Language of document : ECLI:EU:C:2022:538

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 7 luglio 2022 (1)

Causa C296/21

A

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto‑oikeus (Corte amministrativa suprema, Finlandia)]

«Procedimento pregiudiziale – Acquisizione e detenzione di armi da fuoco – Trasferimento di armi da fuoco disattivate all’interno dell’Unione – Direttiva 91/477/CEE – Regolamento di esecuzione (UE) 2015/2403 – Articolo 7, paragrafo 2 – Riconoscimento reciproco – Articolo 3, paragrafo 1 – Organismo di verifica designato dagli Stati membri – Articolo 3, paragrafo 3 – Organismo di verifica che non figura nell’elenco degli organismi di verifica degli Stati membri pubblicato dalla Commissione»






1.        La direttiva 91/477/CEE (2), come modificata dalla direttiva 2008/51/CE (3), rispecchiava, tra altre preoccupazioni del legislatore dell’Unione, quella di disciplinare il regime relativo alla disattivazione delle armi da fuoco.

2.        Il regolamento di esecuzione 2015/2403 (UE) (4) è inteso a garantire che le armi da fuoco disattivate siano rese irreversibilmente inutilizzabili, come prevedeva la direttiva 2008/51. A tal fine, esso richiede che un’autorità competente verifichi che la disattivazione sia stata effettuata in conformità a determinate specifiche tecniche (stabilite nell’allegato I di detto regolamento) e rilasci al proprietario dell’arma un certificato che lo attesti.

3.        Il giudice del rinvio nutre, in sostanza, due dubbi in ordine all’interpretazione della direttiva 91/477 e del regolamento di esecuzione 2015/2403:

–      da un lato, intende sapere se un organismo di diritto privato, costituito sotto forma di società a responsabilità limitata, possa agire in veste di «organismo di verifica» e rilasciare il certificato di disattivazione;

–      dall’altro, chiede se il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, dei certificati di disattivazione delle armi emessi in un altro Stato membro sia subordinato alla circostanza che la Commissione abbia inserito l’organismo che li ha rilasciati nell’elenco di cui all’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/2403.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva 91/477

4.        Ai sensi dell’articolo 1:

«1.      Ai fini della presente direttiva, si intende per “arma da fuoco” qualsiasi arma portatile a canna che espelle, è progettata per espellere o può essere trasformata al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l’azione di un combustibile propellente, a meno che non sia esclusa per una delle ragioni elencate al punto III dell’allegato I. Le armi da fuoco sono classificate al punto II dell’allegato I.

Ai fini della presente direttiva, un oggetto è considerato idoneo a essere trasformato al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l’azione di un combustibile propellente se:

–      ha l’aspetto di un’arma da fuoco e,

–      come risultato delle sue caratteristiche di fabbricazione o del materiale a tal fine utilizzato, può essere così trasformata.

1 bis.      Ai fini della presente direttiva, si intende per “parte” qualsiasi elemento o elemento di ricambio specificamente progettato per un’arma da fuoco e indispensabile al suo funzionamento, in particolare la canna, il fusto o la carcassa, il carrello o il tamburo, l’otturatore o il blocco di culatta, nonché ogni dispositivo progettato o adattato per attenuare il rumore causato da uno sparo di arma da fuoco.

1 ter.      Ai fini della presente direttiva, si intendono per “parte essenziale” il meccanismo di chiusura, la camera e la canna delle armi da fuoco che, in quanto oggetti distinti, rientrano nella categoria in cui è stata classificata l’arma da fuoco di cui fanno parte o sono destinati a fare parte.

(...)».

5.        L’articolo 4 enuncia quanto segue:

«1.      Gli Stati membri garantiscono che le armi da fuoco o le loro parti immesse sul mercato siano state provviste di marcatura e registrate in conformità della presente direttiva ovvero siano state disattivate.

(...)».

6.        Nell’ambito del capitolo 3 («Formalità relative alla circolazione delle armi nella Comunità»), l’articolo 14 stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni per vietare l’ingresso nel loro territorio:

–      di un’arma da fuoco, salvo nei casi previsti dagli articoli 11 e 12 e purché vengano rispettate le condizioni ivi stabilite;

(...)».

7.        A tenore dell’allegato I:

«(...)

III.      Ai sensi del presente allegato, non sono inclusi nella definizione di armi da fuoco gli oggetti che, seppure conformi alla definizione:

a)      sono stati resi definitivamente inutilizzabili mediante una disattivazione tale da rendere tutte le parti essenziali dell’arma da fuoco definitivamente inservibili e impossibili da asportare, sostituire o modificare ai fini di un’eventuale riattivazione.

(...)

Gli Stati membri adottano disposizioni che prevedono la verifica, da parte di un’autorità competente, delle misure di disattivazione di cui alla lettera a), al fine di garantire che le modifiche apportate all’arma da fuoco la rendano irreversibilmente inutilizzabile. Gli Stati membri, nel quadro della suddetta verifica, prevedono il rilascio di un certificato o di un documento attestante la disattivazione dell’arma da fuoco o l’applicazione a tal fine sull’arma da fuoco di una marcatura ben visibile. La Commissione, secondo la procedura di cui all’articolo 13 bis, paragrafo 2, della direttiva, pubblica orientamenti comuni sulle norme e sulle tecniche di disattivazione, al fine di garantire che le armi da fuoco disattivate siano rese irreversibilmente inutilizzabili.

(...)».

2.      Regolamento di esecuzione 2015/2403

8.        L’articolo 2 («Persone ed organismi autorizzati a disattivare le armi da fuoco») così recita:

«La disattivazione delle armi da fuoco è effettuata da organismi pubblici o privati o da persone abilitate a farlo in conformità alla legislazione nazionale».

9.        L’articolo 3 («Verifica e certificazione della disattivazione delle armi da fuoco») stabilisce quanto segue:

«1.      Gli Stati membri designano un’autorità competente per verificare che la disattivazione dell’arma da fuoco sia stata effettuata conformemente alle specifiche tecniche di cui all’allegato I (“l’organismo di verifica”).

2.      Se l’organismo di verifica è altresì autorizzato a disattivare le armi da fuoco, gli Stati membri garantiscono una chiara separazione dei compiti e delle persone che li eseguono nell’ambito di tale organismo.

