Language of document : ECLI:EU:C:2024:521

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

18 giugno 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Direttiva 2011/95/UE – Articolo 21, paragrafo 1 – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 9, paragrafi 2 e 3 – Riconoscimento definitivo dello status di rifugiato da parte di uno Stato membro – Rifugiato residente, dopo tale riconoscimento, in un altro Stato membro – Domanda di estradizione dello Stato terzo di origine di tale rifugiato rivolta allo Stato membro di residenza – Effetto della decisione di riconoscimento dello status di rifugiato sulla procedura di estradizione di cui trattasi – Articolo 18 e articolo 19, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Protezione di detto rifugiato contro l’estradizione così richiesta»

Nella causa C‑352/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberlandesgericht Hamm (Tribunale superiore del Land, Hamm, Germania), con decisione del 19 maggio 2022, pervenuta in cancelleria il 1° giugno 2022, nel procedimento relativo all’estradizione di

A.,

con l’intervento di:

Generalstaatsanwaltschaft Hamm (Procura generale di Hamm, Germania),

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe (relatrice), E. Regan, T. von Danwitz, Z. Csehi e O. Spineanu-Matei, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.-C. Bonichot, L.S. Rossi, I. Jarukaitis, A. Kumin, M.L. Arastey Sahún e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: D. Dittert, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 giugno 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per A., da H.-J. Römer e U. Sommer, Rechtsanwälte;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e A. Hoesch, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da D.G. Pintus, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da A. Azéma, S. Grünheid e J. Hottiaux, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60), e dell’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento relativo all’estradizione di A., cittadino turco beneficiario dello status di rifugiato in Italia e residente in Germania, a seguito di una domanda di estradizione indirizzata dalle autorità turche alle autorità tedesche ai fini dell’esercizio dell’azione penale nei suoi confronti.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 Convenzione di Ginevra

3        La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»). Essa è stata integrata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967.

4        Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della Convenzione di Ginevra. Viceversa, l’Unione europea non ne è parte contraente.

5        L’articolo 1, sezione A, di detta convenzione prevede quanto segue:

«Ai fini della presente Convenzione, il termine “rifugiato” è applicabile:

(...)

2)      a chiunque, nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dal suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi.

Se una persona possiede più cittadinanze, l’espressione “Stato di cui possiede la cittadinanza” riguarda ogni Stato di cui questa persona possiede la cittadinanza. Non sono considerate private della protezione dello Stato di cui possiedono la cittadinanza le persone che, senza motivi validi fondati su un timore giustificato, rifiutano la protezione di uno Stato di cui posseggono la cittadinanza».

6        L’articolo 33, paragrafo 1, della medesima convenzione prevede quanto segue:

«Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».

 Convenzione europea di estradizione

7        L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, così recita:

«1.      L’estradizione non sarà accordata se il reato per il quale è richiesta sia considerato dalla Parte richiesta come reato politico o come fatto connesso a reato di tale natura.

2.      La stessa disposizione troverà applicazione qualora la Parte richiesta abbia seri motivi per ritenere che la domanda di estradizione, motivata da un reato di diritto comune, sia stata presentata allo scopo di perseguire o di punire una persona per considerazioni razziali, di religione, di nazionalità o di opinioni politiche, e che la situazione di detta persona rischi di essere aggravata da uno qualsiasi dei motivi suddetti».

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2011/95

8        Il considerando 21 della direttiva 2011/95 è così formulato:

«Il riconoscimento dello status di rifugiato è un atto ricognitivo».

9        L’articolo 2 di tale direttiva reca le seguenti definizioni:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

b)       “beneficiario di protezione internazionale”: la persona cui è stato concesso lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria quale definito alle lettere e) e g);

(...)

d)       “rifugiato”: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale non si applica l’articolo 12;

e)       “status di rifugiato”: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato;

(...)

i)       “richiedente”: qualsiasi cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non sia stata ancora adottata una decisione definitiva;

(...)».

10      Il capo III della direttiva 2011/95, intitolato «Requisiti per essere considerato rifugiato», comprende gli articoli da 9 a 12 della direttiva. Gli articoli 11 e 12 di quest’ultima definiscono, rispettivamente, il caso in cui un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di essere un rifugiato e quello in cui un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato.

11      Gli articoli 13 e 14 di detta direttiva sono contenuti nel capo IV di quest’ultima, recante il titolo «Status di rifugiato».

12      Ai sensi dell’articolo 13 della medesima direttiva:

«Gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide aventi titolo al riconoscimento dello status di rifugiato in conformità dei capi II e III».

13      L’articolo 14 della direttiva 2011/95 riguarda la «[r]evoca, [la] cessazione o [il] rifiuto del rinnovo dello status di rifugiato». Ai suoi termini vale quanto segue:

«1.      Per quanto riguarda le domande di protezione internazionale presentate successivamente all’entrata in vigore della direttiva 2004/83/CE [del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12)], gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato riconosciuto a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi ha cessato di essere un rifugiato ai sensi dell’articolo 11.

