Language of document : ECLI:EU:T:2004:358

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
13 dicembre 2004 (1)

«Marchio comunitario – Marchio figurativo EMILIO PUCCI – Opposizione del titolare dei marchi figurativi nazionali EMIDIO TUCCI – Parziale rifiuto opposto alla registrazione»

Nella causa T-8/03,

El Corte Inglés, SA, con sede in Madrid (Spagna), rappresentata dall'avv. J. Rivas Zurdo,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. P. Bullock e O. Montalto, in qualità di agenti,

convenuto,

procedimento in cui l'altra parte dinanzi alla commissione di ricorso dell'UAMI, interveniente dinanzi al Tribunale, è

Emilio Pucci Srl, con sede in Firenze (Italia), rappresentata dagli avv.ti P.L. Roncaglia, G. Lazzeretti e M. Boletto,

avente ad oggetto un ricorso avverso la decisione 3 ottobre 2002 della quarta commissione di ricorso dell'UAMI (procedimenti riuniti R 700/2000-4 e R 746/2000-4), riguardante l'opposizione del titolare dei marchi figurativi nazionali EMIDIO TUCCI alla registrazione del marchio figurativo EMILIO PUCCI come marchio comunitario,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, A.W.H. Meij e N.J. Forwood, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 9 giugno 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Antefatti della controversia

1
Il 1° aprile 1996 l’interveniente ha presentato, in base al regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, riguardante il marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«UAMI»).

2
Il marchio per il quale è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo EMILIO PUCCI, come qui riprodotto:

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3
I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione riguardano le classi 3, 18, 24 e 25 ai sensi dell’accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di queste classi, alla descrizione seguente:

classe 3: «Preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; saponi; profumeria, olii essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; dentifrici»;

classe 18: «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli d’animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria»;

classe 24: «Tessuti e prodotti tessili non compresi in altre classi; coperte da letto e copritavoli»;

classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria».

4
Il 6 aprile 1998 la domanda è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 25/1998.

5
Il 3 luglio 1998 la ricorrente ha presentato opposizione, ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, alla registrazione del marchio richiesto, per tutti i prodotti designati dalla domanda di marchio.

6
Da un lato, la ricorrente ha dedotto, a sostegno della sua opposizione, il rischio di confusione, menzionato dall’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, con diversi marchi nazionali di cui essa era titolare e, particolarmente, con due marchi costituiti dal segno figurativo EMIDIO TUCCI, come qui riprodotto:

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Tali due marchi avevano formato oggetto delle seguenti registrazioni in Spagna:

registrazione n° 1908876, del 5 dicembre 1994, per prodotti della classe 3 («Preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; saponi; profumeria, olii essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; dentifrici»);

registrazione n° 855782, del 30 maggio 1984, per prodotti della classe 25 («Vestiti, inclusi stivali, scarpe e pantofole»).

7
Dall’altro, essa ha sostenuto che i detti marchi godevano di notorietà in Spagna e che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto avrebbe tratto indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà di tali marchi o avrebbe recato pregiudizio agli stessi, ai sensi dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94.

8
La divisione di opposizione dell’UAMI, con decisione del 20 aprile 2000, basandosi sui soli due marchi spagnoli menzionati al punto 6 supra:

ha accolto parzialmente l’opposizione, rifiutando la registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti rientranti nelle classi 3 e 25, così come per una parte dei prodotti della classe 18 («Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie»);

ha respinto l’opposizione, ammettendo la registrazione del marchio richiesto per i prodotti «Ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria», rientranti nella classe 18, così come per tutti i prodotti rientranti nella classe 24.

9
Tanto l’interveniente, per quel che concerne il rifiuto parziale di registrazione del marchio richiesto, quanto la ricorrente, per quel che concerne il rigetto parziale dell’opposizione, hanno proposto ricorso dinanzi all’UAMI contro la decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli artt. 57-62 del regolamento n. 40/94.

