Language of document : ECLI:EU:C:2017:276

SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

6 aprile 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale ‐ Politica sociale – Direttiva 2001/23/CE – Articolo 3 – Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese – Contratti collettivi applicabili al cessionario e al cedente – Termini di preavviso supplementare concesso ai lavoratori licenziati – Rilevanza dell’anzianità acquisita presso il cedente»

Nella causa C‑336/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Arbetsdomstolen (Tribunale del lavoro, Svezia), con decisione del 1o luglio 2015, pervenuta in cancelleria il 6 luglio 2015, nel procedimento

Unionen

contro

Almega Tjänsteförbunden,

ISS Facility Services AB,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da A. Borg Barthet, facente funzione di presidente della Decima Sezione, E. Levits (relatore) e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 novembre 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Unionen, da U. Dalén, S. Forssman, M. Wulkan e D. Hellman;

–        per Almega Tjänsteförbunden e ISS Facility Services AB, da J. Stenmo e J. Hettne;

–        per il governo francese, da G. de Bergues, D. Colas e R. Coesme, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da M. Kellerbauer e K. Simonsson, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 1o febbraio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (GU 2001, L 82, pag. 16).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposta l’Unionen, un sindacato, alla Almega Tjänsteförbunden, un’organizzazione di imprenditori (in prosieguo: la «Almega») e alla ISS Facility Services AB, una società di diritto svedese (in prosieguo: la «ISS»), riguardo alla mancata presa in considerazione, in seguito a trasferimenti di impresa, dell’anzianità di servizio che quattro lavoratori avevano acquisito presso i cedenti.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/23 così prevede:

«La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione».

4        Il successivo articolo 3 così dispone:

«1.      I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.

(…)

3.      Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo.

Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.

(…)».

 Diritto svedese

5        Ai sensi dell’articolo 6 b della lagen (1982:80) om anställningsskydd [legge (1982:80) sulla tutela dell’occupazione], quando un’impresa, uno stabilimento o parte di esso vengono trasferiti da un datore di lavoro ad un altro, i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto di lavoro e le condizioni di lavoro applicabili alla data del trasferimento sono trasferiti al nuovo datore di lavoro.

6        L’articolo 28 della lagen (1976: 580) om medbestämmande om arbetslivet [legge (1976: 580) sulla cogestione dei lavoratori nell’impresa], ha recepito l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/23 nel diritto svedese nei termini seguenti:

«Nel caso del trasferimento di un’impresa, di uno stabilimento o di una parte del medesimo da un datore di lavoro, soggetto a contratto collettivo, ad un altro datore di lavoro, in forza di un trasferimento come quello previsto all’articolo 6 b della legge (1982:80), le clausole pertinenti del contratto medesimo – salvo il caso in cui il nuovo datore di lavoro non sia già soggetto ad altro contratto collettivo applicabile ai lavoratori trasferiti si applicano al nuovo datore di lavoro.

(…)

Qualora i contratti di lavoro e le condizioni di lavoro dei lavoratori siano trasferiti a un nuovo datore di lavoro conformemente all’articolo 6 b della legge (1982:80), il cessionario è tenuto ad applicare, per un periodo di un anno a decorrere dal trasferimento, le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo applicabile al cedente. Dette condizioni devono essere applicate negli stessi termini in cui era tenuto ad applicarle il precedente datore di lavoro. Tali disposizioni non sono più applicabili quando il contratto collettivo giunge a scadenza ovvero qualora un nuovo contratto collettivo si applichi ai lavoratori trasferiti».


 Procedimento principale e questione pregiudiziale

7        I lavoratori BSA, JAH, JH e BL sono iscritti all’Unionen. BSA è stato dipendente della Apoteket AB, mentre JAH, JH nonché BL sono stati dipendenti della AstraZeneca AB, prima che la ISS divenisse loro datore di lavoro in seguito a trasferimento di impresa.

8        Il 27 luglio 2011, la ISS licenziava BSA per motivi economici, con termine di preavviso di sei mesi. Al momento del licenziamento, BSA aveva più di 55 anni d’età. L’anzianità da questi acquisita in seno alla Apoteket e alla ISS era di più di dieci anni.