2.      Fatto salvo l’obbligo del rifugiato, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di rifugiato dimostra, su base individuale, che l’interessato ha cessato di essere o non è mai stato un rifugiato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo.

3.      Gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato di un cittadino di un paese terzo o di un apolide qualora, successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, lo Stato membro interessato abbia stabilito che:

a)      la persona in questione avrebbe dovuto essere esclusa o è esclusa dallo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12;

b)      il fatto di aver presentato i fatti in modo erroneo o di averli omessi, compreso il ricorso a documenti falsi, ha costituito un fattore determinante per l’ottenimento dello status di rifugiato.

4.      Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare di rinnovare lo status riconosciuto a un rifugiato da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario quando:

a)      vi sono fondati motivi per ritenere che la persona in questione costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato membro in cui si trova;

b)      la persona in questione, essendo stata condannata con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro.

5.      Nelle situazioni previste al paragrafo 4, gli Stati membri possono decidere di non riconoscere lo status a un rifugiato quando la decisione non è ancora stata presa.

6.      Le persone cui si applicano i paragrafi 4 o 5 godono dei diritti analoghi conferiti dagli articoli 3, 4, 16, 22, 31 e 32 e 33 della convenzione di Ginevra, o di diritti analoghi, purché siano presenti nello Stato membro».

14      Il capo VII della direttiva 2011/95, intitolato «Contenuto della protezione internazionale», comprende gli articoli da 20 a 35 di quest’ultima.

15      L’articolo 21 di tale direttiva, intitolato «Protezione dal respingimento», così dispone al suo paragrafo 1:

«Gli Stati membri rispettano il principio di “non refoulement” in conformità dei propri obblighi internazionali».

16      L’articolo 36, secondo comma, della stessa direttiva enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri, in collegamento con la Commissione [europea], adottano ogni misura idonea a instaurare una cooperazione diretta e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti».

 Direttiva 2013/32

17      L’articolo 9 della direttiva 2013/32, intitolato «Diritto di rimanere nello Stato membro durante l’esame della domanda», è così formulato:

«1.      I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l’autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado di cui al capo III. Il diritto a rimanere non dà diritto a un titolo di soggiorno.

2.      Gli Stati membri possono derogare a questa disposizione solo se l’interessato presenta una domanda reiterata ai sensi dell’articolo 41, o se essi intendono consegnare o estradare, ove opportuno, una persona in altro Stato membro in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo o altro, o in un paese terzo, o presso un giudice o un tribunale penale internazionale.

3.      Gli Stati membri possono estradare un richiedente in un paese terzo ai sensi del paragrafo 2 soltanto se le autorità competenti hanno accertato che la decisione di estradizione non comporterà il “refoulement” diretto o indiretto, in violazione degli obblighi internazionali e dell’Unione di detto Stato membro».

18      Gli articoli 44 e 45 di tale direttiva enunciano le norme che disciplinano la procedura di revoca della protezione internazionale. Più specificamente, l’articolo 45, paragrafi 1 e 3, di detta direttiva così dispone:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, se l’autorità competente prende in considerazione di revocare la protezione internazionale di un cittadino di un paese terzo o di un apolide a norma degli articoli 14 o 19 della [direttiva 2011/95], l’interessato goda delle seguenti garanzie:

a)      sia informato per iscritto che l’autorità competente procede al riesame della sua qualifica di beneficiario di protezione internazionale e dei motivi del riesame; e

b)      gli sia data la possibilità di esporre in un colloquio personale a norma dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), e degli articoli da 14 a 17, o in una dichiarazione scritta, i motivi per cui la sua protezione internazionale non dovrebbe essere revocata.

(...)

3.       Gli Stati membri provvedono affinché la decisione dell’autorità competente di revocare la protezione internazionale sia comunicata per iscritto. La decisione specifica i motivi de jure e de facto e le informazioni sulle modalità per l’impugnazione della decisione sono comunicate per iscritto».

19      Ai sensi dell’articolo 49, secondo comma, della direttiva 2013/32:

«Gli Stati membri, in collegamento con la Commissione, adottano ogni misura idonea a instaurare una cooperazione diretta e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti».

 Diritto tedesco

20      L’articolo 6, paragrafo 2, del Gesetz über die internationale Rechtshilfe in Strafsachen (IRG) (legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale), del 23 dicembre 1982 (BGBl. 1982 I, pag. 2071), così recita:

«L’estradizione non è consentita ove sussistano seri motivi per ritenere che, in caso di estradizione, la persona reclamata possa essere perseguita o punita per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche o che la sua condizione rischi di aggravarsi per uno di tali motivi».