3.      La Commissione pubblica sul proprio sito Internet un elenco degli organismi di verifica designati dagli Stati membri, comprese informazioni dettagliate sugli stessi, il simbolo di ogni organismo nonché informazioni di contatto.

4.      Se la disattivazione dell’arma da fuoco è stata effettuata conformemente alle specifiche tecniche di cui all’allegato I, l’organismo di verifica rilascia al proprietario dell’arma da fuoco un certificato di disattivazione redatto secondo il modello di cui all’allegato III. Tutte le informazioni contenute nel certificato di disattivazione sono fornite sia nella lingua dello Stato membro in cui è stato rilasciato, sia in inglese.

(...)».

10.      L’articolo 7 («Trasferimento di armi da fuoco disattivate all’interno dell’Unione») dispone quanto segue:

«1.      Le armi da fuoco disattivate possono essere trasferite unicamente in un altro Stato membro, a condizione che rechino il marchio unico comune e siano accompagnate da un certificato di disattivazione a norma del presente regolamento.

2.      Gli Stati membri riconoscono i certificati di disattivazione rilasciati da un altro Stato membro se questi soddisfano le prescrizioni di cui al presente regolamento. Tuttavia, gli Stati membri che hanno introdotto misure supplementari in conformità dell’articolo 6 possono chiedere la prova che le armi da fuoco disattivate che devono essere trasferite nel loro territorio siano conformi a tali misure supplementari».

11.      L’articolo 8 («Requisiti della notifica») così recita:

«Gli Stati membri notificano alla Commissione le misure che essi adottano nel settore disciplinato dal presente regolamento (...)».

12.      L’allegato I («Specifiche tecniche per la disattivazione delle armi da fuoco») definisce le operazioni di disattivazione da effettuare al fine di rendere le armi da fuoco irreversibilmente inutilizzabili sulla base di tre tabelle:

–      tabella I, che elenca i diversi tipi di armi da fuoco;

–      tabella II, che descrive le operazioni da effettuare per rendere ogni componente essenziale delle armi da fuoco irreversibilmente inutilizzabile;

–      tabella III, che stabilisce le operazioni specifiche per i componenti essenziali di ciascun tipo di arma da fuoco.

13.      L’allegato III contiene il «Modello di certificato per le armi da fuoco disattivate».

B.      Diritto finlandese. Ampuma-aselaki (1/1998) (5)

14.      L’articolo 112a («Trasferimento e importazione di armi da fuoco disattivate in Finlandia») così dispone:

«Chiunque trasferisca o importi un’arma da fuoco disattivata in Finlandia deve presentare, entro 30 giorni dal trasferimento o dall’importazione, l’arma da fuoco ad un’autorità di polizia o all’Amministrazione centrale della polizia a fini di controllo».

15.      Ai sensi dell’articolo 91:

«In caso di scadenza o revoca di una licenza per il commercio di armi o di una licenza di porto d’armi per uso privato, la polizia deve emanare un provvedimento con cui dispone il sequestro delle armi da fuoco, delle loro parti, delle cartucce e delle munizioni particolarmente pericolose se non sono state già consegnate a un soggetto titolare di regolare autorizzazione. La polizia deve emanare un provvedimento di sequestro anche quando il possessore di armi da fuoco o parti di armi non autorizzate, cartucce non autorizzate o munizioni particolarmente pericolose denuncia di propria iniziativa un oggetto alla polizia e lo consegna ad essa in custodia. (...)».

16.      Conformemente all’articolo 112b («Disattivazione di armi da fuoco»), paragrafo 2:

«Il regolamento di esecuzione 2015/2403 contiene disposizioni sulle persone e sugli organismi autorizzati ad effettuare la disattivazione di armi da fuoco, sulle specifiche tecniche per la disattivazione di armi da fuoco, sulla marcatura, sulla verifica e sul controllo di armi da fuoco disattivate, sulla richiesta di assistenza per effettuare disattivazioni, sulle misure di disattivazione supplementari e sul trasferimento di armi da fuoco all’interno dell’Unione europea».

II.    Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

17.      A, esercente un’attività professionale specializzata nella vendita di oggetti storici militari da collezione, acquistava in Austria tre fucili d’assalto che, secondo i certificati rilasciati dalla società B il 9 ottobre 2017, erano stati disattivati.

18.      La società B è riconosciuta dalle autorità austriache come organismo di verifica ai sensi dell’articolo 3 del regolamento di esecuzione 2015/2403, sebbene non figuri nominativamente nell’elenco di cui al paragrafo 3 di tale articolo.

19.      Il 17 ottobre 2017, A trasferiva i fucili d’assalto in Finlandia e, il 24 ottobre 2017, ai sensi dell’articolo 112a della legge sulle armi da fuoco, li consegnava alla polizia di Helsinki, insieme ai relativi certificati di disattivazione (6).

20.      Il 15 febbraio 2018, la polizia di Helsinki emanava la decisione n. 2018/8575, nella quale considerava che la disattivazione dei fucili d’assalto non soddisfaceva i requisiti tecnici di cui all’allegato I del regolamento di esecuzione 2015/2403. A suo avviso, le operazioni di disattivazione delle armi erano carenti (7).

21.      La polizia di Helsinki riteneva che i fucili d’assalto dovessero essere considerati armi soggette ad autorizzazione ai sensi della legge sulle armi da fuoco. Poiché A non disponeva di alcuna autorizzazione per il possesso di tali armi, veniva ordinato il sequestro delle stesse.

22.      A impugnava tale decisione dinanzi allo Helsingin hallinto oikeus (Tribunale amministrativo di Helsinki), adducendo che:

–      la polizia finlandese non era competente a verificare la disattivazione delle armi;

–      a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/2403, la polizia avrebbe dovuto riconoscere il certificato di disattivazione della società B, organismo di verifica designato dall’Austria;

–      le prove prodotte dimostrerebbero che la disattivazione delle armi era conforme alle specifiche tecniche di cui all’allegato I del regolamento di esecuzione 2015/2403.

23.      La polizia di Helsinki e il Poliisihallitus (Amministrazione centrale della polizia) presentavano osservazioni in tale procedimento, sostenendo che le armi non potevano essere considerate disattivate, in quanto:

–      la disattivazione non era stata eseguita correttamente;

–      la società B non era un’autorità ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/2403 e non figurava nell’elenco di cui all’articolo 3, paragrafo 3, di tale regolamento;

–      da detto elenco emergeva solo che l’Austria aveva designato quale organismo di verifica il Ministero dell’Interno austriaco.

