CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA
presentate il 13 giugno 2024 (1)
Causa C‑242/23
Tecno*37
contro
Ministero dello Sviluppo Economico,
Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna,
con l’intervento di:
FIMAA – Federazione Italiana Mediatori Agenti D’Affari
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia)]
«Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione di servizi – Direttiva 2005/36/CE – Articolo 59, paragrafo 3 – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 25 – Attività multidisciplinari – Legislazione nazionale che vieta, in via generale, ai mediatori immobiliari l’esercizio in forma imprenditoriale dell’attività di amministratore di condomini – Nesso tra la direttiva 2005/36 e la direttiva 2006/123 – Articolo 3 della direttiva 2006/123 – Conflitto con altre disposizioni del diritto dell’Unione – Insussistenza – Applicabilità della direttiva 2006/123 – Motivi imperativi di interesse generale – Proporzionalità»
1. Il Consiglio di Stato (Italia) sottopone alla Corte i suoi dubbi sulla conformità al diritto dell’Unione di un divieto riguardante l’esercizio congiunto e in forma professionale dell’attività di «mediazione immobiliare» e di «amministrazione di condominio».
2. In particolare, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare l’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE (2), l’articolo 25 della direttiva 2006/123/CE (3) e l’articolo 49 TFUE.
I. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
1. Direttiva 2005/36
3. L’articolo 1 («Oggetto») dispone quanto segue:
«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato “Stato membro ospitante”), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (in seguito denominati “Stati membri d’origine”) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione.
(…)».
4. L’articolo 2 («Ambito di applicazione») così stabilisce:
«1. La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.
(…)».
5. L’articolo 4 («Effetti del riconoscimento») così prevede:
«1. Il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante permette ai beneficiari di accedere in tale Stato membro alla stessa professione per la quale essi sono qualificati nello Stato membro d’origine e di esercitarla nello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato membro.
(…)».
6. Ai sensi dell’articolo 59 («Trasparenza»):
«(…)
3. Gli Stati membri valutano se i requisiti stabiliti nel loro ordinamento giuridico per limitare l’accesso a una professione o il suo esercizio ai possessori di una specifica qualifica professionale, inclusi l’impiego di titoli professionali e le attività professionali autorizzate in base a tale titolo, indicati all’articolo come “requisiti”, sono compatibili con i seguenti principi:
a) i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o del luogo di residenza;
b) i requisiti devono essere giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;
c) i requisiti devono essere tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.
(…)».
2. Direttiva 2006/123
7. Ai sensi dell’articolo 3 («Relazione con le altre disposizioni del diritto comunitario»):
«1. Se disposizioni della presente direttiva confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche.
(…)».
8. Nell’articolo 4 («Definizioni») si legge:
«(…)
8) “motivi imperativi d’interesse generale”: motivi riconosciuti come tali dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, tra i quali: l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale;
9) “autorità competente”: qualsiasi organo o qualsiasi istituzione responsabile, in uno Stato membro, del controllo o della disciplina delle attività di servizi, in particolare le autorità amministrative, ivi compresi gli organi giurisdizionali che agiscono in tale veste, gli ordini professionali e le associazioni o organismi professionali che, nell’ambito della propria autonomia giuridica, disciplinano collettivamente l’accesso alle attività di servizi o il loro esercizio;
(…)».
9. L’articolo 25 («Attività multidisciplinari») così dispone:
«1. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.
Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti:
a) le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità;
b) i prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l’indipendenza e l’imparzialità.
(…)».
B. Diritto italiano
1. Codice civile
10. Nel capo dedicato al condominio negli edifici:
– l’articolo 1117 definisce quali parti dell’edificio sono oggetto di proprietà comune;
– gli articoli da 1129 a 1133 regolano il regime giuridico dell’amministratore di condominio, al quale si conferisce la rappresentanza dei comproprietari.
2. Legge n. 39/1989 (4)
11. L’articolo 5, comma 3, così recita:
«3. L’esercizio dell’attività di mediazione è incompatibile con l’esercizio di attività imprenditoriale di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione ovvero con la qualità di dipendente di tale imprenditore, nonché con l’attività svolta in qualità di dipendente di ente pubblico o di dipendente o collaboratore di imprese esercenti i servizi finanziari di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, o con l’esercizio di professioni intellettuali afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione e comunque in situazioni di conflitto di interessi».