21      L’articolo 6 dell’Asylgesetz (AsylG) (legge sul diritto di asilo), del 26 giugno 1992 (BGBl. 1992 I, pag. 1126), nella versione pubblicata il 2 settembre 2008 (BGBl. 2008 I, pag. 1798), come modificata da ultimo dall’articolo 9 del Gesetz zur Weiterentwicklung des Ausländerzentralregisters (legge sullo sviluppo ulteriore del registro centrale degli stranieri), del 9 luglio 2021 (BGBl. 2021 I, pag. 2467), così recita:

«La decisione sulla domanda d’asilo è vincolante in tutte le questioni nelle quali sia giuridicamente rilevante il riconoscimento del diritto di asilo oppure di una protezione internazionale ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 2. Tale disposizione non si applica alla procedura di estradizione né alla procedura prevista all’articolo 58a del [Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet (Aufenthaltsgesetz) (legge relativa al soggiorno, all’attività lavorativa e all’integrazione degli stranieri nel territorio federale), del 30 luglio 2004 (BGBl. 2004 I, pag. 1950)]».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

22      A. è un cittadino turco di etnia curda. Ha lasciato la Turchia nel 2010.

23      Con decisione definitiva del 19 maggio 2010, le autorità italiane hanno riconosciuto ad A. lo status di rifugiato in quanto a rischio di persecuzione politica da parte delle autorità turche a causa del suo sostegno al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Tale status è valido fino al 25 giugno 2030.

24      Dal mese di luglio del 2019, A. risiede in Germania.

25      Sulla base di un mandato d’arresto emesso il 3 giugno 2020 da un giudice turco, A. è stato segnalato all’Organizzazione internazionale della polizia criminale (Interpol) per ottenere il suo arresto e la sua estradizione in Turchia ai fini dell’esercizio dell’azione penale per omicidio volontario. Gli viene contestato di aver sparato, il 9 settembre 2009 a Bingöl (Turchia), un colpo di fucile, il quale avrebbe ferito la madre, dopo un alterco verbale con suo padre e suo fratello. La madre di A. sarebbe deceduta a seguito delle ferite.

26      A. è stato arrestato in Germania il 18 novembre 2020 e sottoposto a custodia cautelare, in attesa di estradizione fino al 14 aprile 2022.

27      Con ordinanza del 2 novembre 2021, l’Oberlandesgericht Hamm (Tribunale superiore del Land, Hamm, Germania), che è il giudice del rinvio nella presente causa, ha dichiarato ammissibile l’estradizione di A. verso la Turchia. Tale giudice ha ritenuto che, in forza del diritto tedesco, la decisione di riconoscimento dello status di rifugiato adottata dalle autorità italiane non producesse effetti vincolanti riguardo alla procedura di estradizione condotta in Germania, ma potesse costituire un indizio per determinare, ai fini dell’esame della domanda di estradizione, se A. corresse un rischio serio e concreto di essere oggetto, in Turchia, di persecuzioni politiche. Detto giudice ha quindi proceduto ad un esame autonomo di tale domanda di estradizione sulla base degli argomenti presentati da A., da un lato, nell’ambito della procedura di asilo condotta in Italia, di cui ha potuto prendere conoscenza dopo la trasmissione della documentazione relativa a tale procedura, e, dall’altro, nell’ambito della procedura di estradizione. Esso ha altresì tenuto conto delle garanzie fornite dalle autorità turche nel senso che il procedimento penale che sarebbe stato condotto a seguito dell’estradizione avrebbe rispettato i requisiti del processo equo. Il giudice del rinvio ha concluso che non vi era rischio di persecuzioni politiche né seri motivi di ritenere che detta domanda di estradizione, motivata dalla commissione di un reato di diritto comune, fosse stata presentata al fine di perseguire o punire A. per le sue opinioni politiche o che la situazione di quest’ultimo, in caso di consegna, rischiasse di essere aggravata per tali motivi.

28      Tale ordinanza è stata annullata dal Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale, Germania), a seguito di un ricorso costituzionale proposto da A. Secondo tale giudice, l’Oberlandesgericht Hamm (Tribunale superiore del Land, Hamm) ha violato il diritto fondamentale di A. derivante dall’articolo 101, paragrafo 1, del Grundgesetz (Legge fondamentale), in forza del quale nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Infatti, tale tribunale, in violazione dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, avrebbe omesso di sottoporre alla Corte, in via pregiudiziale, la questione, inedita e necessaria per la soluzione della controversia, se, in forza del diritto dell’Unione, il riconoscimento definitivo, da parte di uno Stato membro, dello status di rifugiato a un cittadino di un paese terzo sia vincolante riguardo alla procedura di estradizione condotta, in occasione di una domanda proveniente dallo Stato terzo di origine di tale rifugiato, dall’autorità competente di un altro Stato membro.

