In linea di principio, i criteri di classificazione delle sostanze come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione quali categorie 1A e 1B dovrebbero essere presi in considerazione per valutare l’equivalenza del livello di preoccupazione. Più precisamente, dal combinato disposto dell’articolo 57 del regolamento n. 1907/2006 e dei criteri dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU 2008, L 353, pag. 1), risulterebbe che l’accertamento di un livello di preoccupazione equivalente, come richiesto all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, dovrebbe essere fondato su studi sull’uomo o su dati provenienti da studi sugli animali che stabiliscano una forte presunzione dell’esistenza di effetti. Nel caso di specie, alla sessantasettesima riga del documento RCOM, l’autorità francese competente avrebbe indicato in particolare che, «sulla base di studi [sugli animali] e in mancanza di validi argomenti atti a escludere che ciò possa essere applicabile agli esseri umani (…) gli effetti nefasti osservati presso i roditori sono parimenti pertinenti per gli esseri umani». Orbene, tali constatazioni non dimostrerebbero che gli effetti nefasti del bisfenolo A diano adito a un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle sostanze contemplate all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006.

57      L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

58      In via preliminare, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, al fine di stabilire che un’istituzione abbia commesso un errore manifesto nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento di un atto, gli elementi di prova addotti dalla ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati in tale atto. Con riserva di tale esame, non compete al Tribunale sostituire la propria valutazione di fatti complessi a quella dell’autore di tale atto (v. sentenza del 9 settembre 2011, Francia/Commissione, T‑257/07, EU:T:2011:444, punto 86 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, il limite al sindacato del giudice dell’Unione non incide sul suo dovere di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, nonché di accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (v. sentenza del 9 settembre 2011, Francia/Commissione, T‑257/07, EU:T:2011:444, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

59      Nondimeno, l’ampio potere discrezionale delle autorità dell’Unione, che implica un sindacato giurisdizionale limitato del suo esercizio, non riguarda esclusivamente la natura e la portata delle disposizioni da adottare, ma anche, in una certa misura, l’accertamento dei dati di base. Tuttavia, un siffatto controllo giurisdizionale, anche se ha portata limitata, richiede che le autorità dell’Unione, da cui promana l’atto di cui trattasi, siano in grado di dimostrare dinanzi al giudice dell’Unione che l’atto è stato adottato attraverso un effettivo esercizio del loro potere discrezionale, che presuppone la valutazione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze rilevanti della situazione che tale atto era inteso a disciplinare (v. sentenza del 30 aprile 2015, Polynt e Sitre/ECHA, T‑134/13, non pubblicata, EU:T:2015:254, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

60      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare, nel caso di specie, se la valutazione da parte dell’ECHA relativa alle proprietà del bisfenolo A in quanto sostanza che risponde alle condizioni dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 sia viziata da un errore manifesto di valutazione.

61      In primo luogo, contrariamente a quanto fa valere la ricorrente (v. punto 46 supra), l’ECHA non si è basata e su un insieme di studi non rispettosi del principio di eccellenza.

62      Sotto un primo profilo, per quanto riguarda gli studi che, secondo la ricorrente, l’EFSA avrebbe considerato non affidabili, mentre l’ECHA avrebbe trovato «istruttivi» [v. punto 47 supra: studi Jenkins (2009), Tharp e al. (2012) e Ayyanan (2011) per lo sviluppo della ghiandola mammaria, e studi Xu (2010b) e Inagaki (2012) per le funzioni cognitive], si deve necessariamente constatare che l’esame dei dati relativi al bisfenolo A da parte dell’EFSA non aveva assolutamente ad oggetto di determinare se tale sostanza costituisse un perturbatore endocrino estremamente problematico ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Più precisamente, il parere dell’EFSA del 25 marzo 2015 non contiene alcuna conclusione precisa quanto alla questione se il bisfenolo A possieda proprietà di perturbazione endocrina che suscitino il livello di preoccupazione previsto a tale disposizione.

63      Per contro, l’analisi dell’EFSA si fonda, in generale, su una valutazione del rischio connesso a un uso particolare, ossia il rischio determinato dall’esposizione del consumatore a una sostanza, segnatamente per via alimentare tramite i materiali a contatto con gli alimenti. In particolare, l’analisi dell’EFSA era diretta a stabilire la dose giornaliera tollerabile di esposizione al bisfenolo A, vale a dire la dose che può essere ingerita quotidianamente da un consumatore per tutta la durata della sua vita senza che ciò presenti un rischio per la sua salute. A tale riguardo, l’EFSA è giunta alla conclusione che, ai livelli di esposizione attuali, la presenza di bisfenolo A nei prodotti alimentari non presentava rischi per la salute umana, in quanto tali livelli erano al di sotto della dose giornaliera tollerabile.

64      A tale riguardo, in un primo momento, occorre rilevare, che il parere dell’EFSA del 25 marzo 2015, non contiene alcuna analisi dei pericoli legati alle proprietà intrinseche del bisfenolo A, né alcuna chiara conclusione circa l’identificazione di tale sostanza come perturbatore endocrino rispondente ai criteri contemplati all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

65      Inoltre, per quanto riguarda gli studi utilizzati ai fini dell’elaborazione del suo parere del 25 marzo 2015, l’EFSA non ha né escluso né inteso escludere la pertinenza di questi ultimi per quanto riguarda le proprietà di tale sostanza alla luce dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Infatti, come ha fatto valere giustamente, in sostanza, la Repubblica francese, i settori di attività e i compiti dell’ECHA e dell’EFSA sono diversi, cosicché le conclusioni tratte da una di tali agenzie nei confronti di uno studio non rimettono necessariamente in discussione le conclusioni tratte dall’altra agenzia nei confronti dello stesso studio. Peraltro, anche qualora l’EFSA avesse voluto – quod non – formulare osservazioni riguardo alle proprietà intrinseche del bisfenolo A come perturbatore endocrino rispondente ai criteri contemplati all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, ciò non avrebbe in alcun modo vincolato l’ECHA al riguardo né dispensato quest’ultima dal valutare essa stessa le proprietà di detta sostanza.

66      Pertanto, le conclusioni che l’EFSA ha tratto per quanto riguarda il rischio per la salute dei consumatori che risulterebbe da un’esposizione alimentare al bisfenolo A, non sono idonee a rimettere in discussione le conclusioni che l’ECHA ha tratto sulla base degli stessi studi per quanto riguarda le proprietà intrinseche di tale sostanza in quanto perturbatore endocrino estremamente problematico.

67      In un secondo momento, occorre rilevare che, nel suo parere del 25 marzo 2015, l’EFSA ha, certamente, concluso per l’assenza di rischi per la salute dei consumatori di tutte le fasce di età a seguito di un’esposizione alimentare al bisfenolo A, e per un livello di preoccupazione basso a seguito di un’esposizione globale a tale sostanza. Tuttavia, la conclusione tratta dall’EFSA non significa che il bisfenolo A non presenti di per sé alcun pericolo per la salute umana, bensì, unicamente, che l’esposizione di un consumatore a tale sostanza, ai livelli stimati dall’EFSA, non è sufficiente per concludere nel senso dell’esistenza di un rischio per la salute. A tale riguardo, è utile ricordare e sottolineare nuovamente che l’identificazione da parte dell’ECHA, conformemente all’articolo 59 del regolamento n. 1907/2006, di una determinata sostanza come rispondente alle due condizioni contemplate all’articolo 57, lettera f), di detto regolamento, deve essere fondata su un’analisi dei pericoli derivanti dalle proprietà intrinseche della sostanza di cui trattasi e non su un’analisi degli usi della sostanza.

68      In un terzo momento, si deve necessariamente rilevare che, se è vero che il parere dell’EFSA del 25 marzo 2015 non contiene alcuna precisa conclusione riguardo alla questione se il bisfenolo A possieda proprietà che perturbano il sistema endocrino, ciò non toglie che esso conferma, anche solo indirettamente, la conclusione dell’ECHA secondo la quale il bisfenolo A esercita un’influenza sul sistema endocrino nell’uomo.

69      Infatti, più precisamente, come fatto valere dalla Repubblica francese, non contestata su tale punto dalla ricorrente in maniera circostanziata e con il sostegno di elementi di prova, secondo il parere dell’EFSA del 25 marzo 2015, una serie di studi pubblicati a partire dal 2010 relativi al meccanismo d’azione del bisfenolo A dimostrano che tale sostanza modifica il sistema ormonale mediante l’azione di ricettori biochimici che trasmettono alle cellule segnali ormonali specifici, tra altre vie di segnalazione. Come indicato dall’ECHA nel suo controricorso, alla pagina 449 della relazione di esame dell’EFSA sul bisfenolo A, il gruppo EFSA CEF ha ritenuto che tali studi contenessero elementi importanti. Per quanto riguarda lo studio Jenkins (2009), il gruppo EFSA CEF è giunto alla conclusione «che [tale] studio non poteva essere utilizzato per la valutazione del rischio di cancro, ma come prova a sostegno dell’induzione da parte del [bisfenolo A] di una proliferazione in seguito a un’esposizione durante l’allattamento e in utero». Parimenti, per quanto riguarda lo studio Tharp e al. (2012), detto gruppo era del parere che «i risultati di tale studio potevano essere utilizzati per avvalorare l’induzione di una proliferazione da parte del [bisfenolo A]». Infine, per quanto riguarda lo studio Ayyanan (2011), il medesimo gruppo ha affermato quanto segue:

«Si riporta che diversi studi (come Markey e al., 2001; Murray e al., 2007; Ayyanan e al., 2011, Vandenberg e al., 2013c) hanno presentato una curva dose-risposta non monotona per la proliferazione (sezione 4.3). Il gruppo [EFSA] CEF ha tuttavia ritenuto che gli effetti avvalorino la tesi di un effetto indotto dal bisfenolo A sulle ghiandole mammarie».

70      Da quanto precede risulta che, nei limiti in cui la ricorrente fa riferimento alle conclusioni formulate dall’EFSA nel suo parere del 25 marzo 2015, tale riferimento non dimostra assolutamente l’esistenza di un errore manifesto di valutazione.

71      Sotto un secondo profilo, deve essere respinto l’argomento della ricorrente relativo al fatto che l’ECHA non avrebbe tenuto conto di taluni dati che sarebbero stati riconosciuti scientificamente validi e affidabili da parte di altri organismi di regolamentazione dell’Unione o che essa non avrebbe attribuito sufficiente importanza a tali studi (v. punto 48 supra).

72      A tale riguardo, occorre rilevare, com’è stato affermato al precedente punto 65, che, in generale, gli organismi di regolamentazione e i comitati scientifici diversi dall’ECHA, tra cui l’EFSA e il CSLEP, non hanno gli stessi compiti dell’ECHA e redigono i propri pareri scientifici a fini diversi da quelli previsti dall’ECHA. Pertanto, il semplice fatto che tali organismi e detti comitati abbiano ritenuto che taluni studi redatti in relazione alle proprietà del bisfenolo A e citati dall’ECHA nel documento di supporto meritassero di vedersi attribuire un’importanza maggiore di quella che ha loro conferito l’ECHA, non rimette necessariamente in discussione la plausibilità delle conclusioni tratte da tale agenzia relativamente a detti studi, né la ponderazione effettuata dalla stessa agenzia nel solco delle conclusioni alle quali era già giunta l’autorità francese competente.

73      Inoltre, è vero che dalle osservazioni di cui alla pagina 24 del documento di supporto risulta che gli studi Tyl (2002) e Ema (2001) non hanno evidenziato differenze significative nello schema del ciclo estrale. Tuttavia, contrariamente a quanto sembra sostenere la ricorrente e com’è stato rilevato dall’ECHA, che non è stata contestata su tale punto, esistono numerosi altri studi, tra cui gli studi Tyl (2008) e Delclos (2014) menzionati dalla ricorrente, che, al contrario, dimostrano che il bisfenolo A ha effetti nefasti sul ciclo estrale. La ricorrente passa sotto silenzio i risultati di tali ulteriori studi e non spiega quali conclusioni precise, diverse da quelle dell’ECHA, avrebbero tratto da questi ulteriori studi gli organismi di regolamentazione e i comitati scientifici.

74      Sotto un terzo profilo, deve essere respinto in quanto infondato l’argomento della ricorrente secondo il quale le conclusioni dell’ECHA non sono corroborate dagli studi che tale agenzia ha ritenuto convincenti (v. punto 49 supra).

75      La critica formulata dalla ricorrente in merito allo studio Lee (2013a), che l’ECHA aveva messo in evidenza in relazione alla funzione riproduttiva, non può prosperare. Infatti, la tesi sottesa a tale critica è quella che, secondo il gruppo di lavoro dell’OCSE menzionato al precedente punto 49, l’aumento del peso corporeo sarebbe un effetto riscontrabile in tutti gli inibitori dell’aromatase. Orbene, la ricorrente non corrobora tale affermazione mediante un rinvio a uno studio scientifico pertinente diverso da quello elaborato da detto gruppo di lavoro, cosicché tale affermazione non può essere verificata. Non è quindi certo che l’aumento del peso corporeo sia un effetto riscontrabile in tutti gli inibitori dell’aromatase, come sostiene la ricorrente. Inoltre, la ricorrente lascia intendere che lo studio Lee (2013a) abbia dimostrato il mancato aumento del peso corporeo presso gli animali testati. Orbene, poiché la ricorrente non ha fornito tale studio, è impossibile sapere se quest’ultimo menzioni il peso corporeo degli animali dopo l’esposizione al bisfenolo A e se il peso corporeo sia effettivamente aumentato nell’ambito di tale studio.

76      Parimenti, nella misura in cui la ricorrente fa riferimento, in merito agli effetti del bisfenolo A come inibitore dell’aromatase, agli studi Yamasaki (2002), Hengstler (2011), EFSA (2015) e ECHA (2014), il Tribunale non è in grado neppure di verificare i dati in essi contenuti. Infatti, tali studi non sono stati versati agli atti, né riassunti in modo comprensibile e concludente nelle memorie presentate dalla ricorrente nell’ambito del presente ricorso. Nei limiti in cui la ricorrente contesta all’ECHA di aver utilizzato un «protocollo che non era appropriato» per quanto riguarda gli effetti del bisfenolo A sullo sviluppo della ghiandola mammaria, il Tribunale non è in grado di verificare sotto quale profilo il protocollo menzionato dalla ricorrente non fosse «appropriato».