II. Fatti, controversia e questioni pregiudiziali
12. Dal 1988, la Tecno*37, ditta individuale con cui agisce un imprenditore (persona fisica), esercitava congiuntamente le attività di amministratore di condomini e di mediazione immobiliare.
13. Il 17 marzo 2020, in seguito alla ricezione di un esposto, il competente Ministero dello Sviluppo Economico ha invitato la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bologna (Italia; in prosieguo: la «CCIAA») a verificare la sussistenza a carico della Tecno*37 di una situazione di possibile incompatibilità o conflitto di interessi (5).
14. La CCIAA, dopo aver avviato il procedimento (6), ha constatato che l’attività di amministrazione di condomini esercitata dalla Tecno*37 non era saltuaria e occasionale, bensì di tipo professionale, tipicamente imprenditoriale. Considerato che la Tecno*37 svolgeva anche l’attività di mediazione immobiliare, la CCIAA ha valutato la situazione di incompatibilità ai sensi dell’articolo 5, comma 3, della legge n. 39/1989.
15. L’11 novembre 2020, la CCIAA ha disposto: i) l’inserimento nel Repertorio economico amministrativo (in prosieguo: «REA») della ditta individuale Tecno*37 per l’esercizio dell’attività di amministratore di condomini; ii) l’inibizione della prosecuzione dell’attività di mediazione immobiliare; e iii) l’inserimento nel REA della cessazione dell’attività di mediazione immobiliare della Tecno*37.
16. La Tecno*37 ha presentato ricorso contro detto provvedimento dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna (Italia), rigettato con sentenza n. 7/2022 (7).
17. La Tecno*37 ha interposto appello avverso la sentenza di primo grado dinanzi al Consiglio di Stato. In particolare sostiene che il divieto astratto di esercizio congiunto delle attività professionali di mediatore immobiliare e amministratore di condomini viola il diritto dell’Unione.
18. In questo contesto, il Consiglio di Stato sottopone alla Corte tre questioni pregiudiziali, di cui riporto le ultime due:
«2) Se i principi e gli scopi dell’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva [2005/36] (come modificata dalla direttiva [2013/55]), nonché dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva [2006/123] e più in generale dell’articolo 49 TFUE ostano ad una normativa come quella italiana di cui all’articolo 5, comma 3, della legge 39/1989 che sancisce in via preventiva e generale l’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini sul presupposto del mero esercizio congiunto delle due attività e senza, quindi, la necessità per le Camere di Commercio di svolgere alcuna verifica a posteriori riferita in concreto all’oggetto delle mediazioni svolte e senza che ciò risulti motivato da un “motivo imperativo di interesse generale” specificatamente individuato e comprovato o comunque senza la dimostrazione della proporzionalità della prevista incompatibilità generale rispetto allo scopo perseguito.
3) Se l’agente immobiliare può comunque svolgere anche l’attività di amministratore di condominio salvo il caso in cui non cerchi di vendere/acquistare il fabbricato che amministra, visto che in questo caso si paleserebbe un conflitto di interessi».
III. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia
19. La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta presso la cancelleria della Corte il 18 aprile 2023.
20. Hanno presentato osservazioni scritte la Tecno*37, la CCIAA, i governi ceco, irlandese e italiano, così come la Commissione europea. Tutti (tranne il governo ceco) nonché la Federazione Italiana Mediatori Agenti D’Affari (FIMAA) e il governo francese hanno partecipato all’udienza tenutasi il 9 aprile 2024.
21. Come richiesto dalla Corte, le conclusioni si limiteranno alle ultime due questioni pregiudiziali.
IV. Valutazione
A. Osservazioni preliminari
1. Contenuto della legislazione nazionale
22. La legislazione italiana dichiara, in termini molto ampi, che l’attività di mediazione «è incompatibile con l’esercizio di attività imprenditoriale di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione».