29      A seguito del rinvio, dopo tale annullamento, della causa di cui trattasi dinanzi all’Oberlandesgericht Hamm (Tribunale superiore del Land, Hamm), quest’ultimo deve nuovamente statuire sulla domanda di estradizione di A. Tale giudice sottolinea che la questione di cui al punto precedente, non risolta dalla Corte, è controversa in dottrina.

30      Secondo un primo approccio, dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 risulterebbe che, qualora a una persona sia stato riconosciuto, con decisione definitiva, lo status di rifugiato in uno Stato membro, l’estradizione verso un paese terzo non sia più ammissibile in forza del diritto dell’Unione. Tale interpretazione sarebbe corroborata dagli articoli 11, 12 e 14 della direttiva 2011/95 nonché dagli articoli 44 e 45 della direttiva 2013/32, i quali prevedono norme e procedure relative alla cessazione, all’esclusione e alla fine dello status di rifugiato. Tali norme e procedure rischierebbero, infatti, di essere eluse se fosse possibile per le autorità di uno Stato membro accogliere una domanda di estradizione di un rifugiato riconosciuto come tale dalle autorità di un altro Stato membro.

31      Secondo un secondo approccio, il legislatore dell’Unione avrebbe considerato che le procedure di asilo e di estradizione sono indipendenti l’una dall’altra, cosicché una decisione di riconoscimento, da parte di uno Stato membro, dello status di rifugiato a un cittadino di un paese terzo non potrebbe produrre effetti vincolanti riguardo alla procedura di estradizione condotta, in occasione di una domanda proveniente dallo Stato terzo di origine di tale rifugiato, dall’autorità competente di un altro Stato membro. Tale procedura di estradizione potrebbe presentarsi come la prima occasione per esaminare i motivi di esclusione dallo status di rifugiato, che potrebbero giustificare una revoca di tale status. Sarebbe tuttavia necessario garantire il rispetto del principio di «non-refoulement», ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95.

32      Il giudice del rinvio concorda con quest’ultima interpretazione e conferma, inoltre, le valutazioni già effettuate nella sua ordinanza del 2 novembre 2021.

33      Tale giudice sottolinea che nessuna disposizione delle direttive 2011/95 e 2013/32 prevede che una decisione con la quale uno Stato membro ha riconosciuto lo status di rifugiato a un cittadino di un paese terzo produca un effetto vincolante riguardo alla procedura di estradizione condotta, in occasione di una domanda proveniente dallo Stato terzo di origine di tale rifugiato, dall’autorità competente di un altro Stato membro.

34      Il riconoscimento di un tale effetto comporterebbe che, qualora nel corso del procedimento di estradizione emergessero nuovi elementi che giustifichino una diversa valutazione del rischio di persecuzione politica cui sarebbe esposta la persona reclamata, sarebbe necessario attendere che l’autorità dello Stato membro in cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato lo revochi, ove necessario. Ciò prolungherebbe la durata del procedimento di estradizione, il che sarebbe incompatibile con il principio di celerità, applicabile in particolare quando la persona reclamata è posta in stato di arresto provvisorio ai fini dell’estradizione.

35      Il giudice del rinvio sottolinea, peraltro, che è conforme all’obiettivo legittimo di evitare l’impunità ritenere che, nonostante il riconoscimento definitivo dello status di rifugiato al cittadino di un paese terzo interessato, l’estradizione di quest’ultimo verso il suo paese terzo di origine sia ammissibile, finché tale estradizione non è contraria al diritto internazionale e al diritto dell’Unione, in particolare all’articolo 18 e all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). A tal riguardo detto giudice precisa che, in mancanza di estradizione, il diritto tedesco consente, in teoria, di avviare un procedimento penale nei confronti della persona reclamata. Esso ritiene tuttavia che, poiché i fatti hanno avuto luogo in Turchia, un tale procedimento non sarebbe, in pratica, fattibile alla luce dell’impossibilità, per le autorità penali tedesche, di ottenere gli elementi di prova o di procedere all’audizione dei testimoni in Turchia.

36      In tali circostanze, l’Oberlandesgericht Hamm (Tribunale superiore del Land, Hamm) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 9, paragrafi 2 e 3, della [direttiva 2013/32], in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, della [direttiva 2011/95], debba essere interpretato nel senso che il riconoscimento definitivo dello status di rifugiato a una persona ai sensi della [Convenzione di Ginevra] in un altro Stato membro è vincolante, con riguardo alla procedura di estradizione nello Stato membro richiesto dell’estradizione di detta persona, in ragione dell’obbligo di interpretazione conforme della normativa nazionale stabilito dal diritto dell’Unione (articolo 288, terzo comma, TFUE e articolo 4, paragrafo 3, TUE), con la conseguenza che l’estradizione di tale persona nel paese terzo o paese di origine è necessariamente esclusa fino alla revoca o alla scadenza dello status di rifugiato».