24.      A depositava una replica alla quale allegava la corrispondenza intercorsa con il Ministero della Difesa e dello Sport austriaco, in cui quest’ultimo confermava che la società B era un organismo di verifica designato dall’Austria a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/2403. Faceva inoltre presente che l’Austria aveva designato in totale sedici organismi di verifica (8).

25.      Il 26 giugno 2019, l’Helsingin hallinto‑oikeus (Tribunale amministrativo di Helsinki) respingeva l’impugnazione di A, in base ai seguenti rilievi:

–      la società B non figurava come organismo di verifica austriaco sul sito Internet della Commissione e, pertanto, i certificati di disattivazione non erano conformi al regolamento di esecuzione 2015/2403;

–      le armi importate non soddisfacevano le specifiche tecniche in materia di disattivazione previste dal regolamento di esecuzione 2015/2403.

26.      A ha impugnato la sentenza di primo grado dinanzi al Korkein hallinto‑oikeus (Corte amministrativa suprema, Finlandia), chiedendo l’annullamento della stessa nonché della decisione della polizia di Helsinki (9).

27.      La polizia di Helsinki e il Poliisihallitus (Amministrazione centrale della polizia) si sono opposti al ricorso e hanno sottolineato la necessità di sollevare una questione pregiudiziale; avendo riconosciuto tale necessità, il Korkein hallinto‑oikeus (Corte amministrativa suprema) sottopone alla Corte le seguenti questioni:

«In caso di un trasferimento di armi da fuoco disattivate all’interno dell’Unione e tenuto conto delle disposizioni della direttiva [91/477] e delle disposizioni del regolamento di esecuzione [2015/2403], in particolare dell’articolo 3, paragrafo 1, di detto regolamento:

a)      se un organismo di verifica, confermato da un’autorità nazionale, che abbia rilasciato un certificato di disattivazione possa essere considerato quale organismo ai sensi della direttiva [91/477] e degli articoli 3 e 7 del regolamento [2015/2403] pur non essendo indicato nell’elenco pubblicato dalla Commissione a norma dell’articolo 3, paragrafo 3, ove varie autorità di detto Stato membro abbiano comunicato al soggetto che ha trasferito le armi che l’organismo di verifica che ha rilasciato il certificato, operante nella forma giuridica di una società a responsabilità limitata (S.r.l.), è autorizzato a farlo a norma del regolamento, e

b)      se, in luogo dell’iscrizione nell’elenco pubblicato sulla pagina Internet della Commissione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento [2015/2403], possa essere parimenti prodotta – per l’accreditamento di un organismo di verifica designato da uno Stato membro ai fini della disattivazione di armi – una prova diversa ottenuta dalle autorità nazionali, cosicché un certificato di disattivazione rilasciato da detto organismo di verifica soddisferebbe i requisiti previsti nel regolamento, di modo che uno Stato membro debba riconoscere un certificato di disattivazione rilasciato in un altro Stato membro ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento».

III. Procedimento dinanzi alla Corte

28.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta presso la cancelleria della Corte il 7 maggio 2021.

29.      Hanno presentato osservazioni scritte A, il Poliisihallitus (Amministrazione centrale della polizia), il governo finlandese e la Commissione europea, che hanno partecipato all’udienza tenutasi il 18 maggio 2022.

30.      Il governo austriaco ha risposto per iscritto ai quesiti rivoltigli dalla Corte.

IV.    Valutazione

A.      Considerazioni preliminari

31.      La nozione di «arma da fuoco disattivata» ha subito una significativa evoluzione normativa:

–      per quanto riguarda la disattivazione delle armi da fuoco, la formulazione iniziale dell’allegato I, parte III, della direttiva 91/477 si limitava ad un mero rinvio al diritto nazionale;

–      la direttiva 2008/51 ha modificato l’articolo 4 della direttiva 91/477, imponendo agli Stati membri di garantire che «le armi da fuoco o le loro parti immesse sul mercato siano state provviste di marcatura e registrate in conformità della presente direttiva ovvero siano state disattivate»;

–      la direttiva 2008/51 ha incaricato la Commissione di pubblicare «orientamenti comuni sulle norme e sulle tecniche di disattivazione, al fine di garantire che le armi da fuoco disattivate siano rese irreversibilmente inutilizzabili». Ne è scaturita l’adozione del regolamento di esecuzione 2015/2403 (10);

–      tuttavia, le armi disattivate hanno continuato a non essere ricomprese nella definizione di arma da fuoco fino all’adozione della direttiva (UE) 2017/853 (11), che le ha incluse nel proprio ambito di applicazione.

32.      Sebbene non sia applicabile al presente procedimento ratione temporis, la direttiva 2017/853 conferma la tendenza legislativa a rafforzare le garanzie necessarie ad assicurare che la disattivazione delle armi da fuoco diventi irreversibile, in modo che esse non possano essere riattivate (12).

B.      Sulla prima questione pregiudiziale

33.      Il giudice del rinvio chiede se, nel contesto transfrontaliero del caso di specie, l’organismo di verifica che ha rilasciato un certificato di disattivazione sia legittimato a farlo, nonostante non figuri nell’elenco pubblicato dalla Commissione (13) ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/2403 e rivesta la forma di società a responsabilità limitata.

34.      La questione pregiudiziale, che riguarda gli aspetti formali della circolazione delle armi disattivate, verte quindi su due aspetti della disciplina applicabile:

–      in primo luogo, se l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/2403 osti a che un soggetto di diritto privato possa essere un organismo di verifica;

–      in secondo luogo, se gli organismi di verifica designati da ciascuno Stato membro debbano comparire nell’elenco che la Commissione deve pubblicare ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/2403.

1.      Soggetti di diritto privato come organismi di verifica

35.      A tenore dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/2403, in combinato disposto con l’allegato I, parte III, secondo comma, della direttiva 91/477, gli Stati membri devono designare un’«autorità competente» a verificare che la disattivazione dell’arma da fuoco sia stata effettuata conformemente alle specifiche tecniche di cui all’allegato I.

36.      L’ultima frase di tale disposizione aggiunge che l’«autorità competente» è denominata anche «organismo di verifica». La sinonimia (convenzionale) di queste due espressioni solleva alcuni problemi di interpretazione che esaminerò subito.