9        Il 31 ottobre 2011, la ISS licenziava, parimenti per motivi economici e con preavviso di sei mesi, successivamente prorogato di cinque mesi supplementari, gli altri tre lavoratori, JAH, JH e BL. Anch’essi avevano raggiunto, alla data del licenziamento, l’età di 55 anni e ciascuno di essi poteva attestare un’anzianità acquisita nell’impiego in seno alla AstraZeneca, prima, e poi alla ISS, superiore a dieci anni.

10      Al momento del trasferimento dei posti di lavoro dei quattro lavoratori verso la ISS, i cedenti, nella fattispecie la Apoteket e la AstraZeneca, erano vincolati da contratti collettivi. In base a tali contratti, qualora un dipendente, colpito dal licenziamento per motivi economici, abbia raggiunto, alla data del licenziamento, un’età tra i 55 e i 64 anni compiuti e abbia acquisito un’anzianità ininterrotta di 10 anni, la durata del termine di preavviso in caso di licenziamento è prorogata di sei mesi.

11      La ISS era, anch’essa, soggetta a contratto collettivo, vale a dire, nella specie, quello concluso tra l’organizzazione di imprenditori Almega e il sindacato Unionen. In forza di tale contratto, il dipendente colpito dal licenziamento per motivi economici beneficiava di un termine di preavviso identico a quello previsto, alle stesse condizioni, dai contratti collettivi applicabili ai cedenti.

12      All’atto del loro licenziamento, la ISS non concedeva ai lavoratori BSA, JAH, JH e BL la proroga del termine di preavviso di sei mesi. Infatti, a parere della ISS, i lavoratori interessati non disponevano di un’anzianità ininterrotta di dieci anni presso il cessionario e non soddisfacevano quindi le condizioni per la concessione della proroga del termine.

13      L’Unionen ritiene tale condotta lesiva dei diritti dei propri iscritti. La ISS avrebbe, infatti, dovuto tenere conto dell’anzianità rispettiva che i lavoratori BSA, JAH, JH e BL avevano acquisito presso i cedenti.

14      Il giudice del rinvio, chiamato a decidere sul ricorso proposto da detto sindacato, con il quale viene chiesta la condanna della ISS a risarcire il danno subìto dai lavoratori da essa licenziati in assenza di proroga del termine di preavviso, rileva che il procedimento principale solleva una serie di questioni interpretative del diritto dell’Unione che permangono dubbie. Al riguardo, il giudice medesimo osserva, in particolare, che tale controversia si distingue, a suo avviso, da quelle da cui è scaturita una giurisprudenza della Corte, relativa ai lavoratori i cui diritti sono stati pregiudicati immediatamente dopo il trasferimento del loro posto di lavoro e non, più di un anno dopo il loro trasferimento, in seguito alla scadenza di un periodo di tutela transitorio.

15      Ciò premesso, l’Arbetsdomstolen (Tribunale del lavoro, Svezia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con la direttiva 2001/23 il fatto che, ad oltre un anno dal trasferimento di uno stabilimento e con riguardo alla clausola contenuta in un contratto collettivo, applicabile nei confronti del cessionario, la quale subordini il beneficio della proroga del termine di preavviso in caso di licenziamento al possesso di una determinata anzianità di servizio ininterrotta presso un solo ed unico datore di lavoro, il cessionario medesimo non tenga conto dell’anzianità, maturata presso il cedente dai lavoratori trasferiti, laddove, in base al contratto collettivo vigente nei confronti del cedente stesso, contenente identica clausola, i lavoratori avrebbero avuto diritto a che l’anzianità ivi maturata venisse presa in considerazione».

 Sulla questione pregiudiziale

16      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 3 della direttiva 2001/23 debba essere interpretato nel senso che il cessionario deve includere, all’atto del licenziamento di un lavoratore ad oltre un anno dal trasferimento dell’impresa, nel calcolo della sua anzianità rilevante ai fini della determinazione del preavviso spettante al medesimo, l’anzianità da questi acquisita presso il cedente.