 Sulla questione pregiudiziale

37      Con la sua unica questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2013/32 nonché l’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95 debbano essere interpretati nel senso che, qualora un cittadino di un paese terzo che ha ottenuto lo status di rifugiato in uno Stato membro sia oggetto, in un altro Stato membro, nel cui territorio risiede, di una richiesta di estradizione proveniente dal suo Stato terzo di origine, tale altro Stato membro sia vincolato, nell’ambito dell’esame di detta domanda di estradizione, dalla decisione di riconoscimento dello status di rifugiato a tale cittadino, cosicché tale decisione lo obbliga a rifiutare l’estradizione richiesta.

38      In via preliminare, occorre ricordare che, in assenza di una convenzione internazionale in materia di estradizione tra l’Unione e lo Stato terzo interessato, nel caso di specie la Repubblica di Turchia, le norme in materia rientrano nella competenza degli Stati membri. Tuttavia, come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, tali Stati membri sono tenuti ad esercitare detta competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Ruska Federacija, C‑897/19 PPU, EU:C:2020:262, punto 48).

39      Prima di esaminare le disposizioni specificamente considerate dal giudice del rinvio, occorre sottolineare, in primo luogo, che, in forza dell’articolo 13 della direttiva 2011/95, gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato, ai sensi dell’articolo 2, lettera e), di tale direttiva, al cittadino di un paese terzo o all’apolide ammissibile per essere considerato rifugiato conformemente ai capi II e III di detta direttiva, senza disporre di un potere discrezionale al riguardo [v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2015, T., C‑373/13, EU:C:2015:413, punto 63; del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato), C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punto 89, nonché del 16 gennaio 2024, Intervyuirasht organ na DAB pri MS (Donne vittime di violenze domestiche), C‑621/21, EU:C:2024:47, punto 72 e giurisprudenza ivi citata].

40      Il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, dello status di rifugiato, come risulta dal considerando 21 della direttiva 2011/95, ha carattere ricognitivo e non costitutivo della qualità di rifugiato. Pertanto, nel sistema istituito da detta direttiva 2011/95, un cittadino di un paese terzo o un apolide che soddisfi le pertinenti condizioni dispone, per ciò stesso, della qualità di rifugiato, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), di detta direttiva e dell’articolo 1, sezione A, della Convenzione di Ginevra [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato), C‑391/15, C‑77/15 e C‑78/15, EU:C:2019:403, punti 85 e 86].

41      L’attribuzione formale della qualifica di rifugiato, che il riconoscimento dello status di rifugiato costituisce, ha come conseguenza che il rifugiato interessato diventi beneficiario, in forza dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2011/95, di protezione internazionale, per cui egli dispone di tutti i diritti e i benefici previsti dal capo VII della citata direttiva [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato), C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punto 91].

42      Ciò posto, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di rifugiato a un cittadino di un paese terzo o a un apolide può, conformemente all’articolo 14 della direttiva 2011/95, in combinato disposto con gli articoli 44 e 45 della direttiva 2013/32, essere indotto a revocare tale status di rifugiato, in particolare, qualora risulti che questi ha cessato di essere un rifugiato ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2011/95 o che è o avrebbe dovuto essere escluso da detto status in forza dell’articolo 12 di quest’ultima direttiva.

43      In secondo luogo, allo stato attuale del sistema europeo comune di asilo, il legislatore dell’Unione non ha ancora raggiunto pienamente l’obiettivo al quale mira l’articolo 78, paragrafo 2, lettera a), TFUE, ossia uno status uniforme di asilo a favore dei cittadini di paesi terzi, valido in tutta l’Unione. In particolare, il legislatore dell’Unione non ha stabilito, in questa fase, alcun principio secondo cui gli Stati membri sarebbero tenuti a riconoscere automaticamente le decisioni di riconoscimento dello status di rifugiato adottate da un altro Stato membro, né ha precisato le modalità di attuazione di un tale principio [sentenza del 18 giugno 2024, Bundesrepublik Deutschland (Effetto di una decisione di riconoscimento dello status di rifugiato), C‑753/22, EU:C:2024:XXX, punto 68].

44      Gli Stati membri sono quindi liberi, allo stato attuale del diritto dell’Unione, di subordinare il riconoscimento del complesso dei diritti relativi allo status di rifugiato nel loro territorio all’adozione, da parte delle loro autorità competenti, di una nuova decisione di riconoscimento di tale status [sentenza del 18 giugno 2024, Bundesrepublik Deutschland (Effetto di una decisione di riconoscimento dello status di rifugiato), C‑753/22, EU:C:2024:XXX, punto 69].