77      Infine, per quanto riguarda il metabolismo, l’affermazione della ricorrente secondo la quale sarebbe incomprensibile che dati umani non concludenti possano essere considerati pertinenti, non convince assolutamente. L’affermazione della ricorrente deriva da un’interpretazione errata, in quanto restrittiva, del contenuto della sezione 4.5.4 del documento di supporto (allegato A 13 al ricorso, pagina 139). Infatti, contrariamente all’interpretazione sostenuta dalla ricorrente, tale sezione riconosce semplicemente che i dati epidemiologici disponibili per l’essere umano non sono concludenti. Non vi è affermato che i dati relativi agli esseri umani siano pertinenti o meno, ma piuttosto che gli effetti osservati negli studi sugli animali sono parimenti pertinenti per l’essere umano a motivo delle somiglianze esistenti tra gli animali e l’uomo, anche se gli effetti non sono stati dimostrati in modo concludente nell’essere umano. A tale titolo, si tratta di un approccio comune nel mondo scientifico volto a ritenere che, a motivo dell’esistenza di un certo numero di incertezze connesse agli studi epidemiologici in generale, gli studi epidemiologici negativi o semplicemente non concludenti non possono invalidare studi positivi sugli animali. Ciò è stato giustamente rilevato dall’autorità francese competente al commento n. 89, figurante a pagina 91 della versione integrale del documento RCOM, nei termini seguenti, peraltro non contestati dalla ricorrente:

«Tuttavia, risultati negativi (vale a dire un’associazione non significativa) di studi epidemiologici non sono sufficienti a concludere per l’assenza di effetti sull’uomo. Per questo motivo, sulla base dei dati sugli animali e in mancanza di argomenti idonei a escludere la possibilità che si verifichino siffatti effetti sull’uomo, riteniamo che gli effetti nefasti osservati presso i roditori siano pertinenti anche per l’uomo».

78      Sotto un quarto profilo, neanche l’argomento relativo al fatto che taluni studi che meriterebbero di essere considerati, sul piano scientifico, come meglio realizzati, più dettagliati o più completi, non sarebbero stati presi in considerazione dall’ECHA, o soltanto parzialmente (v. punto 50 supra), può convincere. Come risulta dal documento RCOM, le critiche formulate dalla ricorrente in merito agli studi menzionati al precedente punto 50 sono state tutte oggetto di una risposta chiara da parte dell’autorità francese competente. Nell’ambito del presente ricorso, la ricorrente non spiega, né dimostra, sotto quale profilo tali risposte sarebbero inesatte o carenti.

79      Nei limiti in cui la ricorrente fa valere che, per quanto riguarda gli effetti del bisfenolo A sulle funzioni riproduttive, l’autorità francese competente e l’ECHA hanno, entrambe, erroneamente considerato le sperimentazioni in vivo di livello 3 condotte sui roditori ovariectomizzati come «studi particolarmente istruttivi», mentre sarebbero disponibili studi di livello 4 e studi multigenerazionali completi di livello 5, si deve necessariamente constatare che nulla indica a quali studi di livello 4 e 5 la ricorrente si riferisca. Per di più, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo cui il fascicolo dell’autorità francese competente non avrebbe preso in considerazione il documento n. 150 dell’OCSE, si deve constatare che tale autorità francese ha risposto nel commento n. 70 figurante a pagina 63 della versione integrale del documento RCOM che «[era] del tutto legittimo che studi vertenti su animali ovariectomizzati siano stimati molto istruttivi in particolare per le considerazioni relative alla modalità d’azione» e che «[era] del pari sottolineato che gli studi di Xu (2015b) e Inagaki (2012) comprendevano anche animali sani nel loro protocollo oltre ad animali ovariectomizzati». La ricorrente non spiega, né dimostra, sotto quale profilo tale risposta sarebbe inesatta o carente alla luce degli orientamenti contenuti nel documento n. 150 dell’OCSE.

80      Nei limiti in cui la ricorrente contesta all’ECHA di non aver preso nella dovuta considerazione l’espressione dei geni EZH2 e di altri geni, come menzionata in altri studi, ad esempio nello studio di 90 giorni del NCTR vertente su una generazione e condotto da Delclos (2014) sotto gli auspici del NTP, si deve constatare, da un lato, che, al commento n. 83 figurante a pagina 79 della versione integrale del documento RCOM, l’autorità francese competente ha risposto alle preoccupazioni della ricorrente che «[i] risultati su EZH2 [era]no registrati opportunamente nei dati supplementari (tabella Excel in aggiunta alla tabella 5), ma sembra[va]no riferirsi a una valutazione condotta al giorno postnatale 4 e non al giorno postnatale 90» e, dall’altro, che la ricorrente non menziona in alcun modo tale risposta molto precisa nell’ambito del presente ricorso.

81      Nei limiti in cui la ricorrente afferma che il documento di supporto cita taluni studi sull’esposizione di animali adulti senza menzionare che sarebbero disponibili studi completi sulla cancerogenicità cronica per due specie, vale a dire per i ratti F344 e per i topi B6C3F1, mentre la relazione intitolata «The EU Risk Assessment Report» elaborata nel 2008 sarebbe giunta alla conclusione da tali studi che «il [bisfenolo A] non era cancerogeno (…) in entrambe le specie», occorre constatare che tale argomento parte dal postulato secondo cui una sostanza cancerogena è automaticamente un perturbatore endocrino estremamente problematico. Orbene, la ricorrente non dimostra che ciò avvenga necessariamente. In particolare, essa non esclude la possibilità che esistano sostanze che provochino un certo tipo di cancro, ma che non operino un’alterazione nefasta delle funzioni endocrine.

82      Infine, per quanto riguarda gli studi sulla neurotossicità, occorre anzitutto rilevare che la ricorrente non chiarisce il nesso esistente tra la neurotossicità e la natura di un perturbatore endocrino estremamente problematico. Inoltre, si deve constatare che l’autorità francese competente ha indicato in risposta al commento 86, figurante a pagina 87 della versione integrale del documento RCOM, che «[l]o studio di Stump (2010) [era] incluso nel fascicolo [elaborato conformemente all’]allegato XV ed [era] preso in considerazione negli elementi di prova», che «[s]i osserva[va] tuttavia che gli animali [avevano] ricevuto un regime alimentare contenente fitoestrogeni idoneo a compromettere l’interpretazione dei risultati a basse dosi» e che «[g]li studi di Tyl (2002) e Tyl (2008) non [avevano] esaminato parametri specifici connessi al comportamento neurologico, [cosicché] non [era] quindi pertinente includere tali studi ed esaminarli nella sezione del [fascicolo elaborato conformemente all’]allegato XV relativa al comportamento neurologico». La ricorrente non precisa sotto quale profilo tale risposta sarebbe insoddisfacente.

83      In secondo luogo, nei limiti in cui la ricorrente sostiene che, per quanto riguarda le proprietà del bisfenolo A come perturbatore endocrino, l’ECHA è giunta in parte a conclusioni diverse da quelle dell’EFSA e che essa non ha fornito alcuna spiegazione circa la divergenza esistente tra le sue opinioni e quelle dell’EFSA (v. punti 51 e 52 supra), occorre ricordare che, come già rilevato al precedente punto 64, queste due agenzie hanno compiti diversi e procedono a valutazioni che sono effettuate nel perseguimento di obiettivi diversi. L’esame condotto dall’EFSA nel 2015 non aveva la stessa portata della valutazione effettuata dall’ECHA ai fini dell’adozione della decisione impugnata. In tali circostanze, il solo fatto di indicare che, secondo l’EFSA, il bisfenolo A «può avere» effetti sulle funzioni pertinenti «ai fini di tale valutazione» piuttosto che non averne non è sufficiente a privare di plausibilità la selezione e il giudizio relativi agli studi, come effettuati dall’ECHA ai fini dell’adozione della decisione impugnata. In mancanza di ulteriori spiegazioni da parte della ricorrente, le asserite «maggiori incoerenze» che pregiudicherebbero la selezione e il giudizio relativi agli studi individuali effettuati dall’ECHA e dall’EFSA nell’ambito delle loro valutazioni non hanno alcuna incidenza sull’esito da riservare alla decisione impugnata.

84      Inoltre, nemmeno l’ulteriore argomento della ricorrente secondo cui tali asserite «maggiori incoerenze» renderebbero il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV incoerente e non trasparente, senza che il protocollo ToxRTool seguito dall’ECHA ai fini di un’analisi degli studi utilizzati abbia potuto porvi rimedio (v. punto 52 supra), può convincere.

85      La critica della ricorrente secondo cui l’uso del ToxRTool nella fattispecie non è stato trasparente, poiché non vi sarebbe stato alcun protocollo da seguire, alcuna indicazione di prova di esperti, né alcuna informazione sul contesto della valutazione utilizzata (v. punto 52 supra), è inoperante. Infatti, i risultati del protocollo ToxRTool sono stati utilizzati unicamente per integrare i risultati derivanti dall’approccio basato sull’efficacia probatoria. Non si trattava affatto, quindi, dell’unico elemento o, quantomeno, dell’elemento determinante su cui si fondava la valutazione in questione nel caso di specie, cosicché un’eventuale mancanza di «trasparenza» connessa all’utilizzo di tale software non ha alcuna incidenza sull’esito da riservare alla fondatezza della decisione impugnata.

86      In terzo luogo, con tutti gli argomenti menzionati ai precedenti punti da 53 a 55, la ricorrente rimette in discussione la conclusione dell’ECHA secondo la quale è scientificamente comprovato che il bisfenolo A presenti una modalità d’azione che consenta di ritenere che tale sostanza sia un perturbatore endocrino estremamente problematico ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

87      Così facendo, la ricorrente rimette in discussione due cose distinte: da un lato, la questione se l’ECHA sia partita dal livello di prova richiesto effettivamente dal regolamento n. 1907/2006, essendo sottinteso che si tratta, a tale riguardo, di una questione di principio, e, dall’altro, la questione se l’ECHA abbia applicato tale livello di prova correttamente nel caso di specie, sapendo che, in tale contesto, più precisamente, la ricorrente rimette in discussione le valutazioni dell’ECHA relative alla modalità d’azione propria del bisfenolo A e, pertanto, agli effetti di tale sostanza sulla salute umana.

88      Sotto un primo profilo, nel contestare all’ECHA di avere «aggiunto» il criterio di «plausibilità» al criterio di «probabilità» asseritamente contenuto nell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 (v. punto 54 supra), la ricorrente muove dalla premessa che è a quest’ultimo criterio che corrisponde il livello di prova richiesto da detta disposizione. Tale argomento, che appare espressamente al punto 77 del ricorso, si basa su una confusione che richiama le seguenti precisazioni.

89      Ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, possono essere incluse nell’allegato XIV di tale regolamento le sostanze per le quali è «scientifiquement prouvé» (scientificamente comprovato) che esse «peuvent» (possono), come risulta in particolare dalla versione francese di tale regolamento, avere effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente che danno adito a un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento. Analogamente, secondo la versione spagnola di detto articolo 57, lettera f), possono essere incluse nell’allegato XIV del regolamento n. 1907/2006, segnatamente le sostanze per le quali è scientificamente comprovato che hanno effetti gravi «possibili» (in spagnolo: posibles) per la salute umana o per l’ambiente, a condizione che esse suscitino un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dal livello di preoccupazione di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), di detto regolamento. Secondo la versione portoghese, possono essere incluse nell’allegato XIV, in particolare le sostanze per le quali è scientificamente comprovato che esse sono «suscettibili di provocare» (in portoghese: susceptíveis de provocar) effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente se la condizione relativa al livello di preoccupazione è soddisfatta. Occorre ritenere che l’inciso «suscettibili di provocare» sia l’equivalente del verbo «potere» o dell’aggettivo «possibile». Per contro, in base ad altre versioni linguistiche di tale disposizione, quali le versioni tedesca, inglese e italiana, detti effetti gravi devono essere «probabili» (in tedesco: wahrscheinlich; in inglese: probable; in italiano: probabilità).

90      Del resto, occorre rilevare che, se, secondo la maggior parte delle versioni linguistiche dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, deve essere «scientificamente comprovato» che una certa sostanza abbia effetti nefasti gravi possibili o probabili, secondo la versione tedesca, la risposta da dare alla questione se una sostanza abbia «effetti probabili» deve essere fondata su «conoscenze scientifiche» (in tedesco «wissenschaftliche Erkenntnisse»).

91      Nonostante tali differenze terminologiche, occorre sottolineare che l’inciso «scientificamente comprovato» (in tedesco è questione di «conoscenze scientifiche») indica il livello di prova che deve essere raggiunto dall’ECHA per poter pervenire alla conclusione che una sostanza ha effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente.

92      Oltre al fatto di far dipendere il livello di prova da un approccio scientifico, come indicato dalle espressioni «scientificamente comprovato» o «conoscenze scientifiche», l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 non precisa in cosa consista tale approccio. Il Tribunale e la Corte non hanno finora avuto modo di apportare più ampie precisazioni in proposito. Certamente, al punto 173 della sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA (T‑115/15, EU:T:2017:329), il Tribunale ha dichiarato che la «probabilità» – più precisamente la probabilità scientifica – che una sostanza «possa» avere effetti nefasti sull’ambiente era sufficiente per dichiarare un nesso causale ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. In tal modo, il Tribunale si è limitato a rilevare che la constatazione dell’esistenza di un nesso causale «probabile» corrispondeva in ogni caso al grado di prova richiesto da tale disposizione. Tuttavia, esso non ha statuito definitivamente sulla questione relativa al livello di prova.

93      A tale riguardo, occorre anzitutto rilevare che le espressioni «scientificamente comprovato» e «conoscenze scientifiche» sono sinonimi. Infatti, l’esistenza delle conoscenze scientifiche o di metodi o di norme scientifiche può essere riconosciuta solo a condizione che tali elementi si fondino su prove scientifiche.