17      Al riguardo, va ricordato, in limine, che la direttiva 2001/23 ha ad oggetto, secondo i suoi considerando 1 e 3, la tutela dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, per garantire, in particolare, il mantenimento dei loro diritti.

18      Come la Corte ha più volte avuto modo di dichiarare, tale direttiva mira ad assicurare il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento d’imprenditore, permettendo loro di restare al servizio del nuovo datore di lavoro alle stesse condizioni di quelle pattuite con il cedente (v., in particolare, sentenza del 27 novembre 2008, Juuri, C‑396/07, EU:C:2008:656, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). Scopo di tale direttiva è quello di garantire, nei limiti del possibile, la continuazione dei contratti o dei rapporti di lavoro, senza modificazioni, con il cessionario, per impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento (v. sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon, C‑108/10, EU:C:2011:542, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

19      Con riferimento all’articolo 3 della direttiva 2001/23, la Corte ha osservato che l’obiettivo di tale direttiva consiste nell’assicurare un giusto equilibrio tra gli interessi dei lavoratori, da un lato, e quelli del cessionario, dall’altro. Ne deriva, segnatamente, che il cessionario dev’essere in grado di procedere agli adeguamenti e ai cambiamenti necessari alla continuazione della propria attività (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, Österreichischer Gewerkschaftsbund, C‑328/13, EU:C:2014:2197, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

20      Più in particolare, la Corte si è pronunciata sulla questione del riconoscimento dell’anzianità in caso di trasferimento di imprese ai fini della determinazione delle condizioni retributive dei lavoratori interessati dal trasferimento ai sensi della direttiva stessa (v. sentenze del 14 settembre 2000, Collino e Chiappero, C‑343/98, EU:C:2000:441, e del 6 settembre 2011, Scattolon, C‑108/10, EU:C:2011:542).

21      In tali sentenze si è dichiarato che, sebbene l’anzianità maturata presso il cedente non costituisca, di per sé, un diritto di cui i lavoratori trasferiti possano avvalersi nei confronti del cessionario, ciò nondimeno essa serve, se del caso, a determinare taluni diritti pecuniari dei lavoratori, che pertanto devono essere salvaguardati, in linea di principio, dal cessionario allo stesso modo del cedente (v. sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon, C‑108/10, EU:C:2011:542, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

22      Quindi, pur ricordando che il cessionario può modificare, per un motivo diverso dal trasferimento d’impresa e nei limiti in cui il diritto nazionale glielo consente, le condizioni di retribuzione in un senso sfavorevole ai lavoratori, la Corte ha dichiarato che l’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU 1977, L 61, pag. 26), la cui formulazione è sostanzialmente identica a quella dell’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/23, dev’essere interpretato nel senso che, ai fini del calcolo dei diritti di natura pecuniaria, il cessionario è tenuto a prendere in considerazione tutti gli anni di servizio effettuati dal personale trasferito nella misura in cui questo obbligo risulta dal rapporto di lavoro intercorrente tra il personale ed il cedente e conformemente alle modalità pattuite nell’ambito di detto rapporto (v., in questo senso, sentenza del 14 settembre 2000, Collino e Chiappero, C‑343/98, EU:C:2000:441, punti 51 e 52).

23      Nel procedimento principale, è pacifico che la proroga del termine di preavviso di sei mesi, reclamata dall’Unionen, conferisca il diritto a ottenere il pagamento di sei mesi di stipendio. Ne deriva che tale diritto al preavviso, risultante dalle condizioni stabilite dai contratti collettivi applicabili ai lavoratori dei cedenti all’atto del trasferimento delle imprese, va qualificato come diritto di natura pecuniaria.

24      Tale conclusione risulta avvalorata dalla giurisprudenza della Corte richiamata supra, dalla quale emerge con chiarezza che la valutazione dell’anzianità del lavoratore acquisita presso il cedente dell’impresa si impone per il calcolo non soltanto della retribuzione del lavoratore (v. sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon, C‑108/10, EU:C:2011:542, point 81), ma anche del trattamento di fine rapporto (v. sentenza del 14 settembre 2000, Collino e Chiappero, C‑343/98, EU:C:2000:441, punto 53).