10
Statuendo sui due ricorsi, riuniti in virtù dell’art. 7, n. 1, del regolamento (CE) della Commissione 5 febbraio 1996, n. 216, che stabilisce il regolamento di procedura delle commissioni di ricorso dell’UAMI (GU L 28, pag. 11), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI, con decisione del 3 ottobre 2002 (procedimenti riuniti R 700/2000-4 e R 746/2000-4, in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata alla ricorrente il 7 novembre 2002:

ha annullato la decisione della divisione di opposizione nella parte in cui aveva accolto l’opposizione e aveva, quindi, respinto la domanda di marchio concernente i prodotti «Cuoio e sue imitazioni; articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie», rientranti nella classe 18;

ha respinto i ricorsi e confermato la decisione della divisione di opposizione per quanto riguarda i prodotti rientranti nelle classi 3, 24 e 25, nonché per i prodotti «Ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria», rientranti nella classe 18.


Conclusioni delle parti

11
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata nella parte in cui ammette parzialmente il ricorso dell’interveniente, respinge il ricorso della ricorrente e accoglie la domanda di marchio comunitario per i prodotti rientranti nelle classi 18 e 24;

rifiutare la registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti indicati nella suddetta domanda e rientranti nelle classi 18 e 24;

condannare l’UAMI e l’interveniente alle spese.

12
L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

13
A sostegno delle sue conclusioni, la ricorrente fa valere, in sostanza, un motivo principale, attinente alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, e un motivo subordinato, attinente alla violazione dell’art. 8, n. 5, dello stesso regolamento.

Sul motivo principale, attinente alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

14
La ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto dichiarato dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, nel caso di specie esiste un rischio di confusione, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

15
In primo luogo, la ricorrente sostiene che esiste una stretta somiglianza, prossima all’identità, tra i segni in conflitto.

16
In secondo luogo, esisterebbe una relazione manifesta e strettissima tra i prodotti designati dai marchi anteriori compresi nelle classi 3 e, soprattutto, 25 e i prodotti designati dalla domanda di marchio compresi nelle classi 18 e 24. La ricorrente sottolinea che tutte queste classi appartengono ai settori della moda e del tessile, che si tratti degli abiti stessi, dei tessuti per la loro confezione, degli accessori o dei prodotti cosmetici. Esse sarebbero indissolubilmente legate alla bellezza, alla cura del corpo, all’apparenza fisica e all’immagine personale. I prodotti di cui trattasi sarebbero posti in vendita attraverso i medesimi canali commerciali, cosicché i consumatori li assocerebbero, attribuendo loro una comune origine commerciale. Nella sua decisione del 20 aprile 2000, la divisione di opposizione ha d’altronde riconosciuto che una relazione tra le classi 18 e 25 poteva essere stabilita in presenza di talune circostanze, tra cui l’«elevato grado di distintività» del marchio EMIDIO TUCCI.

17
In terzo luogo, la ricorrente ricorda che, per applicare l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, occorre, in ogni caso, effettuare una valutazione globale del rischio di confusione (sentenza della Corte 11 novembre 1997, causa C-251/95, SABEL, Racc. pag. I-6191, punto 22), prendendo in considerazione contemporaneamente l’elevato carattere distintivo dei marchi anteriori e il principio di interdipendenza.

18
Per quanto concerne il primo di questi aspetti, la ricorrente ricorda che, essendo il rischio di confusione tanto più elevato quanto più elevato è il carattere distintivo del marchio anteriore, i marchi che hanno un carattere distintivo elevato, sia intrinsecamente, sia in ragione del fatto che sono conosciuti sul mercato, godono di una protezione più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819, punto 20).

19
Per quanto concerne il secondo di questi aspetti, la ricorrente ricorda che la valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione, e particolarmente la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o servizi cui essi si riferiscono. Così, un minor grado di somiglianza tra i prodotti o servizi può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi, e viceversa (sentenze della Corte 29 settembre 1998, causa C-39/97, Canon, Racc. pag. I-5507, punto 17, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 19).