37.      Dalle osservazioni delle parti emergono pareri antitetici riguardo alla natura degli organismi di verifica:

–      il governo finlandese e le sue autorità di polizia sostengono un approccio rigoroso, secondo cui soltanto gli organismi pubblici possono svolgere funzioni di verifica;

–      la Commissione e A difendono la tesi opposta: nulla osta a che sia affidato ad un’impresa privata il compito di verificare e certificare la disattivazione delle armi da fuoco.

38.      L’impiego del vocabolo «autorità» nell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/2403 evocherebbe, in linea di principio, la natura «pubblica» del soggetto che assume la funzione di verifica. Per definizione, l’elemento caratteristico di un’«autorità» consiste nella partecipazione alle funzioni di imperium proprie del potere pubblico (14).

39.      Tale approccio è corroborato dal considerando 3 del regolamento di esecuzione 2015/2403: gli Stati membri devono «adottare disposizioni che prevedono la verifica, da parte di un’autorità competente, delle misure di disattivazione».

40.      Nella stessa ottica, e ora sotto il profilo sistematico, gli articoli 2 e 3 del regolamento di esecuzione 2015/2403, distinguono tra:

–      la disattivazione delle armi da fuoco, che, in quanto operazione materiale, può essere effettuata, indistintamente, da organismi pubblici e privati;

–      la verifica della corretta disattivazione delle armi, funzione che spetta esclusivamente a un’«autorità competente». Non vengono menzionati, in riferimento alla verifica, gli organismi privati, il che, per contrapposizione alle operazioni materiali di disattivazione, sembrerebbe deporre nel senso che la verifica può essere effettuata soltanto da organismi pubblici.

41.      L’evoluzione normativa successiva alle norme applicabili nel caso di specie è orientata nello stesso senso. Il regolamento di esecuzione (UE) 2018/337 (15) riformula l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2015/2403 per indicare che «[g]li Stati membri designano un’autorità pubblica competente per verificare che la disattivazione dell’arma da fuoco sia stata effettuata conformemente alle specifiche tecniche di cui all’allegato I (...)».

42.      Si è quindi voluto instaurare un sistema pubblico di controllo per verificare la disattivazione delle armi da fuoco e si è affidata tale funzione alle autorità statali.

43.      Orbene, la legislazione dell’Unione non arriva ad imporre agli Stati membri di istituire necessariamente, nelle loro strutture amministrative, servizi tecnici in grado di svolgere la funzione di verifica. Tenterò di spiegare perché, a mio avviso, questo compito possa essere affidato ad organismi (siano essi denominati in tal modo o con altri sinonimi) (16) che assumono forme giuridiche private, purché siano rispettate talune garanzie.

44.      Nessuna delle norme di riferimento dell’Unione in tale materia stabilisce in che modo, concretamente, le autorità pubbliche debbano garantire il rispetto dei criteri di cui all’allegato I del regolamento di esecuzione 2015/2403. Spetta agli Stati membri stabilire quali autorità svolgeranno il compito di verifica e le relative modalità.

45.      In mancanza di disposizioni contrarie del diritto dell’Unione, gli Stati membri mantengono il proprio potere di autorganizzazione. In linea di massima, nulla impedisce loro di attribuire ad organismi privati l’esercizio di funzioni pubbliche, anche quando esse traggano origine da norme dell’Unione che non ostano a tale attribuzione (17).

46.      In quest’ottica, gli Stati membri possono autorizzare le proprie autorità a delegare determinati poteri ad organismi privati (18), o istituire meccanismi di collaborazione con imprese del settore privato per affidare loro, con gli opportuni controlli, l’esercizio di detti poteri (19).

47.      A mio avviso, il regolamento di esecuzione 2015/2403 consente di impiegare queste stesse tecniche. L’unico limite all’autonomia organizzativa consiste nel fatto che gli Stati membri non devono giungere a svuotare il modello dell’autorità pubblica come responsabile ultima del processo di verifica della disattivazione delle armi da fuoco.

48.      In altre parole, per quanto riguarda gli organismi di verifica, tale compito di interesse pubblico può essere affidato ad un’impresa privata se le condizioni alle quali è subordinato l’incarico non snaturano lo schema giuridico pubblico della direttiva 91/477 e del regolamento di esecuzione 2015/2403.

49.      Ritengo pertanto che la disattivazione delle armi posa essere verificata da organismi privati, purché essi siano soggetti alla direzione e al controllo effettivo di una vera e propria autorità pubblica. Compete a quest’ultima controllare come sia stata effettuata la disattivazione, ma essa può delegare l’esercizio di tale competenza ad organismi privati.

50.      Il governo austriaco, nella risposta del 22 aprile 2022 ai quesiti della Corte, ha esposto che la legislazione nazionale consente ai Ministeri dell’Interno e della Difesa di autorizzare determinati professionisti a verificare che le armi siano state disattivate. Tale verifica implica che il singolo autorizzato eserciti per delega, sotto la direzione di detti Ministeri, un compito spettante al potere pubblico (20).

51.      In udienza, sia le autorità finlandesi che la Commissione hanno assunto una posizione critica riguardo al modello austriaco, sottolineando il numero di organismi di verifica privati riconosciuti (16) (21) e l’assenza dei loro dati nell’elenco trasmesso alla Commissione, che menziona solo il Ministero dell’Interno.

52.      A prescindere dal giudizio su tale modello (in udienza la Commissione ha affermato che lo sta valutando (22) per decidere se adottare provvedimenti al riguardo), la prima questione pregiudiziale è formulata in termini astratti e non richiede pertanto alcuna valutazione della Corte in ordine al sistema istituito in un determinato Stato membro.

2.      Lelenco di cui allarticolo 3, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/2403

53.      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/2403, «[l]a Commissione pubblica sul proprio sito Internet un elenco degli organismi di verifica designati dagli Stati membri (...)».

54.      Il giudice del rinvio chiede se l’inserimento in detto elenco sia una condizione necessaria affinché gli organismi di verifica possano essere considerati tali o se, lungi dall’avere tale efficacia costitutiva, la sua funzione sia solo informativa.

55.      A mio avviso, i paragrafi 1 e 3 dell’articolo 3 del regolamento di esecuzione 2015/2403 depongono a favore della seconda di tali posizioni: la competenza a designare gli organismi di verifica spetta agli Stati membri, mentre l’elenco indica (o dovrebbe indicare) quelli da essi già designati, a titolo meramente dichiarativo e non costitutivo (23).