25      Infatti, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 25 delle sue conclusioni, il diritto a tale trattamento di fine rapporto è paragonabile al diritto ad una proroga del termine di preavviso, da concedere al lavoratore, allorché venga posto termine al rapporto di lavoro.

26      Sebbene dai suesposti rilievi discenda che l’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/23 dev’essere interpretato nel senso che, in seguito ad un trasferimento d’impresa, il cessionario deve includere, all’atto del licenziamento di un lavoratore, nel calcolo dell’anzianità del lavoratore rilevante ai fini della determinazione del preavviso al medesimo spettante, l’anzianità da questi acquisita presso il cedente, occorre tuttavia esaminare la plausibilità di tale interpretazione, a fronte di circostanze come quelle di cui al procedimento principale, alla luce dell’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva medesima.

27      Infatti, come ricordato al punto 19 supra, per garantire un giusto equilibrio tra gli interessi dei lavoratori, da una parte, e quelli del cessionario, dall’altra, il cessionario può effettuare, per motivi diversi dal trasferimento di impresa e nella misura in cui il diritto nazionale glielo consente, adeguamenti e cambiamenti necessari alla continuazione della propria attività.

28      Riguardo al procedimento principale, dagli atti sottoposti alla Corte emerge che il legislatore svedese si è avvalso, nella trasposizione nell’ordinamento interno dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/23, dell’opzione prevista al secondo comma di tale disposizione. Pertanto, qualora il cessionario sia già soggetto, all’atto del trasferimento, ad un altro contratto collettivo, che dovrà pertanto trovare applicazione ai lavoratori trasferiti, il suo obbligo di mantenere le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo in vigore presso il cedente, di cui beneficiano i lavoratori trasferiti, è limitato al periodo di un anno a decorrere dal trasferimento d’impresa.

29      Dunque, sebbene la ISS, soggetta, alla data dei trasferimenti delle imprese, ad altro contratto collettivo, avesse diritto, una volta scaduto il termine di un anno, per ragioni economiche e, quindi, per un motivo diverso dal trasferimento dell’impresa, a non mantenere più le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo applicabile ai lavoratori trasferiti, dagli atti sottoposti alla Corte non risulta tuttavia che il cessionario abbia proceduto ad un qualsivoglia adeguamento delle condizioni di lavoro operante in senso sfavorevole ai lavoratori trasferiti.

30      Infatti, secondo le informazioni di cui la Corte dispone e che spetta al giudice nazionale verificare, il contratto collettivo applicabile ai lavoratori trasferiti a decorrere dalla data del trasferimento non è stato risolto né rinegoziato. Esso non è neppure scaduto né è stato sostituito da altro contratto collettivo.

31      Di conseguenza, considerato che, dopo la scadenza del termine di un anno, il cessionario non ha proceduto ad alcun adeguamento delle condizioni di lavoro e i termini del contratto collettivo vigente nei confronti del cedente sono formulati in modo identico a quelli del contratto collettivo vigente nei confronti del cessionario, i lavoratori non possono vedersi imporre condizioni meno favorevoli di quelle sussistenti anteriormente al trasferimento.

32      Ciò detto, non può trovare accoglimento l’argomento del cessionario, secondo cui l’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2001/23 dovrebbe essere interpretato nel senso che non occorre tenere conto dell’anzianità acquisita dai lavoratori trasferiti prima del loro trasferimento.

33      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione proposta dichiarando che l’articolo 3 della direttiva 2001/23 dev’essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle del procedimento principale, il cessionario deve includere, all’atto del licenziamento di un lavoratore ad oltre un anno dal trasferimento dell’impresa, nel calcolo dell’anzianità del lavoratore rilevante ai fini della determinazione del preavviso al medesimo spettante, l’anzianità da questi acquisita presso il cedente.

 Sulle spese

34      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

L’articolo 3 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, dev’essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle del procedimento principale, il cessionario deve includere, all’atto del licenziamento di un lavoratore ad oltre un anno dal trasferimento dell’impresa, nel calcolo dell’anzianità del lavoratore rilevante ai fini della determinazione del preavviso al medesimo spettante, l’anzianità da questi acquisita presso il cedente.

Firme


*      Lingua processuale: lo svedese.