94      Occorre poi rilevare che, quando l’ECHA procede a un’analisi delle proprietà intrinseche di una sostanza, essa è vincolata dal principio di eccellenza scientifica, il che implica che essa deve rispettare le migliori norme scientifiche attuali. Le norme utilizzate dagli scienziati in materia di identificazione dei perturbatori endocrini esistenti alla data dell’adozione della decisione impugnata derivavano dalle raccomandazioni contenute nella relazione del JRC, intitolata «Questioni scientifiche chiave relative all’identificazione e caratterizzazione delle sostanze alteranti il sistema endocrino – Relazione del comitato consultivo di esperti sugli interferenti endocrini». Secondo tali raccomandazioni, una sostanza può essere considerata un perturbatore endocrino se è dimostrato che esiste un nesso causale «plausibile» tra la modalità d’azione endocrina di tale sostanza e gli effetti indesiderabili per la salute. In altri termini, gli elementi di fatto e di prova considerati nell’ambito dell’esame di una sostanza devono consentire di dimostrare che sia «plausibile» che la modalità d’azione di tale sostanza possa condurre a taluni effetti nefasti. Per contro, l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 non richiede una prova assoluta della causalità.

95      Infine, il livello di prova e, di conseguenza, gli elementi menzionati ai precedenti punti da 91 a 94, devono essere nettamente distinti dalla questione se si debba concludere nel senso dell’esistenza di un perturbatore endocrino estremamente problematico quando è dimostrato che una sostanza ha effetti negativi «possibili» o quando è dimostrato che essa ha effetti nefasti «probabili». Tale seconda questione riguarda la natura degli effetti constatati e, pertanto, uno degli elementi che costituiscono l’oggetto dell’esame delle proprietà intrinseche di una sostanza. Essa non ha alcuna relazione con il livello di prova richiesto dall’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

96      A tale riguardo, si deve nuovamente rinviare al punto 173 della sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA (T‑115/15, EU:T:2017:329). Secondo tale giurisprudenza, in definitiva, una sostanza può essere considerata un perturbatore endocrino estremamente problematico quando è dimostrato che «può» avere effetti nefasti. Infatti, la valutazione delle proprietà intrinseche delle sostanze contemplate all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 non costituisce una valutazione dei rischi derivanti dall’uso concreto di una sostanza o dall’esposizione alla medesima, bensì una valutazione dei pericoli della sostanza.

97      A tale riguardo, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di «rischio» corrisponde a una funzione della «probabilità» degli effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico cagionati dall’impiego di un prodotto o di un procedimento (sentenze dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 147, e del 9 settembre 2011, Francia/Commissione, T‑257/07, EU:T:2011:444, punto 76). In altri termini, si può concludere per l’esistenza di un rischio solo nei limiti in cui si tratta di effetti probabili.

98      Per contro, da una giurisprudenza consolidata risulta che la nozione di «pericolo» descrive ogni prodotto o processo che «possa» avere un effetto nocivo per la salute umana [sentenze dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 147; dell’11 settembre 2002, Alpharma/Consiglio, T‑70/99, EU:T:2002:210, punto 160; del 9 settembre 2011, Dow AgroSciences e a./Commissione, T‑475/07, EU:T:2011:445, punto 147, e del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 144]. In altri termini, per quanto riguarda la pericolosità di una sostanza, occorre ricollegarsi agli effetti indesiderabili «possibili» di tale sostanza e non a effetti «probabili». Detto approccio del legislatore dell’Unione è, inoltre, conforme al principio di precauzione, quale menzionato, tra l’altro, all’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 1907/2006 (sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 173).

99      In considerazione di quanto precede, la ricorrente critica invano l’ECHA per aver «aggiunto» un criterio di «plausibilità» al criterio di «probabilità» previsto all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Infatti, l’ECHA non ha «aggiunto» alcun criterio supplementare a tale disposizione. In realtà, l’argomento della ricorrente menzionato al precedente punto 88 si fonda su una confusione tra la questione della «plausibilità» quale criterio al quale devono sottostare tutti gli elementi di prova raccolti dall’ECHA (v. punti da 91 a 94 supra), da un lato, e la questione della natura possibile o probabile degli effetti di una sostanza (v. punti da 95 a 98 supra), dall’altro.

100    Peraltro, e infine, occorre sottolineare che, nel caso di specie, ai punti 9 e 12 della decisione impugnata, l’ECHA ha qualificato come «probabili» gli effetti attribuibili al bisfenolo A. Tale termine figura anche nel primo comma del sommario incluso a pagina 13 del documento di supporto, nonché al primo comma della sezione 6.3.3. di tale documento. Poiché la lingua del procedimento era l’inglese e tutte le parti interessate ricordavano la versione inglese del regolamento n. 1907/2006, che richiede l’esistenza di effetti «probabili», si deve ritenere che la scelta, da parte dell’ECHA e dell’autorità francese competente, di tale termine fosse una scelta consapevole e voluta. Tale constatazione discende altresì e in particolare dalla risposta al commento n. 64 figurante nella versione integrale del documento RCOM (allegato B1 al controricorso) il quale indica che il bisfenolo A «comporta anzitutto un calo dei livelli di estradiolo, perturbando l’espressione della proteina P450arom» e che è «probabile» che «il persistere di un livello ridotto di estradiolo provochi successivamente una diminuzione della regolazione retroattiva della [gonadotropina] LH [, vale a dire, dell’ormone luteinizzante], un prolungamento del ciclo estrale e l’apoptosi delle cellule ovariche».

101    Inoltre, le osservazioni contenute nel documento di supporto descrivono gli effetti specifici del bisfenolo A sulla funzione riproduttiva, sullo sviluppo della ghiandola mammaria, sulla funzione cognitiva e sul metabolismo, in parte, come effetti sicuri e non equivoci. L’autore di tale documento ricorre a un linguaggio il cui intento è di fugare ogni dubbio quanto alle proprietà di perturbazione endocrina estremamente problematiche del bisfenolo A ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Si tratta di un linguaggio che cerca di dimostrare non soltanto che gli effetti constatati sono «possibili», ma anche che le constatazioni svolte prendono in considerazione gli effetti «probabili». Sebbene, da un punto di vista strettamente giuridico, non sia tenuta a dimostrare la probabilità degli effetti gravi per la salute o per l’ambiente, l’ECHA, nel caso di specie, ha proceduto a una siffatta constatazione. Così facendo, essa ha, in ogni caso, rispettato il livello di prova richiesto dal regolamento in questione.

102    Tenuto conto di quanto precede, occorre respingere l’argomento della ricorrente menzionato al precedente punto 54.

103    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda la questione se l’ECHA abbia correttamente applicato il livello di prova di cui all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 nel caso di specie alla luce della modalità d’azione del bisfenolo A e degli effetti di tale sostanza sulla salute umana (v. punto 87 supra), occorre rilevare i seguenti elementi.

104    Da un lato, ai punti 75 e da 79 a 81 del ricorso, la ricorrente muove dalla premessa che esiste una distinzione tra la modalità d’azione endocrina e il meccanismo d’azione endocrino di una sostanza, senza tuttavia indicare ciò che essa intende con detti termini, né se, a suo avviso, occorra riferirsi all’uno o all’altro per verificare in che misura sia possibile parlare di perturbatore endocrino estremamente problematico ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Gli argomenti della ricorrente concernenti la modalità d’azione e il meccanismo d’azione, che sono vaghi, richiedono le seguenti precisazioni.

105    Alle pagine 19 e 20 del documento di supporto, l’ECHA ha fornito una spiegazione dettagliata, che non è stata contestata dalla ricorrente e che occorre confermare, sulla differenza tra una modalità d’azione e un meccanismo d’azione. Secondo tale agenzia:

«[Il] meccanismo d’azione è generalmente definito come l’insieme delle fasi meccaniche, mentre la modalità d’azione si riferisce a una sequenza meno dettagliata di eventi chiave. La modalità d’azione non è destinata a stabilire il modello completo di un meccanismo d’azione chimico. Ciò è conforme alle definizioni proposte nel documento orientativo dell’OCSE sui percorsi con esiti avversi (AOP, Adverse outcome pathways) (OCSE 2013): “La modalità d’azione differisce dal meccanismo, in quanto la modalità d’azione richiede una comprensione meno dettagliata della base molecolare dell’effetto tossico”. Ai fini della presente analisi, è stata accolta la seguente definizione di modalità d’azione: “una sequenza di eventi cellulari e biochimici chiave con parametri misurabili che conducono a un effetto tossico”».

106    Dall’altro lato, è vero che nella sezione 4.6, secondo comma, del documento di supporto (pagina 152 di tale documento) si osserva che il «bersaglio principale del [bisfenolo A] non è tuttavia ancora conosciuto con certezza». Ciò nonostante, senza contare il fatto che la ricorrente ha omesso di menzionare l’inciso «con certezza», essa ha omesso parimenti la conclusione della valutazione complessiva indicata immediatamente prima, secondo la quale:

«[Il documento di supporto contiene] numerose prove che dimostrano che il bisfenolo A “può” incidere su un gran numero di funzioni e di sistemi fisiologici nei mammiferi a motivo di una perturbazione endocrina. Il bisfenolo A modifica in particolare la funzione riproduttiva, lo sviluppo delle ghiandole mammarie, le funzioni cognitive e il metabolismo attraverso una modalità d’azione di [perturbatore endocrino]. È ancor più importante sottolineare che, sebbene le fasi dei rispettivi meccanismi d’azione siano specifiche di ciascun effetto, la perturbazione delle vie estrogeniche è una modalità d’azione comune, costantemente implicata in ciascuno dei quattro effetti».

107    Inoltre, occorre rilevare che la ricorrente non ha assolutamente avvalorato le proprie affermazioni secondo cui, in sostanza, l’ECHA non ha dimostrato in modo concludente, l’esistenza di una «modalità d’azione o un meccanismo d’azione proprio [che fosse] pertinente per l’effetto nefasto osservato» (v. punto 55 supra e punto 80 del ricorso). Secondo la ricorrente, poiché non è stata fornita la prova del meccanismo endocrino, l’ECHA non ha dimostrato che la sostanza di cui trattasi possedesse proprietà che perturbano il sistema endocrino o che essa soddisfacesse i criteri di cui all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 per quanto riguarda uno dei quattro effetti asseriti, ossia gli effetti sul sistema riproduttivo, sulla ghiandola mammaria, sulle funzioni cognitive e sul metabolismo» (v. punto 55 supra e punto 81 del ricorso).

108    A tale riguardo, si deve rilevare che la tabella 6 della pagina 46 del documento di supporto descrive la modalità d’azione endocrino-mediata del bisfenolo A sull’alterazione del ciclo estrale mediante una descrizione degli eventi cellulari o molecolari sottostanti e una descrizione dell’alterazione associata di organi o di talune funzioni. La tabella 7 fornisce una panoramica degli elementi a sostegno dell’identificazione di un’alterazione del ciclo estrale come effetto endocrino-mediato del bisfenolo A. Per quanto riguarda l’alterazione dello sviluppo delle ghiandole mammarie, le sezioni 4.3.4 e 4.3.5 e, in particolare, le figure 13 e 14, situate alle pagine 67 e 68 del documento di supporto, descrivono la modalità d’azione del bisfenolo A in relazione a tale effetto nefasto. La pertinenza per l’essere umano della modalità d’azione è affrontata nelle sezioni 4.3.6 e 4.3.7 e il nesso «plausibile» tra gli effetti nefasti sulle ghiandole mammarie e la modalità d’azione endocrina è riassunto alla sezione 4.3.8 (v. pagine 70 e 71 del documento di supporto). Per quanto riguarda l’alterazione dello sviluppo cerebrale e della funzione cognitiva, alla sezione 4.4.2 del documento di supporto riguardante gli effetti nefasti (v. pagina 95 del documento di supporto), sono fornite informazioni contestuali a proposito dell’apprendimento e della memoria e dei meccanismi cellulari e molecolari sottostanti. La sezione 4.4.3 fornisce informazioni sulla modalità d’azione endocrina, sul nesso plausibile tra tale modalità d’azione e gli effetti nefasti neurologici e sulla pertinenza per l’uomo. La tabella 19 della pagina 107 del documento di supporto definisce la modalità d’azione endocrino-mediata del bisfenolo A sull’apprendimento e sulla memoria, fornendo una descrizione degli eventi cellulari o molecolari sottostanti e dell’alterazione associata di organi e di talune funzioni. La tabella 20 fornisce una panoramica degli elementi a sostegno dell’identificazione di un’alterazione dell’apprendimento e della memoria in quanto effetto endocrino-mediato del bisfenolo A. Gli effetti sul metabolismo e sull’obesità sono descritti alla sezione 4.5 del documento di supporto, in cui sono fornite informazioni dettagliate sul modo in cui possono essere pregiudicate le vie biochimiche (v., in particolare, le sezioni 4.5.2.2 e 4.5.3.2). Una descrizione riguardante il nesso tra la modalità d’azione e gli effetti nefasti osservati è presentata nelle sezioni 4.5.2.3 e 4.5.3.3. La pertinenza per l’essere umano è affrontata e riassunta nelle sezioni 4.5.4 e 4.5.5.

109    Tenuto conto di tali elementi, come risulta dalla sintesi contenuta alla sezione 4.6 del documento di supporto, l’ECHA ha ritenuto che fosse dimostrato che la perturbazione delle vie estrogeniche fosse una modalità d’azione comune, costantemente implicata in ciascuno dei quattro effetti, e che la sequenza di eventi cellulari e biochimici essenziali fosse presentata con parametri misurabili che avevano comportato effetti tossici. In particolare, l’ECHA è giunta alla conclusione che le prove disponibili dimostravano che il bisfenolo A alterava varie funzioni fisiologiche, tra cui, in particolare, il funzionamento ormonale degli estrogeni. Inoltre, come risulta, in sostanza, dalla sezione 6.3.1. del documento di supporto (pag. 153 di quest’ultimo), la modalità d’azione di perturbatore endocrino incidente sulle vie estrogeniche è nota con sufficiente certezza, ma esistono inoltre abbastanza prove per sospettare che il bisfenolo A possieda altre modalità d’azione di perturbatore endocrino, oltre a quanto già individuato. Al sesto comma della pagina 159 del documento di supporto, si precisa quanto segue:

«Occorre anche osservare che da taluni elementi di prova emerge che il [bisfenolo A] perturba l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide. È risaputo che gli ormoni tiroidei regolano la sintesi e l’azione degli steroidi sessuali sia nel cervello sia nelle gonadi nonché nel metabolismo dei grassi. L’interferenza tra gli steroidi sessuali e gli assi endocrini tiroidei è stata recentemente esaminata da Duarte-Guterman e al. (2014)».