56.      Come sottolinea la Commissione nelle sue osservazioni scritte, né l’allegato I, parte III, della direttiva 91/477 né l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/2403 le conferiscono la competenza a decidere quali siano gli «organismi di verifica». Né richiedono che siano tali solo quelli che, dopo essere stati designati da ciascuno Stato membro, vengano inseriti nell’elenco pubblicato sul sito Internet della Commissione (24).

57.      È vero che, in un contesto transfrontaliero, la certezza del diritto suggerisce di basare l’identificazione degli organismi di verifica su un sistema la cui pubblicità consenta di sapere con certezza quali siano quelli riconosciuti da ciascuno Stato membro.

58.      Certamente, la promozione di una «certa libertà di circolazione», cui fa riferimento il considerando 1 della direttiva 2008/51, è meglio garantita da un meccanismo che riduca gli ostacoli al commercio tra gli Stati membri. La valutazione, da parte delle autorità del paese di destinazione dinanzi alla quale viene presentata un’arma disattivata, risulta più facile se la disattivazione è stata verificata e certificata, nel paese di origine, da un organismo la cui natura, proprio per il suo inserimento nell’elenco, non è in discussione.

59.      Tali considerazioni non possono tuttavia prescindere da quanto emerge dal tenore letterale della norma e dal contesto nel quale essa si colloca: l’inserimento nell’elenco di cui all’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/2403 non è una condizione di validità per ottenere lo status di organismo di verifica.

60.      Tale status si acquisisce non già per effetto dell’inserimento nell’elenco, bensì in virtù dell’autorizzazione dello Stato membro di cui trattasi. Il potere di designare gli organismi competenti a verificare e certificare la disattivazione delle armi da fuoco spetta esclusivamente allo Stato membro e il ruolo della Commissione nella pubblicazione dell’elenco è meramente ausiliario.

61.      Una volta concessa tale autorizzazione da parte di uno Stato membro, l’elenco costituirà, ribadisco, lo strumento preferenziale, ma non l’unico, per dimostrare che il certificato di disattivazione è stato rilasciato da un organismo di verifica autorizzato.

62.      Muovendo da tale premessa, nulla osta a che un importatore di armi, qualora un organismo di verifica non sia incluso nell’elenco, produca un certificato di disattivazione e dimostri, con altri mezzi giuridicamente validi, che l’organismo di verifica in questione che lo ha rilasciato possiede, legittimamente, siffatta qualità (vale a dire, che esso è stato designato come tale da uno Stato membro).

63.      Quanto finora esposto non deve essere inteso come una minimizzazione del valore dell’elenco di cui all’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/2403. Tale disposizione, al pari delle altre contenute in detto regolamento, non deve rimanere «lettera morta». Sapere in anticipo, con certezza, quali siano gli organismi di verifica di ciascuno Stato membro migliora l’affidabilità del sistema nel suo complesso.

64.      Inoltre, l’articolo 8 del regolamento di esecuzione 2015/2403 impone agli Stati membri di collaborare lealmente con la Commissione e di notificarle «le misure che essi adottano nel settore disciplinato dal presente regolamento». Ciò implica comunicare le «informazioni dettagliate sugli [organismi di verifica], il simbolo di ogni organismo nonché informazioni di contatto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3 di detto regolamento.

65.      La mancata comunicazione comporta non solo un’ulteriore difficoltà a dimostrare che il certificato di disattivazione è stato rilasciato da un organismo di verifica, ma altresì la violazione di un obbligo giuridico da parte dello Stato membro. Spetta alla Commissione adottare i provvedimenti necessari per contrastare la violazione di tale obbligo.

C.      Sulla seconda questione pregiudiziale

66.      Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede:

–      se «possa essere parimenti prodotta – per l’accreditamento di un organismo di verifica designato da uno Stato membro (...) – una prova diversa ottenuta dalle autorità nazionali»;

–      se, in tale ipotesi, un certificato di disattivazione rilasciato da detto organismo di verifica «debba» essere riconosciuto in un altro Stato membro ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/2403.

1.      Accreditamento dellorganismo di verifica

67.      Formulato nei termini utilizzati dal giudice del rinvio, il primo interrogativo della sua seconda questione pregiudiziale si sovrappone in ampia misura alla prima questione.

68.      Se, come da me sostenuto, l’inserimento di un organismo di verifica nell’elenco della Commissione non è una condizione essenziale per acquisire tale status, mi sembra logico ammettere altri elementi di prova atti a dimostrare che detto organismo è stato designato da uno Stato membro.

69.      Nulla osta, a mio avviso, che tale fatto sia accertato mediante documenti ufficiali rilasciati nello Stato di origine dalle autorità di detto Stato, anche nel caso in cui, per qualche motivo, la designazione non si sia riflessa nell’elenco pubblicato dalla Commissione.

2.      Riconoscimento del certificato di disattivazione

70.      Il secondo interrogativo della medesima questione pregiudiziale riguarda l’obbligo di riconoscimento, da parte di uno Stato membro, del certificato di disattivazione rilasciato dall’organismo di verifica di un altro Stato membro.

71.      La regola generale è che le armi da fuoco disattivate possono essere trasferite in un altro Stato membro soltanto se recano il marchio unico comune e sono accompagnate da un certificato di disattivazione.

72.      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/2403, «[g]li Stati membri riconoscono i certificati di disattivazione rilasciati da un altro Stato membro se questi soddisfano le prescrizioni di cui al presente regolamento» (25).

73.      È vero che l’articolo succitato è formulato in modo prescrittivo: «[g]li Stati membri riconoscono (...)» (il corsivo è mio). Tale obbligo, tuttavia, viene immediatamente attenuato assoggettandolo alla condizione che i certificati soddisfino «le prescrizioni di cui al presente regolamento».