20
Nella fattispecie, la ricorrente mette in risalto che, tenuto conto, da una parte, dell’elevato carattere distintivo dei marchi anteriori e, dall’altra, della quasi-identità dei segni in conflitto, che permette di tener conto di un grado di somiglianza più debole tra i prodotti, l’applicazione di questi principi deve condurre al rifiuto di registrazione del marchio richiesto per i prodotti delle classi 18 e 24.

21
Né l’UAMI né l’interveniente negano che esista una stretta somiglianza tra i marchi in conflitto.

22
Quanto alla somiglianza tra i prodotti di cui trattasi, l’UAMI traccia una distinzione, nell’ambito dei prodotti designati dalla domanda di marchio, tra, da un lato, i prodotti della classe 18 «Cuoio e sue imitazioni; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria», nonché i prodotti della classe 24 (in prosieguo: i «prodotti del primo gruppo»), e, dall’altro, i prodotti della classe 18 «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi» (in prosieguo: i «prodotti del secondo gruppo»).

23
Per quanto riguarda i prodotti del primo gruppo, l’UAMI condivide l’orientamento della commissione di ricorso secondo cui questi prodotti non presentano normalmente una somiglianza con i prodotti delle classi 3 e 25 designati dai marchi anteriori della ricorrente.

24
Per quanto riguarda i prodotti del secondo gruppo, l’UAMI rileva che, nel valutare la somiglianza tra questi prodotti e i prodotti della classe 25 designati da uno dei marchi anferiori della ricorrente, la commissione di ricorso sembra aver tenuto conto unicamente della loro natura e finalità differenti, senza pronunciarsi sull’esistenza eventuale di un rapporto di complementarità tra di essi.

25
Ora, tali prodotti del secondo gruppo comprenderebbero accessori in cuoio e sue imitazioni, come borse e borsette di differenti tipi, borsellini, portafogli ecc., che, secondo l’UAMI, sono normalmente percepiti dal pubblico come complementari agli articoli d’abbigliamento e alle calzature della classe 25. È noto che il pubblico femminile, in particolare, presta grande attenzione alla scelta di una borsa o di una borsetta e all’abbinamento con un certo tipo di abbigliamento e/o di calzature.

26
A questo proposito, l’UAMI invoca la prassi decisionale della divisione di opposizione, e più particolarmente due decisioni nelle quali è stato riconosciuto che le «borsette», da un lato e, gli «articoli in cuoio e sue imitazioni e le borse», dall’altro, sono complementari agli articoli di «abbigliamento e calzature», dato che questi prodotti della classe 18 sono fondamentalmente percepiti dai consumatori come accessori degli articoli di abbigliamento e delle calzature di cui alla classe 25. Questa prassi decisionale sarebbe stata ripresa nelle direttive relative al procedimento d’opposizione, adottate dal presidente dell’UAMI il 10 maggio 2004.

27
Avuto riguardo a ciò che precede, l’UAMI dichiara di rimettersi al giudizio del Tribunale riguardo all’esistenza di un rapporto di complementarità tra i due prodotti in causa.

28
Secondo l’interveniente, invece, conviene applicare nella fattispecie la regola generale, richiamata dalla commissione di ricorso, secondo la quale i prodotti delle classi 18 e 24, da una parte, e quelli delle classi 3 e 25, dall’altra, devono normalmente essere considerati dissimili in ragione delle differenze quanto alla loro natura, alla loro destinazione, alle loro modalità d’utilizzazione e al loro modo di distribuzione e di commercializzazione.

29
Un’eccezione a questa regola potrebbe essere ammessa solo in taluni casi particolari, per esempio quando un’impresa tessile abbia raggiunto una certa fama per i suoi tessuti e decida di sfruttare tale successo estendendo la sua attività alla confezione di articoli di abbigliamento. In un caso di questo genere, il consumatore assocerebbe tali prodotti al loro produttore unico.

30
Un tale legame particolare mancherebbe nella fattispecie, in quanto la ricorrente non avrebbe mai utilizzato il marchio EMIDIO TUCCI al di fuori del settore specifico dell’abbigliamento maschile.