110    La ricorrente non affronta specificamente tali valutazioni. Le sue censure sono di natura generale, cosicché esse non le privano di plausibilità.

111    Pertanto, la semplice affermazione secondo la quale l’ECHA si sarebbe limitata ad «associare un certo effetto a una certa modalità d’azione» (v. punto 55 supra), non dimostra l’esistenza di un errore manifesto di valutazione. Al fine di privare di plausibilità le valutazioni dell’ECHA riguardo alla modalità d’azione del bisfenolo A, la ricorrente avrebbe dovuto corroborare tale affermazione con elementi concreti tratti dal documento di supporto o da altri documenti che sono serviti da base per motivare la decisione impugnata. Orbene, ciò non si è verificato. Allo stesso modo, anziché limitarsi semplicemente a richiamare il criterio secondo cui solo una «risposta biologica definita e costante è sufficientemente precisa per essere connessa a una modalità d’azione», che è, peraltro, un criterio classico e notorio nel mondo scientifico, la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che gli studi utilizzati dall’ECHA avevano omesso effettivamente di fare ricorso a tale criterio oppure che, al fine di provare gli effetti che comportava la modalità d’azione del bisfenolo A, l’ECHA, in totale spregio a detto criterio, aveva preso in considerazione studi che utilizzavano un criterio diverso. Infine, il semplice fatto di sostenere che l’ECHA abbia utilizzato, al fine di valutare i rischi connessi al bisfenolo A, un protocollo simile a quello messo a punto dall’EFSA per la valutazione di tale sostanza nell’ambito degli usi della stessa che implicano un contatto con gli alimenti, non è assolutamente idoneo a corroborare le censure formulate dalla ricorrente in merito alle conclusioni da trarre riguardo alla modalità d’azione endocrina del bisfenolo A.

112    Alla luce di quanto precede, gli argomenti menzionati ai punti da 53 a 55 devono essere respinti.

113    In quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente vertente sul fatto che l’ECHA non ha dimostrato che gli asseriti effetti nefasti del bisfenolo A davano adito a un «livello di preoccupazione equivalente» a quello suscitato dagli effetti delle sostanze che rispondono ai criteri di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006 (v. punto 56 supra), si deve rilevare che la ricorrente non spiega in che modo la valutazione del livello di preoccupazione equivalente condotta dall’ECHA e presentata alla sezione 6.3.2 del documento di supporto non dimostri che gli effetti nefasti del bisfenolo A suscitano un livello di preoccupazione equivalente. Infatti, da nessuna parte nel ricorso o nella replica si fa riferimento alla valutazione del livello di preoccupazione equivalente effettuata dall’ECHA alla sezione 6.3.2 del documento di supporto. Sostenere, al pari della ricorrente, che la constatazione di un livello di preoccupazione equivalente richiesta all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 dovrebbe essere fondata su studi sull’uomo o su dati provenienti da studi sugli animali che stabiliscano una forte presunzione dell’esistenza di effetti, non è, di per sé, certamente un argomento privo di pertinenza. Tuttavia la ricorrente non ha dimostrato basandosi su elementi concreti e verificabili che l’ECHA non si era conformata a tale criterio alla luce degli studi su cui fonda le proprie valutazioni. Per di più, a proposito dell’argomento della ricorrente relativo alla determinazione del livello di preoccupazione equivalente, l’ECHA, nel suo controricorso, ha sottolineato che la ricorrente non aveva mai fatto riferimento alla parte del documento di supporto in cui sarebbe stato stabilito che gli effetti nefasti erano di un livello di preoccupazione equivalente e in cui sarebbero state menzionate le ragioni di tale situazione (v. punti 106 e 107 del controricorso). Un siffatto riferimento non si rinviene neanche nella replica. Si deve quindi giungere alla conclusione che la ricorrente non ha provato che l’ECHA avesse commesso un errore manifesto di valutazione su tale punto, cosicché gli argomenti menzionati al precedente punto 56 devono essere respinti in quanto infondati.

114    Da quanto precede risulta che gli elementi dedotti dalla ricorrente e diretti a contestare la valutazione scientifica condotta dall’ECHA non privano di plausibilità le valutazioni su cui si fonda la decisione impugnata. Pertanto, la seconda censura della prima parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

3)      Sulla terza censura della prima parte del secondo motivo, vertente sull’esistenza di un errore manifesto di valutazione in quanto l’ECHA non avrebbe preso in considerazione il livello di sicurezza per l’uso del bisfenolo A richiesto in altre disposizioni del diritto dell’Unione

115    Nell’ambito della terza censura della prima parte del secondo motivo, la ricorrente contesta all’ECHA di non aver preso in considerazione il livello di sicurezza per l’uso del bisfenolo A, quale richiesto in talune disposizioni del diritto dell’Unione, come un elemento pertinente per valutare il bisfenolo A alla luce dei criteri di cui all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

116    Secondo la ricorrente, la normativa dell’Unione richiede un livello di sicurezza per l’uso del bisfenolo A, in particolare nell’ambito delle normative relative al contatto con i prodotti alimentari e i giocattoli. Più precisamente, l’uso del bisfenolo A come monomero nella fabbricazione di materiali e oggetti di materia plastica impiegati a contatto con i prodotti alimentari sarebbe autorizzato con riserva di un limite di migrazione specifico di 0,6 mg di bisfenolo A per chilogrammo di prodotti alimentari. Ciò risulterebbe dal regolamento (UE) n. 10/2011 della Commissione, del 14 gennaio 2011, riguardante i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU 2011, L 12, pag. 1). In attesa dei risultati previsti del programma Clarity-BPA, l’EFSA avrebbe recentemente stabilito una dose giornaliera ammissibile provvisoria di 4 μg/kg di peso corporeo/giorno. Infine, per l’uso del bisfenolo A nei giocattoli, un valore limite specifico sarebbe stato fissato dalla direttiva (UE) 2017/898 della Commissione, del 24 maggio 2017, che modifica, per quanto riguarda il bisfenolo A, l’allegato II, appendice C, della direttiva 2009/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei giocattoli, allo scopo di adottare valori limite specifici per i prodotti chimici utilizzati nei giocattoli (GU 2017, L 138, pag. 128). Ad avviso della ricorrente, secondo tale direttiva, il «limite che riflette le attuali conoscenze scientifiche» deve essere fissato a 0,04 mg/l al fine di garantire l’innocuità del bisfenolo A quando è utilizzato nei giocattoli destinati ai bambini di età inferiore ai 36 mesi o in altri giocattoli destinati a essere messi in bocca. Tutti questi livelli sarebbero stati trascurati dall’ECHA ai fini della decisione impugnata, sebbene essi fossero stati stabiliti per il bisfenolo A riguardo alle applicazioni più sensibili per la salute umana, vale a dire i materiali a contatto con i prodotti alimentari.

117    L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

118    In via preliminare, nei limiti in cui la ricorrente fa riferimento al livello di sicurezza per l’uso del bisfenolo A elaborato, in particolare, nell’ambito delle normative relative al contatto con i prodotti alimentari e ai giocattoli, si deve necessariamente rilevare che la ricorrente si riferisce all’uso del bisfenolo A come monomero, vale a dire come sostanza in grado di formare legami covalenti con una sequenza di molecole aggiuntive, uguali o diverse, nelle condizioni della pertinente reazione di formazione del polimero utilizzata per quel particolare processo (articolo 3, punto 6, del regolamento n. 1907/2006). In tal modo, la ricorrente fa riferimento al bisfenolo A come sostanza che, attraverso una reazione di polimerizzazione, viene trasformata in una unità di ripetizione della sequenza polimerica. Qualsiasi sostanza utilizzata come monomero nella produzione di un polimero è per definizione una sostanza intermedia (v. articolo 3, punto 15, del regolamento n. 1907/2006).

119    Orbene, in primo luogo, è pacifico che il bisfenolo A è utilizzato anche a fini non intermedi. Ciò si verifica nel caso del suo utilizzo nella fabbricazione della carta termica (v. punto 1 supra). Nei limiti in cui tale sostanza è impiegata come sostanza non intermedia, tenuto conto delle precisazioni di cui al precedente punto 118, l’argomento che la ricorrente trae dalla normativa concernente il livello di sicurezza specifica elaborato per l’uso del bisfenolo A nei giocattoli e negli articoli a contatto con i prodotti alimentari, è inoperante. Infatti, come risulta dalla voce 151 della tabella 1 dell’allegato I del regolamento n. 10/2011, il livello di sicurezza menzionato dalla ricorrente per quanto riguarda gli articoli di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, vale a dire il limite di migrazione specifica di 0,6 mg di bisfenolo A per chilogrammo di alimenti, si applica unicamente agli usi intermedi. Ciò si verifica nel caso del limite di migrazione del bisfenolo A nei giocattoli che è di 0,04 mg/l, come stabilito dall’articolo 1 della direttiva (UE) 2017/898.

120    In secondo luogo, nei limiti in cui tale sostanza è utilizzata come sostanza intermedia, occorre rilevare che, certamente, la determinazione del livello di sicurezza previsto per l’utilizzo del bisfenolo A nell’ambito delle normative relative al contatto con i prodotti alimentari e ai giocattoli costituisce uno dei fattori pertinenti che possono essere presi in considerazione dall’ECHA nell’ambito dell’esame del «livello di preoccupazione equivalente» previsto all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

121    Infatti, in generale, nel prevedere che talune sostanze possano essere identificate, caso per caso, se i loro effetti gravi per la salute umana diano adito a un livello di preoccupazione «equivalente» a quella delle sostanze che rispondono ai criteri di classificazione come sostanze cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione, l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 non vieta di prendere in considerazione dati diversi da quelli relativi ai pericoli derivanti dalle proprietà intrinseche delle sostanze interessate (sentenza del 15 marzo 2017, Hitachi Chemical Europe e Polynt/ECHA, C‑324/15 P, EU:C:2017:208, punto 40). Il regolamento n. 1907/2006 intende riservare la procedura di autorizzazione a talune sostanze, identificate come estremamente problematiche non soltanto a motivo della gravità dei loro effetti pericolosi per la salute o per l’ambiente, ma anche prendendo in considerazione altri fattori. Questi ultimi «possono comprendere» in particolare la difficoltà di valutare in modo adeguato i rischi posti da tali sostanze quando è impossibile determinare con la certezza richiesta un «livello derivato senza effetto» o una «concentrazione prevedibile senza effetto» (sentenza del 15 marzo 2017, Hitachi Chemical Europe e Polynt/ECHA, C‑324/15 P, EU:C:2017:208, punto 39). Ne consegue che il limite di migrazione del bisfenolo A in taluni oggetti, quali gli articoli destinati a stare a contatto con i prodotti alimentari o i giocattoli, è un fattore che può essere preso in considerazione dall’ECHA ai fini dell’identificazione delle sostanze estremamente problematiche, senza tuttavia che tale fattore sia decisivo a tale riguardo e senza che sia consentito quindi giungere alla conclusione che la decisione riguardante una siffatta identificazione sia viziata da un errore manifesto di valutazione per il semplice fatto che non si è tenuto conto del limite di migrazione consentito.

122    Tuttavia, contrariamente a quanto sembra invocare la ricorrente, nella sezione 6.3.2. del documento di supporto (pagine 165 e 166 di tale documento), l’ECHA ha effettivamente esaminato la possibilità di stabilire un livello di concentrazione non pericolosa ed è giunta alla conclusione che ciò era difficile, in quanto esisterebbero notevoli incertezze riguardo alla creazione di una relazione dose-risposta quantitativa e poiché taluni studi avrebbero individuato effetti a dosi inferiori al punto di partenza utilizzato per stabilire il livello derivato senza effetto.

123    In particolare, si osserva alle pagine 165 e 166 del documento di supporto che, alla luce degli effetti sul metabolismo, taluni studi pubblicati recentemente avevano riferito taluni effetti del bisfenolo A a dosi equivalenti o inferiori alle dosi utilizzate nel corso delle precedenti valutazioni normative. Pur rilevando che il livello di sensibilità dipendeva anche dall’intervallo di esposizione e dalla vulnerabilità della popolazione esposta, vi si afferma che sarebbe difficile definire un livello sicuro con un grado di fiducia sufficiente, poiché i nuovi dati introdurrebbero incertezze sui limiti attuali. Nel documento di supporto è altresì indicato che la conoscenza collettiva sugli effetti del bisfenolo A in materia di perturbazione endocrina può essere incompleta, che esistono prove emergenti riguardanti gli effetti del bisfenolo A sulla funzione immunitaria e che ciò suscita preoccupazioni circa eventuali effetti a dosi inferiori al punto di partenza utilizzato per stabilire il livello derivato senza effetto.

124    La ricorrente non rimette in discussione tali elementi in maniera circostanziata e tramite la produzione di elementi di prova. La ricorrente, riferendosi semplicemente a determinati limiti specifici fissati, nella normativa pertinente, per i materiali a contatto con gli alimenti e per i giocattoli, non confuta pertanto in modo convincente le conclusioni indicate nel documento di supporto che dimostrano che, globalmente, sussistono incertezze nella determinazione di una dose-risposta quantitativa e di livelli sicuri. Ciò premesso, l’argomento menzionato al precedente punto 115 non priva le valutazioni dell’ECHA di plausibilità su tale punto.

125    In considerazione di tutto quanto precede, la terza censura della prima parte del secondo motivo deve essere respinta, al pari di questa parte nel suo complesso.

b)      Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente su una violazione del dovere di diligenza

126    Nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, la ricorrente fa valere che, nell’identificare il bisfenolo A come sostanza estremamente problematica, l’ECHA non ha tenuto conto di tutte le informazioni pertinenti in modo accurato e imparziale. Più precisamente, l’ECHA avrebbe omesso di prendere in considerazione il fatto che, alla data dell’adozione della decisione impugnata, il bisfenolo A era ancora oggetto di studi specifici come quelli che dovevano essere effettuati nell’ambito del programma Clarity-BPA menzionato ai precedenti punti 2 e 4. Identificando scientemente il bisfenolo A come sostanza estremamente problematica sulla base di elementi di prova incompleti e fondando la propria decisione su un fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV, che era incompleto, non solo l’ECHA avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione, ma sarebbe anche venuta meno al suo dovere di diligenza.