23. La categoria di «attività di mediazione» comprende quella di mediazione immobiliare. Di conseguenza, un mediatore immobiliare non può svolgere congiuntamente l’attività di amministratore di condomini, in quanto quest’ultima implica la rappresentanza di beni afferenti al medesimo settore merceologico (8).
24. Secondo il giudice del rinvio, l’articolo 5, comma 3, della legge n. 39/1989 «garantisce la tutela del consumatore attraverso la previsione di una clausola che eviti ogni conflitto attuale di interessi tra il mediatore e l’oggetto della mediazione stessa. (…) L’incompatibilità (…) vieta di essere al contempo mediatore (che per definizione del codice civile è soggetto equidistante tra le parti) e parte (in senso sostanziale, in quanto produttore o commerciante di beni o servizi oggetto dell’attività di mediazione o in senso formale, in quanto agente o rappresentante dei detti beni). In ogni caso l’incompatibilità è limitata alle attività imprenditoriali» (9).
2. Applicazione della direttiva 2005/36
25. Il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare l’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36. Ai sensi di questo ultimo, gli Stati membri devono valutare se i requisiti stabiliti nel loro ordinamento giuridico per limitare l’accesso a una professione o il suo esercizio ai possessori di una specifica qualifica professionale sono compatibili con determinati principi (10).
26. Tale disposizione rientra nel quadro di una direttiva in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali tra gli Stati membri e presuppone, dunque, che una qualifica professionale ottenuta in uno Stato membro (di origine) sia riconosciuta, a determinate condizioni, in un altro Stato membro (ospitante).
27. Tale affermazione è corroborata dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2005/36 in base al quale detta direttiva «si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, (…) una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali».
28. Nella controversia che il giudice del rinvio è chiamato a risolvere, non ricorre un’ipotesi siffatta: al contrario, il caso posto è se un cittadino italiano possa esercitare in Italia, congiuntamente, l’attività di mediatore immobiliare e di amministratore di condominio.
29. In tali circostanze, data l’assenza di qualsiasi elemento transfrontaliero (vale a dire, non trattandosi di un cittadino di uno Stato membro che voglia esercitare una professione regolamentata in un altro Stato membro), ritengo che la direttiva 2005/36 non sia applicabile alla causa in esame.
B. Seconda questione pregiudiziale
30. Il giudice del rinvio sottopone alla Corte il quesito sulla conformità della legislazione italiana al diritto dell’Unione, partendo dai seguenti presupposti (11):
– l’articolo 5, comma 3, della legge n. 39/1989 sancisce, in via preventiva e generale, l’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini in base al mero esercizio congiunto delle due attività;
– l’incompatibilità così enunciata non prevede, per le Camere di Commercio, la necessità di svolgere una verifica a posteriori riferita, in concreto, all’oggetto delle mediazioni svolte;
– l’incompatibilità non è supportata da un motivo imperativo di interesse generale, specificatamente individuato e comprovato senza la dimostrazione, comunque, della proporzionalità «della prevista incompatibilità generale» rispetto allo scopo perseguito.
31. Le disposizioni di diritto dell’Unione di cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione sono l’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36, l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 e, «più in generale», l’articolo 49 TFUE.
32. Tra queste disposizioni, ho già escluso che l’articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36 si applichi al caso in esame. Relativamente alle altre due, ricordo che «l’esame simultaneo di una misura nazionale alla luce delle disposizioni della direttiva 2006/123 e di quelle del Trattato FUE (…) equivarrebbe a introdurre un esame caso per caso, ai sensi del diritto primario, e rimetterebbe così in questione l’armonizzazione mirata effettuata da tale direttiva» (12).
33. Questa giurisprudenza si allinea a pregresse pronunce della Corte, in cui si è dichiarato che, «quando un problema è disciplinato in modo armonizzato a livello dell’Unione, qualunque provvedimento nazionale in materia deve essere valutato in rapporto alle disposizioni di tale misura di armonizzazione» (13). Più in concreto, la Corte attribuisce una priorità generale alla direttiva 2006/123, affermando che, quando una restrizione alla libertà di stabilimento rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva, non occorre esaminarla anche alla luce dell’articolo 49 TFUE (14).