74.      Il riconoscimento del certificato da parte di uno Stato membro diverso da quello emittente non è quindi né automatico, né incondizionato. Al contrario, avverrà solo se il certificato è conforme alle prescrizioni di cui al regolamento di esecuzione 2015/2403, che possono essere sia di carattere formale, sia di carattere sostanziale:

–      le prescrizioni formali riguardano il tipo di modulo utilizzato (certificato di disattivazione di cui all’allegato III del regolamento) e la competenza dell’organismo di verifica che lo ha rilasciato. Il certificato deve essere presentato dinanzi all’autorità competente dello Stato ricevente, affinché quest’ultima possa accertarsi che esso è stato rilasciato da un organismo di verifica designato dallo Stato di origine;

–      le prescrizioni sostanziali riguardano le operazioni di disattivazione, che devono rispettare le specifiche tecniche di cui all’allegato I del regolamento. L’accertamento, da parte delle autorità dello Stato di destinazione, dell’osservanza di tali specifiche nello Stato di origine pone, tuttavia, alcuni problemi. Sebbene le prescrizioni sostanziali non siano menzionate nelle questioni del giudice del rinvio (26), ritengo opportuno farvi riferimento per delimitare correttamente i principi e gli interessi coinvolti nella presente causa.

75.      Prima facie, si potrebbe ritenere che il commercio intracomunitario di armi da fuoco disattivate rientri nello schema classico del riconoscimento reciproco applicabile a documenti analoghi nel contesto della circolazione di merci e della prestazione di servizi.

76.      Ritengo, tuttavia, che occorra precisare tale assimilazione.

77.      In primo luogo, la direttiva 2008/51 sottolinea che essa stabilisce «un equilibrio tra l’impegno a garantire una certa libertà di circolazione per alcune armi da fuoco nello spazio intracomunitario e la necessità di inquadrare tale libertà con determinate garanzie volte a tutelare la sicurezza pubblica (...)» (27).

78.      L’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 91/477, nella versione iniziale, rifletteva già il fatto che le limitazioni alla libertà di circolazione delle armi da fuoco erano previste e che, «[m]ediante accordi di riconoscimento reciproco di documenti nazionali, due o più Stati membri possono istituire un regime più flessibile di quello previsto al presente articolo ai fini della circolazione nel loro territorio con un’arma da fuoco».

79.      In secondo luogo, la regolamentazione della circolazione intracomunitaria delle armi da fuoco, per la quale è «istitui[to] un quadro minimo armonizzato» (28), differisce da altre norme di armonizzazione completa che disciplinano il traffico transfrontaliero di merci la cui circolazione può comportare rischi.

80.      In questi ultimi casi, il principio prevalente è quello della libera circolazione, in forza del quale si impedisce che gli Stati membri vietino, limitino o ostacolino l’immissione in commercio o la messa in funzione nel loro territorio di oggetti conformi alle disposizioni della norma corrispondente.

81.      Anche in un quadro pienamente armonizzato, alle autorità nazionali sono conferiti taluni poteri di controllo a posteriori per individuare carenze o anomalie del sistema. A tal fine, viene elaborata una serie di clausole di salvaguardia volte a prevenire o correggere le disfunzioni a livello dell’Unione, mediante l’attivazione di un procedimento che coinvolge la Commissione e tutti gli Stati membri (29).

82.      Orbene, se la direttiva 91/477, come modificata dalla direttiva 2008/51, e il regolamento di esecuzione 2015/2403 non conferiscono specificamente tali poteri di controllo agli Stati membri, per quanto riguarda le armi disattivate, è perché essi non sono indispensabili, proprio in considerazione delle limitazioni alle quali è soggetta la circolazione ordinaria di tali armi.

83.      Il processo di trasferimento di armi tra Stati membri implica che l’autorità dello Stato ricevente eserciti un intervento completo sulle armi prima di ammetterle definitivamente nel proprio territorio. L’autorizzazione a farlo risulta dalla direttiva 91/477.

84.      Infatti, ai sensi dell’articolo 14, primo trattino, della direttiva 91/477, «[g]li Stati membri adottano tutte le disposizioni per vietare l’ingresso nel loro territorio (...) di un’arma da fuoco, salvo nei casi previsti dagli articoli 11 e 12 e purché vengano rispettate le condizioni ivi stabilite» (30).

85.      I due articoli succitati disciplinano il processo per la circolazione di diversi tipi di armi da fuoco all’interno dell’Unione, che è soggetta a una procedura complessa (articolo 11) (31) o, in caso di loro detenzione durante un viaggio attraverso due o più Stati membri, all’autorizzazione di tali Stati membri (articolo 12).

86.      Come è stato sottolineato in udienza, le formalità relative al trasferimento delle armi da fuoco disattivate all’interno dell’Unione implicano la presentazione delle stesse e dei relativi certificati di disattivazione alle autorità dello Stato ricevente, le quali devono esaminare le armi da fuoco e i certificati, in ogni caso, per valutare la corrispondenza dei secondi alle prime e la conformità ai requisiti obbligatori (32).

87.      Orbene, in tale procedura di dichiarazione e presentazione (che non è incompatibile con la relativa libertà di circolazione delle armi da fuoco, limitata in considerazione della loro evidente pericolosità), le autorità dello Stato ricevente non possono chiudere gli occhi di fronte a certificati la cui difformità rispetto alle prescrizioni del regolamento di esecuzione 2015/2403 risulti evidente a prima vista.

88.      In tali ipotesi, se dette autorità hanno seri motivi per sospettare che i certificati rilasciati da un organismo di verifica dello Stato di origine non siano conformi alle menzionate prescrizioni, possono effettuare gli opportuni accertamenti (compresa una richiesta di assistenza ai sensi dell’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2015/2403) ed eventualmente non prenderli in considerazione qualora i difetti riscontrati siano gravi (33).

89.      Si potrebbe ritenere che le armi disattivate, dato che non rientrano nella nozione di armi da fuoco, non siano soggette a tali procedure per il trasferimento da uno Stato membro all’altro. Non credo tuttavia che sia così, per vari motivi:

–      qualsiasi arma comprende determinati «componenti essenziali». La disattivazione è finalizzata per l’appunto a garantire che «tutte le parti essenziali dell’arma da fuoco [siano state rese] definitivamente inservibili e impossibili da asportare, sostituire o modificare» (34);

–      alcuni di tali componenti essenziali costituiscono essi stessi un’arma da fuoco ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1 ter, della direttiva 91/477, che inserisce nell’articolato ciò che era già previsto originariamente nell’allegato I, parte II, lettera b);

–      in tale contesto, è difficilmente contestabile che l’autorità competente dello Stato ricevente possa ispezionare e classificare le armi disattivate, in quanto comprensive di «componenti essenziali delle armi da fuoco», di cui essa deve parimenti accertare la neutralizzazione.