127    L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

128    In via preliminare, occorre constatare che l’argomento dedotto a sostegno della seconda parte del secondo motivo non ha una portata autonoma nell’ambito del presente ricorso, ma costituisce un’integrazione dell’argomentazione relativa all’esistenza di un errore manifesto di valutazione (v. punto 126 supra). Tenuto conto del fatto che la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un siffatto errore, non è più necessario rispondere all’argomento vertente su una violazione, da parte dell’ECHA, del suo dovere di diligenza.

129    Inoltre, se fosse necessario rispondere a tale argomento, occorrerebbe ricordare che, tra le garanzie conferite dal diritto dell’Unione nei procedimenti amministrativi, figura, segnatamente, il principio di buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, al quale si ricollega il dovere di diligenza, vale a dire l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (sentenze del 27 settembre 2012, Applied Microengineering/Commissione, T‑387/09, EU:T:2012:501, punto 76, e del 16 settembre 2013, ATC e a./Commissione, T‑333/10, EU:T:2013:451, punto 84).

130    Nel caso di specie, la ricorrente non ha dimostrato che l’ECHA non avesse esaminato, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie. In particolare, come rilevato più avanti al punto 163, l’ECHA non era tenuta a rinviare l’adozione della decisione impugnata in attesa della pubblicazione dei risultati del programma Clarity-BPA. Tali risultati non fanno quindi parte degli elementi che dovevano essere presi in considerazione ai fini dell’adozione della decisione impugnata.

131    In tali circostanze, il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

2.      Sul primo motivo, vertente su una violazione del principio di certezza del diritto

132    Con il suo primo motivo, la ricorrente fa valere che l’ECHA ha violato il principio di certezza del diritto, da un lato, ricorrendo, nella decisione impugnata, a un insieme di criteri asseritamente incoerenti, e, dall’altro, omettendo di stabilire un insieme di criteri chiari e precisi per valutare i perturbatori endocrini ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Tutti gli argomenti dedotti a sostegno del primo motivo possono essere raggruppati in due parti distinte.

a)      Sulla prima parte del primo motivo, vertente su un’asserita incoerenza nei criteri utilizzati nel corso della valutazione che è servita come base alla decisione impugnata

133    A sostegno della prima parte del primo motivo, la ricorrente fa valere che il documento di supporto, che è servito come base per le discussioni del comitato degli Stati membri e che è fondato sul fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV, è viziato da «incoerenza interna», al pari della decisione impugnata.

134    Da un lato, infatti, il documento di supporto farebbe riferimento alla definizione dell’OMS di «perturbatore endocrino». Secondo tale definizione, un «perturbatore endocrino» è «una sostanza o miscela esogena che altera le funzioni del sistema endocrino causando di conseguenza effetti avversi sulla salute di un organismo integro o della sua progenie o delle (sotto)popolazioni». Tale definizione richiederebbe che sia dimostrato un nesso causale tra l’alterazione delle funzioni del sistema endocrino e gli effetti negativi per la salute.

135    Dall’altro lato, il documento di supporto del comitato degli Stati membri indicherebbe altresì che si presume che, per essere identificata come un perturbatore endocrino, una sostanza deve rispondere alle raccomandazioni del comitato consultivo di esperti della Commissione europea sui perturbatori endocrini. Dette raccomandazioni proverrebbero da una relazione del JRC intitolata «Questioni scientifiche chiave relative all’identificazione e caratterizzazione delle sostanze alteranti il sistema endocrino – Relazione del comitato consultivo di esperti sugli interferenti endocrini (2013)». Orbene, ad avviso della ricorrente, secondo tali raccomandazioni, una sostanza può essere identificata come perturbatore endocrino soltanto a condizione che gli effetti negativi sulla salute derivanti dall’alterazione delle funzioni del sistema endocrino presentino un nesso causale «biologicamente plausibile» con una modalità d’azione di perturbatore endocrino (in prosieguo: la «definizione del JRC»).

136    La definizione dell’OMS e quella del JRC differirebbero l’una dall’altra a tal punto che la ricorrente non avrebbe potuto prevedere il modo in cui esse potrebbero riguardarla.

137    L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

138    In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il principio di certezza del diritto, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che le norme giuridiche siano chiare e precise, ed è diretto a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto dell’Unione (sentenze del 22 ottobre 1998, Jokela e Pitkäranta, C‑9/97 e C‑118/97, EU:C:1998:497, punto 48, e del 15 settembre 2005, Irlanda/Commissione, C‑199/03, EU:C:2005:548, punto 69). Tale obbligo richiede che ogni atto inteso a produrre effetti giuridici tragga la propria forza vincolante da una disposizione del diritto dell’Unione che deve essere espressamente indicata come base giuridica e che prescrive la forma giuridica di cui l’atto deve essere rivestito (v. sentenza del 19 giugno 2015, Italia/Commissione, T‑358/11, EU:T:2015:394, punto 123 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA, C‑419/17 P, EU:C:2019:52, punti 69 e 72). Il principio di prevedibilità costituisce parte integrante del principio di certezza del diritto (sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 135; v. altresì, in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2003, AMOK, C‑289/02, EU:C:2003:669, punto 30).

139    Nel caso di specie, in primo luogo, la forza vincolante della decisione impugnata deriva da una disposizione del diritto dell’Unione che è stata espressamente indicata. Tale decisione, infatti, menziona l’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento n. 1907/2006 come suo fondamento giuridico. Inoltre, tale decisione enuncia tutti i parametri necessari per identificare i suoi effetti giuridici, e ciò in modo chiaro e preciso, consentendo così alla ricorrente di conoscerne senza ambiguità la portata. Più precisamente, da tale decisione emerge chiaramente che essa è intesa a integrare la voce esistente relativa al bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate mediante un’identificazione come perturbatore endocrino estremamente problematico per il quale è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per la salute umana ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Inoltre, essa descrive i motivi per cui il bisfenolo A è stato identificato come sostanza avente proprietà che perturbano il sistema endocrino, ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

140    In secondo luogo, nei limiti in cui la ricorrente contesta all’ECHA di aver applicato criteri scientifici diversi nell’ambito del documento di supporto, che rispecchia le precisazioni fornite dall’autorità francese competente nel fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV, circostanza che avrebbe comportato una violazione del principio di certezza del diritto, si deve constatare che la definizione dell’OMS e quella del JRC, come menzionate nel documento di supporto, contengono entrambe una moltitudine di criteri che non possono essere equiparati a norme giuridiche nel senso inteso dal principio di certezza del diritto diretto a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto dell’Unione (v. punto 138 supra). Tali definizioni sono elementi di ordine scientifico.

141    Senza che sia necessario determinare se e sotto quale profilo le due definizioni menzionate dalla ricorrente, che, in ogni caso, hanno in comune un nesso causale, siano diverse e senza che occorra rispondere alla questione relativa a quali siano i casi in cui l’applicazione, da parte di un’istituzione dell’Unione, di un complesso di criteri scientifici asseritamente incoerenti o insufficienti possa comportare incertezza sul piano giuridico, di una gravità tale da poter concludere per l’esistenza di una violazione del principio stesso di certezza del diritto, si deve constatare che, contrariamente a quanto suggerito dalla ricorrente, nessuna «incoerenza interna» inficia il documento di supporto e, pertanto, la decisione impugnata. L’ECHA non ha applicato allo stesso tempo due insiemi di criteri asseritamente diversi. Al contrario, a ben vedere, l’approccio del documento di supporto consiste nel privilegiare semplicemente la definizione del JRC.

142    Infatti, alla sezione 4 del documento di supporto e più precisamente a pagina 18 di tale documento, l’ECHA ha indicato che la definizione dell’OMS era «largamente accettata». Tuttavia, tale constatazione nonché l’elencazione dei sottocriteri che consentono di definire i perturbatori endocrini, quale prevista dall’OMS, sono seguite direttamente da una spiegazione riguardante il modo in cui occorrerebbe definire un perturbatore endocrino, secondo il comitato consultivo di esperti della Commissione europea sui perturbatori endocrini, ai sensi della relazione del JRC menzionata al precedente punto 135. Si tratta della definizione che tale gruppo di esperti ha proposto nel 2013.

143    Contrariamente a quanto sembra invocare la ricorrente, l’ECHA non si è limitata a menzionare tali elementi. Al contrario, è indicato in modo non equivoco alla sezione 4 del documento di supporto:

«[s]i ritiene in [detto fascicolo] che una sostanza dovrebbe rispondere alle raccomandazioni del comitato consultivo di esperti sui perturbatori endocrini della Commissione europea (…) per poter essere identificata come un perturbatore del sistema endocrino. Le informazioni disponibili sono quindi state valutate sulla base [dei seguenti elementi]:

–        [e]ffetti nefasti per la salute;

–        [m]odalità d’azione endocrina (MoA);

–        [n]esso plausibile tra gli effetti indesiderabili e [la modalità d’azione endocrina] (…);

–        pertinenza umana».

144    Tale constatazione è sufficiente per respingere la prima parte del primo motivo.

b)      Sulla seconda parte del primo motivo, vertente sulla mancata fissazione per iscritto di un complesso di criteri riguardanti l’identificazione dei perturbatori endocrini in forza dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006

145    La seconda parte del primo motivo verte sulla mancata fissazione di un insieme di criteri scientifici che possano essere applicati dall’ECHA per identificare i perturbatori endocrini in forza dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. In assenza di criteri chiaramente definiti, sarebbe stato impossibile per la ricorrente prevedere come l’ECHA avrebbe definito i perturbatori endocrini alla luce di tale disposizione.

146    In primo luogo, tale impossibilità risulterebbe dalle fluttuazioni normative attuali intorno all’identificazione delle proprietà di perturbazione endocrina. Non sarebbe stato raggiunto alcun consenso sino ad oggi a livello dell’Unione per quanto riguarda la definizione di perturbatore endocrino. Dal 2016 la Commissione avrebbe presentato quattro opzioni alternative per l’elaborazione di criteri che consentano di definire i perturbatori endocrini e tre diverse opzioni per elaborare la procedura decisionale regolamentare da seguire. Neanche le diverse iniziative che sarebbero in corso nell’Unione riguardo all’identificazione del bisfenolo A come perturbatore endocrino permetterebbero di trarre una conclusione chiara al riguardo. Nella sua relazione tecnica del 30 novembre 2017, intitolata «Protocollo per la valutazione dei rischi connessi al bisfenolo A (BPA)», l’EFSA avrebbe sottolineato che «[era] essenziale stabilire, prima della rivalutazione, criteri scientifici ben definiti e trasparenti per la selezione dei nuovi studi scientifici». Tale relazione avrebbe avuto lo scopo specifico di assicurare una rivalutazione efficace, trasparente e metodologicamente rigorosa del bisfenolo A. Il progetto di tale relazione sarebbe stato pubblicato prima dell’adozione della decisione impugnata.

147    In secondo luogo, la ricorrente fa valere che dal punto 120 della sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA (T‑115/15, EU:T:2017:329), discende che l’ECHA può elaborare i propri criteri ai fini dell’identificazione di una sostanza come perturbatore endocrino ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Orbene, l’ECHA non avrebbe, sino ad oggi, elaborato alcun documento di orientamento che spieghi il modo in cui occorrerebbe identificare in maniera sistematica e prevedibile i perturbatori endocrini nell’ambito del regolamento n. 1907/2006. In altri termini, l’ECHA non avrebbe adottato «i propri criteri» che consentano di identificare i perturbatori endocrini in forza dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Dato che l’ECHA non avrebbe adottato una metodologia trasparente e rigorosa ai fini della valutazione del bisfenolo A in particolare, sarebbe stato impossibile per la ricorrente prevedere il modo in cui l’ECHA avrebbe applicato l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 nei suoi confronti.

148    L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

149    In primo luogo, con le censure menzionate ai precedenti punti 146 e 147, la ricorrente fa valere, in sostanza, che il diritto dell’Unione garantisce, nel settore di cui al regolamento n. 1907/2006, il diritto per le parti interessate, quali i membri della ricorrente, di essere pienamente in grado di anticipare il contenuto esatto dei criteri scientifici che consentono all’ECHA di identificare i perturbatori endocrini ai fini dell’applicazione dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

150    A parte il fatto che non è questo il significato della «prevedibilità» cui si riferisce principio di certezza del diritto, si deve rilevare, a tale riguardo, che è pacifico che l’ECHA si avvale della definizione del JRC nella sua prassi costante senza interruzioni dal 2014. L’applicazione costante, da parte dell’ECHA, della definizione del JRC a partire dal 2014 può essere considerata come un approccio coerente e prevedibile per tutte le parti interessate attive nel settore delle sostanze che possono essere identificate come perturbatori endocrini estremamente problematici. Sia la ricorrente sia i suoi membri erano perfettamente al corrente – o avrebbero dovuto essere al corrente – dell’esistenza di tale definizione e ciò, molto prima della data di adozione della decisione impugnata.

151    Tali motivi sono sufficienti per respingere tutti gli argomenti menzionati ai precedenti punti 146 e 147.

152    In secondo luogo, occorre sottolineare che, come statuito al punto 120 della sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA (T‑115/15, EU:T:2017:329), l’ECHA ha la facoltà di elaborare i propri criteri ai fini dell’identificazione di una sostanza come perturbatore endocrino estremamente problematico ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Infatti, nell’architettura degli organi e delle istituzioni dell’Unione, tale agenzia costituisce l’entità centrale incaricata di assicurare una gestione efficace, in particolare, degli aspetti scientifici del regolamento n. 1907/2006 al livello dell’Unione (v. il considerando 15 di tale regolamento). Per quanto riguarda i criteri ai fini l’identificazione di una sostanza come perturbatore endocrino ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, l’ECHA può non solo elaborare essa stessa tali criteri, ma può altresì rimettersi pienamente a tale riguardo a criteri sviluppati da altri scienziati. L’ECHA, sia che essa crei i propri criteri sia che aderisca a criteri elaborati da altri scienziati, deve rispettare, nell’ambito di ogni valutazione scientifica, i principi di eccellenza, di trasparenza e di indipendenza (v., per analogia, sentenza dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 172). Al punto 61 della sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA (C‑419/17 P, EU:C:2019:52), la Corte ha confermato l’approccio adottato dal Tribunale al punto 120 della sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA (T‑115/15, EU:T:2017:329).