34. L’analisi deve circoscriversi, dunque, all’applicazione dell’articolo 25 della direttiva 2006/123, inserito nel capo V («Qualità dei servizi») che contiene le norme relative alle attività multidisciplinari. La sua interpretazione è pertinente, anche se il caso relativo al rinvio pregiudiziale è puramente interno (15).
35. Di fatto, la Corte ha già interpretato un altro articolo (il 24) del medesimo capo V della direttiva 2006/123 per un caso puramente interno. In sintesi essa ha dichiarato che tale articolo ostava a una normativa nazionale la quale vietava totalmente agli esercenti una professione regolamentata di effettuare atti di promozione commerciale [diretta] e ad personam dei propri servizi («démarchage») (16).
36. Nell’affrontare la questione delle attività disciplinari, l’articolo 25 della direttiva 2006/123 sancisce un principio generale mitigato da varie eccezioni:
– il principio generale è che i prestatori di servizi non dovrebbero essere assoggettati a requisiti che li obblighino a esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse;
– l’eccezione rilevante in questo caso è quella relativa alle professioni regolamentate (17). Il suo regime può derogare al principio generale, ossia alla libertà di esercitare attività multidisciplinari: a) nella misura in cui sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia inerenti alla specificità di ciascuna professione; e b) sia necessario per garantire l’indipendenza e l’imparzialità di chi esercita la professione (18).
37. Pertanto, gli Stati membri hanno la facoltà di imporre ai mediatori immobiliari (quando la professione è regolamentata) restrizioni più rigorose riguardo all’esercizio congiunto di altre attività, come avviene in Italia.
38. Tuttavia, questa facoltà non è illimitata. Benché non sia necessario fare riferimento al diritto primario dal momento che, per rispondere al giudice del rinvio, è sufficiente interpretare le norme della direttiva 2006/123 (19), è comunque opportuno rilevare che le restrizioni alle libertà fondamentali possono considerarsi giustificate se si fondano su motivi imperativi di interesse generale e, in caso affermativo, se esse non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti (20).
39. Orbene, l’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123 autorizza gli Stati membri a imporre, per le professioni regolamentate, requisiti limitativi nello svolgimento delle attività multidisciplinari solo qualora soddisfino due condizioni che, di fatto, coincidono con quelle degli articoli 49 e 56 TFUE.
40. Partendo da questa doppia prospettiva esaminerò, quindi, la misura nazionale in questione.
1. Giustificazione della restrizione
41. L’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123 include tra le giustificazioni ammissibili per limitare lo svolgimento congiunto di attività multidisciplinari quelle che mirano a garantire il rispetto di norme di deontologia proprie di ciascuna professione regolamentata.
42. Il governo italiano spiega che il divieto dell’esercizio congiunto delle professioni di mediatore immobiliare e amministratore di condomini è giustificato dalla tutela dei consumatori e dalla salvaguardia dell’indipendenza e imparzialità della professione regolamentata (quella di mediatore).
43. A questa spiegazione aggiunge che, se non sussistesse incompatibilità, si correrebbe il rischio che i proprietari dei condomini amministrati per i quali, contestualmente, venga esercitata l’attività di mediazione immobiliare siano favoriti a discapito degli altri proprietari che offrono i loro beni sul mercato. Un mediatore immobiliare non soggetto alla restrizione potrebbe orientare i potenziali acquirenti verso gli immobili per i quali esercita l’incarico di amministratore.
44. Il Consiglio di Stato, tuttavia, non sembra accogliere tale spiegazione. Nel formulare la seconda questione chiede se il diritto dell’Unione osti ad una normativa, come quella italiana, che sancisce in via preventiva e generale l’incompatibilità «senza che ciò risulti motivato da un “motivo imperativo di interesse generale” specificatamente individuato e comprovato» (21).
45. Se così fosse (vale a dire, se non vi fosse alcuna giustificazione di interesse generale), la questione condurrebbe inevitabilmente a una risposta negativa. Mancherebbe il primo ed indispensabile elemento tra quelli richiesti dall’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123.