90.      In sintesi, nello Stato ricevente, l’accertamento da parte delle autorità di tale Stato della conformità del certificato di verifica delle armi disattivate alle prescrizioni applicabili, formali e sostanziali, elimina i rischi e consente di tutelare la pubblica sicurezza: le armi non entreranno nel suo territorio, come siffatte armi disattivate, fino a che non sia comprovato che sono effettivamente tali.

V.      Conclusione

91.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere al Korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema, Finlandia) nei seguenti termini:

«1)      L’articolo 3 della direttiva 91/477/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1991, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi, e l’articolo 3 del regolamento di esecuzione (UE) 2015/2403 della Commissione, del 15 dicembre 2015, che definisce orientamenti comuni sulle norme e sulle tecniche di disattivazione per garantire che le armi da fuoco disattivate siano rese irreversibilmente inutilizzabili, devono essere interpretati nel senso che:

–        non ostano a che uno Stato membro designi un’impresa di diritto privato, soggetta alla vigilanza e alla direzione di un’autorità pubblica, per verificare che la disattivazione di un’arma da fuoco sia stata effettuata conformemente alle specifiche tecniche stabilite nell’allegato I di detto regolamento;

–        l’inserimento nell’elenco degli organismi di verifica designati dagli Stati membri, pubblicato sul sito Internet della Commissione, non costituisce un requisito sostanziale per comprovare tale designazione, che può essere dimostrata con qualsiasi altro mezzo ammesso in diritto.

2)      L’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/2403 deve essere interpretato nel senso che le autorità di uno Stato membro nel quale si intenda trasferire le armi disattivate possono accertare, qualora abbiano seri motivi per farlo, se i certificati di disattivazione rilasciati dagli organismi di verifica di un altro Stato membro soddisfino le prescrizioni, formali e sostanziali, di cui a tale regolamento».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Direttiva del Consiglio, del 18 giugno 1991, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi (GU 1991, L 256, pag. 51). Tale direttiva è stata abrogata dalla direttiva (UE) 2021/555 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 marzo 2021, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi (GU 2021, L 115, pag. 1).


3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi (GU 2008, L 179, pag. 5). Nelle presenti conclusioni, le citazioni della direttiva 91/477 saranno riferite, salvo diversa indicazione, alla versione modificata dalla direttiva 2008/51.


4      Regolamento di esecuzione della Commissione, del 15 dicembre 2015, che definisce orientamenti comuni sulle norme e sulle tecniche di disattivazione per garantire che le armi da fuoco disattivate siano rese irreversibilmente inutilizzabili (GU 2015, L 333, pag. 62).


5      Legge sulle armi da fuoco n. 1/1998.


6      Su richiesta di detta autorità, li consegnava nuovamente il 23 novembre 2017.


7      Veniva riscontrato che le operazioni di disattivazione presentavano i seguenti difetti: 1) non era impedito un eventuale smontaggio delle armi e del sistema di fissaggio; 2) il meccanismo del grilletto non era stato saldato al telaio e il cane, pur essendo saldato con il dente di arresto del percussore, poteva essere mosso, e parti del meccanismo di scatto dalle armi potevano essere smontate; 3) nella canna delle armi erano stati praticati solo cinque fori del diametro dell’anima invece dei sei richiesti dal regolamento di esecuzione 2015/2302; 4) erano state realizzate saldature MIG con normale acciaio, anziché saldature TIG con acciaio inossidabile del tipo ER 316L, come richiesto dal menzionato regolamento di esecuzione.


8      Documenti 3 e 4 dell’allegato prodotto congiuntamente alle osservazioni scritte di A.


9      A sostegno delle sue domande, A ha presentato un messaggio di posta elettronica del Ministero dell’Interno austriaco, dell’11 marzo 2020, secondo il quale, in base alla legislazione nazionale, il Ministero della Difesa (per le armi considerate militari) e il Ministero dell’Interno (per le armi destinate ad usi civili) autorizzavano determinati operatori commerciali a verificare la disattivazione delle armi da fuoco.


10      La necessità di adempiere tali obblighi rispondeva a un impegno internazionale assunto dall’Unione, in qualità di parte del Protocollo contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco, loro parti e componenti e munizioni, addizionale alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, concluso mediante la decisione 2014/164/UE del Consiglio (GU 2014, L 89, pag. 7).


11      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi (GU 2017, L 137, pag. 22).


12      «Secondo le parti interessate consultate dalla Commissione, la riattivazione delle armi disattivate rappresenta una delle principali fonti delle armi utilizzate per scopi criminosi e, a loro avviso, per combattere questa pratica è prioritario armonizzare le regole sulla disattivazione» [punto 2.7 del parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi», COM(2015) 750 final – 2015/0629 (COD)].


13      Il giudice del rinvio afferma (punto 23 della sua decisione) che, alla data in cui è stata redatta la domanda di pronuncia pregiudiziale, tale elenco non era disponibile sul sito Internet della Commissione. La Direzione generale per la Migrazione e gli affari interni (DG HOME) lo aveva informato, attraverso il centro di contatto Europe Direct, che l’elenco in questione era oggetto di verifica e che una versione aggiornata sarebbe stata disponibile entro fine 2021.


14      Sulla distinzione classica tra atti compiuti iure gestionis e iure imperii, v. sentenza del 7 maggio 2020, Rina (C‑641/18, EU:C:2020:349), in relazione all’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I [regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1)].


15      Regolamento di esecuzione della Commissione, del 5 marzo 2018, che modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2015/2403 della Commissione che definisce orientamenti comuni sulle norme e sulle tecniche di disattivazione per garantire che le armi da fuoco disattivate siano rese irreversibilmente inutilizzabili (GU 2018, L 65, pag. 1). Esso mira a far sì che «[l]e norme in materia di disattivazione delle armi da fuoco di cui al regolamento di esecuzione (UE) 2015/2403 [rispecchino e siano] coerenti con le nuove norme in materia di disattivazione introdotte dalla direttiva (UE) 2017/853» (considerando 5). In udienza è stato sottolineato che alcune versioni del regolamento di esecuzione 2018/337, nel modificare l’articolo 3, paragrafo 1, non hanno aggiunto l’aggettivo «pubblica» al sostantivo «autorità».


16      Le diverse versioni linguistiche impiegano sia lo stesso vocabolo «organismo» («organisme» in quella francese, «organismo» in quella italiana), sia il vocabolo «ente» («entidad» in quella spagnola; «entity» in quella inglese; «entidade» in quella portoghese; «entitatea» in quella rumena; «entiteit» in quella neerlandese). La versione tedesca utilizza il termine «Behörde».