45      In tali circostanze, occorre determinare, in terzo luogo, se, in forza del diritto dell’Unione in materia di protezione internazionale, una decisione di riconoscimento dello status di rifugiato adottata dall’autorità competente in materia di determinazione di uno Stato membro possa produrre un effetto vincolante riguardo a una procedura di estradizione del rifugiato interessato condotta, in occasione di una domanda proveniente dallo Stato terzo di origine di tale rifugiato, dall’autorità competente di un altro Stato membro, al punto che quest’ultima autorità debba rifiutare l’estradizione di detto rifugiato in ragione dell’esistenza di una siffatta decisione.

46      In tale contesto, occorre tener conto, oltre che delle disposizioni delle direttive 2011/95 e 2013/32, menzionate dal giudice del rinvio nella sua questione pregiudiziale, di tutte le disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione, comprese quelle della Carta.

47      Infatti, per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione (v., in tal senso, sentenze del 20 marzo 1986, Tissier, 35/85, EU:C:1986:143, punto 9, nonché del 2 marzo 2023, PrivatBank e a., C‑78/21, EU:C:2023:137, punto 35).

48      A tal riguardo, in primo luogo, la direttiva 2013/32, ai sensi del suo articolo 1, «mira a stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95]».

49      L’articolo 9 della direttiva 2013/32 è contenuto nel capo II di quest’ultima, dedicato ai principi fondamentali e alle garanzie della procedura di protezione internazionale. L’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva riconosce al richiedente protezione internazionale il diritto di rimanere nel territorio dello Stato membro interessato durante la procedura di esame della sua domanda. L’articolo 9, paragrafo 2, di detta direttiva autorizza gli Stati membri a derogare a tale diritto nei casi ivi previsti, tra cui, in particolare, quello di un’estradizione del richiedente verso uno Stato terzo. Una siffatta estradizione è subordinata, conformemente all’articolo 9, paragrafo 3, della medesima direttiva, alla condizione che le autorità competenti di tale Stato membro si siano assicurate che la decisione di estradizione di cui trattasi non comporterà il respingimento diretto o indiretto della persona reclamata in violazione degli obblighi internazionali e degli obblighi nei confronti dell’Unione incombenti a detto Stato membro.

50      Risulta quindi dal tenore letterale e dalla struttura dell’articolo 9 della direttiva 2013/32, nonché dalla sua collocazione nell’economia generale di tale direttiva, che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 77 delle sue conclusioni, esso disciplina unicamente l’ipotesi di un’estradizione che intervenga nel corso della procedura di esame di una domanda di protezione internazionale. Per contro, detto articolo non disciplina la fattispecie, di cui trattasi nel procedimento principale, di un’estradizione richiesta dopo la concessione di tale protezione da parte di uno Stato membro.

51      In secondo luogo, l’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, contenuto nel capo VII di quest’ultima, intitolato «Contenuto della protezione internazionale», rammenta l’obbligazione degli Stati membri di rispettare il principio di «non refoulement» in conformità dei loro obblighi internazionali. Tale disposizione costituisce quindi un’espressione specifica del principio di non respingimento garantito, in quanto diritto fondamentale, dall’articolo 18 e dall’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, in combinato disposto con l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra [v., in tal senso, sentenze del 22 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Allontanamento – Cannabis per uso terapeutico), C‑69/21, EU:C:2022:913, punto 55, nonché del 6 luglio 2023, Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Rifugiato che ha commesso un reato grave), C‑663/21, EU:C:2023:540, punto 49].

52      Orbene, poiché la decisione di uno Stato membro di accogliere la domanda di estradizione emessa dallo Stato d’origine nei confronti di un cittadino di un paese terzo, quale A., che ha ottenuto lo status di rifugiato in un altro Stato membro conformemente alle norme del diritto derivato dell’Unione in materia di protezione internazionale, avrebbe l’effetto di privare tale cittadino dei diritti e dei benefici previsti dal capo VII della direttiva 2011/95, si deve constatare che la procedura di estradizione condotta nel primo Stato membro rientra nell’attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.

53      Pertanto, i diritti fondamentali sanciti dalla Carta, e in particolare quelli garantiti dall’articolo 18 e dall’articolo 19, paragrafo 2, di quest’ultima, devono essere pienamente rispettati dall’autorità dello Stato membro incaricata di esaminare una domanda di estradizione proveniente da uno Stato terzo e riguardante un cittadino di un paese terzo che abbia ottenuto lo status di rifugiato in un altro Stato membro.

54      Occorre quindi stabilire se l’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, in combinato disposto con l’articolo 18 e con l’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, osti a un’estradizione in condizioni come quelle di cui trattasi nel procedimento principale.

55      A tal riguardo, occorre precisare anzitutto che l’autorità competente in materia di estradizione dello Stato membro richiesto non può autorizzare l’estradizione di un cittadino di un paese terzo cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato da un altro Stato membro verso tale paese terzo, qualora una siffatta estradizione violi l’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, in combinato disposto con l’articolo 18 e l’articolo 19, paragrafo 2, della Carta.