46. Il tenore letterale dell’affermazione del Consiglio di Stato deve leggersi, tuttavia, alla luce di quanto esposto ai punti 13 e 14 dell’ordinanza di rinvio. In questi punti, esso fa riferimento:
– alle conseguenze negative che l’esercizio congiunto delle due attività può comportare per l’imparzialità del mediatore immobiliare (22);
– alla tutela del consumatore, che sarebbe garantita meglio con la «previsione di una clausola che eviti ogni conflitto attuale di interessi tra il mediatore e l’oggetto della mediazione stessa».
47. Sotto un profilo astratto, garantire l’imparzialità del mediatore attraverso un sistema preventivo di incompatibilità può essere giustificato quando tale professione (regolamentata) abbia tra i suoi requisiti deontologici l’equidistanza tra le parti, che sarebbe compromessa nell’esercizio congiunto di altre attività.
48. Per quanto riguarda la tutela dei consumatori, ho già illustrato come il centunesimo considerando della direttiva 2006/123 colleghi l’offerta di servizi multidisciplinari (e le eventuali restrizioni per garantire l’imparzialità e l’indipendenza delle professioni regolamentate) all’«interesse dei destinatari, in particolare, dei consumatori». Questo nesso inoltre è implicito nell’articolo 4, punto 8, della direttiva 2006/123 che, tra i motivi imperativi d’interesse generale, include la tutela dei consumatori (23).
49. Pertanto non sussistono impedimenti di principio al fatto che uno Stato membro invochi come giustificazioni, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123, le due sopra enunciate.
50. L’ultima parola in merito al fatto se, nel diritto interno, il divieto di esercizio congiunto delle due attività sia giustificato spetta, però, al giudice del rinvio. Ammesso che sia così, il problema non sarebbe tanto la giustificazione astratta di un regime restrittivo, quanto piuttosto se esso vada al di là di quanto necessario per raggiungere l’obiettivo.
a) Necessità e proporzionalità della restrizione
51. La Tecno*37 mette in discussione la legittimità del provvedimento adottato dal punto di vista della necessità e della proporzionalità, adducendo che gli obiettivi di tutela dei consumatori e garanzia dell’indipendenza e imparzialità dei mediatori immobiliari potrebbero essere soddisfatti anche con misure meno drastiche. Basterebbe limitare il divieto a quei casi in cui il mediatore eserciti contemporaneamente l’attività di amministratore di condominio su un medesimo immobile.
52. Nelle loro osservazioni scritte, la Commissione e il governo ceco condividono, sostanzialmente, questo punto di vista (24).
53. La Corte ha già dichiarato «che uno Stato membro che invochi (…) l’eccezione prevista dall’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123, per stabilire che il divieto di attività multidisciplinari da esso introdotto è necessario per garantire l’indipendenza e l’imparzialità [dei membri di una professionale regolamentata], deve presentare precisi elementi che consentono di avvalorare il suo ragionamento» (25).
54. A mio giudizio, il governo italiano non presenta questi «precisi elementi». Piuttosto, sviluppa un ragionamento che, in definitiva, sembra collegare l’incompatibilità dell’esercizio congiunto delle due attività alla presenza di un conflitto di interessi in concreto e non in astratto. Anche quando invoca argomenti (26) a difesa dell’incompatibilità in via preventiva ai sensi dell’articolo 5, comma 3, della legge n. 39/1989, le sue osservazioni attenuano o, addirittura, rimettono in discussione la portata generale di questa incompatibilità, poiché:
– rammenta che lo scopo del divieto è impedire che l’agente immobiliare possa essere indotto a orientare i potenziali acquirenti verso immobili presso i quali ricopre l’incarico di amministratore, trascurando altri ugualmente interessanti (27);
– afferma che, secondo la logica e l’esperienza comuni, ogni qual volta uno degli appartamenti amministrati sarà in vendita, se il mediatore immobiliare è allo stesso tempo l’amministratore del condominio, sussiste il rischio concreto di un conflitto di interessi.
55. Queste argomentazioni, ribadisco, sembrano trasformare la natura del divieto generalizzato contenuto nella legge n. 39/1989, sostituendolo con un altro di minore portata, la cui attenzione è diretta al concreto conflitto di interessi che l’esercizio congiunto delle due attività genera (o può generare), quando le due attività si svolgono in relazione al medesimo immobile.