31
Quanto alla valutazione complessiva del rischio di confusione, per quanto riguarda, da un lato, l’esame del preteso carattere distintivo elevato dei marchi anteriori della ricorrente, l’UAMI e l’interveniente considerano che la commissione di ricorso ha, a giusto titolo, giudicato insufficienti le prove fornite dalla ricorrente.

32
Per quanto riguarda, dall’altro, l’esame del principio di interdipendenza, l’UAMI considera, senza pregiudizio della riserva formulata ai precedenti punti 24-27 rispetto ai prodotti del secondo gruppo, che a giusto titolo la commissione di ricorso ha rilevato l’assenza obiettiva di un nesso, anche debole, tra i prodotti delle classi 18 e 24 designati dalla domanda di marchio e i prodotti della classe 3 e, soprattutto, della classe 25 designati dai marchi anteriori.

Giudizio del Tribunale

33
Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o della somiglianza dei prodotti o servizi designati dai due marchi, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato.

34
Ai fini di tale disposizione, l’art. 8, n. 2, lett. a), ii), del regolamento n. 40/94 precisa che si intende per marchi anteriori, nel caso dei marchi registrati in uno Stato membro, quelli la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

35
Nella fattispecie, la ricorrente ha basato la sua opposizione su quattro marchi nazionali, cioè i due marchi spagnoli menzionati al punto 6 supra, e altri due marchi, registrati rispettivamente in Spagna il 5 dicembre 1996 con il n. 2027132, per prodotti della classe 18, e il 20 novembre 1997, con il n. 2092894, per prodotti della classe 24. Durante l’udienza, la ricorrente ha chiesto che, ai fini del ricorso in esame, si tenesse conto anche di questi ultimi due marchi. Al riguardo, basti constatare, come fatto dalla divisione di opposizione, che i detti marchi sono stati depositati rispettivamente il 6 maggio 1996 e il 19 maggio 1997, mentre la domanda di marchio comunitario è stata presentata il 1° aprile 1996. Di conseguenza, solo i due marchi identificati al punto 6 supra, possono essere definiti anteriori ai sensi della disposizione citata al punto precedente e, quindi, possono essere presi in considerazione ai fini dell’applicazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Tali due marchi anteriori sono stati registrati in Spagna, che costituisce quindi il territorio rilevante ai fini dell’applicazione di tale stessa disposizione. Considerata la natura dei prodotti designati da tali marchi, il pubblico di riferimento è composto dai consumatori finali.

36
Secondo una giurisprudenza consolidata, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra di loro.

37
Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti di cui trattasi, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T-162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 31-33 e giurisprudenza ivi citata].

38
Nel caso di specie, né l’UAMI né l’interveniente hanno contestato la valutazione della commissione di ricorso secondo cui i segni in conflitto sono simili ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

39
Occorre quindi esaminare se il grado di somiglianza tra i prodotti di cui trattasi, cioè, da un lato, i prodotti designati dai marchi anteriori compresi nelle classi 3 e 25 e, dall’altro, i prodotti designati nella domanda di marchio compresi nelle classi 18 e 24, sia sufficientemente elevato perché si possa considerare che tra i marchi esiste un rischio di confusione.

40
In tale contesto si deve anzitutto rilevare che, come rammentato dalla regola 2, n. 4, del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), la classificazione dei prodotti e servizi effettuata dall’accordo di Nizza serve esclusivamente a fini amministrativi. Taluni prodotti non possono quindi essere considerati dissimili per il solo fatto che appartengono, come nel caso di specie, a classi diverse di tale classificazione.

41
Occorre poi rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, per valutare la somiglianza tra i prodotti in questione, si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra tali prodotti. Questi fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità [sentenza Canon, punto 19 supra, punto 23, e sentenza del Tribunale 4 novembre 2003, causa T-85/02, Díaz/UAMI – Granjas Castelló (CASTILLO), Racc. pag. II-4835, punto 32].