56      Per quanto concerne più in particolare queste ultime disposizioni, da un lato, ai sensi dell’articolo 18 della Carta, «[i]l diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla [Convenzione di Ginevra] e dal [protocollo relativo allo status dei rifugiati], e a norma del [trattato UE] e del [trattato FUE]».

57      Secondo la giurisprudenza della Corte, spetta agli Stati membri garantire ai richiedenti e ai beneficiari di protezione internazionale il godimento effettivo del diritto sancito da tale disposizione [v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2023, Commissione/Ungheria (Dichiarazione d’intenti preliminare a una domanda di asilo), C‑823/21, EU:C:2023:504, punto 52].

58      Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, fintanto che la persona reclamata possiede la qualifica di rifugiato, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 2011/95 e dell’articolo 1, sezione A, della Convenzione di Ginevra, una sua estradizione verso il paese terzo di origine avrebbe l’effetto di privarla del godimento effettivo del diritto conferitole dall’articolo 18 della Carta. Pertanto, fintanto che detta persona soddisfa le condizioni per godere di tale qualità, l’articolo 18 della Carta osta alla sua estradizione verso il paese terzo da cui è fuggita e nel quale rischia di essere perseguitata.

59      Nel caso di specie, ciò significa che, finché sussiste il rischio che A. subisca nel territorio del suo Stato terzo di origine, da cui proviene la domanda di estradizione, le persecuzioni politiche a causa delle quali le autorità italiane gli hanno riconosciuto lo status di rifugiato, la sua estradizione verso tale Stato terzo è esclusa ai sensi dell’articolo 18 della Carta.

60      A tal riguardo, la mera circostanza che l’azione penale per la quale è chiesta l’estradizione di A. sia fondata su fatti diversi da tali persecuzioni non può essere sufficiente per escludere tale rischio.

61      Dall’altro lato, l’articolo 19, paragrafo 2, della Carta vieta in termini assoluti l’allontanamento di una persona verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti [v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2023, Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Rifugiato che ha commesso un reato grave), C‑663/21, EU:C:2023:540, punto 36 e giurisprudenza ivi citata].

62      Di conseguenza, qualora la persona interessata da una domanda di estradizione invochi un rischio serio di trattamento inumano o degradante in caso di estradizione, lo Stato membro richiesto deve verificare, prima di procedere a un’eventuale estradizione, che quest’ultima non pregiudicherà i diritti di cui all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta (sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 60, e del 2 aprile 2020, Ruska Federacija, C‑897/19 PPU, EU:C:2020:262, punto 64).

63      A tal fine, tale Stato membro, conformemente all’articolo 4 della Carta, che vieta le pene o i trattamenti inumani o degradanti, non può limitarsi a prendere in considerazione le sole dichiarazioni dello Stato terzo richiedente o l’accettazione, da parte di quest’ultimo, di trattati internazionali che garantiscono, in via di principio, il rispetto dei diritti fondamentali. L’autorità competente dello Stato membro richiesto deve fondarsi, ai fini di tale verifica, su elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati, elementi che possono risultare, in particolare, da decisioni giudiziarie internazionali, quali sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, da decisioni giudiziarie dello Stato terzo richiedente nonché da decisioni, relazioni e altri documenti predisposti dagli organi del Consiglio d’Europa o appartenenti al sistema delle Nazioni Unite (sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punti da 55 a 59, e del 2 aprile 2020, Ruska Federacija, C‑897/19 PPU, EU:C:2020:262, punto 65).

64      Orbene, al fine di valutare il rischio di violazione dell’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95 nonché dell’articolo 18 e dell’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, la circostanza che un altro Stato membro abbia concesso alla persona reclamata lo status di rifugiato, conformemente alle direttive 2011/95 e 2013/32, costituisce un elemento particolarmente serio di cui l’autorità competente dello Stato membro richiesto deve tener conto. Pertanto, una decisione di riconoscimento dello status di rifugiato, sempreché tale status non sia stato revocato dallo Stato membro che lo ha concesso, deve indurre tale autorità a rifiutare l’estradizione, in applicazione di tali disposizioni.

65      Infatti, il sistema europeo comune di asilo, il quale include criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale, come sottolineato dal considerando 12 della direttiva 2011/95, è fondato sul principio della fiducia reciproca, in virtù del quale si deve presumere, salvo circostanze eccezionali, che il trattamento riservato ai richiedenti protezione internazionale in ciascuno Stato membro sia conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, comprese quelle della Carta, della Convenzione di Ginevra e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 [v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2011, N.S. e a., C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti da 78 a 80, nonché del 19 marzo 2019, Ibrahim e a., C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17, EU:C:2019:219, punti 84 e 85].