56. La prova di questa trasformazione (scomparsa del divieto generalizzato, sostituito da quello volto a scongiurare un conflitto di interessi in relazione al medesimo immobile) è data dal fatto che il governo italiano raccomanda che l’eventuale incompatibilità tra l’attività di agente (di affari in mediazione) immobiliare e quella di amministratore condominiale sia vagliata secondo un criterio non già aprioristico, quanto piuttosto adottando un’interpretazione casistica che tenga conto delle peculiarità delle singole fattispecie al fine di scongiurare un effettivo conflitto di interessi (28).
57. Allo stesso modo, aggiunge, gli interessati potrebbero provare che non sussiste, in concreto, «detta incompatibilità, fornendo idonea documentazione che dette attività vengano svolte in contesti pratici e concreti diversi, indipendentemente dal fatto che dette attività vengano svolte in forma imprenditoriale o di attività professionale» (29).
58. Questa impostazione del governo italiano coincide in parte con quella esposta a suo tempo dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Italia) nel parere del 18 febbraio 2015, n. AS1173, in relazione alla modifica dell’articolo 5, comma 3, della legge n. 39/1989 (30).
59. Secondo il parere di quell’Autorità, il divieto generalizzato era «non proporzionato e non necessario al fine di garantire l’imparzialità e l’indipendenza del mediatore nell’esercizio della propria attività». Aggiungeva che, «al fine di salvaguardare l’imparzialità e l’indipendenza del mediatore appare sufficiente vietare l’esercizio dell’attività di mediazione nei soli casi in cui possa essere compromessa l’indipendenza e la terzietà del mediatore nel rapporto di intermediazione, ad esempio, nei casi in cui il mediatore sia legato ad una delle parti da un rapporto di subordinazione, dipendenza o di rappresentanza».
60. Orbene, se questa fosse l’interpretazione da dare in merito all’ordinamento giuridico italiano (31), solo la prevenzione di concreti conflitti di interessi (32) giustificherebbe l’incompatibilità in questione. Tali conflitti non insorgono invece quando, pur trattandosi di beni immobili, il mediatore non esercita congiuntamente, rispetto ai medesimi, anche l’attività di amministratore di condominio.
61. Nella stessa misura, se, in ultima analisi, tutto si riconduce a scongiurare un eventuale conflitto di interessi relativo all’acquisto di un determinato immobile, il divieto preventivo e assoluto resta privato di fondamento e non è necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito. Il divieto generale diviene, insisto, sproporzionato se ciò che auspica è contrastare i conflitti di interessi individuali che, ipoteticamente, si verificano nei casi in cui l’amministrazione e la mediazione riguardano il medesimo immobile.
62. Dal momento che la seconda questione pregiudiziale è stata redatta nei termini sopra descritti, le considerazioni precedenti mi inducono a proporre una risposta affermativa.
63. Limitare l’incompatibilità agli eventuali conflitti di interesse che possono sorgere quando l’amministrazione e la mediazione riguardano un medesimo immobile implica che il controllo sulle attività incompatibili si baserà su valutazioni ad casum e non su un divieto generalizzato come quello oggetto di analisi.
64. Il governo italiano sostiene di non poter riversare sulla CCIAA l’onere di verificare la neutralità per ogni specifico affare concluso, al fine di valutare se vi sia un conflitto di interessi nell’eventuale svolgimento delle due attività sul medesimo immobile (33).
65. Ritengo, tuttavia, che questo onere non presenti difficoltà insuperabili qualora il legislatore nazionale adotti le misure adeguate. Tra tali misure vi è quella già prevista nel suo ordinamento, che impone che negli atti di compravendita di beni immobili sia indicato se sia intervenuto un mediatore (34). Questo sistema potrebbe essere completato disponendo, inoltre, che in detti atti di compravendita siano incluse dichiarazioni espresse che il mediatore immobiliare non è, allo stesso tempo, amministratore del condominio ove è sito l’immobile oggetto dell’acquisto (35).