42
Quindi, nel caso di specie, la circostanza fatta valere dalla ricorrente, secondo cui tutti i prodotti di cui trattasi sono connessi alla bellezza, alla cura del corpo, all’apparenza fisica o all’immagine personale, anche supponendola provata, non basta perché possano essere considerati simili se differiscono sensibilmente per altri versi alla luce di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano i rapporti fra di essi.

43
Al riguardo, l’UAMI ha giustamente rilevato che i prodotti della classe 18 hanno natura e finalità diverse da quelle dei prodotti delle classi 3 e 25 designati dai marchi anteriori della ricorrente. La ricorrente non contesta seriamente tali differenze per quanto riguarda i prodotti della classe 3. Quanto ai prodotti della classe 25, essi servono a coprire e vestire parti del corpo umano, mentre i prodotti della classe 18 servono a trasportare oggetti, a decorare luoghi o a fornire la materia prima per i fabbricanti di articoli in cuoio e sue imitazioni. Essi sono di regola prodotti da fabbricanti diversi e seguono diversi canali di distribuzione. Il fatto che prodotti come le valigie e gli ombrelli, da un lato, e gli abiti e le calzature, dall’altro, possano essere venduti negli stessi centri commerciali, come grandi magazzini o supermercati, non è particolarmente significativo al riguardo, dato che in tali punti di vendita è possibile trovare prodotti di natura molto diversa, senza che i consumatori attribuiscano loro automaticamente la stessa origine. Tra tali prodotti non esiste neanche un rapporto concorrenziale.

44
Allo stesso modo, i tessuti ed i prodotti tessili della classe 24, da un lato, e gli abiti e le calzature della classe 25, dall’altro, differiscono sotto molteplici profili, come la loro natura, la loro destinazione, la loro origine ed i loro canali di distribuzione. Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente rilevato, al punto 31 della decisione impugnata, che solo in casi particolari, cioè qualora un fabbricante di tessuti sfrutti la fama del suo marchio e decida di estendere la sua attività alla produzione di abiti, lo stesso marchio è utilizzato per designare prodotti finiti (abiti) e prodotti semifiniti (tessuti per abiti). Dal fascicolo prodotto dalla ricorrente non risulta che ciò si verifichi nel caso di specie.

45
È quindi giocoforza concludere che, lungi dall’avere una «relazione manifesta e strettissima», i prodotti delle classi 18 e 24 non presentano di regola una somiglianza sufficiente con i prodotti delle classi 3 e 25 per comportare un rischio di confusione, quanto alla loro origine commerciale, nella percezione del pubblico di riferimento, anche in caso di somiglianza dei segni.

46
Occorre tuttavia esaminare più nel dettaglio la tesi dell’UAMI secondo cui, tra i prodotti della classe 18, quelli del secondo gruppo, come le borse, le borsette, i portafogli, i borsellini ed altri accessori di questo genere, presenterebbero uno stretto rapporto di complementarità con gli abiti e le calzature della classe 25, di modo che tali prodotti potrebbero eventualmente essere considerati simili ai sensi della sentenza Canon, punto 19 supra.

47
Secondo la definizione datane dall’UAMI al punto 2.6.1 delle direttive relative al procedimento d’opposizione, citate supra, al punto 26, i prodotti complementari sono quelli tra i quali esiste un nesso stretto, nel senso che l’uno è indispensabile o importante per l’uso dell’altro, di modo che i consumatori possono pensare che la responsabilità della fabbricazione dei due prodotti grava sulla stessa impresa.

48
Tuttavia, nel caso di specie, l’UAMI non ha affatto dimostrato, né fatto valere, l’esistenza di un simile rapporto di complementarità tra i prodotti del secondo gruppo e quelli della classe 25. L’UAMI sembra piuttosto prospettare una complementarità estetica, e quindi soggettiva, definita dalle abitudini o preferenze dei consumatori, quali potrebbero essere indotte dagli sforzi di marketing dei produttori, ovvero semplicemente da fenomeni di moda. Si deve poi rilevare che, nella tesi dell’UAMI, tale complementarità non sembra aver raggiunto lo stadio di un vero «bisogno» estetico nel senso che i consumatori giudicherebbero non abituale o scioccante portare una borsa non intonata ai loro abiti o alle loro calzature.