66      Inoltre, come ricordato al punto 42 della presente sentenza, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di rifugiato a un cittadino di un paese terzo o a un apolide può, conformemente all’articolo 14 della direttiva 2011/95, in combinato disposto con gli articoli 44 e 45 della direttiva 2013/32, revocare tale status di rifugiato, in particolare, qualora risulti che questi ha cessato di essere un rifugiato ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2011/95 o che è o avrebbe dovuto essere escluso da detto status in forza dell’articolo 12 di quest’ultima direttiva. A tal riguardo, l’articolo 45 della direttiva 2013/32 enuncia le norme procedurali relative alla revoca della protezione internazionale e, in particolare, le garanzie di cui deve beneficiare la persona interessata nell’ambito di tale procedura.

67      Orbene, tali disposizioni e la procedura da esse prevista sarebbero eluse se lo Stato membro richiesto potesse estradare un cittadino di un paese terzo, al quale un altro Stato membro ha riconosciuto lo status di rifugiato in applicazione di tali direttive, verso il suo paese di origine, una tale estradizione equivarrebbe, di fatto, a porre fine a detto status e a privare l’interessato del godimento effettivo della protezione offertagli dall’articolo 18 della Carta, dei diritti e dei benefici previsti dal capo VII della direttiva 2011/95 nonché delle garanzie enunciate all’articolo 45 della direttiva 2013/32.

68      Tenuto conto dell’importanza che riveste una siffatta decisione di riconoscimento dello status di rifugiato ai fini della valutazione di una domanda di estradizione proveniente dal paese di origine di un beneficiario dello status di rifugiato, si deve considerare, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 112 delle sue conclusioni, che, sulla base del principio di leale cooperazione sancito all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, in forza del quale l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai Trattati (sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 42), e che trova espressione concreta nell’articolo 36 della direttiva 2011/95 nonché nell’articolo 49 della direttiva 2013/32, l’autorità competente in materia di estradizione dello Stato membro richiesto deve avviare, quanto prima, uno scambio di informazioni con l’autorità dell’altro Stato membro che ha riconosciuto alla persona reclamata lo status di rifugiato. A tal titolo, essa è tenuta ad informare quest’ultima autorità della domanda di estradizione riguardante tale persona, a trasmetterle il suo parere su tale domanda e a chiederle a propria volta la trasmissione, entro un termine ragionevole, sia delle informazioni in suo possesso che hanno portato al riconoscimento di tale status, sia della sua decisione se occorra o meno revocare lo status di rifugiato a detta persona.

69      Da un lato, tale scambio di informazioni è inteso a mettere l’autorità competente in materia di estradizione dello Stato membro richiesto in condizione di procedere in modo pienamente informato alle verifiche ad essa incombenti in forza dell’articolo 18 e dell’articolo 19, paragrafo 2, della Carta.

70      Dall’altro lato, lo scambio di informazioni consente all’autorità competente dell’altro Stato membro di revocare, se del caso, lo status di rifugiato sulla base dell’articolo 14 della direttiva 2011/95, nel pieno rispetto delle garanzie enunciate dall’articolo 45 della direttiva 2013/32.

71      Ciò considerato, solo nell’ipotesi in cui l’autorità competente dello Stato membro che ha riconosciuto alla persona reclamata lo status di rifugiato decida di revocare tale status sulla base dell’articolo 14 della direttiva 2011/95 e purché l’autorità competente in materia di estradizione dello Stato membro richiesto giunga alla conclusione che tale persona non ha o non ha più la qualità di rifugiato e che non sussiste alcun serio rischio che, in caso di sua estradizione verso lo Stato terzo richiedente, detta persona sia ivi sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti, il diritto dell’Unione non osterebbe a un’estradizione.

72      Alla luce di tutti i motivi che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, in combinato disposto con l’articolo 18 e con l’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, deve essere interpretato nel senso che, qualora un cittadino di un paese terzo cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato in uno Stato membro sia oggetto, in un altro Stato membro, nel cui territorio risiede, di una domanda di estradizione proveniente dal suo paese di origine, lo Stato membro richiesto non può, senza aver avviato uno scambio di informazioni con l’autorità che ha riconosciuto tale status alla persona reclamata e in assenza di revoca di detto status da parte di tale autorità, autorizzare l’estradizione.

 Sulle spese

73      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta, in combinato disposto con l’articolo 18 e con l’articolo 19, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che:

qualora un cittadino di un paese terzo cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato in uno Stato membro sia oggetto, in un altro Stato membro, nel cui territorio risiede, di una domanda di estradizione proveniente dal suo paese di origine, lo Stato membro richiesto non può, senza aver avviato uno scambio di informazioni con l’autorità che ha riconosciuto tale status alla persona reclamata e in assenza di revoca di detto status da parte di tale autorità, autorizzare l’estradizione.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.