Language of document : ECLI:EU:T:2004:347

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
30 novembre 2004 (1)

«Marchio comunitario – Marchio denominativo NURSERYROOM – Impedimenti assoluti alla registrazione – Art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) n° 40/94»

Nel procedimento T-173/03,

Anne Geddes, residente a Auckland (Nuova Zelanda), rappresentata dal sig. G. Farrington, solicitor,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. E. Dijkema e A. Folliard-Monguiral, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto un ricorso contro la decisione 13 febbraio 2003 della quarta commissione di ricorso dell'UAMI (procedimento R 839/2001-4) concernente una domanda di registrazione del marchio denominativo comunitario NURSERYROOM,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, N.J. Forwood e S. Papasavvas, giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore,

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 maggio 2003,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale l'8 agosto 2003,

in seguito all'udienza del 22 settembre 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti all’origine della controversia

1
Il 21 settembre 2000 la ricorrente presentava una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli; in prosieguo: l’«UAMI») ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come successivamente modificato.

2
Il marchio di cui veniva chiesta la registrazione è il segno denominativo «NURSERYROOM».

3
I prodotti per i quali veniva chiesta la registrazione rientrano, in base all’accordo di Nizza del 15 giugno 1957 relativo alla classificazione dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, nelle classi seguenti:

classe 16: «libri, articoli di cartoleria, schede»;

classe 18: «borse per pannolini»;

classe 21: «piatti e tazze»;

classe 25: «cappelli, stivaletti, indumenti per neonati, scarpe, corredini da neonato»;

classe 28: «giocattoli di peluche, giocattoli mobili».

4
Con decisione 26 luglio 2001 l’esaminatore respingeva la domanda in applicazione dell’art. 38 del regolamento n. 40/94, sul fondamento dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del medesimo regolamento, in quanto il marchio chiesto descrive la destinazione dei prodotti considerati.

5
Il 19 settembre 2001 la ricorrente presentava un ricorso presso l’UAMI contro la decisione dell’esaminatore.

6
Con decisione 13 febbraio 2003 (procedimento R 839/2001-4; in prosieguo: la «decisione impugnata») la quarta commissione di ricorso respingeva il ricorso in quanto il marchio chiesto descrive la destinazione dei prodotti considerati e il pubblico target, contrariamente al dettato dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.


Conclusioni delle parti

7
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

disporre il rinvio della causa all’esaminatore.

8
L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

Argomenti delle parti

9
Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso ha violato l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 nel ritenere che il marchio chiesto designi la destinazione dei prodotti considerati o, altrimenti, una loro caratteristica, vale a dire l’essere destinati all’utilizzo in una cameretta per bambini o in un asilo nido (nursery room).

10
Una semplice analisi dei termini «nursery» e «room» che compongono il marchio chiesto dimostra che quest’ultimo, complessivamente considerato, non contiene nessun riferimento diretto ai prodotti in questione, non indica la destinazione degli stessi e neppure che essi saranno necessariamente utilizzati in una cameretta per bambini o in un asilo nido («nursery room»). Il termine «nurseryroom» non ha un significato univoco. Esso suggerisce, al più, che i detti prodotti sono adatti ai bambini. Si tratta chiaramente di un termine evocativo e non di un termine descrittivo. Il marchio chiesto ha un carattere distintivo proprio rispetto alla natura dei prodotti cui si riferisce.

11
La ricorrente ritiene che la commissione di ricorso non abbia tenuto nel giusto conto i suoi interrogativi.

12
L’UAMI allega che, con la censura esposta al punto precedente, la ricorrente si limita a mettere in discussione la valutazione dei motivi di ricorso operata dalla commissione dinanzi alla quale essi sono stati dedotti. Qualora il Tribunale individui nella censura un motivo fondato sulla violazione dell’art. 73 del regolamento n. 40/94, l’UAMI considera la decisione impugnata adeguatamente motivata.

13
A suo parere, la ricorrente cade in errore là dove identifica due ragioni distinte nella decisione impugnata a fondamento dell’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.

14
I lemmi che compongono il segno NURSERYROOM permetterebbero al pubblico target di percepire immediatamente e direttamente la destinazione dei prodotti pertinenti. La combinazione di tali lemmi è utilizzata sovente per designare, fuori da ogni dubbio, una stanza per gli infanti. È innegabile che alcuni dei prodotti di cui trattasi sono destinati segnatamente ai neonati o ai bambini e che, quanto agli altri, la ricorrente non ha escluso tale destinazione. Secondo l’UAMI, il termine «nurseryroom» non presenta un carattere arbitrario o di fantasia. Esso è costruito in base alle normali regole grammaticali e la mera congiunzione dei lemmi è insufficiente a renderlo non descrittivo. L’UAMI ritiene che la designazione implicita degli utenti finali dei prodotti in causa, vale a dire dei neonati e dei bambini, costituisca una caratteristica fondamentale di tali prodotti. Ciò spiega perché essi, benché di natura differente, sarebbero venduti nello stesso posto. Il termine «nurseryroom» acquista, allora, una rilevanza cruciale al momento dell’acquisto. All’udienza l’UAMI ha considerato il rifiuto della registrazione del marchio chiesto a fortiori giustificato dal fatto che la Corte, nella sentenza 12 febbraio 2004, causa C-363/99, Koninklijke KPN Nederland (Racc. pag. I-1619, punto 102), ha dichiarato indifferente che la caratteristica descritta dal marchio sia essenziale sul piano commerciale.