49
Ora, nel caso di specie, non solo gli elementi concreti che possono consentire di valutare la fondatezza della tesi dell’UAMI non hanno formato oggetto di alcun dibattito in contraddittorio dinanzi alla commissione di ricorso, ma non sono stati neanche prodotti dall’UAMI nell’ambito del presente procedimento.

50
Tutt’al più, l’UAMI sostiene «probabile» che i consumatori, e soprattutto le consumatrici, considerino i prodotti del secondo gruppo, e più in particolare le borsette, «accessori» dei soprabiti e persino delle calzature. Secondo l’UAMI, infatti, è «normale» che una parte rilevante del pubblico consideri tali prodotti alla stregua di «accessori complementari», in quanto sono strettamente coordinati con i soprabiti e le calzature e possono perfettamente essere distribuiti dagli stessi fabbricanti, ovvero da fabbricanti collegati.

51
È giocoforza anzitutto constatare che tali chiarimenti sono formulati, in una certa misura, in via speculativa o ipotetica, quando non riposano su meri postulati.

52
Peraltro, tanto le direttive relative al procedimento di opposizione quanto le due decisioni della divisione di opposizione fatte valere dall’UAMI ammettono come non sia corrente che le borsette, da un lato, e gli abiti e le calzature dall’altro, vengano distribuiti dagli stessi fabbricanti o da fabbricanti collegati.

53
Di conseguenza, il Tribunale non ritiene opportuno rimettere in discussione, alla luce delle semplici affermazioni non circostanziate dell’UAMI, la valutazione della somiglianza tra i prodotti svolta dalla commissione di ricorso.

54
La ricorrente ha inoltre fatto valere che il carattere distintivo superiore al normale del suo marchio anteriore costituisce uno degli elementi di cui si dovrebbe tener conto nella valutazione globale del rischio di confusione (v. punti 17, 18 e 20 supra).

55
Come giustamente rilevato dalla divisione di opposizione (v. punto III.B.4 della sua decisione 20 aprile 2000), il carattere distintivo superiore al normale del marchio anteriore, tanto a causa delle sue qualità intrinseche, quanto in ragione del fatto di essere conosciuto sul mercato, rappresenta infatti una delle circostanze speciali in cui la complementarità estetica che può esistere tra i prodotti del secondo gruppo e quelli della classe 25, derivante dal loro eventuale carattere di accessori di questi ultimi, può essere considerata determinante ai fini della valutazione del rischio di confusione.

56
Tuttavia, da un lato, la ricorrente non ha dedotto alcun elemento o argomento tale da suffragare l’affermazione secondo cui i suoi marchi anteriori sarebbero intrinsecamente distintivi. Di conseguenza, tale affermazione non può che essere respinta.

57
Dall’altro, se è vero che il carattere distintivo elevato di tali marchi, in ragione del fatto di essere conosciuti sul mercato, è stato accertato dalla divisione di opposizione, la commissione di ricorso l’ha giustamente escluso alla luce degli elementi di prova prodotti dalla ricorrente, come si esporrà ai punti 67 e seguenti infra.

58
La ricorrente non può quindi far valere il carattere distintivo elevato dei suoi marchi anteriori.

59
Dalle considerazioni che precedono risulta che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore di diritto constatando che nel caso di specie poteva essere escluso un rischio di confusione, data l’assenza di somiglianza tra i prodotti di cui trattasi. Occorre quindi respingere il motivo principale, attinente alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

Sul motivo subordinato, attinente alla violazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

60
Anche ammettendo che non esista alcun legame tra i prodotti delle classi 3 e, soprattutto, 25 designati dai marchi anteriori e i prodotti delle classi 18 e 24 designati dalla domanda di marchio, la ricorrente sostiene che l’UAMI avrebbe dovuto rifiutare la registrazione del marchio richiesto facendo applicazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94.