17      La Corte, in un ambito generale come quello del regime giuridico delle disposizioni di una direttiva dotate di effetto diretto, ha riconosciuto che esse sono opponibili «a un ente o a un organismo, anche se di diritto privato, cui sia stato demandato da uno Stato membro l’assolvimento di un compito di interesse pubblico e che dispone a tal fine di poteri che eccedono quelli risultanti dalle norme applicabili nei rapporti fra singoli» [sentenza del 10 ottobre 2017, Farrell (C‑413/15, EU:C:2017:745, punto 35)].


18      La delega non implica automaticamente che le corrispondenti attività siano svolte nell’«esercizio dei pubblici poteri». La giurisprudenza della Corte su questo punto esclude che le funzioni ausiliarie e preparatorie siano considerate come partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, TFUE, dovendo limitarsi la portata di tale disposizione allo stretto necessario. Sotto un diverso profilo, la sentenza del 7 maggio 2020, Rina (C‑641/18, EU:C:2020:349, punto 39), indica che «il solo fatto che taluni poteri siano delegati con atto di esercizio di pubblici poteri non implica che tali poteri siano esercitati iure imperii».


19      La legislazione dell’Unione autorizza espressamente la presenza di organismi privati per assolvere compiti pubblici in taluni settori. V., ad esempio, articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE (GU 2014, L 127, pag. 51): «[i] controlli tecnici sono effettuati dallo Stato membro o da un organismo pubblico a cui tale compito è affidato dallo Stato oppure da organismi o soggetti designati da tale Stato e sottoposti alla sua supervisione, compresi soggetti privati autorizzati». Il corsivo è mio.


20      Secondo il governo austriaco (punto 17 della sua risposta), il professionista delegato agisce funzionalmente come organo dell’autorità pubblica delegante. Quest’ultima è responsabile dell’esecuzione dei compiti di interesse pubblico svolti dal professionista. La giurisprudenza costituzionale austriaca richiede che la delega sia soggetta a condizioni rigorose e che siano garantiti i poteri direttivi e di vigilanza o controllo da parte di un organo amministrativo (nella fattispecie, i Ministeri della Difesa e dell’Interno, che esercitano il potere di direzione e possono impartire istruzioni agli organismi di verifica).


21      Secondo le informazioni fornite dalla Commissione, nessun altro Stato membro adotta tale modello.


22      La Commissione sembra preoccupata, in particolare, riguardo al numero di organismi di verifica privati e riguardo alla effettiva possibilità di sottoporli al controllo dell’autorità pubblica.


23      In realtà, l’inserimento nell’elenco non incide, in senso stretto, sulla conformità del comportamento dello Stato membro al contenuto del regolamento di esecuzione 2015/2403. Il ragionamento che ho seguito ai paragrafi da 64 a 66 delle mie conclusioni nella causa Poltorak (C‑452/16 PPU, EU:C:2016:782) mi pare trasponibile, per analogia, alla presente controversia. In quell’occasione si trattava della comunicazione al Segretariato generale del Consiglio per indicare quali erano le autorità competenti, in base al diritto interno di uno Stato membro, ad emettere o ad eseguire i mandati europei di arresto e consegna.


24      Punto 26 delle osservazioni scritte della Commissione, confermate in udienza.


25      In udienza, tutti i partecipanti hanno concordato sul fatto che tale articolo istituisce un sistema di mutuo riconoscimento dei certificati, ispirato alla fiducia reciproca tra Stati membri.


26      Come ho già anticipato (nota 13), il giudice del rinvio sottolinea che la polizia di Helsinki ha riscontrato gravi carenze nella disattivazione delle armi.


27      Considerando 1 della direttiva 2008/51. Il corsivo è mio.


28      Sentenza del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio (C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 47).


29      Nelle conclusioni relative alla causa Fédération des entreprises de la beauté (C‑4/21, EU:C:2022:221), mi sono occupato dell’applicazione delle clausole di salvaguardia nel contesto del regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici (GU 2009, L 342, pag. 59), che mira ad armonizzare in modo esauriente le norme dell’Unione in tale settore. Anche se, a norma di detto regolamento, gli Stati membri non rifiutano, vietano o limitano la messa a disposizione sul mercato di prodotti cosmetici conformi ai suoi requisiti, essi possono applicare dette clausole di natura provvisoria, rispettando nel contempo l’unità del mercato interno di tali prodotti e lasciando l’ultima parola alla Commissione.


30      Il sesto considerando della direttiva 91/477 enunciava che era opportuno «vietare in linea di principio il passaggio con armi da uno Stato membro ad un altro».


31      Se lo Stato membro in cui si trovano le armi prima del rilascio autorizza il trasferimento, rilascia una licenza contenente tutte le indicazioni di cui all’articolo 11, paragrafo 2, primo comma. Tale licenza deve accompagnare le armi da fuoco fino a destinazione e deve essere esibita ad ogni richiesta delle autorità degli Stati membri.


32      A fortiori, le autorità riceventi possono accertare se le armi disattivate rispettino le «misure supplementari» che vanno oltre le specifiche tecniche di cui all’allegato I del regolamento 2015/2403, alle quali fa riferimento l’articolo 6. In udienza è emerso che né la Repubblica d’Austria né la Finlandia hanno istituito tale tipo di misure.


33      Ovviamente, esse potrebbero giungere alla stessa conclusione qualora i certificati di disattivazione fossero stati ottenuti o fatti valere in modo fraudolento. Le sentenze della Corte del 6 febbraio 2018, Altun e a. (C‑359/16, EU:C:2018:63), e del 2 aprile 2020, CRPNPAC e Vueling Airlines (C‑370/17 e C‑37/18, EU:C:2020:260), relative al rilascio dei certificati E 101 per l’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori che si spostano all’interno dell’Unione, lo riconoscono, a condizione che si sia svolto prima il procedimento che si conclude con l’azione di una Commissione amministrativa che concili le posizioni delle amministrazioni contrapposte. Dal momento che il regolamento di esecuzione 2015/2403 non ha previsto siffatti meccanismi di conciliazione nel caso dei certificati di disattivazione delle armi, la valutazione di eventuali frodi può essere effettuata dalle autorità dello Stato ricevente.


34      Allegato I, parte III, lettera a), della direttiva 91/477.