153    Per contro, contrariamente a quanto deduce la ricorrente, l’ECHA non è tenuta a procedere essa stessa a una previa elaborazione, né a una fissazione per iscritto di siffatti criteri. Infatti, nessuna disposizione del regolamento n. 1907/2006 prevede un obbligo preciso per l’ECHA di formulare orientamenti metodologici contenenti i criteri che consentono di identificare i perturbatori endocrini in generale e, ancor meno, orientamenti metodologici che comprendono i criteri volti alla valutazione del bisfenolo A in particolare. Inoltre, occorre notare che, nella sua sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA (T‑115/15, EU:T:2017:329), il Tribunale non ha dichiarato che spettava all’ECHA elaborare per iscritto criteri scientifici che consentano l’identificazione dei perturbatori estremamente problematici. Investita di un’impugnazione proposta avverso tale sentenza, neanche la Corte, dal canto, suo ha constatato, peraltro, un siffatto obbligo in capo all’ECHA (sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA, C‑419/17 P, EU:C:2019:52).

154    Per di più, certamente, in forza dell’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (GU 2012, L 167, pag.1), la Commissione aveva l’obbligo di adottare, entro il 13 dicembre 2013, atti delegati riguardo alla definizione di criteri scientifici per la determinazione delle proprietà che perturbano il sistema endocrino. Tuttavia, tale articolo non impone all’ECHA un simile obbligo.

155    In tali circostanze, la seconda parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata, al pari del primo motivo nel suo complesso.

3.      Sul terzo motivo, vertente su una violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento per il fatto che l’ECHA non avrebbe atteso la pubblicazione dei risultati del programma Clarity-BPA

156    Con il suo terzo motivo, la ricorrente sostiene che il modo migliore di garantire la certezza del diritto sarebbe stato nel caso di specie che l’ECHA avesse atteso e preso in considerazione la pubblicazione dei risultati del programma Clarity-BPA menzionato al precedente punto 2. Inoltre, secondo la ricorrente, non prendendo in considerazione tutte le informazioni pertinenti ai fini dell’adozione della decisione impugnata, sebbene essa avesse espressamente indicato nella decisione sulla valutazione che tale presa in considerazione fosse necessaria, l’ECHA avrebbe violato il principio di tutela del legittimo affidamento.

157    In primo luogo, secondo la ricorrente, la decisione impugnata porrebbe tutti i suoi membri in una situazione di incertezza giuridica che non potrebbe essere chiarita fintanto che i risultati del programma Clarity-BPA non saranno comunicati. Secondo la ricorrente, se tale programma fornirà elementi di prova contrari all’iscrizione del bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate, i suoi membri non saranno in grado di prevedere ciò che farà l’ECHA, poiché il regolamento n. 1907/2006 non prevedrebbe alcun procedimento formale per ritirare una sostanza – nel caso di specie, una voce – dall’elenco delle sostanze candidate.

158    In secondo luogo, la ricorrente fa valere che essa avrebbe potuto legittimamente aspettarsi che l’ECHA prendesse in considerazione i risultati del programma Clarity-BPA per la valutazione delle proprietà del bisfenolo A come perturbatore endocrino. Nell’adottare la decisione impugnata sebbene lo studio del programma Clarity-BPA non fosse ancora pubblicato, l’ECHA avrebbe altresì violato il principio di tutela del legittimo affidamento.

159    Infatti, innanzitutto, secondo la ricorrente, nella decisione sulla valutazione del bisfenolo A (v. punto 4 supra), il programma Clarity-BPA sarebbe stato riconosciuto come uno studio pertinente per quanto riguarda gli effetti del bisfenolo A, come perturbatore endocrino, sulla salute umana. L’ECHA non avrebbe quindi preso in considerazione tutte le informazioni pertinenti nella decisione impugnata, pur avendo essa espressamente indicato nella decisione sulla valutazione che tale presa in considerazione fosse necessaria. Secondo la ricorrente, tenuto conto delle valutazioni contenute nella decisione sulla valutazione, essa avrebbe potuto legittimamente aspettarsi che l’ECHA attendesse i risultati del programma Clarity-BPA.

160    Inoltre, l’orientamento redatto dall’ECHA intitolato «Orientamenti per la stesura di un fascicolo allegato XV sull’identificazione di sostanze estremamente preoccupanti» (v. allegato A.3 al ricorso) preciserebbe che la prima delle cinque fasi da seguire per l’ECHA doveva consistere nel «raccogliere le informazioni pertinenti» e poi nel valutarle. Orbene, data tale posizione dell’ECHA circa la stesura di un fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV, la ricorrente ritiene che essa potesse legittimamente aspettarsi che l’ECHA attendesse i risultati del programma Clarity-BPA.

161    Infine, al punto 105 del ricorso, la ricorrente deduce l’argomento seguente:

«Allo stesso modo, la ricorrente poteva legittimamente aspettarsi, sul fondamento del livello di preoccupazione equivalente, che venisse presa in considerazione la fissazione di una concentrazione sicura. Non facendolo, l’ECHA ha ingannato le sue aspettative».

162    L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

163    In primo luogo, con l’argomento vertente sull’obbligo, per l’ECHA, di attendere, prima di adottare una decisione relativa all’identificazione del bisfenolo A come perturbatore endocrino estremamente problematico ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, che i risultati del programma Clarity-BPA siano pubblicati, la ricorrente tenta di ottenere una tutela giuridica più estesa di quella che deriva dal principio di certezza del diritto. Infatti, tale principio non esige che un’istituzione dell’Unione attenda l’elaborazione di un determinato studio scientifico prima di adottare una decisione.

164    L’argomento della ricorrente secondo cui, in sostanza, nel caso in cui i risultati del programma Clarity-BPA «non giustific[asser]o l’[iscrizione] del bisfenolo A [nel]l’elenco delle sostanze candidate», i membri della ricorrente non saranno in grado di prevedere ciò che farà l’ECHA, poiché il regolamento n. 1907/2006 non prevede un procedimento formale per ritirare una sostanza dall’elenco delle sostanze candidate (v. punto 157 supra), deve essere respinto.

165    Come ha giustamente fatto valere l’ECHA, di norma, tutte le decisioni possono essere riesaminate in un secondo momento alla luce di nuove informazioni disponibili, e ciò senza che sia necessaria l’esistenza di una disposizione espressamente prevista in un atto di diritto secondario. Orbene, non si può ritenere che una decisione ritirata a seguito di un riesame interno fosse, alla data della sua adozione, contraria al principio di certezza del diritto, come definito nella giurisprudenza (v. punto 138 supra). La possibilità che, a una data futura, sopravvengano informazioni che mettano in discussione la fondatezza di un atto dell’Unione può, certamente, costituire il punto di partenza di riflessioni riguardo all’opportunità di mantenere tale atto a partire da tale data futura. Tale possibilità non rimette tuttavia in discussione la risposta da dare alla questione se gli effetti dell’atto considerato fossero prevedibili. Infine, il fatto che il regolamento non preveda un procedimento formale per la cancellazione di una sostanza dall’elenco delle sostanze candidate non impedisce all’ECHA di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento n. 1907/2006 qualora, in un certo momento, le prove siano sufficienti e le condizioni di cui all’articolo 57, lettera f), di tale regolamento siano quindi soddisfatte. Se si dovesse ritenere che l’assenza di una norma espressa che consenta all’ECHA di ritirare una sostanza dall’elenco delle sostanze candidate impedisca effettivamente l’iscrizione di una sostanza in tale elenco, allora l’ECHA non sarebbe mai in grado di procedere a una siffatta iscrizione.

166    In secondo luogo, per quanto riguarda l’asserita violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, da una giurisprudenza costante risulta che il diritto di avvalersi di tale principio si estende a tutti i soggetti nei confronti dei quali un’istituzione dell’Unione abbia fatto sorgere fondate aspettative e che nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise che l’amministrazione gli abbia fornito (v. sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 137 e giurisprudenza ivi citata). Costituiscono un esempio di assicurazioni idonee a far nascere siffatte aspettative, a prescindere dalla forma in cui vengono comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanano da fonti autorizzate ed affidabili (v. sentenza del 14 marzo 2013, Agrargenossenschaft Neuzelle, C‑545/11, EU:C:2013:169, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

167    Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito la prova che essa o uno dei suoi membri abbia ricevuto assicurazioni precise, incondizionate e coerenti da parte dell’ECHA o di altre fonti affidabili secondo le quali i risultati del programma Clarity-BPA sarebbero stati senza dubbio presi in considerazione al momento dell’adozione della decisione impugnata.

168    Sotto un primo profilo, le valutazioni effettuate dall’ECHA nell’ambito della decisione sulla valutazione del bisfenolo A, come menzionate al precedente punto 4, non possono essere intese nel senso che l’ECHA ha formulato assicurazioni incondizionate per quanto riguarda la presa in considerazione del programma Clarity-BPA. L’osservazione, contenuta in tale decisione, secondo cui la necessità di ottenere ulteriori informazioni – da parte dell’industria nell’ambito del procedimento di valutazione – poteva dipendere dal risultato del programma Clarity-BPA, è un considerando formulato dall’ECHA che non è destinato né a vincolare l’autorità competente incaricata della valutazione del bisfenolo A, né ad annunciare quali siano gli elementi da prendere in considerazione al momento dell’identificazione del bisfenolo A come perturbatore endocrino estremamente problematico. Tale osservazione non era quindi un’assicurazione incondizionata su cui la ricorrente o uno dei suoi membri avrebbero potuto legittimamente fare affidamento.

169    Inoltre, anche se si dovesse constatare che si trattava di un elemento su cui la ricorrente o uno dei suoi membri avrebbe potuto fare affidamento, nondimeno l’osservazione in questione poteva incidere unicamente nell’ambito del procedimento diretto all’adozione della decisione di valutazione ai sensi dell’articolo 46 del regolamento n. 1907/2006. Per contro, essa non ha alcuna incidenza sulla valutazione della questione se esistano informazioni sufficienti per giungere a una conclusione valida per quanto riguarda le proprietà del bisfenolo A come perturbatore endocrino che raggiunga il livello di preoccupazione previsto dall’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Infatti, la procedura di valutazione di una sostanza prevista agli articoli da 44 a 48 del regolamento n. 1907/2006 e la procedura di identificazione di una sostanza come sostanza estremamente problematica prevista agli articoli 57 e 59 di tale regolamento perseguono obiettivi diversi e prevedono termini diversi. Dal regolamento n. 1907/2006 non emerge assolutamente che il legislatore abbia inteso subordinare la procedura di identificazione di una sostanza estremamente problematica, ai sensi dell’articolo 59 di detto regolamento, alla procedura di valutazione che può essere realizzata sulla base del fascicolo presentato da un dichiarante nell’ambito della registrazione di una sostanza (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2015, Hitachi Chemical Europe e a./ECHA, T‑135/13, EU:T:2015:253, punti 63 e 107 e giurisprudenza ivi citata). Le valutazioni effettuate semplicemente ai fini della procedura di valutazione non possono quindi essere considerate, a priori, come un’assicurazione precisa e incondizionata, fornita nell’ambito della procedura di identificazione di una sostanza come estremamente problematica.

170    Infine, non è escluso che il programma Clarity-BPA non sia l’ultima fase del dibattito riguardante la possibilità che il bisfenolo A abbia proprietà che perturbano il sistema endocrino. Di fatto, vi sarà probabilmente sempre uno studio in corso o sul punto di cominciare su una sostanza esaminata in forza di uno dei punti dell’articolo 57 del regolamento n. 1907/2006 secondo la procedura di cui all’articolo 59 di tale regolamento. Se l’ECHA dovesse attendere la conclusione di tutti gli studi effettuati in merito a una determinata sostanza, nessuna sostanza potrebbe mai essere identificata come estremamente problematica, il che sarebbe in contrasto con il principale obiettivo di tale regolamento, che è quello di pervenire a un elevato grado di protezione della salute umana e dell’ambiente (sentenza del 30 aprile 2015, Hitachi Chemical Europe e a./ECHA, T‑135/13, EU:T:2015:253, punto 112).

171    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo alla pertinenza degli orientamenti per la stesura di un fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV del regolamento n. 1907/2006, è sufficiente rilevare che, come fatto valere giustamente dall’ECHA, la necessità di «raccogliere informazioni pertinenti», come indicato negli «Orientamenti [dell’ECHA] per la stesura di un fascicolo allegato XV sull’identificazione di sostanze estremamente preoccupanti», non può essere interpretata come un’assicurazione precisa e incondizionata che sarà atteso uno studio o un programma di ricerca specifico. A tale riguardo, detti orientamenti descrivono al più ciò che spetta fare all’ECHA in forza del suo dovere di diligenza in generale e in forza del regolamento n. 1907/2006 in particolare.

172    Sotto un terzo profilo, nei limiti in cui la ricorrente contesta all’ECHA di aver «ingannato le sue aspettative» non prendendo in considerazione «la fissazione di una concentrazione sicura» del bisfenolo A nelle miscele o negli articoli (v. punto 161 supra), si deve necessariamente rilevare che la problematica del livello di concentrazione di bisfenolo A accettabile non costituisce di per sé in elemento su cui la ricorrente o uno dei suoi membri potevano fare legittimamente affidamento ai sensi della giurisprudenza menzionata al precedente punto 166. Infatti, in nessun momento l’ECHA ha indicato alla ricorrente o a uno dei suoi membri, sotto forma di un’assicurazione precisa e incondizionata, che la decisione di identificazione del bisfenolo A come perturbatore endocrino rispondente ai requisiti di cui all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 si sarebbe basata sulla presa in considerazione di un certo livello di concentrazione di tale sostanza nelle miscele o negli articoli.