61
Nella fattispecie, infatti, sarebbe incontestabile che i marchi nazionali anteriori EMIDIO TUCCI godano di notorietà nello Stato membro interessato, giacché sono noti ad una parte significativa del pubblico interessato, e di un elevato carattere distintivo, in particolare nel settore dell’abbigliamento maschile, così come ha d’altronde riconosciuto la divisione di opposizione dell’UAMI nella sua decisione del 20 aprile 2000.

62
La ricorrente invoca, in questo senso, le prove prodotte nel corso del procedimento dinanzi all’UAMI.

63
Inoltre, la ricorrente dichiara di presentare nuovi elementi di prova sotto forma di documenti e testimonianze, in particolare una richiesta di informazioni indirizzata all’Ufficio spagnolo dei brevetti e dei marchi, relativa all’esistenza dei marchi da essa registrati nelle diverse classi della classificazione internazionale, nonché nuove fotografie, opuscoli, dichiarazioni scritte, annunci, riviste e nuove pubblicità.

64
Secondo la ricorrente, la registrazione del marchio richiesto, per i prodotti delle classi 18 e 24, implicherebbe un uso abusivo del carattere distintivo speciale riconosciuto ai suoi marchi anteriori.

65
L’UAMI e l’interveniente ritengono che la commissione di ricorso abbia, a giusto titolo, considerato insufficienti le prove prodotte dalla ricorrente a sostegno della sua opposizione per provare tanto il carattere di elevata distintività dei marchi EMIDIO TUCCI ai fini dell’apprezzamento del rischio di confusione quanto la fama di questi marchi ai sensi dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94.

66
Riguardo ai nuovi elementi di prova invocati dalla ricorrente a sostegno del suo ricorso, l’UAMI considera che non possono essere prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale.

Giudizio del Tribunale

67
Dalla giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione dell’art. 5, n. 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui contenuto normativo è, in sostanza, identico a quello dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, risulta che, per soddisfare il requisito relativo alla notorietà, un marchio anteriore nazionale deve essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi da esso contraddistinti. Nell’esaminare tale requisito il giudice nazionale deve prendere in considerazione tutti gli elementi rilevanti della causa, cioè, in particolare, la quota di mercato coperta dal marchio, l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo (sentenza della Corte 14 settembre 1999, causa C-375/97, General Motors, Racc. pag. I‑5421, punti 26 e 27).

68
Nel caso di specie, la divisione di opposizione ha stabilito una distinzione tra la notorietà di un marchio e il suo carattere distintivo superiore al normale, in ragione del fatto ch’esso è conosciuto sul mercato. Senza che occorra decidere se tale distinzione debba essere accolta, si deve rilevare che l’acquisto di un carattere distintivo superiore al normale, in ragione della conoscenza di un marchio sul mercato, presuppone necessariamente che tale marchio sia conosciuto almeno da una parte significativa del pubblico interessato.

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Poiché un marchio può beneficiare di notorietà solo se esso è quantomeno conosciuto sul mercato, le considerazioni che seguono sono valide tanto per quanto riguarda la valutazione dell’asserita notorietà dei marchi anteriori della ricorrente, ai sensi dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, quanto relativamente alla presa in considerazione dell’asserito carattere distintivo superiore al normale di tali marchi in ragione del fatto che essi sono conosciuti sul mercato, nell’ambito della valutazione del rischio di confusione di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), di tale regolamento (v. punti 54 e seguenti supra).