15
L’UAMI ritiene irricevibile il secondo capo di conclusioni della ricorrente, giacché il Tribunale non può rivolgergli ingiunzioni.

Giudizio del Tribunale

16
Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione «i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio».

17
Il carattere descrittivo di un marchio dev’essere valutato, da un lato, rispetto ai prodotti o ai servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, rispetto alla percezione del pubblico target.

18
Nella fattispecie, la commissione di ricorso non ha definito espressamente il pubblico target nella decisione impugnata. Siccome, però, il marchio chiesto è costituito da lemmi della lingua inglese, esaminati dalla commissione di ricorso in lingua inglese, e la ricorrente non ha fatto valere null’altro al riguardo, occorre constatare che, implicitamente ma sicuramente, per la commissione di ricorso il pubblico pertinente è costituito dal consumatore medio anglofono.

19
Secondo la sentenza della Corte 23 ottobre 2003, causa C-191/01 P, UAMI/Wrigley (Racc. pag. I-12447, punto 32), un segno denominativo dev’essere escluso dalla registrazione, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi.

20
Occorre perciò stabilire se il pubblico target percepisce un rapporto diretto e concreto tra il segno denominativo in questione e i prodotti considerati [v., da ultimo, sentenza del Tribunale 20 luglio 2004, causa T-311/02, Lissotschenko e Hentze/UAMI (LIMO), Racc. pag. II-2957, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

21
È pacifico che i termini «nursery room» designano un luogo destinato a neonati o a bambini. Occorre constatare, inoltre, che il segno controverso, affiancando queste due parole in un ordine corretto per la grammatica inglese, non crea un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice giustapposizione dei due elementi perché ne modifichi il senso o la portata (v., per analogia, sentenza Koninklijke KPN Nederland, punto 14 supra, punti 98 e 99).

22
Tra i prodotti considerati alcuni riguardano esclusivamente neonati o bambini, come le borse per pannolini, gli stivaletti, gli indumenti e i corredini per neonato, nonché i giocattoli di peluche. Gli altri, invece, vale a dire libri, articoli di cartoleria e schede, piatti e tazze, cappelli, scarpe e giocattoli mobili, comprendono i prodotti che, per forma dimensioni o aspetto, sono specificamente destinati a neonati o a bambini.

23
Certo, nel suo primo significato il segno controverso designa un luogo deputato a ricevere tale categoria di persone. Questo significato va tuttavia analizzato in relazione ai prodotti considerati dalla domanda di marchio (v. supra, punto 17). In questa prospettiva il segno denominativo controverso designa perfettamente prodotti suscettibili di utilizzazione in una nursery e, pertanto, per neonati o per bambini. Poiché tutti i prodotti in causa ben possono essere destinati, esclusivamente o potenzialmente, a tali utenti, il pubblico di riferimento stabilirà senza sforzi un nesso diretto e concreto tra il segno e i prodotti. Il fatto, invocato dalla ricorrente, che i prodotti in parola siano chiaramente utilizzabili al di fuori di una nursery non rimette in discussione questa conclusione, dal momento che per il consumatore medio la comprensione della destinazione dei detti prodotti resta la stessa.

24
Occorre constatare anche che gli argomenti della ricorrente, secondo i quali la commissione di ricorso «non [ha] tenuto nel giusto conto i suoi interrogativi» e sussistono due ragioni distinte nella decisione impugnata, non sono specificamente fondati né in diritto né in fatto. Essi non possono, perciò, essere considerati censure autonome e non valgono, quindi, a modificare la conclusione suddetta.

25
Ne discende che a buon diritto la commissione di ricorso ha considerato il segno controverso designare la destinazione dei prodotti e, per estensione, la categoria degli utenti finali, vale a dire i neonati e i bambini (punto 10 della decisione impugnata).

26
Di conseguenza, il motivo unico della ricorrente, vertente sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, dev’essere respinto.

27
Anche le conclusioni della ricorrente dirette a far disporre il rinvio della causa all’esaminatore devono essere, quindi respinte.

28
Il ricorso va dunque interamente respinto.


Sulle spese

29
Ai termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

La ricorrente è condannata alle spese.

Pirrung

Forwood

Papasavvas

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 novembre 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Pirrung


1
Lingua processuale: l'inglese.