173    Alla luce di tutto quanto precede, il terzo motivo deve essere respinto.

4.      Sul quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento n. 1907/2006, letto in combinato disposto con l’articolo 57, lettera f), di quest’ultimo

174    Secondo la ricorrente, l’ECHA ha violato l’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento n. 1907/2006, in combinato disposto con l’articolo 57, lettera f), del medesimo regolamento, in quanto ha identificato il bisfenolo A come perturbatore endocrino estremamente problematico sulla base dei criteri previsti da tale articolo 57, lettera f), sebbene il bisfenolo A fosse già stato identificato in precedenza come sostanza estremamente problematica a causa di proprietà intrinseche, come quelle di cui all’articolo 57, lettera c), del medesimo regolamento. A suo avviso, ciascuno dei rischi individuati secondo i criteri di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006 potrebbe essere trattato correttamente tramite l’identificazione secondo i diversi criteri di cui al citato articolo 57. Per contro, l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 costituirebbe un’eccezione: in quanto disposizione «acchiappa tutto», quest’ultima comprenderebbe tutte le altre sostanze che non soddisfano i criteri di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento, ma per le quali esistono elementi di prova scientifici attestanti effetti gravi probabili per la salute umana, che sollevano un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle sostanze di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006. Infatti, secondo la ricorrente, il legislatore ha previsto l’articolo 57, lettera f), nel regolamento n. 1907/2006 allo scopo specifico di trattare ogni sostanza problematica che non sia già stata identificata come tale in forza dell’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento. Ciò premesso, secondo la ricorrente, quando una sostanza è già stata identificata come sostanza estremamente problematica in forza di detto articolo 57, lettere da a) a e), essa non può essere identificata come sostanza estremamente problematica una seconda volta in forza dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006.

175    Ciò deriverebbe chiaramente dal testo dell’articolo 57, nonché dalla descrizione dell’ambito di applicazione dell’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, figurante ai punti 24 e 26 della sentenza del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA (C‑323/15 P, EU:C:2017:207). Inoltre, secondo la ricorrente, se si dovesse giungere alla conclusione che una sostanza può essere identificata al contempo come sostanza che soddisfa i criteri di cui all’articolo 57, lettera f), e come sostanza che soddisfa i criteri di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006, ciò significherebbe che le «prove scientifiche» che sono già servite a corroborare il fatto che detta sostanza poteva avere effetti gravi per la salute umana secondo uno dei criteri previsti dall’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006 sarebbero parimenti utilizzate a sostegno del criterio enunciato all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006. Si tratterebbe di un caso di «doppio conteggio» delle prove scientifiche. Ciò significherebbe che gli effetti della sostanza non suscitano un livello di preoccupazione «equivalente», come richiesto dalle disposizioni dell’articolo 57, lettera f), ma un livello di preoccupazione «identico». Orbene, un siffatto requisito non sarebbe stato chiaramente previsto dal legislatore. In realtà il requisito di un livello di preoccupazione «equivalente», quale menzionato all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, metterebbe in evidenza che il «fondamento» dell’identificazione in base a tale disposizione dovrebbe essere diverso dal «fondamento» dell’identificazione in base a uno dei criteri di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento.

176    L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

177    In risposta al quarto motivo, occorre rilevare che, al punto 39 della sentenza del 23 gennaio 2019, Deza/ECHA (C‑419/17 P, EU:C:2019:52), che riguardava parimenti la modifica di una voce esistente nell’elenco delle sostanze candidate tramite l’aggiunta di una menzione riguardante l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006, la Corte ha precisato che l’ECHA era legittimata a integrare le voci esistenti nell’elenco delle sostanze candidate con nuovi motivi ai sensi dell’articolo 57 del regolamento n. 1907/2006.

178    Gli ulteriori argomenti della ricorrente non sono idonei a rimettere in discussione tale conclusione. Detti argomenti devono tutti essere respinti in quanto infondati.

179    In primo luogo, senza che sia necessario pronunciarsi in via generale sulla questione di quali siano le sostanze per le quali l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 potrebbe essere considerato come una «disposizione acchiappa tutto», si deve necessariamente constatare che il ragionamento della ricorrente non può, in ogni caso, prosperare per quanto riguarda i perturbatori endocrini estremamente problematici. Nella misura in cui menziona queste ultime sostanze, l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 è l’unica disposizione in tale regolamento a farlo. Per quanto riguarda i perturbatori endocrini estremamente problematici, l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 non riveste il carattere di «disposizione acchiappa tutto».

180    In secondo luogo, l’affermazione secondo la quale il legislatore avrebbe previsto tale disposizione allo «scopo specifico» di trattare ogni sostanza problematica che non sia già stata identificata come tale in forza dell’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento non ha alcun fondamento. Contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, dall’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 non risulta che tale disposizione debba riguardare unicamente le sostanze che non soddisfano nessuno dei criteri enunciati all’articolo 57, lettere da a) a e) di detto regolamento.

181    In terzo luogo, il fatto di poter identificare una sostanza come rispondente al contempo ai criteri previsti all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 e ai criteri enunciati all’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento può condurre, certamente, a che le diverse procedure di identificazione si fondino, in parte, sulle stesse prove scientifiche per quanto riguarda gli effetti per la salute umana.

182    Tuttavia, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, ciò non significa che la valutazione dell’ECHA ricerchi un livello di preoccupazione «identico», in contrapposizione a un livello di preoccupazione «equivalente». In ogni caso, il fatto che un perturbatore endocrino susciti un livello di preoccupazione «identico» a quello suscitato da una delle sostanze estremamente problematiche di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006, non esclude l’applicazione dell’articolo 57, lettera f), di detto regolamento. Al contrario, l’identificazione come sostanza estremamente problematica si giustifica a maggior ragione se una sostanza suscita un livello di preoccupazione «identico» a quello suscitato da una delle sostanze estremamente problematiche di cui all’articolo 57, lettere da a) a e) del regolamento n. 1907/2006. L’interpretazione che la ricorrente dà di tale disposizione è il risultato di un formalismo che contrasta con lo scopo perseguito dal regolamento n. 1907/2006, che consiste, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, nel garantire un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente.

183    Per il resto, la ricorrente effettua una lettura erronea dei punti 24 e 26 della sentenza del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA (C‑323/15 P, EU:C:2017:207). Come ha fatto giustamente valere l’ECHA, esiste una notevole differenza tra, da un lato, l’affermare, come ha fatto la Corte al punto 24 della sentenza del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA (C‑323/15 P, EU:C:2017:207), che l’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 «indica tutte le altre sostanze che non rispondono a nessuno dei precedenti criteri ma “per le quali è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui alle lettere da a) a e), e che sono identificate in base ad una valutazione caso per caso secondo la procedura di cui all’articolo 59”», e, dall’altro, sostenere che solo le sostanze che non rispondono a nessuno dei criteri elencati all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006 possono rientrare nel suddetto articolo 57, lettera f).

184    L’osservazione accolta al punto 24 della sentenza del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA (C‑323/15 P, EU:C:2017:207), deve essere intesa come una mera descrizione – peraltro, abbastanza sommaria – dell’impianto sistematico dell’articolo 57 del regolamento n. 1907/2006, che non è stata effettuata riguardo alla questione se fosse possibile, in generale, per l’ECHA, integrare una voce esistente dell’elenco delle sostanze candidate con proprietà pericolose in base ad altri motivi previsti in tale articolo 57, lettere da a) a f). In altri termini, la Corte ha semplicemente osservato che le sostanze che non rispondevano a nessuno dei criteri di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento n. 1907/2006, potevano nondimeno rientrare nell’ambito di applicazione di detto articolo 57, lettera f), senza far dipendere l’applicabilità di tale disposizione dal fatto che non erano soddisfatti i criteri di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento. Al contrario, essenzialmente, tale sentenza conferma che le sostanze contemplate all’articolo 57, lettera f), del regolamento n. 1907/2006 rientrano effettivamente in una categoria aperta volta a ricomprendere le proprietà pericolose di sostanze non contemplate dall’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento.

185    In tali circostanze, il quarto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

5.      Sul quinto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento n. 1907/2006

186    Nell’ambito del quinto motivo, la ricorrente fa valere che la decisione impugnata viola l’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento n. 1907/2006, poiché il bisfenolo A sarebbe principalmente prodotto e utilizzato nel territorio dell’Unione in quanto «sostanza intermedia» (v. punto 1 supra), sebbene gli «usi intermedi» siano esentati dal titolo VII di detto regolamento nel suo insieme e non rientrerebbero quindi né nell’ambito di applicazione degli articoli 57 e 59 del regolamento né in quello della procedura di autorizzazione.

187    Ad avviso della ricorrente, in primo luogo, secondo i termini chiari dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento n. 1907/2006, le sostanze intermedie isolate sarebbero esentate dal titolo VII di quest’ultimo nella loro integralità senza alcuna eccezione e, pertanto, sarebbero esentate anche dall’applicazione degli articoli 57 e 59, che fanno parte del titolo VII del citato regolamento. La formulazione dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento di cui trattasi contrasterebbe nettamente con quella, in particolare, dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera a), dello stesso regolamento, che esenterebbe le sostanze intermedie dal capo 1 del titolo II «ad eccezione degli articoli 8 e 9».

188    In secondo luogo, la rubrica dell’articolo 57 del regolamento n. 1907/2006 «Sostanze da includere nell’allegato XIV» mostra, secondo la ricorrente, che l’iscrizione di una sostanza nell’elenco delle sostanze candidate non è un processo autonomo, ma solo la prima fase verso l’inclusione di tale sostanza nell’allegato XIV di detto regolamento. Tale valutazione sarebbe confortata dalla lettura del testo dell’articolo 59 del regolamento n. 1907/2006, che preciserebbe che detto articolo sarebbe applicabile «ai fini dell’identificazione delle sostanze che rispondono ai criteri di cui all’articolo 57 e della definizione di un elenco di sostanze candidate all’eventuale inclusione nell’allegato XIV».  L’uso del termine «eventuale» indica, secondo la ricorrente, che l’iscrizione di una sostanza nell’elenco delle sostanze candidate condurrà alla sua inclusione nell’allegato XIV del regolamento n. 1907/2006.

189    In terzo luogo, una serie di disposizioni dimostrerebbero che, nell’ambito del sistema di valutazione delle sostanze e di autorizzazione per gli usi di tali sostanze, come stabilito dal regolamento n. 1907/2006, le sostanze intermedie avrebbero una «particolare natura». Si tratterebbe al riguardo di una categoria particolare di «sostanze», il che significherebbe, peraltro, che le disposizioni del regolamento n. 1907/2006 che fanno riferimento alle «sostanze intermedie» non dovrebbero essere applicate o intese come riferentesi agli «usi». La «particolare natura» delle sostanze intermedie sarebbe riconosciuta al considerando 41 del regolamento n. 1907/2006 e risulterebbe implicitamente, ma necessariamente, dagli obblighi riguardanti la registrazione di tali sostanze, come previsti agli articoli da 17 a 19 del medesimo regolamento. Secondo la ricorrente, se il legislatore avesse ritenuto che l’esenzione delle sostanze intermedie dall’intero titolo VII non permettesse di raggiungere un elevato livello di protezione in quanto le sostanze intermedie non potevano essere identificate conformemente all’articolo 59 del regolamento n. 1907/2006, esso avrebbe applicato all’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento n. 1907/2006 un correttivo paragonabile a quello che costituirebbe il riferimento alle «condizioni rigidamente controllate» o «rigorosamente controllate» di cui all’articolo 17, paragrafo 3, e all’articolo 18, paragrafo 4, di tale regolamento. Non applicando un siffatto correttivo, il legislatore avrebbe chiaramente voluto, secondo la ricorrente, che tutte le sostanze intermedie fossero esentate dall’intero titolo VII, senza eccezioni, né condizioni particolari.

190    L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

191    In via preliminare, occorre sottolineare che il bisfenolo A viene utilizzato sia come sostanza intermedia sia a fini non intermedi e che la decisione impugnata non distingue tra tali differenti tipi di uso. Nell’ambito del suo quinto motivo, la ricorrente mira a ottenere l’annullamento della decisione impugnata rispetto a questi due tipi di uso, sebbene i suoi argomenti si fondino, in sostanza, unicamente sulla tesi secondo cui gli usi intermedi sarebbero esentati dal titolo VII del regolamento n. 1907/2006. Per contro, non viene dedotto alcun argomento riguardo agli usi non intermedi del bisfenolo A. Ne consegue che, nei limiti in cui riguarda gli usi non intermedi di tale sostanza e in mancanza di argomenti specifici in relazione a tale tipo di uso, il quinto motivo deve essere subito respinto in quanto inoperante.

192    Per quanto riguarda gli usi intermedi del bisfenolo A, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento n. 1907/2006, le «sostanze intermedie isolate in sito e le sostanze intermedie isolate trasportate sono esentate dal titolo VII» di detto regolamento.

193    In primo luogo, per quanto riguarda, in particolare, il termine «sostanza intermedia», occorre rilevare che, nel regolamento n. 1907/2006, tale termine è impiegato come espressione per identificare alcune sostanze che, a motivo del loro uso, beneficiano, a talune condizioni, di un regime derogatorio, caratterizzato da uno sgravio da taluni obblighi previsti da detto regolamento. Conformemente alla definizione di cui all’articolo 3, punto 15, del regolamento n. 1907/2006, il termine «sostanza intermedia» è applicabile a una sostanza fabbricata, consumata o utilizzata per essere trasformata in un’altra sostanza mediante un processo chimico denominato «sintesi» (sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA, C‑650/15 P, EU:C:2017:802, punti 30 e 31). Da tale definizione di sostanza intermedia risulta che una sostanza sarà qualificata come sostanza intermedia o meno a seconda dell’obiettivo perseguito dalla sua fabbricazione e dal suo uso (sentenza del 25 settembre 2015, PPG e SNF/ECHA, T‑268/10 RENV, EU:T:2015:698, punto 66). Nonostante il modo di fare riferimento a una «sostanza intermedia» come se si trattasse di un certo tipo di sostanze, contrariamente a quanto fa valere la ricorrente, quando il regolamento n. 1907/2006 menziona una «sostanza intermedia», non è a una «particolare natura» cui esso si riferisce, bensì a un determinato tipo di uso di una sostanza. È quindi un determinato tipo di uso delle sostanze che è privilegiato, in particolare, all’articolo 17, paragrafo 3, e all’articolo 18, paragrafo 4, di detto regolamento.

194    Inoltre, l’articolo 3, punto 15, del medesimo regolamento suddivide gli usi di una sostanza a fini «intermedi» in tre categorie. La prima categoria, quella di «sostanza intermedia non isolata», riguarda la sostanza intermedia che intenzionalmente non è rimossa dalle apparecchiature in cui è stata oggetto di una sintesi. Il regolamento n. 1907/2006 non è applicabile a questa prima categoria di uso di sostanze, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento. La seconda categoria, quella di «sostanza intermedia isolata in sito», si applica a qualsiasi sostanza intermedia la cui fabbricazione e la cui sintesi avvengono nello stesso sito. La terza categoria, quella di «sostanza intermedia isolata trasportata», riguarda qualsiasi sostanza usata come sostanza intermedia trasportata da un sito all’altro. Queste ultime due categorie di usi in quanto sostanze intermedie sono esentate dal titolo VII di tale regolamento, in forza dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), di quest’ultimo (sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA, C‑650/15 P, EU:C:2017:802, punto 32).