70
Nel caso di specie, risulta dal fascicolo che, dinanzi alla divisione di opposizione e poi dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente ha prodotto le prove seguenti per dimostrare tanto la notorietà di tali marchi nazionali anteriori quanto il «carattere distintivo superiore al normale» acquistato da questi ultimi in ragione del fatto ch’essi sono conosciuti sul mercato:

tredici fotocopie di pubblicità per articoli di abbigliamento del marchio EMIDIO TUCCI, pubblicate nel 1998 in diversi giornali e riviste spagnoli (Tribuna, Tiempo, Epoca, El País e El Mundo);

sette lettere di diversi editori (Grupo Zeta, El País, Diario ABC, RTVE, El Mundo, Tribuna e PCM), redatte nel 1999 ed attestanti che gli abiti del marchio EMIDIO TUCCI sono stati da loro pubblicizzati «durante gli ultimi cinque anni», ovvero, nel migliore dei casi, tra il 1994 e il 1998;

una videocassetta contenente diversi messaggi pubblicitari ed un’attestazione secondo cui tali messaggi sono stati diffusi in televisione (Tele Cinco) «tra il 1994 e il 1995».

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Esaminando tali elementi di prova, la commissione di ricorso ha constatato che:

le fotocopie di pubblicità comparse nella stampa spagnola nel 1998 sono successive alla domanda di registrazione del marchio comunitario di cui trattasi (depositata il 1° aprile 1996) e non rilevano quindi ai fini della valutazione dell’eventuale acquisto, da parte del marchio nazionale anteriore, di un elevato carattere distintivo in ragione del fatto ch’esso è conosciuto sul mercato;

la maggior parte delle attestazioni rilasciate dai direttori di diversi media è redatta in termini che non consentono di sapere se ed in quale misura i marchi anteriori abbiano formato oggetto di pubblicità prima della data decisiva del 1° aprile 1996; solo due di esse, cioè quelle dei responsabili delle riviste Epoca e Tribuna, indicano date pertinenti, comprese tra il 1994 e il 1995, in cui uno di tali marchi ha formato oggetto di pubblicità;

la stessa obiezione vale nei confronti della videocassetta;

la ricorrente non ha fornito alcuna informazione in merito ai fatturati realizzati sulla vendita dei prodotti recanti i suoi marchi, o agli investimenti realizzati per la loro promozione durante il periodo pertinente.

72
Alla luce del fascicolo, tali constatazioni devono essere condivise.

73
A giusto titolo quindi l’UAMI e l’interveniente, alla stregua della commissione di ricorso, considerano che il carattere distintivo asseritamene elevato dei marchi anteriori della ricorrente, in ragione del fatto ch’essi sono conosciuti sul mercato, e, quindi, l’asserita notorietà di tali marchi non sono sufficientemente dimostrati dalle prove fornite dalla ricorrente durante il procedimento amministrativo, dato che queste ultime non contengono elementi oggettivi sufficientemente circostanziati o verificabili per consentire di valutare la quota di mercato detenuta in Spagna dai marchi EMIDIO TUCCI, l’intensità, l’estensione geografica e la durata del loro uso o l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverli (v., analogamente, sentenza della Corte 4 maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C‑109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I‑2779, punto 51).

74
Quanto ai nuovi elementi di prova prodotti per la prima volta dalla ricorrente nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale (v. punto 63 supra), essi devono essere dichiarati irricevibili, conformemente ad una giurisprudenza consolidata [sentenze del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T-247/01, eCopy/UAMI (ECOPY), Racc. pag. II‑5301, punto 49; 6 marzo 2003, causa T‑128/01, DaimlerChrysler/UAMI (Calandre), Racc. pag. II‑701, punto 18, e 3 luglio 2003, causa T-129/01, Alejandro/UAMI – Anheuser-Busch (BUDMEN), Racc. pag. II‑2251, punto 67].

75
Occorre aggiungere che la ricorrente non ha fatto valere alcun elemento o argomento idoneo a dimostrare che l’uso del marchio richiesto avrebbe tratto indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori o avrebbe recato pregiudizio agli stessi, di modo che comunque non sussistono le condizioni necessarie per l’applicazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94.

76
Di conseguenza, il motivo subordinato attinente alla violazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 non è fondato e deve quindi essere respinto.

77
Si deve quindi respingere il ricorso nel suo insieme.


Sulle spese

78
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, va condannata alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI e dell’interveniente.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata alle spese.

Pirrung

Meij

Forwood

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 dicembre 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Pirrung


1
Lingua processuale: l'italiano.