66. In sintesi, così come nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Belgio (Contabili):
– la Repubblica italiana non ha dimostrato per quale ragione il divieto in questione sarebbe l’unica misura idonea a permettere il raggiungimento degli obiettivi perseguiti. Misure meno pregiudizievoli per la libera prestazione di servizi e più rispettose del criterio ispiratore sancito dall’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, potrebbero essere sufficientemente efficaci per raggiungere tali obiettivi (36);
– il controllo a posteriori da parte delle camere professionali costituirebbe una misura meno restrittiva per raggiungere l’obiettivo di garantire l’indipendenza e l’imparzialità degli agenti immobiliari (37). Tale controllo, facilitato dalle dichiarazioni che dovranno comparire negli atti di compravendita, potrebbe essere effettuato senza gravare le parti di ulteriori pratiche burocratiche (38) e senza imporre ai mediatori un divieto generalizzato, come quello in questione, che va al di là di quanto necessario per salvaguardare la loro indipendenza e imparzialità.
C. Terza questione pregiudiziale
67. Il giudice del rinvio chiede se l’agente immobiliare può comunque svolgere anche l’attività di amministratore di condominio salvo il caso in cui cerchi di vendere/acquistare il fabbricato che amministra, visto che in questo caso si paleserebbe un conflitto di interessi.
1. Ricevibilità
68. Secondo il governo irlandese, la terza questione pregiudiziale è irricevibile, in quanto mira a ottenere dalla Corte un parere consultivo sulla base di premesse di fatto che non corrispondono alla controversia principale. A sostegno di questa obiezione afferma quanto segue:
– l’attività di un «property broker» differisce da quella di un «property agent». Il primo, secondo l’ordinanza di rinvio, è imparziale rispetto alle parti; il secondo, al contrario, nel modello irlandese, può agire per conto di qualunque parte della transazione (venditore o acquirente);
– la questione pregiudiziale si fonda sull’erroneo presupposto che un conflitto di interessi insorga necessariamente ogni qual volta un «property agent» intervenga nell’acquisto o nella vendita di un immobile che amministra. Se ciò potrebbe avvenire nel caso di un «property broker» imparziale, non si verificherà qualora tale mediatore agisca, ad esempio, per conto di un venditore.
69. Le domande di pronuncia pregiudiziale riguardanti l’interpretazione del diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Compete, inoltre, al giudice nazionale stabilire, sotto la sua responsabilità, il contesto di fatto e di diritto, la cui esattezza non spetta alla Corte verificare. Questa può astenersi dal pronunciarsi su una di tali domande solo in casi eccezionali da essa precisati (39).
70. Muovendo da tale premessa occorre respingere l’obiezione del governo irlandese. Come già esposto, in Italia i mediatori immobiliari sono professionisti indipendenti e imparziali rispetto alle parti dell’operazione nella quale intervengono. Se il loro statuto coincide, o meno, con quello di altri attori di detto mercato in Irlanda è irrilevante in questa sede.
71. Il fondamento sostanziale fornito dal giudice a quo, a cui la Corte deve attenersi, sta nel fatto che i mediatori immobiliari indipendenti che gestiscono l’amministrazione di immobili potrebbero «essere indotti» a orientare i potenziali acquirenti verso tali immobili, compromettendo la loro imparzialità.
72. La terza questione pregiudiziale, volta a stabilire se l’eventuale conflitto di interessi si verifica quando l’agente immobiliare interviene nella vendita o nell’acquisto del fabbricato che amministra, è pertanto ricevibile.
2. Valutazione
73. Quanto al merito della questione sollevata, ritengo sufficienti le considerazioni precedenti circa la portata dell’incompatibilità in questione, connessa alla sussistenza di un conflitto di interessi sul medesimo immobile.
V. Conclusione
74. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla seconda e alla terza questione pregiudiziale del Consiglio di Stato (Italia) nei seguenti termini:
«L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno,
deve essere interpretata nel senso che:
osta a una legislazione nazionale la quale vieta in via preventiva e generale l’esercizio congiunto della professione regolamentata di mediatore immobiliare e l’attività di amministratore di condomini;
non osta al divieto di esercizio congiunto di entrambe le attività quando possa generare un conflitto di interessi, in quanto il servizio di mediazione immobiliare è prestato da un professionista riguardo a un immobile in comproprietà di cui gli è stata affidata l’amministrazione».