195    Nel caso di specie, è pacifico che il bisfenolo A è utilizzato principalmente come sostanza intermedia isolata in sito o come sostanza intermedia isolata trasportata.

196    In secondo luogo, per quanto riguarda la questione della portata esatta dell’esenzione prevista all’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento n. 1907/2006, si deve rilevare che, al punto 59 della sua sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802), la Corte ha indicato essenzialmente che «[s]e interpretata letteralmente (…) quest’ultima disposizione dovrebbe portare a ritenere che qualsiasi sostanza utilizzata come sostanza intermedia isolata in sito o come sostanza intermedia isolata trasportata è, per questo motivo, automaticamente esentata dall’insieme delle disposizioni del titolo VII del regolamento [n. 1907/2006]», che «[s]iffatta sostanza sfuggirebbe, quindi, alla procedura di identificazione prevista dall’articolo 59 di tale regolamento, e ciò quand’anche, in ragione delle sue proprietà intrinseche, a tale sostanza fosse applicabile l’articolo 57 di detto regolamento ed essa dovesse essere considerata, di conseguenza, come estremamente preoccupante» e che «[l]a procedura di autorizzazione prevista dai capitoli 2 e 3 del titolo VII del medesimo regolamento sarebbe allora parimenti inapplicabile a una sostanza simile».

197    Tuttavia, tenuto conto dell’interpretazione fondata sullo scopo del regolamento n. 1907/2006, come menzionato all’articolo 1 e ai considerando 69 e 70 di quest’ultimo, la Corte ha rilevato, al punto 62 della sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802), che l’«esenzione prevista dall’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento [n. 1907/2006] riguarda[va] soltanto la procedura di autorizzazione prevista ai capi 2 e 3 del titolo VII di tale regolamento».

198    Dal punto 63 della sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802) risulta che, «[t]ale esenzione, invece, non si applica alle disposizioni del titolo VII del regolamento [n. 1907/2006] che disciplinano le sostanze in funzione delle loro proprietà intrinseche. L’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), di tale regolamento non osta quindi a che una sostanza possa essere identificata come estremamente preoccupante sulla base dei criteri previsti all’articolo 57 di detto regolamento, e ciò quand’anche essa fosse utilizzata come sostanza intermedia isolata in sito o come sostanza intermedia isolata trasportata».

199    Nel caso di specie, tenuto conto dell’interpretazione che la Corte ha dato all’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento n. 1907/2006 nella sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802), l’ECHA ha correttamente applicato l’articolo 59 di tale regolamento a fondamento della decisione impugnata.

200    In tali circostanze, senza che sia necessario affrontare, uno per volta, gli ulteriori argomenti della ricorrente menzionati ai precedenti punti da 187 a 189, occorre respingere il quinto motivo in quanto, in parte, inoperante (v. punto 191 supra) e, in parte, infondato (v. punti da 192 a 199 supra).

6.      Sul sesto motivo, vertente su una violazione del principio di proporzionalità

201    Nell’ambito del sesto motivo, la ricorrente fa valere che la decisione impugnata supera i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti dal titolo VII del regolamento n. 1907/2006 e non costituisce la misura meno restrittiva tra quelle a disposizione dell’ECHA.

202    In primo luogo, la ricorrente sostiene che dagli obiettivi menzionati al considerando 69 del regolamento n. 1907/2006 risulta che la procedura di identificazione prevista agli articoli 57 e 59 di tale regolamento è stata concepita per contribuire a garantire che venga prestata una particolare attenzione alle sostanze che presentavano i principali rischi, vale a dire alle sostanze estremamente problematiche. Orbene, poiché le sostanze intermedie sarebbero consumate nell’ambito della sintesi (v. articolo 3, punto 15, del regolamento n. 1907/2006), queste ultime presenterebbero un rischio molto meno elevato di altre sostanze. Inoltre, a parere della ricorrente, la procedura di identificazione prevista agli articoli 57 e 59 del regolamento n. 1907/2006 persegue un obiettivo chiaro, che sarebbe quello dell’inclusione nell’allegato XIV di tale regolamento. Orbene, secondo la ricorrente, l’iscrizione degli usi intermedi del bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate non contribuirà in nessun modo all’inclusione del bisfenolo A in detto allegato XIV. In tali circostanze, l’iscrizione del bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate sarebbe inappropriata. Infine, a parere della ricorrente, l’iscrizione del bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate è ancor meno idonea al conseguimento degli obiettivi del titolo VII del regolamento n. 1907/2006, dal momento che uno degli usi non intermedi del bisfenolo A, ossia il suo uso nella fabbricazione della carta termica, sarebbe già oggetto di restrizioni ai sensi del regolamento n. 1907/2006.

203    In secondo luogo, secondo la ricorrente, l’ECHA aveva la scelta tra diverse misure e avrebbe potuto agire in modo da evitare qualsiasi confusione e da attenuare gli effetti dell’uso lecito del bisfenolo A come sostanza intermedia dopo l’iscrizione di quest’ultimo nell’elenco delle sostanze candidate. In particolare, a parere della ricorrente, l’ECHA avrebbe potuto iscrivere il bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate come sostanza estremamente problematica, indicando espressamente che tale identificazione e detta iscrizione non si applicavano nei limiti in cui il bisfenolo A rispondeva alla definizione di «sostanza intermedia». Secondo la ricorrente, tale misura sarebbe stata giuridicamente fondata e meno restrittiva della decisione impugnata, poiché avrebbe conciliato le esenzioni concesse agli usi intermedi con l’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento n. 1907/2006 e l’identificazione degli usi non intermedi in forza dell’articolo 59 del medesimo regolamento. Infatti, a suo avviso, tale soluzione avrebbe consentito l’iscrizione delle sostanze usate sia come sostanze intermedie sia come sostanze non intermedie nell’elenco di sostanze candidate, rispettando al contempo le disposizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), di detto regolamento, precisando che l’iscrizione in tale elenco non era applicabile al bisfenolo A usato come «sostanza intermedia» e assicurando al contempo una migliore certezza del diritto per quanto riguarda la questione della necessità, per gli usi intermedi, di presentare una domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 60 del regolamento n. 1907/2006.

204    L’ECHA, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla ClientEarth, contesta tali argomenti.

205    In via preliminare va ricordato che il principio di proporzionalità che è enunciato all’articolo 5, paragrafo 4, TUE, e rientra nei principi generali del diritto dell’Unione, esige, secondo una giurisprudenza costante, che gli atti delle istituzioni non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento dello scopo perseguito, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere e quella meno restrittiva (v. sentenza del 21 luglio 2011, Etimine, C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 124 e giurisprudenza ivi citata).

206    In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui le «sostanze intermedie» sono consumate nell’ambito della sintesi e presentano quindi un rischio molto meno elevato di altre sostanze (v. punto 202 supra), si deve constatare che la ricorrente muove da una premessa errata. Infatti, come già rilevato al precedente punto 193, nonostante il fatto che il regolamento si riferisca, in alcune delle sue disposizioni, alle «sostanze intermedie» come se si trattasse di un certo tipo di sostanze, è piuttosto un certo tipo di uso di determinate sostanze che esso contempla, ossia l’uso di determinate sostanze a fini intermedi.

207    Ciò premesso, si deve rilevare che, contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente, il semplice fatto che il bisfenolo A sia utilizzato solo in rari casi a fini non intermedi, non rende inappropriata l’iscrizione di tale sostanza nell’elenco delle sostanze candidate. Infatti, l’identificazione di una sostanza come sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 del regolamento n. 1907/2006 avviene essenzialmente sulla base delle proprietà intrinseche della stessa e quindi indipendentemente dalla questione di quali siano gli usi che potrebbero essere presi in considerazione nella fase dell’inclusione nell’allegato XIV di tale regolamento o, ancora, nella fase della concessione di un’autorizzazione in forza dell’articolo 60, paragrafo 2 o 4, del medesimo tale regolamento.

208    Inoltre, si deve rilevare che l’iscrizione del bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate è idonea al conseguimento dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni del regolamento n. 1907/2006 riguardanti l’ottenimento di informazioni, quali l’articolo 31 di tale regolamento.

209    Infine, anche supponendo che le misure di restrizione siano parimenti idonee al conseguimento dell’obiettivo del regolamento n. 1907/2006, ciò non implica che le restrizioni e l’identificazione delle sostanze come sostanze estremamente problematiche si escludano reciprocamente. Infatti, la giurisprudenza ha già confermato che il semplice fatto che una sostanza compaia nell’elenco delle sostanze candidate non impedisce di assoggettare tale sostanza a restrizioni (v., in tal senso, sentenza del 25 settembre 2015, PPG e SNF/ECHA, T‑268/10 RENV, EU:T:2015:698, punti 90 e 91).

210    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento volto a dimostrare una violazione del principio di proporzionalità a motivo dell’assenza di una menzione, nell’elenco delle sostanze candidate, degli usi intermedi di una sostanza utilizzabile sia a fini intermedi sia a fini non intermedi, si deve constatare che esso è stato parimenti sollevato nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802).

211    In relazione a tale argomento, la Corte, al punto 79 della sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802), ha indicato che una misura volta ad «aggiungere all’inscrizione di una sostanza sulla lista delle sostanze identificate, ai fini della loro successiva inclusione nell’allegato XIV di detto regolamento, una menzione che precisi che tale iscrizione non incide sugli usi esentati in base all’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del medesimo regolamento», sarebbe «priva di significato ai fini dell’applicazione del principio di proporzionalità».

212    Inoltre, occorre sottolineare che una menzione secondo cui l’iscrizione di una sostanza nell’elenco delle sostanze candidate non concerne gli usi intermedi, come quella auspicata dalla ricorrente, potrebbe creare confusione riguardo alla questione se gli obblighi di informazione derivanti dall’iscrizione nell’elenco delle sostanze candidate siano applicabili anche in caso di uso intermedio.

213    Alla luce di quanto precede, il sesto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

B.      Sui nuovi elementi di prova

214    Nella sua domanda riguardante il deposito del progetto di relazione del programma Clarity-BPA menzionato al precedente punto 25 come nuovo elemento di prova, la ricorrente indica che tale elemento riveste grande importanza a sostegno di vari motivi del ricorso. Più precisamente, secondo quanto affermato dalla ricorrente, esso è destinato a corroborare i motivi vertenti su una violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento per non aver esaminato lo studio in corso del programma Clarity-BPA (terzo motivo), nonché sull’esistenza di un errore manifesto di valutazione e di un inadempimento, da parte dell’ECHA, dell’obbligo di diligenza per non aver preso in considerazione il fatto che lo studio del programma Clarity-BPA era in corso (secondo motivo).

215    In forza dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, in via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato.

216    Certamente, il progetto di relazione del programma di ricerca depositato come elemento di prova il 29 marzo 2018 non ha potuto essere versato agli atti contemporaneamente al deposito del ricorso e della replica (v. punti 16 e 20 supra), cosicché esso deve essere ritenuto ricevibile.

217    Tuttavia, occorre rilevare che, come sostiene correttamente l’ECHA, il progetto di relazione fornito dalla ricorrente e redatto successivamente all’adozione della decisione impugnata non può essere utilmente preso in considerazione nell’ambito del controllo della legittimità di tale decisione. Infatti, la ricorrente si basa, in sostanza, su nuove analisi che non erano disponibili al momento dell’adozione della decisione impugnata e che pertanto non sono state portate a conoscenza dell’ECHA nel corso della fase precontenziosa che ha portato all’adozione di detta decisione. Orbene, secondo la giurisprudenza, nell’ambito di un ricorso di annullamento fondato sull’articolo 263 TFUE, la legittimità degli atti dell’Unione contestati deve essere valutata in funzione degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data in cui tali atti sono stati adottati (v., in tal senso, sentenza del 21 maggio 2015, Rubinum/Commissione, T‑201/13, non pubblicata, EU:T:2015:311, punto 84 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, com’è stato rilevato, in sostanza, in risposta al primo e al secondo motivo, l’ECHA non era tenuta a prendere in considerazione i risultati del programma Clarity-BPA.

218    Dalle considerazioni esposte al precedente punto 217 risulta che il progetto di relazione fornito dalla ricorrente in data 29 marzo 2018 deve essere considerato inoperante.

219    In ogni caso, oltre al fatto che, come indica la ClientEarth, senza essere contraddetta su tale punto dalla ricorrente, i dati contenuti nel progetto di relazione del programma di ricerca menzionato nella lettera del 29 marzo 2018 non sono ancora stati oggetto di un esame inter pares e non sembrano quindi essere le ultime lezioni che possono essere tratte da detto programma, la ricorrente non dimostra come tali dati avrebbero potuto contribuire a dissipare l’asserita incertezza scientifica che essa deplora. Parimenti, la ricorrente non dimostra in alcun modo come tali dati avrebbero modificato la valutazione effettuata dall’ECHA alla luce di tutti gli elementi di prova sui quali tale agenzia si è basata per adottare la decisione impugnata.

220    Occorre, pertanto, respingere la domanda della ricorrente diretta alla produzione di nuove prove.

C.      Sulla domanda di disporre misure appropriate

221    La sorte del terzo capo delle conclusioni, con cui la ricorrente chiede al Tribunale di «disporre ogni misura che esso rite[rrà] utile» dipende essenzialmente dalla circostanza che il Tribunale annulli la decisione impugnata per i motivi dedotti nel ricorso.

222    Poiché la decisione impugnata non deve essere annullata, occorre respingere d’acchito il terzo capo delle conclusioni.

IV.    Sulle spese

223    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, risultata soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’ECHA e dalla ClientEarth, conformemente alle domande di queste ultime.

224    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Pertanto, la Repubblica francese sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La PlasticsEurope sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) e dalla ClientEarth.

3)      La Repubblica francese sopporterà le proprie spese.

Gratsias

Labucka

Dittrich

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 settembre 2019.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon


Indice



*      Lingua processuale: l’inglese.